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Messaggi - sileno

#121
Tematiche Filosofiche / Re:T'AMO NON T'AMO
23 Aprile 2018, 15:31:26 PM
Teoria per cui si ama l'amore più dello stesso amato, dove assume valore l'assenza, la distanza, l'attesa.

I riferimenti sono letterari, classici, romantici ( amore senza raggiungere l'oggetto) psicoanalitici ( freudiani).

In Tristano e Isotta gli amanti amano l'amore e li fatto stesso di amare.

Utile la lettura di" Discorso su frammenti amorosi" di R. Barthes.
#122
Gli scopi della filosofia


Spesso anche chi partecipa a un forum culturale ha idee imprecise e a volte ingenue sugli scopi della filosofia e sulle modalità dell'argomentare filosofico. In che senso può giovare alla nostra vita? Sempre che si ritenga abbia tale funzione. 
Partirei da alcuni concetti molto significativi del passato e a parer mio sempre fondamentali.


Già secondo Gorgia la filosofia è contrassegnata da uno scetticismo ( il termine deriva da sképsis = ricerca ) cauto nell'accettare ciò che si mostra davanti agli occhi. Nasce quando qualcuno distingue tra apparenza e verità, quindi si ritiene fondamentale il porsi domande e dubitare. 

Secondo Socrate il filosofo è consapevole di non possedere i sapere e perciò lo ricerca. Gadamer conferma tale scopo: l'arte del domandare è l'arte stessa del pensare e solo nel dialogo si può tentare di raggiungere la verità. 

Secondo Kant la filosofia non ha nulla da dire sulle cose e sul mondo, e non mira ad espandere le conoscenze, ma soltanto a rettificarle. La filosofia ha senso quand'è finalizzata all'utilità per la vita dell'uomo. 

Secondo Wittghenstein i problemi filosofici nascono dal cattivo uso delle parole. Perciò la filosofia è un'attività che deve chiarire e delimitare i pensieri torbidi e indistinti. 

Secondo Nietzsche non esistono verità ma piuttosto menzogne da smascherare. Quindi la filosofia sarebbe soprattutto interpretazione e valutazione. 


Da questi giudizi ricaviamo che la filosofia non è arbitraria ma è una forma di razionalità. Non è poesia né letteratura anche se alcune opere possono essere illuminanti per un discorso interdisciplinare, stessa cosa per le scienze della psiche. 
Non si sostiene su ideologie, credenze, mitologie che travisano o mascherano – volutamente o meno – la realtà delle cose. Fuori dal campo dell'irrazionalità e delle suggestioni è una "scienza" non sperimentale nelle sue funzioni di interpretazione e critica, analisi del linguaggio e dell'esistenza, demistificazione delle tendenze sociali, ecc. Riconoscendone alla base un argomentare a favore dei vari aspetti di qualsiasi questione, senza riferirsi a un fondamento assoluto del sapere. Del resto dovrebbe essere questo il metodo per le scienze dello spirito come psicoanalisi, nuove etiche, ecc. ma anche per le epistemologie post-popperiane. Come indica la filosofia in prevalenza relativistica e antimetafisica del '900 che riconosce il carattere imperfetto e relativo della conoscenza. Infatti tutti gli attuali filosofi confermano questa linea la cui base risale ai classici. 

Infine da questo discorso possiamo anche ridefinire le vie dell'imparare formativo, del nostro sapere che non sia illusorio verso se stessi e verso gli altri, di una produzione di idee proprie e non imposte. Obiettivi volti anche alla cognizione di propri personali modi e scopi dell'apprendere per chi intende proporsi tale traguardo. Siete d'accordo con i grandi pensatori sul senso della filosofia come atteggiamento mentale e non necessariamente come possesso di vaste conoscenze? Come ricerca di un sapere mai concluso e utile all'uomo, più che sapere fine a se stesso o vuoto verbalismo per problemi oziosi? L'idea che ognuno manifesta sull'essenza della filosofia rispecchia e fa prevedere il suo atteggiamento verso ogni tipo di argomentazione? 





In definitiva cos'è la filosofia?

E' amore non utilitaristico della conoscenza, in particolare è arte di porre domande giuste, evitando quelle improprie che girano a vuoto intorno a falsi problemi o a questioni mal poste. 



La filosofia contemporanea ha abbandonato l'illusione di dare a tutte le domande risposte certe e definitive. Tuttavia è utile porsi domande possibilistiche per arricchire l'immaginazione e intaccare l'arroganza dogmatica che preclude la mente alla speculazione e alla capacità di pensare con la propria testa. Per non accettare tutto supinamente e mettere in crisi alcune opinioni e verità assolute a favore di un confronto dialogico di opinioni.



Ma la filosofia non va limitata al solo saper porre corrette domande, utili anche se permarranno dubbi in quanto conducono a nuovi interrogativi. E' anche riflettere esponendo giudizi su eterni quesiti come Felicità, Libertà, Amore, Morte, ecc. Secondo alcuni è rimasta "ancilla theologiae" che continua a interrogarsi sulla religione. Altri la considerano uno sfoggio di cultura, ma in tal caso può tramutarsi in un filosofeggiare vuoto servendosi di un linguaggio artificioso che riflette una confusione mentale , più che usare una lingua semplice e concisa. Può degenerare in un discorso incomprensibile per problemi insolubili. I grandi filosofi di ogni tempo hanno spesso usato un gergo oscuro. Morale , logica, estetica a volte si sono trasfigurate più in un gioco di parole che in in un gioco di idee. 

Oggi il sapere è frammentato. Nell'ambito professionale sono rari i filosofi che padroneggiano più campi, come filosofia del linguaggio, etica, metafisica, filosofia politica, epistemologia, logica, ecc. Comunque ora anche nelle università comincia a prevalere una filosofia come rigorosa discussione sulla realtà nei suoi vari punti di vista. 

Ritengo che sarebbe auspicabile un rinnovo sul piano pratico- argomentativo che si avvalga di apporti linguistico-semantici, teorici e pratici. L'uomo "animale linguistico" potrebbe scoprire come la mente elabora il linguaggio per mezzo di discipline come la Teoria dell'Informazione, la grammatica ciomskiana, le intelligenze artificiali ecc. Ma anche affiancando un cognitivismo che esamini il monologo interiore per indagare i processi psichici, la pragmatica della comunicazione, la logica informale, l'inconscio strutturato in linguaggio. 
Risorgerebbe un nuovo "homo philosophus" per un percorso dialettico tra teoria e pratica, che esplori con criticismo i vari aspetti della realtà; potrebbe disconfermare credenze, ridefinire problemi elusi, far riflettere sulle rappresentazioni delle realtà soggettive. 

Ma quale accoglienza avrebbe un orientamento demistificatorio in tempi di irriflessione e di autoinganni?


Alla luce di queste premesse s'inquadrano meglio anche gli scopi della consulenza filosofica, come illustrati da P. A. Rovatti, (La filosofia può curare? 2006) Va intesa come "cultura terapeutica" antiaccademica e antinozionistica. Al centro va posto il soggetto. Più che conoscere vuole darsi un senso migliorando e sapendo meglio coordinare la sua capacità di pensare, prendendosi cura di sé e degli altri.
#123
Tematiche Filosofiche / Re:Il populismo filosofico
15 Aprile 2018, 10:19:17 AM
Citazione di: sgiombo il 15 Aprile 2018, 08:59:16 AM
Da marxista credo che in ogni epoca le idee dominanti tendano ad essere le idee delle classi dominanti.

E dunque in questa epoca di reazione e decadenza, di strapotere della borghesia capitalistica monopolistica transnazionale oggettivamente di gran lunga  superato dallo sviluppo delle forze produttive sociali (di "capitalismo in avanzato stato di putrefazione") é ovvio che dominino le peggiori banalità pseudoculturali (questa é la mia spiegazione dei fatti; che ovviamente non pretendo sia condivisa da altri nel forum).

Questo spiega fra l' altro a mio avviso come tutta l' informazione ufficiale possa non vergognarsi e non sentirsi a disagio nel ripetere per la centocinquantesima volta (almeno), con assoluta nochalance, la solita balla mal raccontata e abbondantissimamente plurisputtanata delle tragicomiche "stragi di civili compiute con armi vietate dal neoHitler di turno" onde giustificare di fronte all' opinione pubblica occidentale l' ennesima autentica strage terroristica* condotta nel più totale disprezzo della legalità internazionale e delle convenzioni internazionali sulla guerra e l' uso delle armi.
Se così non fosse per lo meno i giornalisti -sotto dettatura dei governi, more solito- avrebbero cercato qualche nuovo pretesto meno abbondantemente plurisputtanato, almeno per un minimo di rispetto verso l' intelligenza dei loro lettori o ascoltatori.

Perchè il corso della storia muti (in meglio; a meno che nel frattempo il capitalismo non abbia già condotto all' "estinzione prematura e di sua propria mano dell' umanità" - Sebastiano Timpanato) secondo me occorre che si compiano processi estremamente lunghi e complessi (necessitanti fra l' altro - a renderli ancor più lunghi e complessi- dell' attivo intervento di soggetti umani coscienti).

Non ci resta a mio parere che coltivare minuscole oasi o aiuole di cultura filosofica in uno sterminato deserto, come quest forum.

_______________________
* Per fortuna non é stata di fatto tale nel l' ultima -per ora- proterva e ignominiosa violazione della legalità internazionale contro la Siria solo perchè in tal caso la Russia avrebbe risposto affondando una qualche porterei americana nel Mediterraneo (R D di Corea docet), e si trattava solo, per i governi imperialisti,  di salvare la faccia di fronte alle loro opinioni pubbliche dopo le loro fanafronesche minacce)


La filosofia è sempre una forma di dilettantismo in cui qualcuno,, per quanto abbia letto, parla sempre di cose in cui non si è preparato abbastanza ( U. Eco)

I politici ben rappresentano la povertà etica,, estetica, culturale di vent'anni del governo della libertà. Ma la maggior influenza sul popolo hanno le dipendenze massmediatiche,, televisiva, internettiane.
Oggi la deriva dell'ignoranza è ben rappresentata da alcune chat virtuali. Disprezzo per i libri di cultura, i miglioro studiosi sarebbero intelletti miserabili o cattivi maestri (clero).detestano i libri certi bighelloni internettiano che sparano chiacchiere strambe. Facile accorgersi delle loro futilità adornate da sapienza.
#124
Tematiche Filosofiche / Il populismo filosofico
15 Aprile 2018, 08:40:50 AM
mi spiace, per inesperienza ho creato un po' di confusione nel precedente argomento, non sono riuscito a rispondere a tutti,Ritento con questo.
Il populismo filosofico

Ho partecipato a una serie di seminari filosofici". Relatori noti filosofi, saggisti, docenti, ecc. tra cui Rovatti.
Si discute sulla filosofia nell'epoca dei media. Può ancora esercitare un ruolo nel rumore di fondo dei discorsi mediatizzati? Deve farsi populista per sopravvivere? E' finito un discorso emancipatore con il predominio di quello mediatico?
Populismo che può intendersi anche come "popolarismo" da banalizzante cultura di massa che coinvolge ogni tipo di sapere. Esempio ne può essere il populista Benigni, dantista che piace proprio perché con la letteratura zoppica. Ma è il ventennio di Berlusconi che ha improntato la sottocultura espressa anche dalle connessioni, telefonini, fotocamere, ecc. : un liquame in cui nuotiamo e nello stesso tempo alimentiamo. Tutto questo porta a catastrofi cognitive. Come tirarci fuori? Impossibile, se attrae unicamente ciò che rappresenta l'"uomo qualunque", il dilettantismo di chi inciampa e commette errori apposta per ottenere consensi.

I festival di filosofia pret à porter non incidono sul modo di vedere, non cambia nulla, non inducono a dialoghi costruttivi, a nessuna concretezza. Non influiscono sulla vita, le coscienze non mutano, non c'è alcun movimento d'idee.

A tal proposito Boncinelli dice: "l'uomo non ama conoscere la verità, preferisce le nozioni confuse e inverificabili, che conducono alle mitologie. Le parole nebulose delle frasi fatte, pregiudizi che attivano in noi reazioni immediate e irrazionali. Si richiede una pulizia semantica per non ostinarsi sul riferirsi sempre su un'Immaterialità Suprema, prediletta e riposante. Dimensione prelogica, ambigua, mistica, confusa. Complessa è la strada per ripulire termini e concetti rifiutando il magico e il religioso.

Viviamo in un periodo che considera filosofia ogni cosa, tanto da riuscire a scoprirla ovunque: filosofo è chi s'interessa di qualsiasi cosa: pubblicitario, romanziere, organizzatore di eventi. Consulente, manager, politico, sarto, sportivo, informatico, il religioso, cuoco, malavitoso. Necessita festivalizzare la cultura?Ma in realtà è chiedersi senza dar nulla per scontato, non arrendersi, ascoltare, allenare la mente. ( A. Torno)

Siamo tutti soggetti alla nostra storia plasmata da famiglia, cultura, il sociale, la politica, ecc. Oltre al non saper prender distanza dal nostro narcisismo.
Si devono riconoscere i luoghi comuni che c'impediscono di ragionare. Il termine "filosofia" s'è svuotato, così il senso delle parole, sganciate dal contesto concreto. Cadono dall'alto solo le parole che escono da uno schermo, "vere" e assiomatiche.
I festival hanno successo, ma essi stessi dipendono da una rapida mercificazione del sapere, con nessun percorso di ricerca. Allenamento e fatica contrastano col nostro tempo di corsa, rari leggono oltre la metà di un articolo da quotidiano, si sa per approssimazione. Impossibile andare contro i gusti d'un pubblico cambiato e che cambia. Nessun interesse c'è per gli approcci di tipo filosofico, come chiarezza mentale, soprattutto educazione al rapporto con se stessi, in contrasto con l'incuria mentale. C'è urgenza di pensieri nuovi.
Rovatti definisce "fascista" il tipo di lingua propagandistica: nazismo, fascismo, berlusconismo, con linguaggi simili all'"ocoparlare" di Orwell. Tutti siamo imbevuti d'internet, TV; parliamo per semplificazioni, svuotamento di senso, come per "amore", l"libertà", ecc.

Il filosofo è scomodo, irritante, rischia la faccia se ha il coraggio di sfidare le idee prevalenti. Occorre ironia per spiazzare i problemi e farli vedere in una luce non abituale, o si resta grigi funzionari del pensiero.
#125
Citazione di: viator il 14 Aprile 2018, 22:12:28 PM
Salve Sileno, e veramente BENvenuto. Intervento assai elegante il tuo, e ben condiviso da me.

La cosa più desiderabile per l'uomo è - ovviamente - la felicità. Cosa sia secondo me la felicità l'ho già detto altrove qui dentro.

Essendo la felicità assoluta (non la soddisfazione o la serenità) la condizione in cui ogni bisogno e desiderio e facoltà risultano soddisfatti, essa coincide appunto con la morte o con il mancato ingresso in questo mondo, uniche condizioni in cui bisogni, desideri e facoltà risultano "soddisfatti" perché assenti.

Il mondo però è animato dalla propria tendenza a permanere, a continuare ad esistere (attraverso l'"andamento entropico") che si manifesta attraverso la continua diversificazione dei propri contenuti, uno dei quali siamo noi. Quindi, attraverso l'ennesimo effetto dell'entropia costituito dalla tendenza alla persistenza, alla sopravvivenza, noi siamo condannati a vivere è quindi ad essere in qualche modo non "assolutamente felici".

A livello umano ed esistenziale la nostra incompleta felicità (o infelicità) è dovuta al fatto che la condizione umana è sorta in noi con l'acquisizione della coscienza.

La nascita della coscienza è consistita in un certo passo evolutivo (l'evoluzione non è altro che la diversificazione attraverso la sempre maggiore complessità dei viventi).
A livello filosofico coscienza e condizione umana non sono altro che un aspetto (ovviamente PER NOI decisivo) che tende - sempre allo scopo di perpetuare l'esistenza del mondo - a creare nuove copie - su scala ridotta - del mondo stesso.

L'uomo quindi non è altro che una "nuova" piccola e parziale copia del mondo che l'ha espresso la quale però, avendo raggiunto un grado di complessità adeguato a corredarlo di coscienza, lo pone nella condizione di riconoscersi distinto, diverso e persino alternativo al mondo che l'ha generato.

E' quello che succede infatti attraverso le generazioni, con i figli che vengono generati dai genitori essendo in un senso uguali ed in altro senso diversi da essi, ma che comunque rivendicano la loro indipendenza da chi li ha espressi persino quando i genitori continuino a mantenerli !!

Ecco quindi che l'uomo dipende sì dal mondo, ma rivendica la sua insoddisfazione per la condanna a non poter conoscere la felicità da vivo. E' il suo istinto di sopravvivenza che glielo vieta, instillandogli l'orrore per la morte, cioè per la condizione che lo renderebbe finalmente "felice".
Grazie!

Sulla felicità dei viventi condivido ciò che disse Schopenhauer: "Vivere felici" può significare solo vivere il meno infelici possibile".
Con la morte e la non nascita si è fuori da una personalità che prova gioia e dolore.
E' vero che le nostre coscienze divono subire il dramma di essere al mondo: non si chiede di nascere.
Solo la religione predica la felicità ultraterrena, svalutando la vita sulla terra.
Quindi gli autentici credenti dovrebbero essere felici, non temere la morte, accogliere la sofferenza come merito per salire iin cielo, ma spesso non è così.


#126
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Aprile 2018, 21:14:51 PM
C'è un errore in questo discorso, errore commesso da Nietzsche, da Schopenhauer, da Leopardi: il linguaggio assolutistico.
Ogni discorso impostato con un linguaggio assolutistico, totalizzante, universalizzante, è destinato all'autodistruzione o, peggio, fin quando non ci si accorge di questo, a un contorcersi su sé stesse di discussioni e riflessioni, che procedono solo perché non si sono accorte, o non vogliono accorgersi, di questa autodistruzione, autocontraddittorietà.
È la contraddizione che ho descritto in altre occasioni: se una cosa è certa, ne consegue che non è certa. Se l'essere è, ne consegue che non è.
Mi sembra che il mondo oggi si avvii sempre più a rendersi conto di questo, a capire che l'unica cosa che tiene in piedi non sono i princìpi, le verità, ma, al contrario, le opinioni, i sospetti, i dubbi, le possibilità. Dunque, quando alle mie frasi premetto "mi sembra", non è soltanto per modestia, ma soprattutto perché è l'unico modo per dare ad esse un minimo di consistenza, di attendibilità.
D'altra parte, il linguaggio generalista non può essere del tutto abbandonato, perché ormai fa parte del nostro pensare; va piuttosto sempre coniugato con autocritica e attenzione al fatto che siamo esseri particolari, non siamo universali.
Dunque, sì, è vero che molte volte sembra che il meglio sia non essere esistiti, ma, forse con dispiacere della nostra voglia di approdare finalmente a qualche verità, a qualche spiaggia, non si tratta di una verità né definitiva, né indiscutibile, né universale. In questo senso si potrebbe dire che, rispetto al dire che sarebbe meglio non essere esistiti, le cose stanno anche peggio: poter concludere con certezza che sarebbe meglio non essere esistiti sarebbe già una consolazione, sarebbe un aver guadagnato almeno una chiarezza, una certezza; invece no, neanche questo, neanche questa consolazione.
Verrebbe a questo punto da chiedersi "Che fare allora?", ma ultimamente mi trovo a riflettere che la domanda "Che fare?" è già estremamente insidiosa, viziata


Tu vedi l'errore nella visione della vita dei grandi filosofi, "assoluta" perché sarebbe difficile farla loro cambiare per approdare "finalmente a qualche verità, a qualche spiaggia alternativa".
La vita in sè è tragica, l'uomo crea demoni e santi trascurando di combattere il male reale.
La filosofia non consola nella sventura con promesse di un mondo migliore dopo la morte, è critica, priva di conoscenze a priori, kantiana: "Cosa posso conoscere, cosa devo fare, cosa mi è permesso di sperare".
La nostra condizione umana ci mette a confronto con il cambiamento, la malattia, la vecchiaia, la morte.
E' stata proposta anche una rilettura pedagogica della "Nascita della tragedia" di Nietzsche.
Schopenhauer: "La filosofia deve essere immanente e non trascendere a cose oltremondane, ma limitarsi a comprendere il mondo contingente che fornisce materia bastante.
Ricordo che Cacciari presentò il volume "Meglio non essere nati". La condizione umana tra Eschilo e Nietzsche",di Curi.
Ma il testo madre dei discorsi sulla vanità di esitere è il Qohelet ( Bibbia ebraica e cristiana). "Vanità delle vanità dice il Predicatore, tutto è vanità. Che vantaggio ha l'uomo di tutta la sua fatica sotto il sole? Tutte le cose sono in travaglio, nessuno potrebbe spiegarne il motivo. Chi accresce il sapere aumenta il dolore. Ho proclamato più felici i morti dei viventi, ma ancora più felici degli uni e degli altri chi ancora non è e non ha visto le azioni malvage commesse sotto il sole"L'intelligenza reca doilore e solitudine, La vita è tragica.

#127
La cosa più desiderabile per l'uomo.
"La leggenda narra che Mida inseguì nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso.Quando gli cadde tra le mani, domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo.Il demone tace,finchè, costretto dal re, esce in queste parole:
"Stirpe miserabile e effimera, figlio del caso e della pena, perchè mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggioso non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. ma la cosa in secondo luogo migliore per te è – morire presto."
Questo, per il Nietzsche "tragico".Verità che è meglio non sapere: il suicidio razionale.
Nietzsche a scuola viene edulcorato e censurato. Si pensi anche a grandi poetii, pensatori profondi , a personaggi . Ricordo il Pascoli: "Eppur felice te che al vento non vedesti cader che gli aquiloni",per un ragazzo morto. Ma gli esempi sarebbero innumerevoli.
Sileno piace perché la verità ha un suo fascino. Andrebbe detta anche se sgradita - solo qualora richiesta ? - e interiorizzata. Così non è proprio per tutti.
Attrae perché svela falsità e idee consolatorie che si riveleranno illusorie.
Maestro di Nietzsche fu Schopenhauer, ammiratore di Leopardi :
" Vivere è differire la morte ... si persevera per paura della morte. Il nulla della morte in Occidente viene rimosso.
La religione non può contrastare l'angoscia esistenziale. Base della cultura greca: dolore dell'esistenza senza illusioni ultraterrene.