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Messaggi - sgiombo

#1141
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
20 Dicembre 2018, 21:29:48 PM
Citazione di: viator il 20 Dicembre 2018, 17:21:55 PM
Salve Sariputra : in realtà non mi riferivo necessariamente e men che meno esclusivamente a te.

Ne approfitto per aggiungere una piccola ulteriore considerazione sempre di carattere generale: tendo a stupirmi istintivamente (anche se la cosa mi è intellettualmente arcinota) del fatto che, dietro ad affermazioni che non si condividono, ci sia così spesso - da parte del lettore - la loro interpretazione unicamente esistenziale e soggettiva.
Viene tutto letto sulla base della propria sensibilità, esperienza, formazione, cultura, ideologia...........sembra che l'oggettività (cioè il TENTATIVO certo vano di astrarre dal sè e dall'immediato ed il convenzionale che ci circondano) risulti un esercizio di troppo alta acrobazia ! A me un simile TENTATIVO risulta così invitante !!.
Probabilmente sarà perchè io sono poco  sensibile, ha vissuto una vita priva di esperienze importanti, non parliamo - per carità - delle mie carenze (anzi, assenze) formative e culturali, ho sembre aborrito le ideologie "chiuse" (quelle cioè corredate da dogmi).................... Mah !!. Amichevoli saluti.


Credo che tutti nel forum si cerchi di essere oggettivi (di cercare la verità); anche perché non c' é niente da guadagnare a ingannare se stessi e gli altri (intendo dire qui nel forum, non ingenerale).

Non sempre e non tutti ci riescono.

E non sempre e non tutti si rendono conto di faticare a riuscirvi, di potere anche sbagliare così da non riuscirci almeno in qualche misura.
#1142
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
20 Dicembre 2018, 21:25:29 PM
Citazione di: viator il 20 Dicembre 2018, 16:49:20 PM
Salve: "E' curioso che in questo forum , ormai da tempo, si cerchi di dare un fondamento logico e filosofico all'egoismo e si cerchi di screditare l'altruismo..............".
Per quanto mi riguarda, mi sento coinvolto a proprosito della prima parte e del tutto estraneo alla seconda. Ho espresso qualche valutazione circa l'altruismo e gli altruisti ? Mi sembra di essermi limitato a citarne l'esistenza.
Citazione
Invece mi sembra evidentissimo, innegabile che l' hai tacciato di malcelato egoismo.

"..............Un quesito interessante potrebbe essere: perchè  sentiamo il bisogno di  dimostrare di essere tutti inevitabilmente egoisti? Autogiustificazione? Se lo siam tutti ed è "inevitabile"...posso rimanere egoista?".
Vedete, quando tratto un argomento cerco sempre di escludere riferimenti e giudizi riferibili a me stesso od ad altri specifici soggetti o categorie.
Sono alcuni dei lettori che non riescono a spersonalizzare una qualsiasi tesi attribuendogli invece un coinvolgimento PERSONALE dell'autore.
Costoro non sono in grado di tener separata la logica dalle opinioni e dal (presunto) vissuto di chi scrive le proprie tesi.
Sarebbero certo degli ottimi giornalisti ma si rivelano dei mediocri pensatori. Saluti.
Citazione
Non vedo perché non dovremmo cercare di dare una spiegazione razionale (peraltro proposta come ipotetica sia da parte mia sia credo da parte del Sari) di questo strano fenomeno per il quale ogni poco c'é nel forum qualcuno che si arrampica sugli specchi prendendo di far passare per egoisti gli anche gli altruisti per il fatto che cercando ovviamente di soddisfare le loro magnanime e generose aspirazioni (come se cercare di essere felici significasse necessariamente essere egoisti, nel caso lo si faccia aiutando gli altri).
Mi sembra più che lecito.
Anche perché al moneto non trovo altre di ipotesi esplicative.
Per quanto riguarda te personalmente, prendo atto della tua smentita (rimane da parte mia la propensione a credere che possa essere una spiegazione in generale -ovvero in buona parte dei casi; come d' altra parte é sempre stata- e non certo riferita ad personam).
#1143
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
20 Dicembre 2018, 21:17:01 PM
Citazione di: Socrate78 il 20 Dicembre 2018, 16:01:24 PM
Kant con il suo imperativo categorico credeva che l'uomo fosse educabile all'altruismo più incondizionato, all'azione morale totalmente interessata e tesa solo al giusto obiettivo. Tuttavia credo che lo stesso egoismo, visto come tendenza naturale ad amare se stessi, sia non solo accettabile ma anche nobile. Se io riconosco il valore degli altri, non vedo perché non debba riconoscere anche un grande valore a me stesso e di conseguenza volere il mio bene. Inoltre non mi sembra giusto considerare un comportamento giusto solo in rapporto al fatto che sia "adattivo", cioè che serva al singolo o a gruppi di persone per vivere in maniera più utile e conveniente, poiché questa concezione è in realtà un inno all'egoismo: io posso, per la mia convenienza, adottare comportamenti ingiusti, essere disonesto e infido, solo per ottenere vantaggi, quindi per "adattarmi all'ambiente" in vista di una migliore sopravvivenza. Nel forum invece mi sembra che ci sia questa tendenza a valutare la bontà di un comportamento solo in rapporto al fatto che sia utile, ma non è affatto così, un eroe che dà la vita per gli altri si comporta in modo disfunzionale alla propria sopravvivenza, ma nessuno per questo afferma che la sua è un'azione cattiva o stupida.

In realtà si tratta (almeno da parte mia) di confutare la falsa pretesa che l' altruismo non sia adattivo ma lo sia solo l' l' egoismo.

Non ho mai messo in dubbio che l' altruismo sia moralmente superiore all' egoismo; ma poiché coloro che lo negano spesso e volentieri si appellano indebitamente all' evoluzionismo darwiniano, che distorcono ideologicamente, antiscientificamente (una lunga, ingloriosa tradizione che va dall' ottocentesco "darwinismo sociale" alla novecentesca "sociobiologia", all' "egoismo dei geni", ecc.) mi é sembrato necessario ripristinare una corretta accezione della biologia evoluzionistica.
#1144
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
20 Dicembre 2018, 15:25:18 PM
Citazione di: baylham il 20 Dicembre 2018, 15:02:34 PM
Citazione di: Sariputra il 20 Dicembre 2018, 12:24:19 PM
E' curioso che in questo forum , ormai da tempo, si cerchi di dare un fondamento logico e filosofico all'egoismo e si cerchi di screditare l'altruismo. Un quesito interessante potrebbe essere: perchè  sentiamo il bisogno di  dimostrare di essere tutti inevitabilmente egoisti? Autogiustificazione? Se lo siam tutti ed è "inevitabile"...posso rimanere egoista?  :-\

Come ho già argomentato in altri topic gli esseri viventi, gli uomini, sono prevalentemente egoisti per la loro biologia. Le migliori relazioni tra gli uomini sono basate sulla simmetria, sulla reciprocità, non sull'asimmetria altruismo-egoismo.

Apprezzo, non svaluto affatto l'altruismo, ma sono diventato fortemente allergico, insofferente alle dottrine che predicano l'altruismo come soluzione di tutti i mali, a partire dal cristianesimo. Questa assenza di realismo impedisce un approccio razionale ai problemi umani: infatti la parte altruistica degli uomini andrebbe meglio organizzata, indirizzata politicamente, per moderare prioritariamente gravi problemi quali la fame, le malattie, in breve la povertà e la disuguaglianza.

Per la biologia il comportamento umano individuale (personale) é quanto di più plastico, creativo, variabile, "non geneticamente prefissato" si dia in natura(le virgolette perché ciò non inficia il determinismo del divenire naturale in generale) .

E inoltre nell' uomo e non solo tendenze comportamentali altruistiche (verso altri conspecifici anche geneticamente lontanissimi, ma perfino verso appartenenti ad altre specie) non sono meno adattive delle tendenze egoistiche (nessuna specie evita l' estinzione se scende sotto una "soglia critica" rappresentata dalla conservazione di un numero minimo di individui "troppo egoisti e intolleranti verso i da loro geneticamente diversi"; e/o sotto una soglia critica di diversità genetica): lo sono entrambe variamente a seconda dei diversi contesti ambientali.

Anche perché la selezione naturale , contrariamente a quella artificiale umana degli allevatori e agricoltori (differenza sottovalutata dallo stesso grandissimo Darwin), non preserva solo il "più adatto" (a un ambiente in continuo mutamento, cosicché un' "eccessivo adattamento all' oggi" può significare una "irrimediabile inadattamento al domani"), ma invece preserva "tutti tranne i troppo inadatti": l' allevatore umano fa riprodurre solo i purosangue plurivincitori, mentre la selezione naturale fa riprodurre tutti tranne i brocchi estremi "a la Pedrosa" (per i non appassionati di motociclismo, un pilota che per più di dieci anni ha avuto a disposizione moto estremamemente competitive senza vincere un solo titolo mondiale, mentre i suoi compagni di squadra ne vincevano in media un anno si e uno no: il "perfetto avversario di Valentino Rossi" per quelli che vorrebbero ridurre il motociclismo a una specie di wrestling motorizzato, che infatti lo rimpiangono molto; finalmente quest' anno si é ritirato, lasciando spazio e opportunità  a piloti -si spera- più dotati).
#1145
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
20 Dicembre 2018, 15:04:53 PM
Citazione di: Sariputra il 20 Dicembre 2018, 12:24:19 PM

E' curioso che in questo forum , ormai da tempo, si cerchi di dare un fondamento logico e filosofico all'egoismo e si cerchi di screditare l'altruismo. Un quesito interessante potrebbe essere: perchè  sentiamo il bisogno di  dimostrare di essere tutti inevitabilmente egoisti? Autogiustificazione? Se lo siam tutti ed è "inevitabile"...posso rimanere egoista?  :-\


"Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore." (Luca 12,34)

L' ho notato anch' io (e propendo a darne la stessa spiegazione).
#1146
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
20 Dicembre 2018, 09:02:57 AM
Citazione di: viator il 19 Dicembre 2018, 17:44:48 PM
Salve. Mi incuriosiva conoscere se secondo voi a questo mondo, dalla comparsa dell'uomo, qualcuno ha mai compiuto un atto od una scelta interiore che non rispondessero alla sua intenzione di procurarsi una utilità, un piacere, una tutela o una soddisfazione.
In altre parole, è mai esistito un altruismo deliberato e scevro da conseguenze positive (non importa se solo sperate) per chi lo ha espresso ?
Per chi vorrà intervenire, occorrerà ricordarsi che quello che pongo dovrebbe essere un quesito logico, non un dilemma etico. Saluti.

Fai la solita confusione fra soddisfazione ed egoismo e insoddisfazione e altruismo.

E mi costringi a fare l' ennesimo copia-incolla da altre discussioni ("Siate buoni" e "la morale é egoismo mascherato secondo voi?" sono solo le ultime due volte di una numerosa serie):

Importante é secondo me non confondere, come spesso fanno coloro che sono tendenzialmente più o meno egoisti, soddisfazione (piacere, felicità, ecc.), che può darsi tanto dell' egoista quanto dell' altruista, con insoddisfazione (dolore, infelicità ecc.), che pure, del tutto parimenti, può darsi tanto dell' egoista quanto dell' altruista (a seconda che le ben diverse aspirazioni degli uni e degli altri, più o meno egoistiche o più o meno altruistiche, siano soddisfatte o meno).

Non dobbiamo confondere soddisfazione (ovvero piacere, felicità, benessere interiore) con egoismo e insoddisfazione, sofferenza, dolore con altruismo.

C' é una bella differenza!

L' egoista che soddisfa il proprio egoismo (per esempio accumulando ricchezza da taccagno senza fare né dare mai nulla per chi ha bisogno di essere in qualche modo aiutato) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista.

L' egoista che non riesce ad ottenere tutto quello che vorrebbe per sé malgrado la sua taccagneria (e magari invidia altri più fortunati) é infelice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista, non per questo diventa altruista.

L' altruista che non riesce a soddisfare la propria generosità (per esempio
-banalissimo!- perché troppo povero per poter fare regali a chi ne ha bisogno) é infelice, ma non per questo non é altruista.

E l' altruista che soddisfa il proprio altruismo (per esempio elargendo denaro o aiutando in altri modi chi ne ha bisogno) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é altruista, non per questo diventa egoista.

Egoismo =/= soddisfazione, benessere interiore, felicità

e

altruismo =/= insoddisfazione, sofferenza, infelicità (e anche =/= masochismo).


La felicità, il benessere interiore, la gioia (cioé la soddisfazione dei propri desideri) può conseguirla o meno tanto l' egoista quanto l' altruista.
Chi la ottiene non é egoista (e nemmeno altruista) per il fatto di ottenerla, ma invece (per il fatto di ottenerla) é felice, soddisfatto, anche se é altruista!!!
E chi non la ottiene non é altruista (e nemmeno egoista) per il fatto di non ottenerla, ma invece (per il fatto di non ottenerla) é infelice, insoddisfatto, anche se é egoista!!!

Come vedi, ho applicato la logica all' etica (e non finisco di stupirmi di come sia possibile una simile confusione fra ben diversi concetti).
#1147
Tematiche Spirituali / Re:Ipotizzando, ho un problema
19 Dicembre 2018, 08:32:41 AM
Citazione di: InVerno il 06 Dicembre 2018, 11:05:35 AM
Citazione di: sgiombo il 05 Dicembre 2018, 20:48:20 PME, contrariamente alle religioni e ai teismi che pretenderebbero assurdamente l' esistenza di una divinità onnipotente e immensamente buona in presenza del male, la corrente di pensiero manichea storicamente esistita é (per lo meno) logicamente coerente, non contraddittoria, sensata).
Perchè supponi che l'illogicità e la contradditorietà del assetto teologico siano un punto di debolezza anzichè di forza? Secondo me ha conservato un fermento culturale senza il quale l'Europa avrebbe perso qualsiasi forma di cultura per un millennio,intorno ai panegirici teologici cristiani l'Europa ha conservato un anima culturale dopo la caduta del primo impero europeo. La conoscenza del greco scomparve e il latino era conosciuto solo dall'ecclesia, la prima repubblica di Platone in latino è datata anno 1000. I monasteri hanno tenuto acceso il lume di quello che sarebbe poi diventato l'illuminismo. l'Idea del giudizio finale mette insieme il monismo del Dio ebraico, con il manicheismo oltretombale, ha risposte "per tutti e per nessuno".  La trinità fu uno dei più grossi dilemmi di Newton, non si dava una risposta e divenne unitariano, anche la cosmologia non lo soddisfava e scrisse  i principia. E' vero una cosmologia apertamente manichea, o comunque con un forma logica più chiara e coesa avrebbe dato meno grattacapi.. Ma considerato l'intero percorso storico dell'occidente, possiamo dire che un libro sacro che poneva più domande che risposte è stata una fortuna anzichè una sciagura?

Innanzitutto ho solo evidenziato l' autocontrarietà, illogicità, insensatezza ("teorica astratta", per così dire) dei teismi e la coerenza logica del manicheismo, senza prendere in considerazione il fatto che l' insensatezza possa eventualmente essere, in determinate circostanze (secondo me per lo meno alquanto eccezionali) anche un "punto di forza" di una teoria (da marxista che ha superato le illusioni idealistiche sulla storia tipiche dell' illuminismo so bene che in linea di massima le idee dominanti tendono ad essere le idee delle classi dominanti e non necessariamente le idee più vere o più logicamente corrette).

Inoltre penso che la religione cristiana e le sue chiese hanno svolto e svolgono, come gran parte delle istituzioni umane, ruoli storicamente diversi in tempi (e luoghi) diversi, talora progressivi, talaltra (senza dubbio molto più frequentemente) reazionari o conservatori: cerco di non essere "manicheo" (secondo l' accezione corrente del termine) nel valutare gli eventi storici.
E mi é del tutto evidente la differenza fra Pio XII, "SantosubitoGP2" (probabilmente il peggiore di tutti, papi Borgia compresi!), i cardinali Stepinac e Mindszenty da una parte e monsignor Romero, l' arcivescovo Makarios, Ernesto Cardenal dall' altra.
#1148
Citazione di: altamarea il 18 Dicembre 2018, 19:15:20 PM
Sgiombo ha scritto:
CitazioneNOn credo proprio che Le neuroscienze stiano contribuendo a saldare la cesura tra cervello e mente (psiche), tra la dimensione biologica e quella psicologica dell'esperienza estetica.
Per me le neuroscienze stanno consentendoci di conoscere sempre meglio i rapporti di necessaria coesistenza fra determinati eventi neurofisiologici cerebrali (e non altri) e determinati eventi di coscienza (e non altri), i quali ultimi sono ben altre cose che i determinati eventi neurofisiologici cerebrali di cui sopra (anche se necessariamente ad essi coesistenti).


Concordo con quanto hai scritto. Ma che ne pensi delle ricerche del "neuroscienziato" Semir Zeki su "neuroestetica e bellezza" per la comprensione della risposta estetica negli esseri umani ?

La "neuroestetica" è un settore di studi della psicologia. Questa nuova disciplina utilizza l'opera d'arte  per comprendere il cervello e la sua attività di fronte a specifiche stimolazioni; essa si propone di studiare il misterioso processo percettivo e chimico che si attiva nel momento in cui i nostri occhi incontrano un'opera d'arte: un processo visivo costruttore dell'immagine percepita e in grado di generare in noi quelle sensazioni di bellezza e piacere che le opere d'arte e la Natura sono in grado di regalarci.

Seki considera il processo visivo come una strada che si percorre per costruire nella mente l'immagine della realtà. Affinché sia possibile percepire un'immagine è necessario il coinvolgimento non solo del sistema visivo ma anche del complesso sistema di cognizioni-emozioni-valori.

Questo sistema prende forma nel rapporto tra individuo e realtà, nel  dialogo tra cervello e ambiente. Col nostro sistema cognitivo ci creiamo aspettative, diamo significato e valore a ciò che vediamo e viviamo, creiamo quindi concetti e significati.

Semir Zeki sostiene che anche la bellezza e il piacere nascono dall'integrazione di concetti presenti nel nostro cervello, creazioni di aspettative fortemente influenzate dalla cultura, soggette quindi a differenze individuali e culturali.

Ho letto Splendori e miserie del cervello e apprezzato la vasta cultura (anche umanistica) dell' autore (direi molto rara in un neurologo, per quanto europeo).

Tuttavia dissento radicalmente dalla sua concezione monistica materialistica. Per me, come quasi tutti i neurologi e moltissimi cultori di scienze cognitive e filosofi, Zeki confonde cervello e e coscienza (compreso il pensiero e le sensazioni interiori, la mente), che a mio parere sono due diversi ordini di fenomeni, per quanto caratterizzati da una necessaria coesistenze e corrispondenza biunivoca: non si danno determinate esperienze coscienti senza determinati eventi neurofisiologici in determinati cervelli osservati (però nell' ambito di altre, diverse esperienze coscienti da quelle correlate a tali cervelli osservati: le esperienze coscienti di osservatori di essi) e viceversa.

Non vorrei sembrare presuntuoso (ma solamente critico di tutto ciò che leggo), però secondo me sbaglia anche nel considerare l' esperienza puramente percettiva come indistinguibile da (costituita anche, come sua "parte integrante") dalle considerazioni teoriche che su di essa si possono fare (ma non necessariamente si fanno: per me sono "altre cose"); che le possono "accompagnare", vi si possono "aggiungere" o meno.
Secondo me esperienza percettiva esteriore "pura" (fatta di qualia del tutto "scarichi di teoria": "dati" coscienti senza teoria tutt' altro che "mitici", contro Sellars, Mc Dowell e la corrente prevalente in filosofia analitica) da una parte, e (esperienza percettiva interiore delle) considerazioni, pensieri circa i dati puri (che li caricano di teoria, della quale di per sé non sono affatto necessariamente "dotati" o "carichi") dall' altra sono eventi di coscienza distinti e fra l' altro di fatto non necessariamente coesistenti: i primi si danno spesso senza i secondi (per me non esiste un "mito del dato" -"scarico di teoria"- ma casomai un "mito del dato necessariamente carico di teoria").

Queste in estrema sintesi le mie obiezioni.
#1149
In conclusione:

Aut ordine aut caos,

tertium non datur.

Anche se, come in tutti i casi di sintesi fra opposti, possono darsi diverse "gradazioni": essendo il divenire ordinato una sorta di sintesi dialettica fra fissismo parmenideo e caos, può essere più o meno spostato verso la tesi fissista (determinismo "forte" o meccanicistico) oppure verso l' antitesi caotica (determinismo "debole" o statistico-probabilistico); così come possono darsi varie forme di verde più vicine al giallo o al blu essendo per l' appunto il verde un colore "intermedio" fra giallo e blu; oppure possono darsi variati aperte e chiuse delle vocali intermedie: l' "o" aperta é più vicina alla "a", mentre la "o" chiusa più vicina alla "u" dal momento che la "o" -in generale- é un suono "intermedio" fra "a" e "u".
#1150
Citazione di: Socrate78 il 18 Dicembre 2018, 09:51:39 AM
Tuttavia il big bang in fondo può essere benissimo visto come creazione e non come evoluzione, infatti prima del big bang la materia come la conosciamo semplicemente non esisteva, esisteva solo un grande ammasso di energia primordiale che poi ha dato origine alle prime particelle come i quark. Di conseguenza, non si è trattato di un'evoluzione da un tipo di materia ad un'altra, somiglia molto ad una creazione ex nihilo. Nulla vieta quindi di applicare il paradigma creazionista anche per il resto, poiché in fondo è un pregiudizio ideologico ad impedirlo, un pregiudizio ateista e materialista per la precisione, si parte già con l'idea che non ci sia stato alcun intervento divino e, da qui, si interpretano i dati cercando di trovare conferme ad un'ipotesi sostanzialmente atea e materialista ed eliminando tutto ciò che può invece erodere anche minimamente tale convinzione. Zichichi ad esempio spiega in un video come la presunta evoluzione sia proceduta per salti, momenti in cui la materia è passata in maniera rapida da uno stato evolutivo infimo ad uno più complesso fino all'uomo e all'apparire della corteccia cerebrale evoluta e lui vede in tutto questo una specie di creazione di capacità da parte di una forza divina.


A mio parere ciò che "vieta" ingredienti non naturalistici (sopra- o variamente preter- -naturali) é un criterio aprioristico non dimostrabile ma indispensabile perché abbia senso (non sia autocontraddittorio) il concetto di "conoscenza scientifica" (criterio che a mio modesto parere pone anche in crisi le teorie cosmologiche o per meglio dire cosmogoniche correnti del "B. b."): quello del divenire naturale ordinato secondo leggi generali astratte (astraibili da parte del pensiero, nella conoscenza) universali e  costanti (una sorta di "sintesi dialettica" fra mutamento integrale assoluto senza alcunché di fisso e immutabile, ovvero "caos" -tesi- e fissità integrale assoluta, immodaificabilità del reale che non ammetta alcunché di mutevole, ovvero "parmenidea" -antitesi-).

Se si nega questo assunto indimostrabile per ammettere in natura qualsiasi forma o "episodio" di libero arbitrio ("miracoli", volontà divina o altro di antropomorficamente intenzionale) non inquadrabile nel determinismo (non necessariamente "meccanicistico") od "ordinatezza" del divenire naturale, allora crolla tutto l' insieme delle teorie scientifiche; nel senso che non é vero quanto da esse affermato circa il seguire da parte del divenire naturale di "leggi" universali e  costanti (se "meccanicistiche" o "statistiche" relativamente a questo problema non ha importanza): se da un momento all' altro Dio o chi per esso, magari anche un uomo dotato di libero arbitrio, può intervenire per "deviare" il divenire naturale dai suoi "binari", allora semplicemente tali "binari" non esistono in realtà, oggettivamente, ma sono invece solo il frutto illusorio di un fraintendimento; é come se, nel caso di alcuni miliardi di miliardi di miliardi, di miliardi, ecc. di lanci di una moneta non truccata, si avessero sequenze di mille o duemila esiti consecutivi tutti "testa " oppure tutti "croce": non vi sarebbe in realtà alcuna "legge  del lancio della moneta" per la quale l' esito é sempre "testa" oppure é sempre "croce", ma solo un illusorio fraintendimento circa una realtà "senza leggi" del divenire, caotica.
E venendo alla pratica, non si vedrebbe perché mai, trovandoci al 100° piano di un grattacielo, non dovremmo lanciarci da una finestra nel timore che da un momento all' altro un miracolo potrebbe invertire il senso "attrattivo" della legge do gravità rischiando, se non ci lanciassimo, di farci sfracellare contro il soffitto. 
N.B.: non ha senso dire che i miracoli sono "improbabili" perché per definizione possono sempre accadere da un momento all' altro: perché avesse senso parlare di probabilità bisognerebbe stabilire (empiricamente a posteriori) la frequenza media di determinati miracoli (cioé quantificarne la probabilità); ma allora per definizione non si tratterebbe più di "miracoli", ma invece di (altre, diverse che se i "miracoli probabilistici" non accadessero) leggi (probabilistiche - statistiche e non meccanicistiche) del divenire naturale ordinato, id est: non miracolistico o liberoarbitrario, ovvero non indeterministico).
#1151
Citazione di: Il cercatore il 18 Dicembre 2018, 00:16:58 AM


Ultima osservazione: c'è modo per il scienzato moderno di dire che l'approccio scientifico non mira al vero o almeno al verosimile? Dunque, anche lì, il sistema di pensiero "scientifico" non si sottrae in un certo qualmodo al principio di falsificabilità? Secondo me, questo principio non può bastare, da solo, a fare di criterio per definire quel che è scientifico o no, anche se rimane importante.

Visto che sei "nuovo del forum", mi permetto senza indebite e antipaticissime pretese "valutatorie" di esprimere il mio apprezzamento per la la correttezza e la solidità argomentativa delle tue considerazioni che precedono quest' ultima che qui prendo in considerazione.

A me sembra semplicemente inevitabile (di una necessità logica) che in generale un criterio epistemologico possa e debba essere coerentemente osservato, una volta assunto, ma che non possa essere fondato su se stesso o su di un altro principio o criterio, cosa che inevitabilmente porterebbe o a un regresso al' infinito o a una circolarità viziosa.
In particolare il criterio scientifico poppoeriano della falsificabilità (sulla cui importanza e non sufficienza nello stabilire che cosa sia scientifico e che cosa no concordo) può essere assunto arbitrariamente, aprioristicamente. Poi si può "testare" empiricamente a posteriori se e quanto "calzi" con quelle teorie che sono di fatto pressocché universalmente assunte come scientifiche; o meglio -onde evitare ogni' ambiguità pressapochistica- con quelle che arbitrariamente si stabiliscono come tali nell' ambito di una comunità di praticanti e fruenti; si può modificare, in teoria, o al limite sostituire in toto con un altro che meglio comprenda e delimiti un corpus di teorie più largo o più ristretto che meglio soddisfi quanto -comunque arbitrariamente- si ritiene di considerare scienza.
Ma come tutti i principi autenticamente "fondamentali" fonda senza poter essere a sua volta fondato.
#1152
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 18:49:43 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Dicembre 2018, 17:55:50 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 16:41:52 PMCARLO
...E da tutto ciò cosa concludi? Che la ricerca di senso ...non ha senso? Oppure che chi non riesce a dare senso alla propria vita è perché non lo ha cercato con sufficiente determinazione?

Di questa questione abbiamo già parlato in varie altre discussioni.
Riassumo quanto da me già esposto in precedenza.

1) Se per senso si intende "scopo", allora senso può essere attribuito unicamente a ciò che é prodotto da un agente intenzionale, magari dotato di libero arbitrio (almeno a parte dei suoi prodotti, probabilmente non a tutto in quanto alcune azioni del "produttore" potrebbero anche essere casuali e non finalizzate).

Agenti intenzionali (non dotati di libero arbitrio per me possono essere solamente gli uomini e in qualche limitata misura altri animali.
In questo senso il senso (che schifo di gioco di parole!) della vita di ognuno di noi é il fine per il quale ci hanno procreati i nostri genitori (***se*** l' hanno fatto per uno scopo consapevole): potrebbe essere per esempio e la perpetuazione della specie umana, il desiderio di un sostegno per la loro vecchiaia, quello di dare un fratellino al nostro germano maggiore, un nipotino ai loro genitori, ecc. (ovviamente questo non ci impedisce di cercarci autonomamente dei nostri scopi per i quali vivere, cioé di darci noi stessi un senso alla nostra vita).
Invece non può avere senso la realtà in toto, l' "universo" perché non realizzato intenzionalmente da nessuno (anche se per assurdo -ammesso e non concesso da parte mia- ci fosse un Dio creatore, potrebbe esserci un senso del resto dell' universo eccedente il creatore e da lui creato, costituito dagli scopi della sua azione creativa, ma non del creatore stesso né dell' universo in  toto == creatore + creato, in quanto non scopi della creazione di alcuno).

2) Se per senso si intende "spiegazione causale", allora il discorso é del tutto analogo: il senso del nostro esistere é costituito dalle leggi generali astratte universali e costanti di natura e dalle circostanze particolari concrete da cui é stato causato il nostro venire al mondo secondo tali leggi di natura.
Ma anche in questo caso la realtà in toto non potrebbe avere senso dal momento che in un universo in divenire ordinato secondo modalità generali universali e costanti si può dare spiegazione causale di parti di esso (eventi concreti, spiegati con le circostanze nelle quali le leggi generai del divenire li hanno causati); ma oltre al "tutto" per definizione non può esservi altro che ne possa essere spiegazione causale, altre circostanze particolari concrete e altre leggi generali astratte universali e costanti che in tali circostanze particolari concrete abbiano causato l' universo.

Più in generale qualcosa é spiegata da qualcosaltro, qualcosa dà senso a qualcosaltro, e dunque solo parti del tutto possono essere spiegate o sensate, mentre il tutto non si può spiegare, non può avere senso per definizione dal momento che oltre ad esso non vi può essere altro che lo spieghi o gli attribuisca senso.

3) La risposta corretta alla domanda che sorge spontanea "perché la realtà é così com' é e non diversamente?" é "perché per definizione (di negazione, di essere e di realtà) ciò che é non può non essere, ciò che non é non può non essere".
La realtà può bensì essere pensata diversa da com' é, ma non affatto essere realmente diversa da così com' é, e questo é il motivo per il quale (può bensì essere pensata diversa da così come realmente é, ma invece) non può che essere realmente così come realmente é e in nessun altro modo.
CARLO
Tante chiacchiere e zero risposte.

Zero, delle mie più che esaurienti e argomentate risposte (e non solo...), sarà casomai quello che sei in grado di capire tu!
#1153
Citazione di: Jacopus il 17 Dicembre 2018, 16:47:39 PM
Sgiombo@. Credo che tu abbia frainteso il senso di quello che volevo dire. Proprio evitando ogni derivazione trascendentale possiamo ritenerci responsabili completamente del nostro dominio sulla natura. È solo superando la nostra animalita' che possiamo farlo. Lo sviluppo della civiltà ha reso il mondo umano di un livello di complessità che non può essere affrontato né con la religiosità, né con il mito del buon selvaggio, né tanto meno con il socialismo reale, che non ha certo brillato nella materia "ecologia".
Non penso neppure di voler riproporre il geist alla natur, almeno non nella sua versione ottocentesca. Sono un essere vivente appartenente alla classe, mammalia, ordine, primati, specie, homo sapiens.
Ma rivendicare un ruolo diverso dell'uomo nell'ordine della natura non vuole avere un senso di di dominio ma la constatazione che migliaia di anni di cultura hanno inevitabilmente modificato il nostro essere, anche come specie animale. La cultura è ovviamente uno sviluppo della natura ma a sua volta interagisce con essa, la modifica e modifica anche il nostro ruolo. Volevo sottolineare proprio la grande responsabilità dell'uomo contemporaneo privo di ogni paracadute religioso (compresa quella religione atipica chiamata marxismo), e che si trova in una sorta di limbo, non animale, non divinità, ma come Ulisse dotato di logos.
Appiattirci sulle nostre istanze biologiche è stato un salutare bagno di umiltà, dedicato a tutti coloro che si sentivano eletti. Ora dovremmo anche fare un passettino in avanti e considerare la trascendenza della condizione umana anche nella esistenza materiale e questo può avvenire proprio interrogandoci sulla differenza fra noi e il resto del creato, senza nessuna sicumera o ipocrisia (che vedo in ogni dove, anche prima di tutto nelle mie azioni).

Salvo la valutazione del marxismo come religione, per quanto "atipica" e del marxismo e quella del socialismo reale (che fra l' altro non tiene conto dei reciproci condizionamenti fra esso e il capitalismo reale; ma non ho intenzione di addentrarmi in una discussione su questo argomento), e inoltre qualche residua ambiguità anche delle tue attuali parole (l' uomo che si troverebbe "in una sorta di limbo, non animale, non divinità"), con queste spiegazioni sostanzialmente concordo: l' uomo fa ancora parte a pieno titolo del regno animale; per quanto intenso sia stato in qualità e quantità il suo sviluppo culturale, non può non essere considerato ancora facente parte a pieno titolo della natura; rispondiamo ancora integralmente, indefettibilmente, "al 100%" alle leggi di natura.

Il che non significa ovviamente che l' uomo non possa e non debba fare (ma nemmeno che necessariamente faccia, purtroppo!) buon uso della sua peculiare caratteristica della razionalità.
#1154
Citazione di: altamarea il 17 Dicembre 2018, 17:09:54 PM
Sgiombo ha scritto:
CitazioneIl gusto estetico é qualcosa di istintivo: non "dimostra" chi e che cosa é bello e chi e che cosa é brutto, ma lo fa "avvertire", sentire.


Certamente il gusto è istintivo, essendo uno dei nostri cinque sensi. Ma nell'ambito della filosofia estetica l'astratto gusto "estetico" è coinvolto dal "giudizio estetico" nella definizione del bello sia naturale sia artistico, nella capacità di percepire la bellezza e sentirsene soddisfatti. Infatti il gusto estetico è in relazione  anche con il "piacere estetico" o "enjoyment". Entrambi sono soggettivi, attivano le emozioni, i sentimenti, le preferenze personali. Derivano dalla contemplazione (di un'opera d'arte, un paesaggio, una persona, ecc.) ma anche dai neuroni. Le neuroscienze stanno contribuendo a saldare la cesura tra cervello e mente (psiche), tra la dimensione biologica e quella psicologica dell'esperienza estetica.  

Sono d'accordo con te che il "giudizio estetico" sulla bellezza è individuale e nel tempo può mutare nella persona. Non è la bellezza che cambia ma è il nostro modo di valutarla che si modifica.

Rimanendo alla bellezza fisica, questa è testimone dei modi diversi in cui è stata giudicata nel tempo e l'abbiamo accolta nei nostri schemi mentali, morali e sociali.

Mentre su tutto il resto sono d' accordo, mi corre l' obbligo di esporre alcuni motivi di dissenso (oltre a precisare che in questa discussione per "gusto" ho sempre inteso il "gusto estetico" che induce a formulare giudizi estetici e non il senso che ci fa percepire i sapori dei cibi; anche se anch' essi sono a pieno titolo valutabili secondo il gusto estetico e passibili di giudizio estetico, pur senza cadere nelle aberrazioni dei presuntuosissimi e odiosissimi cuochi -se si offendono perché non li chiamo "chef" la cosa mi fa immenso piacere- che in televisione si sentono e vengono presentati dai giornalisti come sommi artisti che nemmeno Michelangelo Buonarroti...).

NOn credo proprio che Le neuroscienze stiano contribuendo a saldare la cesura tra cervello e mente (psiche), tra la dimensione biologica e quella psicologica dell'esperienza estetica.
Per me le neuroscienze stanno consentendoci di conoscere sempre meglio i rapporti di necessaria coesistenza fra determinati eventi neurofisiologici cerebrali (e non altri) e determinati eventi di coscienza (e non altri), i quali ultimi sono ben altre cose che i determinati eventi neurofisiologici cerebrali di cui sopra (anche se necessariamente ad essi coesistenti).
Il mio cervello osservato da te, nell' ambito della tua esperienza cosciente (si spera per la mia incolumità indirettamente, per il tramite dell' imaging neurologico funzionale!), é una cosa, la mia esperienza cosciente é un' altra cosa, anche se non può darsi l' una senza l' altro e viceversa); e così pure, analogamente il tuo cervello osservato da me, nell' ambito della mia esperienza cosciente, é una cosa, la tua esperienza cosciente é un' altra cosa, anche se non può darsi l' una senza l' altro e viceversa.

La bellezza é una caratteristica astratta di enti o eventi concreti, soggettivamente sentita come tale; ciò che cambia nel giudizio estetico é il sentimento soggettivo: se un quadro che in gioventù mi lasciava alquanto indifferente oggi mi piace tantissimo o viceversa, non é il quadro che è cambiato nel frattempo, ma la mia reazione soggettiva alla sua vista (che ha certamente un corrispettivo neurofisiologico nel mio cervello -sono cambiate alcune connessioni sinaptiche fra i miei neuroni- ma che altrettanto certamente é ben altra cosa che tale corrispettivo neurofisiologico, che le sinapsi che ora o in più e/o da quelle che ora ho in meno o che ora ho più e/o meno efficaci di quando ero giovane).
#1155
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 16:41:52 PMCARLO
...E da tutto ciò cosa concludi? Che la ricerca di senso ...non ha senso? Oppure che chi non riesce a dare senso alla propria vita è perché non lo ha cercato con sufficiente determinazione?

Di questa questione abbiamo già parlato in varie altre discussioni.
Riassumo quanto da me già esposto in precedenza.

1) Se per senso si intende "scopo", allora senso può essere attribuito unicamente a ciò che é prodotto da un agente intenzionale, magari dotato di libero arbitrio (almeno a parte dei suoi prodotti, probabilmente non a tutto in quanto alcune azioni del "produttore" potrebbero anche essere casuali e non finalizzate).

Agenti intenzionali (non dotati di libero arbitrio per me possono essere solamente gli uomini e in qualche limitata misura altri animali.
In questo senso il senso (che schifo di gioco di parole!) della vita di ognuno di noi é il fine per il quale ci hanno procreati i nostri genitori (***se*** l' hanno fatto per uno scopo consapevole): potrebbe essere per esempio e la perpetuazione della specie umana, il desiderio di un sostegno per la loro vecchiaia, quello di dare un fratellino al nostro germano maggiore, un nipotino ai loro genitori, ecc. (ovviamente questo non ci impedisce di cercarci autonomamente dei nostri scopi per i quali vivere, cioé di darci noi stessi un senso alla nostra vita).
Invece non può avere senso la realtà in toto, l' "universo" perché non realizzato intenzionalmente da nessuno (anche se per assurdo -ammesso e non concesso da parte mia- ci fosse un Dio creatore, potrebbe esserci un senso del resto dell' universo eccedente il creatore e da lui creato, costituito dagli scopi della sua azione creativa, ma non del creatore stesso né dell' universo in  toto == creatore + creato, in quanto non scopi della creazione di alcuno).

2) Se per senso si intende "spiegazione causale", allora il discorso é del tutto analogo: il senso del nostro esistere é costituito dalle leggi generali astratte universali e costanti di natura e dalle circostanze particolari concrete da cui é stato causato il nostro venire al mondo secondo tali leggi di natura.
Ma anche in questo caso la realtà in toto non potrebbe avere senso dal momento che in un universo in divenire ordinato secondo modalità generali universali e costanti si può dare spiegazione causale di parti di esso (eventi concreti, spiegati con le circostanze nelle quali le leggi generai del divenire li hanno causati); ma oltre al "tutto" per definizione non può esservi altro che ne possa essere spiegazione causale, altre circostanze particolari concrete e altre leggi generali astratte universali e costanti che in tali circostanze particolari concrete abbiano causato l' universo.

Più in generale qualcosa é spiegata da qualcosaltro, qualcosa dà senso a qualcosaltro, e dunque solo parti del tutto possono essere spiegate o sensate, mentre il tutto non si può spiegare, non può avere senso per definizione dal momento che oltre ad esso non vi può essere altro che lo spieghi o gli attribuisca senso.

3) La risposta corretta alla domanda che sorge spontanea "perché la realtà é così com' é e non diversamente?" é "perché per definizione (di negazione, di essere e di realtà) ciò che é non può non essere, ciò che non é non può non essere".
La realtà può bensì essere pensata diversa da com' é, ma non affatto essere realmente diversa da così com' é, e questo é il motivo per il quale (può bensì essere pensata diversa da così come realmente é, ma invece) non può che essere realmente così come realmente é e in nessun altro modo.