Citazione di: niko il 13 Dicembre 2022, 12:51:17 PMForse sono stato troppo lungo e non chiaro...
Sostanzialmente il solipsismo si puo' intendere in due modi, quindi, possiamo dire ci sono due tipi di solipsismo: o (1) io proietto il mondo come un Dio gnostico o biblico, quindi secondo autocoscienza E secondo volonta' , facendone di fatto un sogno lucido in cui io decido cosa succede e chi incontro, oppure (2) io proietto il mondo si', ma come un semplice e scalcagnato IO (tipico di certa filosofia moderna da Cartesio in poi), cioe' in qualche modo lo proietto SOLO secondo autocoscienza, in maniera "meramente" proiettiva ed illusiva, con la volonta' che resta sullo sfondo e puo' ben essere frustrata, lasciando spazio all'implicazione della sofferenza.
Ora, la 1 la si scarta subito perche' chiunque con un minimo di sale in zucca puo' constatare che lui non e' onnipotente e beato come il Dio biblico: al mondo c'e' la sofferenza, e lui stesso soffre.
Con cio', fine del solipsismo del Dio, resta solo da analizzare il solipsismo dell'io.
La 2 e' aporetica, nessuno puo' dimostrare ne' che sia vera, ne' che sia falsa.
Pero' e aporetica ed inquietante, perche' io, proiettando il mondo a prescindere dalla mia volonta', sono RESPONSABILE, di tutta la sofferenza che c'e' nel mondo, e della mia sofferenza; se il mondo e' interamente e senza residuo proiezione dell'io, e l'io soffre, e l'io non sa e non "ammette" di voler soffrire, allora ci sono parti e frazioni dell'io, altrettanto proiettive del mondo, ma non manifeste e non espresse, che in qualche modo vogliono soffrire e lo fanno soffrire.
Insomma se al mondo ci sono solo io, la sofferenza non si spiega in altro modo se non che von una mia responsabilita' personale, per quanto non volontaria.
Ciao niko, intervengo perché mi sembrava che il tuo post fosse diretto a me, più che a Pio, comunque Pio può benissimo sentirsi parte in causa, non so. Il tuo discorso non mi sembra più di tanto sensato. Intanto parli di mente sempre dimenticando il corpo. Riguardo al punto 1 non ti sembra che un semplice individuo come E.Musk faccia già quel che vuole abbastanza senza peraltro sapere se si tratti di un solipsista? Forse dovrà accontentarsi di essere un Dio tra altri Dei, ma si dice che chi si accontenta gode. Al punto 2 fai entrare in scena la volontà di cui parlerò più avanti. Ti dirò quindi che il solipsismo è solo un modo di approcciarsi alla conoscenza rispetto ad un altro. Non vi sarebbe nulla di più. O separi il conoscitore da quel che conosce, o non lo separi. Pertanto, visto che almeno nella nostra tradizione abbiamo sempre agito separandolo (il conoscitore dal conosciuto), possiamo ovviamente constatare che i prodotti della nostra conoscenza attuale sono nelle nostre mani, perfettibili ma abbastanza efficienti mi sembra. Ora si tratta di decidere se sia il caso di introdurre l'individuo con la sua conoscenza personale integrandolo con la nostra conoscenza collettiva, oppure no. Cosa cambia? Prima di dire cosa cambia ci sarebbero da fare un paio di osservazioni. La prima è un distinguo tra la conoscenza collettiva e quella individuale. Il distinguo è rivolto alla qualità e non all'adeguatezza o alla quantità. La seconda riguarda la volontà. Per quel che attiene alla volontà bisogna pur dire che tu eserciti più o meno costantemente una volontà: pochi sarebbero cioè i momenti di completo abbandono. Pertanto, quando scrivi qui dentro eserciti una volontà che di sicuro è quella che ti fa digitare i pensieri, ma non è che l'espressione di questi pensieri sia avulsa da una volontà che a noi è senz'altro sconosciuta in tutto e per tutto. E' però cosa certa che quel che scrivi attinge ad una conoscenza, ma questa conoscenza a cui attingi è appunto qualitativamente identificabile con la conoscenza collettiva? No, dico io, qui si tratta di una conoscenza costituitasi su una memoria personale che è al tempo stesso emozionale e razionale, mentre la conoscenza collettiva resta praticamente nei campi di esistenza della sola memoria razionale. Dato che qui siamo in un luogo dove sembra ci sia poco da guadagnare, sia in termini di danaro che di potere, il problema più di tanto non si pone, ma in altri luoghi? Evidenzio quindi un problema abbastanza attuale. Come fai a distinguere una persona onesta nella sua azione o nella sua espressione di pensiero, da una disonesta? In parole povere, quanta vita collettiva è inquinata da coscienze o conoscenze individuali che non agiscono in modo onesto, ovvero agiscono conformemente alle leggi, ma non conformemente all'etica di una persona per bene in tutti i sensi? Per tale motivo io auspicherei che il conoscitore sarebbe meglio integrarlo nel conosciuto, e vedere così da fuori l'unità criticandola sotto una nuova luce, tutto al fine di intervenire in modi più efficaci per noi nella nostra cara realtà umana