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Messaggi - Apeiron

#1201
Sì Phil hai capito bene specialmente la prima parte, vorrei però precisare (so di non essere stato chiaro anche perchè ho scelto di chiamare "F" anche la frase, chiamiamandola P credo che sia più chiaro...). Il discorso è che "io mento" non vuol dire assolutamente nulla perchè ci manca una qualificazione, bisogna dire il contesto. Allo stesso mondo non vuol dire assolutamente nulla "io ho".

"Questa frase è falsa": qui in realtà il ragionamento è leggermente diverso. Nel linguaggio comune è la stessa cosa, credo, di "io mento" quindi in sostanza è ancora un "gioco di parole". Tuttavia se si tenta di analizzarla formalmente (cioè: come lavora il nostro pensiero...) allora il discorso cambia. Ora chiamiamo T il valore logico "true" (vero) di una proposizione P, F il valore logico "false" (falso). La proposizione "questa frase è vera" dice che se assume il valore T allora assume il valore F e viceversa, ergo "F=T". Questa identificazione viola il Principio di Non Contraddizione. C'è della ricerca tra i logici per "costruire" una logica che ammette le contraddizioni, però è un argomento molto controverso.

Per quanto riguarda però la logica classica (intendo le tre leggi del pensiero) non è universalmente applicabile:
1) Le proposizioni sul futuro assumono i valori: vero (T), falso (F) né vero né falso (not_(T_or_F));
2) Le proposizioni probabilistiche possono anche assumere anche un'infinità di valori tra vero e falso. Ad esempio "il dado, una volta tirato farà 1" ha una probabilità di 1/6.

In ogni caso è interessante che ai tempi del Buddha (500/600a.c) in India esisteva già il metodo logico dei catuskoti che ammetteva 4 valori logici: T, F, T_and_F, not_(T_or_F) cioè "vero", "falso", "vero e falso", "né vero né falso". Probabilmente un indiano avrebbe detto che "questa frase è falsa" è "sia vera che falsa" senza problemi!

Comunque vi consiglio di leggere qualche informazione sulle "logiche paraconsistenti" che trovo affascinanti.

P.S. Le proposizioni formali sono "senza senso" perchè non si riferiscono a nulla. Discorso diverso per gli indiani (anzi l'oriente in generale) che ammettono che la realtà possa avere contraddizioni.
#1202
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Novembre 2016, 01:56:43 AMCi sarebbero diverse cose da correggere riguardo alle idee che ti sei fatto sul Cristianesimo, riguardo a ciò che di esso ti piace e ciò che non ti piace; cioè, alcuni ti aspetti ti piacciono proprio perché li interpreti in maniera non corretta, altri non ti piacciono per lo stesso motivo. In ogni caso, per tutti i tuoi interrogativi il Cristianesimo è in grado di darti risposte soddisfacenti. Da precisare che il Cristianesimo di cui ti sto parlando è quello ufficiale, cioè quello portato avanti dal Papa, con tutti i Vescovi; in seno al Cristianesimo ci sono poi distorsioni di ogni genere, ci sono i fondamentalisti, i bigotti, gli ignoranti; ma se dobbiamo parlare di Cristianesimo seriamente e senza confusioni, dobbiamo riferirci a quello ufficiale. Per essere ancora più precisi, si dovrebbe usare l'espressione "Cattolicesimo", altrimenti bisogna fare i conti anche con tutte le divergenze che si trovano presso i Protestanti. In questo senso il Papa non rappresenta il Cristianesimo, ma solo una sua parte, cioè i Cattolici. Ad ogni modo, l'idea di fondo che volevo esprimere è la seguente: il Cristianesimo è in grado di dare risposte soddisfacenti a tutti i tuoi interrogativi, tranne che ad uno solo, che si può considerare il problema fondamentale sia del Cristianesimo che di tutte le altre religioni: si tratta del problema della teodicea, cioè dell'inconciliabilità tra un Dio che viene definito infinitamente potente e infinito amore e la presenza del male nel mondo. Cioè: se Dio può e vuole togliere il male dal mondo, perché non lo fa subito? A questa domanda, in millenni di Cristianesimo e di altre religioni, nessuno ha mai saputo trovare, fino ad oggi, risposte in grado di reggere alla critica. Ad esempio, ti diranno che se Dio togliesse il male dal mondo, toglierebbe agli uomini la libertà. Ma è una risposta che non regge alla critica. Altri ti diranno che Dio è infinitamente superiore a noi e quindi è ovvio che non si trovi risposta ai suoi misteri insondabili per il nostro piccolo cervello; anche questa risposta, come qualsiasi altra, si demolisce in mezzo secondo.

In un certo senso i bigotti dicono "c'è scritto questo e questo" sulla Bibbia. Poi dicono, visto che ci è stato detto che l'unico modo di salvrsi è la fede allora dobbiamo per forza credere e fare in modo che gli altri credano (ergo: così si spiegano gli insegnamenti creazionisti in America). Chiaramente è una lettura stupida della Bibbia.

Da quello che ho capito la Chiesa afferma che dobbiamo leggere i passi della Bibbia nel loro contesto. Ok però anche qui ci sono problemi: ogni interpretazione di un testo contiene arbitrarietà a meno che lo scrittore del testo non abbia lasciato una "chiave di lettura". Ammesso che l'intereptazione della Chiesa sia giusta allora ti porto un esempio: secondo loro Adamo ed Eva sono i progenitori di tutta l'umanità, cosa che se pensi all'origine delle specie è un po' "difficile".

Per questo motivo io protendo per una lettura in chiave allegorica di tutta la Bibbia. Quello che conservo è solo ciò che mi può essere utile nella mia vita, cioè l'etica (da quello che ho capito anche Tolstoj la pensava così anche se dico questa cosa da fonti indirette...) anche se purtroppo per me sono ben lontano dall'essere un "buon cristiano". Per quanto riguarda l'esistenza di Dio: io in una qualche forma ci credo, però secondo me quando nella Bibbia c'è scritto "Dio disse..." quello che veramente è accaduto è che in realtà era "solamente" l'espressione di qualche persona ispirata che scriveva (questo sia chiaro non è un rifiuto totale visto che ad esempio Platone riteneva che un genio sembrava pazzo perchè era "ispirato" dal mondo delle Idee...).

Citazione di: cvc il 12 Novembre 2016, 08:26:27 AMCondivido questa tua conflittualità, secondo me è un po' come la psicanalisi. Dice tante cose vere e utili, ma poi lascia spazio anche a numerose incoerenze. Forse perché in fondo ognuno ha un qualcosa di unico in se, non solo come pensiero ma anche, ed anche in conseguenza di ciò, come modo di sentire. Galimberti dice che è giusto che ci siano diversi modelli di psicanalisi perché diverse sono le tipologie di individui. Parafrasando e condividendo ciò che hai detto e molto semplicemente (lo disse pure Federico il Grande se mai avesse importanza tale particolare): Che ognuno vada in cielo a suo modo! Per il resto credo che valgano le parole di Galileo Galilei che probabilmente non era nemmeno così ateo come solitamente lo si fa passare. Diceva infatti che le cose scritte nei testi hanno una loro realtà che riguarda la sfera spirituale, ben altra cosa sono le realtà sperimentali. Chiudo con una conclusione cui sono giunto e che credo sia buona regola applicare: Diffidare di tutti quelli che parlano in nome di Dio. Dio, se esiste, non credo abbia bisogno di ventriloqui, al massimo di intercessori. E diversi possono essere gli intercessori perché diverse sono le anime. Il maledetto Baudelaire credeva in Dio e pensava che il suo intercessore fosse niente meno che Alan Edgar Poe. Che c'è di strano in fondo? Quando è morto il trasgressivissimo David Bowie si è scoperto che il vaticano era pieno di suoi fans!

Concordo con te, il punto è che non capisco perchè la Chiesa non dia la "libertà di interpretazione". Se così fosse, credo, ne guadagneremmo un po' tutti.
Su Galileo Galilei: non era ateo! Anzi era un convinto cristiano...

Comunque quello che non riesco a capire è appunto l'"attaccamento" così profondo alla Bibbia come libro sacro, visto che ogni generazione di teologi sembra "confusa" quanto me. Ciò si vede dal numero enorme di libri dediti all'interpretazione di tale testo.
#1203
Kierkegaard writes: If Christianity were so easy and cozy, why should God in his Scriptures have set Heaven and Earth in motion and threatened eternal punishments? — Question: But then in that case why is this Scriptures so unclear? (Wittgenstein)

Credo dunque che a volte l'ignoranza sia davvero una cosa positiva, ti faccia davvero vivere meglio. Tuttavia allo stesso tempo il solo pensiero di "accettare l'ignoranza" mi disgusta. Idem vivere in modo superficiale accontentandomi dei piaceri "banali" della vita. E così mi ritrovo ogni giorno a pensare del senso (se c'è) delle cose, dell'etica, di come bisognerebbe comportarsi, dell'esistenza o meno dell'anima, di Dio ecc. A volte questi pensieri mi travolgono come un fiume in piena e non posso far altro che "osservare" la tensione in me stesso.

In questo periodo sto avendo un rapporto molto conflittuale con il cristianesimo. Prima di vedere il "lato negativo" parlo di ciò che mi piace. Lista incompleta:
1) La morale della compassione, della non-violenza, del perdono, del resistere alle tentazioni ecc;
2) L'idea della rinascita "spirituale" nella quale si ragggiunge una beatitudine che constente di vivere eticamente;
3) L'idea di avere lo Spirito Santo in "ognuno di noi" (il "regno dei cieli è in noi") che è portatore dell'etica;
4) L'idea di "perdonarli perchè non sanno quello che fanno" quasi che il peccato sia dopotutto dovuto all'ignoranza;
5) La completa eliminazione di pensieri di avversione anche nelle situazioni più estreme (ama il tuo nemico...)
6) La vita esemplare di molti santi;

Ma purtroppo devo notare anche dei lati negativi della religione. E qui a volte mi crea ansia avere uno spirito critico che mi fa chiedere della plausibilità di ciò che sta scritto nella Bibbia. Con tutta onestà elenco i "difetti":
1) La fin troppa rilevanza della fede per la salvezza, fede che non si capisce se è cieca o no. Voglio dire: per credere nella Parola di Dio devo credere che il mondo è stato creato in sette giorni (cosa in conflitto con la cosmologia), che deriviamo da una coppia (cosa in conflitto con la teoria dell'evoluzione), che il Dio della misericordia "distrugga" le città di Sodoma e Gomorra senza lasciare scampo a nessuno, che Dio "invii" le piaghe dell'Egitto, che Dio scelga per ragioni MAI spiegate un'etnia rispetto a tutte le altre di questo mondo (perchè no i greci, gli egizi, gli indiani, i nativi americani, gli aborigeni?), Non nego tuttavia la presenza di elementi di grande saggezza nell'Antico Testamento (es: alcuni passi del Qoelet, dei proverbi, dei Salmi..) ma non posso nemmeno negare di essere sconcertato da violenze assurde di quei libri (non ultimo il Diluvio Universale il quale tra l'altro è diciamo poco plausibile). Sorvolando poi la presenza di "entità" superiori che oggi non si mostrano mai, mi chiedo come faccia un credente a ritenere queste ed altre storie nell'AT così diverse da ad esempio l'Iliade, l'Epopea di Gilgamesh, i miti dei Veda ecc.
Passando al Nuovo Testamento non riesco a "mandare giù" il fatto che anche qui si faccia troppo riferimento ai miracoli che guarda a caso spariscono nell'epoca moderna invece che sull'etica (nel buddismo il Buddha fa tanti miracoli, tuttavia dice espressamente che quello non è la parte importante del suo insegnamento anche perchè menti scettiche non verrebbero convinte).
2) La dottrina della dannazione eterna. E qui in realtà la questione si sdoppia:
a) cosa davvero vogliono dire espressioni come "avere fede", "nascere una seconda volta" e molte altre espressioni "poco chiare" come dice Wittgenstein?
b) non credo che un Padre Infinito lascerebbe nella sofferenza eterna nessuno dei suoi figli, nemmeno quelli più "ribelli". Voglio dire: immagino che il Padre ami le sue creature e "voglio pensare" che se davvero c'è una sorta di inferno questo in realtà non sia un puro luogo di pena ma di riabilitazione. Altrimenti davvero che scopo ha far "bruciare" in eterno dei peccatori?
3) La mancanza di "fede" in possibili altre vie di "salvezza": voglio dire...http://www.canonepali.net/ud/ud6-4.htm Qui il Buddha dice che è più importante la ricerca della fine della sofferenza e non dice di attaccarsi alla "propria visione". Perchè non posso pensare che la salvezza sia raggiunta in altri metodi? (altrimenti devo pensare che TUTTI coloro che hanno avuto crisi di fede irrisolte siano all'inferno (per lo meno dopo la resurrezione di Gesù): e tuttavia in questo caso l'uomo tende all'ignoranza e al peccato, quindi d'altronde è possibile che anche il miglior fedele possa un giorno avere problemi).
4) La mancanza di "novità" nella Bibbia. Perchè è ormai da 2000 anni lo stesso testo?  Perchè ad esempio devo ritenere la Bibbia il testo sacro e ad esempio i testi dei santi non sacri?
5) La differenza a mio giudizio troppo grande tra l'animale e l'uomo. Voglio dire se l'uomo ha un'anima (o è un'anima...) perchè gli animali che tanto ci assomigliano sono "senza anima"?

Detto questo la mia visione della Bibbia è che essa è stata scritta da uomini che nella loro imperfezione hanno tentato di conoscere i segreti ultimi della realtà, commettendo errori ed imprecisioni. Pertanto a mio giudizio la Bibbia è un libro da cui si può imparare molto ma bisogna anche non averne una fede cieca (così come il Canone Palli buddhista, i testi taoisti ecc. In sostanza a mio giudizio tutte le religioni si possono migliorare).

Perdonate dunque lo sfogo, ma lo faccio anche perchè sono in una confusione molto intensa. Detto questo devo anche dire che a volte io stesso ho momenti in cui sento la presenza del "valore etico" in me e posso quindi capire come siano nate le espressioni "lo Spirito sia in te", tuttavia non concordo sull'interpretazione di tali espressioni/esperienze ecc.
#1204
Per dirla alla Wittgenstein "io mento" senza dire altro è un paradosso linguistico: in sostanza il linguaggio ordinario viene "spostato" oltre i suoi limiti e quindi la frase è senza senso. Non ha senso prorpio perchè il verbo "mentire" qui non vuol dire nulla.

Da un punto di vista formale il discorso però è diverso. Lasciatemi dire che se una frase è vera assume valore T (true) e una frase falsa assume valore F (false). Assumiamo dunque che la frase, F, sia "questa frase è falsa". Allora chiaramente se F assume il valore logico T allora è F e viceversa. Chiaramente qui siamo andati fuori dai limiti della logica aristotelica. Ma allora la frase "la frase precedente se assume il valore T allora è F e quindi T=F" assume il valore "T". Per quanto paradossale può sembrare non vedo contraddizioni. Il punto è che la logica matematica ha come caso particolare la logica aristotelica, la quale perciò ha i suoi limiti di validità.https://en.wikipedia.org/wiki/Paraconsistent_logic In questo link si può vedere che è attiva la ricerca sulle logiche paraconsistenti.
Esempio: "Domani pioverà" può essere T (se si ha la certezza), F (se si ha l'impossibilità) e né T né F (se si ha l'incertezza). Chiaramente una logica a tre valori viola il principio del terzo escluso in cui è vero che una cosa non è né vera né falsa.
#1205
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
09 Novembre 2016, 14:49:37 PM
Il Siddharta di Hesse critica il Dharma perchè ritiene che l'esperienza del Nirvana non sia incondizionata ma condizionata. Tuttavia la cosa interessante è che il Gotama è sempre ritenuto "risvegliato", tant'è che come afferma Sariputra il Siddharta afferma che la conoscenza di una particolare dottrina è irrilevante per il cammino (tant'è che Vasudeva è anche lui "risvegliato"). Tuttavia alla fine Siddharta si risveglia anche lui quando si accorge che il tempo è illusorio, nella molteplicità c'è unità ecc. Quindi secondo me sia io che Sariputra abbiamo ragione stavolta  8)
#1206
Beh è normale che tu non comprenda la faccenda dell'anima perchè io stesso non ho un'idea chiara  ;D 

Comunque contraddicendo quanto ho affermato in precedenza il "nostro vero sé" a mio giudizio è contingente ma irriproducibile. Per così dire è la nostra "cosa in sé", la nostra "sostanza". Chiaramente appartiene al noumeno perchè nei fenomeni tutto è riproducibile oltre ad essere contingente.

Sul fatto del valore: prova a pensare una cosa che è insostituibile. Il solo fatto di essere insostituibile la rende di valore. Altrimenti come ho già detto tra me e il clone non ci sarebbe alcuna differenza nel momento in cui "viene al mondo" (supponendo che a quell'istante siamo due copie esatte). Se però abbiamo qualcosa di "non visibile" che ci distingue e ci rende unici allora siamo diversi.
#1207
@Phil,
Il problema è che la condivisione alla fine rischia di creare omologazione. Questo a sua volta causa o lo stigma o la "banalizzazione" della creatività (tutto diventa "popolare", nulla diventa importante). Inoltre l'essere sempre in contatto elimina la possibilità di "pensare di testa propria". Non sto diendo chiaramente che 1000 anni fa c'era più libertà di pensiero, sto solo dicendo che si sta passando da una situazione che aveva i suoi difetti ad un'altra pure difettosa.

Citazione di: sgiombo il 08 Novembre 2016, 21:42:17 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 13:37:39 PMA sgiombo, Eutidemo e Sariputra rispondo con la mia attuale concezione dell'identità. A mio giudizio se fossimo solo formati dal "nostro corpo" e fossimo riducibili ad esso (voglio dire: se per spiegare la nostra identità "servisse" solo la conoscenza completa di ciò che è osservabile) allora mi pare chiaro che se mi clonassi adesso e morissi un istante dopo allora io e il mio clone saremo "similissimi" proprio perchè appunto in me nulla non è riproducibile. Chiaramente se in me nulla non è riproducibile allora tutto in me è contingente e condizionato: ne consegue che appunto "non c'è in realtà nessun io". Viceversa se c'è qualcosa di unico di non riproducibile allora ciò si identificherebbe con la mia (vera) identità quindi io e il mio clone saremo due persone diverse se vogliamo a livello noumenico. Ora la procedura della disedintificazione che probabilmente è la grande scoperta del Buddha a mio giudizo non ci fa vedere che non c'è nessun io ma invece ci dovrebbe far scoprire il nostro "vero io" (un po' come il Neti- Neti dell'Advaita Vedanta). Il motivo per cui dico ciò è etico. Se non esistesse nulla di me non-riproducibile allora mi pare ovvio che potrei essere "rimpiazzato", potrei d'altronde essere sostituito. Perciò anche se cognitivamente ho difficoltà ad accettare l'esistenza di un "vero sé" dal punto di vista etico mi pare quasi un assioma di partenza. Infine per sgiombo: il fatto che non indentifico me stesso come un'identità in divenire è perchè al massimo potrei identificarmi come un "pattern" temporale, una sorta di "ciclo". Tuttavia mi sembra pur chiaro che tale ciclo ad ogni istante non sarebbe sempre identico a sé stesso ma sarebbe "identico e diverso" allo stesso tempo.
CitazioneNon vedo perché non potrebbe esserci in realtà un io (soggetto -in sé, noumenico- della mia esperienza fenomenica cosciente) che fosse riproducibile -in linea puramente teorica, di principio, non di fatto, realizzandone altri similissimi- e contingente. E credo che io e un mio eventuale clone (ammesso e non concesso che potesse esistere di fatto) saremmo "cose diverse" sia a livello fenomenico che noumenico. Mi sembra che un io in divenire (ciclico; o meno) secondo logica dovrebbe essere identico allo stesso tempo, diverso in tempi diversi (salvo la periodica ripetizione di ogni e ciascun istante in tutti i diversi cicli). Mi sembra di rilevare un' analogia (non di più; e inoltre parziale) fra il ricorso kantiano alla Ragion Pratica per credere in Dio e nell' anima immortale (non dimostrabili dalla Ragion Pura o teoretica) e il tuo superamento della difficoltà cognitiva ad accettare l'esistenza di un "vero sé" mediante l' adozione di un punto di vista etico.

Allora se non c'è nulla di non riproducibile allora non c'è differenza qualitativa tra me e un mio clone. Questo significa che puoi ancora parlare di persone, identità ecc ma il problema è che non tratteresti più gli esseri umani come "unici". Ora siccome una cosa di valore è in un certo senso unica ne segue che se c'è un'"anima" non riproducibile allora abbiamo in effetti molto valore proprio perchè siamo unici. Il discorso fenomeno-noumeno intendilo in questo senso: se anche riuscissi a creare una mia copia che si comporta esattamente come me, ha tipo il mio stesso corpo ecc, allora chiaramente considerando solo il fenomeno siamo identici e quindi l'eventuale differenza c'è nel noumeno (il "vero sé").

Parlavo dei cicli perchè l'unico modo di identificare una persistenza nel tempo è verificare la presenza di una struttura temporale. Se pensi ad un fiume (sì ancora  ;D ) questo cambia continuamente le acque (è diverso ogni istante) ma rimane lo stesso fiume proprio perchè ha una struttura spazio-temporale. Chiaramente però non ha una identità fissa, una certa convenzionalità nel definirlo "identico" c'è.

L'analogia con Kant c'è (è uno dei pensatori che mi ha influenzato in questo aspetto...) ma con grosse differenze come hai rilevato.
#1208
Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 14:52:12 PMIn un certo senso, il SUPERINDIVIDUO (simile per certi versi al Geist Hegeliano) in cui le nostre coscienze e intelligenze sono "collegate" ma ancora individuali, già c'è: INTERNET! Ed è in continua evoluzione "sinaptica", in quanto: 1) Il Web 1.0 ha interconnesso per la prima volta, ONLINE MILIONI di esseri umani, collegati tra loro dalle "sinapsi" dipartentesti in entrata ed uscita dagli assoni e dai dendriti dei loro modem a 57 kbs; l'arcaica connessione "a stella" di ARPANET, si era evoluta in quella a "rete neurale" di INTERNET. 2) Il Web 2.0, a 2 mega, ha rivoluzionato il nostro modo di usare e pensare la rete: gli utenti, divenuti MILIARDI, da fruitori passivi, diventano creatori collaborativi di contenuti, il web diventa più interconnesso, assumendo quasi le caratteristiche un "metasistema" intelligente analogo alla SWARM INTELLIGENCE. 3) Il Web 3.0 connetterà praticamente TUTTI gli esseri umani, con più integrazione di contenuti, motori di ricerca evoluti ecc.: insomma avremo una rete che è in grado di interpretare se stessa e senza ridondanza di informazione, divenendo il più fantastico repository di conoscenza mai visto, e lo scambio in tempo reale di informazioni, opinioni, e idee, diventerà sempre più rapido e "integrato", come in un MEGACERVELLO! Già dal 2004, Thomas Vander Wal ha creato il neologismo "Folksonomia" (fondendo le parole 'folk' (popolo) e 'taxonomy' (tassonomia)): applicando etichette (tags) agli oggetti digitali nella rete, si possono identificare contenuti e informazioni e creare liste orizzontali di metadati, con lo scopo di semplificare il recupero delle informazioni in rete, poiché le stesse parole di ricerca corrispondono alle 'meta-informazioni', generate dagli agenti umani...un po' come nelle sintesi biochimiche e biolettriche delle sinapsi neurali. Questo significa rinunciare totalmente alla nostra libertà individuale, e trasformarci in semplici "neuroni" pensanti di un megacervello? :( Non credo proprio...se non in mero senso metaforico. O, almeno, così spero! ;)

Hai colto il succo del discorso! Il problema è che più la tecnologia va avanti più siamo dipendenti da essa e quindi meno siamo liberi. Lo scenario "apocalittico" che ho scritto io è appunto un'estremizzazione di questo processo. Se Hegel aveva torto sul Geist nell'ottocento ora potrebbe prendersi la rivincita vedendo quanto la connessione tra gli individui limita l'espressione individuale e la rende minuscola rispetto a quella collettiva. Prova a pensare poi all'omologazione e alla specializzazione dei lavori che si è avuta negli ultimi cinquanta anni: il mondo che vedo io è un mondo di specialisti estremamente bravi nel loro settore ma molto carenti nel resto. Sinceramente vedendo l'evoluzione della nostra società non sono ottimista: il crimine sarà pur sceso ma ho l'impressione che lo sia perchè si è "indottrinati" e non perchè "da dentro" siamo "migliorati". Quello che mi spaventa a me dello scenario (1) è che non è poi così assurdo considerando quanto già oggi la tecnologia e il "super-individuo" influenzi la nostra vita. Il vero problema è che se lo rendiamo troppo complesso potrebbe letteralmente schiavizzarci.

Lo scenario (2) invece è totalmente diverso. Qui le distinzioni individuali sono sparite. Questo scenario comunque credo che rimarrà per sempre nella fantasia. il primo invece lo ritengo, seppur nelle dovute misure, quasi attuale.

@Sariputra,
Lo scollegamento però secondo me diventerà sempre più irrealizzabile.
#1209
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
08 Novembre 2016, 19:31:27 PM
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2016, 15:46:34 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 14:43:49 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 13:14:00 PM@Sariputra, A volte non mi faccio proprio capire. So benissimo che il buddismo è agnostico (se non "apateo" ?) e quindi il concetto di Dio non entra in questa religione. MA la descrizione del Nirvana come "cessazione della sofferenza", come "assenza di distinzioni", "superamento dell'io" ecc mi sembra estremamente simile allo "stato" descritto da ad esempio la liberazione dei Vedanta, l'unione con Dio in occidente ecc. Sembra cioè che tutti si riferiscano allo stesso stato di "beatitudine" ma l'interpretazione è diversa. Volevo poi dire che questa "liberazione"/salvezza nel buddismo è raggiungibile tramite uno sforzo del solo individuo, nel cristianesimo serve anche la grazia divina. In sostanza è come se per liberarsi dal karma ci vorrebbe l'"aiuto" divino.
Sono d'accordo sul fatto che, giunti ad una meta che non ammette distinzioni di sorta, rimangono solo semplici definizioni. Per capirci, un Buddha non si identificherebbe mai con "l'essere un buddhista". Lo stesso un essere immerso in sat-chit-ananda, non direbbe più "sono un vedantino". Però lo vedo diverso nelle religioni monoteistiche. In queste non si può superare la barriera creatura-creatore, pena l'eresia e, anche quando il credente afferma "sono in Dio" rimane un'unione mistica con la manifestazione della divinità (l'agape, l'amore,ecc.)ma non con la sua "essenza" infinita . Rimane sempre una separazione "ontologica". Nel buddhismo, nel vedanta, nel taoismo,ecc. sentiero e meta sono un tutt'uno. Ogni essere umano può essere un Buddha. Nei monoteismi abramitici un essere umano non può essere Dio in tutto e per tutto. Rimane un velo, una barriera. Capisco comunque che cosa vuoi dire e...ti fai capire benissimo :)
Sì è vero è chiara la distinzione occidente-oriente, complimenti non ci avevo ancora pensato. Interessante Sari, no non sapevo che il buddismo fosse contro le caste. (non so veramente nulla, solo immaginavo che vi fosse qualcosda di comune col vedanta). Una curiosità e una domanda 1) Se lo hai letto quanto il siddharta di Hesse può essere inteso come Buddhista? 2) interessante la distinzione del dharma, puoi aggiungere qualcosina, in cosa consista, grazie.

@Sariputra,
Concordo con tutto quello che hai detto :) diciamo che magari l'unione con Dio nei monoteismi "rende l'anima perfetta" (senza cambiamento né sofferenza) e il riultato è la "cessazione" dell'ego perchè appunto non ci preoccupa più. In un certo senso diciamo che preferisco l'"unione con Dio" perchè mi sembra più logica nel senso che credo che non sia possibile "estinguere" completamente l'io. In ogni caso il cristianesimo propone un'etica che è quasi identica alle religioni indiane (diritti per gli animali a parte...). Inoltre è molto simile al neoplatonismo (nel senso di Niccolò Cusano ad esempio), filosofia che forse è la più vicina alla mia.

Mi è poi piaciuto quando dici che un Buddha non direbbe mai "sono un buddhista" perchè d'altronde se ha trasceso le distinzioni non può dire una cosa del genere (idem per il taoismo e l'advaita).

@green demetr,
1) il siddharta di Hesse rifiuta la dottrina del Gotama (Buddha). In realtà è molto vicino alla filosofia dell'Advaita Vedanta di Sankara in quanto l'illuminazione del protagonista alla fine è il riconoscimento che Atman (Io)=Brahman (Natura fondamentale dell'universo) e alla filosofia (occidentale) di Spinoza.
#1210
Citazione di: salvatore il 07 Novembre 2016, 21:14:05 PMLa coscienza collettiva, per acquisire una sua identità, dev'essere un'integrazione di sistemi di pensiero, in modo che il pensiero stesso possa compiere percorsi intellettualmente di maggiore spessore. E' riduttivo pensare e identificare la coscienza collettiva come somma di più coscienze individuali , in modo tale che possa condursi una interazione fra gli individui ed, eventualmente, le macchine, basata solo su tale ipotetica somma.Sembra più congruo pensare a una sintesi. Forse, scindere in maniera rigida una coscienza collettiva consapevole da una inconscia, quantomeno per l'essere umano, non è un'operazione fruttuosa, nel senso che le due dimensioni hanno un loro intrinseco collegamento, ove si ritenga che l'inconscio abbia un suo linguaggio, sia pure di matrice ben diversa, rispetto a quello della dimensione del conscio. Lo sviluppo di una coscienza collettiva consapevole, mediante la tecnica, può far sorgere qualche dubbio sulla possibilità di costruire nel silicio una dimensione di "coscienza" in senso proprio.

Un'idea simile potrebbe essere un super-individuo simile per certi versi al Geist Hegeliano (il mio caso 1) in cui le nostre coscienze sono "collegate" ma ancora individuali. In questo modo si avrebbe se vuoi una sintesi tra "me" e "gli altri" in modo da ottenere un'unità "dialettica" in cui magati il conflitto servirebbe al bene del super-individuo in modo simile al rapporto cellule-corpo umano (tant'è che a volte delle cellule vengono "sacrificate" per il bene superiore). E qui arriva la mia obiezione: questo discorso vale se e solo se rinunciamo totalmente alla nostra libertà individuale e ci trasformiamo in "macchine": solo in tal modo ci andrebbe bene sacrificarci per il super-indidviduo. Si badi bene che una volta che siamo "connessi" non siamo più "separati" e quindi in pratica siamo totalmente "parti" del sistema. Ergo la situazione sarebbe simile a quella delle narrazioni distopiche (tipo "A Brave New World") in cui per imposizione ci sacrifichiamo per il "tutto".  Chiaramente con questo non intendo dire che l'individualismo è una bella cosa ma che in realtà è necessaria una "via di mezzo" tra le due prospettive che verrebbe persa con la coscienza collettiva di tipo (1).

A sgiombo, Eutidemo e Sariputra rispondo con la mia attuale concezione dell'identità. A mio giudizio se fossimo solo formati dal "nostro corpo" e fossimo riducibili ad esso (voglio dire: se per spiegare la nostra identità "servisse" solo la conoscenza completa di ciò che è osservabile) allora mi pare chiaro che se mi clonassi adesso e morissi un istante dopo allora io e il mio clone saremo "similissimi" proprio perchè appunto in me nulla non è riproducibile. Chiaramente se in me nulla non è riproducibile allora tutto in me è contingente e condizionato: ne consegue che appunto "non c'è in realtà nessun io". Viceversa se c'è qualcosa di unico di non riproducibile allora ciò si identificherebbe con la mia (vera) identità quindi io e il mio clone saremo due persone diverse se vogliamo a livello noumenico. Ora la procedura della disedintificazione che probabilmente è la grande scoperta del Buddha a mio giudizo non ci fa vedere che non c'è nessun io ma invece ci dovrebbe far scoprire il nostro "vero io" (un po' come il Neti- Neti dell'Advaita Vedanta).
Il motivo per cui dico ciò è etico. Se non esistesse nulla di me non-riproducibile allora mi pare ovvio che potrei essere "rimpiazzato", potrei d'altronde essere sostituito. Perciò anche se cognitivamente ho difficoltà ad accettare l'esistenza di un "vero sé" dal punto di vista etico mi pare quasi un assioma di partenza.

Infine per sgiombo: il fatto che non indentifico me stesso come un'identità in divenire è perchè al massimo potrei identificarmi come un "pattern" temporale, una sorta di "ciclo". Tuttavia mi sembra pur chiaro che tale ciclo ad ogni istante non sarebbe sempre identico a sé stesso ma sarebbe "identico e diverso" allo stesso tempo.
#1211
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
08 Novembre 2016, 13:14:00 PM
@Sariputra,
A volte non mi faccio proprio capire. So benissimo che il buddismo è agnostico (se non "apateo" ?) e quindi il concetto di Dio non entra in questa religione. MA la descrizione del Nirvana come "cessazione della sofferenza", come "assenza di distinzioni", "superamento dell'io" ecc mi sembra estremamente simile allo "stato" descritto da ad esempio la liberazione dei Vedanta, l'unione con Dio in occidente ecc. Sembra cioè che tutti si riferiscano allo stesso stato di "beatitudine" ma l'interpretazione è diversa. Volevo poi dire che questa "liberazione"/salvezza nel buddismo è raggiungibile tramite uno sforzo del solo individuo, nel cristianesimo serve anche la grazia divina.

In sostanza è come se per liberarsi dal karma ci vorrebbe l'"aiuto" divino.
#1212
Precisazione: l'idea "originaria"  del topic non era quella di una visione "realistica" del futuro. Ho usato erroneamente il termine "futuristico" e non "fantascientifico". Tant'è che sinceramente non credo nemmeno io che tale coscienza sia fattibile. Tuttavia visto che l'idea appare molto nella fantascienza (ho citato quei due esempi ma ce ne sono veramente tanti seppur con le loro differenze...) quasi come se fosse una speranza o uno spauracchio. Detto questo volevo anche vedere la "reazione" che dava la lettura visto che il "perfezionamento" (o il peggioramento...) sarebbe stato proprio artificiale/tecnologico mentre concetti simili a mio giudizio vengono più accettati in contesti diversi (es: religiosi...).

@Eutidemo
Hai mai pensato di fare l'autore di opere teatrali se non lo fai già? Mi è piaciuta la storia. Detto questo secondo me le due protagoniste hanno due identità distinte se e solo se esiste qualcosa di veramente irriproducibile in ognuno di noi, cioè un'anima. In caso contrario si può dire che sono la stessa persona (così come si dice che un bambino e un adulto siano la stessa persona...). Detto ciò lo scenario che pensi tu credo che sia fattibile.

@Sariputra
Ehm diciamo che una coscienza collettiva penso che questo problema della sovrappopolazione si ridurrebbe in quanto ci sarebbe un solo "corpo" e la popolazione verrebbe "stabilita" dalla società stessa.  Tuttavia concordo con te che la (1) sarebbe come togliere l'umanità alle persone perchè non ci sarebbe libertà (se si vuole agire bisognerebbe che tutti fossero sempre d'accordo, utopia irrealizzabile). Lo scenario (2) invece "toglierebbe" l'individualità, quindi non saremo più macchine perchè appunto non ci sarebbero più distinzioni tra le coscienze. Quindi non ci sarebbero più i problemi che dici tu ma sarebbe se vuoi un salto nell'evoluzione (di dubbia moralità...). Anche perchè sarebbe appunto la fine della storia perchè non accadrebbe più nulla.

A sgiombo e salvatore rispondo prossimamente.
#1213
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
07 Novembre 2016, 19:42:42 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Novembre 2016, 23:11:13 PML'Insegnamento autentico non è "al di là del bene e del male" e questo perchè è esso stesso bene( per meglio dire "salutare"...). Perché è bene ? Perchè aspira alla cessazione della brama, dell'odio e dell'illusione, che sono le tre robuste radici di ogni male. Perché la brama , l'odio e l'illusione sono male? Perchè ci legano al divenire nel kamma e impediscono la realizzazione dello stato di cessazione. La brama, l'odio (o rabbia) e l'illusione e i loro opposti l'assenza di brama, di odio e d'illusione sono le radici degli atti volontari (Kamma) nocivi e salutari, compiuti per mezzo di azioni, parole o pensieri. Il termine "radice" (mula) , ha il significato di solido sostegno, causa, condizione e Produttore. Metaforicamente il termine suggerisce che le radici si possono considerare come i "veicoli" della "linfa nutritiva" di ciò che è salutare o nocivo. Esse trasportano la linfa ai fattori e alle funzioni mentali simultaneamente coesistenti e anche alle azioni salutari o nocive nelle quali risultano. Esse sono produttrici in quanto producono la ri-nascita. I termini pali akusala e kusala indicano rispettivamente ciò che è nocivo e quello che invece è salutare. Non si parla di "bene" o "male" ma di salutare e nocivo. Questi due termini vengono anche intesi come salutare=vantaggioso, abile; nocivo come= non vantaggioso, non abile. I termini "salutari" e "nocive" comprendono tutte le azioni volontarie che vincolano gli esseri senzienti al samsara, il ciclo della ri-nascita e quindi della sofferenza. Per questo motivo le azioni che hanno queste radici possono essere definire karmicamente salutari o dannose. Tutte le azioni salutari possono essere descritte come "abili", in quanto fanno progredire sul sentiero che conduce alla liberazione. Viceverse quelle dannose ci incatenano all'attaccamento e alla schiavitù e possono essere definite come "reazioni alla vita" prive di abilità. Sulla valenza etica del sentiero buddhista credo che non possiamo valutarlo, come mi sembra stiate facendo, sulla base della concezione di bene o male della tradizione giudaico-cristiana. Il "bene" è ciò che è salutare per la liberazione, il "male" è ciò che è "nocivo" per la stessa. Per es. Perché si deve praticare la compassione (karuna) ? Non certo per ingraziarsi qualche divinità o perché si tema qualche forma di castigo o di riprovazione sociale, ma perché l'amorevolezza, la bontà, la compassione sono antidoti alla potentissima radice dell'odio, la indeboliscono, ne mettono in evidenza il carattere dannoso, vincolante. L'odio ha la caratteristica della ferocia, la sua funzione consiste nel diffondersi, nel propagarsi come un veleno, come un fuoco che brucia ciò che lo sostiene. La sua causa principale ,secondo i sutra, sta nei motivi di irritazione (aghata-vatthu). Cosa opporre agli effetti contagiosi e propagativi dell'odio? Qualcosa di altrettanto capace di diffondersi, di propagarsi, di indebolirlo: la compassione, l'amore, la benevolenza ( ritorno qui al concetto fondamentale di Buddha= Medico, essenziale per capire il Dharma...).IL buddhismo originario guarda ai fattori dell'esistenza in modo che appare "utilitaristico", che noi , permeati fino alle ossa dal cristianesimo ( anche quelli che lo rifiutano sono condizionati dalle sue definizioni di etica e morale) non riusciamo ad accettare, sentendolo come freddo, arido, tecnico. In realtà questa è solo la visione della "cura" somministrata al malato. Ma la guarigione cos'é ? Attenzione ancora a considerare la Cessazione, come Nulla. Questo è l'estremo del nichilismo, chiaramente rifiutato da Gautama. Domandiamoci: -Perché Siddharta, dopo il risveglio, incontrando i suoi vecchi compagni di ascetismo, predica la Dottrina? Perché mette in moto la ruota del Dharma ? Non poteva gustarsi tranquillamente , in solitudine, il Nibbana lungamente cercato? Perché, dice ancora il Murti: La Sunyata e la Karuna sono i due aspetti principali del Bodhicitta. La Sunyata è prajna, intuizione. La karuna è il principio attivo della compassione ,che dà espressione concreta alla Sunyata nei fenomeni. La Sunyata è lo stato potenziale, la Karuna è lo stato attualizzato. Non si pensi che il Bodhicitta sia lo stadio preliminare di un ideale ultramondano, privo di importanza per i problemi del mondo che ci circonda.Anche in questo mondo il suo influsso è molto grande; in quanto base di ogni forma di altruismo, essa promuove la solidarietà sociale e la felicità nei rapporti umani. Prajna, sila ( moralità, virtù) e samadhi non sono atti separati e privi di un fine. Non vengono praticati solo per conformarsi alla tradizione o alla pressione sociale. Essi hanno un unico fine: preparare l'uomo alla conoscenza superiore. Conoscenza che una mente in preda alla brama, all'odio e all'illusione non può raggiungere. Ritengo che ci troviamo di fronte ad un sistema altamente etico: "Proteggendo me stesso, proteggo gli altri. Proteggendo gli altri, proteggo me stesso". Da cosa devio proteggermi proteggendomi e proteggendo gli altri? Dalla brama , dall'odio e dall'illusione, le tre robuste radici di ogni male/nocività.

Concordo con te che l'estinzione dei tre fuochi "ignoranza", "brama" e "odio" comporta la liberazione dalla sofferenza. E in un certo senso ciò porta all'"estinzione" di pensieri del tipo "io/mio", dell'egosimo ecc. E ciò ti concedo porta ad una coscienza "assoluta" e non al Nulla (ogni volta che uno è in uno stato di gioia ha meno preoccupazioni individuali e quindi in un certo senso è "senza io"). Tuttavia a mio giudizio la dottrina dell'anatman poco si "collega" all'etica: se tutto è "senza Sé" siamo anche spinti ad aiutare meno il prossimo in quanto appunto "non aiutiamo nessuno". Inoltre nel cristianesimo l'idea è che fai del bene disinteressato e non per "piacere a Dio". La differenza col buddismo è che la salvezza ha come condizione la grazia divina.

In ogni caso: FORSE il Buddha voleva proprio costruire un'etica nonostante l'Anatman nel senso che voleva sia eliminare la sofferenza ("estinguendo" i pensieri "io/mio") sia far esercitare la compassione che deriverebbe dall'assenza di egosismo. E forse voleva fare ciò perchè appunto chi solitamente è attento alla moralità soffre proprio perchè si sente responsabile (e qualcuno è responsabile). In ogni caso concordo che l'assenza di preoccupazioni individuali sia una sorta di "coscienza assoluta" ma ritengo io che in assenza di Dio ciò non sia possibile.
#1214
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
06 Novembre 2016, 19:03:42 PM
Citazione di: Phil il 06 Novembre 2016, 18:07:25 PM
Citazione di: Apeiron il 06 Novembre 2016, 17:42:42 PMMA il fatto che "ogni cosa è priva di un Sé" (Dhammpada) NON implica che "un Sé non ci sia" perchè questo sarebbe ancora una posizione in cui si ragiona in termini di Io. Ergo: si va oltre l'io e perciò chiaramente "al di là del bene e del male" perchè appunto in assenza di "nomi e forme" come si fa a parlare di "bene e male"?
Esatto, e senza "bene e male" non può esserci etica... la compassione e la saggezza sono i due colori (anche delle tuniche buddhiste, se non erro) che mi sembrano quasi escludersi reciprocamente (e forse per questo sono entrambe necessarie :) ): per gli altri la veste della compassione, "intimamente" quella della saggezza (ovvero: più comprendo l'impermanenza, il non-sè e la sofferenza/attaccamento, meno ha senso avere un "codice etico"... inversamente, più mi impegno a praticare un "codice etico", più mi attacco alla individuazione e all'illusione...). Questo "bipolarismo dialettico" è riassunto nel mantra "om mani padme hum", che il dalai lama spiega in questo video https://www.youtube.com/watch?v=6pAZH23YSyU

Completamente d'accordo con te: più do importanza alla morale e all'etica più mi convinco dell'esistenza del sé/anima/atman/io proprio perchè altrimenti non c'è responsabilità morale e viceversa più nego l'esistenza del sé/anima/atman/io meno do valore all'etica. Forse il Buddha voleva proprio fare in modo che dessimo importanza ad entrambe le cose  ::)
#1215
Più che a "Matrix" (dove gli uomini mantengono la loro individualità completamente) mi ero ispirato ai "Borg" di "Star Trek" e al "processo del perfezionamento umano" della serie animata "Evangelion" (dove in sostanza si riconosce che la causa della sofferenza è l'individualità e quindi quello che si vuole fare è "andare oltre" all'individualità stessa. Comunque alla fine il protagonista capisce che una vita come individuo ha più valore di ciò e "rinasce" come individuo...). Comunque nel caso (1) il problema è che rimani completamente individuo MA non hai più libertà individuale, non hai più privacy ecc perchè l'idea è di una società di individui in cui "tutti sanno tutto di tutti"  (un mondo senza maschere come dici tu...). Per questo motivo non mi pare che la cosa dia un valore all'individuo: funziona solo senza libertà individuale proprio come le "utopie colletiviste" (A Brave New World di Huxley per esempio). Il caso (2) è diverso perchè dice a mio giudizio una cosa vera e cioè che la sofferenza nasce dal senso di individualità. Chiaramente per estirpare la sofferenza ci si "distacca" dall'io (un po' se vuoi come una sorta di "stato rilassato" in cui non si hanno più preoccupazioni individuali).

In ogni caso credo che invece più che la valorizzazione dell'individualità quello che si cerca di fare è un "andare oltre" essa. Detto questo mentre dal lato "compassionevole" sono portato all'eliminazione della sofferenza (caso 2), "umanisticamente" sono invece portato a rifiutare la coscienza collettiva. Perciò dunque rimango scisso.

Edit: salvatore, sinceramente prima di leggere il link pensavo che la cosa fosse diciamo "più seria". Credevo ad esempio che si parlasse ad esempio di qualcosa come la "memoria genetica" che lì è citata. E invece leggendo l'articolo ho trovato la solita pseudo-scienza. Ti consiglio di diffidare da tali siti (anche se da quello che hai scritto sembra che tu sia già abbastanza scettico). Infatti da evidenze scarse si parla delle insensatezze come "la legge dell'attrazione" (non riesco a trovare l'articolo della ricerca di Princeton ufficiale, che ad occhio lì è stata un po' "tagliata" per dare evidenza alle pseudoscienze). Detto ciò io credo in modo simile a Jung che abbiamo una qualche memoria collettiva che si manifesta ad esempio nei nostri comportamenti ecc ma tale memoria è inconscia e non consapevole! Detto questo l'ambito di ricerca sulla memoria "collettiva" è vasto ma detto ciò "la legge dell'attrazione" e company rimangono frottole. Comunque il tema del thread era una coscienza collettiva "consapevole" e non inconscia. Detto ciò non considerarlo un rimprovero :) il problema è che spesso chi fa uso di questa scienza "new-age" vuole far sembrare scientifico ciò che non lo è e ciò sta causando un sacco di problemi per la scienza seria (in campo medico in particolare...)