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Messaggi - sgiombo

#1171
Citazione di: Carlo Pierini il 13 Dicembre 2018, 22:42:30 PM


CARLO
Vuoi dire che la felicità di un sadico serial killer subito dopo un agognato assassinio, e la felicità di un appassionatoricercatore che scopre la agognata cura di una malattia straziante, stanno sullo stesso piano? La felicità del primo è (soggettivamente) piena e profonda quanto lo è quella del secondo?

Voglio dire che sono cose ben diverse (come é chiarissimo, evidentissimo da numerosi miei interventi nel forum): due ben diversi (sostanzialmente contrari) motivi di essere felici.

La pienezza o profondità di una gioia é proporzionale alla "grandezza" dell' aspirazione soddisfatta (a quanto fortemente la si sente), indipendentemente dalla natura dell' aspirazione stessa (che può essere diversissima: eticamente ottima, pessima o in una delle infinite gradazioni fra questi due estremi): tanto la virtù (per il magnanimo e generoso), quanto il vizio (per il gretto, egoista e malvagio) é premio a se stessa -o.

Ma non vedo perché mai dovrei invidiare e men che meno ammirare un malvagio felicissimo.
#1172
Citazione di: Ipazia il 13 Dicembre 2018, 20:44:40 PM
La felicità di cui si parla é quella della grotta platonica. Difficilmente chi ne esce potrá ritornarvi dentro da felice. Tu non devi dire nulla a nessuno; devi solo portarlo fuori dalla grotta. Poi deciderá lui. Nulla vieta il masochismo.


Naturalmente lo porterò fuori dalla grotta col suo consenso.

Se proprio non ne vorrà sapere continuerò a godermi il mondo reale e lui le sue illusioni (finché durano; sia l' uno che le altre; ma, ceteris paribus, l' uno ha più probabilità di durare).
#1173
Citazione di: Lou il 13 Dicembre 2018, 18:02:40 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2018, 17:25:35 PM
Citazione di: Lou il 13 Dicembre 2018, 17:21:14 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2018, 16:39:09 PM

Ma se non può essere considerato come un ' ipotetico stato di cose, che può darsi nella realtà o meno, che cosa si intende (che cosa si può mai intendere) per "libero arbitrio"?
Converrai che non è che vai dal salumiere e chiedi un etto di libero arbitrio incartato e pesato.


Ma tu converrai che l' amore, la felicità, la nostalgia, la serenità d' animo, la speranza e tante altre cose che non si pesano, non si incartano e non si comprano dal salumiere sono ben reali.


...Anche se poche cose (materiali o ideali; comunque reali) possono darci la felicità che ci offre -complice il salumiere-  il culatello di Zibello (PR), o la coppa di Carpaneto (PC), lo zampone di Modena, i ciccioli di Cremona-Mantova, ecc.
Non ho mica detto che sono irreali, ma non sono stati di cose, e men che meno cose, sono stati mentali e vissuti correlati di uno stato di cose, ma non sono lo stesso, a meno di non essere riduzionisti.
Tant'è che l'esempio che fai lo dimostra, quello stato di cose che descrivi per te è correlato a uno stato, un vissuto, una esperienza di felicità, per altri, chi lo sa.

Ma cos' é, se non uno stato di cose, il libero arbitrio?

Mi sembra evidente che se é reale (e non un vissuto illusorio), allora é uno stato di cose reale (lo stato per il quale si può scegliere indeterministicamente), altrimenti é reale l' alternativo stato di cose deterministico.
#1174
Citazione di: Lou il 13 Dicembre 2018, 17:21:14 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Dicembre 2018, 16:39:09 PM

Ma se non può essere considerato come un ' ipotetico stato di cose, che può darsi nella realtà o meno, che cosa si intende (che cosa si può mai intendere) per "libero arbitrio"?
Converrai che non è che vai dal salumiere e chiedi un etto di libero arbitrio incartato e pesato.


Ma tu converrai che l' amore, la felicità, la nostalgia, la serenità d' animo, la speranza e tante altre cose che non si pesano, non si incartano e non si comprano dal salumiere sono ben reali.


...Anche se poche cose (materiali o ideali; comunque reali) possono darci la felicità che ci offre -complice il salumiere-  il culatello di Zibello (PR), o la coppa di Carpaneto (PC), lo zampone di Modena, i ciccioli di Cremona-Mantova, ecc.
#1175
Citazione di: Phil il 13 Dicembre 2018, 17:04:50 PM
Faccio felicemente un salto nella parentesi della felicità (solo tangente di sfuggita al tema principale del libero arbitrio).
La felicità è semplicemente un'emozione primaria, se viene provata da qualcuno (senza voler scendere nella verifica fisiologica), non credo bisogni farne una questione di geopolitica, di eroismo, di valori, di realizzazione personale.
Per come la vedo, non trovo molto senso nel dire a chi è felice "Non sei veramente felice, fidati di me! La vera Felicità (maiuscola d'obbligo) è quella della Libertà, quella della Virtù, etc.".
Se ne facciamo una questione poetico-metafisica, è normale poi concludere che la felicità è irraggiungibile o rara o solo frutto di strenue fatiche.
Ironico che talvolta proprio chi critica e/o addita il nichilismo e il relativismo, sia poi così masochista da scagliare la felicità lontano da se stesso, relegandola nell'orizzonte lontano e aulico dell'epico valoriale o in quello arduo e periglioso delle vette quasi "superomistiche".
Forse gioverebbe un po', anche in questo caso, valutare la differenza fra l'"assolutismo" proposto dalle narrazioni che ci hanno svezzato e l'umile contingenza contestuale in cui muoviamo i nostri passi; rischieremmo quasi di poterci scoprire, a volte, davvero felici...
Tuttavia, de gustibus  :)

Vero.

Infatti mi ritengo complessivamente felice.

Almeno finora (se fossi superstizioso mi toccherei dovunque e farei corna e scongiuri; ma non lo sono).
E malgrado inevitabili (almeno in qualche misura) frustrazioni, e anche ingiustizie subite; contro le quali però sono fiero di aver lottato, e lo sarei stato anche se fossi stato sconfitto.
Fra l' altro ho avuto un primario nemicissimo del popolo, e dunque anche dei medici proletari come me (infatti era un miserabile piddino) che mi ha letteralmente perseguitato o come si dice "mobbato", con l' appoggio e la claque di tanti colleghi leccaculi e schiavi-contenti, e la pavida "neutralità" di qualche altro (che ho comunque apprezzato: meglio di niente, posto che il coraggio uno non se lo può dare - Manzoni); ma mai sono stato domato o convinto a desistere dal lottare per i miei diritti )in molti casi coincidenti coi diritti dei pazienti; ma non sempre: i pazienti prepotenti e con pretese ingiuste di schiavizzazione  nei confronti dei medici proletari piacciono molto al piddume "primariale", "direttorsanitariale" e in generale "dirigenzial-manageriale")!

#1176
Citazione di: Lou il 13 Dicembre 2018, 16:18:03 PM
Citazione di: Phil il 12 Dicembre 2018, 22:01:55 PM
Citazione di: Lou il 12 Dicembre 2018, 18:16:46 PM
dire "questo concetto non ha senso", dove questo suo non aver senso ricadrà in qualche modo su eventuali affermazioni o negazioni in merito al libero arbitrio. [...] rilevo una insensatezza e lì mi fermo, come se questa insensatezza non decostruisse in qualche modo la sostenibilità del libero arbitrio.
Esatto, la decostruisce, non semplicemente la nega. La ricaduta è infatti che non si è più sul piano del si/no, ma più "a monte" su quello di sensato/insensato.
Sfoderando uno dei miei soliti esempi banalizzanti: «oggi è il 7 dicembre» e «oggi è il 35 dicembre» non sono, a parer mio, due frasi ugualmente false, poiché la seconda è anche insensata; se poi, parlando ancora di date, dicessi «oggi è giallo», direi qualcosa di solo insensato (sempre licenze poetiche a parte) perché mancano persino i criteri per una eventuale verificazione/falsificazione.
Non fa una grinza, tuttavia temo che, il limite sia che, utilizzando queste analogie (la mia - sconsiderata - critica non è rivolta a te e/o al neopositivismo in genere, anzi alla prospettiva neopositivista un po' sì) si presupponga di poter trattare il libero arbitrio alla stregua di uno stato di cose, un evento, un fatto, a cui competono criteri di verificazione e falsificazione che da un lato circoscrivono proprio i limiti dell'(unico?) campo di senso, e da un altro forse, solo analogicamente possono essere applicati a ciò che non rientra in suddetto campo essendo altro rispetto a uno stato di cose.

Ma se non può essere considerato come un ' ipotetico stato di cose, che può darsi nella realtà o meno, che cosa si intende (che cosa si può mai intendere) per "libero arbitrio"?
#1177
Citazione di: Jacopus il 13 Dicembre 2018, 11:44:09 AM
Sgiombo@ hai una visione piuttosto ingenua della felicità. Stephen il maggiordomo del signor Candy in Django unchained era probabilmente felice nel suo ruolo di negrerio pur essendo nero. Ma spesso si tratta di una felicità mista a rancore e a perdita della propria identità, come accade ai sottoproletari di periferia che credono di essere felici se manipolano un telefonino da 1000 euro.
Abbandonare ogni ruolo di guida e di critica sul significato di felicità è un altro tipo di lastrico per le vie dell'inferno. Oltretutto non comprendo davvero come concili questa tua posizione con il marxismo, che è principalmente un movimento per liberare dalle catene ideologiche chi è irretito da un processo culturale che lo vuole mantenere schiavo e contento, come cantavano, tanti anni fa Fo e Jannacci (ho visto un re).
Che poi te lo debba dire io, seguace di un pensiero socialdemocratico, mi sembra paradossale.


Citazionecitaz. da CARLO (PIERINI)

Ben detto!
Il relativismo è il terreno su cui possono crescere solo l'individualismo e l'egocentrismo. E' la negazione delle idee di "bene comune", di "ideale politico", di "scienza" intesa come processo collettivo.


Infatti spesso la semplicità viene confusa con la correttezza logica (e viceversa quest' ultima con il "semplicismo"):

cosa c' é di più semplice del fatto che ciò che é/accade non può non essere/accadere e ciò che non é/non accade non può essere/accadere?

Non conosco il romanzo, ma penso che se il maggiordomo-schiavo era felice, allora lo era malgrado l' eventuale perdita di identità (se era anche rancoroso, dubito che potesse anche essere felice e viceversa: dipende da cosa si intende per "rancoroso"; ma solitamente si intende una condizione implicante odio represso o frustrato, dunque inappagamento, e in questo caso -in questo senso- non é compatibile con la felicità; o per lo meno nè é una diminutio, una negazione limitante eventuali altre -magari maggiori- aspirazioni appagate apportatrici di felicità).
E un sottoproletario di periferia che crede di essere felice se manipola un telefonino da 1000 euro é autenticamente felice (casomai crederà falsamente di essere realizzato come uomo senza esserlo, come -per fare un esempio banale- il classico cornuto e contento, che crede falsamente alla fedeltà della moglie, alla quale aspira fortemente).
Da medico, all' inizio della mia attività professionale ho conosciuto non pochi pazienti che non volevano sapere di essere affetti da patologie incurabili e a prognosi infausta (ora ciò accade rarissimamente, sempre più raramente) per poter vivere felici il poco tempo che rimaneva loro: e infatti fin che rimanevano nell' illusione della salute erano autenticamente felici (benché falsamente convinti di essere sani; che é con tutta evidenza un' altra cosa).
Ma queste considerazioni non implicano necessariamente l' abbandono di ogni ruolo di guida e di critica sul significato della felicità nei confronti di chi liberamente accetta (o magari esige) di essere aiutato, come sua aspirazione più forte della paura della morte, a comprendere la sua reale condizione, a conoscere la verità.
Il marxismo (in quanto socialismo scientifico) é (per definizione di Engele e Mrarx; ne L' ideologia tedesca) "il movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti", e dunque -contrariamente ai socialismi utopistici- sorge e si afferma di pari passo al maturare nel proletariato per lo meno di un embrione di coscienza critica della realtà, di scontentezza per la sua condizione reale, di aspirazione al cambiamento.
Dunque non vi é alcuna contraddizione o paradosso -anzi!- nell' essere marxisti e aiutare i proletari a comprendere al meglio criticamente la realtà del capitalismo, ovvero nel lavorare per aiutare a liberarsi fino in fondo dalle catene ideologiche chi è irretito da un processo culturale che lo vuole mantenere schiavo e contento, come cantavano, tanti anni fa Fo e Jannacci, con altri grandi artisti, (ho visto un re), pur nella consapevolezza che può anche darsi la schiavitù contenta delle proprie catene (non meno contenta per essere da considerarsi, da parte di chi meglio comprende la realtà, la condizione peggiore in cui possa capitare di trovarsi).

Dunque: mal detto!

E proprio perché e vero che

Il relativismo è il terreno su cui possono crescere solo l'individualismo e l'egocentrismo. E' la negazione delle idee di "bene comune", di "ideale politico", di "scienza" intesa come processo collettivo.

E' singolare come questa confusione fra concetti diversissimi come quelli di appagamento (gioia, felicità, ecc.) e di qualità etiche negative o immoralità (malvagità, grettezza, meschinità, ecc.) sia propria tanto dei nichilisti-relativisti quanto dei moralisti:

Felicità (benessere interiore, appagamento, ecc.) =/= egoismo (malvagità, grettezza, meschinità);

e infelicità (malessere interiore, frustrazione, dolore, ecc.) =/= altruismo (generosità, magnanimità, ecc.).

Tanto il generoso e magnanimo quanto il malvagio ed egoista possono essere sia contenti, felici ecc. (se appagati nelle rispettive ben diverse e contrarie aspirazioni), sia infelici, sofferenti ecc. (se frustrati nelle rispettive ben diverse e contrarie aspirazioni).

Ovvero si può essere felici (appagati nelle proprie aspirazioni) tanto essendo generosi e magnanimi quanto essendo egoisti e gretti; e così pure si può essere infelici (frustrati nelle proprie aspirazioni) tanto essendo generosi e magnanimi quanto essendo egoisti e malvagi.

E così pure tanto se si é fieri, magnanimi, d' animo elevato (o "nobile"), quanto se si é servili e pusillanimi.
E nessuno schiavo, nessun servo della gleba, nessun proletario e men che meno alcun sottoproletario, in quanto tale, solo per il fatto di esserlo, é necessariamente magnanimo (e nemmeno dotato di coscienza di classe, ovviamente).
#1178
Citazione di: Ipazia il 13 Dicembre 2018, 09:30:12 AM
Vi sono anche condizioni oggettive della schiavitù. Le donne ne sanno qualcosa  :( Come dice Gaber: La libertà non è star sopra un albero ...

Il relativismo etico lasciamolo ai padroni e ai loro schiavi "felici".


Riconoscere che la felicità (maggiore o minore, o al al limite del tutto assente) é una condizione soggettiva che ciascuno può valutare solo personalmente per quel che lo riguarda e non per gli altri (anche perché ignorandolo si rischia di lastricare di ottime intenzioni le vie dell' inferno) non é relativismo etico.

Relativismo etico é sostenere che non vi sono criteri universalmente diffusi di fatto (per lo meno) del bene e del male; e anche se credo con gli stoici che la virtù sia premio a se stessa (per chI é virtuoso), penso però che anche il vizio lo sia (per chi é vizioso), dal momento che:

felicità, benessere == soddisfazione delle proprie aspirazioni (buone o cattive che siano).
#1179
Citazione di: Jacopus il 13 Dicembre 2018, 00:56:09 AM
Citazione(se lo schiavo ne è comunque contento, il disago è tutto nella condizione di chi lo giudica nella «peggior condizione»).
Senza far riferimento al marxismo, alla psicoanalisi e alla filosofia della conoscenza di Foucault, che pur sarebbero piuttosto critiche in merito alla tua affermazione, la migliore controargomentazione al tuo schiavo felice di trascinare le sue catene è il mito della caverna di Platone. O lo schiavo cerca un miglioramento oppure al massimo può "immaginarsi" felice, come il Sisifo di Camus che é condizione ben diversa dell'essere felice.


Concordo con Phil: secondo me essere felici (o meno) == sentirsi felici (o meno).

Chi giudica quella dello schiavo contento della sua schiavitù la condizione peggiore che possa darsi (io fra quelli) semplicemente compie una valutazione dello stato dello schiavo altrettanto soggettiva di quella dello schiavo stesso; ma la felicità di ciascuno é una condizione soggettiva, costituita dal come ci si sente da sé (e non da come chiunque altro ci consideri).
#1180
Citazione di: Phil il 12 Dicembre 2018, 22:01:55 PM



Citazione di: sgiombo il 12 Dicembre 2018, 19:41:32 PM
Non c'é peggior condizione di quella dello schiavo contento delle sue catene (non mi ricordo chi l' ha detto; forse Gramsci???)
Secondo me, sta peggio lo schiavo consapevole delle sue catene e incapace di togliersele (se lo schiavo ne è comunque contento, il disago è tutto nella condizione di chi lo giudica nella «peggior condizione»).

Ma costui (chi lo giudica nella peggior condizione possibile) non é neanche detto debba sentirsi realmente a disagio; semplicemente immedesimandosi nello schiavo contento immagina il proprio disagio che proverebbe (periodo ipotetico dell' irrealtà)  se si trovasse nelle sue condizioni.
#1181
Citazione di: Ipazia il 12 Dicembre 2018, 18:10:21 PM
Citazione di: Lou il 11 Dicembre 2018, 19:18:32 PM
Secondo me siamo, volenti o nolenti,  costretti dalla libertà.

Concordo anche con questa. Ciò che limita la nostra libertà "da" ci costringere ad essere liberi "di" inventare e darci da fare. Il paradosso è solo apparente perchè la libertà ha un prezzo e nelle gabbie materiali e ideologiche si può stare molto comodi.


Non c'é peggior condizione di quella dello schiavo contento delle sue catene (non mi ricordo chi l' ha detto; forse Gramsci???)
#1182
Citazione di: Sariputra il 12 Dicembre 2018, 11:40:43 AM
Caro @Sgiombo,
le tue obiezioni sono perfettamente logiche, ma un cristiano ferrato  le obietterebbe con le parole messe in bocca dall'autore ad Isaia: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri (la mia logica sovrasta la vostra logica...)".
CitazionePiù che un' obiezione mi sembra un rifiuto di un confronto razionale; e io per cercare di conoscere la realtà (diversa cosa dal volere qualcosa piuttosto che qualcos' altro) mi fido solo della ragione: un commiato.



La 'logica' di un Dio non avrebbe molto a che fare con la logica umana, suppongo (altrimenti che 'Dio' sarebbe?..). Vani e assai contraddittori sono stati storicamente i tentativi di capire quel che non si può logicamente capire (dal punto di vista umano...) e che diventa per questo 'motivo di un'oscura fiducia e desiderio', come direbbe il biblista Alberto Maggi il quale, rincara la dose,  poiché.." Le scelte di Dio vanno da sempre in direzione contraria a quelle degli uomini, poiché il suo è uno sguardo differente"...e a corroborare la sue tesi  mostra come questo Dio valorizza quel che gli uomini disprezzano, fa fiorire la vita là dove sembra ci siano solo rovine, e quel che il mondo scarta il Creatore lo adopera per realizzare il suo progetto sulla creazione ("La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo", Sal 118, 22). Progetto assai oscuro per noi invero, come giustamente fai notare...E l'inadeguatezza...questo criterio che ha indubbiamente il suo fascino su un altro inadeguato come il sottoscritto... sembra essere stato il criterio del Dio biblico nello scegliere i suoi profeti, cominciando da Geremia, troppo giovane per essere credibile, timido e balbuziente ("Ahimè, Signore  Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane", Ger 1,6). E il cornuto Osea? Era risaputo che la moglie, gran baldracca, lo tradiva ripetutamente, eppure scelse proprio lui per essere il profeta che doveva testimoniare al popolo un perdono più grande della colpa . Per denunciare le malefatte della casta sacerdotale e della corruzione del culto, non chiamò un fine teologo, ma un rude pecoraio, tale Amos, che con il suo linguaggio schietto e per nulla diplomatico, suscitò l'ira furibonda dei sacerdoti che lo cacciarono in malo modo dalla sua terra . Per non parlare di Giona, che non aveva alcuna intenzione di fare il profeta, e invitato di andare a predicare a Ninive , s'imbarcò in direzione contraria... ;D  Le scelte di Yeoshwa poi non sono da meno. Per la realizzazione del 'regno di Dio' non si rivolse a pii farisei e devoti sacerdoti osservanti delle leggi divine, uomini di indiscussa moralità e rettitudine. No, Yeoshwa costituì un  gruppo di dodici persone totalmente inadeguate al compito,  scarti della società. Chiamò Simone Pietro, il caparbio discepolo che lo rinnegherà, spergiurando ("Cominciò a imprecare e a giurare: Non conosco quell'uomo!", Mt 26,74), e Giuda l'Iscariota, il traditore, che per denaro venderà il suo maestro; Giacomo e Giovanni, i due fanatici fratelli che per la loro ambizione rischieranno di far naufragare il gruppo; un intoccabile, il pubblicano Matteo. Per non parlare di quell''altro Simone, detto  'Zelota' , inadeguato appartenente al partito armato che voleva liberare Israele con la forza.
CitazioneMa noi uomini disponiamo unicamente della nostra logica umana.
Altre -ammesso e non concesso che esistano- non ne conosciamo.
 
L' impossibilità logica ("umana"; non potendo conoscere altra logica che la nostra umana), per esempio del fatto che Dio, se onnipotente, possa dotare una sua creatura del libero arbitrio, cioè della possibilità di compiere scelte casuali, che sfuggano alla sua volontà (esercitata direttamente o indirettamente, cioè per il tramite di una sua creatura deterministica, che scelga conseguentemente a come lui l' ha creata), significa "non pensabilità (sensata)".
Dunque un' impossibilità logica non può nemmeno essere presa realmente in effettiva (e non falsamente illusoria: una farneticazione, uno sproloquio, in realtà) considerazione come eventualità nemmeno semplicemente possibile (men che meno reale).



cit.:Ma innanzitutto contraddittoria é la pretesa che l' uomo, creato da Dio e dunque inevitabilmente incline a scegliere ed agire a seconda di (conseguentemente a) come Dio l' ha creato, sia dotato del libero arbitrio (dal momento che, da onnipotente, avrebbe dovuto necessariamente -che sarebbe stato logicamente impossibile che non lo facesse- crearlo tale da agire deterministicamente, e non certo tale da agire indeterminatamente, aleatoriamente (liberoarbitrariamente), dal momento che in tal caso il -mannaggia il gioco di parole!- caso proprio dell' agire umano, da Dio non dominabile, avrebbe costituito una contraddittoria limitazione della sua onnipotenza).

Ma così , privandolo della libertà di scelta tra accettarlo o rifiutarlo, non avrebbe creato degli "amici" ma degli automi, degli schiavi...che non avrebbero potuto far altro che amarlo essendone condizionati deterministicamente a questo.
CitazionePer forza: "creare" da parte di un Dio onnipotente significa per l' appunto proprio questo, non può significare altro.



Tu, che sei padre (come me...) vorresti essere amato per libera scelta dai tuoi figli o perchè sono costretti a farlo e non possono far altro ? Sarebbe un ben misero 'amore'...forse non sarebbe nemmeno 'amore', a ben pensarci...Quindi, a perer mio, seguendo la 'logica' biblica, direi che una possibilità di scelta doveva lasciarla, avendo questa possibilità la propria causa in Dio stesso, quindi non indeterministica. In Genesi abbiamo questa immagine di un Dio che 'soffia' il suo spirito sull'uomo materiale e questo soffio vivifica l'argilla impastata. Infatti l'uomo non è semplice creatura, per la visione biblica, ma 'immagine e somiglianza' , in quanto 'portatore' del soffio divino. E può il soffio non essere 'libero' ("aleggiava sull'abisso"...)?
Citazioneo sono contento nella misura (discretamente grande, di fatto; salvo cadere in una piacevole ma comunque deprecabile illusione) in cui mio figlio mi vuole bene:
 
a)   non perché costretto da cause di forza maggiore estrinseche alla sua volontà (come il timore di perdere un' eredità o di essere vituperato dalle persone che lo circondano: questo sì che sarebbe un ben misero 'amore'...forse non sarebbe nemmeno 'amore', a ben pensarci); e nemmeno
b)    per libero arbitrio, ovvero per caso, come se nel suo cervello (rectius: nella sua mente!) accadesse qualcosa di simile al lancio di una moneta, e in caso di esito "testa" mi vorrebbe bene, se uscisse "croce" no (anche questo sì che sarebbe un ben misero 'amore'...forse non sarebbe nemmeno 'amore', a ben pensarci); ma invece
c)   perché deterministicamente (non liberoarbitrariamente, ma soltanto liberamente da costrizioni o impedimenti estrinsechi) la sua personalità, ciò che provasse pensando a me, provocassero -come un effetto é provocato da cause- il suo amore filiale per me.
 
Ripeto che libertà di una creatura e onnipotenza di un creatore sono concetti reciprocamente contraddittori: una loro coesistenza non si può sensatamente nemmeno pensare come eventualità possibile (men che meno come qualcosa di reale).



cit.
(Mi sembra evidente che queste sono obiezioni alla chiesa cattolica, a san Paolo e a Sant' Agostino e non a Sariputra, che, dimostrando un' ottima conoscenza -anche- delle religioni cristiana e islamica, le riferisce come tesi "altrui"; se non l' ho frainteso).

Penso che ogni tesi abbia la sua discreta 'dignità' e merita di essere raccontata, non fosse altro per il fatto che molti uomini hanno perso il sonno sopra di esse, lungo il corso della storia...è comunque un caleidoscopio oltremodo affascinante...spesso mi 'immergo' in quei 'mondi' e allora sono muslim in preghiera in un arido deserto, oppure vado profetando per le strade di Antiochia o ballo con le gopi nella foresta Vrindavana, un luogo al di fuori del tempo per coloro i quali riescono a vederlo ...forse ci sono stato davvero, chi lo sa?... :)
Namaste
CitazioneFino alla soglia dell' immedesimarmici, che non intendo varcare, sono ben convinto che in generale ogni tesi abbia la sua discreta 'dignità' e merita di essere raccontata, non fosse altro per il fatto che molti uomini hanno perso il sonno sopra di esse, lungo il corso della storia...è comunque un caleidoscopio oltremodo affascinante...
 
Ti auguro un più prosaico ma ugualmente sincero: stammi bene!
#1183
Citazione di: and1972rea il 11 Dicembre 2018, 21:06:19 PM
Quindi, affermare che fino ad oggi 1+1 abbia fatto sempre due , non vuol dire che lo farà anche in futuro, sempre e comunque, indipendentemente da qualsiasi riferimento a singoli fatti determinati, quali che siano gli assetti sociali e la quantità e qualità dell'impiego di questo operatore logico...; mah..., io , invece, sono dell'avviso che fra evidenze ed inferenze si debba leggere una qualche distinzione. L' evidenza constatata è che l'interazione fra umanità e motore a combustione produce inquinamento letale per la vita sopra il pianeta terra , quindi, non potendo esistere il motore a combustione senza la presenza dell'Uomo, questo significa che questo dispositivo contiene in sè stesso quella letale relazione con gli uomini e che esso risulta quindi bastevole a sè stesso nell'essere per noi intrinsecamente nocivo. Un esempio di inferenza vera , invece, potrebbe essere l'affermazione che il sistema termodinamico terrestre sia un sistema aperto la cui entropia sia suscettibile di poter diminuire più di quanto il sistema Uomo-motore termico possano farla aumentare, perchè non vi è alcuna evidenza che  constati questa possibilità.


Non devi confondere induzioni con deduzioni, giudizi sintetici a posteriori con giudizi analitici a priori, verità logico-matematiche (di concetti e relazioni fra concetti) con conoscenze fisiche (di fatti reali e relazioni fra fatti reali).

L' induzione riguarda (si applica a-) i giudizi sintetici a posteriori, i quali predicano circa la realtà empiricamente rilevabile, e non le verità matematiche, che invece sono giudizi analitici a priori, e come tali sono certi logicamente (indipendentemente dall' empiria), ma non dicono nulla (di per sé, se non applicati a conoscenze empiriche derivanti da giudizi sintetici a posteriori) su come é o non é la realtà (ma solo su come devono essere correttamente pensate le relazioni fra concetti arbitrariamente definiti, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno una denotazione o estensione reale).

L' evidenza empirica constata che i motori termici sono stati usati in diversi modi, con diversi rapporti costi/benefici nei vari casi.
Ma anche ammesso e  non concesso che finora siano sempre, puntualmente stati più dannosi che utili, il ricavarne la conclusione che sempre e comunque sono più dannosi che utili é un' induzione (come quella dei tacchini di Bertrand Russell).

Che in un sistema termidinamico aperto (qualsiasi; compresa la terra), almeno in teoria, l' entropia complessiva possa diminuire é una verità scientifica che presuppone comunque -se ne sia consapevoli o meno- il divenire naturale secondo modalità generali astratte universali e costanti (affermazione indimostrabile; ed é proprio per la sua indimostrabilità che qualsiasi induzione é in linea teorica insuperabilmente dubbia; e nel caso fosse vera, allora le induzioni potrebbero anche essere certamente vere).
Diverso (non essendo un' induzione né implicando necessariamente la verità di alcun altra induzione) é affermare la singola, particolare verità empirica constatabile a posteriori che la comparsa ed evoluzione della vita sulla terra  nè ha ridotto l' entropia, cosa possibile per l' apertura termodinamica del nostro pianeta stesso.
#1184
Citazione di: Sariputra il 11 Dicembre 2018, 18:29:11 PM
 Pertanto ritengo piuttosto 'superficiali' certe affermazioni che si leggono , anche su Internet, nelle quali sembra che la teologia indichi nel libero arbitrio una sorta di 'libertà assoluta' data all'uomo, svincolata da cause e condizioni e poggiante unicamente in un'intrinseca volontà soggettiva.
Citazione
Malgrado ciò l' ultimo "rifugio" dei cristiani con i quali ho discusso in proposito onde cercare (a mio parere invano) di sventare la contraddittorietà della credenza in un Dio onnipotente e infinitamente buono e della presenza del male é sempre stata la "libertà" come (contraddittorio secondo me) "sommo bene" elargito da Dio all' uomo, e che necessiterebbe della possibilità di scegliere (anche) fra il bene e il male.

Contraddittoria mi sembra evidentemente l' infinitezza della bontà di un Dio che come sommo regalo all' uomo gli propina la possibilità di finire male (malissimo, anzi, infinitamente male, se la dannazione per i  malvagi é eterna; e infinitamente male al quadrato -i transifiniti di Cantor ante litteram?- se fatta inoltre di sofferenze di "intensità istantanea" infinita).

Ma innanzitutto contraddittoria é la pretesa che l' uomo, creato da Dio e dunque inevitabilmente incline a scegliere ed agire a seconda di (conseguentemente a) come Dio l' ha creato, sia dotato del libero arbitrio (dal momento che, da onnipotente, avrebbe dovuto necessariamente -che sarebbe stato logicamente impossibile che non lo facesse- crearlo tale da agire deterministicamente, e non certo tale da agire indeterminatamente, aleatoriamente (liberoarbitrariamente), dal momento che in tal caso il -mannaggia il gioco di parole!- caso proprio dell' agire umano, da Dio non dominabile, avrebbe costituito una contraddittoria limitazione della sua onnipotenza).

(Come mi piacerebbe che su tutte queste contraddizioni intervenisse un eccelso conoscitore ed utilizzatore della logica come il nostro Epicurus!).



Non è così...Agostino stesso infatti si rifà in proposito alle parole di Paolo di Tarso: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. " Paolo stesso s'accorge di non essere 'libero' ma determinato  nel suo agire da ciò che 'non vuole' ossia dalla sua stessa 'natura' d'uomo. Però anela al bene, che è il moto interiore della Grazia...anch'essa, in un certo senso, logicamente condizionante  l'aspirazione e l'agire stesso.
Citazione
Secondo me qui semplicemente San Paolo cerca improbabili "soluzioni soprannaturali" a un problema inesistente o mal posto, non si avvedendosi che semplicemente la sua volontà (come quella di tutti gli uomini) é contraddittoria, che desidera cose reciprocamente inconciliabili, delle quali le une sono oggettivamente conseguibili alla condizione del non conseguimento delle altre e viceversa: "botte piena e moglie ubriaca". 



Agostino distingue dunque la libertà propriamente detta, definita come  "la capacità di dare realizzazione ai nostri propositi", dal libero arbitrio, da lui  inteso invece come la possibilità di scegliere, in linea teorica, tra opzioni contrapposte, ossia tra il bene e il male. Il libero arbitrio entrerebbe quindi in gioco solo nel momento della scelta, rivolgendosi ad esempio al bene. La "libertà" sarebbe però incapace di realizzarla proprio perché 'condizionata'.
Citazione
Infatti questo modo ho sempre inteso il libero arbitrio, come distinto dalla libertà da coercizioni estrinseche (e incompatibile con determinismo e conoscenza scientifica).

(Mi sembra evidente che queste sono obiezioni alla chiesa cattolica, a san Paolo e a Sant' Agostino e non a Sariputra, che, dimostrando un' ottima conoscenza -anche- delle religioni cristiana e islamica, le riferisce come tesi "altrui"; se non l' ho frainteso).

#1185
Citazione di: Phil il 11 Dicembre 2018, 15:45:05 PM

Ammettere che il proprio arbitrio sia condizionato, "costretto" ad essere ciò che è (nella sua mutevolezza) è come ammettere di avere il corpo che si ha senza averlo scelto con libertà, o di avere i gusti che si hanno senza averli scelti liberamente, etc.
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...che si é venuti la mondo così come si é venuti al mondo, senza averlo voluto.

"Le cose" non potrebbero "stare" che così (e in che altro modo diversamente?).


P.p.s.
@sgiombo Stavolta sei stato tu ad anticiparmi (in parte) mentre scrivevo il post.
Citazione
Un po' per uno non fa male a nessuno (vecchio proverbio per bambini in età pre-scolare).

Statemi tutti benone!