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Messaggi - Garbino

#121
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
31 Dicembre 2016, 16:35:45 PM
Pensieri sull' inconscio. 

X Sgiombo.
Mi sembra strano che proprio tu non ravveda la differenza tra curare una malattia o supplire ai suoi effetti. Certo sempre di curare si tratta, ma al di là del miglioramento o della possibilità di vita che questi farmaci offrono, rimane il fatto che questi farmaci non curano il male. E questo era importante sempre in merito a ciò che avevo affermato e cioè che una patologia di carattere genetico non è curabile, a quanto mi risulta e almeno per il momento. 

Per quanto riguarda la medicina alternativa ho sempre il sospetto che la ricerca farmaceutica si sia indirizzata su farmaci sintetici più per un motivo di lucro che di salvaguardia della salute. Del resto mi sembra, ma posso sempre sbagliare, che la medicina anticamente non era proprio così sprovveduta come molti ritengono. E questo pur non disponendo dei mezzi che lo sviluppo scientifico nell' epoca moderna ha messo a disposizione in campo medico.

Il discorso sul senso etico, specialmente sulle differenze tra etica e morale, ci porterebbe lontano, e probabilmente finiremmo fuori tema. Due cose volevo però sottolineare. La prima è che, pur essendo un cultore di Nietzsche, questo non vuol dire che io non possa avere mie idee sull' eticità. La seconda è che ho sempre più frequente il sospetto, tanto che ormai è diventato quasi una certezza, che molti ritengono che l' autosuperamento o l' autoannullamento della morale ( quella corrente imposta si identifica nella liberazione dell' uomo ) in Nietzsche sfoci in una amoralità assoluta. Questo è falso. Le cose stanno proprio all' opposto. E cioè che in tale condizione l' individuo dovrebbe impegnarsi nella ricerca di una moralità maggiore. 

Rinnovo a tutti gli auguri di buona fine e di buon inizio d' anno.

Garbino Vento di Tempesta.
#122
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
27 Dicembre 2016, 21:14:32 PM
Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.  
Non avevo dubbi che avresti reputato le mie opinioni opinabili. Se la si pensa in modo diverso è difficile che si possa essere d' accordo in qualcosa, anche se è già successo, tanto che lo hai persino sottolineato con enfasi. 
Comunque quando ho affermato che la medicina farmaceutica nulla può nei confronti delle malattie di carattere genetico mi riferivo in particolar modo a quelle psichiche, ma soprattutto sottintendevo nel senso di curare. E mi scuso se non sono stato sufficientemente chiaro. Ma anche per le altre, il farmaco non cura, come ad ad esempio nel caso a cui ti riferisci. Infatti, se non ho capito male, supplisce ad una carenza genetica, dando la possibilità all' organismo di produrre o fornendo in modo diretto sostanze che per motivi genetici lo stesso non riesce a produrre o a sintetizzare. La differenza sta appunto tra il supplire e il curare, che a mio avviso è determinante nel quadro di ciò che intendevo esprimere.

Per quanto riguarda i farmaci di fattura chimico-sintetica non metto in dubbio le tue conoscenze mediche né la veridicità di quanto affermi, ritenendoti una persona di una certa onestà intellettuale, e scusa il certa ma diffido anche di me stesso, ma volevo esporre due cose che mi fanno vertere su quanto ho espresso in merito. La prima è che le sperimentazioni su questi farmaci, anche se a volte più che decennali non ci dicono gli effetti collaterali a lunga scadenza degli stessi, e per lunga scadenza intendo anche sulle successive generazioni, ma che soprattutto diffido profondamente di tutto ciò che ci viene propinato come certo anche purtroppo dalla ricerca di carattere farmaceutico. Da dove impera il profitto, in altre parole, ci si può attendere di tutto, anche l' assenza di senso etico dove appunto non dovrebbe mai mancare. 

X Maral. Infatti Il Capitale non è soltanto un testo difficile a livello matematico, ma lo è anche per la profondità di diverse considerazioni e teorie di carattere psico-sociale sia individuali che di classe, a cui tu appunto ti riferisci. E' proprio lo scoperchiamento effettuato da tutti e tre su un mondo ( e un uomo ) in deflagrazione che determina la loro caratteristica rivoluzionaria. E questo al di là di quanto siano criticabili o di quanto io stesso sia critico nei loro confronti.

Garbino Vento di Tempesta.
#123
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
27 Dicembre 2016, 11:24:34 AM
Pensieri sull' inconscio.

Al di là dell' argomento di merito, su cui tornerò tra poco, mi duole dover constatare che ci sia una sempre maggiore tendenza a depauperare l' importanza filosofico-sociale dei tre grandi a cavallo della fine del Novecento: Marx, Freud e Nietzsche. E spesso da chi non ha letto Il Capitale o una delle opere degli altri due sommi pensatori. E' chiaro che il sistema persegua tale scopo a tutto vantaggio delle neuroscienze, che a mio avviso sono largamente sovvenzionate dal sistema proprio perché non rivoluzionarie. E proprio perché in questo modo è sicuro di controllarne i modi, i tempi e l' allineamento al potere delle risposte.

Lasciatemi invece affermare che, avendo letto sia Il Capitale che l' opera omnia degli altri due, il loro pensiero è fondamentale per qualsiasi sviluppo etico-morale-sociale-politico-economico per i tempi a venire. E naturalmente a tutto danno dell' attuale potere proprio per l' impatto rivoluzionario in tutto l' ambito del pensiero filosofico-scientifico.


In linea di massima concordo con Maral e Paul 11 e su alcune argomentazioni dell' ultimo post di Davintro. Specialmente quelle sulla diversità di ogni individuo nei confronti di qualsiasi accadere ed affini. 
Sulla scienza mi sembra invece che lui indichi quello che dovrebbe essere e non quello che è, ma su questo sorvoliamo.

Entrando nel merito, va fatto un chiarimento. L' inconscio è un termine un po' troppo generico. L' ES, la parte più profonda, in gran parte di carattere e derivazione genetica è al di fuori di qualsiasi terapia psicoanalitica. E' il sub-conscio, e cioè ciò che è in relazione a tutto il nostro vissuto, dove la psicoanalisi può intervenire e con successo. 

Naturalmente è bene chiarire che non vi è nulla di scientifico nella psicanalisi, che qui si sta parlando di fenomenologia della psiche e dei vantaggi che alcuni interventi di carattere psicoanalitico possono determinare in qualsiasi individuo. Perché non illudiamoci, anche se molti non lo accettano, tutti hanno qualche rimosso, e ciòè ricordi che vengono oscurati nella memoria e che provocano grandi o piccole disarmonie. E il ruolo principale della psicoanalisi è quello di riportare alla memoria queste rimozioni perché finalmente l' individuo possa accettarle e conviverci.

Il sogno può aiutare moltissimo perché spesso fa emergere questi ricordi non essendoci nel sogno il controllo che si ha nelle ore di veglia. Il problema è che lo fa per simboli, e ciò fa capire che la bravura dello psicoanalista è indispensabile. 

Che a questo riguardo sia palese che specialmente negli USA la psicoanalisi sia diventata uno status-symbol, in altre parole un grosso affare commerciale, può determinare un certo scetticismo sulla sua importanza medica, come succede ad esempio anche per molte ricerche farmaceutiche. 

La medicina farmaceutica non può nulla o quasi, né nelle patologie di carattere genetico né sui disturbi da me indicati perché non si ha a che fare con malattie ma con disturbi di natura diversa. E questo lo posso affermare anche per esperienza personale, basata su interventi su me stesso ed altre persone, naturalmente gratuitamente. 

La medicina farmaceutica tornerà ad essere medicina a tutti gli effetti quando tornerà a far uso, e in parte lo fa già, soltanto di prodotti naturali, abbandonando definitivamente composti di natura chimico-sintetica.

Tutto ciò che ho qui esposto identifica la mia opinione sull' argomento. Ho scelto di agire così proprio per non dover ripetere ad ogni frase il fantomatico: a mio avviso.

Grazie per la cortese attenzione, e di nuovo auguri a tutti.

Garbino Vento di Tempesta.
#124
Nietzsche : l' uomo e il suo diritto al futuro.

Ringrazio Paul11 della cortesia e prendo lo spunto per fare a tutti dei sinceri auguri di Buon Natale, Buona Fine e Buon Inizio d' Anno. L' unica cosa che volevo aggiungere è che sono d' accordo con la prima parte dell' argomentazione di Paul11, ma non sulla seconda. Sottolineo che è pensiero un po' comune che in Nietzsche il superamento o autoannullamento della morale corrente si concretizzi in una vita senza morale. Ma, come del resto è già stato evidenziato in altri interventi, le cose stanno in un modo totalmente diverso.
Comunque riprenderemo l' argomento più avanti. A questo punto, pensando di fare cosa gradita, non rimane che terminare lo studio del secondo saggio. A tutti buona lettura.

La cattiva coscienza è a tutti gli effetti una malattia e adesso andremo alla ricerca delle condizioni in cui è arrivata al suo culmine. Ma per far ciò bisogna tornare, in un contesto storico primordiale, al rapporto tra creditore e debitore tra i contemporanei e i loro antenati. Rapporto che per noi sarebbe incomprensibile, ma che ha avuto un peso enorme nella storia dell' uomo. Infatti nelle stirpi vincenti il debito verso gli avi è andato sempre aumentando, in virtù dei loro sacrifici e sforzi. Sacrifici e sforzi che inizialmente vennero ripagati con doni alimentari, feste e cappelle votive, ma con il passare del tempo, aumentando il riscatto cumulativo, i sacrifici diventarono anche umani, come ad esempio nel sacrificio del primogenito. Sangue, sangue umano.

Inoltre la coscienza dei debiti verso gli antenati, si da mai abbastanza agli avi?,  cresce o diminuisce nella misura in cui la stirpe si fa più potente o più debole. E nelle stirpi più potenti finirono per essere trasformati in dei. Per molti versi questa può essere l' origine ( a mio avviso una delle origini ) degli dei. Comunque sempre un' origine scaturita dal timore ( come appunto avvenne, sempre a mio avviso, nei confronti dei fenomeni naturali ). E questa credenza e devozione si espanse a tutte le popolazioni sottomesse, sia per mimicry che per imposizione.

In diversi millenni il sentimento del debito verso la divinità è continuato a crescere e nella stessa misura in cui crescevano e venivano elevati il concetto di Dio e il senso della divinità. Il Dio Cristiano, come massima divinità a cui si sia giunti finora, rappresenta anche il maximum del debito. E anche se adesso l' ateismo sembra riportare l' uomo ad una seconda innocenza, la moralizzazione dei concetti di colpa e di dovere non solo porta alla convinzione di una inestinguibilità del debito, ma anche ad una condanna del creditore (Adamo, peccato originale) e ad una demonizzazione della natura. Oppure al ritenere l' esistenza come non valida in sé ( nichilismo ) o di essere altro ( buddhismo ). Finché il Cristianesimo non escogita l' espediente, che induce un po' di sollievo per l' umanità martoriata, nel Dio che si sacrifica per la colpa dell' uomo, Dio stesso che si risarcisce su sé stesso. Per amore? ( si ci può credere?? ) per amore del suo debitore!....

Naturalmente tutto ciò non è altro che autoturturamento. Il desiderio di autotorturarsi infine arriva al rifiutare la propria naturalità e a non sentirsi degno di Dio. - Oh, bestia uomo, com' è tutto folle e triste! ......... Nell' uomo c' è tanto di orribile!... Per troppo tempo la terra fu un manicomio!..

Non possiamo che evidenziare che presso i Greci, questo popolo di fanciulli, il sentimento religioso aveva tutt' altro aspetto. I Greci usarono i propri dei proprio per tenere lontano la cattiva coscienza. Per gli artisti gli dei pensavano che era strano che gli uomini si lamentassero degli dei, quando tutto era dovuto alla loro stoltezza. Stoltezza, non peccato!!! Che abisso ci separa da una tale considerazione. E gli stessi uomini si liberavano di qualsiasi pensiero negativo generato dalle nefandezze di alcuni di loro ritenendo che un dio li avesse accecati. Un Dio perciò che si assume, cosa molto più nobile, la colpa....

Sulla terra, l' istituzione di ogni ideale ha determinato un dilagare della menzogna e un profondo misconoscimento della realtà, oltre ad un profondo malessere nei confronti della vita. L' uomo ha per così tanto tempo guardato con occhio cattivo la proprio naturalità da farci disperare sulla sua effettiva redenzione. Abbiamo contro proprio i 'buoni'.
E in fondo ci auguriamo che l' uomo non si soffermi in questo suo stato di promessa, di ponte verso qualcos' altro. Ma a questo punto l' unico che può prendere la parola è Zarathustra, Zarathustra il senza Dio....

L' unico commento che volevo aggiungere al termine del secondo saggio, è che purtroppo ancora adesso la Terra è un manicomio.

Grazie della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#125
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Prima di continuare la trattazione del secondo saggio volevo scusarmi con Green Demetr e tutti coloro che hanno pensato che il termine 'increscioso' fosse di mia coniatura. Ma è lo stesso Nietzsche che, continuando nel solito schema già delineato precedentemente, lo usa come esca per predisporre il lettore alle 'verità' molte scomode che seguono e che riguardano la crudeltà. Di mio nel precedente post c' è soltanto ciò che è tra parentesi. A tutti buona lettura.

A questo punto è bene prendere in considerazione due aspetti nei cui confronti i genealogisti della morale si comportano sempre allo stesso modo e cioè sbagliando inopinatamente.  E questi aspetti sono l' origine e lo scopo della pena. Infatti loro ravvedono uno scopo nella pena e lo pongono all' origine, senza minimamente pensare al fatto che lo scopo ultimo o individuato  in qualsiasi processo storico ha poco o addirittura niente a che fare con l' origine stessa del processo. 

Uno degli errori più grandi che si commettono nell' identificare un processo è condensabile nella frase:  la mano è stata fatta per prendere e l' occhio per vedere. 
Mentre qualsiasi processo è un continuo svolgersi di sopraffazioni di un' entità più potente su una più debole, che ne sequestra gli aspetti e li reinterpreta a suo piacimento. Ciò significa, allo stesso tempo, che qualsiasi processo non segue automaticamente una logica né ha un fine ben preciso, ma soltanto una serie di sopraffazioni che si susseguono casualmente e che possono determinare persino un regresso, come nel caso di controazioni riuscite.

Questa teoria ha contro tutto e tutti. Oggi che il misarchismo ha ottenebrato le menti e ha preso il possesso della storia e della scienza. La vita stessa (Herbert Spencer) è stata definita come un adattamento interno sempre più finalizzato a fatti esterni. Ma in questo modo si tralascia il fatto determinante di qualsiasi processo e cioè quello svolto dalle forze attive che determinano un cambiamento ( anch' esso casuale ) e a cui solo in un secondo tempo segue l' adattamento.

Tornando alla pena perciò, seguendo tale teoria, in essa vanno distinti due aspetti: la forma e lo scopo. La forma è duratura, mentre lo scopo è fluido. Ed in base alla stessa teoria la forma o procedura sarà più antica della pena, era cioè preesistente alla stessa, e ad essa è stata adattata. Tutto all' opposto di ciò che si pensa attualmente e cioè che la procedura sia stata inventata appositamente per la pena.
In altre parole: E' DEFINIBILE SOLTANTO CIO' CHE NON HA STORIA. Non è un caso infatti che le utilità della pena siano talmente tante e varie che estrapolarne una sia veramente difficile anzi impossibile.

La fede popolare però è stata sempre indirizzata verso un aspetto particolare e cioè quello di risvegliare nel colpevole il sentimento di colpa. Nulla di più sbagliato. Non è certo nelle prigioni in cui si può trovare il rimorso o senso di colpa. Come del resto tutti i ricercatori seri convergono, anche se a malincuore. Anzi per molti versi è proprio la pena che arresta nel detenuto l' insorgere di qualsiasi sentimento di rimorso o cattiva coscienza proprio perché gli stessi crimini vengono commessi con buona coscienza dal potere che lo ha condannato. 

Vale la pena di prendere in considerazione ciò che afferma Spinoza, lui che aveva inveito contro i bestemmiatori che avevano relegato Dio agli effetti del destino destinandolo appunto ad agire soltanto ' sub ratione boni'. Spinoza cosa afferma sul morsus coscientiae? L' opposto del gaudium: 'una tristezza accompagnata dalla rappresentazione di un evento passato che si è compiuto  in modo contrario ad ogni aspettativa'. Tutt' altra cosa cioè di un 'Non avrei dovuto farlo'. E questo è appunto il modo in cui quasi ogni criminale interpreta la pena. Come un qualcosa che gli cade addosso all' improvviso e contro cui non è possibile lottare. L' effetto della pena è un acuirsi della paura e dell' intelligenza. Addomestica l' uomo, ma non lo migliora, anzi lo rende anche più cattivo.

La mia teoria è che la cattiva coscienza sia stato l' esito della più grande mutazione avvenuta nel corso della storia dell' uomo. E questa mutazione prende il nome di stato. Una qualsiasi organizzazione che costringe l' uomo a non poter dar più sfogo ai suoi istinti, alla sua libertà nell' agire ( volontà di potenza ). Tutti gli istinti che non si scaricano all' esterno però si scaricano all' interno. Questo è il processo che io chiamo ' interiorizzazione dell' uomo '. Questo è il processo da cui in seguito scaturirà l' anima. Una volta sottile e poi divenuta sempre più grande sotto la spinta dell' interiorizzazione della crudeltà fino a farsi immensa. La crudeltà, il piacere della persecuzione etc., una volta interiorizzati, in questo uomo rinchiuso nella sua gabbia, da cui vorrebbe uscire ma da cui non può, sono l' origine della cattiva coscienza.

Ma è anche ipotizzabile che - ' un' anima volontariamente divisa in sé stessa, che si procura dolore per il piacere di dare dolore, tutta questa cattiva coscienza' attiva, infine come un autentico grembo materno di avvenimenti ideali ed immaginari, ha partorito anche una quantità di nuove sorprendenti bellezze e affermazioni'- tra cui il concetto di bellezza. E soprattutto che questo processo scioglie anche l' enigma di come concetti contraddittori tipo altruismo, abnegazione, autosacrificio possano esprimere un ideale, una bellezza. Crudeltà, la natura  del piacere che prova l' altruista, chi nega e sacrifica sé stesso non è nient' altro che crudeltà. Soltanto la cattiva coscienza, , soltanto la volontà di maltrattare sé stessi costituisce il presupposto per il valore del non-egoistico.

A questo punto vorrei fare una considerazione. Sia questa parte che la successiva sono di una genialità, di una profondità e di una veridicità senza pari. Al di là del fatto se poi Nietzsche abbia ragione o no. Certo di qua e di là si può smussare qualche angolo. Qualche interpretazione può essere messa in discussione, ma l' aspetto filosofico e tutto ciò che concerne gli errori di un certo modo di pensare sono palesi. Errori che ci sono stati trasmessi e da cui ancora siamo tutti profondamente e incolpevolmente condizionati.
Incolpevolmente finché non siamo giunti al cospetto dell' opera di Nietzsche.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#126
La vera vita a riferimento di verità.

Sono diversi giorni che rifletto sulla domanda di Green Demetr sul rapporto prassi-teoria, e non ho trovato la benché minima possibilità o angolo prospettico che permetta di inquadrarlo anche nel campo etico. A me sembra che il rapporto prassi-teoria sia indispensabile in campo logistico, dove appunto si ha una situazione od un oggetto statico che è organizzato in un certo modo e che perciò corrisponde ad una prassi e che razionalmente si cerca di migliorare, o nel caso di un determinato problema si elabora un intervento che lo possa risolvere. Ma in campo etico si ha un oggetto che nel suo agire presenta un diverso numero di variabili di cui alcune superano in importanza proprio il rapporto prassi-teoria ( ad esempio l' istinto ). 

Solo ciò che non ha storia è definibile. Questa frase di Nietzsche ha, a mio avviso, una valenza enorme sull' argomento. Mio caro Green, l' errore in cui si incorre, in cui sono incorsi quasi tutti i filosofi e in cui incorriamo anche noi pensatori, è di pensare che dal momento che noi affrontiamo la vita in un certo modo ciò sia possibile per chiunque. Ma non è così!!  La maggior parte delle persone non pensano filosoficamente. I motivi non hanno importanza in questa sede. Ma questa è la realtà. Ed inoltre noi pensatori siamo spesso dell' opinione di riuscire a controllare il nostro modo di vivere grazie all' intelligenza e alla razionalità non rendendoci conto che è anch' essa un' illusione.

Del resto se la teoria potesse controllare la prassi si sarebbe già arrivati ad un modo migliore di gestire lo stato grazie anche al contributo di molti filosofi. Nel caso invece che tu intendessi chiedermi su quale sia la più auspicabile, non v' è dubbio che non ci si può esprimere neanche su questo. La teoria non può controllare la prassi ma neanche la prassi controlla né la teoria né sé stessa. L' uomo rimane un oggetto talmente sconosciuto e del tutto indefinibile che qualsiasi possibilità di applicare il rapporto prassi-teoria al campo etico cadrebbe nel vuoto.

Io vorrei che tu ti concentrassi proprio sull' opera di Nietzsche che tu ammiri tanto, quell' Umano troppo umano, da cui trasuda quasi ad ogni parola l' incontrollabilità dell' essere umano, un essere in cui l' orgoglio fuorvia incessantemente la possibilità di avere un approccio veritiero con ciò che viviamo. 
A livello personale ritengo che bisogna innanzitutto essere fortunati ad avere una discreta intelligenza, intuizione e capacità razionale. Che si abbia la possibilità di coltivarle. Di giungere al cospetto di quale sia l' importanza del conoscere. E grazie al conoscere cercare di diventare ( come mi sembra pensi anche Maral ) ciò che si è. Cosa che sinceramente è molto difficile. Ma anche una delle tante affermazioni con cui concordo pienamente con Nietzsche. 

I rischi sono molti, ma non è che essi svaniscano se la pensiamo in modo diverso. Ad esempio tutti sanno che il crollo della sicurezza, sia economica che fisica, del ceto medio porta quasi sempre ( ma toglierei il quasi ) a dittature, e su questo concordo con Cacciari. Ma tu vedi qualsiasi forza politica che si renda conto di quello che sta accadendo? Sia mai. Loro vedono il popolo solo come una massa da condizionare affinché lo stato sia possibile e con ciò anche il persistere del loro potere e privilegi. Altro non esiste. Sono ciechi che annaspano in cerca di un modo soltanto per rimanere a galla. Hanno uno sguardo strabico questi politici. Non vedono al di là de loro naso. Il problema c' è, è enorme e loro non si preoccupano. Non lo vogliono vedere. 

Questo per dire che noi possiamo fare qualsiasi cosa per avvertire di quale siano i rischi che concernono la situazione socio-politico-economica attuale, eppure nessuno ti sente, nessuno si preoccupa. Senza poi dimenticare a ciò che si sta facendo al pianeta, al progressivo dissolversi delle sue risorse. E questo quando scienziati, o meglio persone che si ritengono scienziati, dicono che ci dobbiamo abituare a vivere in queste condizioni perché indietro non si torna. Il che è tutto dire.

Grazie della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#127
La vera vita a riferimento della verità.

L' argomento è interessante e sinceramente contavo su un intervento di Memento che ha dimostrato in altre occasioni di poter esprimere quello che sostanzialmente sarà la base del mio discorso. L' argomento riguarda da vicino il terzo saggio di Genealogia della morale che ho incominciato ad approfondire nell' attesa di affrontarlo più avanti nel mio post su Nietzsche.
La teoria di Nietzsche sul filosofo dell' antichità ( greca e indiana soprattutto ) riguarda proprio questa aurea di ascetismo di cui si rivestivano, o meglio in cui era necessario che credessero per rendersi credibili. E' sempre molto difficile riuscire ad avere un occhio particolare sul passato perché purtroppo viene sempre filtrato da una serie di disinformazioni e incomprensioni derivate da cattiva gestione dei significati ( a volte purtroppo voluta ) del passato da parte del sistema in cui si vive e che ha tutto l' interesse che ciò avvenga.
Il comportarsi in un certo modo, esercitare terrore e rispetto al loro apparire era indispensabile per rendersi non solo credibili ma anche accettabili. Era un mondo diverso, dove il pensare contava poco e ripeto per molti versi molto difficile da figurarsi tanto da avere una visione veritiera del momento storico. Veritiera nel senso che abbia una certa parvenza di approssimazione alla realtà storica di quel periodo. E questo al di là di quale fosse la base del loro pensiero e quindi della loro filosofia.
La vita vera per certi versi era l' unico modo in cui il filosofo asceta poteva presentarsi. Per molti versi non aveva scelta. 
Ai giorni nostri, come in altri periodi storici recenti e non, alcune volte questo fenomeno si è ripresentato, con una differente possibilità di credibilità. Ma ai giorni nostri soprattutto, questa credibilità è quasi nulla. Appaiono ogni tanto in televisione questi scimmiottatori del personaggio aderente alla propria filosofia il cui unico risultato è quello di generare e provocare ironia ed ilarità. Personalmente rido sempre di gusto al loro apparire.

Altra cosa sarebbe l' auspicarsi che il filosofo viva la vera vita, e cioè il contesto del suo pensiero, in prima persona, facendosi anima e corpo portatore del suo pensiero filosofico. E forse c' è chi lo fa. Ma nel contesto storico in cui viviamo non fa notizia e perciò destinato a rimanere nell' oblio.

Ringrazio della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#128
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Certo queste sono solo supposizioni, anche perché è molto difficile e increscioso addentrarsi in tali argomenti. Inoltre per l' uomo moderno ( cioè noi ) è quasi impossibile ammettere che la cattiveria disinteressata ( sympathia malevolens di Spinoza ) sia qualcosa a cui in passato la coscienza abbia detto sì con tutto il cuore. Tanto che si potrebbe affermare che la crudeltà costituisca la più grande gioia festiva dell' umanità più antica e che sia mescolata a quasi tutte le sue gioie. Ma anche che la sua crescente spiritualizzazione e divinizzazione costituisca e attraversi la storia della civiltà superiore.

Se ci voltiamo indietro d' altronde non è passato molto tempo da quando non era possibile pensare a matrimoni e feste principesche senza esecuzioni capitali e i contemporanei di Cervantes leggevano a cuor leggero Don Chisciotte quando invece noi lo leggiamo con l' amaro in bocca. Veder soffrire fa bene e far soffrire fa ancora meglio, questa è una massima dura ma anche fondamentale, potente, antica. Senza crudeltà non c' è festa ed anche nella pena c' è molto di festivo.

E' necessario però anche affermare che allora la vita era molto più serena. Che i problemi sono cominciati proprio con la vergogna dell' uomo di fronte all' uomo. E che il gelido no alla vita ha preso piede proprio quando l' uomo ha imparato a vergognarsi dei propri istinti. 

Oggi che il dolore fa più male, lo ritroviamo associato ad appellativi che non risveglino nelle coscienze alcun sospetto. La compassione tragica e la nostalgia della croce rientrano tra questi. Ma ciò che indigna non è il dolore, ma la sua mancanza di senso. Mentre per gli antichi tutto era palese, e quando si ritrovarono di fronte a dolori nascosti si ingegnarono ad inventare divinità e spiriti a cui nulla poteva essere nascosto. In questo modo perfezionarono l' arte di giustificare il male. " Ogni male è giustificato, il cui spettacolo serva ad edificazione di un Dio ". Ma non solo, gli dei erano intesi come appassionati di spettacoli crudeli. Basti pensare a Omero che diede un senso alle guerre troiane ed altri orrori palesandoli come spettacoli di festa per gli dei.

Il baratto portò l' uomo a valutare, a diventare l' essere valutante in sé. E la sua vita ne fu permeata. Anche la giustizia. E mentre ad un primo livello il delinquente è colui che non solo viola un patto e non ripaga i vantaggi di cui ha beneficiato, ma anche colui che arriva a vie di fatto con il suo creditore ( la collettività ) e perciò ne viene respinto e trattato come fuorilegge, con il crescere della potenza la comunità incomincia a comportarsi diversamente. Tende cioè ad allontanare il delinquente dalla collera generale e ad isolarlo per quanto possibile dalla sua azione. Tendenza che bisogna ritenere sempre reversibile in caso di indebolimento e pericolo per la comunità stessa. Mentre la massima forza è l' auto annullamento della giustizia, che è una prerogativa del più potente e prende il nome di grazia.

Ai tentativi di cercare l' origine della giustizia sul terreno del reissentment ( Duhring ), Nietzsche contrappone la tesi che l' ultimo terreno conquistato dallo spirito della giustizia è quello del sentimento reattivo. Ma che in origine furono le forze attive che impegnarono una parte della potenza ed originarono la giustizia, proprio per allontanare il pathos del sentimento reattivo all' interno della comunità. E non è un caso che le stesse forze, non appena possono istituiscono le leggi. Ciò che dal loro punto di vista è giusto e ingiusto. Lecito e vietato. Ciò, come si è detto in precedenza, tende ad isolare il malvivente dalla sua azione e ad allontanare quanto possibile lo stesso dal sentimento reattivo.

L' istituzione della legge dà origine al diritto e al torto, sempre criticando Duhring che afferma che l' origine si ha nell' atto lesivo. Ma anche che gli stati di diritto devono essere pensati come transitori, come periodi in cui possano generarsi unità di potenza più grandi. " Un ordinamento giuridico ( fine del par 11 ) pensato come sovrano e generale, non come mezzo nella lotta tra complessi di potenza, ma come mezzo contro ogni lotta in genere,......., sarebbe  un principio ostile alla vita, ....., un attentato al futuro dell' uomo, un segno di stanchezza, un cammino tortuoso verso il nulla. " 

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta
#129
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
04 Novembre 2016, 14:53:54 PM
Nulla è contro-natura.

Ho seri dubbi che ciò che sia artificiale diventi naturale soltanto perché è l' uomo, elemento naturale, ad interagire con ciò che è naturale e trasformandolo appunto in prodotti artificiali. C' è qualcosa che non mi torna e poco logico in questo ragionamento. Ma anche ammesso e non concesso che gli OGM possano essere considerati naturali, ciò non ne inficia la possibile pericolosità. Non è infatti che la bomba atomica, se considerata naturale, tutto ad un tratto possa diventare anche innocua.

Sono d' accordissimo con Maral e Sgiombo sul fatto che sia prevalente il come riusciamo o non riusciamo ad andare in autostrada, ma che soprattutto nel contesto degli OGM non sappiamo affatto dove l' autostrada conduce e se le fondamenta resisteranno. A mio avviso, la strada ( o autostrada ) che si è intrapresa con gli OGM è molto pericolosa e dagli effetti che potrebbero essere devastanti. Quello che assolutamente ignoriamo sono gli effetti sulla natura, compreso l' uomo che ne farebbe ( ne fa ) uso alimentandosi. 

Poi sinceramente trovo veramente illusorio e sono profondamente pessimista sulla possibilità che gli OGM potrebbero risolvere la fame nel mondo quando attualmente vengono distrutte tonnellate di prodotti naturali perché considerati in eccedenza al fabbisogno del mercato. L' unico vantaggio economico a cui il capitalismo può tendere è la diminuzione dei costi di produzione che garantisce automaticamente guadagni maggiori. Oppure, e ciò mi spaventa ancor di più, che gli studi sugli OGM possano essere utili alla realizzazione di armi bio-chimiche, che non è assolutamente da scartare.

Ultima cosa che volevo aggiungere e su cui volevo far riflettere è che da quando è stato approvato l' uso dei cereali per la produzione di idrocarburi, le farine in commercio per l' uso alimentare stanno sempre più peggiorando di qualità, come di riflesso è peggiorata la qualità del pane e della pasta e di tutti gli altri articoli alimentari che vengono prodotti con i cereali. 

E' inutile velarsi gli occhi, questo è il capitalismo e c' è poco da illudersi. Soprattutto sugli OGM.

Garbino Vento di Tempesta
#130
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Un animale che possa fare delle promesse: non è questo il compito paradossale che la natura si è assunto e al tempo stesso il reale problema dell' uomo? 
Questo l' intrigante inizio del secondo saggio di Genealogia della morale: ' Colpa ', ' Cattiva coscienza ' e simili.
Un saggio che mi ha impegnato più del previsto perché molto più organico e complesso di quello che mi era apparso nelle prime due letture. Ma lasciamo parlare Nietzsche.

Un compito i cui risultati raggiunti stupiscono ancor di più se si valuta la grande forza avversa rappresentata dal dimenticare. Il dimenticare che non solo non fa giungere alla nostra coscienza molto di ciò che assorbiamo intellettualmente, ma che rappresenta un autentico guardaportone, tanto che nessuna felicità, presente, serenità è possibile senza smemoratezza. Eppure l' uomo attraverso l' educazione si è costruito la memoria, una facoltà che sospendendo il dimenticare possa permettergli di fare delle promesse.
Ma ciò significa che tra io voglio, io farò e l' atto stesso ha frapposto una serie di alterazioni che non permettano di far saltare questa lunga catena del volere. Un uomo perciò prevedibile, per la propria rappresentazione, per potersi fare garante come futuro, come chi fa chi promette.

Tutto ciò è stato reso possibile in millenni di eticità dei costumi, a prescindere da quanta durezza ed idiotismo abbia comportato. Il risultato finale è l' uomo che, liberatosi della catena dei costumi, è divenuto sovrano di sé stesso, libero e sovramorale ( non sovramortale come trovo nel mio testo ) e che può farsi garante del futuro ( probabilmente qui allude all' anticamera dell' oltreuomo ). E questo uomo sovrano, come chiamerà questa libertà rara, penetrata fin nel suo inconscio fin a farsi istinto? Non c' è dubbio che la chiamerà 'coscienza'.

Il termine coscienza che qui troviamo nel suo senso più alto e compiuto è però un frutto tardo. Per molto tempo acerbo e per un periodo ancora più lungo ancora da nascere. Ma perché questo ' oblio vivente ' potesse essere distratto dalla sua smemoratezza sono occorsi metodi durissimi. Si marchia con il fuoco per evitare il dimenticare, soltanto ciò che non cessa di far male, rimane nella memoria.
Sangue, torture, sacrifici ( tra cui quello del primogenito ), atroci mutilazioni ( castrazioni ), le crudeli ritualità di tutti i culti religiosi ( ogni religione è un sistema di crudeltà ), sono stati necessari a questo scopo.
Anche l' ascetismo non è che questo: una forma di crudeltà. Un paio di idee devono essere rese indelebili e onnipresenti e tutto il rituale che ne consegue è il modo in cui queste idee divengono indimenticabili.

La durezza della legislazione penale, un po' dappertutto, è la testimonianza di quanto sia stato difficile a che cinque o sei non voglio venissero marchiati in profondità in questo animale vittima delle sue passioni e desideri. Esigenze sociali da un lato e possibilità di vivere nei vantaggi della società dall' altro. E grazie a questa specie di memoria si è arrivati alla ragione. Questo accessorio di lusso che ha una scia di sangue e di orrore inenarrabile.

Rimane però il problema di come sia nata la coscienza della colpa, la cattiva coscienza.
Naturalmente i nostri genealogisti della morale sbagliano su tutto, non valgono nulla. Non hanno la capacità, l' intuito e l' istinto storico, come una seconda vista, per poter determinare una qualsiasi possibilità d' accesso ad una verosimiglianza con ciò che è accaduto. 
La colpa, sempre secondo Nietzsche, ha l' origine nel concetto di debito e in origine la giustizia non si basava sul concetto che il delinquente dovesse essere punito perché avrebbe potuto agire diversamente; questa è una forma tarda e raffinata del giudicare e dedurre. Ma si puniva come spesso ancora oggi i genitori puniscono i propri figli, sotto l' impulso della collera per il danno subito. Il dolore del colpevole che compensava il danno subito. E questa equivalenza trae la sua origine proprio dal rapporto contrattuale tra debitore e creditore.

Per rendere credibile la sua promessa, il debitore offriva in pegno qualcosa che possedeva, la sua donna, la libertà, il proprio corpo e persino la vita. Ma anche la sua beatitudine, o come in Egitto persino la sua pace dopo la morte. Infatti neanche dopo la morte il debitore trovava pace dal creditore. Ma proprio nei confronti del corpo del debitore il creditore poteva usare ogni genere di offesa a saldo del debito. Per altro sono noti i dettagli di taluni parametri valutativi per le singole parti del corpo a compensazione di un debito non riscattato. E' già un bel passo avanti il diritto romano che stabiliva l' indifferenza di ciò che dovesse essere asportato per compensare il danno subito.

Ma ciò che comunque traspare è la compensazione del danno che non potendo avvenire con un risarcimento in denaro avveniva attraverso la possibilità di poter dare libero sfogo alla violenza nei confronti di un altro essere umano. Il piacere di fare del male per il piacere di farlo.E nel caso in cui la pena fosse già stata affidata all' autorità, di vederlo disprezzato e maltrattato. Perciò in un mandato o in un diritto alla crudeltà.

Ringrazio Green Demetr e Maral per gli interventi. La lettura di questo post penso che possa giustificare il ritardo nelle risposte. Grazie per la cortese attenzione. Alla prossima.

Garbino Vento di Tempesta.
#131
Essere razionale è una scelta?

X Sgiombo. Se ho capito bene mi si contesta la differente potenzialità di base a livello genetico. A mio avviso, ciascun individuo ha un preciso grado di potenzialità genetica che gli viene trasmesso dai genitori. Ed è per questo che ritengo primaria la fortuna di possedere un buon patrimonio genetico. Sul resto sono completamente d' accordo. Infatti, se pur non dilungandomi, la mia intenzione era proprio quella di riferirmi a tutte le variabili a cui si accenna nel post di Sgiombo.

Ciò non toglie che comunque è sempre la fortuna a decidere, o il caso se vogliamo. Sia per quanto riguarda la potenzialità iniziale, sia per quanto riguarda le condizioni ambientali in cui ciascun individuo si viene a trovare dalla sua nascita.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#132
Essere razionale è una scelta?

Un saluto a tutti e confesso che mi dispiace di aver notato questa riflessione inserita da Dr Evol, che saluto cordialmente, soltanto adesso. A mio avviso, ne è sorta una discussione molto interessante da cui però devo forzatamente restare fuori per via del compito che mi sono posto e che mi impegna a fondo.

Comunque una piccola riflessione volevo aggiungerla e passo ad esporla.
L' uomo è un essere dotato di razionalità e su questo non si discute. Ma anche che ogni individuo ha un preciso grado di razionalità raggiungibile. Infatti si va dallo 'scemo' al 'genio'. Poi naturalmente, per diversi ed ovvi motivi, ciascuno raggiunge un determinato grado della sua potenzialità razionale.

Da queste premesse, sempre a mio avviso, scaturisce che la possibilità di scelta di essere razionale aumenta in base al grado di potenzialità raggiunto, ma può anche essere assente.
Sempre in base a queste premesse, direi che, come al solito, tutto si riconduce alla fortuna di essere stato dotato di una buona base genetica e di aver potuto sviluppare l' attività razionale nel miglior modo possibile.

Inoltre bisogna considerare che qualsiasi attività umana spesso sfugge a fattori squisitamente logici, perciò può anche accadere che si ci ritrovi ad essere razionali non per scelta ma per altri motivi, che possono essere legati ad esempio alle spinte irrazionali del nostro sommerso. 

Per il momento devo fermarmi qui perché ogni ulteriore approfondimento, come ad esempio quello che riguarda il legame tra felicità etica e razionalità ci porterebbe molto lontano e magari lo riprenderemo in un momento meno delicato ( soprattutto per la mia salute psichica, ah ah ah!! ).

Vi ringrazio della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#133
L' irrilevanza del filosofo ( non della filosofia.... )


I rischi al giorni d' oggi sono sicuramente notevoli. Le persone sono distratte dai propri problemi, spesso di fretta, e in queste condizioni le capacità di valutazione, specialmente se si è alla guida di un veicolo, sono alquanto compromesse. Se poi vi si aggiunge una caratterialità che possa aumentare tali stati, si capisce al volo che attualmente è necessario essere sempre molto presenti a sé stessi, se si è capaci, in qualsiasi momento e specialmente in zone già a rischio anche in situazioni normali.
Comunque ci rallegra il fatto che Sariputra sia uscito indenne da una situazione alquanto pericolosa e speriamo che questa introduzione gli possa essere utile, anche se riteniamo che non vi sia nulla di nuovo in quanto si è appena detto.

Piuttosto che sull' irrilevanza del filosofo sarebbe forse il caso di parlare o discutere sull' irrilevanza della dialettica, anche se ritengo che le cose stiano in modo molto differente.
La radicalizzazione delle proprie idee o convinzioni è naturalmente un fatto molto umano, a cui non sono sfuggiti neanche i filosofi maggiori, figuriamoci gli altri. Il problema è che tale radicalizzazione può dipendere da più fattori, e quasi mai gli stessi per ciascun individuo. Quello che intendo dire è che ciascuno ha il suo excursus culturale, il proprio carattere, e il proprio ambiente di crescita, e ciò rende un discorso generalizzato quasi impossibile.
Poi naturalmente anche l' età conta. Se non si ci è abituati a ristrutturare il proprio pensiero, leggi idee e convinzioni, è ovvio che più si va avanti con l' età e più è difficile rendersi conto che è necessario sottomettersi ad un tale processo. Spesso si cambia poco o neanche una virgola, ma è molto utile. 
Inoltre sono convinto che, anche se le persone dimostrano di avere un pensiero radicalizzato, sottoporsi ad un confronto dialettico è comunque positivo. E questo perché anche a costoro, a lungo andare, i pensieri degli altri interlocutori, come tarli, provocano più spesso di quanto si creda mutamenti, a volte anche profondi. 

Naturalmente per i filosofi le cose spesso stanno in un modo molto diverso. Ed è ovvio che se l' inizio di tutto è basato su di un' intuizione di cui poi diventano strenui avvocati e difensori, tutto si complica. E si può stare tranquilli che non cederanno neanche un millimetro su quanto hanno intuito.

Degli ebeti non vale neanche la pena parlare. Sono coloro che mangiano a bocca aperta tutto ciò che gli si propina. Ed è sufficiente sentire i discorsi di molte persone su ciò che trovano su internet, e specialmente su facebook, per capire che la capacità critica è comunque necessaria per non farsi abbindolare da chi cerca di provocare panico e disinformazione sul web.

  Grazie per la cortese attenzione.

  Garbino Vento di Tempesta
#134
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Una premessa a posteriori che ritengo necessaria, sono talmente concentrato sul secondo saggio che ho serie difficoltà a concentrarmi su altro. Mi scuso inoltre sempre per lo stesso motivo con Green Demetr, a cui rinnovo la mia stima, se dovesse riscontrare una certa durezza di esposizione.

 Ringrazio Green Demetr sia per le critiche espresse nel suo post sia per avermi detto, inconsapevolmente ed implicitamente, che stavo seguendo la strada che mi ero prefisso. E cioè una lettura e studio che non si discostasse da ciò che Nietzsche ha espresso nell' opera.

Al tempo stesso però mi è anche sorto il dubbio che non fossi stato sufficientemente chiaro e perciò cercherò di rispondere alle domande in modo che non ci possano essere dubbi su quanto da me esposto.

Probabilmente è vero che Nietzsche in UTU affronta i rapporti tra il popolo ebraico e il Cristianesimo in modo separato, ma in Genealogia della morale afferma chiaramente che Il Cristianesimo è scaturito dall' odio che gli Ebrei nutrivano per Roma. Una vendetta geniale, la figura di Cristo come massima seduzione nei cui confronti persino Roma poteva soccombere. 

Questo è ciò che Nietzsche afferma: prendere o lasciare. E comunque nulla a che fare con la cultura. 

Il decidere: è ovvio che nessuno decide nulla, e che ognuno è quel che è. Ma quello che afferma Nietzsche è che mentre il modo aristocratico di vivere scaturisce dalla forza, quello Cristiano scaturisce da una debolezza che ritiene di essere forza. Un debole cioè che ritiene di scegliere di essere buono perché è forte e che invece è buono proprio perché debole.

Anche l' aspetto politico, qui non vi entra affatto e mi si salvi dalla demagogia del fascismo di richiamarsi alla Roma Antica. Qui si parla dell' uomo e del modo in cui è e che invece dovrebbe essere. Quello che afferma Nietzsche è che la debolezza è sintomo di malattia, e che se non vi sono mutazioni l' uomo perderà l' accesso al futuro.


Mi sono poco chiari gli aspetti logici, che sinceramente mi sembrano erronei ed estranei a Nietzsche, e la falsità consapevole. Su questi argomenti vorrei un chiarimento ( anche via mail ) per poter esprimere un' opinione. Spero solo che non si voglia ipotizzare che Nietzsche abbia voluto affermare il falso consapevolmente. L' unica cosa che conta per me è il testo. Ciò che Nietzsche ha scritto.  

Sui dieci anni di silenzio, che ritengo essere gli ultimi della sua vita, l' ipotesi più probabile, sempre a mio avviso, è che dopo L' Anticristo Nietzsche abbia superato la soglia della follia e che non abbia più fatto ritorno. 

Ognuno ha il suo abisso e deve imparare a gestirlo e a conviverci, se non vuole esserne risucchiato.

Spero che Green Demetr sia soddisfatto di questo chiarimento. Altrimenti siamo sempre qui.

Ringrazio per la cortese attenzione e vi rimando al prossimo post.

Garbino Vento di Tempesta.
#135
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

 Sto preparando il secondo saggio e sono talmente perplesso su come affrontarlo che il tempo mi sfugge via dalle dita con una velocità impressionante. Sono molto fiducioso però che nonostante la complessità dello stesso riuscirò a trovare il modo di riportarne fedelmente la mia interpretazione, che per altro è in continua evoluzione. Sinceramente mi sembrava di averlo inquadrato bene, ed invece ad ogni lettura rilevo qualcosa di nuovo che rende tutto più difficile.

Comunque per il momento torniamo alla scaletta prevista e, per prima cosa, devo ringraziare Maral per l' aneddoto su Nietzsche che non conoscevo, ma che conferma l' errore in cui molti incorrono cercando di inquadrare il superamento della morale in Nietzsche. Come Maral afferma infatti Nietzsche non intende che il no rivolto alle morali passate debba significare una amoralità volta al lassismo e al divertimento, ma una moralità maggiore di cui l' individuo diviene creatore e in cui si riconosce. E all' apice di tale processo c' è l' oltreuomo che, tornato bambino, crea nuovi valori grazie all' arte che finalmente può sviluppare essendosi liberato di ogni vincolo morale con il passato. E naturalmente l' uomo moderno ha preso il percorso inverso e cioè quello del lassismo e del degrado morale assoluto.

Per quanto riguarda la riflessione di Lady Joan Marie, posso tranquillamente affermare che più volte abbiamo affrontato l' argomento ravvisando l' abisso che separa Nietzsche e D' Annunzio. E l' argomento appena riportato lo conferma chiaramente. D' Annunzio è chiaramente un rappresentante di una moralità in disfacimento, tanto cara all' uomo moderno. E per molti versi purtroppo l' inevitabile destino e la sua fatale disgrazia.

A filosofia 1 rispondo che anche se non ho capito molto bene cosa lui intenda, il mio intento è uno studio su Genealogia della morale. La percezione della verità su base storica di ciò che l' uomo percepisce come tale in un' analisi intima ed interiorizzata potrebbe essere l' argomento di un altro post. Oppure un argomento da riprendere più tardi con una chiarezza ed estensione che non lasci scampo a dubbi o incomprensioni.

Il fare. O il far fare. Questo argomento del primo saggio ( nel par. 13 e che serve a Nietzsche per convalidare qualcosa che abbiamo già affrontato ) l' ho lasciato per ultimo per due motivi. Il primo è che a livello linguistico proprio non saprei come affrontarlo. Il secondo è che su base logica questo è stato forse il pensiero di Nietzsche che ho accettato immediatamente e senza remore. E questo perché fin dalle medie inferiori ho sempre provato perplessità per il modo in cui le scienze arrivavano a conclusioni strane, proprio per come afferma Nietzsche, in modo che per me è stato illuminante, pensando che dietro il fare ci sia sempre un sostrato che possa decidere se agire o no. Ma se ciò è già molto complicato ipotizzarlo per l' uomo, per quanto riguarda tutto il resto ( natura, atomi, forze etc...) si tinge addirittura di assurdo. 

Come ho già detto altrove, il filosofo del futuro dovrà necessariamente confrontarsi con tale problema e cercare di risolverlo. Altra strada non c' è, se si soffre e si vive per la conoscenza.

Al prossimo post e grazie per l' attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.