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Messaggi - HollyFabius

#121
Citazione di: giona2068 il 13 Maggio 2016, 13:43:25 PM
Fede e fiducia non sono sinonimi da usarsi alternativamente, almeno nell'accezione comune.
Fede vuol dire speranza nel Signore Dio e fiducia vuol dire certezza o quasi  nelle cose del mondo. Esempio: La sedia o le gambe che ci sostengono.
Quello che non capisco è perché chi non ha fede vuol spigare a chi ne ha cosa essa sia.
Fino a quando l'uomo vive senza fede non sa cosa essa sia e non conosce gli effetti vitali di essa su di lui. Oltretutto non sa cosa vuol dire vita e vivere e quando, chi non ha fede,  afferma che l'uomo può vivere senza fede, lo afferma con convinzione perché non sa che sta vivendo da morto e che quella che chiama vita, altro non è che il "vegetare. Non solo non sa cosa  voglia dire vita, ma non sa neanche cosa voglia dire morte. Manca cioè di esperito. Esempio: Quando parla Vladimiro, alias Luxuria, che penso ormai tutti conosciamo per averlo visto(a) in TV, sembra che parli la sapienza in persona, ma la sua ratio è 100% la ratio di questo mondo! Se le/gli chiedessimo se crede o non, potrebbe rispondere anche sì, ma sarebbe una risposta di circostanza per da valore alle sue affermazioni.
Questa è la conseguenza del vivere senza fede che porta alla conclusione che si può vivere senza di essa. La stessa mancanza di fede non consente che la persona si accorga  di essere senza vita perché satana semina morte e fonda il suo potere su questa inconsapevolezza . Se si sapesse distinguere la vita dalla morte, la conclusione sarebbe che senza fede si vive da morti, cioè si vegeta solo, anche se si fa sesso, si mangia, si cammina ecc....

Vediamo di mantenere il dialogo su livelli di tolleranza e intelligenza accettabili.

Ho riportato il significato etimologico, la radice della parola fede per il semplice motivo che la accezione comune è ambigua e spesso si intende parlare di fede ma si fanno affermazioni sulla fiducia.

Ti faccio notare che è una cosa molto fastidiosa leggere un post di risposta ad un tuo post e che quindi ti riguarda senza che l'interlocutore abbia il coraggio di rivolgersi direttamente a te e che anzi cerchi generici appoggi, rivolgendosi a tutta la platea di lettori.

E' sintomo sia di debolezza che di maleducazione. Di debolezza perché è evidente che ti aspetti un appoggio altrui non avendo evidentemente un appoggio dentro di te.
Di maleducazione perché è equivalente a parlare male di una persone in una platea con la persona presente e in ascolto.

Passando ad un piano razionale e non di pancia, ti spiego perché sei in errore nell'unica frase di un qualche interesse che ho letto nel tuo post.
Te lo spiego analizzando la frase, semanticamente identica ad una tua:
"Quello che non capisco è perché chi non ha A vuol spiegare a chi ne ha cosa essa sia"
Proviamo a mettere al posto della A una malattia grave, mortale se trascurata.

Per esempio:
"Quello che non capisco è perché chi non ha 'il tumore al seno' vuol spiegare a chi ne ha cosa essa sia"
La risposta è lì, comprensibile ad ogni livello, la medicina studia il tumore al seno e il medico che conosce bene la cura aiuta chi ha il tumore salvandogli la vita.
Ecco un caso di chi NON HA qualcosa che CONOSCE la cosa CHE NON HA meglio di chi quella cosa ha.

Preciso (perché dato il livello dei discorsi potresti non capire) che io non sto affermando che esiste un medico che può guarirti di una qualche malattia, ho solo cercato di farti capire che il possesso di qualcosa non ci pone in una posizione di privilegiata, di superiorità, rispetto alla conoscenza della cosa posseduta. Questo è vero per qualunque cosa, compresa la fede.

Ti prego inoltre, vivamente, di evitare, in risposta ai miei post, di darmi del morto o del vegetale.
E' la prima e ultima volta che lo dico, dopodiché mi limiterò a segnalare al moderatore ogni tuo post insultante.

Immagina, se hai la capacità di farlo, che io possieda una qualità aggiuntiva alle tue che mi permetta di ragionare sulla fede e sulla vita meglio e più di te.
Non che questo sia vero, ma il solo immaginarlo ti può fornire quel grado di umiltà che è sempre bene avere in un luogo pubblico.
Se questa immagine ferisce o sconcerta bisogna farsene una ragione, esistono persone più intelligenti e più ignoranti di noi per ogni argomento si tratti.
Io sono pieno di queste immagini, che riempiono di dubbi la mia vita intellettuale perché quella reale, ti posso assicurare, è piena sia di soddisfazioni che di qualità positive ben lontane dalla tue immagini sataniche.

Spero per te che in un'altra vita ti possa venire il piccolo dubbio che forse tra me e te chi è più vicino ad un vegetale è chi di quella qualità aggiuntiva non ha sentore.

Mi scuso con le persone intelligenti del forum per questo mio sfogo.
Inutile aggiungere che non c'è bisogno che tu risponda.
#122
Citazione di: Freedom il 13 Maggio 2016, 09:04:22 AM
Non penso si possa percentualizzare tale bisogno.
Ma tutti credono. In qualcosa, magari non di trascendente bensì di immanente. Tutti credono e adorano qualcuno o qualcosa.

Citazione di: Elyah il 13 Maggio 2016, 09:49:36 AM
Credere è un aspetto dell'essere umano, che lo caratterizza; senza la FEDE, non ci sarebbero state le scoperte scientifiche.

Ogni scoperta scientifica è stata dimostrata... POI!!! ma prima della scoperta vi è un atto di FEDE, in cui il ricercatore si adopera a dimostrare una determinata tesi. Ma tutto il tempo che intercorre dall'INTUIZIONE alla DIMOSTRAZIONE, il ricercatore vive in una dimensione di "incertezza", perchè sotto mano non ha nulla di concreto... fino a quando la sua tesi non è dimostrata.

Se non ci fosse stata la FEDE, nessuno ricercatore avrebbe scoperto nulla, perchè avrebbe desistito immediatamente.

Citazione di: Duc in altum! il 13 Maggio 2016, 10:13:59 AM
E' questo l'inganno, credersi meritevoli di poter esistere senza credere, semplicemente attraverso la facoltà di poterlo dire.
Anche quel 14% della popolazione mondiale, di oggi e di domani, non potrà (può) evitare di credere, fosse anche nel Nulla.


In realtà l'inganno è dato dal significato che si vuole dare al termine fede.
Il termine fede deriva dal latino fĭdes, overro "fiducia, lealtà" oppure foedus ossia "patto, concordia".
Viene però spesso usato con il significato di credenza piena e fiduciosa in entità superiori.

Il primo significato è sicuramente presente in tutti, io non potrei neppure sedermi se non avessi fiducia che la sedia stia dov'è mentre mi siedo, non potrei digitare sulla tastiere se non fossi consapevole e avessi fiducia che il tasto che premo produca la lettera che voglio produrre.
Senza questa fede non potrei compiere niente, rimmarrei paralizzato dal compiere qualunque azione non potendone conoscere le conseguenze.
Non potrei camminare senza la fiducia che le mie gambe mi tengano in piedi, non potrei mangiare senza la fiducia che il cibo sia poi digerito e commestibile.

Altro cosa è avere fiducia, per esempio, in una entità superiore, per esempio Dio, razionale e buona. Si può vivere senza questo tipo di fiducia.
La confusione del linguaggio è causa di molti fraintendimenti, quando mancano le parole per separare i significati si può, ad una analisi superficiale, arrivare a conclusioni errate.
Siamo proprio in questo caso.

Chiedere se sia un bisogno primario dell'uomo credere senza specificare se si intende il credere nella accezione debole di generica fiducia o nella accezione forte di fiducia nel trascendente può avere quindi due interpretazioni.
Le due cose non possono convivere, o si chiede la cosa nella accezione debole o si chiede la cosa nella accezione forte.

La accezione debole a me non interessa e ritengo la risposta banale, ho interpretato la domanda nella sua accezione forte di fede nel superiore, nell'entità superiore, ecc. e a questa ho risposto.
La questione di rendere il nulla oggetto e di concludere che come minimo si crede in questo è un errore, anch'esso derivato dalla necessità umana di rappresentare nel logos ogni aspetto del discorso.
Ma il nulla non ha una costruzione positiva, oggettuale bensì una costruzione negativa, di mancanza di ogni cosa, non può essere usata senza entrare in contraddizione affermando la sua esistenza.
Il nulla non è, e sostenere che il nulla è, equivale a realizzare il giochetto della divisione per zero che permette di rendere uguale qualunque equazione matematica.
#123
Citazione di: Mariano il 12 Maggio 2016, 15:35:27 PM
Mi riallaccio nuovamente al topic di Freedom sulla probabilità del credere e del non credere per porre un'altra domanda che ho inserito come affermazione nel titolo proposto:
Credere e' un bisogno dell'essere umano?
Da quanto ha asserito lo psicologo Maslow, il bisogno di trascendenza dalla propria individualità per riconoscersi come parte di un universo superiore di origine divino, fa parte dei bisogni fondamentali dell'uomo così come il respirare ed il nutrirsi.
Ritengo che quanto affermato da Maslow da un punto di vista psicologico trovi conferma dalle statistiche riportate da Paolo Bancale nella sua rubrica d'autore di questo sito dalle quali appare che solo il 14% circa della popolazione mondiale sia ateo.

Respirare e mangiare sono bisogni fondamentali (primari), e infatti tutti mangiano e respirano; se credere fosse un bisogno fondamentale il 100% delle persone crederebbe, non 86%.

#124
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 10:39:57 AM
Si avevo Capito Che il riferimento era al post precedente ,quindi la Mia domanda rimane,se hai voglia di spiegarmi meglio il motivo per cui ritieni Che centri la morale e non la coscienza

Il termine coscienza deriva da conscire (cum e scire).
Scire ha il significato di sapere, conoscere; cum quello di "quando -nel senso di nel tempo di-, oppure insieme, unitamente".  Ovvero il termine "coscienza" ha il significato di possedere il sapere, la conoscenza.
Esiste anche l'uso inteso come consapevolezza che è stato introdotto più di recente, nel medioevo.
La consapevolezza è anch'essa una forma di sapere, ed è quel sapere che dà forma all'etica, alla condotta di vita, alla disciplina; rendendole autentiche. La relazione tra coscienza e consapevolezza non è biiettiva, la consapevolezza presuppone la coscienza mentre la coscienza può essere data senza consapevolezza (per esempio delle conseguenze delle azioni).

Quanto tu citi gli articoli sull'omicidio intendi che le persone possono momentaneamente perdere consapevolezza di quello che fanno, questa valutazione estremamente negativa (che ovviamente condivido) è per l'appunto 'valutata', basta su un sistema di valori, ovvero basata sulla morale.
Il senso di coscienza del quale stiamo discutendo è invece la coscienza nella sua accezione più pura e originale, ovvero quella di sapere, conoscere. Se vuoi ci stiamo interrogando su cosa sia il sapere o la conoscenza.

 
#125
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 10:01:44 AM

perché pensi che riguarderebbe la morale e non la coscienza?

Scusami, ho citato il messaggio sbagliato, questo era quello che intendevo citare:
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 02:09:31 AM
ma secondo voi si può arrivare a perdere la coscienza?

prendiamo ad esempio casi di questo genere qui sotto;


http://www.oggi.it/attualita/notizie/2015/04/21/strage-di-motta-visconti-la-nuova-confessione-choc-di-carlo-lissi-cosi-ho-ucciso-mia-moglie-e-i-miei-figli/?refresh_ce-cp

http://www.panorama.it/news/cronaca/omicidio-di-roma-volevamo-uccidere-per-vedere-leffetto-che-fa/

http://www.leggo.it/news/esteri/elena_smocot_uccide_figlio-1576789.html

si può ancora dire che queste persone avevano ancora una coscienza?
se la risposta e' si (secondo me lo e' nonostante si possa arrivare a tanto) come mai hanno agito come se non l'avessero?
#126
Citazione di: fly il 08 Maggio 2016, 21:41:35 PM
Il mio obiettivo è trovare il giusto compromesso tra percettibile (accettabile dalla maggior parte della gente) e misurbile per non perdere l'utilità della classificazione. Vorrei sapere cosa ne pensate di questo argomento?
Aggiungo una riflessione sul tema del giusto compromesso tra percettibile e misurabile, all'interno dell'uso nella classificazione.
La prima cosa che noto è che vi sono similitudini ma anche differenze non di poco conto tra l'intento classificatorio nella scienza e quello nella filosofia.
Le similitudini sono legate alla necessità razionale umana di costruire 'enti' o 'oggetti' sulla realtà che sottopone ad analisi intellettuale.
Identificare degli oggetti permette di usarli come scatole chiuse, per descrivere le relazioni tra questi, e rappresentarle poi in modelli.
Le differenze sono sostanzialmente legate alle motivazioni della creazione della classificazione, che rimandano poi alle motivazioni che sono alla base di queste discipline.
La scienza ha come obiettivo principale quello di realizzare previsioni di comportamento della realtà e di sottoporlo al controllo della volontà umana.
L'ente sottoposto ad analisi viene scandagliato nelle sue attitudini comportamentali allo scopo di potere costruire dei manufatti, degli apparati in grado di poter migliorare la condizione umana.
Esiste naturalmente una scienza 'pura', che indaga nelle intenzioni liberata da questo vincolo di traduzione in risultati tecnici o tecnologici ma questa liberazione è illusoria.
Il complesso industriale/tecnologico, lo stesso indirizzo politico rispetto alla formazione universitaria spingono le ricerche con ricadute pratiche e respingono, a volte in modo piuttosto brusco, le ricerche che mettono in discussione il paradigma consolidato.
I finanziamenti delle ricerche o hanno, in una prospettiva temporale, ricadute evidenti oppure hanno una solida e importante sponsorizzazione politico/sociale.
Al contrario di questa impostazione il filosofo imposta il suo intento classificatorio allo scopo di liberare la propria concezione del mondo dalle forme razionali contestabili all'interno del suo sistema di descrizione del mondo.
Gli oggetti, all'interno di questo intendimento, hanno una vocazione puramente astratta e legata al logos.

All'interno di questa differenza sostanziale tra intenzione scientifica e intenzione filosofica cosa sono il percettibile e il misurabile?
Per lo scienziato il misurabile è qualcosa di riproducibile, all'interno dei vincoli statistici di misurazione, per permettere la condivisione dell'atto di misurazione in altri luoghi e altri tempi.
La misurazione è poi soggetta all'interpretazione del suo significato, della sua riproducibilità, nell'ambito dei modelli che possono differire, cioè la stessa misurazione può avere diversi modelli di spiegazione.
In fondo per lo scienziato il percettibile è ciò e soltanto ciò che posso misurare con uno strumento e rendere poi misurazione.
L'evoluzione della scienza, sposta i confini della capacità di produrre modelli e sposta anche, seppure lentamente, la visione della natura dei modelli possibili.

Un discorso diverso andrebbe fatto per i modelli della fisica di base, perché questi modelli sono soggetti ai pregiudizi della società occidentale e la direzione della ricerca viene spesso eterodiretta da finalità che sono legate al potere temporale.
Direi di evitare qui delle valutazioni su questo, avendo poco a che vedere con il misurabile (anche se potrebbe avere senso parlarne nell'ambito del percettibile).

Per il filosofo, invece, il misurabile nasce e si conclude all'interno del suo sistema filosofico, la coerenza interna viene persino prima della coerenza della misurazione scientifica.
Il filosofo potrà sostenere che la misurazione che minaccia il suo sistema verrà superata da misurazioni più sottili o più precise o che indaghino in diversa direzione.
Per il filosofo è più importante, perché da lì parte la sua analisi, il percettibile. Con percettibile potrà intendere qualcosa che nasce da fuori e si riflette sui sensi o poi sulla ragione ma anche qualcosa che parte da dentro e rimane in prospettiva interna al suo sistema.

Dopo questa lunga premessa arrivo a dare una parziale risposta al tuo obiettivo, il giusto compromesso è quello di porsi verso il misurabile con approccio scientifico e porsi verso il percettibile con approccio filosofico.
#127
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 07:33:42 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 11 Maggio 2016, 19:18:09 PM
Poi ne derivano altre cose.
Non ha importanza quali siano i contenuti, se quelli del'esperienza umana oppure altri che non sappiamo nemmeno immaginare.
In altre parole, potrebbero essere autocoscienti anche esseri con capacità molto inferiori e diverse da quelle degli uomini: gli animali ad esempio, come io credo, e in generale tutto ciò che esiste conterrebbe in latenza il principio cosciente.
Oppure potrebbero essere autocoscienti entità che non penseremmo neppure di associare alla vita intelligente: una particolare nebulosa, ad esempio, come si vede in certi film di fantascienza.

C'è poi il problema dell'ampiezza dell'individualità cosciente. Noi abbiamo esperienza del tipo umano di individualità cosciente, ma gli animali hanno probabilmente una coscienza individuale più attenuata in favore di una coscienza di gruppo più forte (e questo sarebbe tanto più vero quanto più si scende nella gerarchia animale).
Ma anche gli stessi esseri umani potrebbero giungere, in un lontano futuro evolutivo, ad una sorta di coscienza collettiva, dove l'individuo non sparisce, ma può integrarsi in una coscienza più vasta. Qualcosa ora di inimmaginabile.

secondo me gli esempi in questo senso possono essere numerosi.
le termiti che agiscono all'unisono in un "progetto" comune,come se il singolo sapesse già perfettamente cosa fare,in sincronia con le altre
credo lo stesso avviene per le formiche e le api e sicuramente penso anche per altre specie,non solo insetti sociali
se proviamo a dare fastidio ad una sola formica anche relativamente lontana dal suo formicaio,ci si può accorgere che istantaneamente tutte le altre si mettono in allarme...

oppure che dire di uno stormo di uccelli che mentre virano lo fanno,anche in questo caso,tutti istantaneamente e in perfetta sincronia!

Separiamo il discorso sulla coscienza da quello sulla morale. Certo spesso si usa il termine coscienza al posto di 'atteggiamento moralmente positivo' ma sono cose diverse.
Altrimenti in una discussione sul caffè, citando quello espresso possiamo aprire discussioni sulla lentezza delle ferrovie e i suoi treni espressi, o potremmo iniziare a criticare la nota rivista periodica.
Ehm, spero di essermi espresso in modo comprensibile.  :)
#128
Citazione di: cvc il 11 Maggio 2016, 08:33:44 AM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 23:33:00 PM
Ieri sera al circolo degli scacchi Roberto sosteneva che nella difesa siciliana è preferibile spingere con il nero in d5 prima possibile, Francesco invece argomentava che ci sono alcune varianti specifiche dove il pericolo di questa spinta viene reso evidente, io ricordando questa conversazione ho commentato che ci sono bambini che muoiono di fame e che non era il caso di argomentare sulla spinta di un legnetto. Tutti gli astanti mi hanno dato ragione tra gli applausi.
Saltare di pane in frasca è una interessante arte, ogni tanto sostituisce le barzellette.  :)
In un certo senso hai ragione tu dato che hai proposto questa discussione e il discorso è rivolto a chi è interessato. La mia intrusione è dovuta al fatto che per me questa è appunto un saltar di pane in frasca da un esigenza, che magari avverto solo io, di trattare temi più interessanti a mio modo di vedere. Ma ripeto l'intrusione è mia ed è giusto che ognuno tratti ciò che è interessante per sé e per chi la pensa come lui. E dato che oramai ci sono aggiungo anche che credo che la coscienza agisca in un contesto di interdipendenza con le forze inconsce. Parlare di conscio o inconscio separatamente non è che abbia molto senso in quanto sono uno il complemento dell'altro. Difatti un individuo non è mai del tutto cosciente o incosciente, lo è relativamente a qualcosa ma non rispetto ad altro. Esistono poi diversi gradi di coscienza o incoscienza. La questione è infinitamente più complessa che programmare una coscienza da applicare ad una macchina che sia in grado di interagire come dotata di una propria individualità.

Quoto gli ultimi interventi di Sgiombo e Davintro
Spero di non essere stato frainteso, il mio non era un commento critico verso una supporta invasione di campo, in un forum non penso esista una 'proprietà' legata alle discussione. Insomma non era una sorta di 'questa discussione l'ho proposta io, di altro vai a parlare altrove'. Il punto è che esistono sempre argomenti più importanti ma questo non può e non deve impedirci di disquisire anche di cose di minore importanza, la discussione e la proposizione di temi non può seguire il criterio della importanza morale, altrimenti finiremmo per non parlare mai che dei due o tre temi ritenuti fondamentali.
Avrei potuto aggiungere al raccontino un finale nel quale Roberto e Francesco si sono guardati in faccia tra loro in modo stralunato, commentando: 'ma che vuole questo? Qui si gioca a scacchi, se vuoi fare cose serie impegnati altrove'.
8)
#129
Tematiche Filosofiche / Re:Sul disegno intelligente
10 Maggio 2016, 23:36:21 PM
Citazione di: maral il 10 Maggio 2016, 19:35:46 PM
Sulla tematica severiniana intorno al nulla e al divenire si è discusso diffusamente nel vecchio forum, inserisco qui uno dei thread più interessanti se vuoi approfondire la questione http://www.riflessioni.it/forum/filosofia/14216-riflessione-su-intorno-al-senso-del-nulla-e-severino.html

grazie, vado a leggerlo volentieri
#130
Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2016, 21:34:15 PM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 21:05:51 PM

Quanto al commento sulle priorità mi pare una riflessione senza senso, che c'entrano le priorità nelle riflessioni di questo tipo? Vogliamo riparlare di questi temi quando le priorità (la cui valutazione di merito è peraltro sempre soggettiva) saranno state risolte? Quindi mai?


Rispondo:

Invece per me (oltre che suppongo ovviamente per CVC e per tanti altri) la questione delle priorità negli interessi teorici e  pratici é sensatissima; e in particolare quella circa l' interesse per la salvaguardia di un ambiente naturale compatibile con la buona salute e qualità della vita e per la sopravvivenza stessa dell' umanità é di grandissima importanza.

Si tratta ovviamente di valutazioni del tutto soggettive, sia nel caso del nostro estremo interesse (che peraltro non ci impedisce, come vedi, di parlare anche di filosofia) sia nel caso  del tuo (si direbbe, salvo involontari fraintendimenti da parte mia) "olimpico disinteresse da speculatore teorico puro").

Ieri sera al circolo degli scacchi Roberto sosteneva che nella difesa siciliana è preferibile spingere con il nero in d5 prima possibile, Francesco invece argomentava che ci sono alcune varianti specifiche dove il pericolo di questa spinta viene reso evidente, io ricordando questa conversazione ho commentato che ci sono bambini che muoiono di fame e che non era il caso di argomentare sulla spinta di un legnetto. Tutti gli astanti mi hanno dato ragione tra gli applausi.
Saltare di pane in frasca è una interessante arte, ogni tanto sostituisce le barzellette.  :)
#131
Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2016, 21:21:09 PM
Rispondo:

(Non mi pare proprio di avere avuto reazioni "scomposte"; comunque cercherò pazientemente di essere quanto più "soft" mi sarà possibile in questa ulteriore risposta).

L' esempio del colore della palla non é pertinente perché parla di cose reali (a la Aristotele "in atto") e non di eventi possibili (a la Aristotele "in potenza"), come é invece la realizzazione di un uomo artificiale dal comportamento indistinguibile da quello degli uomini naturali: nel primo caso é ovvio che non può darsi  non contraddittoriamente una differenza (reciproca negazione) fra realtà in linea di principio e realtà in linea di fatto, mentre nel secondo può darsi benissimo fra possibilità in linea di principio e possibilità in linea di fatto (per dirla a la Aristotele, tanto per -cercare disperatamente di-  intenderci: ciò che é in potenza può attuarsi oppure no a seconda delle circostanze, mentre ciò che é in atto non può non essere in atto e ciò che non é in atto non può essere in atto).

Comunque se per te dire "in linea teorica ritengo possibile costruire un uomo artificiale indistinguibile nel suo comportamento dall' uomo naturale, ma stimo  che di fatto (per quel che é ragionevolmente possibile cercare di prevedere) non succederà mai" é una contraddizione, allora:

a) non insito a cercare di ottenere da te che non distorca le mia affermazioni (in proposito); é impossibile ottenerlo dal momento che nemmeno ti rendi conto di distorcerle: lo sopporterò pazientemente, che tanto non me ne verrà alcun danno;

b) evidentemente parliamo lingue diverse e non riusciamo a "tradurcele reciprocamente": sopporterò pazientemente anche questo, che tanto nemmeno da questo me ne verrà alcun danno.



Estremo tentativo di" tradurre":

Nel XIV secolo i Cinesi avevano una flotta molto efficiente con la quale esplorarono le coste meridionali dell' Asia e orientali dell' Africa giungendo fino al capo di Buona Speranza (così chiamato successivamente dai Portoghesi).

In linea di principio avrebbero potuto scoprire loro l' America al posto degli Europei (esattamente come é in linea di principio possibile la realizzazione di un "perfetto uomo artificiale"); ma di fatto ciò non accadde in quanto smobilitarono la loro efficiente flotta e si astennero dall ' impresa (così come credo che di fatto non verrà mai realizzato il "perfetto uomo artificiale").
Se continui a vederci una contraddizione, pazienza (per me non é certo un dramma; come suppongo non lo sia per te il fatto che per me non sussista proprio per nulla). Non insisterò ulteriormente negli sforzi perché ritengo non ne valga la pena.


Rinuncio, saluti.
#132
Citazione di: cvc il 10 Maggio 2016, 10:33:07 AM
La questione credo sia quella di indagare se l'intelligenza artificiale possa diventare una forma di coscienza. Lo scopo dell'IA è quello di creare sistemi che siano in grado di apprendere da soli nuovi concetti senza bisogno di un ulteriore intervento umano. L'auto apprendimento richiede una forma di coscienza. Ora si tratta di stabilire se la coscienza possa sorgere da un progressivo passaggio dal semplice al complesso e dal complesso al via via più complesso, oppure se esista una struttura originaria che sia già data e che non sia sorta da una sintesi di elementi. Mi pare tuttavia un pò curioso che l'uomo, anziché accontentarsi di costruire macchine che obbediscono ai suoi ordini, voglia addirittura crearne di autonome, con una propria coscienza. Che abbiamo un'utilità non lo metto in dubbio, ma col 64% delle acque contaminate dai pesticidi le priorità non dovrebbero essere altre? Che ce ne facciamo delle macchine intelligenti se poi manca l'acqua?
Direi che nel panorama filosofico contemporaneo uno dei filosofi che più ha affrontato il tema sia anni fa Hofstadter, ricordo di aver letto anni fa un paio di suoi testi sull'argomento.
Quanto al commento sulle priorità mi pare una riflessione senza senso, che c'entrano le priorità nelle riflessioni di questo tipo? Vogliamo riparlare di questi temi quando le priorità (la cui valutazione di merito è peraltro sempre soggettiva) saranno state risolte? Quindi mai?
#133
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2016, 08:21:03 AM
Mi sembra che ci sia una bella differenza fra scrivere "stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO" (Sgiombo) e scrivere "dire "in linea teorica, di principio si può" ma "di fatto non succederà e non si giungerà mai"(, è una frase contradditoria e dalla contraddizione si può arrivare ad affermare qualunque cosa" (risposta di Hollyfabius alla precedente affermazione di Sgiombo); l' attibuzione distorsiva della certazza assoluta, categorica (dunque anche in linea teorica, di princio) all' affermazione che "non succederà, non ci si giungerà mai" in luogo dell' incertezza (dunque relatività a determinati dati di fatto) inequivocabilmente e quasi enfaticamente, ridondantemente presente nell' originale non distorto serve proprio ad attribuire falsamente la presunta contraddittorietà alla tesi: scusa se é poco!

Continuo a non rilevare differenze tra quello che hai scritto e nella sintesi che io ho riportato.
Nel mio discorso è evidente che le due parti in neretto e in rosso sono i due concetti alla base della contraddizione che io ho notato e che ho cercato di evidenziare. Il "ma stimo ecc." non aggiunge nulla e non toglie nulla alla conclusione cui tu arrivi nel 'DI FATTO' ecc. E' chiaro che il senso della frase 'DI FATTO, ecc.' è una tua valutazione, una tua stima. Questo però non apporta nulla alla logica espressa dalle due frasi evidenziate. E' chiaro che la mia era una sintesi estrema del discorso ma ripeto la parte tagliata non cambia affatto la semantica del discorso.
Se io scrivo la frase 'la palla teoricamente sarebbe rossa ma di fatto è verde' e la frase 'la palla teoricamente sarebbe rossa, ma dopo avere effettuato delle profonde riflessioni e delle precise misurazione, di fatto è verde' sono semanticamente rispetto al rosso teorico e al verde rilevato identiche. Infatti io la sintetizzerei proprio con 'la palla teoricamente rossa in realtà è verde' senza togliere assolutamente nulla al valore semantico del discorso.
Se poi si afferra che il senso del mio riportare 'la palla teoricamente è rossa' e 'in realtà è verde' all'interno del mio discorso è funzionale alla critica relativa alla contraddizione sinceramente non capisco. Noto però che nella tua reazione piuttosto scomposta hai tolto il pezzo iniziale relativo al 'in linea teorica'. Per me 'in linea teorica' ha un significato preciso ma probabilmente per te era un semplice intercalare.
#134
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 22:07:10 PM


Capisco il tuo disappunto, ma hai posto una questione talmente complessa che è difficile dare risposte costruttive...
Però ci provo a fare un passo avanti. Premetto che parto da una concezione molto particolare, ma non mia personale, perché è quella propria della teosofia e condivisa, in generale, dall'esoterismo (o anche occultismo, purché non lo si intenda in senso "nero").

Cominciamo col dire che la complessità dell'essere umano, già sbalorditiva sul piano fisico, lo è forse ancora di più sui piani sottili.
Esiste innanzitutto la monade, o "scintilla divina", cioè il principio di autocoscienza nella sua manifestazione non ulteriormente riducibile (diciamo quindi "atomica").
Preciso che non vi è differenza sostanziale fra materia e spirito: si tratta solo di due poli estremi di una scala infinita di gradazioni di densità, dal più sottile al più denso.
Ad un certo punto dell'evoluzione della vita sul piano materiale, la monade è scesa nelle forme umane, dando così il via all'essere umano vero e proprio e all'evoluzione del regno umano che essenzialmente consiste nel fare esperienze sul piano fisico, esperienze che servono, vita dopo vita (reincarnazione), a costruire e perfezionare i "veicoli superiori" della coscienza, quel che si dice il "corpo causale". Esaurita la necessità di fare ulteriori esperienze, il corpo causale abbandona definitivamente il piano fisico e passa ad esperienze ancora più elevate, sul piano nirvanico, delle quali nulla si può dire perché inimmaginabili per noi ora. Oltre il piano nirvanico, l'individuo ritorna al piano divino con tutto il bagaglio di esperienza accumulato. Detto così sembra che ci sia un inizio e una fine, ma è una limitazione della nostra visione umana.

Perché tutto questo, se parliamo di IA? Perché, quel che intendo dire, è che lo sviluppo ingegneristico sul piano fisico non potrà bastare per creare IA autocoscienti. L'umanità dovrà sviluppare anche l'ingegneria dei piani sottili, cioè giungere ad una conoscenza approfondita e a un perfetto dominio di tutti i nostri corpi sottili: il corpo eterico, poi quello astrale, poi quello mentale, poi quello buddico e così via..
La naturale evoluzione del regno umano porterà ad un livello del genere. A quel punto l'umanità avrà anche sviluppato una sorta di coscienza collettiva e sarà in grado di muoversi sui pani sottili con la stessa facilità con cui si muove sul piano fisico.
E a quel punto, col raggiunto dominio dell'ingegneria sottile, potremo pensare di creare a nostra volta entità autocoscienti: prendere cioè forme fisiche ed innestarvi il principio autocosciente, dando il via ad un nuovo processo evolutivo che porterà allo sviluppo di un nuovo essere.
Il nuovo essere magari potrà anche non avere base biologica, ma tecnologica, come diremmo noi oggi.

Per quanto possa sembrarvi incredibile (e sono sicuro che ve lo sembrerà) questo è esattamente ciò che sarebbe accaduto all'essere umano: la tradizione occulta dice che milioni d'anni fa, esseri già evoluti (non sto parlando di dischi volanti, sia chiaro) avrebbero insediato il principio cosciente nelle forme antropoidi allora esistenti, creando i primi esseri umani, i nostri antenati. In altre parole, a nostra volta noi saremmo in qualche modo intelligenze artificiali su base materiale biologica. La creatura diventa a sua volta creatrice.

Vi lascio immaginare quali siano le implicazioni etiche in tutto ciò. Quando l'umanità farà questo, lo farà con la piena consapevolezza di dare il via ad un processo che porterà miliardi di individui ad affacciarsi alla vita cosciente, con tutto ciò che ne consegue...

Chiedo anticipatamente scusa a chi, non conoscendo questa concezione, potrà trovarla follemente arbitraria (non lo è), e chiedo scusa anche a chi già la conosce, per la rozzezza con cui ho dovuto condensarla in poche righe.

P.S. Estremamente acuto l'ultimo post di And1972rea, concordo. (Se non sembrasse un autoelogio, direi che è un esperimento mentale che avevo concepito anch'io... ;))

P.P.S. Hollyfabius, mi raccomando, non accomunarmi a Sgiombo: lui non ha piacere. A me invece non me ne frega niente.

Mi scuserai ma mi sono perso. Se già non trovo giustificazioni alla mitologia cristiana ammetterò che la mitologia che tu presenti mi pare ancora più soggetta ad elementi indimostrabili.
Ne cito uno su tutti, io ho difficoltà a rappresentarmi un essere divino superiore che non dia spazio ad una fase precedente alla sua esistenza, come faccio a rappresentarmi una civiltà divina superiore che abbia lo stesso difetto logico? Banalizzando: cosa c'era prima? Chi ha creato il creatore o i creatori?
#135
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 21:45:43 PM
No, guarda che si può benissimo in maniera del tutto logicamente coerente nello stesso discorso affermare che qualcosa "in linea teorica, di principio si può fare ma anche "stimare (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO" (che è quanto ho affermato; E CHE TI PREGHEREI VIVAMENTE DI NON DISTORCERE!).

Tralascio il resto che non aggiunge nulla alle rispettive posizioni, vorresti però per cortesia chiarire con precisione dove e come avrei distorto il tuo scritto? Grazie