Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 22:56:39 PMCitazione di: donquixote il 05 Dicembre 2016, 21:39:08 PMAttualmente la teologia indica l'agape come amore disinteressato, fraterno, smisurato ( Wikipedia). Mi sembra che , nella primitiva chiesa, essa indicava anche il momento della celebrazione eucaristica comunitaria e fraterna, come un vincolo fraterno d'amore. Penso che l'espressione come amore/dono indica l'amore che va verso l'altro e non il solo sentimento mistico d'amore tra Dio e la sua creatura e ne sottolinea la gratuità. Il termine amore è generico perché può indicare anche l'eros, in cui è presente una componente di attrazione fisica. Personalmente non mi dispiace la traduzione come "amore/dono", mi sembra in linea...Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 20:54:00 PM@ Donquixote scrive: L'agape evangelico non c'entra nulla col dono o con il concetto di amore cui siamo soliti riferirci oggi, che è una degenerazione successiva arrivata sino a noi per poi esplodere negli ultimi due secoli e oscurare completamente il senso originario, altrimenti il testo greco non avrebbe usato il termine agape ma il vocabolo philia, da cui appunto filantropia. Il termine philia mi sembra indichi un amore di tipo "amichevole" , mentre il termine agape indica un tipo di amore più prettamente spirituale che può giungere fino all'auto-annientamento ( kenosis). Se intendi che negli ultimi tempi la chiesa pratichi più philia che agape , posso essere d'accordo con te...Non mi sembra proprio che la kenosis sia legata all'amore, o almeno non a quello che si intende normalmente e che anche tu esprimi con "amore/dono". La kenosis è (per quanto anch'esso sia un concetto alquanto frainteso oggi) l'annullamento dell'io che si risolve nel sé universale, praticamente il Moksha degli induisti, o il Nirvana, o il Satori, e via dicendo, e dunque non ha alcuna attinenza con l'amore come filantropia che è il moderno concetto cristiano di carità (e per inciso anche il fatto che le Bibbie moderne traducano "agape" con "carità" mentre fino a 70/80 anni fa si traduceva molto più correttamente con "amore" è segno di degenerazione delle esegesi). Negli ultimi tempi la Chiesa predica e pratica solo philia (magari sino al punto di predicare il "sacrificio" proprio a vantaggio dell'altro che non mi sembra per niente un concetto solamente "amichevole") perchè non ha più la benchè minima idea di cosa sia agape.@Apeiron L'amore disinteressato non mi appare come qualcosa di irraggiungibile. Arduo sicuramente sì, ma non irraggiungibile...
Quindi sarebbe tipo il "sentire di essere parte di qualcosa di più grande, di donare sé per la comunità". Ciò ha senso visto che appunto il cristianesimo non prevede l'annullamento dell'io in modo così esplicito come buddismo e induismo, più vicini alla kenosis (anche se tipo Eckhart non sarebbe così d'accordo
 ).
 ).L'amore disinteressato secondo me realisticamente lo raggiungi temporaneamente (ahimé io dubito anche di riuscire ad arrivare a questo livello) ma provarlo sempre significherebbe eliminare ogni egoismo, avversione ecc. Avercelo sempre mi sembra ,se non irragiungibile, tanto (ma proprio tanto) arduo (un po' come il Risveglio del buddhismo).

 ). Nella visione cristiana una vita vissuta nell'agape è già una vita di fede, una vita ricolma di Grazia perché , se la natura di Dio è amore/dono chi fa della propria vita un atto di amore/dono è già, qui e ora, in Dio stesso ( Padre Turoldo dirà che è Dio stesso che ama se stesso in noi facendoci come Lui). Si stabilisce una continuità d'amore/dono tra creatore e creato, tra abile vasaio e umile argilla.
 ). Nella visione cristiana una vita vissuta nell'agape è già una vita di fede, una vita ricolma di Grazia perché , se la natura di Dio è amore/dono chi fa della propria vita un atto di amore/dono è già, qui e ora, in Dio stesso ( Padre Turoldo dirà che è Dio stesso che ama se stesso in noi facendoci come Lui). Si stabilisce una continuità d'amore/dono tra creatore e creato, tra abile vasaio e umile argilla. ). Penso che l'atto del cercare non sia arroganza, che sia voluto , nell'idea cristiana, da Dio stesso, che si cela dietro la "nube della non-conoscenza" ( deus absconditus); come Krshna che si nascondeva per giocare con le gopi o come gli amanti che si prendono e si lasciano. Diventa arroganza quando uno cerca argomenti razionali per giustificare pulsioni non razionali. Per es.: provo odio profondo per l'altro e sostengo razionalmente una teoria per cui la vita ( di solito quella dell'altro però
). Penso che l'atto del cercare non sia arroganza, che sia voluto , nell'idea cristiana, da Dio stesso, che si cela dietro la "nube della non-conoscenza" ( deus absconditus); come Krshna che si nascondeva per giocare con le gopi o come gli amanti che si prendono e si lasciano. Diventa arroganza quando uno cerca argomenti razionali per giustificare pulsioni non razionali. Per es.: provo odio profondo per l'altro e sostengo razionalmente una teoria per cui la vita ( di solito quella dell'altro però  D'altronde se "bene" e "male" sono solamente illusioni a che serve un percorso spirituale?
 D'altronde se "bene" e "male" sono solamente illusioni a che serve un percorso spirituale?  ), scegliendone una personale, ma, per ragioni onnipotenti, imperfetta, alterando la loro condizione ontologica, e perdendo, momentaneamente, il diritto di poter esistere nel giardino eterno: il Regno dei Cieli (che non è mai scomparso). E non tanto per aver abusato del libero arbitrio, ma perché, a differenza nostra, loro non dovevano credere a un Dio padre celeste per sentito dire o saltando nel buio come noi: dacché essi erano con Dio, lo vedevano, lo toccavano, ci giocavano. Dunque, alla fine, è importante per la nostra fede se il leone mangiava i mandarini o le carote, o se invece del frutto Adamo abbia bevuto una coca cola, rispetto al fatto che forse il messaggio recondito che siamo stari creati da un dio, dal Dio dell'amore, sia tutto vero, e che il non riconoscere il suo amore nella sua etica sia la causa della realtà in cui noi siamo obbligati a esistere o sopravvivere?
 ), scegliendone una personale, ma, per ragioni onnipotenti, imperfetta, alterando la loro condizione ontologica, e perdendo, momentaneamente, il diritto di poter esistere nel giardino eterno: il Regno dei Cieli (che non è mai scomparso). E non tanto per aver abusato del libero arbitrio, ma perché, a differenza nostra, loro non dovevano credere a un Dio padre celeste per sentito dire o saltando nel buio come noi: dacché essi erano con Dio, lo vedevano, lo toccavano, ci giocavano. Dunque, alla fine, è importante per la nostra fede se il leone mangiava i mandarini o le carote, o se invece del frutto Adamo abbia bevuto una coca cola, rispetto al fatto che forse il messaggio recondito che siamo stari creati da un dio, dal Dio dell'amore, sia tutto vero, e che il non riconoscere il suo amore nella sua etica sia la causa della realtà in cui noi siamo obbligati a esistere o sopravvivere?