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Messaggi - epicurus

#121
Citazione di: Eutidemo il 28 Febbraio 2018, 14:49:46 PM
Caro Epicurus,
anche questa volta cerco di risponderti come meglio posso (fermo restando che le mie restano solo opinioni).
Ma certo, questi sono gli assiomi impliciti sui quali si basa il forum.  :D

Citazione di: Eutidemo il 28 Febbraio 2018, 14:49:46 PM
1)
Sotto il profilo meramente "ontologico", essere "onnisciente" non implica affatto, intrinsecamente, anche essere "onnipotente", eterno, creatore di tutto, infinitamente buono, ecc., perchè si tratta di qualità diverse .
Mai io non ho mai asserito una cosa del genere!
Ho detto solo che, se correttamente riteniamo che un "essere finito" non possa avere una "conoscenza infinita" (perchè una tazza non può contenere il mare), nell'ipotesi che io incontri qualcuno che tale "conoscenza infinita" ce l'ha sul serio, dovendo necessariamente trattarsi di un "essere infinito", mi sembra plausibile definirlo "di natura divina"!
Per cui, a meno di non supporre che di Dei ce ne siano più di uno, ciascuno dei quali possiede una diversa "qualità infinita", ne deduco che, essendo tale essere "onnisciente" infinito, se è UNICO, egli abbia anche altre "qualità infinite", quali l'"onnipotenza" ecc.; sebbene, ovviamente, sotto il profilo ontologico si tratti di qualità diverse.
Tu hai scritto sopra che da "x è onniscienze" si deduce "x è il creatore infinito", e hai anche parlato di "induzione logica" (sulla quale, forse, avrei bisogno di spiegazioni) a tutti gli altri attributi standard divini.

Su questo non sono d'accordo.

Definiamo "essere finito" un essere che ha proprietà con grado finito. Per ora accontentiamoci di questa definizione sempliciotta. Bene, visto che un ente onnisciente ha l'abilità di conoscere non limitata, allora per definizione (deduttivamente) un essere finito non può essere onnisciente. Su questo concordiamo.

Tu dici che se incontri qualcuno onnisciente, dovendo necessariamente trattarsi di un "essere infinito", ti sembra plausibile definirlo "di natura divina". Se vuoi puoi dire che sia di natura divina (se hai definito che basta il possedere un unica proprietà con grado infinito per parlare di essere con natura divina), ma dobbiamo ricordarci che per ipotesi tale essere ha l'onniscienza e non abbiamo ancora dedotto che abbia altre proprietà con grado infinito.

Poi continui dicendo "a meno di non supporre che di Dei ce ne siano più di uno, ciascuno dei quali possiede una diversa "qualità infinita", ne deduco che, essendo tale essere "onnisciente" infinito, se è UNICO, egli abbia anche altre "qualità infinite", quali l'"onnipotenza" ecc.". Qui secondo me sbagli, deducendo troppo, oltre che ipotizzando troppo.

Potrebbero esserci un numero arbitrario di esseri con proprietà con grado infinito (potrebbero esserci 2 essere solo onniscienti, 1 solo infinitamente buono, 100 onniscienti e infinitamente buoni, ecc.), ma anche solo 1 solo, cioè l'essere onnisciente che il gioco ha postulato.

Secondo me non c'è alternativa, non puoi in alcun modo partire da "esiste un essere onnisciente" e arrivare logicamente a "esiste un essere onnisciente, infinitamente buono, onnipotente, ecc.".

Citazione di: Eutidemo il 28 Febbraio 2018, 14:49:46 PMMa, come avevo già detto, tale modalità "catafatica" di voler definire positivamente Dio, non mi aggrada molto, preferendo io, per diverse ragioni, la modalità "apofatica".
2)
Seguendo la tradizione della teologia negativa, o "apofatica", non chiederei mai al genio "Esiste Dio?", perchè una risposta in "logica binaria" (sì/no), in tal caso, secondo me, non avrebbe molto senso.
Come avevo scritto svariati post fa, dobbiamo ben tener presente l'onniscienza del genio. Cioè, potremmo chiedere "Secondo la mia concezione (apofatica) di "dio", esiste dio?". Perché non avrebbe senso?

Ne parlavo qui: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-madre-di-tutte-le-domande-(giochino-filosofico)/msg17933/#msg17933

Citazione di: Eutidemo il 28 Febbraio 2018, 14:49:46 PM
Perciò gli chiederei qualcos'altro.
Come ho già detto, un genio che risponda ad un'unica domanda, semplicemente con un SI' o un NO, ci servirebbe a ben poco...se non ad ingannarci; perchè la sua risposta avrebbe un significato diverso a seconda del SENSO che noi diamo alla domanda.
Per esempio, se io, avendo intenzione di provarci con una ragazza, chiedessi al genio: "Mi ama?", e lui mi rispondesse: "Sì, certo che ti ama!" io mi fionderei subito...e magari mi beccherei un rifiuto.
Ed infatti, come noto, esiste sia il cosiddetto "Amor concupiscientiae", sia il cosiddetto "Amor benevolentiae", che, in fondo, è quello più autentico, ed a cui farebbe riferimento il Genio!
Per cui, magari, quella ragazza, pur amandomi sul serio (come rivelato dal Genio), ma sapendo che data la diversità dei nostri caratteri non riuscirebbe mai a darmi ciò di cui ho davvero bisogno e mi farebbe soffrire, ricuserebbe le mie profferte, e mi inviterebbe a trovare un'altra donna più adatta al mio carattere! ;D
;D  ;D
Be, se ti interessa una donna da sposare potresti chiedere: "Considerando la mia idea di matrimonio felice, se io e quella donna ci sposassimo, avremmo un matrimonio felice?".

Citazione di: Eutidemo il 28 Febbraio 2018, 14:49:46 PM
Per cui, l'unico tipo di domanda sarebbe quella del genere più banale, ma la meno equivoca possibile, come, ad esempio: "L'azione X, tra dieci minuti, sarà salita?"
E, in base alla risposta, mi giocherei più soldi possibile facendo "scalping" online sulle OPZIONI BINARIE, che consentono solo scelte binarie a tempo determinato su singoli titoli o valute.
E' vero che dopo dieci minuti, "in teoria", il valore potrebbe restare identico, ma la cosa non è mai accaduta, perchè ha un livello di improbabilità che rasenta, di fatto, l'impossibile; per cui, se il Genio mi rispondesse "sì", dopo dieci minuti il titolo sicuramente salirebbe, ma, se mi risponde "no",  il titolo sicuramente scenderebbe.
La stessa cosa si potrebbe fare con il ROUGE e NOIR alla Roulette...ma il limite di puntata è troppo basso! :(
Come dicevo nel mio primo post in questo topic, anch'io alla fine farei una domanda pragmatica come la tua.  ;)
#122
Tematiche Filosofiche / Re:La vita fa schifo?
01 Marzo 2018, 11:18:29 AM
Citazione di: fdisa il 27 Febbraio 2018, 22:14:18 PM
Ciao e grazie per la lettura!
Grazie a te per aver iniziato questa discussione. Malgrado le mie osservazioni, mi piace molto come l'hai impostata. ;)

Citazione di: fdisa il 27 Febbraio 2018, 22:14:18 PM
Citazione di: epicurus il 26 Febbraio 2018, 15:40:51 PM
Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Chi sostiene che la vita fa schifo viene definito "pessimista", ma in realtà è un "ottimista" – più valore si dà alla vita, infatti, più la sua inevitabile perdita sarà dolorosa.

Se io dicessi "La squadra di calcio X fa schifo" sto dando più valore alla squadra X? Non penso proprio. Quindi, da un certo punto di vista se uno dice "la vita fa schifo" sta dando poco valore alla vita, cioè la vita avrebbe un grado qualitativo basso.

Ma concordo che vi è un altro modo di intendere "valore" in questo contesto. Consideriamo una persona indifferente alla vita, un individuo completamente disinteressato. Allora qui potremmo dire che per tale persona non ha valore, mentre per chi ama la vita e chi odia la vita essa ha un valore malgrado tutto.

La questione forse è che esistono danti modi diversi di essere pessimisti, e tanti modi diversi di intendere "valore", e quindi parlare in modo così contratto porta a inferenze scorrette (come, io credo, la tua).

Non mi torna il tuo parallelo. Il ragionamento non è che se "la cosa X fa schifo" allora dò valore alla cosa X.
Semplicemente che se dico che "una cosa X fa schifo" non è un danno perderla, e viceversa.
Tu però qui consideri la cosa in modo binario: o è X o è non-X. Invece il pessimista potrebbe (uso il condizionale perché, come dicevo, ci sono molti modi diversi di essere pessimista), per esempio, odiare l'idea di morire e così cessare di esistere e odiare pure questo modo di esistere. Quindi potrebbe voler evitare la morte ma voler un'esistenza diversa. Ma, ovviamente, potrebbe esserci qualcuno che è solo negativo sull'esistenza e allora la morte potrebbe essere una buona soluzione.

Da qui, quanto dicevo più sopra: "La questione forse è che esistono tanti modi diversi di essere pessimisti, e tanti modi diversi di intendere "valore", e quindi parlare in modo così contratto porta a inferenze scorrette."

Citazione di: fdisa il 27 Febbraio 2018, 22:14:18 PM
Citazione
Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Considerato inoltre che la vita è infinitamente più breve dell'eternità che la segue e precede, il fatto che l'esistenza cosciente sia una macchia irrilevante nell'illimitato dovrebbe essere considerata una buona notizia.
Dipende. Se mi considero pessimista proprio perché non posso vivere illimitatamente? E se credo ad un infinito ciclo di rinascite nel dolore?

La prima affermazione non la capisco: la frase che citi è relativa a chi crede che la vita faccia schifo, caso in cui non si può esser tristi che non duri in eterno.

Nel secondo caso, invece, hai ragione: chi crede a un infinito ciclo di dolorose rinascite dopo la morte (o a qualunque cosa peggiore della vita dopo la morte) non può che essere un "vero" pessimista.
Spiego meglio il primo caso. Ci sono pessimisti che seguono questo ragionamento: "Ok, la vita in sé non è tanto malvagia, ma il problema è la morte. La morte toglie completamente il senso alla vita, perché la vita è solo un avvicinamento alla morte". Questo genere di pessimista è imprigionato perché non solo non può trovare salvezza nella morte, ma la morte è proprio il nemico che si vorrebbe (ma non si può) combattere.

Citazione di: fdisa il 27 Febbraio 2018, 22:14:18 PM
CitazionePrima una piccola parentesi da avvocato del diavolo. Ligotti potrebbe rispondere che le stesse categorie "bene" e "male" sono relative, quindi lui è pessimista perché il mondo non soddisfa la propria idea di "bene". E un mondo senza scopo e senso, per la propria definizione, è considerato un male. Da qui il suo pessimismo. :D[/size]

Se definisco una parola come mi pare, ho sempre ragione :) Se Ligotti rispondesse come dici, la sua tesi varrebbe solo per sé e per chi condivide i suoi soggettivi criteri di "bene". Insomma, dimostra solo che la SUA vita fa schifo.
Capisco che usare il termine "cucchiaio" per riferirmi al valore dei bitocoin sarebbe scorretto, però qui mi pare che siamo ampiamente entro i margini elastici del linguaggio. Che male e bene siano relativi alla persona non è certo una rivoluzione che impensierirebbe la Crusca.  ;D
Dimostrerebbe che la sua vita e la vita di tutti quelli che la pensano come lui farebbe schifo, sempre pessimismo è. E probabilmente sono in moltissimi che ritengono la sensatezza della vita una condizione necessaria per poter vivere una vita buona.

Tanto per rimarcare la moltitudine di pessimisti diversi: per una persona la situazione in cui il mondo fa schifo solo per lui e per tutti gli altri è perfetta, potrebbe essere la situazione peggiore in assoluto. Per altri, invece, sarebbe peggiore la situazione in cui il mondo fa schifo per tutti. Dipende.

Citazione di: fdisa il 27 Febbraio 2018, 22:14:18 PM
CitazioneQui non ho capito. Se siamo nell'ipotesi che il male sia quantitativamente e qualitativamente maggiore del bene per un dato individuo, cosa ci interessa considerare l'assolutezza o la relatività del male? L'unico dato importante è che per il soggetto ci sia più male che bene.

Mi spiego meglio: se un individuo decidesse che in assoluto il bene vale più del male, anche se fosse quantitativamente e qualitativamente minore, il suo giudizio cambierebbe.
Secondo me è un modo di esprimersi forviante. Dire che il bene vale più del male, mi pare che sia come dire che il bene vale qualitativamente di più del male. Non trovi?

Citazione di: fdisa il 27 Febbraio 2018, 22:14:18 PM
CitazioneNon è che siamo ammaestrati a trovare una finalità e che quindi se c'è una finalità allora siamo contenti malgrado la sofferenza. Siamo disposti a ammettere delle sofferenze se alla fine ci attende una situazione che compensi tali sofferenze. Da come l'hai scritto tu sembra che tale tendenza umana sia uno stupido automatismo, ma formulato come ho fatto io si esplicita una giustificazione razionale.

Ho dato troppe cose per scontate in questo passaggio, hai ragione. Siamo capaci di sopportare molto dolore in vista di uno scopo che reputiamo, appunto, "valere la pena". Vale la pena di subire un pizzicotto per 2000 euro? E di perdere un rene? Si tratta di un mero calcolo quantitativo bene/male, che, fissati determinati criteri, porta a decisioni razionali.

Ma proprio perché siamo abituati a questo tipo di calcoli, li applichiamo anche alla vita nella sua interezza: Sì, vale la pena sopportare tutti i dolori della vita se... (e qua ognuno mette il suo senso). Ma il "senso della vita", se non si rifà a qualcosa dopo di essa, è privo di qualunque razionalità come quella sopra esposta.
Potresti chiarirmi meglio questo punto, non sono sicuro di aver compreso appieno. Propongo un esempio che magari puoi includere nella spiegazione: "Io accetto il dolore dato dalla perdita dei miei genitori se ho altre persone con cui ho degli affetti" (in questo caso il senso della vita che mi fa superare il dolore è l'amicizia e/o la famiglia). Facendo riferimento a quanto scritto nell'altro topic, questo è il senso della vita che io chiamo "umano".

Citazione di: fdisa il 27 Febbraio 2018, 22:42:09 PM
Citazione di: epicurus il 26 Febbraio 2018, 15:40:51 PM
Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Da un punto di vista logico però, chi è convinto dell'insensatezza della vita deve anche credere all'insensatezza dell'insensatezza – trasportare la ragione nelle paradossali lande oltre il bene e il male non è arduo.
Come ho detto sopra, io sostengo l'insensatezza linguistica dell'insensatezza (metafisica) e della sensatezza (metafisica) della vita. Ciò non risolve il problema, lo dissolve mostrando che non vi era mai stato un problema.

Quello che tu dici, invece, non mi convince.  :)

Ho letto il testo che mi hai linkato (interessante, grazie) e preciso a seguito della lettura.

Come scrivi (e con te Ligotti) le cose hanno un senso solo all'interno della vita. Di conseguenza trovare un senso per l'interezza della vita è una questione mal formulata.

Ci ho pensato e mi sembra che diciamo la stessa cosa, come posso non convincerti? :P Scherzi a parte, questo concetto mi sembra davvero analogo, al massimo se ne trae conclusioni diverse.
Parlavi di buddismo, paradossi, vacuità, così ho creduto che quando parlavi di "insensatezza dell'insensatezza della vita" volessi intendere qualcosa di più mistico/metafisico. Ma se come me intendi dire che è linguisticamente insensato parlare di insensatezza o sensatezza metafisica della vita, allora sì, siamo sulla stessa lunghezza d'onda.  :D
#123
Tematiche Filosofiche / Re:Ci sono cose
27 Febbraio 2018, 11:35:13 AM
Citazione di: iano il 25 Febbraio 2018, 00:17:40 AM
cui non crediamo ,
cui crediamo ,
non essendo evidenti ;
cose per le quali la questione di credere o di non credere non sembra porsi , cose per noi evidenti.
Ognuno di noi può suddividere soggettivamente le cose del mondo entro queste due o tre categorie , e credo non ne occorrano altre.
Io adotterei un'altra catalogazione. Innanzitutto la sicurezza con cui noi crediamo qualcosa ha un valore variabile. Per semplificare: possiamo credere debolmente, mediamente e fortemente.

Quindi:
a. ci sono proposizioni che noi crediamo (debolmente, mediamente e fortemente)
b. ci sono proposizioni che noi non crediamo (cioè sulle quali non abbiamo un parere)

Poi, altra dimensione:
a. ci sono credenze che noi riteniamo evidenti
b. ci sono credenze che noi non riteniamo evidenti
c. ci sono credenze che sulle quali abbiamo dei dubbi se siano evidenti o meno

Citazione di: iano il 25 Febbraio 2018, 00:17:40 AMSe anche ci fosse una di queste tre categorie entro la quale tutti gli uomini mettessero le stesse cose , rimane il fatto che ciò deriva da un processo soggettivo di scelta.
Se questa categoria fosse quella delle cose evidenti , ad esempio , non potremmo dire dunque che si tratti di cose oggettive . O no?

Se per "cose oggettive" intendi, in questo contesto, "credenze vere" allora no. Ovviamente potrebbero comunque esserci credenze false. Tuttavia ritengo che, mettendo lo scetticismo radicale da parte, un tale insieme (di credenze forti condiviso da tutti) conterrebbe probabilmente molte verità (ipotizzando un mondo con uomini sufficientemente liberi).
#124
Tematiche Filosofiche / Re:Ci sono cose
27 Febbraio 2018, 11:10:08 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 27 Febbraio 2018, 01:02:02 AM
Qualcuno in questo mondo sa spiegarmi cosa significa essere, esistere?
Provo ad abbozzare una risposta sintetica. "Esistere" significa appartenere al dominio di oggetti presenti in una data teoria (con margini di approssimazione) vera. Dove "teoria (con margini di approssimazione) vera" significa una teoria che racconta (con margini di approssimazione) come stanno le cose. E il come stanno le cose si può accertare in tutta una serie di modi. So questa spiegazione è parziale, ma discuterla oltre aprirebbe un buco nero offtopicoso che inghiottirebbe tutta la discussione.  ;D
#125
Eutidemo, concordo con te che in questa discussione possiamo trascurare l'analisi di consistenza dell'onniscienza perché postulata dal giochino (e trascurare l'analisi di "ente infinito" perché ci porterebbe pesantemente offtopic).

Quindi ti ripropongo le mie 2 osservazioni fatte nel post precedente:

1) Tu ammetti che essere onnisciente implica logicamente essere onnipotente, eterno, creatore di tutto, infinitamente buono, ecc.
Però tale tesi è falsa. Non trovi?

2) Seguendo la tradizione della teologia negativa, chiederesti ancora al genio "Esiste dio?"? O cos'altro chiederesti? Come cambia il tuo approccio al genio?
#126
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
26 Febbraio 2018, 16:54:41 PM
Citazione di: Sariputra il 26 Febbraio 2018, 16:45:33 PM
cit.Epicurus:
Sono riuscito a farti almeno intravedere il fascino della mia posizione?  

Ammazza!...Affascinante come un catalogo Bolaffi!  ;D  ;D  ;D
Io parlo di arte fumettistica e l'inconscio tuo e di Aperion vi portano alla filatelia... non di soli francobolli vive l'uomo.  ;D
#127
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
26 Febbraio 2018, 16:20:46 PM
Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2018, 15:23:46 PM
Beh, @epicurus, sono ancora ingabbiato nelle mia mente "relativa"  ;D  ;D  scherzo! In realtà quella questione del "tacere" è il classico paradosso dell'"ineffabilità" in fin dei conti!
Un paradosso che non sei obbligato ad accettare se passi al lato oscuro della forza con me.  ;D
Paradosso con il quale sei pure incoerente (parlando invece di tacere).  ;)

Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2018, 15:23:46 PM
Riguardo alla questione della totalità... è piuttosto curioso, non trovi? Per dire che la nostra verità è un "ritaglio" o una "visione parziale" dobbiamo quasi ammettere questa "totalità" che non si riesce a raggiungere. Infatti parlare di "parzialità" necessita che ci sia la "totalità" (o l'oltre la totalità). In sostanza "totalità", "verità ultima" ecc sono quasi tutti "concetti-limite", che dobbiamo ammettere per: (1) riconoscere che si possono distinguere le "verità" parziali dalle "falsità" parziali (2) che le verità parziali sono verità parziali. Allo stesso tempo però la distinzione tra "parzialità" e "totalità" la facciamo col nostro punto di vista parziale. Ergo a rigore anche la disttinzione "parzialità" e "totalità" deriva da una visione parziale.
Riprendo il mio ormai famoso esempio della collezione di fumetti. Certo che c'è una totalità, cioè l'insieme di tutti i miei fumetti. Ma non c'è una totalità di catalogazioni possibili, perché ogni giorno potrei inventarmi un nuovo modo di ordinarli a seconda di una mia esigenza particolare.

Vedi come tutta la metafisica fumosa evapora con il pluralismo concettuale? Dopo essermi sbarazzato delle iperconcettualizzazioni buddiste non mi resta che godermi il mondo nella sua semplicità e ricchezza.  :D

Sono riuscito a farti almeno intravedere il fascino della mia posizione?  ;D  ;D

Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2018, 15:23:46 PME qui arriva il paradosso!  dovremo taceere, eppure... ;D  ;D  ;D

Molto curioso, devo dire.
Eppure se si tacesse la filosofia buddista non esisterebbe... Ma sopratutto, se si tacesse, si starebbe semplicemente in silenzio, come sta in silenzio un fiore, nulla più.
#128
Citazione di: Eutidemo il 26 Febbraio 2018, 15:46:34 PM
Sapere e conoscere "TUTTO", è logicamente impossibile per qualsiasi "creatura", visto che nessun "essere finito" può avere una "conoscenza infinita" (per "la contradizion che nol consente"); e, quindi, se l'onniscienza è impossibile per qualsiasi "creatura finita"...per chi altro mai sarebbe mai possibile, andando per esclusione? ;)

Diciamo che un essere finito non può avere una conoscenza infinita (anche se non mi piace questo modo di parlare). Ma è un errore il salto che fai, tipo: se nessuna creatura finita può essere onnisciente, ALLORA lo può essere una creatura infinita.

Se un essere finito non può essere uno scapolo sposato, allora per esclusione potrà esserlo un essere infinito?

Questo per dire, che non hai considerato il caso in cui l'onniscienza sia una proprietà incoerente. (O che sia incoerente il concetto di essere infinito.)

Citazione di: Eutidemo il 26 Febbraio 2018, 15:46:34 PM
Secondo me, andando per esclusione, se, per postulato mi si pone davanti ad un essere "veramente" onnisciente, visto che non può essere una "creatura finita", senza nemmeno chiederglielo, non avendo alternative, non posso dedurre altro che sia il "Creatore Infinito"!
Inferenza logicamente errata. ;D

Citazione di: Eutidemo il 26 Febbraio 2018, 15:46:34 PM
Quanto sopra vale, per amore di ragionamento, se ci vogliamo attenere ad una concezione "catafatica" di Dio; sebbene io propenda per quella "apofatica". :)
Allora proviamo a non considerare altri casi, ma il tuo personale. Tu dai significato alla parola "dio" seguendo la tradizione delle teologia negativa. In quest'ottica, cosa cambierebbe rispetto all'oggetto di questo topic? Cosa gli chiederesti? Sarebbe ancora utile la domanda "dio esiste?"?
#129
Tematiche Filosofiche / Re:La vita fa schifo?
26 Febbraio 2018, 15:40:51 PM
Ciao Francesco.  :)

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Chi sostiene che la vita fa schifo viene definito "pessimista", ma in realtà è un "ottimista" – più valore si dà alla vita, infatti, più la sua inevitabile perdita sarà dolorosa.
Se io dicessi "La squadra di calcio X fa schifo" sto dando più valore alla squadra X? Non penso proprio. Quindi, da un certo punto di vista se uno dice "la vita fa schifo" sta dando poco valore alla vita, cioè la vita avrebbe un grado qualitativo basso.

Ma concordo che vi è un altro modo di intendere "valore" in questo contesto. Consideriamo una persona indifferente alla vita, un individuo completamente disinteressato. Allora qui potremmo dire che per tale persona non ha valore, mentre per chi ama la vita e chi odia la vita essa ha un valore malgrado tutto.

La questione forse è che esistono danti modi diversi di essere pessimisti, e tanti modi diversi di intendere "valore", e quindi parlare in modo così contratto porta a inferenze scorrette (come, io credo, la tua).

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Considerato inoltre che la vita è infinitamente più breve dell'eternità che la segue e precede, il fatto che l'esistenza cosciente sia una macchia irrilevante nell'illimitato dovrebbe essere considerata una buona notizia.
Dipende. Se mi considero pessimista proprio perché non posso vivere illimitatamente? E se credo ad un infinito ciclo di rinascite nel dolore?

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
[...] Thomas Ligotti [...]: sì, la vita fa schifo, dovremmo smettere di procreare e se il suicidio è un'opzione difficile è perché siamo schiavi delle dinamiche dell'esistenza.
[...]
A difesa del valore della sua tesi, Ligotti propone uno degli argomenti preferiti dei pessimisti (che, ripeto, sono ottimisti), ovvero la giusta osservazione che se una conclusione è spiacevole non vuol dire che sia sbagliata. Come chiunque appartenga alla squadra del "dobbiamo prendere in seria considerazione la questione", mi unisco al coro e mi domando anch'io se la vita fa schifo.
Ovviamente concordo in pieno sulla non coincidenza di dispiacere e sbagliato. Ma questa non è certo un'argomentazione a favore del pessimismo.  ;D 

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Ligotti scrive:

"Non ci sorprende il fatto che nessuno creda che ogni cosa sia inutile, e a buon diritto. Viviamo tutti in parametri di riferimento relativi e all'interno di tali parametri l'inutilità non è certo la norma. Uno schiacciapatate non è inutile se qualcuno vuole schiacciare le patate. [...] Una volta che hai attraversato questa vita verso un aldilà di beatitudine eterna, non avrai più bisogno di quest'aldilà. Ha svolto il suo compito e tutto quello che rimane è un aldilà di beatitudine eterna, un paradiso per edonisti riverenti e pii libertini. A cosa serve? Tanto varrebbe non esistere proprio, in vita o in un paradiso di beatitudine eterna. Ogni tipo di esistenza è inutile. Nulla si autogiustifica. Ogni cosa è giustificabile solo in senso relativistico, come lo schiacciapatate."

L'autore, così come i colleghi pessimisti che cita (soprattutto Peter Zapffe, ma il suo vero maestro è Schopenhauer), sostiene che l'inutilità della vita è garantita dalla relatività di ogni significato. Senza entrare nel termine della relatività congenita all'esistenza, va comunque notato che il nichilismo di Ligotti non è radicale, perché non si applica a se stesso: per dirla con Buddha, il filosofo del pessimismo intravede il vuoto, ma non la vuotezza del vuoto.

In breve, disperarsi per l'insensatezza è a sua volta un gesto privo di senso, perché la disperazione le conferisce un significato. Il nichilismo che non si applica a se stesso, dunque, nega le categorie di valore per poi ristabilirle col ritenersi "un male". Se il problema è davvero che la vita non ha senso, perché fingere che ne abbia uno, sostenendo che è orribile? Ancora una volta il limite del pessimista è di non accorgersi di essere ottimista: al di là del bene e del male, infatti, non c'è il male, ma né il bene né il male. Come scrive Nietzsche, «non esistono affatto fenomeni morali, ma soltanto una interpretazione morale dei fenomeni».
Prima una piccola parentesi da avvocato del diavolo. Ligotti potrebbe rispondere che le stesse categorie "bene" e "male" sono relative, quindi lui è pessimista perché il mondo non soddisfa la propria idea di "bene". E un mondo senza scopo e senso, per la propria definizione, è considerato un male. Da qui il suo pessimismo. :D

Quindi l'argomentazione pessimistica dell'assenza di senso è corretta? No, penso che non sia corretta, ma per un motivo molto diverso da quello che adduci tu.

Nel topic "Un motivo per vivere" (https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/un-motivo-per-vivere/msg17877/#msg17877) ho sostenuto e difeso la tesi che la domanda sul senso e scopo della vita è un nonsense, frutto di un cattivo uso del linguaggio. Se ciò è vero, allora sia "la vita ha un senso" che "la vita non ha un senso" sono entrambe proposizioni mal formulate. E da un uso sgrammaticato del linguaggio non si può certo dedurre alcun stato di cose positivo o negativo. Quindi l'argomentazione dell'assenza di senso non può essere adottata dal pessimista.

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
La complessità del problema, inoltre, vanifica un argomento caro agli ottimisti, secondo il quale "senza il male non ci sarebbe il bene" perché i due opposti si implicano a vicenda. È pur vero, infatti, che l'identità delle cose si basa su una reciproca differenza, ma nulla toglie che si possa sperare in una vita in cui si evitano i grandi mali in favore di piccoli fastidi. Dolore e gioia non sono necessariamente l'uno la misura dell'altro, in quanto situati in una scala in cui non è necessario aver provato orribili lutti o degradanti menomazioni per godere del piacere di un caffé o di un bacio – sebbene l'intensità possa variare. Il dolore, dunque, non è necessario al piacere e ancora una volta la questione quantitativa non si liquida facilmente.
Qui condivido al 100%. In un mondo senza dolore e pieno di gioia probabilmente non avremmo la parola "gioia", ma non cambierebbe il fatto sostanziale: sarebbe un mondo senza dolore e pieno di gioia. Potremmo dire che non c'è democrazia senza dittatura essendo una il contrario dell'altra, ma per secoli ci sono state solo dittature sulla terra, e molti sperano che in futuro ci siano solo democrazie.

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Sebbene sia evidente che alcune persone soffrono di più e altre di meno, l'assenza di misurazioni adeguate impedisce un'analisi quantitativa: non resta che accettare che quando il bene sopravanza il male la vita non fa quantitativamente schifo, e viceversa. Anche la questione qualitativa, ovvero se "il bene sia più un bene di quanto il male sia un male", si riduce al peso specifico dei casi particolari.
Concordo anche qui. Se la vita fa schifo o meno non può che essere un giudizio personale basato sui propri giudizi morali e sulla storia vissuta personale.

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Prendiamo in analisi la peggiore delle ipotesi – purtroppo comune – in cui il male è quantitativamente e qualitativamente maggiore del bene. L'ultima speranza dei sofferenti è che questo abbia un valore assoluto; in poche parole, che la bellezza di un fiore o l'emozione di un bacio valga diecimila guerre e un milione di stupri. Purtroppo però, qualora si concordi con i pessimisti-ottimisti nell'affermare che la vita non ha significato se non relativamente a qualcosa, la risposta è no. Il bene non ha un valore assoluto perché nulla ne ha uno.
Qui non ho capito. Se siamo nell'ipotesi che il male sia quantitativamente e qualitativamente maggiore del bene per un dato individuo, cosa ci interessa considerare l'assolutezza o la relatività del male? L'unico dato importante è che per il soggetto ci sia più male che bene.

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Abituati come siamo a cercare una finalità, saremmo disposti ad accettare un bel po' di dolore se questo portasse a qualcosa – è un principio alla base di molti sacrifici, dal rinunciare a un biscotto per una dieta a dare la vita per una causa.
Non è che siamo ammaestrati a trovare una finalità e che quindi se c'è una finalità allora siamo contenti malgrado la sofferenza. Siamo disposti a ammettere delle sofferenze se alla fine ci attende una situazione che compensi tali sofferenze. Da come l'hai scritto tu sembra che tale tendenza umana sia uno stupido automatismo, ma formulato come ho fatto io si esplicita una giustificazione razionale.

Citazione di: fdisa il 26 Febbraio 2018, 11:21:51 AM
Da un punto di vista logico però, chi è convinto dell'insensatezza della vita deve anche credere all'insensatezza dell'insensatezza – trasportare la ragione nelle paradossali lande oltre il bene e il male non è arduo.
Come ho detto sopra, io sostengo l'insensatezza linguistica dell'insensatezza (metafisica) e della sensatezza (metafisica) della vita. Ciò non risolve il problema, lo dissolve mostrando che non vi era mai stato un problema.

Quello che tu dici, invece, non mi convince.  :)
#130
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
26 Febbraio 2018, 12:52:05 PM
Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM
@epicurus,
interessanti le idee di Putman!
Mi fa piacere tu le abbia trovate interessanti. Purtroppo lì sono espresse in modo sintetico.

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMComunque sono ancora dell'idea che pur essendoci più "verità" dovute a come si ritaglia la Realtà, ciò non toglie che ci sia la Realtà appunto  ;D
Su questo concordo io e concorda anche Putnam. :D

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMil problema è quando si pretende che che queste visioni parziali diano la totalità!
Io non credo che tutte queste descrizioni diano la totalità. Il concetto stesso di "descrizione totale della realtà" non ha senso per la mia tesi, come puoi immaginare. Visto che il numero di contesti concettuali non è fisso, ma aperto alla creatività e all'intelligenza dell'uomo.

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PMSe si vuole andare oltre alla totalità, non resta che... smettere di cercare di rinchiudere tutta la realtà in una concettualizzazione.
Riformulo quanto da te detto sopra e lo rigiro a te: il problema è quando si pretende di andare oltre la totalità (o anche solo volerla raggiungere).  ;D

Citazione di: Apeiron il 25 Febbraio 2018, 23:29:06 PM"su ciò di cui non si puo parlare si deve tacere" (Wittgenstein)
Se tu non dicessi nulla sulla questione, non avessi una tesi, allora saresti coerente. Ma invece ne hai di cose da dire.  ;D
#131
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
26 Febbraio 2018, 12:43:27 PM
Parto dalla questione specifica dell'elettrone libero, poi mi concentro sulla questione generale.

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
L'elettrone libero è un concetto massimamente astratto (massimamente convenzionale?) che identificherebbe un oggetto che comunque non è perfettamente indipendente da tutto il resto: l'elettrone è nato in qualche modo e l'elettrone è comunque soggetto alle leggi fondamentali della fisica (se, per esempio, la legge di conservazione della carica elettrica cessasse di valere, allora la vita di quell'elettrone potrebbe prendere una piega molto diversa...). Inoltre, l'elettrone libero presuppone uno spaziotempo "vuoto" in cui muoversi... e sappiamo che lo spaziotempo non è più un concetto banale come una volta. In più, tale elettrone ha una massa (a riposo) e un raggio, quindi è possibile concepire sottoparti di tale elettrone. Oltre al fatto che nel concetto stesso di "elettrone" è implicito tutta una serie di comportamenti quando questo interagisce con qualcosa, e sono proprio questi controfattuali che definiscono qualcosa come "elettrone". L'elettrone libero è un concetto fittizio che ha un'utilità pratica ma è sensato solo nella misura nella quale quell'elettrone poi lo si concepisce interagente con altre particelle. Altrimenti si rischia di perdere pure le sensatezza di velocità, massa a riposo, carica elettrica, ecc...

Ok, ma questo non significa che l'elettrone libero sia un concetto insensato. Semplicemente è un concetto ben comprensibile e "astratto". Inoltre se lui fosse l'unica particella nell'universo sarebbe "immortale". DI per sé è un concetto sensato. Sono d'accordo che in realtà di particelle libere non esistono, tuttavia ciò non significa che non si possono pensare  ;) 
Nel mio passo che tu citi non sono riuscito a spiegare bene quello che intendevo. Infatti non era mia intenzione dire che "elettrone libero" è un nonsense. Io dicevo che è un nonsense il concetto di "ente perfettamente indipendente e semplice", ma, in quel passo, ho spiegato perché tale etichetta non si può applicare all'elettrone libero. Non si può applicare perché l'elettrone libero non è perfettamente semplice (ha una massa e una dimensione) e non è perfettamente indipendente (è comunque stato generato, è sotto il dominio delle leggi fisiche e dipende da un particolare tipo di spaziotempo). Inoltre la definizione dell'elettrone è anche controfattuale, cioè come si comporterebbe se si trovasse in alcune circostanze anziché altre. Se ci fosse solo un elettrone nell'universo (e questa situazione rimanesse tale per sempre), quello non sarebbe un elettrone.

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Tornando alla tua osservazione, non vi è alcun paradosso perché lo stesso concetto di "verità", non è un concetto divino, calati dall'altro, immutabile e definito da un dio o dalla realtà stessa. Pure tale concetto è aperto e assume sgnificati specifici in vari contesti. Consideriamo, ad esempio, come l'uso di "vero" in "è vero che 2+2=4" è assai diverso da "è vero che il mio fatto è salito sul divano". Possiamo poi pensare discorsi estetici o etici dove potrebbe non comparire il concetto di vero; ma non solo: anche il famoso esempio di gioco linguistico di Wittgenstein dei muratori (in cui usano il linguaggio per passarsi mattoni, pilastri, lastre e travi) non prevede il concetto di "vero".

Inoltre, assumere che ci siano affinità e collegamenti tra diversi "contesti concettuali" non è affatto da vedere con preoccupazione, anzi, è assolutamente normale e aspettato. I motivi, penso, sono due: a) la realtà è una sola; b) malgrado il cambiamento di schemi concettuali (dovuto ad interessi epistemici differenti), l'uomo è sempre l'uomo, non abbiamo a che fare con enti senzienti radicalmente alieni. Da qui si hanno contesti concettuali con somiglianze, intersezioni e contaminazioni. D'altro canto anche i contesti concettuali sono aperti e modificabili.


Sul fatto che ci siano più "tipi" di verità sono d'accordo. Chiaramente una proposizione empirica e una proposizione matematica non sono la stessa cosa e quindi effettivamente non c'è alcun paradosso. Il problema è quando consideri, per esempio, proposizioni sulla realtà. Se per esempio 10 osservatori guardano una montagna da prospettive diverse tutti vedranno una cosa diversa. Se uno dei dieci osservatori dice "anche le altre osservazioni sono prospettiche" allora la sua "verità" non è valida solo nella sua prospettiva ma anche per l'altrui. Quindi non si può dire che il fatto che abbiamo una certa prospettiva sulla realtà significa che non possiamo parlare delle altre. Lo stesso per le "verità convenzionali" secondo i buddhisti. Non è che siano "errate" il problema è che dipendono da come si guarda la realtà. Ma non appena si capisce questo, si "trascende" per così dire la "verità convenzionale", comprendendo appunto che è prospettica, un tipo di ritaglio.
Attenzione però a non confondere la mia tesi del pluralismo concettuale con un'altra. Io non parlo di generiche prospettive, altrimenti si ricade nell'esempio (che non mi rappresenta) che fai tu della montagna. Non è che basta che ci siano 10 persone diverse e 1 montagna che abbiamo già 10 prospettive vere non riducibili tra loro. Io parlo di schemi concettuali che formano "contesti concettuali", non differenzio per singola testa. La mia tesi non è che 10 persone sono in posizioni diverse quindi disegnano la stessa montagna in modi diversi. Non affermo questo.

Prendiamo l'essere umano. Possiamo considerarlo come un agente intenzionale e dire "Marco vuole comprare un gelato"; oppure come un agente razionale e dire "Per Marco il pay-off di 'Comprare un gelato' ha un valore significativo non nullo"; oppure la biologia parlerà di molecole ed evoluzione, oppure la fisica parlerà di particelle; ecc... E ogni proposizione ha senso (e fa pare di una rete inferenziale) proprio in virtù del fatto di essere dentro un dato contesto concettuale. Questo io intendo quando dico che ci sono più descrizioni vere e (potenzialmente) non riducibili tra loro. Non c'è nulla da trascendere, perché la realtà è qui di fronte a noi e spetta a noi scegliere che schemi concettuali usare per descriverla.

E quindi non c'è alcuna contraddizione. La biologia dice una cosa, la psicologia ne dice un'altra, tutto qui. Non sono descrizioni prospettiche, o meglio, tale termine potrebbe essere forviante: preferisco evitare l'etichetta sintetica e spiegare la cosa nel dettaglio come sto facendo.

Tu allora potresti dire (e, con altre parole, lo hai detto): "Ma la tua tesi del pluralismo concettuale non è forse un voler parlare oltre ai confini di quello che ti è concesso?". No, al contrario di quanto tu affermi, ciò non porta ad una contraddizione. Il discorso che stiamo facendo è, ovviamente, anche questo un discorso collocato in un contesto concettuale, che potremmo chiamare "discorso filosofico". Ma questa tesi non ricade in contraddizioni perché le diverse descrizioni del mio pluralismo non sono descrizioni illusorie (in qualche modo false), ma sono tutte descrizioni vere.

D'altro canto, la tua tesi si basa su una distinzione che la tesi stessa definisce in sostanza falsa. Mi ripeto: non c'è modo poetico per tamponare la contraddizione, una contraddizione è una contraddizione. E, come dicevo, anche per i filosofi buddisti una contraddizione indica una tesi falsa.

Tu dici che se si può solo parlare usando mappe, allora il dire "le mappe sono mappe" è una mappa a sua volta. Io dico: certo che lo è, ma questa non è una contraddizione. La contraddizione emerge quando tu affermi una cosa come: "si può parlare solo usando mappe" e poi aggiungi "si può parlare usando mappe ma anche non usandole". Ecco la contraddizione.

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Ma questo non ti fa suonare un campanellone d'allarme? Come scrivevo sopra, riguardo alla contraddizione, questo non ti fa sorgere il dubbio che tutta questa teoria della verità ultima e della verità convenzionale sia insensata? Un teoria che porta alla contraddizione e subito dopo all'inesprimibilità...

Come ho già detto, non noti anche a tu che una verità ultima (una proposizione vera che concerne una realtà dove nulla interagiscono con alcunché) è proprio una concettualizzazione al massimo grado? Cioè il contrario di dove si vorrebbe andare...

Poi consideriamo anche questo problema: il collegamento tra verità convenzionale e verità ultima. Come possiamo pensare che "dietro" alle verità convenzionali ci siano le verità ultime, cioè che in qualche modo le verità ultime causino (o spieghino) le verità convenzionali? Tale collegamento è precluso aprioristicamente proprio per com'è caratterizzata la verità ultima... Quindi, ancora, considerare le verità ultime dietro alle verità convenzionali illusorie è un nonsense.


Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Se non posso esprimeere una verità ultima dietro la verità convenzionale, allora la verità ultima è che la verità convenzionale (il "ritaglio") è convenzionale.
No, significa che i concetti dicotomici verità ultima/verità convenzionale sono mal formulati, vista la contraddizione. Se non puoi esprimere qualcosa, allora non la puoi esprime, non è che poi la esprimi. :D 

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AM
Se non è possibile esprimere una verità ultima che spieghi quelle convenzionali non rimane altro che riconoscere le verità convenzionli come convenzionali.
O rigettare tale dicotomia. ;D

Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2018, 11:14:25 AMOvvero il Silenzio. Questa è la "trascendenza" per Nagarjuna: la fine della proliferazione concettuale.
La "verità ultima" è inespressibile perchè è ciò che rimane quando "abbandoni" tutte le convenzioni. Ovvero finisci di creare mappe e ti godi il territorio, il paesaggio.
Come per la collezione di fumetti non esiste una catalogazione più vera di altre (perché "scelta dalla collezione stessa"), così è anche per tutto il resto della realtà: non esiste una catalogazione della realtà scelta dalla realtà stessa. E non è che non c'è perché una legge fisica lo vieti o perché noi poveri umani siamo limitati... non c'è perché ciò è un concetto senza senso.

I problemi della tua tesi sono molteplici. Primo fra tutti, come dicevo, è contraddittoria. Secondo, è inutilmente ingombrante perché deve coinvolgere verità inesprimibili. Terzo, manca di potere esplicativo.

Spiego il terzo punto. Manca di potere esplicativo perché il silenzio, ovviamente, non spiega nulla, non può essere una risposta. La verità ultima non spiega nulla perché è inesprimibile e pure il collegamento tra la verità ultima e la verità convenzionale è inesprimibile. La verità ultima è un "universo" non solo completamente slegato dal nostro ma anche inesprimibile. Se voglio sapere perché mia mamma sbatte la porta, perché il bitcoin è troppo volatile, come può volare il calabrone, com'è fatta la Terra e come si muove rispetto al sole, come funzionano i protocolli di posta elettronica, ecc., la verità ultima non serve a nulla.

La verità ultima è logicamente impossibile, metafisicamente ingombrante e non ci dice nulla del nostro mondo... non so proprio di cosa farmene.  ;D
#132
Citazione di: Eutidemo il 24 Febbraio 2018, 11:53:08 AM
La mia, ovviamente, era una po' una battuta! ;)
Be', da quel che scrivi dopo non sembra proprio.  ;D

Citazione di: Eutidemo il 24 Febbraio 2018, 11:53:08 AMAd ogni modo io non intendevo definire "Dio" come l'"Ente onnisciente", bensì come un "Ente che è ANCHE onnisciente", oltre a tante altre cose ancora; e, quindi, non li considero  due "sinonimi perfetti".
Però non c'è dubbio che soltanto Dio può davvero "sapere tutto", e non certo un qualunque "genio della lampada"! :)
Da un punto di vista logico non è affatto necessario che l'ente onnisciente sia anche il dio che tu concepisci (l'ente con le proprietà positive al massimo grado; oppure l'ente che non è finito in potenza, vita, ecc...). Cioè l'onniscienza non implica anche l'onnipotenza, l'essere creatore del tutto, ecc...  (Sempre a patto che l'onniscienza sia logicamente coerente, ma questo è un altro paio di maniche. :D)

Da qui la mia affermazione che la tua domanda iniziale non è inutile.  ;)
#133
Citazione di: Eutidemo il 21 Febbraio 2018, 06:54:49 AM
"La prima domanda che verrebbe da fare, è se esiste DIO o no."
[...] sarebbe una domanda inutile, perchè, se davvero il genio fosse "onnisciente" (per postulato anapodittico), allora Dio sarebbe Lui; e, quindi, non avrei neanche bisogno di chiederglielo!  :D

Dipende. Se tu consideri "Dio" e "Ente onnisciente" due sinonimi perfetti, allora sì, la domanda è inutile. In caso contrario, sei probabilmente come la maggior parte delle persone e la tua domanda continua a rimanere informativa.  ;D
#134
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
23 Febbraio 2018, 18:12:41 PM
Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
@epicurus, grazie della tua ottima risposta   ;)
Grazie a te per il dialogo stimolante.  :D

Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
Citazione di: epicurusAperion, qualche post fa io scrissi: "Secondo me tali buddisti hanno colto una verità, ma hanno tratto conseguenze sbagliate da essa. E' vero che è tramite il nostro linguaggio e i nostri schemi concettuali che decidiamo di "ritagliare" il mondo come vogliamo, ma non è che questi modi diversi di ritagliarlo generino immagini false del mondo, sono tutte immagini legittime prodotte per scopi diversi."

Dopo quanto hai scritto (e quello che ho letto online, per ora) confermo questa mia osservazione. Se io posseggo una collezione di fumetti, posso decidere di ordinarli secondo vari criteri. Potrei per esempio ordinarli prima di tutto in modo cronologico, oppure per testate, per casa editrice, per genere, ecc... Ci sono vari modi per descrivere la mia collezione ipotetica di fumetti, i criteri scelti sono arbitrari ovviamente, ma se non commetto errori in ogni caso ho prodotto una descrizione vera e oggettiva della mai collezione. Se si dovesse chiamare tale descrizione "convenzionale" io lo troverei molto forviante. Dirò di più: posso scegliere criteri di ordinamento diversi a seconda dello scopo che mi sono prefissato, anzi, posso avere più descrizioni diverse e vere in contemporanea della mia collezione fatte con diversi criteri, e servirmi della descrizione più appropriata per un determinato scopo a seconda delle esigenze.

A volte ci fa comodo parlare della fiamma e del combustibile, altre volte ci fa comodo parlare di molecole e reazioni chimiche, altre volte di atomi e leggi fisiche fondamentali, altre volte vogliamo parlare dell'incendio nella sua interezza. Non stiamo dicendo il falso, non stiamo parlando di convenzioni, stiamo scegliendo il livello di analisi da adottare che riteniamo più adatto per lo scopo particolare del momento.

E' ovvio che il linguaggio è un sistema convenzionale di comunicazione, ma questo significa che tutte le proposizioni siano convenzionali. Se io dico "Mario ha paura dei serpenti", ciò non è una verità convenzionale, sarebbe altamente forviante dirlo.

Hai scritto che il linguaggio non funziona perché necessiterebbe di oggetti "fissi"... Ma sappiamo tutti che il linguaggio funziona, quindi devo considerare questo come una riduzione all'assurdo di ciò che stai scrivendo? Certo, ci possono essere errori di comprensione per la vaghezza del linguaggio, siamo sempre in qualche modo imprecisi... Ma non è nulla che trascende le nostre capacità di spiegazione e specificazione. E, soprattutto, il linguaggio funziona, funziona perché è l'ossatura della nostra società, della nostra intelligenza e della nostra personalità.

Inoltre il linguaggio non necessità di oggetti "fissi"; perché dici questo? E' grazie al linguaggio che l'uomo ha potuto approfondire la realtà e capire ad esempio concetti legati alla fisica delle particelle. Ma anche prima della fisica moderna, già si sapeva che il linguaggio ha dei limiti, come ogni cosa umana (paradosso del sorite e affini). Ma, ripeto, malgrado i suoi limiti, il linguaggio funziona: le persone sanno cos'è un tavolo e si capiscono in generale quando parlano di tavoli. Non è vero che, come dici tu, puoi definire il tavolo come vuoi e nessun modo è migliore di un altro. Se guardi cosa dicono i dizionari e le enciclopedie ma soprattutto come usano quella parola i parlandi italiani, allora lì hai un modo per riferirti ai tavoli, ma se io dico "i tavoli sono democrazie che libellulano" allora il mio modo di definire tale termine è sbagliato, o almeno deviante e quindi non fruibile con lo scopo di comunicare.

Quest'idea bizzarra di dire che tutto è convenzionale perché interagisce, come dicevo, è davvero forviante. Tant'è che tu spingi al discorso agli atomi quando parli della vaghezza del termine "tavolo"... ma ovviamente anche il discorso su atomi, quark e affini non è che un discorso convenzionale secondo te. E allora com'è il vero mondo di ritagliare il mondo? Non c'è un vero mondo di ritagliare il mondo, o meglio un modo di presentare il mondo senza ritagliarlo... perché tale concetto non ha senso. E non ha nemmeno motivo di essere: io ritaglio il mondo come voglio, basta che sia un ritaglio fedele al mondo, ed efficace per gli scopi che abbiamo.

Anzitutto se usiamo l'esempio della collezione di francobolli... sì l'esempio calza. Infrangendo il mio "giuramento" di parlare solo delle mie idee, ti consiglio di dare un'occhiata al pensiero del Lama Tsongkhapa, della scuola Gelug (quella del Dalai Lama). In sostanza secondo lui la "realtà convenzionale" è qualcosa di oggettivo e reale e non è dovuto ad una distorsione del nostro pensiero. Ogni nostra convenzione può produrre un modo corretto di vedere le cose. Se dunque io posso ritagliare la realtà in diversi modi e ognuno di essi ha la sua "validità", allora posso pensare che per ogni ritaglio posso distinguere il vero dal falso. In questo caso chiaramente la distinzione convenzionale-ultimo dal punto di vista epistemologico non ha senso.
Grazie del consiglio di lettura, mi ricordo vagamente di essermi imbattuto anche in questo pensatore, ma i ricordi sono vaghi e quindi ci ritornerò sopra.  ;)

Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
C'è un problema, però. se ogni "verità" di questo tipo necessita un apposito ritaglio allora questa verità dipende dalla convenzione scelta: una comunità con un linguaggio darebbe una altra "verità". Ma se ciò è vero, allora tutte devo ammettere che in ogni convenzione è possibile distinguere il vero dal falso. Così facendo, ottengo un paradosso: questa mia nuova "intuizione" di per sé nasce in una determinata convenzione (la mia) e però ha pretesa di valere anche per altre. Se infatti dico che per ogni ritaglio è possibile distinguere il vero dal falso, allora questa mia stessa affermazione - pur nascendo in una determinata convenzione - ha "pretesa" di validità per ogni altra convenzione. Ergo, quello che sto sottointendendo è che c'è qualcosa "dietro" alle convenzioni. Questa potrebbe essere una critica a questo tipo di filosofia: così facendo si fanno affermazioni che sono convenzionli sulla realtà che va oltre la propria convenzione.
Secondo me, il problema qui è ancora che l'uso che stai facendo di "convenzionale" è altamente forviante. Così non si riesce a capire la grandissima differenza tra queste due proposizioni: (1) "La lettera 'A' è la prima lettera dell'alfabeto italiano" e (2) "Ora sono seduto su una sedia". Ogni teoria che non riesce a capire questa differenza sostanziale importante, secondo me, è una teoria fallace.

La verità di (1) dipende interamente da una stipulazione o convenzione. Al contrario, (2) dipende principalmente da com'è fatto il mondo. Dico 'principalmente' perché è ovvio che prima di tutto dobbiamo capire il significato di (2) (e il linguaggio è uno strumento in buona parte basato sulle convenzioni), ma successivamente dobbiamo confrontarci con il mondo.

Tornando alla tua osservazione, non vi è alcun paradosso perché lo stesso concetto di "verità", non è un concetto divino, calati dall'altro, immutabile e definito da un dio o dalla realtà stessa. Pure tale concetto è aperto e assume sgnificati specifici in vari contesti. Consideriamo, ad esempio, come l'uso di "vero" in "è vero che 2+2=4" è assai diverso da "è vero che il mio fatto è salito sul divano". Possiamo poi pensare discorsi estetici o etici dove potrebbe non comparire il concetto di vero; ma non solo: anche il famoso esempio di gioco linguistico di Wittgenstein dei muratori (in cui usano il linguaggio per passarsi mattoni, pilastri, lastre e travi) non prevede il concetto di "vero".

Inoltre, assumere che ci siano affinità e collegamenti tra diversi "contesti concettuali" non è affatto da vedere con preoccupazione, anzi, è assolutamente normale e aspettato. I motivi, penso, sono due: a) la realtà è una sola; b) malgrado il cambiamento di schemi concettuali (dovuto ad interessi epistemici differenti), l'uomo è sempre l'uomo, non abbiamo a che fare con enti senzienti radicalmente alieni. Da qui si hanno contesti concettuali con somiglianze, intersezioni e contaminazioni. D'altro canto anche i contesti concettuali sono aperti e modificabili.

Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
E qui entra in gioco l'"inespressibilità" della verità ultima: il fatto stesso che riconosciamo che stiamo facendo ritagli che pur dandoci una "verità" (oggettiva, universale...) convenzionale, riconosciamo appunto essere dei ritagli e niente di più. Per questo motivo secondo me il buddhismo non è "relativista": riconosce le verità universali MA allo stesso tempo riconosce che queste verità si basano su "prospettive" che vengono riconosciute come arbitrarie. L'unica "vera" prospettiva, è quella che vede la realtà così come è, ovvero senza alcun ritaglio convenzionale. Infatti è proprio la nostra consapevolezza di ritagliare la realtà che ci costringe ad ammettere che la nostra è una "verità convenzionale" e non ultima. Ma se vogliamo esprimerci, dobbiamo fare un ritaglio, quindi utilizzare la verità convenzionale ecc. Questo dovrebbe farti capire da dove viene "l'inespressibilità".
[...]
Dal punto di vista epistemologico, dire che la verità convenzionale è falsa, non ha senso. Su questo posso darti ragione. Tuttavia per "difendere" chi dice che la verità convenzionale è un tipo molto sottile di "illusione", pensa a questo. Se dunque non ritaglio, osservo la realtà prima di ogni "arbitraria organizzazione della stessa". Solo così io posso comprendere "come è la realtà" indipendentemente da come decido io di "organizzarla". Quindi il problema secondo me è semplicemente o linguistico o di "enfasi".  Considera anche questo: il "liberato" è "andato oltre" ogni convenzione. In sostanza la sua mente non vede più la "realtà" attraverso un arbitrario ritaglio. Ergo dal suo punto di vista le "verità convenzionali" sono già un qualcosa che noi poniamo sulla realtà.

Ritorniamo al nodo del problema. Io dico "tu stai facendo dei ritagli della realtà, non stai parlando della verità ultima": è questo frutto di un ritaglio della realtà, oppure è una verità ultima? Se sì (come tu sostieni), allora la tua tesi cade nella contraddizione. Non si può trovare una contraddizione in una teoria e poi dire "ah, be', questo dimostra solo che la teoria ti porta all'inesprimibilità, e l'inesprimibilità è bene". E' una soluzione troppo comoda e, allo stesso tempo, troppo scomoda: non solo le contraddizione diverrebbero possibili, ma, anzi, diverrebbero verità e prova di una verità ultima dietro di essa.

Prima di tutto cerchiamo di trovare delle teorie coerenti (gli stessi filosofi buddisti considerano questo scopo di massima priorità), poi vediamo dove queste ci portano.

Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
CitazioneRilancio. Io sostengo che il concetto stesso di "oggetto perfettamente semplice che non interagisce con nulla" non sia tanto una chimera metafisica, ma un nonsenso.


Mah, qui non sono d'accordo  ;D  secondo te quando i fisici parlano di "elettrone come particella libera" dicono non-sensi?
L'elettrone libero è un concetto massimamente astratto (massimamente convenzionale?) che identificherebbe un oggetto che comunque non è perfettamente indipendente da tutto il resto: l'elettrone è nato in qualche modo e l'elettrone è comunque soggetto alle leggi fondamentali della fisica (se, per esempio, la legge di conservazione della carica elettrica cessasse di valere, allora la vita di quell'elettrone potrebbe prendere una piega molto diversa...). Inoltre, l'elettrone libero presuppone uno spaziotempo "vuoto" in cui muoversi... e sappiamo che lo spaziotempo non è più un concetto banale come una volta. In più, tale elettrone ha una massa (a riposo) e un raggio, quindi è possibile concepire sottoparti di tale elettrone. Oltre al fatto che nel concetto stesso di "elettrone" è implicito tutta una serie di comportamenti quando questo interagisce con qualcosa, e sono proprio questi controfattuali che definiscono qualcosa come "elettrone". L'elettrone libero è un concetto fittizio che ha un'utilità pratica ma è sensato solo nella misura nella quale quell'elettrone poi lo si concepisce interagente con altre particelle. Altrimenti si rischia di perdere pure le sensatezza di velocità, massa a riposo, carica elettrica, ecc...


Citazione di: Apeiron il 21 Febbraio 2018, 10:22:05 AM
Tuttavia se chiediamo come è la "realtà" dietro ogni convenzione non possiamo avere una risposta "sensata": anche la risposta in fin dei conti sarebbe "convenzionale".  [...]
Era solo per farti considerare che dal loro punto di vista quando comprendiamo che la "verità convenzionale" è convenzionale dovremmo "distaccarci" da essa. Non esserne più dipendenti. Forse con questa osservazione ti sarà più chiaro perchè molti finiscono per andare a parlare di "verità ultima inespressibile"  ;)
Ma questo non ti fa suonare un campanellone d'allarme? Come scrivevo sopra, riguardo alla contraddizione, questo non ti fa sorgere il dubbio che tutta questa teoria della verità ultima e della verità convenzionale sia insensata? Un teoria che porta alla contraddizione e subito dopo all'inesprimibilità...

Come ho già detto, non noti anche a tu che una verità ultima (una proposizione vera che concerne una realtà dove nulla interagiscono con alcunché) è proprio una concettualizzazione al massimo grado? Cioè il contrario di dove si vorrebbe andare...

Poi consideriamo anche questo problema: il collegamento tra verità convenzionale e verità ultima. Come possiamo pensare che "dietro" alle verità convenzionali ci siano le verità ultime, cioè che in qualche modo le verità ultime causino (o spieghino) le verità convenzionali? Tale collegamento è precluso aprioristicamente proprio per com'è caratterizzata la verità ultima... Quindi, ancora, considerare le verità ultime dietro alle verità convenzionali illusorie è un nonsense.

Perché continuare allora ad ostinarsi a dividere le verità in due, dove una verità è simile ad un'illusione mentre l'altra è la verità più nobile e autentica ma irraggiungibile o raggiungibile solo da persone considerate illuminate (che poi comunque non potrebbero esprimere tale concetto)? Le dicotomie perfette sono sempre sospette, ancora di più poi se un elemento della dicotomia è più bello/autentico/vero/superiore/figo dell'altro.
Perché non accettare, invece, l'idea più semplice e genuina che ho proposto per la mia collezione di fumetti che vi sono più modi possibili e legittimi di catalogare la realtà, ma che non vi è un modo di catalogare della realtà secondo un criterio scelto dalla realtà stessa? Tale criterio non c'è perché tale concetto non ha proprio senso.

La mia visione generale su questa questione è sostanzialmente quella di Hilary Putnam, chiamata in vari modi: "realismo pluralistico", "pluralismo concettuale", o altro ancora. Purtroppo tale tesi la si trova principalmente su libri e articoli ma poco online gratis. Però una sua presentazione c'è a questa pagina: https://www.cairn.info/revue-internationale-de-philosophie-2001-4-page-417.htm
#135
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
20 Febbraio 2018, 15:25:59 PM
Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
Citazione di: epicurus il 19 Febbraio 2018, 11:40:25 AM
Il punto (1) è, come osservi tu, una versione di ciò che io ho chiamato "ontologia interattiva". Dico "una versione" perché c'è quel riferimento alla descrizione convenzionale che già fa assunzioni che io non faccio. Cioè, che vi sia una distinzione tra verità convenzionali e verità ultime.

Sì ok, concordo. Però fai conto che il buddhismo non è solo filosofia, ma "soteriologia" e "vedere la realtà come essa è" è l'obbiettivo del buddhismo*.
* intendo che l'ultima cosa che intendono fare è cercare di fare un  "sistema metafisico" perfetto basato sulla verità convenzionale ;)
Certo, ma non sarà questo a fermare la mia investigazione filosofica.  ;D

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PMAd ogni modo le cose non solo interagiscono, ma devono la loro esistenza all'interazione. Questo è un punto fondamentale. Altrimenti si potrebbe confondere la cosa con una sorta di "pluralismo" di sostanze che interagiscono ma che possono esistere anche se si rimuovono da questo contesto interattivo.
Rilancio. Io sostengo che il concetto stesso di "oggetto perfettamente semplice che non interagisce con nulla" non sia tanto una chimera metafisica, ma un nonsenso.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
Non mi metto a cercare di interpretare quello che dice ogni scuola, ma ti dico come l'ho capita io.
Certo, nessun problema. Io analizzerò quello che tu dici, a prescindere dalla fonte.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
[Se] osservi un fuoco che brucia il combustibile, noi normalmente pensiamo che la fiamma sia una cosa "distinta" dal combustibile che sta bruciando. Nella nostra immaginazione astraiamo l'oggetto "fiamma" dall'oggetto "combustibile" e diciamo che la "fiamma" per non estinguersi necessita del "combustibile". I buddhisti ti dicono che se la "fiamma" avesse una "sua" identità potrebbe esistere non solo concettualmente ma anche ontologicamente "separata" dal combustibile. In realtà la separazione in "due cose" distinte è a livello epistemologico, non ontologico. Assegniamo due "nomi" a due "cose" per un'utilità pratica. Tuttavia se studi meglio la situazione capisci che in realtà la "distinzione netta" che la nostra mente concettuale fa è sbagliata. Ma non è sbagliata nel senso che il fenomeno di combustione non sta avvenendo, è sbagliato interpretare la combustione come un'interazione tra due "cose". In realtà la divisione è puramente di comodo, convenzionale. [...] O più semplicemente pensa ad un tavolo. Dove inizia il "tavolo"? Dove finisce? Dov'è che si può tracciare il confine tra il "tavolo" e il "non-tavolo"? Un buddhista ti direbbe ogni "tentativo" di definizione di "tavolo" in realtà fallisce, perchè è arbitraria. Puoi definire il tavolo in moltissimi modi e nessuno di essi può essere "migliore" di un altro. Perchè? perchè il tavolo non esiste separamente dal resto delle cose, gli atomi della sua superficie continuano a interagire con il pavimento e l'aria della stanza. Non puoi realmente tracciare una netta distinzione. Ogni "mappa" che ci facciamo è in un certo senso arbitraria. Possiamo dividere il mondo in moltissimi modi diversi ma nessuno riesce a "catturare" la "realtà". Se esistessero veramente "cose" allora si potrebbe tracciare una "distinzione netta" tra di esse? Ma in realtà il buddhista forse ti direbbe che per ogni cosa è come per il tavolo, non puoi tracciare distinzioni nette. Quindi anche la versione buddhista dell'"ontologia interattiva" è una mappa arbitraria, anche se in un certo senso è la migliore approssimazione della realtà. [...]
D'altronde se ci pensi in un mondo dove i confini tra le "cose" non sono definiti, dove pare impossibile fare una distinzione netta tra gli "oggetti"  come possiamo pretendere che la logica e la nostra ragione che lavora con concetti "astratti" (e "fissi") possa "catturare" un mondo in divenire, ambiguo e così via. Il linguaggio non funziona perchè necessita che gli oggetti che si nominano in qualche senso siano "fissi". Ma in un mondo in cui interagisce tutto, dove ogni cosa è in continuo divenire ecc come si può riuscire a credere che una divisione in "oggetti distinti" possa veramente essere più "di un'approssimazione"?
Aperion, qualche post fa io scrissi: "Secondo me tali buddisti hanno colto una verità, ma hanno tratto conseguenze sbagliate da essa. E' vero che è tramite il nostro linguaggio e i nostri schemi concettuali che decidiamo di "ritagliare" il mondo come vogliamo, ma non è che questi modi diversi di ritagliarlo generino immagini false del mondo, sono tutte immagini legittime prodotte per scopi diversi."

Dopo quanto hai scritto (e quello che ho letto online, per ora) confermo questa mia osservazione. Se io posseggo una collezione di fumetti, posso decidere di ordinarli secondo vari criteri. Potrei per esempio ordinarli prima di tutto in modo cronologico, oppure per testate, per casa editrice, per genere, ecc... Ci sono vari modi per descrivere la mia collezione ipotetica di fumetti, i criteri scelti sono arbitrari ovviamente, ma se non commetto errori in ogni caso ho prodotto una descrizione vera e oggettiva della mai collezione. Se si dovesse chiamare tale descrizione "convenzionale" io lo troverei molto forviante. Dirò di più: posso scegliere criteri di ordinamento diversi a seconda dello scopo che mi sono prefissato, anzi, posso avere più descrizioni diverse e vere in contemporanea della mia collezione fatte con diversi criteri, e servirmi della descrizione più appropriata per un determinato scopo a seconda delle esigenze.

A volte ci fa comodo parlare della fiamma e del combustibile, altre volte ci fa comodo parlare di molecole e reazioni chimiche, altre volte di atomi e leggi fisiche fondamentali, altre volte vogliamo parlare dell'incendio nella sua interezza. Non stiamo dicendo il falso, non stiamo parlando di convenzioni, stiamo scegliendo il livello di analisi da adottare che riteniamo più adatto per lo scopo particolare del momento.

E' ovvio che il linguaggio è un sistema convenzionale di comunicazione, ma questo significa che tutte le proposizioni siano convenzionali. Se io dico "Mario ha paura dei serpenti", ciò non è una verità convenzionale, sarebbe altamente forviante dirlo.

Hai scritto che il linguaggio non funziona perché necessiterebbe di oggetti "fissi"... Ma sappiamo tutti che il linguaggio funziona, quindi devo considerare questo come una riduzione all'assurdo di ciò che stai scrivendo? Certo, ci possono essere errori di comprensione per la vaghezza del linguaggio, siamo sempre in qualche modo imprecisi... Ma non è nulla che trascende le nostre capacità di spiegazione e specificazione. E, soprattutto, il linguaggio funziona, funziona perché è l'ossatura della nostra società, della nostra intelligenza e della nostra personalità.

Inoltre il linguaggio non necessità di oggetti "fissi"; perché dici questo? E' grazie al linguaggio che l'uomo ha potuto approfondire la realtà e capire ad esempio concetti legati alla fisica delle particelle. Ma anche prima della fisica moderna, già si sapeva che il linguaggio ha dei limiti, come ogni cosa umana (paradosso del sorite e affini). Ma, ripeto, malgrado i suoi limiti, il linguaggio funziona: le persone sanno cos'è un tavolo e si capiscono in generale quando parlano di tavoli. Non è vero che, come dici tu, puoi definire il tavolo come vuoi e nessun modo è migliore di un altro. Se guardi cosa dicono i dizionari e le enciclopedie ma soprattutto come usano quella parola i parlandi italiani, allora lì hai un modo per riferirti ai tavoli, ma se io dico "i tavoli sono democrazie che libellulano" allora il mio modo di definire tale termine è sbagliato, o almeno deviante e quindi non fruibile con lo scopo di comunicare.

Quest'idea bizzarra di dire che tutto è convenzionale perché interagisce, come dicevo, è davvero forviante. Tant'è che tu spingi al discorso agli atomi quando parli della vaghezza del termine "tavolo"... ma ovviamente anche il discorso su atomi, quark e affini non è che un discorso convenzionale secondo te. E allora com'è il vero mondo di ritagliare il mondo? Non c'è un vero mondo di ritagliare il mondo, o meglio un modo di presentare il mondo senza ritagliarlo... perché tale concetto non ha senso. E non ha nemmeno motivo di essere: io ritaglio il mondo come voglio, basta che sia un ritaglio fedele al mondo, ed efficace per gli scopi che abbiamo.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PM
La vacuità della vacuità si riferisce, credo, al fatto che perfino dire che "non ci sono distinzioni nette" è ancora un teorizzare, un cercare di "concettualizzare" la realtà. Dunque in realtà la realtà non può in alcun modo essere compresa veramente tramite i concetti. Ogni descrizione che ne fai è ben che vada approssimativa, parziale. Non riesci a "comprendere" l'elefante, ma rischi di scambiare l'elefante per le sue parti. Ergo la "realtà ultima" è  "inespressibile".
Ma se una verità concettuale è comunque una verità (cioè non è una falsità) allora dire che la distinzione tra convenzionale e ultimo è una verità convenzionale, non significa, come tu dici, che è falso che la realtà possa essere compresa tra concetti (perché così facendo riduci la verità convenzionale al falso, cosa che non vuoi tu e neppure la maggior parte della filosofia buddista). Inoltre, ciò a me pare una palese contraddizione, quindi una confutazione della questione.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PMSe vuoi l'ontologia interattiva è "provvisoria" perchè è ancora essa stessa "arbitraria". D'altronde parla di "entità" che tra di loro interagiscono. Ma se non si riesce veramente a distinguere in un modo che sia senza "ambiguità" e senza "approssimazioni" gli enti come puoi dire che ci siano "enti" che interagiscono? ;) "Enti" così "poco definiti" possono veramente essere concettualizzati?
Qui vale il discorso fatto più sopra. Inoltre, aggiungo, perché tu ipotizzi che "ente" e "ente fisso" siano sinonimi? Io posso tranquillamente parlare di enti composti da parti che cambiano nel tempo e che sono riferibili in modo fuzzy. E possiamo quindi ritornare a parlare di ontologia interattiva.

Ipotizza che si scopra il livello ultimo di semplicità fisica a cui tutti i discorsi su tavoli, alberi e pianeti si possono ridurre... in questo modo avremmo i tuoi "enti" atomici con cui costruire un (assurdo e inutilizzabile, aggiungo io) linguaggio perfetto, dove gli enti sono perfettamente definiti (in realtà ci sarebbero altri problemi, ma è poco rilevante per questa discussione). Ma, ovviamente, tale entità atomiche interagirebbero tra loro, quindi neppure questi potranno far parte dei discorsi sulle verità ultime. Si ritorna a quanto da me detto più volte: la verità ultima è un abbaglio linguistico. Come dicono anche alcune tradizioni buddiste, è proprio la vacuità (cioè il fatto che gli oggetti mutano e interagiscano tra loro) che rende reali, veri, gli oggetti. Parlare di oggetti immutabili, atomici e assolutamente indipendenti è parlare di "non-oggetti", di verità massimamente concettuali e convenzionali.

Citazione di: Apeiron il 19 Febbraio 2018, 12:47:14 PMP.S. So di non aver risposto completamente alle tue perplessità, ma ti posso solo dare una mia opinione sulla cosa. Niente di più. Magari su cose specifiche che hai evidenziato, a cui non ho dato risposta, ci tornerò. Ma non su tutte, anche perchè non conosco la filosofia di tutte le scuole che erano presenti nei due articoli e inoltre di quelle che conosco non posso dire di avere una conoscenza così approfondita.

@epicurus comunque quando ho scritto: "Non mi metto a cercare di interpretare quello che dice ogni scuola, ma ti dico come l'ho capita io. Se sei interessato a capire le posizioni della scuole, secondo me dovresti studiarti i loro testi o leggerti qualche libro di qualche studioso. Questo per dirti che non devi prendermi troppo sul serio. E preferisco parlare a nome della "mia interpretazione" piuttosto che dire la "scuola X dice che"... o quando lo faccio c'è un "secondo me" implicito." Mi riferivo a dire che in sostanza, non è che sono una "fonte attendibile". E chiaramente non c'è da sorprendersi se l'articolo della SEP è confusionario, anche perchè riassumere una letteratura così vasta in poche pagine è impossibile. Viceversa ci sono libri molto seri pubblicati su queste cose ;) comunque secondo me l'idea comune è che l'ontologia interattiva fa in modo che non ci siano sostanze... piuttosto che discutere il pensiero di ogni scuola caso per caso, secondo me è più "fruttuoso", paradossalmente, cercare di capire se l'argomento sull'"ambiguità" che dicevo ha senso o meno! ;) poi in un secondo momento si può passare a vedere le opinioni sulle scuole.
Nessun problema, Apeiron. Come dicevo più sopra, in questo topic mi dedicherò alla discussione delle idee da te proposte senza assumere nient'altro.