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Messaggi - Apeiron

#1216
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
06 Novembre 2016, 17:42:42 PM
Citazione di: Phil il 06 Novembre 2016, 15:51:33 PM
Citazione di: Sariputra il 05 Novembre 2016, 01:05:38 AMIl kamma non è morale, né immorale, è una necessità implicita proprio nel processo di costruzione e dissoluzione condizionata. Ma qui sorge la domanda: chi o che cosa decide che un'atto è virtuoso o malvagio? La risposta è: i suoi frutti. Tutto ciò che porta ad una diminuzione di dukkha è virtuoso, di giovamento ai nobili; Tutto ciò che aumenta dukkha è nocivo, da evitare per i saggi.
Queste osservazioni mi fanno porre la seguente questione: che rapporto c'è fra il male come malessere/sofferenza psico-fisica e il male morale? Il primo è esperibile, ma il secondo (fuori dal giusnaturalismo e dalle religioni rivelate) si presenta come poco più di una convenzione sociale... e, tornando al buddhismo, se il bene (sia psico-fisico che morale) è direttamente proporzionale alla diminuizione di dukkah, allora la morale buddhista si fonda sulla trasposizione socio-culturale del meccanismo fisiologico di avversione al dolore? Questa "immanentizzazione corporale" della morale è una mossa forte... eppure, se siamo "biologicamente programmati" per rifuggire da ciò che il nostro corpo individuale riconosce come doloroso, possiamo davvero coniugare questa repulsione nel rapporto con gli altri? La sola empatia non sarebbe adeguata... Se non erro, nell'ottuplice sentiero non compare l'altro (il "prossimo" del cristianesimo) ed è un sentiero essenzialmente solitario (anche al netto della differenza fra Theravada e Mahayana...). Certo, la dimensione sociale del buddhismo è storia nota (il gioiello "sangha", il voto di salvare gli altri esseri senzienti, etc.), ma la sua etica non è in fondo il prezzo da pagare (seppur economico!) per adattarsi ad un contesto sociale laico, a discapito del suo nucleo più "profondo"? In sintesi (e al di là dello spauracchio della rinascita in forme infime), se non c'è un'Io (anatman) come può esserci un Tu, e quindi un'etica di relazione e responsabilità? Nella citazione che hai riportato, la legge karmica viene presentata come garante della responsabilità sociale (nonostante l'anatman), ma mi pare sia una risposta a posteriori alla "necessità" di calare la dottrina nella società, che tuttavia quasi contraddice il suo nocciolo teoretico: se ogni mia azione negativa produce una conseguenza nefasta, bisogna intendersi su cosa sia "negativo" e "nefasto" per me che compio tale azione, che non coincide necessariamente con una forma di vissuto-dukkah... inoltre per pagare dazio tramite la conseguenza delle mie malefatte, si deve presupporre necessariamente che ci sia un io molto "costante e solido" che espii la sue colpe, oppure un'anima individuale che le sconti nella sua vita successiva, ma entrambi gli scenari vengono scartati dall'impostazione buddhista... Il passaggio dall'estirpazione del dukkah individuale (ovvero niente illusione di un io) alla dimensione etica (ovvero responsabilizzazione dell'io) non è quasi un paradosso, in cui ognuno dei due "atteggiamenti" ostacola l'altro? P.s. Mi è tornato in mente l'epicureismo, meno fortunato storicamente del buddhismo, che ambiva ad una simile eliminazione della sofferenza, almeno in senso fisico (aponia) e a una "liberazione dalle passioni" (atarassia) che ricorda molto lo sradicamento della "passione agitatrice" (raga) propugnato dal buddhismo.

Allora: il Buddhismo fonda la sua morale sulla compassione. Si deve capire che gli altri esseri soffrono (e fanno soffrire gli altri...) a causa della loro identificazione con qualcosa (il mio "io/atman" è., questo è mio..). La tesi del buddismo è invece la seguente: visto che la sofferenza è causata dall'identificazione allora eliminando l'identificazione si elimina la sofferenza. A questo punto il buddismo dice che la Cessazione è l'obbiettivo finale, il dharma "supremo", la pace assoluta.

"Dove l'acqua, la terra, il fuoco ed il vento
non riposano su nulla?
Dove il lungo e il corto,
il grossolano e il sottile,
il bello ed il brutto,
il nome e la forma
arrivano al loro termine?
'E la risposta a ciò è:
La coscienza illimitata,
assoluta, ultima:
In questa mondo l'acqua, la terra, il fuoco ed il vento
non riposano su nulla.
In questo mondo
il lungo e il corto,
il grossolano e il sottile,
il bello ed il brutto,
il nome e la forma
arrivano tutti al loro termine.
Con la cessazione della [attività di] coscienza
ogni cosa arriva, in questo mondo, al suo termine.
"  (Kevatta sutta)

Visto che non ci sono più "distinzioni" non c'è più nessuna identificazione e nessuna sofferenza può avvenire. MA il fatto che "ogni cosa è priva di un Sé" (Dhammpada) NON implica che "un Sé non ci sia" perchè questo sarebbe ancora una posizione in cui si ragiona in termini di Io. Ergo: si va oltre l'io e perciò chiaramente "al di là del bene e del male" perchè appunto in assenza di "nomi e forme" come si fa a parlare di "bene e male"?

Sull'epicureismo la differenza è che mentre il buddismo "promette" una pace assoluta nell'epicureismo si ha una sorta di "aiuto psicologico" in cui l'io è libero da passioni e dolori fisici. Tuttavia di certo non si parla nell'epicureismo di "coscienza assoluta, illimitata...". Non ha avuto successo storico credo perchè era troppo "razionalista".

Personalmente comunque è proprio l'etica che non mi fa "prendere la via" del buddismo, pur rispettando e ammirando moltissime cose della dottrina.

P.S. In oriente il concetto di andare oltre alla moralità a quanto pare è molto diffuso:  quando il Tao fu negletto si ebbero carità e giustizia (Tao Te Ching). Come dice Sariputra per la reincarnazione forse è il nostro background culturale che ci fa sembrare assurda anche una dottrina che non mette al posto l'etica. Però forse il motivo è che loro hanno la convinzione che il merito venga "ripagato" sempre in modo naturale. MA essendo anche per loro la natura fonte di "dukkha" va oltrepassata.
  
#1217
Recentemente mi è capitato di pensare ad uno scenario futuristico di questo tipo: immaginiamo dunque di riuscire a "trasferire" la nostra coscienza dal nostro corpo ad un altro "hardware" (sto pensando al mind uploading). Fin qui niente di nuovo, anzi si avrebbe la semplice continuazione della nostra coscienza e quindi della nostra identità. Tuttavia se supponiamo di "collegare" questi supporti in modo da far comunicare le nostre coscienze la cosa si fa più interessante. Per semplicità supponiamo che "Tizio" e "Caio" fossero i primi che collegano le loro coscienze. Possiamo pensare a due risultati: 1) Tizio e Caio in qualche modo mantengono la loro identità, il loro "io" ma condividerebbero tutto di se stessi con l'altro. 2) Tizio e Caio non esisterebbero più come "entità singole" e si avrebbe perciò un altro essere che non è più né "Tizio" né "Caio" ma qualcosa di nuovo. Ovviamente sto pensando di "estendere" la cosa a tutti gli individui umani (e forse anche agli animali, ammesso che siano coscienti...). La domanda che volevo porvi è: acconsentireste a uno dei due scenari e perchè?

Personalmente sono abbastanza "scisso" tra il preferire la "mia" esistenza individuale e lo scenario (2). L'(1) infatti mi sembrerebbe auto-contraddittorio in quanto in sostanze conserverebbe la tendenza ad avere una prospettiva individuale con la totale sottomissione alla collettività: in sostanza sarebbe una sorta di dittatura dove il "dittatore" non è più una persona ma la "società stessa". Nel caso (2) invece si avrebbe chiaramente una "rivoluzione" che in un certo senso è già stata pensata da varie personalità di varie religioni: la "morte" o la "ridefinizione" dell'io. Mentre il caso (1) conducerebbe a mio giudizio al conflitto o alla schiavitù il caso (2) conducerebbe alla fine di ogni ragionamento individuale: non ci sarebbe nessun "io" e nessun "mio", nessuna distinzione, nessuna divisione e perciò nessun conflitto e nessuna schiavitù. Quello che però non mi convince nemmeno di questo caso è che in effetti più l'evoluzione è andata avanti più ha generato esseri con una individualità più complessa tant'è che solo noi esseri umani ad esempio abbiamo una "responsabilità morale": in sostanza il problema è che questo scenario (2) sarebbe una sorta di "fuga" dalla nostra individualità. Certamente però non proveremmo più vergogna, invidia, conflitto, odio e nemmeno amicizia, gioia, amore ma forse succederebbe che si creerebbe una "beatitudine" senza confini, proprio come molti pensatori hanno pensato.
#1218
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
04 Novembre 2016, 22:37:00 PM
Citazione di: Duc in altum! il 04 Novembre 2016, 21:31:22 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneIn ogni caso la dottrina del karma credo che nasca dal fatto che non si riesce ad accettare che il mondo non è "giusto" e perciò si postula una sorta di meccanismo che promuove i meritevoli (non è un ragionamento diverso dal nostro in occidente, solo che noi abbiamo un Dio che "detta leggi" mentre il karma è "naturale").
No, il ragionamento è molto differente. Per Dio il mondo è tutto ciò che allontana l'uomo dalla Sua salvezza, infatti il demonio viene denominato "il principe di questo mondo" o "il mondo non lo riconobbe", ma a motivo delle colpe del mondo, ossia di coloro che amano il mondo. Quindi il mondo non è giusto in assenza di Dio, infatti il Suo regno è al di là delle ragioni del mondo. Per Dio ad ogni azione può anche corrispondere un'assurda reazione, si muore e poi si vive per sempre (siamo alla megafantascienza!!), quindi sia il karma, sia la teoria della retribuzione ebraica non sono lo stesso ragionamento. Inoltre, visto che si parla di reincarnazione, a titolo informativo e non per controbattere, il Dio del nostro occidente salva o condanna la persona unica che ha vissuto solo quella determinata vita offertagli, per le azioni decise e volute fatte con quel determinato corpo, e non sull'accumulo delle scelte effettuate anche con altri involucri dell'anima, finché si redima nettamente.

Duc precisazione molto interessante, grazie. Sinceramente non avevo mai sentito che secondo il cristianesimo il mondo è tutto ciò che allontana da Dio.  

Comunque quello che volevo dire io col post di prima è che visto che nella pratica vediamo che i giusti non ottengono spesso ciò che meritano allora il karma e la legge divina (permettimi di usare questo termine) danno un "ordine morale" alla questione (con questo non voglio dire che sia errato).
#1219
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
04 Novembre 2016, 18:14:34 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Novembre 2016, 10:18:22 AM
Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2016, 10:13:53 AMKarma=azione. Da come la interpreto io è una sorta di "legge naturale" che produce buoni (cattivi) effetti a chi fa buone (cattive) azioni. Bisogna quindi vederlo come una sorta di premiazione del "merito" acquisito. Chiaramente tutto funziona finché qualcuno si prende i premi e le punizioni. Altrimenti che senso ha il merito se non c'è nessuno che ne beneficia? Tuttavia il Buddha notò che per quanto possiamo aspirare non saremo mai soddisfatti finchè cerchiamo un premio. Quindi per il Buddha bisogna per così dire "andare oltre" il concetto di merito. Per farlo, visto che è una "legge naturale", non possiamo far altro che bloccare il meccanismo dalla partenza, cioè dall'assunzione fondamentale, che ci sia "il portatore del merito e delle azioni" (potremo anche dire il portatore dell'etica...), o meglio che si possa trovare nel mondo tale portatore. Riconoscendo che il portatore "non si trova" nemmeno il merito si applica più e il meccanismo si blocca. Il Karma sparisce in pratica non appena non si ragiona più in termini di "mio e io" (possesso e identità). Così almeno è la mia interpretazione...
E secondo me interpreti bene!... ;D Al cessare dell'attaccamento all'Io-mio, cessa l'accumulo di kamma. Perché è proprio l'attaccamento all' Io-mio che genera dukkha , che genera nuovo dukkha ( nuova nascita di dukkha). P.S. Bisogna anche dire, con onestà, che la legge del Kamma/rinascita è veramente ardua da penetrare per noi occidentali. E' sicuramente una cosa che richiede un cambio di approccio. Forse la difficoltà nasce dal fatto che per noi il tempo è lineare, mentre in Oriente è circolare? Noi vediamo sempre un inizio e una fine, mentre loro lo vedono come un cerchio , una ruota ( il famoso "cerchio del Samsara" ??? )...

Perfetto e interpreto bene grazie anche alle tue spiegazioni! (N.B. Se devo essere pignolo la questione dell'anatman non mi convince ancora in realtà, però credo di aver afferrato il senso della cosa. Personalmente ritengo la meta-fisica del buddismo corretta ma incompleta)

Per le rinascite. A noi ci viene abbastanza semplice in realtà immaginarci la reincarnazione visto che "qualcosa" passa da un corpo all'altro. Il vero problema è la reincarnazione senza anima immortale e in realtà questa parte non convince nemmeno gli orientali: tant'è che il Buddha stesso ha dovuto paragonare la rinascita come l'accensione di un fuoco ad opera di un altro fuoco (mentre la reincarnazione se vogliamo è più come versare dell'acqua da un recipiente all'altro). La circolarità del tempo in realtà non è necessaria per spiegare la reincarnazione/rinascita (per il buddismo Theravada la rinascita è istantanea, per quello tibetano invece non lo è ma è un processo che dura qualche giorno...) anche se l'idea che "rinasca" anche il cosmo certamente la rende in un certo senso "plausibile" (almeno una rinascita per ogni ciclo cosmico).

In ogni caso la dottrina del karma credo che nasca dal fatto che non si riesce ad accettare che il mondo non è "giusto" e perciò si postula una sorta di meccanismo che promuove i meritevoli (non è un ragionamento diverso dal nostro in occidente, solo che noi abbiamo un Dio che "detta leggi" mentre il karma è "naturale").
#1220
I miei "two cents".
Giusnaturalismo=riconoscere la dignità intrinseca dell'uomo
Giuspositivismo=bisogna fare leggi per l'uomo (il portatore della dignità e quindi dell'etica). Bisogna fare leggi per convenzione e utilità pratica. Se tale diritto è ben fatto deve riconoscere la dignità dell'uomo come "assioma".
#1221
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
04 Novembre 2016, 10:13:53 AM
Karma=azione. Da come la interpreto io è una sorta di "legge naturale" che produce buoni (cattivi) effetti a chi fa buone (cattive) azioni. Bisogna quindi vederlo come una sorta di premiazione del "merito" acquisito. Chiaramente tutto funziona finché qualcuno si prende i premi e le punizioni. Altrimenti che senso ha il merito se non c'è nessuno che ne beneficia?

Tuttavia il Buddha notò che per quanto possiamo aspirare non saremo mai soddisfatti finchè cerchiamo un premio. Quindi per il Buddha bisogna per così dire "andare oltre" il concetto di merito. Per farlo, visto che è una "legge naturale", non possiamo far altro che bloccare il meccanismo dalla partenza, cioè dall'assunzione fondamentale, che ci sia "il portatore del merito e delle azioni" (potremo anche dire il portatore dell'etica...), o meglio che si possa trovare nel mondo tale portatore. Riconoscendo che il portatore "non si trova" nemmeno il merito si applica più e il meccanismo si blocca.

Il Karma sparisce in pratica non appena non si ragiona più in termini di "mio e io" (possesso e identità). Così almeno è la mia interpretazione...
#1222
@sgiombo,

La questione della legittima difesa l'ho scritta perchè in apparenza negherebbe il diritto alla vita dell'aggressore. Tuttavia in questo caso se non si agisse si negherebbe il diritto alla vita della vittima. Quindi in questo caso il "diritto alla vita" non si applica. Questo era il mio pensiero quando ho scritto "legittima difesa".

Comunque è anche vero quello che dici tu: potrebbe anche essere vista come un'affermazione del diritto visto che l'aggressore voleva toglierlo alla vittima e non il contrario.
#1223
Tematiche Spirituali / Re:Karma e buddismo Tibetano
03 Novembre 2016, 21:32:48 PM
Mi intrometto anche io nella discussione.
La dottrina del non-Sé (anatman) serve per la disidentificazione: solo così e con (molta) pratica si dovrebbe raggiungere lo stato in cui non si pensa più in modo "individuale".
Tutte le cose sono senza Sé (Dhammapada): il che significa che l'Io non si "trova" in nessuna cosa e NON "l'Io non c'è". Come dice Sariputra (che ringrazio per le sue spiegazioni) l'obbiettivo dell'anatta non è teorico ma pragmatico: solamente dicendo "io non sono questo, questo non è mio" a TUTTE le cose non si soffre più.

Per quanto riguarda la reincarnazione. Nel buddismo si parla di "rinascita" e non di "reincarnazione" proprio perchè appunto gli esseri che rinascono in ultima analisi sono privi di un Sé (sono solo entità convenzionali).

NOTA: il Sé in questione è un sé eterno e separato dal resto. E dire che una cosa è "mia" significa che "ho il totale controllo". Il Buddha rinnega con la dottrina dell'anatman che le cose siano un Sé o appartenenti a un Sé e nient'altro.
#1224
Citazione di: Voltaire il 03 Novembre 2016, 18:27:04 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Novembre 2016, 17:42:55 PM@Voltaire, Il problema di definire la dignità è che ciò provoca l'identificazione. Ti faccio un elenco di altre "dignità ipotetiche": "l'uomo è degno finché sa socializzare" "l'uomo è degno finché riesce a contribuire al bene dello stato" "l'uomo è degno finché ha un certo grado di "intelligenza"" "l'uomo è degno finchè non compie reati" "l'uomo è degno finché contribuisce alla sua famiglia" E potrei andare avanti all'infinito e spero che concordi con me che è sbagliatissimo dire che proposizioni simili sono accettabili. Come puoi immaginare il problema è che tu pretendi di assegnare la dignità ad una persona per la relazione che ha con altro. Quindi non ha valore intrinseco e perciò fa in modo che si selezionino quelli "degni di vivere" ecc. Ma ad esempio uno che contribuisce alla famiglia può non contribuire allo stato. Chiaramente un criminale deve essere arrestato e punito ma questo è un altro discorso.
Io non dico (o almeno non volevo dire) che l'uomo ha una dignità finché compie un lavoro. Ciò che intendevo è che il lavoro esporta la dignità dell'uomo nella sua vita. Voi sostenete che la dignità sia intrinseca all'uomo, e sono d'accordo con voi. Quel che io dico è che questa dignità intrinseca è astratta, non si realizza nella realtà direttamente, ma tramite il lavoro.

Ok detto così è molto meglio. Perdona il malinteso. Mettiamola così: ognuno di noi dovrebbe con il suo "lavoro" (anche se preferisco la parola "impegno") rendere "esplicita/concreta" la sua dignità. Qui sono d'accordo con te. Il problema è che mentre la dignità è intrinseca la sua "esportazione" nella realtà è contingente e quindi può avvenire che due agenti che "realizzino" la loro dignità entrino in conflitto (esempio stupido: leone che uccide la gazzella per nutrire sé e il suo branco). Sarà astratta ma secondo me è più importante di quella "concreta" che si rivela nelle azioni.

E sono in parte d'accordo con te che ognuno di noi dovrebbe "realizzarsi" altrimenti vive una vita "senza dignità", cioè vive una vita che non gli da valore (ad esempio uno che diciamo ha vissuto tutta la vita nella guerra ha vissuto una vita che non è degna rispetto a ciò che lui è veramente). Comunque voglio continuare a sottolineare il condizionale, altrimenti si finisce per scordarsi la dignità intrinseca.

Tuttavia, secondo me, alcuni diritti sono inviolabili, come quello della vita (legittima difesa a parte ).
#1225
@green demetr,
Non capisco perchè tu parli di soggetto e oggetto. Non che la cosa non c'entri ma ci fa entrare in una discussione ben più ampia. In questi termini comunque a mio giudizio il soggetto non deve avere valore in relazione ad un oggetto. La sua dignità è il suo valore intrinseco: se neghiamo questo allora neghiamo l'etica che come prerequisito ha che l'essere umano ha valore intrinseco.

@Voltaire,
Il problema di definire la dignità è che ciò provoca l'identificazione. Ti faccio un elenco di altre "dignità ipotetiche":
"l'uomo è degno finché sa socializzare"
"l'uomo è degno finché riesce a contribuire al bene dello stato"
"l'uomo è degno finché ha un certo grado di "intelligenza""
"l'uomo è degno finchè non compie reati"
"l'uomo è degno finché contribuisce alla sua famiglia"
E potrei andare avanti all'infinito e spero che concordi con me che è sbagliatissimo dire che proposizioni simili sono accettabili. Come puoi immaginare il problema è che tu pretendi di assegnare la dignità ad una persona per la relazione che ha con altro. Quindi non ha valore intrinseco e perciò fa in modo che si selezionino quelli "degni di vivere" ecc. Ma ad esempio uno che contribuisce alla famiglia può non contribuire allo stato. Chiaramente un criminale deve essere arrestato e punito ma questo è un altro discorso.

@Sariputra
La tua definizione di dignità è la migliore, tuttavia secondo me si sovrebbe dire così: "ogni essere che può soffrire ha dignità". Tuttavia non è propriamente una definizione di dignità, si sta qui solo dicendo che si "possiede dignità". Non si può definire a mio giudizio la dignità perchè l'etica deve essere "assoluta".
#1226
Ogni volta che qualcuno definisce la dignità umana mi fa paura. Il motivo è semplice: se uno definisce la dignità umana si identifica con tale definizione. Ora: tu dici che uno che "non fa nulla" non è "degno". Ora molti imprenditori sono d'accordo con te e quello che avviene è che questa idea "di dignità" è talmente fissata nella loro mente che ha portato a molti suicidi per "mancanza di lavoro".

Il lavoro è dunque una cosa esterna all'uomo: vuoi davvero dire che l'uomo è degno finchè tale contingenza gli è possibile?

Parliamoci ora chiaro: cosa intendi tu per "lavoro"? E perchè credi che tale "lavoro" renda degno qualcuno?
Pensa di avere un eremita che "non fa nulla" per lo Stato e un lavoratore: ti basta questo per dire che uno è migliore dell'altro? Per esperienza personale sinceramente non mi pare che "il lavoro nobiliti automaticamente l'uomo" (sinceramente mi pare che sia la coscienza morale che nobiliti l'uomo che può esservi anche in assenza di lavoro). Inoltre credi veramente che il lavoro è più importante della vita, della liberazione dalla sofferenza, delle relazioni umane, dell'educazione, dell'arte, della bellezza della scienza?

Per quanto riguarda poi Hegel (e direi anche tutti i filosofi "colletivisti", Marx compreso...) secondo me è il tipico esempio di "filosofo dittatoriale" in quanto egli dice che lo Stato è prima del popolo. Certamente utopicamente si potrebbe stare "felici" in uno stato simile, tuttavia sei davvero pronto a identificarti con la tua capacità di lavorare?
#1227
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
30 Ottobre 2016, 23:43:50 PM
green demetr la tua risposta è interessantissima, davvero.
Comunque vedo che su molte cose in realtà siamo d'accordo e la differenza è dovuta al fatto che nel mio caso non conosco in realtà bene l'idealismo e non conosco per nulla autori come Severino, Husserl ecc. D'altronde ho un background culturale un po' povero: di filosofi novecenteschi di fatto conosco solo Wittgenstein, non ho mai letto nulla di Aristotele ecc... quindi chiaramente a volte il mio linguaggio non è "canonico". D'altronde non ho scelto filosofia come università e quindi provo a fare il possibile ;) 


Per quanto riguarda la moralità credo che un qualche "assoluto etico" (il Valore etico) sia necessario e per questo motivo non riesco ad accettare il nichilismo. Credo tuttavia che il miglior metodo per conoscere (in parte) tale "valore" non sia quello di interiorizzare leggi esterne ma di studiare la propria coscienza morale. Perciò il discorso della "colpa introiettata" non c'entra con la "mia" concezione di "etica". Detto questo non voglio salvare il Padre ma l'etica stessa in quanto l'etica relativistica non è etica.

Infine per quanto riguarda il discorso del fiume: beh è la mia ossessione da mesi a questa parte  ;)  Io sono arrivato a dire che il fiume c'è come entità convenzionale, ma affidarli realtà significherebbe "astrarlo" dal resto del mondo e quindi di fatto non comprendere la sua (vera) natura. Tutte le cose perciò sono senza identità. Or come ora non so se dire la stessa cosa del "rappresentante", cioè di noi stessi.
#1228
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'e' la Liberta'?
30 Ottobre 2016, 15:28:04 PM
Sul discorso della Libertà si potrebbe dire di tutto e di più. Il mio era un discorso en passant su cosa sarebbe la libertà veramente "libera". Perdonate il gioco di parole però una libertà che ha restrizioni o dipende da condizioni non è "pura libertà".

Poi eh non sono sicuro di mettere la libertà al primo posto tra i valori che una società dovrebbe avere. Ma questo è un discorso estremamente complesso e che deve essere adattato ad ogni situazione.
#1229
Attualità / Re:La geologia é una scienza?
30 Ottobre 2016, 15:20:36 PM
sgiombo, mi riferivo alla distinzione tra le "hard" e le soft "sciences". Una teoria scientifica deve partire da risultati di misure quantitative che poi devono essere riprodotte da modelli teorici, i quali devono poi prevedere misure quantitative future. Chiaramente siccome si parla di quantità mi pare ecco naturale che il linguaggio "naturale" della scienza è matematico.  

La geologia si basa su principalmente fisica e chimica (un po' anche biologia in realtà). Mi ero dimenticato di dire che sono ignorante in materia, tuttavia la geologia non è altro che l'applicazione delle suddette scienze allo studio dei fenomeni del Sistema Terra. Tuttavia non si è in grado ancora di fare predizioni "esatte" per il fatto che semplicemente non siamo ancora riusciti a capire cosa c'è sotto la crosta terrestre ma il lavoro che stanno facendo i geologi è strabiliante: a differenza dei biologi i geologi non possono vedere direttamente l'oggetto della loro ricerca.

Sul discorso biologia: qui in realtà i modelli matematici vengono usati sempre di più. Chiaramente la teoria dell'evoluzione è più attendibile anche perchè è da più di un secolo che moltissimi scienziati ci perdono la testa sopra. Tuttavia a differenza, diciamo, della fisica le predizioni e gli errori di misura non vengono stabiliti con un rigore "assoluto". In entrambi i casi (biologia e geologia intendo) la matematica non funziona in modo esatto perchè il sistema è troppo complesso da studiare. A dire il vero qui devi "accontarti" di soluzioni approssimate per forza. Un altro esempio tipico è la meteorologia: non potremo mai avere previsioni esatte oltre un tot di giorni perchè il sistema "atmosfera terrestre" è caotico. Ma ciò non significa che la meteorologia non sia una scienza.

Sul discorso poi della previsione dei terremoti. Se avessi letto l'articolo avresti visto che hanno individuato le faglie che si sono attivate dopo i terremoti degli ultimi mesi e ti garantisco che l'area è ben minore di 100km e inoltre non si parla di tempi secolari. Tuttavia in assenza di misure sotto la superficie terrestre non possiamo vedere se una faglia è "instabile" o no. Nell'articolo c'è anche scritto che si rischiava un terremoto oltre magnitudo 7 che avrebbe fatto un disastro molto peggiore di quello che c'è stato. E purtoppo ci dobbiamo accontentare di previsioni del genere. Dopo il terremoto dell'Aquila c'era la polemica innescata dalla previsione col radon: ti garantisco che se fosse stata veramente fondata i geologi l'avrebbero presa seriamente, non sono cretini. Poi in realtà a me non sarebbe mai venuto in mente che poteva succedere un 6.5 dopo un 6 di qualche giorno fa: solitamente dopo una scossa grande ne avviene o una ancora più grande subito dopo ("doppietti sismici" e in questo caso non è detto che la seconda sia più grande in realtà) oppure ci sono gli assestamenti che sono di magnitudo inferiore. Quando si fa una previsione bisogna anche dare un discorso razionale che la fondi e chiunque sia il "mago" che ha previsto senza un modello predittivo la scossa di oggi affinchè sia scienza dovrebbe anche essere capace di replicare le osservazioni (cosa che ha messo in difficoltà la "teoria del radon").

Infine sul discorso degli astrologi: i Maya erano brillanti astronomi e sapevano prevedere in modo sbalorditivo molti fenomeni astronomici. Quello che mancava era il modello concettuale che oggi c'è. Inoltre anche se oggi sappiamo che la teoria di Newton è superata dalla relatività generale è ancora usata per la previsione delle orbite di asteroidi ecc. Non mi sorprenderebbe che le tecniche usate dai Maya saprebbero ancora predire le posizioni della volta celeste. E magari anche le previsioni degli astrologi lo fanno. La differenza è che quando tu dici all'astrologo che il suo modello è senza fondamento, lui non ammette il torto. Lo scienziato sì.

Dall'articolo: "Del resto gli studiosi avevano avvertito - raccomandando gli amministratori delle zone interessate di fare quanto il loro potere per mettere in sicurezza le strutture - che esisteva il rischio di nuovi forti scosse nelle zone del Centro Italia colpite da un'onda sismica partita il 24 agosto scorso. Proprio ieri la Commissione Grandi Rischi (l'organismo di collegamento tra la Protezione Civile e il mondo scientifico) aveva identificato "tre aree contigue alla faglia responsabile della sismicità di agosto che non avevano registrato terremoti recenti di grandi dimensioni e con il potenziale di produrre terremoti di elevata magnitudo, compresa fra 6 e 7 punti". Gli esperti avevano rivelato che "la sismicità del 26 ottobre ha attivato uno dei segmenti individuati dalla Commissione, a nord dell'evento di agosto, mentre gli altri due segmenti non si sono mossi. In considerazione della contiguità con la sismicità in corso, questi due segmenti rappresentano possibili sorgenti di futuri terremoti nella regione già colpita dagli eventi degli ultimi anni.  Non si può inoltre escludere la prosecuzione della sismicità a Nord del sistema del Vettore-Bove. Ad oggi non ci sono evidenze che la sequenza in corso sia in esaurimento". Parole confermate dagli eventi, appena poche ore dopo." Non mi pare che le previsioni fossero proprio vaghe...
#1230
Attualità / Re:La geologia é una scienza?
30 Ottobre 2016, 12:39:12 PM
La geologia è una scienza in quanto segue il solito metodo sperimentale. Per certi versi è più "scienza" della biologia visto che la geologia utilizza più metodi matematici nella sua analisi della seconda.
Il vero problema è che come la meteorologia e le scienze della terra in generale non viene ascoltata. Anzi se vogliamo non viene ascoltata l'ingegneria in quanto si sa benissimo che alcuni tipi di edifici non crollano fino ad una data magnitudo. Eppure ogni volta che c'è un terremoto vediamo ad esempio scuole nuove che crollano, ospedali che non reggono ecc.
Poi bisogna far conto che i terremoti fanno danni in un'area solitamente molto ristretta quindi a volte è questione di pochi chilometri tra l'avere una tragedia e avere solo danni moderati. Detto questo quello che dovrebbe cambiare è la coscienza: ogni giorno vediamo anche personaggi pubblici che credono alle pseudoscienze (tipo il NO ai vaccini che ha motivazioni ridicole) e una generale sfiducia alla scienza. Anzi ho appena letto che i geologi avevano provesto la possibilità di altri terremoti con magnitudo compresa tra 6 e 7 in questi giorni per quelle aree.http://www.repubblica.it/scienze/2016/10/30/news/terremoto_esperti_nuove_scosse-150907478/

Poi discorso diverso per l'informazione di massa con i giornalisti che fanno interviste di due secondi agli esperti e rompono le palle alla gente terremotata. Ma questa è un'altra storia.

In ogni caso tutta la scienza deve fare teorie. Quindi quando sento dire ad esempio "l'evoluzionismo è falso perchè è una teoria" mi viene la nausea. Chiaramente la geologia ha le sue teorie che in realtà sono anche molto buone considerando che il Sistema Terra è enormemente complicato e non completamente analizzato.