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Messaggi - doxa

#121
Estratti di Poesie d'Autore / Anno 2024
28 Dicembre 2024, 19:31:16 PM
Anno 2024: ancora tre giorni all'addio.

"Tempus fugit". La frase deriva da un verso delle "Georgiche" di Virgilio:

"Sed fugit interea fugit irreparabile tempus"
(= Ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo), (Georgiche, III, 284).

Marcel Proust scrisse una romanzo in sette volumi per provare a capire il suo tempo perduto.



"La sabbia del tempo"

"Come scorrea la calda sabbia lieve
Per entro il cavo della mano in ozio,
Il cor sentì che il giorno era più breve.

E un'ansia repentina il cor m'assalse
Per l'appressar dell'umido equinozio
Che offusca l'oro delle piagge salse.

Alla sabbia del Tempo urna la mano
Era, clessidra il cor mio palpitante,
L'ombra crescente d'ogni stelo vano
Quasi ombra d'ago in tacito quadrante".

(Gabriele D'annunzio)

Il titolo di questa  metaforica poesia  in tre strofe evoca la clessidra, ove oltre la sabbia scorre il tempo che fluisce.
La sabbia scende nell'ampolla in basso mentre la mano è in ozio, immobile (vv. 1 e 2).

In ognuna delle tre strofe c'è la parola "cor": nella prima il cuore del poeta  sente che il giorno è più breve; nella seconda, l'ansia assale il cuore; nella terza, il cuore è palpitante; il tutto in un crescendo emotivo che accompagna la riflessione  sulla fuggevolezza dell'essere.

Poi l'immagine dell'ombra che cresce e invade il giorno, la solarità dell'estate che finisce (v. 9); l'inutile vitalità delle piante (ogni stelo vano, v. 9); il silenzio del tacito quadrante (v. 10).


Gabriele D'Annunzio

Questa poesia, con altre,  fa parte di un insieme di madrigali, detti "Madrigali dell'estate" con i quali D'Annunzio ripercorre i giorni della calda stagione ed esprime la sua unione con la natura. 

Ne "La Sabbia del tempo"  il poeta diventa clessidra e urna del tempo che scorre.

Le immagini metaforiche descrivono uno scenario quasi surreale:
su una spiaggia al tramonto il poeta che con la mano liscia la sabbia, e a questa immagine se ne sovrappone un'altra, quella della trasformazione del poeta in una clessidra, mentre è seduto su un enorme quadrante silenzioso: la spiaggia,  accanto agli aghi degli steli degli arbusti. È una visione quasi onirica e metafisica del rapporto tra l'uomo e il tempo, che ci può ricordare alcuni  quadri di De Chirico o  Dalì, dove oggetti e uomini sono ridotti a funzione simbolica.
#122
Attualità / Re: El panetun de Natal a Milan
26 Dicembre 2024, 22:57:41 PM
Ancora su  Filippo Tommaso Marinetti (1876 – 1944), lo scrittore che fondò il movimento futurista.

Il 28 giugno 1914 ci fu l'attentato a Sarajevo, all'epoca facente parte dell'impero austro-ungarico. Furono uccisi l'erede al trono Francesco Ferdinando d'Asburgo e sua moglie Sofia, uccisi dal nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip durante una  loro visita ufficiale in città. Tale atto è convenzionalmente considerato il "casus belli", a seguito del quale l'Austria diede inizio alla prima guerra mondiale.

Marinetti era un intervista e non esitò a schierarsi con i fautori della guerra contro l'Austria e la Germania.

Nel settembre del 1914, il "padre" del Futurismo venne arrestato per avere bruciato bandiere austriache in piazza Duomo a Milano e per aver partecipato agli scontri tra neutralisti e interventisti

In carcere con Marinetti finì anche il pittore interventista Umberto Boccioni, che nel 1915 si arruolò come  volontario, ma non ebbe l'occasione di combattere.

In quel settembre dal carcere milanese di San Vittore  Marinetti scrive alla sorella: "Cara Nina, mandami ogni giorno un panettone e tutti i giornali politici importanti". [...] La "sola igiene del mondo" è alle porte, la guerra, ma il panettone  serve per addolcire la prigionia.

Nel carcere di San Vittore lui e Boccioni ci rimasero 5 giorni, poi uscirono "festeggiatissimi" e andarono al Savini in Galleria, dove di solito vado anch'io per bere il caffè quando sono a Milano. L'occhio vuole la sua parte e bere il caffè in un luogo elegante, come è da alcuni anni il Savini. fa piacere. Berlo in un bar squallido mi rende triste !

Marinetti ordinava i panettoni dalla premiata ditta Baj. Ne fa esplicita menzione quando rivela che spesso omaggiava varie personalità  della specialità milanese. Questa ed altre notizie su Marinetti e il Futurismo si possono desumere dal libro "Panettone in velocità", scritto da Guido Andrea Pautasso (edit. Aspis). Copie sono accluse al panettone Baj, che, come ho scritto nel precedente post, la pasticceria ha ricominciato a produrre e ha favorito l'edizione del volume, con testi, immagini, ricette e cocktail, e la storia aziendale.
Ovviamente il panettone è custodito in una elegante "cappelliera".
#123
Attualità / El panetun de Natal a Milan
26 Dicembre 2024, 19:25:33 PM


Queste immagini furono create per la "Premiata Confetteria-Pasticceria Baj", una delle più antiche pasticcerie milanesi specializzate nella produzione di panettoni artigianali.

Il  rinomato negozio era in piazza Duomo, angolo via Radegonda, frequentato  da noti personaggi: compositori musicali, poeti, scrittori. Bevevano il caffè e mangiavano una fetta di dolce, spesso di panettone.


Il  rinomato negozio era in piazza Duomo, angolo via Radegonda

"L'aeropoeta" futurista Filippo Tommaso Marinetti scrisse:
"Uso compensare con disegni di Sacchetti e panettoni i doni della fantasia. Sono ordinati nelle pasticcerie San Babila e Bai e partono per le città del mondo sì voluminosi numeri di "Poesia" impacchettati sul letto della mia camera ingombra di quadri ritagli di giornale e fotografie amorose".



La pasticceria Baj esportava i panettoni in Italia e all'estero dentro scatole che avevano la forma di cappelliere, che videro evolvere la forma del panettone da focaccia bassa nella metà dell'Ottocento alla tipica cupola alta e soffice del XX secolo.

Successivamente le scatole di cartone furono sostituite con quelle di latta, decorate all'esterno con immagini.

Le forme dei contenitori,  conservate quasi identiche per circa due secoli, ebbero  anche la variante quadrata,  bombata agli angoli.

Questo dolce  aveva lunga conservabilità perciò veniva inviato anche  all'estero, in particolare in Svizzera e negli Stati Uniti d'America. 

L'impresa dolciaria fu creata nel 1768. Nel 1872 si spostò in piazza Duomo e avviò la produzione e commercio di panettoni, cioccolato e altro prodotti.

Nel 1887 Giuseppe Baj fu premiato come migliore produttore di panettoni a Milano, e fu uno dei primi ad elevarlo dal livello di produzione artigianale e diffusione locale a notevoli quantitativi, con diffusione nazionale e internazionale, ed estesa pubblicità del panettone. 

La notorietà dell'attività di Giuseppe Baj si deduce anche dallo slogan diffuso tra Ottocento e Novecento: "Quando a Milano non c'era ancora il tramvaj già si gustava il Panettone Baj".

La Confetteria Baj, con pochi edifici circostanti, tra i qual il Caffè Cova, ebbe il privilegio di ricevere tra i primi l'illuminazione elettrica. Infatti, nel 1883, proprio in Via Santa Radegonda, entrò in funzione la prima centrale elettrotermica in Europa, la seconda nel mondo dopo quella di Chicago, costruita dall'ingegner Colombo su progetto Edison. Fu così che da allora la clientela di Giuseppe Baj venne accolta alla luce delle lampadine elettriche.

Nel nostro tempo due pronipoti di Giuseppe Baj hanno  ricevuto una sorta di "richiamo" verso questo settore dell'imprenditoria tradizionale. È così nata l'idea di riavviare una produzione del Panettone Baj in versione "XXI secolo", che unisce i pregi di una ricetta vecchia di due secoli e mezzo alle più moderne tecniche di produzione.
#124

 
Non sono capace di dipingere, ma con l'aiuto dell'intelligenza artificiale forse ci potrò provare.

Vi segnalo questo link

https://huggingface.co/spaces/dalle-mini/dalle-mini

Con lo sviluppo dell'intelligenza artificiale forse in futuro ogni individuo potrà creare col computer potenziali opere d'arte, meritevoli di stampa, di esposizione e di vendita. Specie se la tecnica I. A.venisse affinata a tal punto da poter generare immagini paragonabili ai dipinti di Caravaggio o Raffaello Sanzio.  

Già ci sono programmi che creano interessanti immagini, ma ormai stanno diventando a pagamento. Ci saranno anche contenziosi legali.
#125
Riflessioni sull'Arte / Paesaggio
26 Dicembre 2024, 16:29:38 PM

Carlo Fornara, L'aquilone, olio su tela, 1902 circa.

Il pittore piemontese Carlo Fornara in questo invernale paesaggio montano esalta il cromatismo: quello della  neve e del cielo. La luce vespertina illumina  le nuvole di colore rosa brillante.

La donna con la fascina di arbusti sulle spalle cammina incurvata durante l'impetuosa forza delle raffiche dell'Aquilone: vento di tramontana.

Nell'antica "rosa dei venti" Aquilo  o Aquilonice era il vento fra Boreas e Solanus, che spira, secondo la terminologia medievale, tra Tramontana e Greco.

Questo dipinto, insieme ad altri,  è nel Castello Visconteo-Sforzesco di Novara in occasione della mostra titolata "Paesaggi. Realtà, Impressione, Simbolo. Da Migliara a Pellizza da Volpedo". Visitabile fino al prossimo 6 aprile.
#126
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
23 Dicembre 2024, 10:13:25 AM
Buongiorno Daniele, non ho le informazioni necessarie per rispondere in modo esauriente alle tue domande.

Per quanto riguarda la "docta ignorantia"  Cusano si riferisce alla consapevolezza dei limiti della conoscenza umana. Di fronte all'infinito la conoscenza è sempre parziale, incompleta, perciò consiglia di avere sempre atteggiamenti di umiltà, nel contempo incoraggia a cercare continuamente la verità e a essere consapevoli della complessità della realtà.

Per questo cardinale bisogna iniziare cominciando a determinare la natura della conoscenza, usando come modello la conoscenza matematica. Dice che la possibilità della conoscenza sta nella proporzione tra l'ignoto e il conosciuto.

L'insieme delle conoscenze che si acquisiscono tramite l'apprendimento, lo studio e l'esperienza formano il sapere.

Nella "società della conoscenza" il sapere appare come un evento ordinario e naturale. Chiunque per  gran parte dei propri anni giovanili è obbligato a studiare e accumulare  quel patrimonio basilare di conoscenze (linguistiche, logico-matematiche, scientifiche, storiche) che sono  importanti in diverse attività.

A che serve dunque il sapere? Serve anche a trasformare il nostro modo di essere al mondo, ci fa fare esperienza.

La visione dominante oggi è che il valore della conoscenza risieda nella sua utilità.

La conoscenza è un valore in sé stessa,  a prescindere dalla sua utilità pratica o dalla sua utilità per l'acquisizione di ulteriore conoscenza e quale che sia l'oggetto della nostra conoscenza.  :)

p.s. nel post n. 4 c'è un refuso: involontariamente ho scritto: "ai detto bene Koba" anziché il verbo "hai"...
#127
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
22 Dicembre 2024, 18:31:08 PM
Il noto cardinale teologo tedesco Nikolaus Krebs von Kues, da noi conosciuto col nome di Nicola Cusano (cognome derivante dal toponimo Kues),  nel 1440  scrisse in lingua latina il "De docta ignorantia" (= La dotta ignoranza),  testo in tre libri: il primo dedicato a Dio, il secondo all'universo, il terzo a Gesù Cristo.
 
Cusano nel testo citato afferma che la Verità è sempre al di là della conoscenza (I, 3) ed è importante determinare la natura della conoscenza, basandosi come modello sulla conoscenza matematica. Secondo questo cardinale la possibilità della conoscenza è nella proporzione tra l'ignoto e il conosciuto.
 
Possiamo giudicare ciò che non sappiamo solo in relazione a ciò che sappiamo; ma questo è possibile solo se ciò che ancora non sappiamo ha una certa proporzionalità (cioè omogeneità) con ciò che sappiamo.
 
La conoscenza è tanto più facile quanto più vicine alle cose conosciute sono quelle che cerchiamo. Da ciò consegue il fatto che quando ciò che ignoriamo non ha alcuna proporzione con la conoscenza in nostro possesso, non ci resta che proclamare la nostra ignoranza.
 
Questo riconoscimento dell'ignoranza, questo socratico  "so di non sapere", che Nicola Cusano collega all'antica saggezza di alcuni antichi filosofi (Pitagora, Socrate, Aristotele) e alla saggezza biblica di Salomone, è denominato "dotta ignoranza", secondo un ossimoro  derivante dalla "Lettera CXXX" di  Agostino di Ippona, scritta nel 411 circa e diretta a Proba: la vedova Anicia Faltonia Proba. Questa famosa lettera tratta esplicitamente della preghiera.
#128
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
22 Dicembre 2024, 18:29:44 PM
Daniele e Koba, vi ringrazio per il vostro intervento e l'espressione delle vostre opinioni.

Daniele ha scritto
Citazioneil socratico "So di non sapere". Io contesto però l'interpretazione più in uso di detta formula. Per me il "So di non sapere" indica chiaramente che si debba considerare l'ignoranza come una conoscenza acclarata. Con un suo peso. Infatti, oltre a sapere che tante persone sanno cose che io non so, resta comunque il fatto che tanto io quanto gli altri non sappiamo per certo cosa accadrà entro due secondi a partire da ora
Come darti torto ?

Citazione"il rapporto Ocse certifica che in Italia un terzo degli adulti è analfabeta funzionale: sa leggere e scrivere ma non capisce il significato in un articolo di giornale."
Ordunque, possono esservi varie cause per cui ciò accada, ma penso che in determinati casi la spiegazione del fenomeno sia ascrivibile al fatto che l'interprete si "fissa" per vari motivi solo su una parte del testo trascurando il senso generale di questo.

Uno dei motivi può essere l'ideologia politica ?

La "fissazione" psicologica che induce a non capire, alla decodifica aberrante, di ciò che si legge può dipendere da tratti caratteriali ?  Da carenze culturali ?
 
Koba ha scritto
CitazioneLa scuola è sempre stata soggetta alle esigenze della politica. Ci sono stati periodi e luoghi in cui doveva essere strumento di indottrinamento. Altri in cui, all'opposto, esprimeva il fine di costruire cittadini tolleranti e liberi. Negli ultimi anni ha forse dominato l'idea che dovesse formare alle professioni.
 Ora, nel pieno della crisi dell'Occidente, per poter decidere quale sia il suo fine, bisognerebbe prima avere un'idea almeno generale di quale possa essere il futuro della nostra civiltà.

ai detto bene Koba: "La scuola è sempre stata soggetta alle esigenze della politica": l'esempio nel periodo fascista, con l'indottrinamento politico degli studenti,  la severità degli insegnanti verso gli studenti, la facilità nel dare voti bassi.  

Dopo la scuola elementare c'era la selezione: i meritevoli, che erano una minoranza, potevano accedere alla scuola media e poi proseguire verso il liceo o le scuole tecniche,  gli altri, la moltitudine, se proseguiva gli studi finiva alle scuole di avviamento professionale per avere un po' di cultura e imparare l'inizio di un mestiere. Di solito era alto l'abbandono della scuola da parte dei bambini che abitavano nelle periferie ed erano figli di genitori semi analfabeti.  

Poi ci fu il capovolgimento con le varie riforme scolastiche. Dalla quinta elementare tutti i bambini potevano, giustamente, accedere nella scuola media. Dopo di questa ci fu il via libera per l'accesso a qualunque tipologia di scuola secondaria, dal liceo, alle scuole tecniche, ecc..

Il libero accesso ha permesso a tanti adolescenti di poter arrivare all'università. Ma la fregatura li aspettava e li attende dopo il conseguimento della laurea: le reti di relazioni familiari facilitano il rapido accesso al lavoro in grandi aziende e con lavori che facilitano la rapida carriera.

Ai figli delle famiglie emarginate tutto è difficile: trovare subito il lavoro, fare concorsi e se tutto va bene l'assunzione avviene dopo anni. Gli insegnanti precari ne sono l'esempio.
#129
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Ignoranza
21 Dicembre 2024, 17:43:55 PM
Bene ! Proseguiamo.

Gnosis = conoscenza = sapienza = sapere ?

Conoscenza = sapienza ?

Nella lingua inglese knowledge deriva da To Know, in italiano è tradotto con il vocabolo conoscenza e non con sapienza.

La conoscenza è un primo livello del percorso verso la sapienza.

Il sostantivo sapienza, dal latino "sapientia",  allude al sapiente che ha ampia conoscenza e dottrina, derivanti dallo studio, dalla ricerca.

La sapienza  permette di comprendere, discernere, giudicare con saggezza e di agire con prudenza. Questa è la definizione più diffusa della sapienza, ma ha anche altri significati dipendenti dal contesto.

Ad esempio, in ambito filosofico e teologico, la sapienza è una virtù che permette di conoscere e amare Dio, e di vivere in conformità alla sua volontà.

Nella teologia cattolica la sapienza è uno dei sette doni dello Spirito Santo ed anche uno degli attributi di Dio.

Messer Dante nella "Commedia", terzo canto dell'Inferno, seconda terzina,  scrisse:

"Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e 'l primo amore"
(vv 4 – 6).

(= Il mio alto fattore (Dio) fu mosso dalla giustizia:
mi creò la potenza divina (il padre)
la somma sapienza (il figlio) e il primo amore (lo Spirito Santo).

La sapienza è distinta dal sapere: questo verbo deriva dal latino "sàpere" (= aver sapore). Dall'ambito gustativo è giunto in quello culturale  con riferimento alle conoscenze o informazioni  acquisite tramite lo studio,  la pratica e l'esperienza. Il sapere non contempla la perfezione morale dell'individuo.

Un aforisma attribuito a Martin Lutero dice: "La medicina crea persone malate, la matematica persone tristi e la teologia peccatori". Pur col paradosso tipico dei motti sintetici, c'è in esso un'importante verità. Il sapere non è di per sé principio di certezza.

C'è chi s'ammala per colpa di terapie non adatte; c'è chi si mette a studiare le scienze per capire, e c'è il teologo che traligna e crea sensi di colpa in altri o li fa sbandare lungo percorsi impervi. Proprio per questo, ferma restando la necessità della razionalità contro ogni irrazionalismo magico, contro cure da stregoni e contro devozionalismi visionari, è importante distinguere tra sapere e sapienza.
#130
Tematiche Culturali e Sociali / Ignoranza
20 Dicembre 2024, 22:21:44 PM
Ignoranza: questo sostantivo deriva  dal latino "ignorantia", parola composta dal privativo "in" + la radice del verbo "(g)noscere" = conoscere.

L'ignorante non conosce la "verità", che invece potrebbe sapere se potesse o volesse.

L'ignoranza allude  sia alla mancanza di conoscenza di determinate cose,  sia all'individuo che è ignorante perché privo di istruzione o di bon ton.

Vi ricordate il film "Miseria e nobiltà" ? C'è la scena di Totò scrivano e la lettera che deve scrivere per un "cafone", ignorante, perché non sa scrivere né leggere

Cliccate sul link

https://youtu.be/PL1rngwZ4z4

Il rapporto Censis informa che troppi studenti arrivano al termine degli studi sapendo a mala pena leggere e far di conto.

Il rapporto Ocse certifica che in Italia un terzo degli adulti è analfabeta funzionale: sa leggere e scrivere ma non capisce il significato in un articolo di giornale.

L'ignoranza è un problema sociale: facile dare la colpa ai social, più difficile parlare di fallimento della scuola, ecc..

Nell'antica lingua greca la parola  "conoscenza"  si traduceva con "gnosis".

La conoscenza gnostica si basa su quattro pilastri: scienza, arte, filosofia e religione.

La gnoseologia è una branca della filosofia che studia la natura della conoscenza.

Nell'ambito religioso la gnosi indica una forma speciale di conoscenza, che non procede da contenuti di fede ma si realizza con accesso diretto al divino mediante una sorta di "illuminazione" interiore che permette il raggiungimento della salvezza spirituale. 

Nel Qohelet o Ecclesiaste c'è la frase: "Qui auget scientiam, auget et dolorem" (= Chi accresce la propria sapienza, aumenta le proprie sofferenze).

Commentando questa frase il filosofo Arthur  Schopenhauer conferma che la conoscenza, da non confondere con il sapere astratto,  quando perviene alla chiarezza e la "conscienza" si eleva , cresce nell'individuo anche il tormento.

Invece per il filosofo olandese Baruch Spinoza il detto dell'Ecclesiaste è sbagliato: non è vero che "Chi aumenta la propria sapienza, aumenta anche le proprie sofferenze", ma, al contrario, "Chi aumenta il proprio sapere accresce anche la gioia di vivere".
#131
Riflessioni sull'Arte / Arte a Ferrara
14 Dicembre 2024, 18:45:08 PM

Benvenuto Tisi da Garofalo, detto il Garofalo, Sacra Famiglia, olio su tavola,  1525-30 circa,  Francoforte sul Meno, Städel Museum

A Ferrara, nel Palazzo dei Diamanti, fino al 16 febbraio c'è la mostra "Il Cinquecento a Ferrara", a cura di Vittorio Sgarbi ed altri.
 
L'esposizione racconta le vicende della pittura ferrarese del primo Cinquecento dominata dagli estensi nella prima metà del XVI secolo. 
 
Il Cinquecento a Ferrara fu una stagione pittorica dove antico e moderno, sacro e profano, storia e fiaba si fusero in un mondo figurativo.
 
Nel 1496 la scelta del duca Ercole I  d'Este di ingaggiare Boccaccio Boccaccino (figlio del ricamatore di corte, Antonio de Bochacis) indica l'apertura della corte estense ai nuovi  linguaggi pittorici.
 
All'inizio del '500  a Ferrara si sviluppa una nuova scuola, che ha come protagonisti quattro maestri di pittura: Ludovico Mazzolino, Giovan Battista Benvenuti detto Ortolano, Benvenuto Tisi detto Garofalo e soprattutto Giovanni Luteri detto Dosso Dossi. Erano pittori che accettavano gli influssi pittorici di altre artisti  rinascimentali.
 
Benvenuto Tisi, detto Garofalo (1476 circa – 1559) lavorò alla corte degli Este. Il soprannome Garofalo deriva dal nome del paese in cui forse nacque e lui stesso occasionalmente firmava i suoi quadri con  il disegno di un garofano. Nel 1495 lavorò a Cremona sotto la direzione di Boccaccio Boccaccino, che gli fece conoscere lo stile cromatico veneziano. Per committenti ecclesiastici o confraternite realizzò numerosi dipinti, in particolare ispirati dalla "Sacra famiglia".
 
Giovanni Luteri, detto Dosso Dossi (1486 – 1542).   Il soprannome Dosso,  forse gli deriva dal nome di una piccola proprietà di famiglia nel territorio mantovano, Dosso Scaffa (ora nota come San Giovanni del Dosso), situato tra Mirandola, Quistello e Revere.
Dipingeva temi religiosi, allegorici, epici, mitologici, per esempio "Maga Circe", dipinta nel 1525, il duca Ercole II d'Este, ritratto da Dosso come Ercole tra i pigmei nel 1535, un anno dopo la sua elezione a quarto duca di Ferrara Modena e Reggio:  i pigmei  sono vestiti come lanzichenecchi, quasi a simboleggiare la sua ascesa politica.
 
Ludovico Mazzolino (1480-1528) orientò il suo linguaggio in senso anticlassico, guardando alla pittura di Ercole de' Roberti e alle incisioni tedesche, di Martin Schongauer e di Albrecht Dürer.
Pur conoscendo la pittura veneziana e quella di Raffaello Sanzio, la sua arte era animata da accenti visionari. Realizzò numerosi dipinti destinati al collezionismo privato:  raffigurano scene profane, gremite di personaggi dai tratti fisionomici anche grotteschi. 
 
Giovan Battista Benvenuti, detto l'Ortolano (1480 circa – 1525 circa), il soprannome gli derivò dal mestiere del padre, curatore di "orti" (= di giardini, forse). Del Benvenuti si sa poco, né la data di nascita, né quella di morte, né il luogo in cui visse o si formò. Questo pittore è conosciuto solo tramite le sue opere, caratterizzate  dalla resa del paesaggio, ispirate dal Giorgione. Realizzò numerose pale d'altare e quadri destinati alla devozione privata d'ispirazione raffaellesca.
 
Il suo capolavoro è la "Pala dei tre Santi"
 

San Sebastiano legato al palo della tortura; ai lati  san Rocco e san Demetrio. Questa pala d'altare fu realizzata nel 1520. Era nella parrocchiale di Bondeno (prov. di Ferrara) oggi  è a Londra  nella National Gallery.
 
Prima di concludere  vi voglio segnalare l'ultimo libro pubblicato da Vittorio Sgarbi: "Natività. Madre e figlio nell'arte", edito da "La nave di Teseo", pp. 372, euro 24.
 
L'autore racconta l'antica rappresentazione del legame tra la Madonna e un Gesù più o meno Bambino, includendo nel racconto il prima (l'Annunciazione e la Concezione) e il dopo (la Passione).
 
Mettendo in scena la Natività gli artisti hanno saputo rendere evidente la presenza del divino nella realtà umana: "la semplicità degli affetti tra la Madre e il Bambino, in Giotto come in Pietro Lorenzetti, come in Vitale da Bologna, come in Giovanni Bellini, come in Bronzino, come in Caravaggio", ha scritto Sgarbi.
 
Il soggetto è la vita, e la maternità è la più umana delle condizioni, che nella Natività diventa un fatto religioso e determina il destino di quel bambino e dell'umanità che trova la sua salvezza in quel neonato.
 
"Maria nell'atto della maternità non è una maestà lontana, in trono, che tiene in braccio un bambino che è già divino: è semplicemente, nella maggior parte delle rappresentazioni, una mamma con il figlio. Per questo la maternità di Maria non è un tema religioso ma un tema umano".
#132
Tematiche Filosofiche / Re: Essere perfetti
10 Dicembre 2024, 18:10:22 PM
Buonasera Damiano,
lo conosci il detto latino "Homo, homini lupus" ? (= l'uomo è un lupo per l'uomo).

Nel "Leviatano" il filosofo inglese Thomas Hobbes nel XVII secolo scrisse che la natura umana tende all'egoismo,  e a determinare le azioni degli individui sono la sopraffazione, il proprio tornaconto e l'istinto di sopravvivenza.

Hobbes nega che l'individuo possa sentirsi motivato ad avvicinarsi al suo simile per amore naturale. Se gli uomini si uniscono in società regolando i loro rapporti con le leggi, ciò è dovuto al reciproco timore.

Così è la vita e così devi imparare ad accettarla. E' immodificabile. Invece a me sembra che aspiri al Paradiso Terrestre. Ma questo non esiste !

Il tuo mondo ideale è ispirato dalla tua fede religiosa ?
#133
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Le Virtù
08 Dicembre 2024, 12:25:04 PM
Ciao green demetr, ti ringrazio per il tuo post.

Concordo con la tua opinione

CitazioneA mio parere la virtù è semplicemente l'arte per cui ciò che è dentro di noi coincida con ciò che c'è fuori.


Non sono uno studioso di filosofia. All'università feci un paio di esami dedicati a quella disciplina, sufficienti per sapere di cosa si tratta e le opinioni dei tanti filosofi nei secoli.

Comunque l'argomento odierno lo dedico ad alcuni filosofi. Abbi la pazienza di leggere anche questo post, poi fammi sapere cosa ne pensi. ;D :'( Sono graditi anche gli interventi degli esperti per errori ed omissioni nel testo, in particolare da Ipazia.  ;)

Nel precedente post ho scritto che in greco antico la virtù è denominata  "areté", ed allude all'individuo  che si dedica al "bene" e ad agire in modo ottimale.

Nell'antica filosofia greca, la concezione dell'areté non era connessa all'azione per il conseguimento del bene, ma indicava  come qualità il coraggio, il vigore morale e anche fisico, come  gli eroi omerici,  o alcuni statisti ateniesi, indicati da Platone nel "Menone": Temistocle, Aristide e Pericle; essi ebbero la capacità di ben governare con moderazione e giustizia ma non furono in grado di trasmettere le loro virtù morali ai figli.

Per Platone le virtù corrispondono al controllo delle passioni. Ne "La Repubblica" indica per la prima volta le quattro virtù, che  nella seconda metà del IV secolo dal vescovo  di Milano,  Ambrogio (meglio conosciuto come Sant'Ambrogio),  furono denominate "cardinali", cioè "principali":

la temperanza, intesa come moderazione dei desideri che, se eccessivi, sfociano nella sregolatezza;

il  coraggio, necessario per mettere in atto i comportamenti virtuosi;

la saggezza o "prudenza", considerata la base delle altre virtù;

la giustizia è quella che realizza l'accordo e l'equilibrio di tutte le altre virtù presenti nell'uomo virtuoso e nello Stato perfetto.

Mentre Platone indica la saggezza per l'esercizio della virtù, Aristotele nel secondo libro dell'Etica Nicomachea specifica che le virtù etiche non si possiedono per natura, anche se l'uomo ha dimostrato di avere la capacità di acquisirle; vengono individuate soltanto in base a determinate azioni, nella disposizione a scegliere "il giusto mezzo" fra  due estremi.

La saggezza la considera  una "virtù  dianoetica" ( dal greco "dianoètikòs" e questo da "dianóēsis" = pensiero): nella gnoseologia aristotelica allude all'attività mentale, che viene agita dal pensiero e  ispira la condotta umana, inoltre permette l'esercizio delle "virtù etiche" nell'azione concreta.

Le virtù dianoetiche che presiedono la conoscenza sono cinque: l'arte , la scienza, la saggezza  o prudenza, l'intelletto e la sapienza.

La saggezza è propria di colui che, pur non essendo filosofo, è in grado di agire in modo virtuoso. 

Aristotele dice che se si dovesse acquisire la sapienza filosofica per praticare le virtù etiche questo comporterebbe che solo chi ha raggiunto l'età matura, divenendo filosofo, potrebbe essere virtuoso mentre invece con la saggezza, grado inferiore della sapienza, anche i giovani possono praticare quelle virtù etiche che permetteranno l'acquisto delle virtù dianoetiche.

La saggezza permette una vita virtuosa, premessa e condizione della sapienza filosofica, intesa come "stile di vita" slegato da ogni finalità pratica, e che pur rappresentando l'inclinazione naturale di tutti gli uomini solo i filosofi realizzano.

La saggezza può esser fatta conseguire ai giovani tramite l'educazione, che i saggi, o quelli ritenuti tali dalla collettività, impartiscono anche con l'esempio della loro condotta.

Il giovane apprende che le virtù etiche consistono nella capacità di comportarsi secondo il "giusto mezzo" tra i vizi ai quali si contrappongono (ad esempio il coraggio, considerato  l'atteggiamento mediano tra la viltà e la temerarietà), sino a conseguire con l'abitudine l'agire spontaneamente virtuoso: infatti "La virtù è una disposizione abitudinaria riguardante la scelta, determinata secondo il criterio  che determina l'individuo saggio.

 
#134
Tematiche Culturali e Sociali / Le Virtù
07 Dicembre 2024, 22:32:57 PM
Del sostantivo virtù è difficile darne una definizione che comprenda tutte le attribuzioni e i modi di intenderla.

Virtù,  in greco antico "aretè": questa parola in origine alludeva alla capacità di un individuo di compiere un atto o una mansione in modo ottimale.

Dante Alighieri nel "Convivio" (IV, XVI  7) dice:  "Ciascuna (cosa) è massimamente perfetta quando (l'individuo) tocca e aggiugne la sua virtude propria".

Nella lingua italiana il sostantivo virtù deriva dal latino "virtus" e questo da "vir" (= uomo), che in epoca romana  designava il valore  dell'individuo durante una battaglia, il suo coraggio, la sua forza (vis), anche spirituale e morale.

Nel nostro tempo la virtù di solito la consideriamo come la disposizione d'animo volta al bene.

Secondo il catechismo della Chiesa cattolica le virtù possono essere umane,  teologali e cardinali. 

le virtù umane sono attitudini, disposizioni dell'intelligenza e della volontà che regolano le nostre azioni e fanno praticare il bene. Sono virtù morali che si perfezionano con l'abitudine vengono acquisite tramite l'apprendimento e la pratica (n. 1804).

Virtù umane:

Virtù intellettuali
quelle che perfezionano l'intelletto.

Virtù morali quelle che orientano la volontà al bene.

Virtù naturali, quelle attinenti al compimento di atti buoni.

Virtù religiose, cristiano-cattoliche, vengono infuse  in ogni anima da Dio, tramite lo Spirito Santo, durante il battesimo. La tradizione cristiana ha individuato un settenario di virtù fondamentali, distribuendole in due versanti: le quattro virtù cardinali e le tre virtù teologali.

Virtù cardinali:  prudenza, giustizia, fortezza e temperanza; così dette perché hanno la funzione di "cardine" della vita virtuosa (n. 1805).  Per esempio,  la temperanza è la virtù morale che dà il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti "dell'onestà" (n. 1809).

Virtù teologali: le virtù umane si radicano nelle virtù teologali: fede, speranza e carità; così dette perché è Dio che  le concede  e dispongono i cristiani a vivere "in relazione con la Santissima Trinità" (n. 1812).

Le virtù teologali fondano, animano e caratterizzano l'agire morale del cristiano (n. 1813). 

Non basta,  le virtù sono comprese tra i nove ordini delle schiere di angeli:  Serafini, Cherubini e Troni; Dominazioni, Virtù e Potestà; Principati, Arcangeli e Angeli.


Firenze, battistero di San Giovanni Battista,  le Virtù nei mosaici.

Questo battistero è di fronte la cattedrale di Santa Maria del Fiore


Firenze, battistero di San Giovanni Battista, 

Le Virtù o Fortezze (in greco Dynameis), secondo l'angelogia cristiana basata sulla classificazione di  Dionigi l'Areopagita,  sono il quinto ordine degli angeli e presiedono i sette pianeti conosciuti nell'antichità: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno.

Paolo di Tarso menziona le Virtù nella  Lettera agli Efesini (1,21).

Il papa Gregorio I, detto Gregorio Magno, pontificò dal 590 al 604, anno della sua morte,  fece conoscere nell'Occidente latino i cori angelici. Pospose rispetto a Dionigi le Virtù al settimo posto della gerarchia angelica: la collocazione fu ripresa nel "Convivio"(II, 5) da Dante Alighieri, ma  ripristinò lo schema originario di Dionigi nella Divina Commedia (Par. III, vv. 73-75, 79-81) con le Virtù nella quinta posizione. Dante li considera angeli combattenti che presiedono ai grandi cambiamenti della storia. 
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Riflessioni sull'Arte / Ut pictura poësis
03 Dicembre 2024, 15:43:06 PM
A volte una parola o una frase permettono delle connessioni, diventano ponti verso altri lemmi o immagini  mentali ed abbiamo la possibilità di elaborare un testo.
 
Ieri in un un giornale ho letto la frase "Ut pictura poësis" (=  la poesia è come un dipinto) e la curiosità mi ha motivato a saperne di più, per poi  elaborare questo post. Alla fine della lettura qualcuno di voi dirà: "potevi farne a meno !". Va beh, evita questo, evita quell'altro, alla fine si rinuncia a scrivere.
Invece a me piace condividere con voi. E leggere le vostre opinioni.
 
La locuzione "Ut pictura poësis" è in una lettera scritta nel 13 a. C. dal noto poeta di epoca romana Quinto Orazio Flacco: "Epistola ai Pisoni" (in lingua latina: "Epistula ad Pisones", epistola II, 3, verso 361) detta anche "Ars poetica", indirizzata ai letterati Lucio Pisone e a suoi figli. La lunga lettera è un trattato sulla poesia, nel quale Orazio espone la propria concezione della letteratura e della poesia. Per questo suo testo fu ispirato dalla "Poetica" del filoso greco Aristotele: è un trattato, per uso didattico che scrisse tra il 334 e il 330 a. C..
 
Il paradigma oraziano  fu ripreso in epoca rinascimentale per la teoria delle "arti sorelle":  letteratura, arti visive e musica.
 

Sirani Giovanni Andrea, Allegoria delle tre Arti (pittura, musica, poesia) ovvero Le tre sorelle, olio su tela, 1663 circa, Pinacoteca Nazionale di Bologna.
 
Il linguaggio poetico, o figurativo, oppure musicale, tende  a superare i propri limiti interferendo con altre arti: parola-poesia, suono-musica, colore – pittura, movimento-danza, ma comune è l'oggetto: reale, fantastico, emotivo, affettivo, comune è  l'impulso creativo.
 
I pittori a volte scelgono un testo poetico per dipingere le loro visioni. I poeti descrivono un dipinto per comunicare le loro emozioni.  I musicisti optano un testo di poesia  per comporre canzoni.
 
La teoria rinascimentale delle "arti sorelle" favorì il progressivo riscatto della pittura da "arte meccanica" (per la quale era necessario il talento manuale) ad "arte liberale" (= grammatica, retorica, poesia, musica,  giurisprudenza, astrologia e filosofia).
 
Sovente si ricorreva all'èkphrasis (parola greca, dal verbo  èkphrazo =  descrivere) per raccontare  nelle epistole le   opere d'arte. In epoca romana le ekphrasis erano utilizzate per descrivere le antiche statue, in modo tale da poter offrire al  lettore un'idea visiva.
 
Nella letteratura greca e in quella latina le ekphrasis avevano diverse funzioni narrative. Alle volte esse avevano un ruolo descrittivo altre, invece, servivano per dare veridicità al racconto.
 
In epoca rinascimentale ci fu un revival del fenomeno ecfrastico e venne recuperato  il legame di "sorellanza" tra letteratura e arti visive.
 
Un noto esempio è nelle "Vite" del Vasari: questo autore descrive il cartone preparatorio realizzato nel 1503  circa da Leonardo da Vinci per  la pittura murale che avrebbe dovuto rappresentare  "La  battaglia di Anghiari" nella "Sala del Maggior Consiglio") in Palazzo Vecchio, a Firenze. Ma, forse Leonardo si fermò alla fase preparatoria del muro, non portata a termine per motivi tecnici, senza mai iniziare la pittura.
 

Leonardo da Vinci, La battaglia di Anghiari, cartone preparatorio