ciao Eutidemo,
il complimento è meritato.
La giustizia è insita nella legge che è nell'ordine universale.I principi universali raccolgono a sè le particolarità dell'intero sistema "mondo" ,compresa l'organizzazione umana .
Inizialmente fu proprio così, fin quando la giustizia si pose nel comportamento umano, perchè intanto si era perso l'ordine universale come paradigma ci si era concentrati sull'uomo in sè e per sè.
Le leggi erano ritenute giuste se rispecchiavano l'ordine universale.
Il re era il "mediatore" fra la Legge e gli uomini, incarnava la legge e ne era sottoposto.
Qualcosa di diverso accadrà nel diritto romano con "l'homo sacer".
Il fatto che con il passaggio storico del mondo greco a quello latino, con i codici di Giustiniano, le interpretazioni della glossa bolognese sul diritto romano, le prime forme legislative dei longobardi-germanici per arrivare all'età dei Comuni, avviene man mano uno spostamento sui particolari diritti (di cui è importante il diritto canonico uscito dalla Chiesa romana), il tutto si sposta sulle transazioni umane seppur sia presente e rimarrà la Legge costitutiva che nella modernità sono le Costituzioni degli Stati , ma perderà di consistenza di paradigma, perchè nei fatti nelle prassi il diritto privato, l'interesse individuale, collide con quello pubblico creando privilegi ad esempio. Se la legge ,intesa come costituzione detta i principi, con il tempo rimane un intento mai praticato, mentre gli organi delle magistratura si interesseranno sempre più a dirimere le liti particolari e l'interesse è utilità, non è più giustizia legata all'ordine a prescindere dalle pretese di utilità personale.Intendo dire che le leggi verranno piegate e muteranno sempre più sui rapporti di scambio, sui diritti di proprietà, sui rapporti societari, quindi il "movimento storico giuridico" si sposta dall'unità di un ordine universale, al disordine degli interessi di bottega ,delle corporazioni, degli individui, dei ceti, dei privilegi nobiliari, ecc.
E' chiaro che quando scrivo"ordine universale" rimane u naconcetto astratto e ancestrale, perchè ècomunque interpretazione uman su
quell'ordine. ma è proprio quì il problema interpretativo umano. Se non c'è la premessa della virtù, intesa non come fare la legislazione piegandola alla propria utilità ma all'interesse generale del popolo, nessuna legislazione potrà praticarsi nel buon governo, essendo viziata dal vantaggio personale e non dal vantaggio generale.
Il "virtuoso" innanzitutto deve credere ad un ordine universale in cui lui stesso è collocato e nessuno escluso. per cui la Legge deve regolare i comportamenti umani in funzione dell'ordine armonico.
E'chiaro che il passaggio storico soprattutto nella modernità è stato verso il governo umano inteso come consenso politico a prescindere dall'ordine universale con la proliferazione legislativa di leggi che regolano i settori del diritto privato e pubblico e i sottosettori del diritto di famiglia e delle successioni ereditarie, del lavoro, della società privata, del fisco ,della navigazione delal strada, ecc,. ecc.
Ma questo ha confuso e spesso sovrapposto contraddizioni sulle leggi primarie costitutive rimaste ormai come pura "immagine "
retorica.
Se il virtuoso cerca il vantaggio del popolo,sta a lui comunicare al popolo il perchè di una determinata legge.
L'ingiusto governo è colui che cerca il vantaggio personale a scapito del popolo, prima o poi paga, perchè il popolo se non capisce la teoria vedrà nella pratica l'effetto della legge.
Il rischio di focalizzare la legge sul comportamento umano, che spesso non è nemmeno naturale e tutt'altro che ordine universale, significa prendere atto dalle scienze antropologiche, bioevolutive, comportamentali su una interpretazione dell uomo che verrà scritto nelle normative, ma allora dal punto di vista giusnaturalistico l'uomo è "il buon selvaggio", o "l'uomo lupo"?
Ritengo che la legge non può orientarsi a ritenere l'uomo di natura buona ,giusta o virtuosa, o ritenerlo ingiusto, cattivo, vizioso.
La legge deve interpretare i paradigmi ordinativi, e da quì l 'ordinamento giuridico che deve essere coerente e non accozzaglie di leggi contraddittorie fra loro e quella legge far sì che il singolo individuo sia regolato all'interno della comunità.
il complimento è meritato.
La giustizia è insita nella legge che è nell'ordine universale.I principi universali raccolgono a sè le particolarità dell'intero sistema "mondo" ,compresa l'organizzazione umana .
Inizialmente fu proprio così, fin quando la giustizia si pose nel comportamento umano, perchè intanto si era perso l'ordine universale come paradigma ci si era concentrati sull'uomo in sè e per sè.
Le leggi erano ritenute giuste se rispecchiavano l'ordine universale.
Il re era il "mediatore" fra la Legge e gli uomini, incarnava la legge e ne era sottoposto.
Qualcosa di diverso accadrà nel diritto romano con "l'homo sacer".
Il fatto che con il passaggio storico del mondo greco a quello latino, con i codici di Giustiniano, le interpretazioni della glossa bolognese sul diritto romano, le prime forme legislative dei longobardi-germanici per arrivare all'età dei Comuni, avviene man mano uno spostamento sui particolari diritti (di cui è importante il diritto canonico uscito dalla Chiesa romana), il tutto si sposta sulle transazioni umane seppur sia presente e rimarrà la Legge costitutiva che nella modernità sono le Costituzioni degli Stati , ma perderà di consistenza di paradigma, perchè nei fatti nelle prassi il diritto privato, l'interesse individuale, collide con quello pubblico creando privilegi ad esempio. Se la legge ,intesa come costituzione detta i principi, con il tempo rimane un intento mai praticato, mentre gli organi delle magistratura si interesseranno sempre più a dirimere le liti particolari e l'interesse è utilità, non è più giustizia legata all'ordine a prescindere dalle pretese di utilità personale.Intendo dire che le leggi verranno piegate e muteranno sempre più sui rapporti di scambio, sui diritti di proprietà, sui rapporti societari, quindi il "movimento storico giuridico" si sposta dall'unità di un ordine universale, al disordine degli interessi di bottega ,delle corporazioni, degli individui, dei ceti, dei privilegi nobiliari, ecc.
E' chiaro che quando scrivo"ordine universale" rimane u naconcetto astratto e ancestrale, perchè ècomunque interpretazione uman su
quell'ordine. ma è proprio quì il problema interpretativo umano. Se non c'è la premessa della virtù, intesa non come fare la legislazione piegandola alla propria utilità ma all'interesse generale del popolo, nessuna legislazione potrà praticarsi nel buon governo, essendo viziata dal vantaggio personale e non dal vantaggio generale.
Il "virtuoso" innanzitutto deve credere ad un ordine universale in cui lui stesso è collocato e nessuno escluso. per cui la Legge deve regolare i comportamenti umani in funzione dell'ordine armonico.
E'chiaro che il passaggio storico soprattutto nella modernità è stato verso il governo umano inteso come consenso politico a prescindere dall'ordine universale con la proliferazione legislativa di leggi che regolano i settori del diritto privato e pubblico e i sottosettori del diritto di famiglia e delle successioni ereditarie, del lavoro, della società privata, del fisco ,della navigazione delal strada, ecc,. ecc.
Ma questo ha confuso e spesso sovrapposto contraddizioni sulle leggi primarie costitutive rimaste ormai come pura "immagine "
retorica.
Se il virtuoso cerca il vantaggio del popolo,sta a lui comunicare al popolo il perchè di una determinata legge.
L'ingiusto governo è colui che cerca il vantaggio personale a scapito del popolo, prima o poi paga, perchè il popolo se non capisce la teoria vedrà nella pratica l'effetto della legge.
Il rischio di focalizzare la legge sul comportamento umano, che spesso non è nemmeno naturale e tutt'altro che ordine universale, significa prendere atto dalle scienze antropologiche, bioevolutive, comportamentali su una interpretazione dell uomo che verrà scritto nelle normative, ma allora dal punto di vista giusnaturalistico l'uomo è "il buon selvaggio", o "l'uomo lupo"?
Ritengo che la legge non può orientarsi a ritenere l'uomo di natura buona ,giusta o virtuosa, o ritenerlo ingiusto, cattivo, vizioso.
La legge deve interpretare i paradigmi ordinativi, e da quì l 'ordinamento giuridico che deve essere coerente e non accozzaglie di leggi contraddittorie fra loro e quella legge far sì che il singolo individuo sia regolato all'interno della comunità.