Citazione di: acquario69 il 01 Luglio 2017, 14:28:18 PMAmin Markouf non dice che l'identità si riduce ad essere alla sola appartenenza, Acquario, ma dice:
Prima concordi col fatto che le identità sono fondamentali e poi mi sembra ti contraddici asserendo che sarebbero solo delle etichette e arrivi addirittura a dire che non esistano nemmeno tra uomo o donna, maschio femmina.
e poi lo dice Amin maakouf che secondo lui l'identita si riduce ad essere alla sola appartenenza e che questa sia portatrice di atteggiamenti parziali, settari,intolleranti..insomma tutto il peggio che possa venir fuori da un essere umano....ecco e allora cosa sarebbero queste affermazioni se non pregiudizi, esattamente come li ha elencati lui..parziali,settari e intolleranti...si dev'essere guardato allo specchio e gli e' ritornato il riflesso della sua stessa immagine.
Per potersi mettere al posto degli altri (come dice lui) bisogna prima averla un identita, altrimenti diventa impossibile...e' questa la funzione dell'identità
lo ribadisco qui sotto (per l'ultima volta -da parte mia- visto che non credo di poter aggiungere altro)
ma apertura va ricordato ancora una volta che non significa affatto che non debbano più esserci dei limiti (identità diverse). le identità non vanno appunto distrutte per far si che al loro posto subentri un mondo cosmopolita del nulla, spacciato invece per "umano"...che di umano in questa maniera non rimarrebbe proprio più niente!
"Quella che riduce l'identità a una sola appartenenza, radica gli uomini in un atteggiamento parziale, settario, intollerante...". E' la riduzione dell'identità a una sola appartenenza il problema (ridurre a "questo è un musulmano e nient'altro", "questo è un cristiano e nient'altro", "questo è un negro e nient'altro" e pure "questo è un fascista o un comunista e nient'altro", ecco il problema e quindi tutto il peggio che consegue, insieme al voler essere musulmani e nient'altro, cristiani e nient'altro, negri o bianchi e nient'altro ...).
Il problema è in "quella che riduce" e non l'identità, l'identità è la vittima che subisce la riduzione, non il soggetto che riduce. E spesso "quella che riduce" è la paura e l'alienazione che si rifugia nella ferocia dello spirito tribale, l'ottusità più proterva che esige a noi, uniti nella stessa etichetta, l'annientamento dell'altro immaginando così una giusta nemesi che ripaga torti subiti e certamente da subire.
Non c'è quindi alcuna contraddizione nel ritenere fondamentale l'identità (è quello che siamo, o meglio, è quello che stiamo diventando in ogni istante della nostra vita senza esserlo mai, poiché solo all'ultimo istante lo saremo, forse) ma abominevole l'etichetta che è cosa diversa. L'etichetta (musulmano, cristiano, ateo, africano e via dicendo) è una parte dell'identità assunta come tutto di quell'individuo, quindi non è l'identità, ma la sua contraffazione di comodo, è violenza sull'identità, anche quando a compierla siamo noi stessi pensando di definirci insieme per avere la forza dell'insieme. L'etichettatura dell'altro esige la nostra etichettatura, quindi la violenza compiuta sull'identità dell'altro è sempre violenza che compiamo su noi stessi. Certo, che tutti abbiamo in noi la possibilità di commettere questa violenza distruttiva e autodistruttiva, l'Africano, come l'Europeo, io e Maakouf compresi, e quindi è vero, la si vede prima di tutto in se stessi, fa parte del modo di essere dell'umano, ma la diversità sta nel rendersene conto, quindi nel prenderne le distanze, nel capire che "Quella che riduce l'identità a una sola appartenenza", pur agendo in tutti, compresi noi stessi, ha conseguenze tremende sulle nostre esistenze e, soprattutto oggi, sull'esistenza della intera comunità umana. Quindi, se ce ne rendiamo conto potremo regolarci di conseguenza per mantenere sempre l'apertura nell'incontro inevitabile, che come dici, pone dei limiti, ma in cui nessun limite è invalicabile, nessun limite chiude e conclude, al contrario ogni limite fa apparire il suo oltre limite, ogni limite è solo un punto di partenza e quello che siamo sarà diverso e questo diverso è proprio quello che siamo, ma anch'esso con il suo limite e così via.
L'alternativa è solo volere la morte. Morte di ogni altro, ossia morte di se stessi, riassunti in etichette come zombie mutilati che, affamati di vita, possono vivere solo del loro odiarsi e del loro annientarsi.