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Messaggi - Phil

#1156
«È la metafisica a dirci che la peste non ha nessun senso e questa insensatezza è il senso dell'essere» (cit. Givone). Partendo da questo assunto, la "metafisica della peste" non può esserci: se la metafisica ci spiega che la peste non ha senso, e in ciò rimanda al (assenza di) senso dell'essere, allora la peste è solo un epifenomeno di un discorso ontologico, e di/su tale epifenomeno non si dà metafisica, se essa stessa vi vede un mero riflesso contingente dell'insensatezza dell'essere (che è invece autentico tema metafisico).
E il titolo del libro? Resta sempre valido l'ammonimento a non giudicare un libro dalla copertina... o dal titolo ad effetto, aggiungerei. Anche perché il sottotitolo è, non a caso, «colpa e destino».
La peste, oltre ad essere intesa anche metaforicamente ("peste" come cattivo uso virale-contagioso di un linguaggio tanto condizionante quanto superficiale e fallace; piuttosto a tema direi) e come pre-testo per riflessioni non strettamente "pestilenziali" (uomo contemporaneo, etc.), viene connessa a temi metafisici e religiosi (colpa, destino, Dio, male, morte, senso dell'essere, etc.), che restano certamente applicabili anche al Coronavirus solo se si è dentro una certa prospettiva filosofica sull'Essere (e non sono certo sia quella che ha innescato il topic).

Non so se Givone intenda, nel suo pensiero complessivo, la metafisica come sinonimo di filosofia; indubbiamente, se così fosse non sarebbe l'unico; resterebbe pur sempre da vedere, come accennavo sopra, in che senso i due termini coincidano (giacché le possibilità sono multiple).


P.s.
Se ti interessa approfondire, qui ci sono gli appunti del corso di estetica pertinente al libro e qui un video di una sua conferenza sul tema (Givone inizia a parlare al minuto 19:13).
#1157
Citazione di: Ipazia il 27 Marzo 2020, 10:07:51 AM
Sarà pure come dice phil, ma forse la metafisica preferisce la sua reincarnazione modernista alla inumazione in un sarcofago alla portata di pochi autoinvestitisi credenti che ne custodiscono la salma.
Se antropomorfizziamo la metafisica, bisognerebbe comunque chiedere alla "signora" se davvero "preferisca" la sua reincarnazione (post)modernista; considerando ciò che essa è stata ed ha detto-scritto da Aristotele (se non prima) ad oggi, non scommetterei che preferirebbe tale reincarnazione ad un dignitoso eterno riposo (fermo restando che è di fatto ancora ben viva, come dimostrato da Freedom). Tutta la disputa fra metafisici e postmetafisici si basa su questa evidenza, su una metafisica che "non vuole" reincarnarsi nel suo aberrante zombie postmoderno, nel vago sinonimo di ciò di cui essa è stata affilata punta di diamante.

Se non i «pochi autoinvestitisi credenti»(cit.) della metafisica, sono allora i pensatori nonmetafisici (o antimetafisici) che dovrebbero "spiegare" alla metafisica cosa essa "dovrebbe" significare oggi?
Certamente possibile, ma si tratta di un gesto che, da un lato, tradisce il fascino suadente che il termine tuttora emana (a causa della sua aura storico-retorica?), per cui ostinatamente non lo si vuole abbandonare; dall'altro lato, forza la metafisica ad essere ciò che essa non è mai stata, se non per "un attimo" (storicamente parlando) quando il buon Andronico ne fece una questione di "posto sullo scaffale" (metaforicamente parlando). Trascurare tutto ciò che è avvenuto dopo tale "posizionamento", significa trascurare tutta la storia della filosofia occidentale, come se quella parola non si fosse, nelle puntate successive, fatta carico di un significato filosofico (diacronico, direbbe De Saussure) che definire «epocale» sarebbe riduttivo.

Chiaramente nessuna legge linguistica ci vieta di affermare che «filosofia» e «metafisica» siano sinonimi, anche perché molti pensatori metafisici potrebbero lietamente concordare (v. questo topic); il punto è che questa assimilazione assume un significato differente a seconda che a proporla sia un pensatore metafisico (che quindi fonda la filosofia sulla sua istanza metafisica classica) o un postmetafisico (che "abbassa" la metafisica a sinonimo di filosofia in quanto riflessione che non si occupa di leggi fisiche); nei due casi la "direzione" del senso e del fondamento è inversa (discensionale/ascensionale) quindi ciò che ne consegue non possono essere chiarezza e rigore discorsivi.

Di fronte a tutte queste ambiguità di significato (nella quadratura semantica fra metafisici, postmetafisici, «filosofia» e «metafisica»), non vale forse la pena evitare di reincarnare parole stracariche di storia, deformandone il senso, cercando di usare attentamente le definizioni che la nostra cultura ci insegna o, eventualmente, proporre dei neologismi?
Secondo me, quando aggiornare una parola comporta troppa confusione (come mi sembra questo forum testimoni), forse è il caso di non aggiornarla (nel nostro piccolo). Il tipico esempio è la parola «dio»: se oggi intendessimo con tale termine il "big bang" o un buco nero che ci sta risucchiando o una presunta legge fisica omniesplicativa, staremmo attualizzando pregevolmente tale parola, o solo rischiando di produrre confusione per omonimia, mandando in cortocircuito semantico un termine di suo già abbastanza "relativo"? Basterebbe giustificarci dicendo che in fondo i panteisti sono sempre esistiti? L'espressione mediatica e metaforica «particella di dio» ha più valore culturale e discorsivo di millenni di religioni e milioni di attuali credenti? Domande che non hanno una risposta univoca... e il perché non credo vada spiegato.


P.s.
Citazione di: Ipazia il 27 Marzo 2020, 10:07:51 AM
Anche la metafisica ha mutato pelle: basta accostare "metafisica" ad una preposizione genitiva su un motore di ricerca per avere un florilegio di risultati che le permettono di librarsi in ogni angolo dello scibile.
Non sottovaluterei la differenza fra i motori di ricerca online e gli istituti di ricerca accademici (direi che una «ricerca» non vale l'altra): se sono i primi ad essere il criterio egemonico per un forum, come conforme alla nostra epoca (l'autorità è la rete, versione talebana del debolismo postmoderno), ciò non significa che i secondi abbiano smesso di distillare e/o custodire uva buona, che talvolta ai volponi telematici può risultare "acerba" (direbbe Esopo).

P.p.s.
Forse avrei dovuto postarlo nel nuovo topic aperto da bobmax, ma mi ha dato scacco matto con l'indicazione finale nel suo post di apertura.
#1158
@Ipazia
Qualche disambiguazione (e perdona la puntigliosità):
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 17:04:58 PM
Ormai i due concetti si sovrappongono ed essendo ogni fisica fonte di riflessioni meta-fisiche, di ciò si occupa la filosofia.
Ormai si sovrappongono fuori dall'ambito settoriale-disciplinare, che questo forum infatti non è; si tratta tuttavia di un'ingiustizia esegetica, prima che ermeneutica, che mi sembrava necessario segnalare e magari "contenere" (come già detto, sono di un'altra parrocchia, eppure non me la sento di "inquinare" l'identità e la portata storica del pensiero metafisico classico).

Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 17:04:58 PM
Sul valore "prima" mi pare che ci sia poco da spartire con Aristotele, posto che ogni valore, comunque lo si intenda, si innesta sulla fisica e non viceversa. Semmai più lecita è la versione narrata sull'ordinamento delle opere di Aristotele, che pone la metafisica "dopo" la fisica. Il che è anche filogeneticamente più plausibile, senza scomodare classificazioni valoriali, quindi etiche.
Era Aristotele stesso a chiamarla «filosofia prima» (se non ricordo male), intendendo "prima" per valore rispetto alle altre filosofie e alle altre discipline (non era una mia reverenziale "valorizzazione" della metafisica).
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 17:04:58 PM
Se uno intende espungere il filosofico dal reale, relegandolo nell'archeologia iperuranica non ha che da dirlo. Nel vasto mondo della filosofia c'è posto anche per questa metafisica. Ma toccherà a qualcun altro indagarla per quello che è e non sa di essere.
La filosofia del reale, della scienza, del mondo della vita, delle domande esistenziali, degli orizzonti di senso, della politica, dell'arte, etc. è quanto di più attuale (e interessante) ci possa essere; suggerivo di chiamarla «filosofia», lasciando che «la metafisica» resti rispettabilmente «la metafisica» (come spesso ci ricordano alcuni utenti, che oltre ad aver ben chiara la distinzione, ne condividono il "progetto"). La cultura postmoderna spiccia ne svilisce la storia e l'anelito perché non ne condivide l'impostazione, ma piuttosto che farla diventare impropriamente sinonimo di «filosofia», credo sia più corretto smettere di usare tale parola o usarla solo quando è pertinente (salvaguardandola dall'«ognuno la definisce a modo suo», pratica ancor più goffa se attuata fra i "non addetti ai lavori"; non mi riferisco a nessuno in particolare).

Passando al secondo post:
- quando parlavo di «dialettica servo/padrone» mi riferivo al sol levante, dove è meno metafora di quanto dicano i termini (e credo che un sindacalista concorderebbe);
- sulla tua osservazione del "differenziale negativo della libertà" in Italia (almeno se non ho frainteso), resto piuttosto perplesso; tuttavia ammetto di non aver mai vissuto in Cina per "vedere l'effetto che fa" (oppure è una sconsolata sfida al ribasso, a chi ce l'ha più negativo?).


@Sariputra
Ai tempi della prima versione, ormai desueta come un incunabolo, non era obbligatorio averla già pronta (anche se caldamente consigliato) perché ne erano fornite le forze dell'ordine; ora non so se si sia passati all'obbligo di aver già pronto il lascia-passare... penso a chi ha una certa età, vive da solo e non sa cosa sia una stampante (e magari l'ultima volta che ha usato una penna era in verità un pennino con affianco un calamaio).
#1159
Concordo e riparto dalla domanda di Ipazia: nella dialettica servo/padrone, per il padrone non c'è nulla di più importante della vita (e salute) del servo, prerequisito fondamentale per abilitarne lo sfruttamento. Un'economia basata sulla quantità di lavoratori e sulla quantità del loro lavoro (più che sul margine di guadagno per singola vendita/export), non può permettersi che tale quantità venga decimata. Come insegnavano gli antichi, una schiavo che "vale", va frustrato ma non ucciso (o lasciato morire): è l'idea di fondo per cui lo sciopero della fame o lo schiavo che non teme la morte spaventano il padrone (soprattutto se il valore è, appunto, una mera questione di quantità di lavoratori/produzione).
Se invece l'economia è più frammentata, più "imprenditoriale" («sei l'imprenditore di te stesso», dicono gli imbonitori), più qualitativa che quantitativa, non essendoci troppi "schiavi" (checché se ne dica basandosi sui nostri abulici e metaforici parametri democratico-occidentali), la gestione dell'ingerenza del virus sull'economia risulta "spontaneamente" in un'esitazione decisionale maggiore, come sempre succede quando sono in tanti ad avere voce in capitolo e a sedersi al tavolo delle scelte e dei compromessi (o ad influenzarlo comunque a distanza). In una parola: democrazia; nel bene e nel male.
Questa "lentezza" è uno dei prezzi da pagare per una società complessa (nonostante il semplicismo degli "allenatori del lunedì" o dei profeti ingenui) in cui si considera la popolazione non solo capitale umano e in cui l'economia, con più attori e mediatori, grandi e piccoli, è di tipo differente da quella massiccia e massificata del sol levante (e non "del nostro avvenir", spero).

Ovviamente, in una situazione di emergenza sociale, che richiede coordinazione serrata fra direttive e loro esecuzione, fra emanazione norme e loro rispetto impeccabile, le pur preziose libertà di azione, di obiezione (e meno preziosa e lusinghiera, ma innegabilmente fattuale, quella di svicolamento in stile "io speriamo che che me la cavo"), oltre che un importante traguardo sociale e un valore etico, possono diventare un potenziale ostacolo fisico e sociale alla guarigione e al contenimento del contagio.
Forse ci si vorrebbe trasferire in Cina all'innesco di un virus per poi ritornare in Italia quando si tratta di lavorare o di farsi curare (o navigare sul web o molte altre attività), me temo che nemmeno con la doppia cittadinanza si potrebbe essere facilmente così "opportunisticamente zingari". Non resta che ammettere "banalmente" che ogni regime ha i suoi pro e contro, a seconda della situazione (come ben sanno i vecchi ferrovieri italiani... intendiamoci, lo dico per amor di battuta, senza nostalgie). Giudicare una forma e una classe politica dalla gestione dei casi di emergenza è sicuramente un test importante, ma per me non andrebbe comunque dimenticato com'è viverci anche nelle situazioni non emergenziali (con ciò non intendo affatto nascondere le carenze italiche, né in tempo di salute, né in tempo di malattia).
#1160
[Nota linguistico-concettuale]
Le perplessità di Gyta, Freedom e iano (più il sottoscritto) riguardo la pertinenza della metafisica in campo virale, è ragionevole finché si rispetta la prospettiva della metafisica classica: probabilmente tutti i filosofi metafisici avrebbero alzato un sopracciglio o corrugato la fronte leggendo che una malattia, contingenza fisica per eccellenza, ha scomodato la somma teoresi sull'universale e il necessario (e in base a questo improvvido accostamento avrebbero magari giudicato la nostra profondità culturale...). Tuttavia, qui ed ora, ovvero fuori dalle accademie e in epoca anche postmetafisica, la maggioranza dei parlanti intende «metafisica» in senso meramente etimologico, ovvero come ragionamento sull'astratto, che in filosofia non può che essere genericamente il senso (non sensoriale) nelle sue varie declinazioni, dall'esistenzialismo alla politica, come già ricordato da Ipazia.
La buona fede, filosofica e filologica, di chi (come il quartetto citato prima) riconosce ancora alcune finalità teoretiche come denotative della metafisica (al di là di come le si interpreti), si scontra con l'uso discinto, postmoderno e mediatico, in cui «metafisica» torna ad essere ironicamente sinonimo di «filosofia» quasi come la intendeva Aristotele (metafisica come filosofia "prima", per valore); solamente che né la metafisica-filosofia, né il sapere in generale, sono più gli stessi di tre millenni fa.
Nel "frammento" che segue è infatti possibile (oltre che più sensato, direbbe un metafisico) sostituire la parola «metafisica» con «filosofia»:
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 11:09:40 AM
Che la relazione della res cogitans con la res extensa, della mente umana con la natura, sia fin da subito metafisica, ce lo ricorda l'ossessivo "perchè ?" dei nostri cuccioli. La scienza è metafisica naturale, arte ed estetica sono metafisica del piacere, la religione è metafisica dell'immaginario, la filosofia è meta-metafisica, metafisica pura. E' interrogazione sul senso del domandarsi il senso delle cose,
[...]
P.S.
(Dimenticanza imperdonabile: l'etica. Che è metafisica del vivere..
Potrà sembrare una sterile questione di definizioni linguistiche, eppure, secondo me, iniziare a usare con approssimazione il linguaggio è il primo passo per ragionare in modo altrettanto approssimativo; non che in questo forum siano in gioco le sorti dell'umanità o vengano redatte pietre miliari del pensiero umano, nondimeno limitare le ambiguità può giovare anche alla comunicazione e riflessione amatoriale.
#1161
Evento che potrebbe essere il primo di una serie nell'"antropocene tecnonichilista", direbbe qualcuno, o più semplicemente: avventure di un coronavirus nel terzo millennio, fra pandemia e infodemia. Insidiati dal millennium bug, dal 2012 dei Maya e da altre amenità cabalistiche, finché un virus, nel suo piccolo, ci ha ricordato (semplicemente facendo quello che fanno tutti i virus) che la natura non è mai totalmente addomesticata dall'uomo, che nel villaggio globale esistono anche infezioni globali e che il malinconico destino dei medici è quello di iniziare sempre un passo indietro rispetto alle malattie (per superarle con la rimonta del "secondo tempo", quello dei vaccini).

Forse, più che una "metafisica" del coronavirus, si potrebbe parlare, parodiando Foucault, della "macrofisica" del virus, totalitaria e senza compromessi (o lo elimini o ti elimina), rispetto ad una "microfisica" del virus, quella dei comportamenti dei singoli (esco/non-esco, mascherina/non-mascherina, etc.), che pure possono innescare, con sommesso effetto domino, conseguenze dilaganti.

Pare che la (bio)politica si sia reimpadronita delle piazze, svuotandole, quasi insorgendo contro la dittatura del capitale (dove prima, dove dopo, dove più, dove meno) e contro un pericolo venuto dall'ester(n)o che, come da manuale, spinge ad essere uniti, a cantare l'inno dalle finestre, a non fare battute sull'autenticità degli aiuti cinesi, e ad osservare che in tempo di crisi immunologica l'Europa si ricorda di come si usano le frontiere, perché il plus-valore della circolazione delle merci è un'esigenza, ma non va compromessa con il virus-valore della circolazione degli uomini.
Significativo che persino le merci siano state afflitte dall'"effetto sorpresa" del virus: il feticismo merceologico dell'"Amuchina & mascherina" ha mostrato quanto siano in realtà fallibili e vulnerabili i meccanismi del mercato, che per essere soverchiante ha bisogno di adeguata profondità di magazzino e, più a monte, di una pianificazione e stima del rapporto produzione/vendita (il rincaro dei prezzi è infatti un sintomo della frustrazione da carenza di scorte, oltre che di "cinismo da partita doppia").

La tecnocrazia che ci deumanizza e ci aliena, adesso, ci mostra anche il suo lato amico e gentile, porgendoci lezioni a distanza, smart working, vari svaghi multimediali, ordini online, consegne a domicilio di mascherine da altri paesi (anche se è ancora presto per riceverle con droni asettici; altri droni verranno forse impiegati per i controlli della circolazione), etc.
Da altri paesi, proprio come è arrivato il virus, arrivano anche macchinari, medici e, forse, un vaccino: la società dello spettacolo debordiana (in cui si parlava di isolamento, ora beffardamente rivisitato e radicalizzato dall'#iorestoacasa), registra una inattesa rivincita del valore d'uso sul valore di scambio. Va in scena un show mondiale dagli indefiniti contorni socio-economici: dal sovraccarico nelle reti internet di comunicazioni e dati (la "merce" che rende di meno ai suoi inconsapevoli "lavoratori", suggerisce Ferraris) alla questione di una prossima economia tratteggiata come "da dopo guerra", senza considerare che anche la guerra aveva avuto una sua forma di economia, nel settore armamenti, carburanti, etc. (mentre ora, se non erro, il lockdown alimenta solo la voracità delle necessarie spese sanitarie e di quelle di prima necessità, senza che ci sia almeno un settore produttivo/commerciale a trarne giovamento).


P.s.
Curiosamente, in Italia pare che fra i decessi ci siano circa 24 medici a fronte di 50 preti; non so se l'età media dei secondi fosse più alta di quella dei primi o fossero soggetti più cagionevoli, tuttavia è un dato che può prestarsi a differenti considerazioni, da bar o da oratorio (a ciascuno le sue).
#1162
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
21 Marzo 2020, 17:27:23 PM
La tematica del ruolo (e dell'approccio) della/e filosofia/e è stato anche al centro della "diatriba" fra analitici e continentali, i cui sviluppi contemporanei sono tratteggiati da una dei suoi più attenti osservatori, Franca D'Agostini, in questo saggio (in cui si allude anche al caso Sokal, che non conoscevo ma la cui idea di fondo aveva sempre stuzzicato la mia fantasia). La divergenza viene trattata anche da questo altro articolo di Paolo Costa, che giunge a conclusioni simili (ibridazione delle due prospettive nelle nuove generazioni di filosofi).
#1163
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
21 Marzo 2020, 14:36:22 PM
Citazione di: viator il 21 Marzo 2020, 14:05:58 PM
chi vuole e decide del "progresso" (nel nostro caso relativo alla guida automatica) potrà tranquillamente e - a mio parere - correttamente argomentare che i sistemi di guida assistita/automatica - al di là di qualsiasi effetto e dilemma etico possano generare - risultano ETICAMENTE migliorativi circa l'attuale situazione circolatoria perchè permettono di RIDURRE LA SINISTROSITA' GENERALE inclusa ovviamente la relativa mortalità.
[...]
Solo dei "filosofi" come alcuni di noi possono dibattere insensatamente sulla liceità ed eticità di eventi che producano il danno ad una o poche persone, trascurando il beneficio per le moltissime che verrebbero sottratti agli effetti della attuale tragica sinistrosità circolatoria.
Quella di ridurre la sinistrosità generale non è una certezza basata su dati di fatto, ma una promessa (questa sì commerciale): non credo possa esserci già una casistica reale che corrobori tale ipotesi, permettendo un confronto statistico fra guida umana e guida programmata, essendo la seconda non ancora entrata in azione ma solo sperimentata in rarefatte occasioni.
Resta inoltre da verificare soprattutto l'impatto numerico tipico della fase introduttiva di nuovi dispositivi tecnologici: quella degli errori nella programmazione, dei cosiddetti "difetti di fabbrica" (dei glitch che necessitano una patch, come si dice in gergo), degli inconvenienti, più o meno fatali, che solo un uso reale (non simulato), su larga scala e protratto a lungo nel tempo, può far attendibilmente emergere.
Ne uccide più la guida in stato di ebrezza o il malfunzionamento di un sensore di traiettoria? Provoca più incidenti la distrazione del cellulare mentre si guida oppure una momentanea assenza della rete GPS che orienta il software?
Per ora abbiamo i dati solo di un lato del confronto, quindi il paragone non è attuabile (al di là dei buoni auspici e della sincera buona intenzione dei programmatori e dei progettisti).
#1164
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
21 Marzo 2020, 00:34:38 AM
Citazione di: Jacopus il 20 Marzo 2020, 23:08:08 PM
In realtà l'etica dovrebbe proporre e risolvere temi meno astratti prima di affrontare quesiti che spesso mi sembrano molto accademici.
Nel mondo evolvono questioni etiche reali che andrebbero risolte prima di occuparsi di uomini grassi da lanciare sui binari.
Sono decisamente d'accordo sul fatto che la priorità della riflessione etica (dentro, ma soprattutto fuori dal forum, ovvero "fuorum") non sia bighellonare su esperimenti mentali, soprattutto se molto radicali. Il loro valore filosofico sta, come evidenziato, "solamente" nel (tentare di) esporre e mettere in difficoltà i fondamenti del pensare etico (fondamenti che collegano eventualmente solo per analogia formale il carrello al virus, senza voler confondere minimamente l'urgenza e la realtà del secondo con l'ipotetica situazionalità del primo). Che le implicazioni/applicazioni di tali fondamenti debbano rivolgersi anzitutto a ciò che è reale, a ciò che accade davvero (o può accadere più probabilmente del "dilemma dell'uomo grasso"), credo sia possibile considerarlo in generale come il secondo imperativo metaetico (essendo il primo «devi avere un'etica», comandamento la cui trasgressione è probabilmente un "cigno nero").
#1165
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
20 Marzo 2020, 22:33:13 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Marzo 2020, 19:35:10 PM
L'imposizione fondazionale (ricerca di mercato) è funzionale al fondamentalismo desiderato (sviluppo dei prodotti e commercializzazione).
L'esperimento mentale applicato alle auto non ha per scopo una ricerca di mercato per la vendita del prodotto: se così fosse, non si porrebbe certo al pubblico un perturbante quesito di tipo etico; il fatto stesso che si sia già passati a tale questione è chiaro segnale che la raccolta di interesse per il prodotto è stata già superata, confermata ed archiviata; siamo ora alla fase di «come vuoi che funzioni il giocattolo?», non più alla precedente «ti piacerebbe questo giocatolo?».

Citazione di: Ipazia il 20 Marzo 2020, 19:35:10 PM
essere laminati alla dimensione voluta. Solitamente 1 (una). Per cui astenersi è buona norma precauzionale.

Meglio ancora decostruire il gioco mostrandone le alternative ed evidenziandone le criticità. Fino al NO che dovrebbe chiudere il discorso.
Alla domanda diretta «chi salveresti?» o a quella indiretta «quel che proponi è giusto per chi?» non ha senso rispondere «no»; mi pare siano queste le domande poste dall'esperimento mentale, sia esso del carrello o, meno "mentalmente" (ma più "programmaticamente"), dell'auto a guida autonoma. Non mi sembra ci venga chiesto «compreresti un'auto a guida autonoma?» (non riesco proprio a leggere questa domanda commerciale nell'esperimento etico). Anche perché, ripeto, l'esperimento non perde la sua portata etica se la macchina non è a guida "autonoma", o meglio (come detto) a guida umanamente programmata, piuttosto che a guida direttamente umana (per questo ho fatto appello all'esperienza di guida, al «per fortuna non veniva nessuno dall'altro lato...», etc.).

Citazione di: Ipazia il 20 Marzo 2020, 19:35:10 PM
Come nel caso di una self driving car incapace di superare il livello etico minimo da richiedersi all'uso di una macchina. Svellendone il discorso e le pretese.
Non è la self driving car che è «incapace di superare il livello etico minimo da richiedersi all'uso di una macchina», che, se non ho frainteso, è il comandamento asimoviano (ma non solo) «non uccidere». Il suddetto riferimento all'esperienza diretta di noi automobilisti, dimostra che già le auto a guida umana non superano il livello etico del «non uccidere» (ponendoci quei quesiti etici il cui esito talvolta finisce nel «per fortuna...», talvolta nei necrologi). Che le auto odierne siano guidate dall'uomo, mentre le auto a guida "autonoma" siano programmate dall'uomo, quindi "pre-guidate" a distanza temporale (per come le intendo), non toglie siano macchine che, calate nella famosa situazione di scelta, costringono l'uomo a decidere chi è "giusto" uccidere (o chi è giusto salvare, se suona meglio...). Tale scelta può essere fatta in un decimo di secondo (durante la guida umana) o a mente fredda in fase di programmazione informatica e, come già scritto, quel «a mente fredda» è proprio ciò che dà spazio e tempo alla possibilità di una riflessione filosofica.


P.s.
Se intendi dire che per te non è etico vendere automobili (in generale) in grado di andare ad una velocità tale, con tempi di frenata tale, etc. che sulle nostre strade, per come sono fatte, possono uccidere o costringere a scelte drastiche, direi che si tratta allora di un'altra questione (che tuttavia esula dall'esperimento mentale proposto, dalle auto a guida autonoma, etc.).


P.p.s.
Riguardo il "patchwork" resto perplesso: l'uso metaforico di «res extensa» non risolve, secondo me, la differenza fondamentale fra il piano di Dio/noumeno e quello di macchina/capitale; detto altrimenti: il simbolo non è l'allegoria.
#1166
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
19 Marzo 2020, 14:02:18 PM
Citazione di: green demetr il 19 Marzo 2020, 12:45:33 PM
Non ho detto subliminale, non ho parlato di grande fratello.


Ho detto suffragante tramite processo induttivo. (l'esatto opposto di quanto hai scritto).
Parlavo più in generale, di un atteggiamento diffuso, ma hai ragione: avrei dovuto specificare che non mi riferivo direttamente a te; pardon.
Sul suffragio tramite processo induttivo, ho già commentato: si tratta del gesto democratico per eccellenza (suffragio universale), che fa pandant con le dinamiche economico-politiche della nostra società (quindi non dovrebbe stupire più tanto, al di là dell'utopia di una fanta-società di massa migliore che si dibatte per affermarsi, ma resta schiacciata dal "fascismo" dei poteri forti... e anche qui parlo in generale, non mi riferisco a te).


Citazione di: green demetr il 19 Marzo 2020, 12:45:33 PM
Ti basterebbe leggere le opinioni tue, di davintro e financo di Paul, per capire di come l'ideologia fascista che vi impone di decidere tramite un giusto (giusto per chi?), si trasformi in mimesi.
Nel rileggere i miei post del topic, non vedo traccia del minimo criterio per l'assegnazione del «giusto», né da parte mia, né da parte di una fantomatica o fantasmatica ideologia "fascista": ho sollevato domande, problemi, metodi di simulazione riflessiva... vederci una scontata risposta univoca di un «giusto» preconfezionato è possibile solo trascurando che tutti i miei spunti si sintetizzano proprio in quell'implicito «giusto per chi?»; domanda aperta e che, di nuovo, chiama in causa il fondamento etico, costringendolo a dichiararsi universale o personale, a seconda del "votante". E' l'esigenza etica che, da sempre e per sempre, ci impone di definire e individuare un "giusto" (non è un'imposizione di una presunta «ideologia fascista»).
#1167
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
18 Marzo 2020, 18:12:32 PM
Citazione di: green demetr il 18 Marzo 2020, 14:26:54 PM
Ma l'escamotage per innescare un etico, è semplicemente amico mio, per raccoglier dati su come venga percepita una situazione aut/aut.
E' un esperimento sociale, per il controllo sociale.
Serve a raffinare i meccanismi induttivi di controllo mentale delle persone.
Di modo che si possa procedere in maniera suffragante alla gerarchizzazione di volta in volta scelta.
Cioè a stabilire una classe di valore sociale.
Partecipare è una forma di asservimento. Non di risposta critica.
Eppure, in fondo, si tratta di "votare" per ciò che si ritiene più giusto; principio democratico per eccellenza. Potremmo arrivare a dire che ogni votazione politica (e qui siamo come ai livelli di un referendum, seppur senza quorum) è un raccoglier dati per il controllo sociale? Probabilmente sì, nel senso che la società "controlla" e determina gli esisti pragmatici della questione tramite il suo stesso voto. E ne è responsabile, nel bene, nel male e nell'astensione (non è un invito a partecipare all'esperimento, solo una considerazione generale).
Nel caso delle auto o del carrello, non si tratta di un controllo sociale nel senso di lavaggio del cervello, inoculazione, plagio, etc. questi sono i fantasmi complottistici e catastrofistici (proto-luddistici) che vedono ogni informazione e valutazione personale come un bene intimo da non far cadere nelle mani del Grande Fratello orwelliano. Qui la dinamica è totalmente differente; è piuttosto un po' come quella delle tessere dei supermercati: mi profilano, sanno quali prodotti compro; qual'è la conseguenza? Che è come se io votassi per la permanenza dei miei biscotti preferiti sugli scaffali del supermercato (è come, mutatis mutandis, quando chi vota si auspica la permanenza del suo rappresentante sui banchi del parlamento).
Finché si può esprimere la propria opinione ed essa contribuisce alla casistica, quindi viene considerata nelle ricadute pratiche, direi che ciò è decisamente il male minore (rispetto a non poterla esprimere o al non essere presi in considerazione).
Se un giorno le famigerate auto a guida autonoma, di fronte ad un ostacolo, punteranno l'inerme cittadino sul marciapiede (per tutelare il trasportato), sarà anche perché tali raccolte dati sul web l'hanno fatta emergere come la proposta più socialmente accettabile (tutto il contrario della circuizione subliminale temuta da green). L'alternativa è che a deciderlo sia un manipolo di poche persone (produttori o programmatori che siano); sarebbe forse meglio? Magari sì, ma sarebbe anche meno democratico. Non sarebbe piuttosto questa una forzata forma di controllo sociale (come quella che ci costringe ad usare i cookies, etc. per i quali, non a caso, non sono state raccolte le nostre opinioni né proposti esperimenti mentali)?


Citazione di: Ipazia il 18 Marzo 2020, 15:04:38 PM
La macchina e il capitale vengono reificati ideologicamente convertendosi in nomos e fondamento tanto quanto Dio e la cosa-in-sè.
La dinamica mi pare differente: la macchina e il capitale sono anzitutto una "res extensa" (aspetto fondante inalienabile) prima di venir ideologizzati, e il loro nomos nasce solo a contatto con la società (con la psicologia delle masse, etc.); Dio e la cosa-in-sé sono invece anzitutto idee (o ideologie) elette a nomos da (alcuni) filosofi e pensatori che ne predicano la trascendenza rispetto alla "res extensa". Quel «tanto quanto»(cit.) che incolla assieme oggetti ed idee, masse ed "elites", prassi economica e filosofia teoretica, induzione e deduzione, ontologia e sociologia, etc, mi pare dunque un "patchwork" piuttosto ardito (de gustibus...).

Citazione di: Ipazia il 18 Marzo 2020, 15:04:38 PMUna volta reificati si procede altrettanto per via deduttiva. L'esempio stesso del treno, come giustamente osserva green, impone la deducibilità del reificato, dell'ipostatizzato, impedendo con tutte le sue forze che si scavi sotto questo fondamento fittizio. Cosa che  però è sempre possibile fare rifiutandosi di stare al gioco e decostruendo, falsificandole, le pretese fondamentalistiche.
Non la vedo come una questione così metafisica e poliziesca, piuttosto una proposta di utile simulazione per amor di riflessione filosofica (concordo con davintro). Le eventuali pretese in gioco non sono fondamentalistiche, ma semmai fondazionali: le domande poste sono lanciate schiettamente e drasticamente al cuore dell'etica. Vederci un'estorsione dell'approvazione sociale verso la proposta commerciale, confonde le ricerche di mercato con la ricerca e sviluppo dei prodotti (che è un'altra fase, solitamente meno "populista").
#1168
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
18 Marzo 2020, 12:58:30 PM
Citazione di: Ipazia il 18 Marzo 2020, 08:50:30 AM
Che polemos abbia un grande ruolo in natura, ed in particolare in quella umana modificata, è stato filosofeggiato fin dai tempi di Eraclito, sviluppandosi poi in principio dialettico. Il difficile non è tanto constatarlo ma trovare una regola che, almeno a livello dell'unico universo in cui abbiamo possibilità d'intervento modificativo, quello antropologico, permetta di fondare la legge, il nomos, su criteri certi dal carattere epistemico.
[...]
un orizzonte di riferimento per normare, legificare, su un terreno che è tanto più solido quanto più è condiviso. Ed è tanto più condiviso quanto più le soluzioni etiche attuano una ottimizzazione del sacrificio nel do ut des della dialettica sociale.
[...]
Dal fondamento non scappa nessuna metafisica - e le più intrappolate sono quelle a loro insaputa - ma almeno che sia umano, sufficientemente umano.
Quello del fondamento è un tema... fondamentale, almeno secondo me. Per questo ho riesumato questo topic, citando un esperimento mentale che ci costringe, se stiamo al gioco, a guardare in faccia i fondamenti della nostra visione etica mentre esercitiamo su di loro la massima pressione, con un test che ne saggia i limiti strutturali costringendo i fondamenti a reggere, come e se possono, in situazioni di dilemma, di scelta cruciale, come, appunto, l'assegnare una morte inevitabile (proprio nell'ottica di ciò che hai chiamato «ottimizzazione del sacrificio»).
Se devo scegliere se sparare ad un albero o a un bambino, i fondamenti della mia etica vengono a malapena chiamati in causa: la facile risposta la danno rapidamente sia il senso comune, che il buon senso, che la legislazione, etc. con i quali è difficile, in questo caso, non concordare appieno; non serve scomodare troppe indagini filosofiche, non c'è materiale per una riflessione etica. Per collaudare o almeno capire come funzionano e quali sono i nostri fondamenti etici, serve qualcosa di decisamente più forte e radicale (come ha bene inteso baylham).
La scelta proposta dall'esperimento è capziosamente assurda o irreale? Credo che chiunque abbia in archivio un buon chiliometraggio su strade urbane e periferiche (tralasciando autostrade e simili), si sarà trovato, almeno una volta nella vita, a pensare, dopo aver schivato un ostacolo o un pedone sprovveduto, invadendo l'altra corsia, «per fortuna che dall'altra parte non arrivava nessuna auto, altrimenti...». Ecco che l'impudente esperimento ci chiede proprio: «altrimenti, cosa avresti fatto?». Sono situazioni che capitano realmente, basta chiedere un po' in giro o leggere la cronaca («l'autista non è riuscito ad evitare il pedone»); l'esperimento ne ha solo declinato tutte le possibilità, caratterizzando il tipo di pedone, il tipo di ostacolo, etc. La differenza, come dicevo, è che nel programmare un'auto a guida autonoma, dobbiamo decidere adesso cosa farle fare qualora si verifichi tale situazione (perché l'uomo può anche decidere al volo, un software, se non erro, no). L'esperimento può servire qui (siamo nella sezione «filosofia», non «tecnologia») come escamotage formale (@green demetr) per una riflessione etica, perché chiaramente il fondamento dell'azione dei dispositivi informatici è ancora fondamento umano (v. programmazione), tuttavia è impiantato e "delocalizzato" in un sistema digitale meramente esecutivo e, al di là delle apparenze, non-decisionale.


P.s.
Citazione di: Ipazia il 18 Marzo 2020, 08:50:30 AM
E' la tautologica fallacia denominata
petitio principi in cui si pone a fondamento ciò che si deve dimostrare: Dio per i teisti, la cosa-in-sè per la veterometafisica riesumata, il capitale per chi comanda il mondo attualmente, la macchina per lo scientismo, ...
Non voglio innescare off topic già ampiamente battuti altrove, mi permetto solo di osservare en passant che non tutti i fondamenti possono essere confusi assieme: avere per fondamento il capitale o la macchina, significa avere un fondamento dall'esistenza verificata, che è persino modificabile (socialmente, storicamente, individualmente, etc.), per cui non c'è petitio principii (essendo un'induzione, "dal basso"); situazione ben differente da quella che contempla un fondamento solo postulato deduttivamente e, per sua stessa definizione, inarrivabile (Dio, la cosa-in-sé, etc.).
#1169
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
17 Marzo 2020, 18:24:35 PM
@green demetr

Non so se hai avuto la pazienza di leggere il mio ultimo lungo post; comunque provo a sintetizzare:
- non è la macchina a decidere, anche se così appare esteriormente, perché essa agisce secondo programmi scritti e decisi da umani (e l'apprendere delle AI mi pare ancora troppo formalizzato, troppo poco interpretante e plastico per essere paragonato ad una acerba ragione umana); per cui non si tratta di paventare che la giurisprudenza si applichi anche alle macchine in quanto "soggetti" giuridici; il piano è infatti etico molto più che giuridico

- la questione è realmente etica nel momento in cui il programmatore, o chi per lui, deve impartire ordini alla macchina in caso di situazione etica critica: l'auto, per voce di chi la progetta o chi la userà, "chiede" «cosa devo fare se c'è un ostacolo dietro una curva e secondo i miei calcoli non posso fermarmi in tempo, ma posso percorrere una traiettoria che salvaguarda il mio passeggero, uccidendo però un altro umano sul marciapiede?». A questo quesito etico, a differenza di ogni guidatore umano, il programmatore deve impostare adesso una risposta (la programmazione è l'a priori dell'AI), che determini il comportamento dell'auto in quell'eventualità. Si tratta di una necessità di programmazione reale e non procrastinabile, a cui seguiranno eventualmente conseguenze non solo reali, ma persino vitali.
Si può poi sperare che le auto a guida autonoma non vengano mai usate; eppure, intanto, vengono di fatto sperimentate e programmate, per cui la questione posta non mi pare irreale o fantasiosa (inoltre, come già detto, mette l'etica con le spalle al muro, per cui è filosoficamente più cogente, per me, di quella dell'archè o altre)

- l'uomo si sta "robotizzando" dall'invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutemberg; adesso le macchine non si stanno affatto umanizzando (secondo me), ma diventa sempre più evidente che con l'aumentare della potenza tecnologica aumenta anche la radicalità delle questioni, soprattutto etiche, che vengono sollevate dalla tecnologia (aggiornamento del tema della technè già in risalto nel '900). Certamente c'è una connessione fra tecnologia e mercato; la principale è che il tempo per riflettere su queste problematiche è sempre poco perché è il mercato (fatto da uomini) a non aver pazienza (lui è al galoppo mentre la filosofia trotterella, dicevo). Se la riflessione filosofica vuole direzionare l'"agire etico" di tali dispositivi (in cui siamo sempre più immersi, fino all'abitarci dentro, v. IoT etc.), deve cercare di stare al passo con i loro stadi di prevendita, perché modifiche successive possono essere tardive o allungare ulteriormente i loro tempi di applicazione (ad altre questioni filosofiche, magari con minor impatto nelle vite umane, sono consentiti dalla prassi sociale tempi più lunghi).
#1170
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
17 Marzo 2020, 15:47:13 PM
Citazione di: paul11 il 17 Marzo 2020, 11:54:37 AM
La parte giuridica è sempre in qualche modo relazionata alla morale ed etica, anche se agisce prevalentemente sugli effetti, quando avviene un danno ,un dolo.
Il tema giuridico in cui convergono dolo e intermediazione tecnologica è tanto più intricato quanto più tale intermediazione aumenta: i dispositivi informatico-tecnologici agiscono sempre più, tuttavia non sono giuridicamente responsabili delle loro azioni; se l'auto a guida autonoma uccide per un glitch o un generico problema tecnico, abbiamo un morto senza assassino, probabilmente classificabile come decesso accidentale. Chiaramente se tale problema tecnico sia stato causato con dolo dissimulato da qualcuno o sia autenticamente accidentale è questione di perizia tecnica.

Una vera "rivoluzione" in atto (questa sì filosofica e non solo) è per me proprio quella che propone un apparato tecnologico, o meglio, il software che lo comanda, come autonomamente agente in situazioni dal possibile risvolto etico; il che non significa ovviamente che il macchinario diventi soggetto etico, ma che la sua programmazione (finché è fatta da uomini) contempla scenari etici e "comandamenti" etici rigidi, con il dispositivo che va quindi impostato secondo paradigmi che non risultano solo esecutivi-performativi ma anche, "progettualmente etici". La scelta di tali "comandamenti" mette l'etica (o meglio, concedetemelo, le etiche) con le spalle al muro, senza troppe possibilità di attesa/proroga (il galoppo tecnologico non aspetta il pensoso trotterellare delle teoresi filosofiche) e con la necessità di limitare o almeno mitigare le divergenze culturali (salvo diversificare tali software a seconda della nazione di impiego). Non c'è più solo la situazione in cui un uomo può usare eticamente o meno un dispositivo (ad esempio una penna, per scrivere o per conficcarla nel cuore di una vittima), ovvero un oggetto di per sé eticamente neutro. Nel momento in cui un programma esegue comandi con possibili ricadute etiche (filtrare i curricula dei candidati per un posto di lavoro, guidare un'auto in situazioni critiche di "scelta omicida", dare una valutazione numerica agli avvenimenti biografici come nel caso del sistema di "credito sociale" cinese, etc.), tale programma non può, a differenza di un giudicante/giudice umano (quindi nel bene e nel male), contemplare la deroga, la revisione o la sospensione dei comandi/comandamenti etici su cui è impostato (comandi che possono comprendere una lista chiusa di casi speciali, quindi comunque preimpostati), rendendo l'esecuzione di tali "principi etici", con annesse ripercussioni, impeccabilmente e inderogabilmente conformi a quanto ordinato dai dettami (prestabiliti dal programmatore che a sua volta li ha ricevuti da chi ha commissionato il programma).

Detto altrimenti, sta emergendo sempre più la differenza fra dispositivi che non hanno scelta, come il distributore di bevande che eroga ciò che gli viene chiesto secondo una procedura, e dispositivi che compiono delle "scelte" algoritmiche (metaforicamente "etiche") preimpostate, come l'auto che, ad esempio, decide di preservare il suo passeggero dall'urto con un grosso oggetto imprevisto che occupa la carreggiata, "decidendo" di travolgere una persona sul marciapiede (se così è stata programmata l'auto). Sotto il "cofano" di tali apparenti scelte c'è, ma potrei sbagliarmi, una programmazione logica basata principalmente sul meccanismo «se... allora... altrimenti...» (usando operatori come «if», «elif», «else», «try», «except», «finally», etc.), quindi ciò che appare esternamente come una "scelta" del programma, in verità è l'applicazione di una diramazione del tipo se/allora, già preventivata (sicuramente nei casi più complessi di machine learning il gioco non è così semplice, salvo intendere tale «learning» come l'acquisizione/elaborazione di ulteriori scritture condizionali se/allora).

Da notare per inciso che il convitato di pietra è sempre la "potente delicatezza" dell'informatica: una volta implementata una gestione informatica dello sterzo, dell'accelerazione, etc. dal self driving al remote control via hacking, a pensar male (come diceva un saggio), il passo è breve... questa è una scena smaccatamente hollywoodiana, con tutti i "machismi" tipicamente made in Usa, comunque, al netto dell'apocalisse di metallo e circuiti, credo renda l'idea (scusate la poca raffinatezza della fonte cinematografica, ma citare «il carretto fantasma» di Ingmar Bergman non mi sembrava troppo a tema, pur trattandosi, a suo modo, sempre di "guida non umana" in cui l'uomo è mero passeggero).