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Messaggi - Carlo Pierini

#121
Citazione di: odradek il 24 Maggio 2019, 20:41:49 PM
CARLO
Un conto è la descrizione delle TRE diverse realtà ontologiche (realtà fisica, mentale, divina) e altra cosa è la premessa (non contrattabile) che è ontologicamente reale ciò che è.

o:
Le "tre marie" in realtà sono una sola.  Le tre che hai citato sono tue improvvisazioni del momento.
Giustificale e definiscile.

CARLO
Obietterai: Tre realtà e non solo una?

o:
e obietta si, povero lui chiunque sia, certo che obietta. Lo dai per scontato che obietti talmente è inconsistente come cosa.


CARLO
Risposta: sì, tre, perché dalla terza (il Principio divino) discendono le altre due: fisica e mentale, reciprocamente complementari quindi integrabili nell'Uno. Proprio come nella cosmogonia Taoista (Yin-Yang-Tao) o nel concetto di uni-trinitarietà di Dio.

o:
ed ecco spiegato tutto. Logica perfetta e aderenza al reale. Così si fa filosofia.
E' veramente difficile non fare ironia o sarcasmo.
Posso solo raccomandarti di avere più rispetto per chi ti legge, se ancora ne è rimasto qualcuno.
CARLO
Posso anche capire le ragioni dei tuoi malumori. Ma se esprimi solo quelli, il tuo è un monologo, un solipsismo, non un confronto.
#122
Citazione di: sgiombo il 24 Maggio 2019, 19:17:22 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Maggio 2019, 01:02:00 AM
Citazione di: sgiombo il 23 Maggio 2019, 19:05:21 PM
https://www.youtube.com/watch?v=YCxkFEkfqIY
CARLO
Appunto, basta sostituire Pippo con Popper, ...e la canzone è perfetta.
SGIOMBO
Penso che a chiunque abbia il senso delle "proporzioni filosofiche" fra te e Popper (e fra te e Kant, e fra te e Marx, e fra te e Hume, e tra te ed ecc., ecc., ecc.) e vede come tu pretenderesti di liquidarlo (-i) come "intellettualmente disonesti", "truffatori a scopo di lucro", "scopiazzatori", "mistificatori verbali" e così via citando dai tuoi interventi  sia molto ben chiaro chi sia il "Pippo" in questione.
CARLO
Uso epiteti forti perché la mistificazione verbale mi ha sempre indignato. Ma se togliamo gli epiteti, resta la sostanza delle mie confutazioni, che va ben al di là dei semplici aggettivi qualificativi.
#123
Citazione di: sgiombo il 24 Maggio 2019, 20:07:53 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Maggio 2019, 18:35:37 PM
Citazione di: Jacopus il 24 Maggio 2019, 14:31:33 PM
Per Carlo. Sono assolutamente convinto che la libera volontà esista, entro certi limiti. E' il tuo sillogismo iniziale che è assolutamente inutile sia per sostenere una tesi che per l'altra.
CARLO
Invece mi sembra assai  interessante, perché obbliga chi crede nel determinismo a chiedersi: <<Se il pensiero appartiene ad una medesima grande catena di eventi deterministici, come può questa stessa catena condurre a due idee contraddittorie? Il determinismo è un regime contraddittorio in sé? Oppure è la fede nel determinismo che è contraddittoria?>>
La mia risposta è: <<la seconda che ho detto!>>   :)

SGIOMBO
Non bisogna mai dimenticare mai la "fondamentalissima" differenza fra enti ed eventi reali (essi, in quanto tali: enti ed eventi) e (quei peculiarissimi enti ed eventi che sono gli) enti ed eventi non reali (se non in quanto pensati: meri "contenuti -oggetti non reali al di fuori del pensiero, questi- di pensieri -reali, questi altri-)."

Il confondere questi tipi ben diversi di realtà (ben diversi significati che si possono attribuire alla parola "realtà") é "la madre di tutte le farneticazioni idealistiche"
CARLO
Giochi di parole, come quelli di Popper.
Il determinismo è una ideologia, un vezzo intellettuale; la libertà, invece, è un sentimento ideale forte. Tanto forte che in suo nome si può anche sacrificare la propria vita. Per il Fato nessuno ha mai immolato la propria vita.
Come dice l'amico Carl:

"L'intelletto è soltanto una tra molte funzioni psichiche essenziali, per cui non è sufficiente da solo a fornire una rappresentazione completa del mondo. A questo fine è necessaria anche una altra funzione, il sentimento, che spesso perviene a convinzioni diverse da quelle dell'intelletto, né si può sempre provare che le convinzioni del sentimento siano necessariamente inferiori. Noi abbiamo anche delle percezioni subliminali che non sono disponibili per l'intelletto e che, quindi, sono assenti dalla rappresentazione meramente intellettuale del mondo. Pertanto siamo perfettamente giustificati nell'attribuire all'intelletto una validità limitata".   [JUNG: I fondamenti psicologici della credenza negli spiriti" - pg. 248]

"L'intelletto nuoce all'anima quando pretende di diventare l'erede dello spirito, compito al quale non è affatto abilitato, in quanto lo spirito è qualcosa di più elevato dell'intelletto, comprendendo in sé, oltre a quest'ultimo, anche il sentimento".   [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.22]
#124
Citazione di: Jacopus il 24 Maggio 2019, 14:31:33 PM
Per Carlo. Sono assolutamente convinto che la libera volontà esista, entro certi limiti. E' il tuo sillogismo iniziale che è assolutamente inutile sia per sostenere una tesi che per l'altra.
CARLO
Invece mi sembra assai  interessante, perché obbliga chi crede nel determinismo a chiedersi: <<Se il pensiero appartiene ad una medesima grande catena di eventi deterministici, come può questa stessa catena condurre a due idee contraddittorie? Il determinismo è un regime contraddittorio in sé? Oppure è la fede nel determinismo che è contraddittoria?>>
La mia risposta è: <<la seconda che ho detto!>>   :)
#125
Citazione di: altamarea il 24 Maggio 2019, 17:28:30 PM
quoto Viator e domando ai filosofi del forum: se Carlo dice che la "realtà è ciò che esiste, ciò che è (onto=essere). Ciò che non è, invece, non è reale. E' reale tutto ciò che è causa di eventi di cui possiamo avere esperienza",  allora chiedo se questo rigo di precisazione non era meglio scriverlo nel primo post e non dopo cinque pagine. Sulla base di quel rigo si doveva poi sviluppare il dialogo, lo scambio di opinioni, altrimenti chi vi legge fugge via annoiato o, se incuriosito,  vi continua a leggere ma senza capire cos'è la realtà, o meglio lo sa ma fa finta di non saperlo. Per quanto mi riguarda preferisco la realtà dal punto di vista psicologico e sociologico, per esempio "La realtà come costruzione sociale", di Peter Berger.
La tesi di Berger (e  di Luckmann) è che la realtà, ossia l'insieme dei fenomeni che sono riconosciuti come indipendenti dalla propria volontà, è costruita socialmente, tale che in ogni società sono diffuse rappresentazioni della realtà condivise.

CARLO
Un conto è la descrizione delle TRE diverse realtà ontologiche (realtà fisica, mentale, divina) e altra cosa è la premessa (non contrattabile) che è ontologicamente reale ciò che è.

Obietterai: Tre realtà e non solo una? Risposta: sì, tre, perché dalla terza (il Principio divino) discendono le altre due: fisica e mentale, reciprocamente complementari quindi integrabili nell'Uno. Proprio come nella cosmogonia Taoista (Yin-Yang-Tao) o nel concetto di uni-trinitarietà di Dio.
#126
PAUL11
Non sono molto d'accordo che la gelosia sia dialettica all'amore;

CARLO
Gli opposti dialettici si chiamano "opposti" proprio perché nel loro stadio primitivo si presentano come negazioni reciproche assolute. La libertà, per esempio, intesa nel suo significato primitivo e selvaggio rifiuta ogni legge; serve un processo di confronto molto profondo con il suo opposto per passare dallo stadio del conflitto frontale a quell'equilibrata integrazione di legge e libertà che chiamiamo Giustizia, o sistema di Diritto.
Analogamente, al suo presentarsi, la gelosia non è un opposto dialettico dell'amore, ma un suo antidoto. In sua presenza, l'amore si inabissa e subentra insicurezza, risentimento, avversione, anzi, quasi un pentimento per aver amato.

PAUL11
piuttosto che la gelosia vi vedrei l'"indifferenza", l'assenza di trasporto della coscienza.
Se l'amore è la totalità intenzionale della coscienza che si relaziona, la  gelosia mostra il "possesso", quello a cui mira il possesso non è tanto il corpo fisico quanto  lo spirito della propria/proprio compagna/o.
Nasce dalla perdita della totalità della coscienza, perché nulle è più totale e "stordente" di amare fisicamente, spiritualmente ,psichicamente, persino "ragionevolmente" finita l'ìnfatuazione dell'innamoramento. La gelosia è "giusta", come sintomo dell'amore quando si percepisce la perdita di attenzione, ma il limite è la morbosità determinata dalla sfera affettiva.

CARLO
Hai ragione anche tu, tuttavia quello che chiamiamo l"amore vero", stabile ed eterno, è la meta di un cammino, è una conquista, non ci è dato fin dall'inizio già forte e capace di resistere alle avversità; inizialmente è fragile, vulnerabile e facile preda di quella gelosia che può anche giungere a cancellare i più nobili sentimenti iniziali di tenerezza e di rispetto nei confronti dell'amata/o e della sua libertà.
In altre parole, la conquista dell'"amore vero" dipenderà dal successo o dalla sconfitta che noi riporteremo nella mediazione tra queste due forze - ethos ed eros (la gelosia è il "mastino" di eros) - che si presentano come opposte e apparentemente inconciliabili, e che sta a noi nobilitarle ENTRAMBE fino a renderle complementari e farne le fondamenta stabili di un "amore vero".
La gelosia è una pulsione naturale. Diventa egoismo se non addirittura avversione per l'altro quando le obbediamo passivamente fino a convincerci che la nostra sofferenza sia causata dal comportamento libero dell'altro, invece che dalla nostra incapacità di accettare la sua libertà.

Ma la domanda centrale è: se davvero la gelosia è una pulsione naturale come tante altre pulsioni istintive dalle quali non possiamo prescindere (fame, sete, istinto di sopravvivenza, ecc.), come possiamo sperare di correggerla in qualche modo, o di trasformarla? La nostra mente ha il potere di tenere testa ad istanze così radicate e profonde del nostro essere, oppure il nostro destino è quello di subirle passivamente in aeternum?
- Una prima indicazione generale sulla risposta ci viene dalla storia evolutiva della nostra specie: se la mente fosse solo l'espressione passiva dei nostri istinti genetico-biologici, come avrebbe potuto realizzarsi quell'evidente processo di emancipazione dagli istinti (modificazione del comportamento) che ha caratterizzato il passaggio dallo scimpanzé (che ha il 98% del nostro patrimonio genetico) all'homo sapiens? E come avrebbe potuto realizzarsi quell'altro evidente processo evolutivo della cultura umana il cui inizio (circa 100 mila anni fa) coincide più o meno con lo stabilizzarsi del nostro DNA?
La risposta più ragionevole è nella non-identità tra mente e corpo, cioè in una dialettica attiva e bi-univoca tra istanze biologiche e istanze mentali che è anche all'origine di una graduale trasformazione evolutiva del comportamento.
- Una seconda indicazione ci viene dalla psicologia del profondo nel concetto di "sublimazione" il quale indica un relativo margine di possibilità di trasformare delle pulsioni istintive (in particolar modo le pulsioni sessuali) in pulsioni diciamo così "etico-spirituali". Scrive Jung a questo proposito:

"Nulla allontana l'uomo dal piano fondamentale dei suoi istinti quanto la sua capacità di riflessione e di apprendimento, che si rivela come una vera e propria spinta verso una continua trasformazione del comportamento".  [JUNG: Realtà dell'anima - pg.204]

-Una terza indicazione ci viene dall'esperienza personale. Quando viviamo l'amore nella sua massima espressione la nostra libertà e quella dell'altro ci riempie di gioia, e sappiamo in cuor nostro che non potrebbe esistere amore senza libertà, sarebbe un amore dalle ali tarpate, un banale e deprimente "stare insieme". Sentiamo che amare una persona libera, libera anche da noi, è la cosa più esaltante del mondo e sappiamo che qualcosa si romperebbe se l'altra cominciasse a scivolare nella dipendenza da noi, nella paura della nostra libertà, se cominciasse a decidere lei cosa dovremmo e cosa non dovremmo fare noi delle nostre ali personali, o se noi cominciassimo a fare lo stesso.
...E, guarda caso, tutte queste paure, nel loro aspetto più viscerale, esplodono all'improvviso, tragicamente, proprio nel momento in cui siamo morsi dal serpente della gelosia. Come per un fatale incantesimo, tutti i sentimenti più nobili che ci riempivano il cuore e che davano forma al bel volto di Amore, improvvisamente scompaiono come se fossero stati irreali, come un bel sogno che svanisce, un'illusione, una bugia che avevamo raccontato a noi stessi, svuotando la nostra anima e lasciandovi dentro solo l'amaro della delusione, del risentimento, della frustrazione, dell'odio. Persino un grande guerriero come Otello (dice Shakespeare) può esserne travolto e avvelenato, fino all'assassinio dell'amata innocente.
Come se ne esce? Come in un lutto: piangere la perdita di ciò che ci riempiva il cuore, proponendoci con la massima fermezza che non muoveremo un dito contro l'amata, fin quando TUTTI i sentimenti che albergavano in noi prima del morso fatale non ci saranno restituiti insieme al bel volto di Amore, ...dovesse pure costarci un mese, o un anno di lacrime sulla loro tomba.
...Ebbene, funziona! Anzi, è solo questo l'antidoto contro il morso del serpente. E gradualmente torna la pace, il risentimento pian piano svanisce, riappaiono magicamente la tenerezza e l'amore per la libertà, nostra e sua, più luminose che mai. ...Avesse pure trombato col nostro peggior nemico, sarebbe una SUA scelta di cui SOLO LEI sarebbe responsabile! E sentiamo di aver vinto comunque, se non la guerra, sicuramente la battaglia più importante, perché adesso sappiamo che non siamo più schiavi della bestia, che non ci obbligherà più a chiudere in gabbia l'amata. E la prossima volta sarà tutto più facile...!
#127
Citazione di: viator il 24 Maggio 2019, 13:03:44 PM
Salve Carlo. La questione per (beato) te sarà anche semplice, ma noi siamo duri di comprendonio, sai ? Tu definisci un concetto fumoso quale quello di reale con uno ancor molto, molto, molto più fumoso (per quasi tutti) : quello dell' ESSERE. Come stai a definizioni circa quest'ultimo ? Salutoni.
CARLO
Per quanto mi riguarda, è reale (è) tutto ciò che è causa di eventi di cui possiamo avere esperienza.
#128
PAUL11
Perchè due sono le cose: o la mente umana è fuori dall'ontologia determinista, oppure la mente non serve a nulla, essendo tutto già predestinato.

CARLO
...La prima che hai detto: <<la mente umana è fuori dall'ontologia determinista>>.
O meglio, anche la mente è condizionata da fattori deterministici (gli istinti, i doveri, l'educazione, ecc.), ma non fino al punto da cancellare ogni residuo di libertà e di creatività. Noi abbiamo il potere di reagire ai condizionamenti e addirittura di trasformarli.
Se così non fosse, non esisterebbero rivoluzioni dei costumi e del comportamento.
#129
Nella mia sempiterna manìa (di derivazione tecnico-scientifica) di osservatore metodico della realtà, ho passato la mia gioventù a studiare le mie storie sentimentali come si fa con un fenomeno fisico, proprio per cercare di capire questa strana bestia che chiamiamo amore (in questo mi è stato di grande aiuto l'essermi sottoposto a una psicoterapia di quasi tre anni). E quando mi resi pienamente conto di quanto potente e devastante sia quell'altra strana bestia che chiamiamo "gelosia" e con quale forza - in certi momenti di "pericolo corna" - essa ci trascini a rinnegare l'amore per la libertà della persona amata fino a farcela odiare e a farci sembrare i nostri grandi ideali di libertà delle fragili e illusorie sovrastrutture, arrivai alla conclusione desolante che, in realtà, noi umani siamo contraddittori per natura e che quindi i nostri ideali d'amore, di libertà, di giustizia, di verità sono solo illusioni destinate a crollare come castelli di carta persino di fronte a difficoltà esistenziali  così poco "nobili" come quella delle "corna".
Per me questa semplice constatazione fu un duro colpo "esistenziale", dopo aver coltivato per tanto tempo degli ideali politici e aver creduto nel loro "potere redentore"; tanto che cominciai ad abbandonarmi allo scetticismo, all'opportunismo e al libertinaggio, visto che comunque non ero un ragazzo da buttare via.
E fu la famosa visione del Caduceo a rimettermi in pista e a suggerirmi che persino le pulsioni che ci appaiono più contraddittorie, se illuminate dall'alto, possono elevarsi fino a formare un'unità indissolubile"; che la gelosia, cioè, se riconosciuta come un *nostro* impulso viscerale e non come la conseguenza "naturale" del comportamento libero del nostro partner, può essere "disobbedita", non trasformata in avversione verso l'amata e quindi progressivamente vinta.

Quello della gelosia, cioè, non è un problema da poco, qualcosa che riguardi le "piccole storie", gli "amorucci", ma è la sfida che si presenta ai piccoli e ai grandi amori e che chiede imperiosamente di essere affrontata con coraggio e vinta
E quando, ancora inesperti, ci troviamo per la prima volta, più o meno consapevolmente, di fronte a questo sfondo paradossale e dissonante, che ci appare come un oscuro aut-aut esistenziale, per paura di esserne travolti cerchiamo di rimuoverlo come se si trattasse di un falso dilemma, di una valutazione pessimistica. Ma prima o poi esso ci si ripresenta; e le due alternative possibili - sacrificare i nostri bei sogni di libertà sul ceppo di una fedeltà rassicurante, o tradire il sogno di appartenenza totale in nome di una libertà esaltante - ci appaiono entrambe come ineluttabili mutilazioni dell'Amore con la "A" maiuscola. E allora? Come affrontare questo paradosso, dal momento che l'etica religiosa e quella laica sono entrambe "riduzioniste", la prima in un senso (sacrificio della libertà) e la seconda nel senso opposto (sacrificio della fedeltà)?
Qual è il giusto atteggiamento da tenere, dal momento che il nemico principale di questo equilibrio è una delle pulsioni più potenti e potenzialmente devastanti del nostro essere (c'è chi uccide in suo nome)? Come potranno sopravvivere i nostri più autentici sentimenti di rispetto per la libertà della persona amata (e per la nostra) di fronte al morso velenoso del serpente della gelosia?
Ognuno affronterà questo arduo dilemma secondo la propria indole, ma una cosa è certa: se vivremo come colpa il nostro anelito alla libertà di fronte alle prescrizioni della gelosia, o se colpevolizzeremo il nostro sogno di appartenenza esclusiva di fronte al sogno di un amore libero, l'amore stesso è destinato a dissolversi.

Insomma, così come tutte le cose importanti della nostra esistenza, anche l'amore è una "pietra filosofale", cioè, una paradossale integrazione di opposti. Per questo è tanto difficile da mantenere vivo. Scrive Jung:

<<L'enorme importanza che assumono gli opposti e la loro unione ci consente di comprendere come mai il linguaggio alchemico prediliga tanto il paradosso. E' significativo che i paradossi si affollino intorno all'idea di "sostanza arcana" di cui si credeva che, in quanto prima materia, contenesse gli opposti in forma disgiunta, per riunificarli poi in quanto "pietra filosofale">>.       [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.45]
#130
Citazione di: paul11 il 24 Maggio 2019, 11:40:05 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Maggio 2019, 01:34:56 AM
<<Chi afferma che tutto avviene per necessità non ha niente da rimproverare a chi lo nega, perché questa stessa negazione è frutto di necessità>>.  [EPICURO: Gnomologium, aforisma 40]

PAUL
C'è un' ontologia deterministica (necessità) degli avvenimenti, ma chi lo dichiara e chi lo nega pone la necessità di fronte alla possibilità,(quello di chi può affermare e di chi può negare) in questo caso gnoseologica.
CARLO
Se tutto avviene per necessità, il termine "possibilità" non ha alcun valore: non ci sono altre possibilità che quelle dettate dal determinismo.

PAUL11
E' una contraddizione chiudere la frase con una affermazione di necessità che racchiude la possibilità in quanto essa stessa necessaria.
E' un determinismo molto forte, perchè rende inutile qualunque forma interpretativa del conoscere, indipendentemente dall'ontologia degli enti nel mondo degli accadimenti. Infatti Epicuro è un sopravvalutato dai materialisti

CARLO
Ma è proprio questa contraddittorietà che insinua grossi dubbi sulla credenza nel Fato. 
Del resto, che altro è il determinismo se non un nome nuovo che diamo all'antica superstizione del Fato?
#131
Citazione di: Jacopus il 24 Maggio 2019, 11:07:52 AM
L'esperienza può essere deterministicamente causata oppure no. Le teorie sul determinismo o libera volontà non possono rientrare nell'oggetto della discussione, diventando una prova pro o contro. Si confondono due piani diversi mettendo in campo una figura retorica che non offre alcuno spunto di riflessione seria. Un sofisma. Un po' come il barone di Munchausen quando si prendeva per il codino.
CARLO
Non esistono prove che il determinismo governi ogni evento possibile, né prove contrarie. E' il buon senso a suggerirci che noi uomini non siamo macchine e che non ci è preclusa (o non ci è sempre preclusa) la possibilità di scegliere un'azione oppure un'altra. Ed è su questo buon senso che si fondano le nostre istituzioni civili (educazione, giustizia, politica, ecc.). Quella di Epicuro è una attestazione di buon senso.
#132
Citazione di: altamarea il 24 Maggio 2019, 08:20:59 AM
Scusate, il titolo del topic è: "la realtà (ontologia ed epistemologia)", avete scritto 4 pagine ed ancora non ho capito cos'è per ognuno di voi la realtà dal punto di vista ontologico ed epistemologico.  :)
CARLO
La realtà è ciò che esiste, ciò che è (onto=essere). Ciò che non è, invece, non è reale. Non mi sembra un concetto tanto complicato.
#133
Citazione di: Jacopus il 24 Maggio 2019, 09:11:52 AM
Sofisma privo di ogni capacità di produrre pensiero. Un semplice gioco retorico. Come quello che evoca il cretese che dice "tutti i cretesi sono bugiardi".
CARLO
Se il determinismo è assoluto, come lo è il regime che governa una macchina, non esiste capacità di pensiero. Le macchine non pensano, ma obbediscono a leggi deterministiche, causali.

Se un cretese dice che <<tutti i cretesi sono bugiardi>>, semplicemente dice qualcosa che è privo di significato poiché si contraddice. Le parole possono anche essere prive di significato.
#134
Citazione di: Ipazia il 24 Maggio 2019, 07:42:04 AM
Il falsificazionismo si applica alle sezioni del reale riducibili ad un rigoroso determinismo come quelle del mondo 1. Quindi non è applicabile all'universo antropologico finalistico del mondo 3.  (...)
Semmai la critica che si può fare allo schematismo popperiano è di avere duplicato l'universo antropologico introducendovi un mondo 2 che non ha carattere ontologico, ma funzionale
CARLO
Appunto. Il Mondo 2 e il Mondo 3 non hanno carattere ontologico (onto=essere), cioè NON SONO, non esistono, sono irreali flati vocis, parole vuote, significanti privi di significato.

IPAZIA
Ciononostante, il carattere reale-empirico del mondo 3 consente l'uso di strumenti razionali di analisi in grado di distinguere in maniera chiara il colore delle vacche in questione; di separare il grano dal loglio, la competenza dall'imbecillità, la ricerca dalla truffa.

CARLO
Ciò che è privo di ontologia è irreale per definizione.

IPAZIA
E' un input, non un output, un medium di passaggio tra natura e umano dal carattere interamente naturale, neurologico, e psichico per la parte più fisiologica e istintuale. Un mondo 1,5 che permette il costituirsi di un mondo 2 (ex 3) interamente autonomo nel suo modus operandi finalistico. Con tutti gli inghippi del caso: eterogenesi dei fini, illusionalità e reificazione. Ma che alla fine produce un mondo reale con proprie leggi, fondamenti, valori (il mondo 1 è avaloriale) e stili di vita.
Fatta questa premessa continuerò ad usare la numerazione di Popper per evitare incomprensioni comunicative, ma intendendo il mondo 2 come un elemento di transizione, non entificabile.

CARLO
Ribadisco: le parole possono avere un significato, oppure non avere alcun significato; quelle che si riferiscono a non-enti, non hanno alcun significato. E' l'onto, l'essere che dà significato alle parole. Per esempio, "sarchiapone" o "minollo" sono parole, ma indicano un non-ente, pertanto sono parole vuote, proprio come il Mondo 2 e il Mondo 3 di Popper e il trascendent-ale di Kant. Solo il Mondo 1 è reale. Il resto sono chiacchiere.


https://youtu.be/vcEyE1tUyFk?t=26
#135
<<Chi afferma che tutto avviene per necessità non ha niente da rimproverare a chi lo nega, perché questa stessa negazione è frutto di necessità>>.  [EPICURO: Gnomologium, aforisma 40]