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Messaggi - PhyroSphera

#121
Pensavo che questo mio testo (qui su) stava bene tra le discussioni sull'arte. Ma vi è un'emergenza sociale e vitale, additata in esso. Gli ho apportato minimi perfezionamenti.

MAURO PASTORE
#122
Ieri un incontro con uno storico, autore di due libri dall'argomento che mi era parso e mi pare notevole: la malinconia, tra Rinascimento e Barocco.
Si cercava giustamente di riabilitare la vita malinconica.
Demone, sentimento, rispettivamente il punto di vista filosofico, quello psicologico. Non mancava riferimento a circostanze diaboliche e sentimenti mistici. Dal piano naturale a quello soprannaturale, si gettava lo sguardo anche sulla religione, cristianesimo e Riforma e antirinascimento.
La riabilitazione riguardava pur sempre il quadro negativo.

Io quindi - dopo una domanda di altro ascoltatore che poneva forti dubbi sul valore del discorso, su cui avrebbe gravato parzialità e appunto negatività in forza della chiave di interpretazione cristiana, giudicata evidentemente inconsapevolmente soggettiva - chiedevo dei contesti, dato che avevo notato una stretta tra malattia, patologia, malinconia stessa (usavo pressappoco queste parole). Esponevo mia minima analisi, definendo il tutto interno alla fantasia barocca. Una operazione di relativizzazione la mia, cui lo storico rispondeva indicando il neobarocco, qualcosa vissuto oggi ma ravvisabile anche ieri secondo elemento differente della comunicazione.
L'intrico di sentimenti ed emozioni dell'arte barocca, il senso di un orizzonte limitato... e invece la visione distaccata - penso e pensavo ieri all'arte di J. S. Bach, per il primo caso mi viene in mente Antonio Vivaldi. I due scrissero anche un concerto insieme, io dico dalla duplice, non unitaria interpretazione... o dentro o fuori. O un genio, o l'altro!
Pensavo e penso quindi alle strettoie della malasanità, alla demonizzazione dei malcapitati, pazienti malati o altri - e fin qui si resta al pensiero manifestato dall'autore e dal filosofo che anticipava a modo suo la materia degli studi...
C'era la mia domanda che diceva... degli altri. 'Un'altra storia', esclamava lo stesso autore. Un mondo cioè - lo specifico ora - dove il sentimento della malinconia non orbita attorno al pathos e questo non ha sempre al fianco il sintomo della malattia.
Ma alla altrui domanda, che trattava la fede in Cristo come filtro o lente, io avrei voluto opporre questa verità: il pensiero cristiano ha un raggio di azione tutto suo, in tal senso è un punto di osservazione privilegiato.

Non potetti fare attenzione a tutto quanto veniva detto, essendo impegnato a rimurginare, dovendo chiarire pensieri miei sulla questione e non so se quanto avrei voluto dire contro la riduzione dell'intellettualità cristiana a soggettivismo fosse affermato altramente dallo stesso autore (se non erro ne accennò, ma non era affare da storici!), probabilmente sì. Mi colpiva molto un riferimento polemico alla politica governativa attuale, che pone necessità di rispettare le competenze, quando invece - sempre a detta dall'autore - si dovrebbe andare per materia e senza ridurle a compartimenti stagni: Filosofia, Storia, et cetera. Un parere importante, perché non c'è dubbio che non bisogna sezionare né smarrire l'interezza, ma la polemica non mi convinceva, perché bisognerebbe distinguere la settorialità dagli àmbiti di competenza. Ritengo importante restare con distinzioni efficaci perché una certa sovrastimata e diffusissima intellettualità ama sfumare senza mai concludere e lasciando gran confusione sul campo.
Per esempio ieri sera avrei gradito rigorosità di distinzione tra ciò che è demonico e ciò che è demoniaco, tra la manifestazione di un negativo atta ad orientarci sul destino da scegliere e la dimostrazione della negatività con cui (non dico assieme e tantomeno insieme) contemplare il peggio per evitarlo; dunque differenza tra politeismo e monoteismo (senza pensare d'essere tutti nel mosaico induista o in impossibili eclettismi).
Con tristezza poi avevo giusta impressione che si pensava degli altri a malincuore ammettendo di essere in una storia tra tante e forse non concedendo spazio a quella degli altri, fra cui la mia e non solo mia. Non seppi capire quale fosse per tutto ciò la posizione o l'eventuale coinvolgimento dello stesso storico, Aurelio Musi, autore dei due libri: Malinconia barocca, Controrinascimento malinconico, ed anche di un terzo non presentato ieri: Storia della solitudine Da Aristotele ai social network.
Chi introduceva l'argomento, sull'orlo del sonno e della dimenticanza e con interessanti diapositive di arte pittorica, era senza dubbio l'autorità più alta dietro i tavoli coi microfoni, di fronte a noi del pubblico (a parte me, sugli altri non garantisco, ma era proprio un incontro di cultura importante, non senza un briciolo di serenità!). Non era bella per me l'espressione usata dal professor Musi che dopo mi encomiava la mia 'acuta osservazione'; a lui no, a me faceva venire in mente le prepotenze e ruberie dei "medici e sanitari di turno", abili a fantasticare su presunta impossibilità di chi senza una abilitazione ufficiale a fare questo o quello, psicoanalisi compresa. Io ne facevo qualcuna all'università di Lettere e Filosofia e con insigni critici d'arte cui testi acclusi negli elenchi di studio... Ma - a parte il fatto che io sono forse addirittura unico sopravvissuto a un sistema di sopraffazione sconosciuto e a maggior ragione agli storici come Musi - non è questo il punto. Il fatto è che non bisogna ritenere che il genio sia conformabile, conformato.


MAURO PASTORE
#123
Ho emendato il mio testo in un punto, evitando una espressione non distintiva tra poiesis e tecnica, inoltre lo ho un pochettino evoluto, restando il mio messaggio filosofico lo stesso.
Buona discussione.

MAURO PASTORE
#124
Poco fa', un curioso testo mi appariva su Facebook, secondo la scelta del sistema cibernetico del sito. Riportava i seguenti frammenti d'autore:


"La tecnica non è una potenza che può tutto, perché tutto ciò che è, è già. E nulla può mai non essere ciò che è."
Destino della necessità



"Qualunque cosa l'homo sapiens possa scoprire/inventare sarà sempre un prodotto della evoluzione naturale"

"Tra naturale e artificiale non si può porre un rapporto come fosse capace l'artificio di oltrepassare una sorta di prepotenza rispetto al naturale"

"E' sempre natura naturans a creare lo stesso progresso tecnico scientifico, la natura che crea come affermava Goethe"

"Il fare dell'uomo è poiesis, è sempre qualcosa che porta all'esistenza ciò che prima non era esistente, Ha sempre questo carattere, la realizzazione di una intenzione dotata di senso e dotata di ragione, noi diremo in base ad un progetto"


La prima frase era detta essere di E. Severino, le altre di M. Cacciari.
Nel curioso testo si opponevano le concezioni dei due filosofi, interpretando la poiesis come azione tecnica, il che è un gravissimo errore.
Il "ciò che è" è una espressione contemporanea del (parmenideo) essere in quanto tale e il "destino della necessità" riguarda l'essenziale non l'esistenziale.
Lo "scoprire/inventare" non va confuso con l'inventare/creare proprio della poiesis. L'arte e la tecnica sono distinte!
Dunque l'illusione del paradiso della tecnica descritta da E. Severino accade nell'attribuire al tecnologico le virtù della creazione artistica, pretendendo una costruzione artificiale inesistente e credendo una gioia non vera.

Il progetto esistenziale è altra cosa dai progetti tecnici; il primo accade secondo creatività, i secondi in base a scoperte.
L'uomo è soggetto in quanto autore di un progetto esistenziale, oggetto in quanto parte dell'accadere naturale.

Curiosissimamente e assurdamente il testo Facebook attribuiva a Cacciari una ricaduta nel nichilismo denunciato da Severino e riteneva il soggetto creativo, che fa nel senso in cui opera il poeta, un falso soggetto.
Non c'è dubbio: se non si identifica il fare creativo, non si scopre la verità del soggetto.
Non c'è dubbio che il discorso di Cacciari resta in prossimità del mondo della tecnica e solo alla superficie del mondo dell'arte; ma considerato nel giusto contesto il registro è appropriato, trattandosi di dover stabilire un confine e una distinzione.
Inoltre non c'è dubbio che il discorso di Severino è confinato nel pensiero delle essenze, quindi ribelle al linguaggio tradizionale occidentale, solo a tratti e oscuramente mettendo in luce i rapporti tra l'essere e l'esistere, tra la natura e la creazione. Ciononostante non sbaglia nell'indicare l'essere al riparo dal nulla.

Ma la cosa più strana del testo Facebook era il ricorso alla ChatGTP, la quale assecondava l'interpretazione erronea ed elaborava un tentativo di sofisma, in realtà assommando delle affermazioni in forma ragionativa ma senza neppure pervenire a un vero ragionamento. Secondo la IA (sigla che sta per "intelligenza artificiale" ma non ne indica concretamente!) dunque la poiesis sarebbe una tecnica, il soggetto umano un oggetto non creativo... La macchina cibernetica cioè assecondando una falsa interpretazione affermava l'esistenza dell'homme machine, chimerica e inesistente umanità creduta col trasformare la fisica newtoniana direttamente in una insostenibile cosmologia. Una identità inesistente! Una analogia significante, ma non di più. Meglio la sfida uomo-macchina delle corse automobilistiche che i deliri della falsa filosofia.

(La pagina Facebook in questione non posso più reperirla ora. Così come automaticamente apparsa, automaticamente scomparsa.)


MAURO PASTORE
#125
Sento il bisogno di aggiungere altro, di fare il punto su quanto da me detto con una analisi, per evitare oscurità e per il prosieguo (eventuale) della discussione.

Si possono distinguere vari piani nel discorso, così come andatosi sviluppando:

1) psicologico: la pre-potenza quale modalità insita nella nostra natura;
2) etnologico: la pre-potenza quale hybris nel mondo greco, quale semplice arroganza nel mondo non greco, naturalmente cioè senza problemi di sorta;
3) patologico: la hybris o arroganza non in quanto natura ma in qualità di atto in una fattispecie a rischio di possibili negatività ed eventuali problematicità, ad esempio incapacità di usare le maniere giuste nei rapporti sociali ponendosi sempre oltre convenzioni necessarie, difficoltà ad esprimere sentimenti amorosi cui comunicazioni frammiste a pretese non confacenti, et cetera - sempre sul piano della semplice incapacità, non dell'eccesso di troppo (se proprio affermassimo un problema dell'eccesso di troppo, ci porremmo in conflitto con la naturalità psicologica, etnologica);
4) criminologico: la pre-potenza che si fa prepotenza vera e propria con l'ignoranza del limite e la decisione arbitraria, l'azione temeraria priva di considerazioni adeguate che volontariamente protratta entra in una logica compromettente, fino alla colpa e quindi, se in conflitto con la vita e le léggi, fino al delitto e al crimine.

- Nel primo messaggio della discussione la denuncia di un puritanesimo di troppo rispetto al quale preferibile la pura barbarie anziché la continuazione civile in condizioni antivitali, l'affermazione contro la cieca repressione sessuale attuata in nome della religione cristiana ma per negarne una possibilità, corrispondente alla storia e mentalità greche.
- La polemica contro una visione distorta del cristianesimo quale mero strumento per rimediare alla non accettazione dei propri limiti e lo smascheramento di una concezione sbagliata della grecità quale perfetto e totale equilibrio o, altrimenti, trasgressione direttamente prepotentemente tragica.
 - Il riferimento alla psicoanalisi che descrive una afflizione, cioè la negazione a discapito di una naturale arroganza o hybris nella nostra mente, impresa mortificante in cui coinvolto parte del mondo della stessa psicologia (psicoanalisi compresa), il quale va fuori dal còmpito di provvedere a risolvere le incapacità patologiche ed entra in una logica criminosa o criminale di repressione e impedimento (nell'abuso di tutela e nelle costrizioni), ai danni della naturale pre-potenza e in particolare contro la sua vitalità greca di hybris.

Ma soprattutto, nel primo messaggio, il richiamo alla poesia, che testimonia un mondo, non chiuso o aperto o partecipante alla cristianità, le cui trasgressioni non sono colpe, che non ha mai vissuto il passaggio da una ingenua primitività a una severa etica civile e che vive la sessualità senza ricorrere a moralismi. Un mondo cioè i cui codici sono diversi e che in realtà non è lontano o meno che lontano anzi che è in fin dei conti presente ancora, nonostante si tenti di rimuoverne i segni.


MAURO PASTORE
#126
Citazione di: PhyroSphera il 23 Ottobre 2024, 00:12:59 AMInsomma la vera e propria hybris è un dato connaturato alla vita greca, la cui manifestazione è a torto imitata e avversata. Anche il mondo non greco ne ha il corrispettivo. Direi che unitariamente, antropologicamente, si potrebbe definire tale elemento: pre-potenza, non nel senso necessario di ignoranza dei limiti.


MAURO PASTORE

Forse la mia scrittura è parsa contraddittoria agli ingenui, da qui le non risposte. Faccio una precisazione.

Ignoranza del limite: senza dubbio nella vita accade necessariamente e va gestita oltre che colmata.
Prepotenza: un po' ne abbiamo e dobbiamo averne e ciò, assieme alla ignoranza, definisce un fattore di rischio connaturato alla nostra esistenza di umani.
L'andare oltre i limiti: non prepotenza (nel senso di pre-potenza), ma qualcosa di più; non semplice arroganza. Da un punto di vista greco, si distingue tra hybris e violazione in presenza della hybris; e chi non fa questa distinzione scambia la grecità per gli eventuali torti di alcuni greci o per un arbitrio superiore. Il greco in questa illusione è destinato alla propria sciagura, oltre che all'oblio di sé; il non greco a un sogno su inesistente umanità. Nessuno verrà a salvare con le proprie scelte superiori o se verrà qualcuno ad aiutare o a opporsi non sarà riconoscibile fin quando non verrà meno quel sogno sull'arbitrio assoluto. Per questo motivo l'ortodossia greca non ebbe bisogno di fare riflessioni su libertà e non libertà dell'arbitrio e il cristianesimo ortodosso si confronta diversamente dal cattolicesimo con la Riforma protestante.

Insomma: il Cristo non ha lo scopo di sopperire all'ignoranza dei limiti ma serve a far fronte a una situazione in cui l'umanità da sola non basta; la hybris non è una trasgressione: essa può diventare occasione di violazione, il che è diverso dal pensiero che la concepisce come una negatività da sopprimere.


MAURO PASTORE
#127
Ieri a un notiziario della televisione di Stato appariva un esponente della "Sanità" che opportunamente presentava una verità: i malati di mente sono meno abili dei sani quando si tratta di architettare un folle delitto. Senonché ci metteva poi un'altra pezza, sentendo di averla detta troppo bene: 'esistono gli orchi'. Questa è una conclusione puntuale della malasanità, che nel cominciare a dover specificare che non esiste alcun legame diretto tra malattia mentale e violenza non vuole evitare di calunniare l'umanità definendo la scelta del crimine in termini fiabeschi e da incubo.

Anni fa' sempre in tivù uno psichiatra raccomandava di non togliere le fiabe ai bambini. Ottima raccomandazione anche contro i suoi colleghi medicalizzanti e iperrazionalisti; nel contempo però trattava le fantasie dei bambini destituendole di senso. Purtroppo è stato fatto lo stesso con il mito e i tempi antichi, col risultato che le fantasie negative erompono e ancora una volta non accettate vengono esibite travestendole da incubi. A che pro tanta misantropia e reticenza? Per nascondere le colpe delle masse addossandole solo ad alcuni e facendo confusione, coinvolgendo anche gli innocenti.

Lo psichiatra va fantasticando in diretta di uomini-orchi dopo che la sua società ha deriso le favole sugli orchi; e mentre negli Stati Uniti d'America non sono stati sconfessati i procedimenti contro inesistenti mostri umani, la malasanità in Italia va presentando incubi in tivù. Il presunto esperto dovrebbe, dopo il suo show in diretta tivù, autodefinirsi e dichiarare di aver fatto pessimo spettacolo, invece lo usa per coprire un'informazione adeguata (sia pure data, con avarizia, a metà).

Insomma se iniziano a scagionare i malati di mente da ingiuste insinuazioni, cominciano a gettare in discredito l'umanità; se pensano i manicomi veramente chiusi, vogliono il patibolo ingiusto... Questi soggetti vorrebbero condannare gli stessi che, presunti o veri malati che siano, sono stati in molti segregati e limitati fino alla morte precoce, rendendo anche le dimore luoghi di internamento (coi sedativi, ma anche sfruttando altri delitti). Dato che si presentano con un incubo, è facile intendere che non hanno nulla veramente da accusare. In questi casi tentano come ultima risorsa di mettere le due cose insieme. Così aveva fatto una inquisizione alla voce più alta della nostra letteratura, l'Autore della Gerusalemme Liberata, incarcerato perché ritenuto pazzo, redarguito perché ritenuto malato. Si invertivano i termini perché entrambi i casi erano non esistenti. Così si fa oggi cercando di identificare l'umanità con la mostruosità.
L'uomo a immagine e somiglianza di Dio non ha facoltà di fare realmente il mostro e le creature che ne hanno non sono da giudicare male.

La leggenda racconta: allora che sui lidi dove sorgeva Ilio apparve ancora una volta il mostro marino, gli abitanti della città di Troia non compresero più. Ugualmente non seppero fronteggiare le accuse di torto del nemico attorno. Restarono solo rovine, dopo epoche ed epoche di fini e rinascite.
Se la società civile non farà attenzione al significato di certe fantasie, se vorrà trattarle assieme agli esponenti di una falsa sanità alla stregua di descrizioni antropologiche, non solo ci sarà offesa alla scienza ma una grande dimora del sapere cadrà sotto i colpi di una cultura alternativa.
A finire è il pensiero in cui natura e civiltà sono distanti, chiuse da un recinto; il sacro, degenerato a convenzione da incubo, muore. Se non si voleva assistere a certe proteste o semplici manifestazioni, si doveva agire diversamente (in certi casi: andandosene) e aver tentato e tentare di sedarle o imprigionarle, di portarle finanche sul patibolo, è stato delitto anche contro Dio.
Come detto nelle sacre scritture cristiane:
Il sole non tramonti sulla vostra ira.
Altra cosa sono le favole degli orchi e i mostri che in natura raccontano pericoli e impossibilità. E' evidente che certi "medici" sono protagonisti di una azione di intimidazione e proiezione psicologica che cercano di travestire pubblicamente con una immaginazione da incubo. Non l'orco col camice bianco - ovviamente! - ma un intruso spaventato della relazione d'aiuto, della vitalità che in mezzo o solo al limitare del vuoto della malattia continua a sussistere. Gente impaurita dall'amore per il prossimo e dalla forza vitale, che non deve avere udienza dalla cittadinanza e da quel che resta degli Stati, gente che porta il camice del medico, la divisa da infermiere ma non deve ingannare né cercare proseliti.


MAURO PASTORE
#128
Citazione di: Visechi il 28 Gennaio 2025, 17:15:11 PMMa se non sai neppure cosa eventualmente ti verrebbe opposto.
Io dicevo di opposizioni filosofiche. So bene che certe espressioni contrarie a un certo male diffuso incontrano o possono incontrare reazioni assai pronunciate o determinate. Ma non si possono opporre vere idee a quanto ho detto, che dipende dalla stessa logica di vivere ed essere umani anche negli effetti delle proprie azioni.

MAURO PASTORE

#129
Citazione di: iano il 11 Marzo 2025, 06:24:11 AMNon so se in altri contesti li hai trovati, però ormai dovrebbe esserti chiaro che dei  lettori avvertiti che invochi  sul forum non c'è traccia, e dunque per chi scrivi qui, se non per te solo?

Non pensi che ci potrebbero essere anche senza lasciar traccia?

MAURO PASTORE
#130
Ho riveduto ed emendato il testo. Il passo iniziale in corsivo recava una spiegazione imprecisa; alcune altre cose andavano migliorate.

Al seguente link, cui contenuto da vagliare opportunamente, altro materiale biblico:
https://www.scrutatio.it/DizionarioTeologico/articolo/1221/follia



MAURO PASTORE
#131
"Io mi sono applicato nel cuor mio a riflettere, a investigare, a cercare la sapienza e la ragion delle cose, e a riconoscere che l'empietà è una follia e la stoltezza una pazzia", Ecclesiaste 7, 25.


Avendo assistito all'ennesimo spettacolo oltraggioso della identificazione  forma fisica - colpa, sentivo oggi necessità di una giusta e opportuna pubblicazione.
Nel sèguito si trovano delle mie notazioni alla Bibbia, senza alcuna funzione di predica o sermone e unite a riferimenti scientifici (purtroppo per ignoranza e pregiudizio non accettati da tutti), sulla presunta follia del testo. Il cristianesimo è stato ed è tacciato di esser cosa pazza e nel Nuovo Testamento si trova consapevolezza di questa possibile illazione. Mentre chi vive in simbiosi col mondo ritiene la fede in Cristo frutto d'inganno, all'opposto per la dottrina cristiana è la logica assolutamente mondana ad esser priva di verità, un vaneggiare. Non si tratta di diagnosi o sentenza intellettuale filosofica; ma di una concezione dotata di propria razionalità, formulata a fini salvifici e non per descrivere il pensiero da farsi né per svilire quelli altrui.


I seguenti passi biblici li ho tratti da funzione religiosa dove vagava qualche espressione inaccoglibile - come sopra ho spiegato - non saprei se per errore nel proferire, imprecisione maliziosa o volontà oltraggiosa e di incubo. Tali passi un fraintenditore li definirebbe frutto di pazzia e invece non lo sono:

- Dalla Genesi 15,5-12.17-18  Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda il cielo e conta le stelle se le puoi contare». E soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al SIGNORE, che gli contò questo come giustizia. Il SIGNORE gli disse ancora: «Io sono il SIGNORE che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti questo paese, perché tu lo possegga». Abramo chiese: «Dio, SIGNORE, da che cosa posso conoscere che ne avrò il possesso?» Il SIGNORE gli rispose: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni, una tortora e un piccione». Egli prese tutti questi animali, li divise nel mezzo e pose ciascuna metà di fronte all'altra; ma non divise gli uccelli. Or degli uccelli rapaci calarono sulle bestie morte, ma Abramo li scacciò. Al tramonto del sole, un profondo sonno cadde su Abramo; ed ecco uno spavento, una oscurità profonda cadde su di lui. Or come il sole fu tramontato e venne la notte scura, ecco una fornace fumante e una fiamma di fuoco passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il SIGNORE fece un patto con Abramo, dicendo: «Io do alla tua discendenza questo paese, dal fiume d'Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate». 
- Dalla Lettera ai Filippesi 3,17- 4,1  Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l'esempio che avete in noi. Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra. Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa. Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!
- Dal Vangelo secondo Luca 9,28-36  Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, l'aspetto del suo volto fu mutato e la sua veste divenne di un candore sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, i quali, apparsi in gloria, parlavano della sua dipartita che stava per compiersi in Gerusalemme. Pietro e quelli che erano con lui erano oppressi dal sonno; e, quando si furono svegliati, videro la sua gloria e i due uomini che erano con lui. Come questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bene che stiamo qui; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nuvola che li avvolse; e i discepoli temettero quando quelli entrarono nella nuvola. E una voce venne dalla nuvola, dicendo: «Questi è mio Figlio, colui che io ho scelto: ascoltatelo». Mentre la voce parlava, Gesù si trovò solo. Ed essi tacquero e in quei giorni non riferirono nulla a nessuno di quello che avevano visto.

Nel primo passo troviamo una narrazione antropomorfica, con Dio personaggio parlante a mo' di umano. Dato che la nostra immaginazione naturale rappresenta antropomorficamente Dio, non si tratta di uno sproposito verbale ma di un modo spontaneamente intuibile senza errare assurdamente. Si trova altresì raccontata una coincidenza e fenomeno misterioso, un fuoco formatosi per aria, in relazione non a una eccezione naturale ma a un caso, non innaturale ma spiegabile ponendo Mistero e fenomeno in relazione.
Nel secondo passo troviamo, tra il resto, un'affermazione di conformità tra corpo dei credenti e corpo di Cristo, secondo cittadinanza celeste non quindi dicendo di stare per i cieli fisicamente ma secondo una appartenenza a dimensione misteriosa e ulteriore, presente anche nel nostro mondo. Nessuna dissociazione psicotica con sé stessi, ma un diventare da parte della dimensione umana eguale a quella divina.
Nel terzo passaggio è presentata principalmente una visione, tra realtà e surrealtà, durante un dormiveglia, destandosi. Il pensiero antico affermava che durante il sonno si percepisce l'altra dimensione e nel passaggio dalla incoscienza alla manifestazione della coscienza si avverte la Divinità o si è avvertiti da Dio. Paganesimo e Bibbia in ciò non discordano ma nella seconda la visione è più misteriosa, quanto più definita più enigmatica. Epicuro ne spiegava filosoficamente riferendosi al solo piano naturale; il Nuovo Testamento e i teologi cristiani ne dicevano riferendosi al soprannaturale, con l'imprevisto non secondo necessità cosmiche. Nei tempi recenti S. Freud incontrava nelle sue relazioni scientifiche la realtà della significanza delle immaginazioni oniriche e la psicologia analitica iniziata da C. G. Jung ne dava spiegazione e teoria scientifica psicologica: il sogno quale espressione anticipatoria dell'istinto, non psicofisicamente come manifestazione di un desiderio suscitato dalla esperienza materiale (per esempio, sognare una fonte mentre si ha bisogno di lacrimare), cioè, ad esempio: sognare un oggetto che poi da svegli si vorrà e potrà costruire. Tuttavia il vissuto monoteista e l'àmbito di fede non sono rappresentabili né secondo il causalismo psicofisico né col finalismo psichico, ma in termini di sconfinamento di qualcosa di misterioso, transpersonalmente. Il sogno, in particolare la visione misteriosamente significante, può contenere messaggi che vengono da oltre i confini superiori della mente (supercoscienza), non dalla materialità ma dalla energia che promana da oltre tali confini (spiritualità cioè psicologicamente il transpersonale). Questo può essere inquadrato non analiticamente ma da una psicologia complessa e schematizzabile in una psicosintesi, non con una psicoanalisi. Tuttavia non abbiamo a che fare con una nuova teoria ma con una catalogazione scientifica; difatti resta che la psicologia empirica non è teologica.
Notiamo che i tre testi biblici non sono scritture folli da ricondurre a realtà, non discorsi problematici cui trovare soluzioni (ancor meno psicologiche, assolutamente non medico-psicologiche). Anzi essi sono in non conflitto coi dati di un'adeguata scienza.





MAURO PASTORE
#132
E' apparso su un quotidiano cattolico un articolo, visibile al seguente link:

https://www.avvenire.it/agora/pagine/il-1789-abbatte-il-re-e-creo-patriarcato-e-capofamiglia?fbclid=IwY2xjawI8r5RleHRuA2FlbQIxMQABHTsEcW-KqJK6mWBz-SoI30sxBWsLnMHWom2gQC0n59YeIR7oZDcA4TV03w_aem_AlC__3hmsS3NPVT9OjgIog

Accludo qui sotto di sèguito una mia considerazione - di fatto una recensione - pubblicata già in funzione di commento ad altrui parere, qui invece con ruolo di tema di discussione filosofica:


L'articolista proprio non va d'accordo con la cosiddetta légge Basaglia e neppure con l'autentica psicologia nell'ignorare il fattaccio, certamente stigmatizzato da Foucault per metterne in luce l'inaccettabile violenza. E' vero pure che la storia mostra una duplicità. Il Re aveva giustamente anche funzione di intermediario diretto coi sudditi e il regime monarchico in Francia trattava egualmente uomini e donne; dopo la Rivoluzione invece prevalse la disparità di trattamento di una società maschilista - della cittadinanza di allora, io direi senza troppi mezzi termini - mentre si protraeva l'abuso, attuato dallo stesso re, contro alcuni soggetti definiti 'malati', i quali venivano reclusi senza imputazione né sentenza, con la polizia che prendeva le veci del potere giudiziario e il potere giudiziario che veniva abusato da una falsa considerazione sanitaria. Cioè un dissidio sociale veniva falsamente rappresentato come un problema sanitario, in nome di una familiarità (presunta o vera che fosse) evidentemente ignara dei propri còmpiti ed anche violenta oltre che fraintenditrice di sé stessa. In questo quadro si scopre una monarchia che ormai praticava il torto assieme alle autorità esecutive e che assecondava incubi e pregiudizi sociali, quindi una società che prendeva il posto del regno aggiungendovi un prepotente maschilismo patriarcale. L'obiettivo di Foucault era di svelare i meccanismi nascosti del potere, facendo emergere delle negatività inaccettabili, con lo scopo di spiegare la violenza odierna connessa al potere. Nella interpretazione marxista il quadro emerso sarebbe uno specchio del "sopruso borghese", ma l'applicazione ostinata (nonostante il veto di Lenin, palesato a partire da un certo momento) del marxismo in Unione Sovietica mostrava e mostra che lo stesso sopruso era nella società comunista ancora più diffuso ed estremo (si sa che i manicomi erano il luogo dei dissidenti e dei deboli incapaci di essere benestanti nel regime comunitario). La storia della follia presentava il quadro del sopraggiungere di una non accettazione di un fenomeno connaturato all'animo umano e che serve alla vita: la follia appunto. Il precedente sarebbe Erasmo da Rotterdam, nella sua attività di antesignano della Riforma protestante. I nazisti cercavano di eliminare i malati di mente, accusandone la presunta debolezza; i comunisti cercavano di dimostrare che opporsi al regime comunitario era follia quindi malattia di mente, contrarietà fisica insostenibile. In entrambi i casi era prevista la morte del malato. Ma il regime dei manicomi, la cura trasformata in carcere, la medicina mutata in oppressione e invasione e restrizione anche estrema, era già un viatico alla morte e un torto alla vita (segregazioni, bloccaggi, vessazioni anche fisiche con elettroshock o peggio, invadenze contro il pensiero e le emozioni). La destra politica non pensa che questo sopruso, protratto fin quasi a rendere inesistenti i veri Stati - ancora oggi è così -, sia il frutto di tradizioni o l'effetto della conservazione dei poteri, ma una intrusione; il centro politico non addebita alla vera democrazia il fattaccio, la sinistra ritiene che esso abbia cause rimovibili socialmente o perlomeno egualitariamente. L'articolista non ne scorge proprio ed il suo è un torto esemplare: si finge di non vedere. Questa omissione viene legata a una ideologia conservatrice, a propria volta legata al tradizionale binomio trono/altare. Si tratta di una mostruosità, nel senso che disaccordi, diverbi, opposizioni, differenze autenticamente politiche non potrebbero mai accogliere il fattaccio o fingere di non vederlo. In tal senso, non bisogna fare della cecità dell'articolo un paradigma di conservatorismo religioso e politico. Per quanto ne so, il sopruso dei manicomi, la repressione della follia, è connesso con certi ambienti parareligiosi dove l'esorcismo è materialmente inteso, confliggendo con lo stesso significato del termine.



MAURO PASTORE
#133
Citazione di: Visechi il 20 Febbraio 2025, 21:45:41 PMSei davvero strepitoso, un vero esempio... da rifiutare:
Scrivi idiozie facendole passare per interpretazioni; ti viene mostrato quanto la tua interpretazione annacqui e svilisca il significato attribuito al componimento dal suo autore, e, piuttosto che riconoscere lo stupro perpetrato, invochi Freud, psicoanalisi, cretinate varie. Ma non sarebbe stato più semplice ed onesto riconoscere lo svarione, l'incompetenza e l'idiozia. No! Imperterrito e pervicace permani nello stupro.
Contento tu.
Il buon lettore ha la prova delle tue cattive interpretazioni. Ad esempio la sciocchezza sulla invocazione di Freud, che invece io ho citato a ragion veduta. Così pure i tuoi interventi letterari, sono vistosamente fuori posto e chi ha cultura sufficiente se ne accorge. Continui ad offendere e a cercare di irretire gli sprovveduti... certo nelle reti in cui tu stesso ti sei lasciato cadere.

MAURO PASTORE
#134
Citazione di: InVerno il 04 Marzo 2025, 19:26:06 PMGuarda che non stai parlando di qualche testo di duemila anni fa dove puoi interporre la tua arbitraria interpretazione, Kyrill è vivo e nel pieno delle sue funzioni di scendiletto dell'ìmperatore.

Andiamo a "interpretarlo" insieme :
"I cristiani non hanno paura della cosiddetta fine del mondo, aspettiamo il Signore Gesù, che verrà nella grande gloria, distruggerà il male e giudicherà tutte le nazioni", ha detto il capo della Chiesa ortodossa russa, chiarendo che "non bisogna aspettare passivamente la seconda venuta, ma, al contrario, è necessario essere guerrieri del Signore". nov 2024

Quindi hai interpretato male, i cristiani secondo Kyrill aspettano con gioia e speme la fine del mondo, e devono agire attivamente per innescare quelle bombe che Kyrill definisce "frutto della divina provvidenza" senza preoccuparsi di peccare, infatti stando a Kyrill i soldati in guerra sono stati "lavati di tutti i peccati". Sembra di essere al tempo delle crociate e invece siamo nel 2024, con uno zuccone religioso preservato in formaldeide e usato per la barba morbida, perfetta per pulire i piedi rugosi dell'imperatore.
Kyrill dice di 'guerra metafisica', lo ha specificato; la 'fine del mondo' nel cristianesimo non significa catastrofe cosmica né umana; la presenza di Kyrill al fianco dei soldati significa l'affermazione che la Russia ha una ragione nell'opporsi a un certo Occidente politico, che è indubitabilmente satanico, ma non sta a indicare l'assecondamento degli spropositi militari moderni e contemporanei. Se qualcuno vuole qualcosa di meglio, non deve negare il poco che c'è.
Bisogna capire cosa sia il fenomeno religioso, studiare le religioni e "confessioni religiose", cercare di cogliere la presenza della Alterità negli accadimenti religiosi; non opporre ai dogmatismi, i quali sono imitazioni delle dogmatiche, tante petitio principii che tentano di far ignorare l'Alterità misteriosamente presente nella nostra vita. La vita è fatta anche di concentrazioni su ciò che Dio non è; ma se si assolutizzano questi episodi si acquistano problemi fino a finire nei guai e chi cerca di dissuadere gli altri dal retto considerare agisce contro la vita, anche contro la propria.

MAURO PASTORE
#135
Citazione di: daniele22 il 05 Marzo 2025, 08:30:57 AMQuando parli con me di filosofia devi contestare la mia posizione di pensiero che vi vede (voi inteso come mondo intero) fuori dalla realtà
Non è che col posizionare il pensiero che si giudica chi fuori o dentro la realtà. I fatti vi danno torto.

MAURO PASTORE