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Messaggi - Apeiron

#121
Rispondo all'interventi #109, #110, #111 di @sgiombo,

CitazioneE' del tutto evidente che, finché non sottoponiamo a critica razionale le nostre credenze, tendiamo (col senso comune) ad illuderci circa il nostro (preteso) libero arbitrio.
Quindi per te è un illusione...un'illusione per te dovuta alla nostra ignoranza ma pur sempre una illusione. E, infatti, serva l'analisi dell'esperienza per ipotizzare che si tratta di un'illusione.

CitazioneLa le nostre azioni possono benissimo essere autonome (== non determinate da estrinseche "cause di forza maggiore" ma da cause "nostre", intrinseche a noi stessi) anche in assenza di libero arbitrio (e in più, solo in questo caso ne possiamo essere considerati eticamente responsabili).

Questo è il classico argomento del 'compatibilismo', che secondo me non ha senso. Se le nostre azioni sono inevitabili, sono inevitabili. L'autonomia è puramente illusoria. A meno che non si creda che, in qualche modo non si è 'dentro' l'universo.
Se le azioni sono inevitabili, parlare di autonomia per me è del tutto incomprensibile. Ovviamente, si può dare al termine 'autonomia' il significato che si vuole. Ma non credo che i robot possano essere definiti 'autonomi'. Nel tuo modello, in pratica, l'unica differenza tra noi e i robot è la presenza di 'esperienza soggettiva' - ma le nostre azioni sono tanto inevitabili quanto quelle dei robot...

CitazioneIl determinismo é indispensabile per formulare qualsiasi legge fisica, cioè affermare che (in assenza di limitazioni o determinazioni spaziotemporali; ovvero "sempre ed ovunque") la realtà fisica materiale segue determinate regole universali e costanti (per l' appunto) nel suo divenire, astraibili come generalità da- (-i mutamenti de-) -i fatti particolari concreti.

Il determinismo non è 'fondamentale'. Il probabilismo fa, in realtà, la stessa cosa. Infatti, è pure facilmente esprimibile in forma matematica.
Inoltre, non è 'fondamentale' pensare che i nostri corpi evolvono solo secondo 'leggi deterministiche'.

CitazioneAltrimenti potremmo averne soltanto una conoscenza meramente "episodica" o "aneddottica": nessuna equazione esprimente inesistenti modalità astratte universali e costanti del divenire, ma unicamente la giustapposizione di (osservazioni di) fatti particolari concreti...

No, si possono fare anche, in linea di principio, descrizioni matematiche non-deterministiche universali. (Per esempio, da quanto ho capito alcuni tentativi dell'estensione della teoria di de Broglie-Bohm alla 'teoria quantistica dei campi' prevedono che ci siano sia fenomeni probabilistici sia fenomeni deterministici...). Inoltre, in ogni caso, si può anche pensare che non ci siano leggi che si applicano in ogni situazione  ;)

CitazioneSenza determinismo (x l - d) nessuna possibile conoscenza scientifica!

Secondo me dai un'importanza esagerata al determinismo. Anzi, sinceramente non ho mai compreso questa tua fiducia nel determinismo. Non vedo perché, per te, è così fondamentale. Da un lato riconosci l'importanza dello scetticismo di Hume. Dall'altro lato, postuli il determinismo e non accetti la possibilità che la realtà possa non essere deterministica. Onestamente, non riesco a capire il motivo. Posso capire perché non accetti il libero arbitrio (il che non è né deterministico né probabilistico) o, in generale, una violazione della chiusura causale. Ma non capisco perché per te la realtà debba per forza essere deterministica.

Citazione
Inoltre per stabilire leggi fisiche espresse da equazioni matematiche ( e dunque applicabili al calcolo e all' agire finalizzato) é necessario misurare quantitativamente enti ed eventi fisici materiali, poter ricavare e trattare matematicamente numeri.

Certo, ma questo non fornisce alcuna 'prova' che il determinismo sia vero!

CitazioneE' quanto sostenuto da Eccles e Popper (e più volte ricordato da CarloPierini); ma (rimando per le argomentazioni alle rispettive discussioni nel forum con lui) secondo me empiricamente falsificato (per ironia della sorte "a là Popper"!).
Peraltro presupponendo il non incontrovertibile carattere ontologico e non solo gnoseologico dell' indeterminismo quantistico.

Personalmente, non sostengo le teorie di Eccles. Non conosco le teorie di Popper a riguardo della chiusura causale.
Ma non penso che la falsificazione di tali teorie equivalga alla falsificazione del 'libero arbitrio'.

CitazioneMa anche in generale, se la volontà immateriale può interferire nel divenire della materia, allora nessuna certa verifica/falsificazione sperimentale di ipotesi e teorie é possibile...

E quindi? Anzi - onestamente credo che, in linea di principio si potrebbe addirittura falsificare. In pratica, non penso  ;)

CitazioneParadosso di Andromeda
...
Il tempo scorre(esistono passato, presente e futuro), anche se (fatto filosoficamente irrilevante!) diversamente (ma in maniera determinatamente stabilita da intersoggettive regole deterministiche di correlazione e calcolo delle differenze fra di essi) nei diversi sistemi di riferimento.
Invece, io la vedo abbastanza chiaramente. E non è collegata al fatto che il 'tempo scorre' diversamente.
Invece, è legata al fatto che il 'presente' dei vari riferimenti è diverso.

Lo stesso evento può essere ritenuto 'presente' da un osservatore O e 'futuro' da un osservatore O'. Se si accetta che lo spazio tridimensionale relativo al 'presente' di ogni osservatore è 'reale', mi sembra abbastanza chiara la conclusione dell'argomento di Rietdijk-Putnam (e di Penrose). Prova a riflettere sul diagramma di Minkowski presente nell'articolo e a chiederti quali sono gli eventi che appartengono al 'presente' di ogni osservatore. Sinceramente, non credo di riuscire a spiegare la cosa meglio di quanto ho fatto e di come è spiegata nell'articolo. Quindi, a meno che non mi vengano altre idee su come spiegarla meglio, non vado oltre.

Non capisco come questa tua asserzione (asserzione #1):

CitazioneAPEIRON
Interpretazione per cui la 'legge' è una regolarità contingente. In pratica, non c'è alcun campo o alcuna proprietà che spiega il moto delle particelle, semplicemente si muovono. Posizione detta 'Humeiana'...

SGIOMBO

Povero Hume!


Questa é una negazione pura e semplice della (possibilità di) conoscenza scientifica (vera) ! ! !

e questa (asserzione #2):

CitazioneAPEIRON
In questo articolo (in Inglese) viene preferita la seconda versione della '3' e si critica la prima in questo modo (si critcano anche la '1' e la '2' ma per motivi troppo lunghi da spiegare e che poi non c'entrano con quello che voglio dire a sgiombo):


Citazione

CitazioneOn the question of Humeanism versus dispositionalism we side with dispositionalism, since we take it to be a sound demand to call for something in the ontology that accounts for the temporal development of the elements of physical reality and that grounds the law of motion, thus providing for real connections in nature.
Citazione

CitazioneTraduzione: "Nella discussione tra Humeanismo e disposizionalismo, noi accettiamo il disposizionalismo perché riteniamo che è una richiesta sensata quella di chiedere qualcosa nell'ontologia che spiega l'evoluzione temporale degli elementi della realtà fisica e che dà un fondamento alla legge del moto, fornendo quindi connessioni reali nella natura"
SGIOMBO
E cosa sarebbe mai questo "qualcosa che spiega"?

Dio o che altro?

possano essere consistenti...In pratica per la #1, negare che ci sia "alcun campo o alcuna proprietà che spiega il moto delle particelle" è una "negazione pura e semplice della (possibilità di) conoscenza scientifica (vera) ! ! !" mentre per la #2, affermare che "qualcosa spiega l'evoluzione temporale della realtà fisica o che dà un fondamento alla legge del moto" è, invece, un'affermazione che necessita di una critica severe quasi fosse una affermazione (per te) di natura pseudo-scientifica. Il problema è epistemologico? Nel senso che non possiamo sapere "cosa spiega il moto delle particelle"?

CitazioneInfatti non sono un istrumenalista (hai ragione a non aspettartelo, perché così non é).
Semplicemente rilevo che nella ricerca di spiegazioni (come anche di cause) o ci si ferma prima o poi a un certo punto (ammettendo di ignorare -almeno al momento- l' "oltre a ciò") oppure si cade in un regresso all' infinito o in alternativa in un circolo vizioso: l' uomo non é onnisciente!

L'uomo non è onnisciente. Chiaro. Ma non ci vedo niente di male nel provare a fare ipotesi su cosa possa essere la ragione che "spiega l' evoluzione temporale della realtà fisica".

E qui c'è un'altra cosa che non capisco. Per te queste ipotesi sono problematiche da un punto di vista scientifico perché nella ricerca di spiegazioni si arriva a problemi. Eppure, per te, la realtà è per forza deterministica.

Dunque, secondo me, tu e gli 'instrumentalisti' avete in realtà molto in comune. L'unica differenza è che gli 'instrumentalisti' non fanno l'ipotesi che la realtà debba essere per forza deterministica. Da un punto di vista puramente 'Humeano', secondo me la loro posizione è meno problematica della tua  ;D


CitazioneInnanzitutto stento a trovare qualcosa di scientifico (e anche solo di razionalistico) in queste elucubrazioni circa "l'universo come un singolo sistema quantistico".

Il significato è se puoi considerare (assunzione #1) l'Universo intero come un singolo sistema fisico (così come consideri la sedia un sistema fisico), allora presumibilmente (assunzione #2) allora anche ad esso puoi applicare la meccanica quantistica che si ipotizza (assunzione #3) essere universalmente applicabile.


CitazionePoi mi sembra ovvio che se consideriamo l' universo in toto (dall' inizio alla fine del tempo; o comunque intendendo il tempo in toto anche in caso di infinità dello stesso) il divenire temporale é tutto "interno" ad esso e non può comparire come applicato alla totalità medesima (che tautologicamente non ha e non può avere un "prima" e un "dopo", non può mutare in un più ampio contesto che ecceda la totalità stessa, dato che per mutare bisogna innanzitutto esserci).

Effettivamente, hai centrato il punto. Secondo tali equazioni, la funzione d'onda - ovvero lo stato quantistico - dell'universo è stazionario, non evolve. Quindi lo stato 'non cambia'.
Eppure noi osserviamo un'evoluzione del tempo - più precisamente, ci sembra che ci sia il 'divenire' e ci sembra che il passato non esiste più e il futuro non esiste ancora. Questo è il 'problema del tempo' in cosmologia.
Ora, se lo stato dell'universo non evolve, come possiamo concepire, noi, l'evoluzione temporale che osserviamo?

Secondo Rovelli è possibile (ma le sue spiegazioni non mi convincono - e, ripeto, visto che non sono un esperto, può benissimo essere dovuto al fatto che la mia conoscenza è limitata). Secondo altri, no.
Secondo me le assunzioni alla base di tale teoria sono problematiche (a parte, forse, l'assunzione #3).  

CitazioneMa come si fa a definire meramente apparente o illusorio qualcosa che realissimamente 'emerga' nell' ambito del realissimo universo quadridimensionale (dunque implicante. fra l'altro, la dimensione temporale)?

Quello che sarebbe illusorio, in questo caso, è il divenire.

CitazionePerfettamente e direi entusiasticamente d' accordo su questo ! ! !

Però bisogna anche avere la razionalistica consapevolezza dei limiti della nostre conoscenze e non pretendere di colmare il razionalmente impossibile con l' irrazionale.


Sono d'accordo con te. Ma, a quanto pare, abbiamo due concezioni di 'razionale', di 'irrazionale' e di 'ragionevole' (che è una via di mezzo) incompatibili. Non credo che uno dei due verrà convinto dalle argomentazioni dell'altro riguardanti il determinismo, il libero arbitrio e la 'chiusura causale' e, forse, anche la questione della 'dinamica' (intesa come spiegazione del moto).
Quindi, non so se continuerò la discussione su tali argomenti - il rischio che continuiamo 'ad infinitum' (ovviamente, non in senso letterale)a ripetere le stesse cose è abbastanza elevato  ;D
#122
Riguardo al problema di prendere come fondamento dell'etica l'osservazione empirica, credo di aver detto qualcosa di utile a questa discussione anche  qui :
CitazioneLa scienza può sì dare una spiegazione sul perchè "preferiamo" l'amore rispetto all'odio, l'altruismo rispetto all'egoismo... Ma e questo lo aggiungo io, seguendo (in parte in realtà) Wittgenstein, "Ebbene questo Libro [scritto da un fantomatico "uomo onnisciente" che conosce tutti i fatti e gli stati mentali di ogni uomo...] conterrebbe la totale descrizione del mondo; e quello che voglio dire è, che se questo libro non contiene niente che possiamo chiamare un giudizio etico e niente che logicamente implica un tale giudizio... Se per esempio nel nostro Libro leggiamo una descrizione di un omicidio con tutti i suoi dettagli psicologici e fisici la mera descrizione di questi fatti non contiene nulla che possiamo chiamare una proposizione etica. L'omicidio apparirà allo stesso livello di ogni altro evento, per esempio la caduta di una pietra. Certamente la lettura di questa descrizione potrebbe causarci dolore o rabbia o ogni altra emozione, o noi potremo leggere qualcosa a riguardo del dolore o della rabbia causata da questo omicidio in altre persone quando ne hanno sentito palare, ma ci sarebbero sempre fatti, fatti, e fatti ma non ci sarebbe l'Etica... non potremo scrivere un libro scientifico, il cui argomentosia intrinsecamente sublime o superiore rispetto ad ogni altro" *


Wittgenstein ci sta dicendo che se anche la scienza ci spiega il motivo "biologico" per cui "preferiamo" certi comportamenti, nessuna spiegazione ci sarebbe data su cosa è questa "preferenza". Prendendo poi spunto dal Tractatus Logicus- Philosophicus proposizione 6.41 (da qui in poi TLP 6.41):
"Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non v'è in esso alcun valore - né, se vi fosse, avrebbe un valore.

Se un valore che ha valore v'è, dev'esser fuori d'ogni avvenire ed essere-così. Infatti ogni avvenire ed essere-così è accidentale"
...
Ossia per dirla in termini più comprensibili il fatto che noi cerchiamo ciò che ha valore suggerisce che l'Etica abbia una radice molto più profonda nel nostro essere rispetto alle contingenze. Anzi è l'etica che ci fa ricercare qualcosa "ch'è più alto" (TLP 6.42). Se la scienza può solo descrivermi le cose, dirmi perchè noi preferiamo questo o quello ma non riesce a spiegarmi cosa è il valore allora rimaneggiando la proposizione TLP 6.42: "le proposizioni" (scientifiche) "non possono esprimere nulla ch'è più alto."

*questa citazione deriva dalla "Lezione sull'Etica" di Wittgenstein. La citazione in esame era precisamente:

Citazione"Supponiamo che uno di voi sia una persona onniscente e per questo motivo conosca tutti i movimenti di tutti i corpi vivi o morti nel mondo e che conosca tutti gli stati mentali di ogni essere umano che abbia mai vissuto, e supponente che questo uomo scriva tutto ciò che conosce in un grande libro. Ebbene questo libro conterrebbe la totale descrizione del mondo; e quello che voglio dire è, che se questo libro non contiene niente che possiamo chiamare un giudizio etico e niente che logicamente implica un tale giudizio. Conterrebbe ovviamente ogni giudizio relativo di valore e ogni vera proposizione scientifica che può essere fatta. Ma i fatti descritti sarebbero allo stesso livello così come le proposizioni starebbero allo stesso livello. Non ci sono proposizioni che, in un qualsiasi senso assoluto sono sublimi, importanti o banali... Se per esempio nel nostro Libro leggiamo una descrizione di un omicidio con tutti i suoi dettagli psicologici e fisici la mera descrizione di questi fatti non contiene nulla che possiamo chiamare una proposizione etica. L'omicidio apparirà allo stesso livello di ogni altro evento, per esempio la caduta di una pietra. Certamente la lettura di questa descrizione potrebbe causarci dolore o rabbia o ogni altra emozione, o noi potremo leggere qualcosa a riguardo del dolore o della rabbia causata da questo omicidio in altre persone quando ne hanno sentito palare, ma ci sarebbero sempre fatti, fatti, e fatti ma non ci sarebbe l'Etica... non potremo scrivere un libro scientifico, il cui argomento sia intrinsecamente sublime o superiore rispetto ad ogni altro"

(chiedo umilmente perdono di nuovo per le multiple citazioni...oggi sono un po' troppo distratto...prometto che questa è la versione definitiva)
#123
Citazione di: Apeiron il 29 Gennaio 2019, 14:00:21 PM
Dovrei riuscire a dovere verso la fine della settimana...
Chiaramente la frase corretta è: "Dovrei riuscire a rispondere  verso la fine della settimana...".  ;D ;D anzi, rispondere 'in modo appropriato'!
#124
Precisazione: non credo che nessuno in questa discussione abbia veramente sostenuto che credere in qualsiasi religione è necessario (e/o sufficiente) per essere virtuosi. Per questo motivo, non riesco proprio a capire perché si dica o si lasci intendere (se non capisco male io) che chi ritiene che l'etica ha una base trascendente o trascendentale sostenga tale affermazione.

Ci sono due cose da precisare, secondo me, in questa discussione:


  • Ritengo che sia innegabile che comportamenti virtuosi si possano trovare anche in chi non crede in alcuna religione, in alcuna forma di trascendenza ecc.
  • C'è però una questione diversa: se si accetta che esista una non-arbitraria base dell'etica si sostiene che l'etica ha un fondamento.

Dunque, se, ad esempio, si critica un'etica puramente 'scientifica' o 'empirica' ecc sulla base del punto (2) (sostenendo che non riesce ad avere un sufficiente fondamento...) questo non implica, per forza, che chi compie questa critica sostenga che sia falso il punto (1).

Dunque, anche se si accetta il punto (1), rimane (per chi è interessato) il punto (2). Il problema di dare un fondamento 'sicuro' all'etica, secondo me, è un problema filosofico molto profondo.

Il punto dell'etica è che l'etica ha un aspetto 'deontologico' (il 'dovere' etico, per intenderci) e la semplice osservazione empirica - la quale come può al massimo dire che c'è un'etica condivisa da quasi tutti. Ma l'osservazione empirica non riesce a dare quel 'dovere' che caratterizza l'etica. Descrive solo fatti - ovvero, appunto, che alcune posizioni etiche sono condivise (quasi) universalmente. Ma questo non ci può dare una vera e propria 'etica' - più precisamente un fondamento 'sicuro' su cui fondare l'etica stessa.

Il carattere 'deontologico' dell'etica sembra quasi assumere che ci sia un fondamento 'sicuro' dell'etica stessa. Infatti, supponiamo che l'osservazione empirica ci dica, ad esempio, che l'azione X venga ritenuta 'giusta' da tutte le società nella storia. Il problema è che la conoscenza di questo fatto non implica, per forza, che l'azione X sia realmente 'giusta'. E questo per il carattere 'deontologico' dell'etica è un problema perché il semplice fatto che tutte le società ritengano che l'azione X sia giusta non riesce a dare, necessariamente, un vero e proprio fondamento all'etica. Potrebbe essere, per usare un termine di Wittgenstein, una 'generalizzazione accidentale'. Mentre, infatti, in campo conoscitivo possiamo dire che l'induzione ci permette di fare 'ragionevoli ipotesi', il 'dovere etico' ci impone che, in linea di principio, non ci dovremmo accontentare di fare ciò che sembra ragionevole essere giusto ma che, in realtà, dobbiamo fare ciò che è giusto. Ritengo che Dostoevskij avesse questo in mente. Se non c'è un fondamento 'saldo' per i giudizi etici, allora ogni giudizio etico può essere, in linea di principio, messo in dubbio.

Non a caso le sue opere sono molto belle proprio perché, secondo me, mettono in luce proprio questo. Alcuni personaggi mettono in discussione i giudizi di valore etico più 'ovvi', quelli quasi nessuno metterebbe in discussione. Tuttavia, Dostoevskij (D.), secondo me, si tormentava (anche) proprio per questa possibilità che i giudizi etici più 'scontati' possono essere messi in discussione. Quindi, D. cerca di risolvere il problema cercando di dare una base solida al carattere 'deontologico' dell'etica. L'etica richiede di fare il 'bene' e di non fare il 'male'. E, quindi, necessiterebbe, tra l'altro, anche della 'certezza' di cosa è 'bene' e di cosa è 'male'. Invece, l'osservazione scientifica ci può dare al massimo ipotesi. Quello che vuole dire D., secondo me, in sostanza non è che i non-credenti non possono essere virtuosi, bensì che, ad esempio, l'osservazione empirica non riesce a dare quelle basi solide che sembrano servire all'etica. Se non erro questo è quanto voleva affermare @0xdeadbeef (il quale potrà contraddire il sottoscritto se vuole e lo ritiene opportuno...).

Ovviamente, questo non riesce a 'dimostrare' che sono vere le religioni. Ma, secondo me, mette in discussione la 'fondatezza' di ogni 'etica umanista'. Tuttavia, non mette in discussione il fatto che anche i non-credenti vivere virtuosamente. Il problema è un altro: qual è il fondamento dell'etica?

(scusate le continue modifiche!!!)
#125
Dovrei riuscire a dovere verso la fine della settimana...

Però, vorrei precisare una cosa - penso di essermi spiegato male. Quello che volevo dire è che rigetto l'idea che la fisica possa essere considerata un semplice 'strumento' predittivo. Ritengo, invece, che lo studio della fisica ci possa dare una comprensione (parziale) della 'realtà'. 

Questo non significa che ritengo che necessariamente il formalismo matematico di una teoria sia una 'ritratto' della realtà fisica. Però, questo non significa che la fisica debba essere considerata un semplice strumento di calcolo! 

Ad ogni modo, l''instrumentalismo' che critico non è quello proposto da Bohr, che è molto sottile (ritengo, tra l'altro, errata l'interpretazione del suo pensiero per la quale riteneva che "niente esiste finché viene misurato"...). Invece, sono contrario alla posizione per cui bisogna 'stare zitti e calcolare' ('shut up and calculate!'). Inoltre, dissento profondamente anche dalla posizione che nega l'esistenza di reali regolarità nel mondo fisico.  :) ad ogni modo, da un punto di vista pratico (che molti adottano), posizioni come quella di 'star zitti e calcolare' sono sufficienti perché, in fin dei conti, a loro interessa l'utilità (il potere predittivo) delle teorie...


Quindi NON sono contrario ai 'cambi di paradigma'. Anzi.

@sgiombo e @iano, credo che diate alla parola 'materia' due significati diversi... ;)
#126
Citazione di: viator il 28 Gennaio 2019, 12:55:35 PM
Salve. Per Apeiron e Sariputra. Certo che finisce con il prevalere la "natura" umana. Ma la contraddizione consiste nel fatto che la religione, per chi vi crede, dovrebbe risultare dimensione superiore all'umano e generante i comportamenti umani. Se i credenti eccedono e peccano, significa solo che la religione non incarna affatto ciò che essi sostengono, ma è anch'essa solo un prodotto di umana ideologia. Salve.

Salve Viator,

mi sembra che le religioni sono spesso consapevoli del problema dell'ipocrisia proprio per quella 'natura ambigua' dell'uomo di cui spesso sono consapevoli. Quindi il tuo argomento non è per nulla convincente (visto che le religioni stesse ammettono la possibilità dell'ipocrisia...cosa che mi sembra trascurata in molte discussioni di questo tipo).

L'ipocrisia può esserci sia con le religioni che con le 'ideologie' di natura non religiosa (faccio notare che l''ipocrisia' può esserci sia con che senza la consapevolezza da parte dell'ipocrita di essere ipocrita). Quindi, in particolare, è possibile che atrocità di varia natura possano essere commesse da persone che per farle trovano ispirazione in una data religione o ideologia di natura non religiosa anche se, in realtà, tali azioni sarebbero contrarie alla data religione o ideologia contrariamente a quanto loro credono.
#127
Citazione di: paul11 il 28 Gennaio 2019, 10:56:41 AM
... la seconda risposta,
il problema è il fondamento e quindi l'origine argomentativa da cui un cultura trae morali ed etiche comportamentali.
E quì necessariamente entra in causa il giudizio.
Non posso che ribadire che il problema è l'interpretazione della natura umana ed è proprio su questo che Nietzsche e Marx divergono, seppur avessero accettato presupposti naturalistici comuni e non certo metafisici o religiosi.

Personalmente sostengo il contrario, essendo l'uomo per natura "ambigua"in essere, in origine, e non come spera Marx o una certa cultura "per soli" fattori ambientali costituiti ,per lui, dal materialismo storico.
...

Quando, in vari post, anche di non questa discussione si dice di religiosi che sono stati sanguinari, attenzione perchè il problema non è l'abbattimento della religione in sè e per sè, ma significa che NEMMENO le religioni sono riuscite a limitare la barbaria umana.
...


Concordo largamente con questa analisi. Personalmente, non riesco a vedere come la violenza 'in nome delle religioni' ci possa far concludere che le religioni sono la causa di tutti i mali. Il problema come ben fai notare è proprio l'ambigua 'natura umana' che tende sia al male che al bene.

In fin dei conti, la Storia ci insegna che anche le 'ideologie' 'irreligiose' come il marxismo stesso hanno ispirato la barbarie umana. In particolare, si può pensare alle atrocità compiute nel regime di Pol Pot, nello stalinismo, il caso delle foibe ecc.

In generale, quanti totalitarismi sono nati dalla convinzione che certe azioni avrebbero portato il 'bene' all'umanità. Troppo spesso, quale che sia l'ideologia di partenza, i tentativi di 'rendere il mondo un posto migliore' sono finiti in disastri. Direi che il problema non sono le religioni ma proprio l'ambigua natura umana. Le religioni sonno anzi spesso estremamente coscienti di questo problema...(ciononostante, la Storia ci ha insegnato che anche questo non è bastato :( )

Purtroppo, Dostoevskij non aveva torto. La tendenza al male è estremamente radicata nell'uomo - riesce perfino a mistificare questa tendenza alla brutalità come 'amore per il prossimo'  :(
#128
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
27 Gennaio 2019, 19:14:05 PM
Citazione di: Sariputra il 27 Gennaio 2019, 17:57:57 PM
cit. Apeiron:Nel mondo occidentale ci sono alcune filosofie puramente 'immaterialistiche'. Ad esempio, il vescovo irlandese Berkeley riteneva che esistevano solo le coscienze e che l'esistenza dei fenomeni materiali era dovuto al loro fatto di essere percepiti (da cui il suo "esse is percipi" che viene di viene riportato come "esse est percipi"). Il fatto che la Luna non smette di esistere se non viene guardata è dovuto al fatto che Dio 'percepisce' le cose anche quando noi non le percepiamo. Questa posizione è detta 'idealismo soggettivo'.

C'è poi l''idealismo oggettivo' di Hegel secondo cui, invece, tutte le cose sono manifestazioni di uno Spirito, una Coscienza superiore. Il mondo naturale stesso è una sorta di 'proiezione'. Direi che questa posizione è simile a quella Vedanta!

Quindi anche in occidente ci sono posizioni idealistiche.


Grazie Apeiron,
non si finisce mai d'imparare ( e scoprire i propri limiti ..e questo è buono!").
Ti chiederei di accettarmi come tuo discepolo...se non mi fossi già offerto ad Eutidemo!  :(
Non vorrei esser preso per un...poco di buono! Un baldracco filosofico... :-[ :-[

Figurati Sari!  :)


Grazie per i complimenti! Però, d'altra parte, mi imbarazza un po' il pensiero di essere tuo maestro... visto che tu sei il mio maestro  ;D


Ciao!
#129
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
27 Gennaio 2019, 17:48:09 PM
Ciao Sari,

grazie per il chiarimento  :)

Due cose...

Prima:

Citazione
In questo augusto consesso del forum volevo presentare la posizione Cittamatra ( che ho ribattezzato Solo-Mente) perché fautrice dell'esistenza del solo immateriale...posizione originale rispetto alla tradizione occidentale (almeno mi pare...vista la mia poca conoscenza in materia).

Nel mondo occidentale ci sono alcune filosofie puramente 'immaterialistiche'. Ad esempio, il vescovo irlandese Berkeley riteneva che esistevano solo le coscienze e che l'esistenza dei fenomeni materiali era dovuto al loro fatto di essere percepiti (da cui il suo "esse is percipi" che viene di viene riportato come "esse est percipi"). Il fatto che la Luna non smette di esistere se non viene guardata è dovuto al fatto che Dio 'percepisce' le cose anche quando noi non le percepiamo. Questa posizione è detta 'idealismo soggettivo'.

C'è poi l''idealismo oggettivo' di Hegel secondo cui, invece, tutte le cose sono manifestazioni di uno Spirito, una Coscienza superiore. Il mondo naturale stesso è una sorta di 'proiezione'. Direi che questa posizione è simile a quella Vedanta!

Quindi anche in occidente ci sono posizioni idealistiche.

Riguardo a Schopenhauer, la sua posizione è più sottile di quello che viene generalmente detto di lui. Per esempio, nel 'Mondo come Volontà e Rappresentazione' scrive (fonte nilalienum):

CitazioneA questo proposito devo in primo luogo osservare, che il concetto del nulla è essenzialmente relativo, e si riferisce sempre ad alcunché di determinato, ch'esso nega. Codesta relatività fu attribuita (specie da Kant) soltanto al nihil privativum, indicato col segno – in opposizione al segno +; il qual segno –, capovolgendo il punto di vista, poteva diventare +; e in contrasto con quel nihil privativum, si stabilì un nihil negativum, che fosse il nulla sotto tutti i rapporti, per esempio, del quale si cita la contraddizione logica, distruggente se stessa. Ma, guardando più da vicino, un nulla assoluto, un vero e proprio nihil negativum non si può neppure immaginare: ogni nihil negativum, guardato più dall'alto o sussunto ad un più ampio concetto, rimane pur sempre un nihil privativum. Ciascun nulla è pensato come tale solo in rapporto a qualche cosa, e presuppone codesto rapporto, ossia quella cosa. Perfino una contraddizione logica è un nulla relativo. Non è un pensiero della ragione: ma non perciò è un nulla assoluto.
...
Davanti a noi non resta invero che il nulla. Ma quel che si ribella contro codesto dissolvimento nel nulla, la nostra natura, è anch'essa nient'altro che la volontà di vivere. Volontà di vivere siamo noi stessi, volontà di vivere è il nostro mondo. L'aver noi tanto orrore del nulla, non è se non un'altra manifestazione del come avidamente vogliamo la vita, e niente siamo se non questa volontà, e niente conosciamo se non lei ...Noi vogliamo piuttosto liberamente dichiarare: quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà è invero, per tutti coloro che della volontà ancora son pieni, il nulla. Ma viceversa per gli altri, in cui la volontà si è rivolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, è – il nulla.

Ovviamente, una forte differenza tra la filosofia di Schopenhauer e quella buddhista è che S. propone l'ascetismo estremo. Però l'obbiettivo per S. non era il 'nulla' nichilistico ma il nulla 'per tutti coloro che della volontà ancor son pieni'. Una precisazione interessante  :) 

P.S. Molto belle le parole su Dostoevskij che hai scritto nell'altra discussione  ;)

@sgiombo,

mi fa piacere che concordiamo! Per l'altra discussione, prenditi il tempo che ti serve (anche perché io stesso ci metterò un po' di tempo a rispondere di nuovo...)! ;)

Ciao!
#130
Ah, nella mia risposta a sgiombo, ho citato il caso delle 'versioni' della teoria dBB per illustrare un esempio di come un certo tipo di 'visione della scienza' viene introdotto nel contesto di quella teoria. 

Comunque, il mio punto è che la fisica (ma la scienza in generale) oltre ad essere predittiva deve cercare anche di fornire ipotesi sul motivo per cui il moto avviene in certi modi e così via. Per lo meno come 'ideale' o anche solo come prospettiva metodologica. Altrimenti, il rischio è che l'eccessivo scetticismo (o addirittura la negazione delle regolarità) blocchi la ricerca stessa.

Per quanto mi riguarda nutro forti perplessità verso una posizione instrumentalista che sia essa basata sullo scetticismo o sulla negazione delle regolarità. Secondo me la fisica ci dà più di semplici strumenti di calcolo (d'altro canto, l'utilità della fisica non vorrebbe meno anche se si limitasse a darci uno strumento di calcolo...)  :)
#131
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
27 Gennaio 2019, 12:13:32 PM
@cvc,

ritengo che l'immateriale (inteso come ciò che 'non è fisico') esista. E che la 'prova' che qualcosa di 'immateriale' esista è semplice. Abbiamo un'esperienza soggettiva. Ovvero, 'proviamo' qualcosa. Dunque, almeno la nostra coscienza esiste e quindi almeno una 'cosa' è 'immateriale'.
A meno che non si accetti l'elimativismo (alla Dennet, se non erro) per il quale la coscienza semplicemente non esiste e che quindi l'unica cosa da scoprire sono i comportamenti che possono essere descritti 'oggettivamente', c'è il cosiddetto problema difficile della coscienza ("hard problem of consciousness", espressione introdotta, se non ricordo male, da Chalmers). In pratica, come si spiega che si 'provi qualcosa' scientificamente se la scienza si occupa di qualcosa che è 'oggettivo' (o almeno, 'inter-soggettivo')? In sostanza, il problema difficile della coscienza sembra indicare che non è possibile spiegare la coscienza (il fatto che 'si provi' qualcosa) in termini puramente oggettivi.

Personalmente, ritengo che l'eliminativismo sia una posizione assurda. Infatti, se conosciamo una 'realtà oggettiva' la conosciamo, appunto, tramite la nostra esperienza soggettiva. Dunque, se è illusoria la nostra esperienza soggettiva deve essere anche illusoria la conoscenza di una tale 'realtà oggettiva'. Quindi, quello che sostiene l'eliminativismo mi sembra una completa assurdità.

Una domanda però: perché ritieni che ciò che non è 'materiale', debba essere immutabile? Secondo me non è necessario che sia così. Infatti, personalmente, non credo che la 'mente' sia qualcosa di immutabile (non dico che non ci possa essere qualcosa di immutabile ed immateriale, ma non capisco perché ciò che è immateriale deve essere immutabile).  


Citazione di: Sariputra il 25 Gennaio 2019, 14:38:02 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:50:35 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 14:44:20 PMA mio modesto parere sarebbe improprio parlare di 'autoinganno' di questa "Solo-mente", in quanto non è possibile per essa 'osservarsi', e quindi discernere l'inganno. Nel momento che "si muove" crea nome-forma e quindi la 'realtà' fenomenica. Nel momento in cui cessa di 'muoversi' scompare nome-forma e la realtà fenomenica cessa d'esistere. Ciò che noi percepiamo come soggettivo non è auto-inganno, se non nella misura in cui e per cui non è "nostro" ma di essa. Il mio 'sentirmi' soggetto è del tutto identico al 'tuo' sentirti soggetto. Non abbiamo 'proprietà' nostre essendo queste 'proprietà' che riteniamo nostre solo increspature, onde sul mare della "Solo-mente"... Non è una visione teistica. In quanto , nella comune accezione, per Dio s'intende un essere/persona dotato di autocoscienza e volontà. "Solo-mente" non ha alcuna volontà ma potenzialità d'azione...pertanto anche l'idea di Dio è una creatura di "Solo-mente" che ne assegna le proprietà. Concordo con @acquario sul discorso della chiusura, sulla "solidificazione", ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
È un discorso interessante che però mi pare necessiti di un po' di linguaggio tecnico del Buddismo che non possiedo. Tuttavia il fatto stesso di essere buddista è un particolare tratto che caratterizza una personalità, una individualità.
Sì, hai ragione. Per questo ho lasciato da parte il discorso, perché mi rendo conto che necessiterei di usare termini tecnici della filosofia Cittamatra (vijnanavada o Wéishì zōng in cinese) buddhista che sarebbe veramente lungo e difficile (e probabilmente noioso per chi non è interessato...) poi rendere in modo coerente e accessibile nel nostro linguaggio comune. O almeno dubito di averne la capacità ... avendo pochissima preparazione a riguardo della filosofia dell'Occidente per trovare analogie..:( Quindi è meglio non 'incartarsi' troppo... :)

@Sari,

posso chiederti un chiarimento. Dicevi ad esempio: " Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc." (intervento #4). Ci sono due possibili interpretazioni:


  • Che esiste un'unica Coscienza comune a tutti noi. La molteplicità è illusoria, data dall'immaginazione di tale Coscienza;
  • Che tutte le coscienze abbiano la stessa natura. In questo caso, c'è un solo 'tipo' (in un certo senso) di coscienza. Tuttavia, le coscienze (o magari le 'correnti di coscienza'  ;D ) di Sari, cvc ecc sono 'entità diverse' che però non riconosco di avere la stessa natura e si immaginano di essere diversi.

In ambo i casi il 'materiale' non esisterebbe ma sarebbe solo una sorta di 'prodotto dell'immaginazione' della coscienza (quindi, 'immaterialismo'). Tuttavia, la (1) mi sembra più filosofia Vedanta che quella Cittamatra. Mi sembra che (almeno certe versione de) la Cittamatra siano più simili alla (2) che la (1) e che si dica che esista 'una mente' perché esiste solo una 'tipologia' (in un certo senso) di mente, ovvero che le menti condividano la stessa 'natura' (luminosità, consapevolezza ecc).

Intendevi dire la (1) o la (2)?  :)


Ciao!
#132
Riguardo all'illusorietà del tempo...

Nel contesto della gravità quantistica, se si accetta l'universo come un singolo sistema quantistico, si può dimostrare che vale l'equazione di Wheeler-DeWitt secondo cui la funzione d'onda dell'universo è indipendente dal tempo (nessuna variabile 't' compare). Ciò significa che, in pratica, l'universo tutto insieme è un sistema stazionario.
L'apparenza di uno spazio-tempo quadridimensionale viene spiegata come qualcosa di emergente. A livello fondamentale né spazio né tempo 'esistono'. 

Ci sono però due problemi. Primo, si assume  che è possibile definire una funzione d'onda di tutto l'universo, cosa che non è universalmente accettata dai fisici (assunzione che, curiosamente, Rovelli non accetta nella sua 'interpretazione relazionale' della MQ). Secondo: al massimo tale 'emergenza' è compatibile con l'illusione del divenire, ovvero che 'emerga' uno spazio-tempo quadridimensionale (infatti se ci fosse un mutamento reale, non riesco a capire come tale mutamento non si 'manifesta' a livello dell'universo).  

Il mio dubbio, in pratica, nasce proprio da questo. Apparentemente Rovelli si riferisce proprio all'equazione menzionata prima. Eppure Rovelli sostiene una interpretazione della MQ (meccanica quantistica) che rigetta l'assunzione della funzione d'onda universale e, inoltre, spiega che il mutamento è qualcosa di reale. Non capisco come la posizione di Rovelli possa essere consistente. D'altro canto, però, non conosco la gravità quantistica e, quindi, semplicemente la mia comprensione è, quindi, per forza limitata e da non prendere sul serio. Di fatto, il mio dubbio era proprio questo. 

Riguardo, invece, all'inter-soggettività, ritengo che (assumendo ovviamente il solipsismo falso, per essere pignoli  ;) ), l'assunzione dell'inter-soggettività sia fondamentale per la scienza. E anche per la giustizia (difficilmente il concetto di 'giustizia' si può pensare senza l'assunzione dell'inter-soggettività...). 
Perfino le interpretazioni della MQ dove la mente gioca un ruolo fondamentale, l'assunzione di base è l'inter-soggettività. Inoltre, in solo alcune versioni della interpretazione di Copenaghen la mente gioca un ruolo fondamentale (così come gioca un ruolo fondamentale, ad esempio, nella interpretazione a 'molte menti'...). In particolare, né Bohr né Heisenberg davano un ruolo fondamentale alla mente se non erro. Diverso è il discorso (se non erro) per Von Neumann, Wigner, Wheeler e altri ma anche questo caso l'inter-soggettività è fondamentale.
#133
Rispondo agli interventi #74 e #75 di @sgiombo  :)

Determinismo

Allora, quello che voglio dire io è che, in realtà, noi 'sentiamo' (ci 'sembra') che abbiamo una certa 'autonomia' rispetto agli eventi. In altre parole, abbiamo una chiara 'sensazione' di essere 'distinguibili', per così dire, dalla 'realtà'. Questa 'sensazione' ci suggerisce che anche le nostre azioni sono per certi versi autonome. Il determinismo, invece, ci dice che in realtà ciò non è vero.
Ovviamente, questo è ben diverso dal dire che il divenire è illusorio. Tuttavia, credo che siamo portati a ritenere che il libero arbitrio non sia illusorio, fino a quando, ad esempio, lo mettiamo in dubbio dicendo che il libero arbitrio è incompatibile sia con le leggi fisiche deterministiche che probabilistiche.

Quello che non riesco poi a capire della tua filosofia è che per te il mondo fisico debba essere necessariamente deterministico. In presenza di una pluralità di soggetti, la conoscenza scientifica si basa sull'inter-soggettività. L'inter-soggettività, di certo, non implica il determinismo e, nemmeno, l'assunzione fondamentale che sia possibile una analisi quantitativa della realtà fisica.... Il determinismo, in pratica, mi sembra un'assunzione arbitraria (magari 'ragionevole'). Non capisco perché, per te, sia così fondamentale...

Chiusura causale

Su questo posso capire di più la tua 'contrarietà'. Tuttavia, faccio notare che l'eventuale violazione della chiusura causale (ad esempio, in presenza dell'influenza della mente sulla materia...) non implica necessariamente una violazione delle leggi di conservazione, per esempio. Anche qui, non ci vedo nulla di incompatibile col sapere scientifico nella non-accettazione della chiusura causale.

Paradosso di Andromeda

L'articolo si proponeva di rigettare la posizione per cui la RdS ('Relatività della Simultaneità') implica l'interpretazione del tempo come analogo delle dimensioni spaziali.

L'argomento di Putnam e Rietdijk si basa su due assunzioni: (1) la RdS e (2) che gli 'spazi tridimensionali' che definiscono il presente di ogni osservatore sono fisicamente esistenti.

La (2), in pratica, ha il seguente significato... consideriamo il Sole. Come ben dice @Freedom sappiamo che i fotoni emessi dalla superficie solare impiegano un certo tempo ad arrivare sulla Terra (con la RdS di questo semplice fatto, Freedom, sono estremamente interessanti...). Supponiamo ora di essere un osservatore O posizionato sulla Terra. L'istante 'adesso', lo chiamo 't=0'. Ora, se vale la (2), posso dire che adesso, ovvero a t=0, sul Sole è stato emesso molto probabilmente un fotone che arriverà fra circa 8 minuti sulla Terra. Ovviamente, assumo che l'evento 'emissione del fotone sulla superficie del Sole a t=0 nel riferimento di O' sia un evento 'fisicamente esistente'.
Per la RdS, però, un osservatore O' posizionato anch'esso sulla Terra (ad una distanza tale da essere del tutto trascurabile - in prima approssimazione nulla) ma in moto relativo ad O, all'istante t=0 nel riferimento di O, considererà l'evento 'emissione del fotone sulla superficie del Sole a t=0 nel riferimento di O' come un evento passato, già successo, ovvero a t'<0 (assumendo vera la RdS)! Chiaramente, se vale la (2) e, quindi, anche lo spazio tridimensionale definito da t'=0 è fisicamente esistente.
Ovviamente, c'è un problema. L'evento in questione esiste per O e non esiste più per O'! E c'è di più. Eventi che O' considera come presenti avvengono nel futuro di O!
D'altro canto, però, se considero un osservatore O'' che a t=0 (nel riferimento di O) si trova vicino al punto di emissione del fotone ed è fermo rispetto ad O, il 'presente' di O e di O'' sarà identico. Però, un terzo osservatore O''' che si trova vicino ad O'' ma in moto relativo ad O (ed O'') considererà come 'presenti' alcuni eventi sulla Terra che sono futuri per O (e O')!

Quindi, apparentemente la Relatività implica che il divenire è illusorio. Chiaramente, per riuscire a risolvere l'inghippo ci sono due possibilità. O si rifiuta l'assunzione della RdS oppure si rifiuta l'assunzione (2) oppure, si rifiuta l'assunzione (3) per cui l'ordine di causalità tra gli eventi è lo stesso in ogni riferimento - ovvero che l'effetto segue la causa in ogni riferimento. Se si rifiuta la (2) si può usare un argomento epistemologico: per O le informazioni certe si riferiscono al cono luce passato. Fuori dal 'cono luce' di un determinato osservatore, non ha senso parlare di 'passato', 'presente' e 'futuro' ma per lui tali eventi sono indeterminati.

Molti però non sono convinti che questo argomento risolva veramente il paradosso. In fin dei conti, dicono che è piuttosto strano considerare lo stato del Sole adesso come qualcosa di 'indeterminato'. A questo punto ci sono due alternative. O si rigetta la RdS oppure si afferma la RdS e si afferma anche che il tempo è una dimensione analoga a quelle spaziali.

Se la non-località quantistica viola veramente il limite 'c' della velocità di trasmissione dei segnali come fanno le teorie di variabili nascoste come la teoria di de Broglie-Bohm (dBB), allora, chiaramente, l'argomento 'epistemologico' descritto sopra è falso. Rimangono dunque le due alternative menzionate sopra.

Sulla dinamica.

"Non faccio ipotesi" diceva Newton. Eppure, se non si fanno ipotesi come può andare avanti la scienza?  ::) fu proprio un'ipotesi quella per cui la caduta della mela e l'orbita della Luna avevano la stessa 'causa'. Quindi direi che Newton si riferiva ad altro...
Una posizione del genere mi sembra fin troppo 'instrumentalista', non me la sarei aspettata da te...

Pensa che, in realtà, ci sono ben tre 'versioni' della dBB:


  • La versione in cui ci sono sia l'onda che la particella, entrambe fisicamente reali. L'onda 'guida' attivamente la particella. Entrambe però sono entità fisiche (le particelle hanno solo posizioni e velocità - anzi solo posizioni, visto che la velocità può essere considerata una variazione della posizione). Questa versione era di fatto la proposta iniziale di de Broglie (accettata poi anche da Bell, se non erro, e altri...) anche se, credo, la proposta di de Broglie per essere soddisfacente richiedeva alcuni elementi presenti nella versione di Bohm (accettati poi da Bell e altri...). Questa è una teoria dove si considerano solo le velocità e le posizioni e non le accelerazioni.
  • La versione proposta da Bohm (quella di de Broglie era incompleta) nel 1952. In questo caso, si formula la teoria con il 'potenziale quantistico'. Si introducono concetti come quello di 'forza quantistica' che accelera le particelle. Questa versione sembra essere conosciuta come 'interpretazione causale'. Sarà la base del lavoro successivo di Bohm, Hiley ecc
  • La 'meccanica Bohmiana' (versione introdotta recentemente). In questo caso, si accettano come 'reali' solo le particelle e la funzione d'onda è una sorta di 'legge del moto'. Qui però ci sono due versioni:

  • Interpretazione per cui la 'legge' è una regolarità contingente. In pratica, non c'è alcun campo o alcuna proprietà che spiega il moto delle particelle, semplicemente si muovono. Posizione detta 'Humeiana'...
  • Interpretazione per cui la 'legge' viene spiegata come una proprietà, una disposizione che le particelle hanno per muoversi in un certo modo.

Ci sono poi altre due 'teorie' non deterministe a variabili nascoste legate a Bohm. La prima è una teoria sviluppata da Bohm e Vigier a partire dal 1954 (estesa poi da Vigier). E la seconda è stata sviluppata nei decenni successivi da Bohm, Hiley, Peat ecc (detta 'interpretazione ontologica'). Queste due teorie non sono però deterministiche.

In questo articolo (in Inglese) viene preferita la seconda versione della '3' e si critica la prima in questo modo (si critcano anche la '1' e la '2' ma per motivi troppo lunghi da spiegare e che poi non c'entrano con quello che voglio dire a sgiombo):

CitazioneOn the question of Humeanism versus dispositionalism we side with dispositionalism, since we take it to be a sound demand to call for something in the ontology that accounts for the temporal development of the elements of physical reality and that grounds the law of motion, thus providing for real connections in nature.
CitazioneTraduzione: "Nella discussione tra Humeanismo e disposizionalismo, noi accettiamo il disposizionalismo perché riteniamo che è una richiesta sensata quella di chiedere qualcosa nell'ontologia che spiega l'evoluzione temporale degli elementi della realtà fisica e che dà un fondamento alla legge del moto, fornendo quindi connessioni reali nella natura"
Inoltre, aggiungo io, è difficile ritenere che una 'legge' possa essere considerata qualcosa di dinamico a meno che in realtà non si riferisca ad una proprietà (e di fatto, in alcuni casi, ho letto che la seconda versione della '3' - quella disposizionalista - si suggerisce di non usare il termine 'legge'). 

Quindi, sgiombo, mi pare veramente strano che tu dici che non ti interessa una vera spiegazione di 'ciò che accade'. Infatti, mi sembra che una tale prospettiva sia esattamente quella che hanno gli 'instrumentalisti' che vedono la fisica come uno strumento predittivo  :)
#134
Riguardo all'esperimento, mi spiace ma non vi so dire molto  - in particolare, non saprei cosa aggiungere di 'interessante' a quanto c'è scritto nell'articolo che mi pare essere scritto bene (inoltre, sono un teorico quindi sarei poco attendibile  ;D ). Comunque, è una novità anche per me :) molto interessante  ;)
#135
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2019, 21:20:05 PM
Citazione di: Apeiron il 17 Gennaio 2019, 22:40:12 PM

Premessa 1: personalmente, ho forti difficoltà a concepire lo spazio come qualcosa di 'materiale' (anche se nel 'materiale' si includono anche le radiazioni, cosa che non tutti i fisici fanno). Ancora più difficile mi è concepire il tempo come qualcosa di 'materiale'.

Rovelli lo spiega bene: il quanto di spazio non è vuoto e non è riducibile al punto. É appunto un oggetto fisico quantizzato. La radiazione, inclusi i tipi più arcaici e arcani, é materia (e=mc2). Il tempo assume un carattere materico nella dimensione spaziotemporale in quanto dallo spazio "erediterebbe" un carattere quantistico confluente infine nella teoria del Tutto fisico. Teorie in itinere ovviamente, altrimenti sgiombo ci bacchetta e qualcun altro ce ne dice anche di peggio  ;D
.

Ciao Ipazia,

sì, ma a questo punto il nostro stesso concetto di 'materia' viene così trasformato da avere ben poco in comune con il concetto di 'materia' che avevamo in precedenza che, onestamente, faccio fatica a dare ad esso il nome di 'materia'  (scusa l'orrendo gioco di parole (confesso che fare questo tipo di giochi di parole mi diverte...sono strano ;D ). Spero che sia chiaro...) ;D

In realtà 'già' nella RG, non si può più considerare lo 'spazio-tempo' come uno sfondo dei fenomeni materiali. Ha un aspetto dinamico, 'interagisce' con le particelle e così via. Tuttavia, ha ancora senso dire che le particelle sono 'nello spazio'. 

Perfino nella Meccanica Quantistica, gli 'oggetti quantistici' sono ancora nello spazio. Pur essendo 'diversi' da quelli 'classici' (a meno che non accetti interpretazioni a variabili nascoste, in tal caso l'ontologia è analoga a quella classica). 

Dire che lo spazio-tempo è quantizzato e così via, equivale a dire che la 'realtà' che vediamo noi è qualcosa di 'emergente'. Anzi 'illusoria', in un certo senso. Secondo me se teorie come quelle di Rovelli sono esatte, allora concetti come quello di 'spazio', 'materia' (e, almeno in parte, anche quello di 'tempo') non si applicano più a livello fondamentale. 
Per te, invece, tutto ciò è compatibile con una visione 'democritea' della realtà. Per me no. Ma, alla fine, è solo un'impressione soggettiva!  ;) 


Lo stesso vale per lo spazio-tempo della RG. Per me non è 'materiale', a meno che con 'materiale' non si intenda 'tutto ciò che non è mentale' (in modo simile a come fa @sgiombo). In tal caso, è 'materiale'. In realtà, uso anche io questo gergo in molte discussioni... specie nelle discussioni puramente 'filosofiche'. Credo che da oggi in poi userò, per essere consistente, il termine 'fisico' per indicare tutto ciò che non è 'mentale' (in questo modo, il dualismo 'realtà materiale'/'realtà mentale' diventerebbe un dualismo 'mondo fisico'/'mondo mentale').  

Ma, almeno, direi che è un tipo di 'realtà materiale' molto diversa da quella che comunemente la parola 'materia' ci fa venire in mente. In particolare, se si accetta, ad esempio, di chiamare 'materiale' lo spazio-tempo, anche nel caso in cui esso è quantizzato lo vedo poco simile al mondo di Democrito, di Lavoisier ecc. Come direbbero gli anglosassoni, YMMV ("your mileage may vary", ovvero usando una parafrasi - "per te/voi può essere diverso")   :)