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Messaggi - Phil

#1231
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 23:53:46 PM
Nietzsche stesso non vedeva l'incoerenza del suo sistema in maniera così esemplare: [/left]

  • Linguisticamnte,nientità dell'essere = l'essere è niente = essere è non essere = essere non è
Non per questo da Hegel in poi, la logica formale è stata un po' messa in disparte o addirittura derisa dalla filosofia occidentale... appunto perché, altro che perplessità, è il segno evidente dell'incoerenza formale del "sistema" nichilista. Infatti il sopra gioco linguistico (1) formalmente è inequivocabile: A=non-A.
Ma se tu su questo non sei d'accordo, saprai sicuramente trovare un meccanismo linguistico/formale che dimostri il contrario... oppure continuerai a parlare di "perplessità" in merito all'uso formale dei concetti. Magari come lo Hegel no?
La perplessità, come ho scritto, è nel voler/poter tradurre il nichilismo in una proposizione logica. Ad esempio, quel'è allora la proposizione logica che "traduce" l'idealismo? O quella del realismo?

Va bene cercare di essere sintetici e "logici", ma direi che bisogna rispettare comunque la complessità essenziale di un approccio filosofico, e se questo eccede un'uguaglianza logica, è necessario, almeno secondo me, spendere qualche parola in più. Il "gioco linguistico" che tu attribuisci al nichilismo, secondo me (forse anche secondo i manuali e alcuni autori nichilisti) non è affatto adeguato a sintetizzarlo: come già citato, il nichilismo di Gorgia non è quello di Nietzsche, che non è quello di Vattimo, etc. basta riconoscere questo per dover rinnegare la pertinenza di quella proposizione logica (ammesso e non concesso che un approccio filosofico possa essere ridotto ad una proposizione logica).

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 23:53:46 PM
Anche il mio panettiere dice che non c'è alcuna novità nel dire che esiste il soggetto e l'oggetto, ma non è in grado di giustificarlo come non lo sono né Kant, Husserl e qualunque altro nome tu venga a citare. Tutti costoro, dal panettiere a Kant, sono lontani da me a pari modo.
Forse non ho capito: stai dicendo che Kant e Husserl non hanno "giustificato" l'esistenza e/o le relazioni di soggetto ed oggetto? Se mi consenti la battuta: chi dovrebbe andare a cercare tale risposta nei testi di chi?

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 23:53:46 PM
Infatti quando dici che la finzione si basa sul nulla (nullità del fondamento) stai implicando un nulla creatore; il che non è solo formalmente impossibile, ma lo è anche dal punto di vista delle scienze fisiche
Per fondazione non intendo ovviamente una derivazione meccanicistico/causale; non a caso sin dal primo post ho parlato di nulla semantico (non ontologico, oppure vogliamo far dire allo strawman-nichilista che "tutto è nulla" nel senso che nulla esiste, nemmeno lui?).
Provo comunque a riassumere: Iano aveva parlato di «finzione» come (se non l'ho frainteso) dimensione rappresentativa della necessità pratica di "immedesimarsi" in una prospettiva; mi sono quindi agganciato a questa sua considerazione, rilevando che, se in generale ogni finzione è sempre finzione-rispetto-a-qualcosa, in questo caso (volendo esemplificare un approccio nichilista) non si trattava di essere finzione rispetto ad una verità assoluta, ma finzione rispetto ad un nulla, ovvero non essere finzione di qualcosa, cioè finzione senza un fondamento positivo, veritativo, etc. praticamente una finzione "reale" in sé perché non rimanda ad altro da sé.
Provo a spiegarmi con un altro esempio; il concetto di identità può fornire un caso di "finzione": è una finzione che il mio dito sia/abbia un'identità logica, ma non perché in verità esso sia altro (non sia un dito), quanto piuttosto perché è solo una "costruzione" arbitraria e concettuale, una struttura convenzionale (linguistica) in cui, per dirla con le parole di Iano, ci immedesimiamo e riteniamo reale (fermo restando che in questo caso parliamo comunque di materia e non di un orizzonte di senso in cui immedesimarci).

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 23:53:46 PM
Il male e il bene? Il bello? Tu... tu non hai letto "linguaggio e noumeno". Ti sembra corretto scrivere più di quanto leggi anche quando ti si chiede di leggere prima di continuare? Forse invece di usare 20 minuti del tuo tempo per pormi un problema, avresti potuto usare quel tempo per andare a vedere dove ti ho detto di cercare la soluzione. Ora sono stanco... magari la prossima volta ti faccio un copia e incolla.
Non ti ho chiesto del «bello» (puoi controllare), ti ho domandato delucidazioni dell'esempio che ho citato (dal tuo post) in cui parlavi dell'intervallo fra -1 ed 1 riferendoti ai due estremi come, cito, «male estremo» e «bene estremo» (anche qui puoi controllare il relativo post).
Apprezzo la proposta del copia e incolla, ma so che estrapolare un paragrafo da un testo organico può essere compromettente per il suo senso; magari lo leggerò per interno in un altro momento.
Grazie comunque delle risposte e degli spunti.
#1232
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 16:32:11 PM
coi manuali non cambi nulla, senza offesa agli studi approssimati. Non ti piace la classificazione? Chiamala come vuoi...
Con i manuali, oltre a prevenire proprio l'approssimazione (di cui sono talvolta reo), si apprende/comprende una basilare (in tutti i sensi) consapevolezza delle puntate precedenti (molte, prima di arrivare al "nichilismo attivo", se non erro, di Deleuze e Vattimo); quanto più si approfondisce, a partire dai manuali e poi andando oltre (ad esempio realizzando che il nichilismo non afferma "a=-a" e rappresentarlo con una forma logica innesca qualche dovuta perplessità; Severino r.i.p.), tanto più ci si rende conto che il «senza precedenti» e/o il «rivoluzionario» sono etichette da usare con estrema cautela in filosofia, anche se la premessa sorniona è «giochi di pensiero».
Ad esempio
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 16:32:11 PM
chi perde l'oggetto, chi perde il soggetto, chi annulla tutto e poi ci sono io che affermo sia l'oggetto che il soggetto e che rinchiudo il nulla a nessun valore, quindi togliendoli anche la possibilità di negazione dei valori
ebbene, "affermare sia l'oggetto che il soggetto rinchiudendo il nulla a nessun valore", non mi pare una novità filosofica (chiedere ad esempio ai suddetti Kant ed Husserl, ma la lista nei manuali è lunga...).
Il rapporto fra «nulla» e «negazione dei valori» merita poi un'attenta circospezione:
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 16:32:11 PM
come la negazione della finzione (di cui parli tu)
Non ho parlato di «negazione della finzione»(?) ma di finzione basata sul nulla, come esempio di nichilismo pensante (riconoscere la nullità del fondamento su cui nondimeno la finzione si attua realmente); notoriamente, non è prudente maneggiare "un nulla" come mero sinonimo di «negazione» (sofismi linguistici a parte).
Inoltre, non sono sicuro della correttezza "contenutistica" di:
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 03 Febbraio 2020, 16:32:11 PM
Per chiarirci immaginiamo una linea siffatta, dove "-1"  è il male estremo, "1" è il bene estremo, "0" è il confine fra due mondi:

-1 ...... 0 ...... 1

Il mondo che va da 0 a -1 è quello proprio del nichilismo e di alcune declinazione della filosofia orientale e realista. Mentre il mondo che va da 0 a 1 è il mondo di cui vi sto parlando.
Ora, come detto, alcuni nichilisti potrebbero anche innalzare valori di bene, quindi spingersi da "-1"  verso quello "0", ma non sconfineranno mai dall'odio che li è insito nel dare del niente alle cose (nientità dell'essere).
dunque (al di là dalla rivisitazione in chiave emotiva del nichilismo ontologico à la Gorgia) il nichilismo, un certo pensiero orientale e un certo realismo, propendono al «male estremo»? «Male» di che tipo? Secondo quale scala di valori (magari veritativa e assoluta)? Soprattutto, tale scala di giudizio da -1 a 1, su quali assiomi/dogmi è fondata?
Il problema del fondamento è infatti centrale proprio per il nichilismo, per un certo pensiero orientale e per un certo realismo.


P.s.
@Ipazia
Intendevo esattamente quello che hai esplicitato (e che il "novum" presentato non prende in considerazione), a parte che il nichilismo non «chiude illusoriamente» quel discorso filosofico, piuttosto lo "hackera" disinnescando (annullando) gli ingranaggi "inopportuni"; tecnica di "ingegneria inversa" compatibile con la decostruzione (reperibile nei migliori manuali di bricolage filosofico).
#1233
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM
due opposte fazioni di pensiero, che generalmente riassumo nel realismo, filosofia che riconosce l'oggetto ma perde il soggetto, e nel nichilismo, filosofia che riconosce il soggetto ma perde l'oggetto.
Concordo con Ipazia che la dicotomia "da manuale" sia fra realismo e idealismo, essendo il nichilismo (che non ridurrei al "poetare paralogistico" di Nietzsche) una forma di "realismo cinico", che svela il nulla semantico del fondamento dei dogmatismi filosofici.
Uno spunto ce lo fornisce iano quando ci ricorda che
Citazione di: iano il 03 Febbraio 2020, 10:25:49 AM
Se può essere utile vivere in una finzione , non è utile ricordare sempre a noi stessi che si tratti di una finzione .
«finzione» rispetto a cosa? Rispetto ad una fondante Verità assoluta? No, rispetto a nulla (che non è «rispetto al Nulla»); questo è per me nichilismo "performativo", l'uomo come ente (pensante) fra gli enti, senza idealismo e senza solipsismo.

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM
Definita la possibilità di accesso alla realtà in sé e la possibilità di comunicarla senza alterarne il valore in sé ma solo quello sensibile, ne segue il superamento del realismo e nichilismo. Ossia ripeto un terzo paradigma filosofico in grado di riconoscere la verità sia dell'in sé che del fenomeno, portando nuovo ordine intorno alla teoria della conoscenza e all'ontologia dell'essere.
Sul "terzo paradigma" che proponi, noto una certa affinità con il versante neokantiano della fenomenologia husserliana: intuizione, noumeno apodittico, etc.


P.s.
Secondo me, per cercare paradigmi più radicalmente differenti, un tertium per il suddetto dualismo, bisogna andare oltre la concettualizzazione forte dell'"oggetto in sè" come sacro Graal, magari partendo proprio dalla categoria di «utile finzione nichilistica»; aspettando che l'ontologia postuma(na), nel parlare di «oggetto», si lasci alle spalle Kant e si accorga finalmente dell'epistemologia contemporanea.


P.p.s.
Nella sesta nota mi sembra manchi il link.
#1234
Percorsi ed Esperienze / Re:La Grotta
02 Febbraio 2020, 22:41:17 PM
Citazione di: InVerno il 02 Febbraio 2020, 18:01:25 PM
se tiene in considerazione il continente africano (e ancora, bisogna vedere se è un raggruppamento che ha senso) i numeri dicono che rispetto al resto del mondo, è sottopopolata.
Ripartirei proprio dall'Africa: non solo ha una densità non da formicaio saturo, ma ha anche una impronta ecologica piuttosto sostenibile; due dimensioni che mi fanno sospettare che di "Gini" in Africa ce ne siano ancora tanti. Certamente non avranno l'aspettativa di vita del Gino nostrano, ma (sorvolando circa l'auspicabilità o meno di una lunga vecchiaia) almeno ciò potrebbe limitare i problemi di peso sociale ed economico delle pensioni (non scommetterei che abbiano un sistema pensionistico affine al nostro, ma in prospettiva della sua eventuale introduzione, risulterebbe, a suo modo, un punto a favore).
Suppongo inoltre che in Africa di Parigi non ce ne siano: la delocalizzazione della produzione energetica e dello smaltimento di scorie è abitudine tipicamente da primo mondo. Il problema è allora la sostenibilità a partire dalla consapevolezza di un'apparente irreversibilità di un'inerzia storica: chi si ispira a chi, chi cerca di raggiungere la condizione di chi? La risposta, oltre che dai flussi migratori, è data proprio dal numero di "Gini superstiti" (unità di misura poco accademica, ma credo comunque ben pertinente): il fatto che da noi i "Gini" siano quasi estinti e che da loro siano in calo (se l'urbanizzazione non è solo apparente), traccia la direzione della suddetta inerzia.
Così come l'Africa giovane, quella dei nipoti del Gino subsahariano vuole essere l'Europa (smartphone, vestiti all'occidentale, auto "belle", etc.) proprio come alcuni coetanei del Gino nostrano volevano "fare gli americani" (v. Carosone), parimenti l'uomo di oggi non vuole essere semplicemente sostenibile, "sostenibile alla Gino" (neanche Greta, scommetto), ma si appella diplomaticamente ad una "sostenibilità tecnologizzata", indotta, controllata, non "naturale". Questione quindi di volontà e desideri.
L'economia può "aderire" alla biologia tanto più facilmente quanto più la suddetta volontà aderisce alla biologia; l'uomo contemporaneo occidentale ha invece una volontà che eccede la semplice biologia, per radicarsi sempre più nella psicologia (delle masse, che orienta quella del singolo). Tutto l'attuale capitalismo "all'occidentale" si basa in fondo sulla deviazione dall'"aderenza biologica" sui bisogni/beni primari, deviata dalla forza attrattiva dei bisogni indotti-psicologici, etc. dettata dall'innata brama umana («thana», direbbe uno ieratico "Gino buddista") e dalla differenza fra chi costruisce le fogne e chi le abita: linguaggio, tecnologia, "senso della storia" (che ai topi di Calhoun mancavano).


P.s.
Per gli interessati alla questione della "batteria di diamanti" ho trovato (ma non visto totalmente) questo.
#1235
Percorsi ed Esperienze / Re:La Grotta
30 Gennaio 2020, 17:42:22 PM
Citazione di: InVerno il 30 Gennaio 2020, 09:02:36 AM
Dallo spazio, sembra di vedere dei bubboni della crosta terrestre, dei tumori. Forse aveva ragione l'agente smith di matrix, siamo noi il vero virus, la vera malattia da curare.
Come Greta si lamenta delle eccessive emissioni di CO2 nell'atmosfera, così l'agente Smith si lamenta delle eccessive immissioni di uomini nella biosfera (fenomeno comunemente detto «nascita»); in entrambi i casi è una questione di misura ed in entrambi i casi è difficile dar torto alla Cassandra di turno.
Notoriamente gli animali (anche gli uomini, in qualche caso) seguono, nei loro spostamenti e nei loro stanziamenti, la reperibilità delle risorse primarie (oggi, volenti o nolenti, anche il denaro talvolta lo è); fenomeno che nella sua banale "naturalezza", è reso attualmente un po' più problematico, almeno burocraticamente, dalla questione della "frontiera" (pietra angolare della tutela della stanzialità umana) e soprattutto dal fatto che, avendo l'uomo colonizzato tutta la parte ospitale del globo, l'"altrove" verso cui spostarsi, per cercare fortuna e risorse, è rappresentato perlopiù da zone climatiche ostili o, per gli amanti della fantascienza, altri pianeti.
Parlando di formicai e sovraffollamento globale si rischia di parlare dell'uovo e della gallina: molti umani ammucchiati tenderanno a riprodursi molto (anche se l'attuale saturazione nei/dei paesi occidentali funge da deterrente), ed umani che si riproducono molto, con una medicina che tiene basso il tasso di mortalità, tenderanno a finire ammucchiati (salvo adattarsi a zone meno ospitali, senza wi-fi e in cui la natura è meno addomesticata). Un aiuto a ribilanciare la "dialettica" planetaria popolazione/risorse, non credo possa essere la sola contraccezione, almeno non se lasciata all'arbitrio dei singoli (come dimostrano i fatti), nondimeno capisco che se tutti i governi iniziassero a richiedere l'Isee e altri dati prima di autorizzare i cittadini ad una riproduzione forzatamente "calmierata", sicuramente la nostra eredità occidentale di ideali umanistici (sotto cui batte sempre il cuore dell'istinto irrazionale) riempirebbe le piazze del primo mondo, tacciando i governi di razionalizzare la gestione delle nascite (e il "senso", a breve come a lungo termine, della razionalità gestionale è da sempre poco compreso dalle masse). La tecnica potrebbe fornire aiuti confortanti: integratori (prodotti da cosa?) come gli astronauti, o attingendo ancora dalla fantascienza, mega serre in cui poter vivere (facendo della stanzialità una questione letteralmente di sopravvivenza); oppure la biologia umana si adatterà rapidamente al nuovo clima e a differenti diete ipocaloriche(?) o magari "ci penserà la natura" con una serie di "materne zampate" (cataclismi e virus vari) che faranno ritornare "provvidenzialmente" la quantità di abitanti umani più consona alle risorse del pianeta (eterno superstite).

Gli scenari possibili sono sicuramente molti, più o meno fantasiosi; nel frattempo, il buon Gino rappresenta un modello tanto armonioso e virtuoso quanto attualmente u-topico, proprio in senso topo-grafico: non ci sono abbastanza cucuzzoli (e grotte) per tutti i sette miliardi di abitanti, molti dei quali non sono comunque avvezzi all'autosostentamento tramite agricoltura ed allevamento. Inoltre, se tutti si dedicano principalmente alla terra, in modo perfettamente sostenibile, chi produce i macchinari, chi cura le infrastrutture, chi fa il medico, il poliziotto o il pompiere, chi tutela la cultura, chi si occupa dei server di internet, etc.? Insomma, se tornassimo indietro di tre caselle nel "gioco dell'Oca" della storia umana, sapremmo già che ritorneremmo, prima o poi (probabilmente), all'attuale situazione (o a qualcosa di simile). Gino è in fondo un esemplare fortunato dell'"insostenibile (globalmente parlando) leggerezza dell'essere", leggerezza come impronta ambientale e, suppongo, anche leggerezza come "carico esistenziale"; tuttavia, se i suoi eventuali figli hanno optato per il formicaio, non me la sento di biasimarli.
#1236
Tematiche Spirituali / Re:Quale Chiesa Cattolica?
28 Gennaio 2020, 17:07:47 PM
Indubbiamente la vitalità della riflessione teologica è fondamentale per la vita culturale e cultuale della Chiesa, per questo l'esegesi e l'ermeneutica dei testi sacri è una risorsa utile per ribadire l'autorevolezza sacrale senza smettere di parlare la lingua dei fedeli. Linguaggio che conviene sia contemporaneo, non solo accantonando il latino, quanto magari modificando qualche parola del «padre nostro», così che una sua frase non suoni troppo come un martirio medievale, una "messa alla prova" che non è ciò a cui il fedele anela (né ciò che, nel quotidiano, al fedele manca...).
Al di "sotto" di tutte le speculazioni teologiche, i fedeli richiedono un senso, sia teleologico(-escatologico) che calato nella socialità (importante il richiamo alla prospettiva storica). Un praticante si aspetta probabilmente una "dirigenza" forte dell'apparato ecclesiastico, se serpeggiano dubbi e pluralismi (per quanto filosoficamente fertili), il fedele rischia di "risolvere" con un improvvisato «secondo me» l'assenza della direttiva che non gli è arrivata dalla dottrina e questa personalizzazione è il primo passo dell'indebolimento, sia della pratica che della fede.
La Chiesa, fra dispute teologiche, scandali, celebrazioni, etc. non dovrebbe dimenticarsi di Dio, perché è ciò a cui i fedeli si inchinano (non alla Chiesa), necessario ancor prima della parola (guida e sostegno) dei suoi interpreti mondani. Quanto più la Chiesa tituba nell'appoggiarsi a Dio, tanto più l'istanza spirituale delle masse inizierà a farne a meno, vedendo nella Chiesa un'istituzione umana, di cui è possibile diffidare in nome di un sentire spirituale individuale («pagano», si diceva una volta; ironico contrappasso storico?).

Probabilmente è eloquente (ai limiti dello "spoiler") la storia dell'ebraismo: geograficamente frammentato, storicamente bistrattato, dal retrogusto testuale antico, anacronisticamente poco "social" e "multimediale", così non politico (almeno esplicitamente) da non richiedere una sua diplomazia internazionale, "parallelamente domestico" rispetto alle vite pubbliche dei suoi "mimetici" fedeli, etc. eppure ancora ben vivo e vegeto, a prescindere da ciò che accade nella sua "madre terra", perché la sua terra (grazie alla resilienza alla/della diaspora) ormai è il mondo, non importando affatto se sia globalizzato, laico, tecnologico, etc. perché ciò non cancella quell'atavica, intima e tradizionale richiesta di senso.
Come sempre, la saggia sobrietà del Padre può essere da esempio alla vivace ambizione del Figlio.
#1237
Tematiche Filosofiche / Re:Dei diritti e dei doveri
26 Gennaio 2020, 21:04:10 PM
Citazione di: viator il 26 Gennaio 2020, 16:46:44 PM
la definizione di diritto sulla quale io intendo basarmi all'interno dei miei interventi : "Ciò che nulla e nessuno può lecitamente negare a nessun altro".
All'interno di tale definizione il "lecitamente" è riferito a una qualsiasi legge naturale od umana che venga riconosciuta come tale dall'uomo stesso. (vorrete concedermi che l'uomo in generale tenda a riconoscere l'esistenza di "leggi naturali", la mancanza delle quali non permetterebbe neppure di concepire una qualsiasi condizione definibile come "diritto").

Se secondo voi ne possiedono, quali sarebbero ? Si tratta di una serie di diritti o di un singolo diritto fondamentale ? C'è qualcuno o qualcosa che garantisca loro tale o tali loro diritti ?.
Questa definizione parte dal legame fra legge e diritto, essendo il diritto (parafrasando la sua definizione) "ciò la cui negazione è illecita (contro legge)". Rispettando dunque la doppia richiesta di escludere gli umani fra le forme di vita in oggetto senza tuttavia prescindere da ciò che gli umani stessi individuano come legge, il diritto degli animali dovrebbe essere "ciò che non gli può essere negato all'interno delle leggi di natura"; in tal senso, è quindi fondamentale focalizzare tale verbo "potere": davvero in questo scenario è possibile un fuori-legge, un'illegalità?
La questione diventa allora: è possibile negare (nel senso di opporsi a) le leggi di natura in campo animale? Le leggi di natura, a differenza di quelle umane, non si inventano, semmai si scoprono, non sono arbitrarie né emanate da un'assemblea legislatrice e infine non possono essere violate (si potrebbe discutere sull'impatto della tecnologia dell'uomo, che tuttavia abbiamo scelto di lasciar fuori, per ora). Se tali leggi non possono essere violate dagli animali, incapacitati dalla loro natura di andare contro le leggi di natura (della "loro" natura), allora non ci possono essere eventuali diritti, se questi vanno intesi come ciò che non va negato per restare nella legalità, essendo impossibile opporsi e contravvenire alle leggi di natura (per gli animali in questione).

Sarebbe apparentemente possibile per gli umani intervenire contro tali leggi di natura seguite dagli animali, violando così i loro diritti, ad esempio tenendoli in cattività, incrociando le razze, modificando i geni, etc. tuttavia gli animali coinvolti continuano di fatto a seguire le leggi di natura, nel loro caso consistenti perlopiù nelle pulsioni dell'istinto, la predisposizione all'adattamento (che non esclude il reagire istintivamente ad un contesto nuovo e/o l'essere manipolabili dall'uomo), etc. Anche pensando al circo, non c'è una legge naturale che vieti/impedisca agli animali di entrare in un tendone e pedalare su un monopattino vestiti da clown (quale legge di natura viene violata? attenzione a non confondere l'ethos animale con le leggi di natura, l'etologico con il bio-chimico, etc.); non lo fanno istintivamente nel loro habitat naturale (privo di tendoni e monopattini), ma il loro adattarsi, ribellarsi, addomesticarsi, etc. è comunque reso possibile entro leggi naturali (congenito potenziale "cognitivo", psiche animale, dna e quant'altro). Persino alterare geneticamente un organismo non viola alcuna legge di natura: si tratta certamente di una manomissione umana, di un'alterazione "essenziale", ma se una legge di natura prevede che una combinazione genetica dia una certo risultato, difficilmente l'uomo potrà riscriverla, potrà semmai far capitare quel risultato in un contesto in cui non era previsto spontaneamente (banalizzando: se magari non è spontaneo che una gallina faccia le uova di notte ed è una legge di natura che lei, supponiamo, tenda a fare le uova quando c'è luce; tale legge di natura potrebbe essere strumentalizzata ma non alterata; se anziché di gallina e luce parliamo di cromosomi e loro interazione, la situazione è "legalmente" la stessa).

Gli uomini possono certo decidere e legiferare, da "dominatori", sui cosiddetti diritti degli animali, ma tali leggi non sono quelle di natura, quanto piuttosto una proiezione adamitica di quelle umane, nel senso che, metaforicamente, come Adamo diede il nome agli animali, i suoi posteri stanno dando loro anche diritti e, nell'addomesticamento, talvolta "doveri" (se non produci o non mi sei utile, non mangi o ti mangio); resta comunque chiaro, anche nella storia di Adamo, che non è l'uomo ad aver fatto le leggi di natura.
Chiaramente la figura del garante, imprescindibile nelle leggi umane, è totalmente assente in natura (né sarebbe necessaria, come non avrebbe senso un garante del principio di Archimede o un garante della forza di gravità).


P.s.
Ciò non vuole essere una valutazione sull'operato della stirpe di Adamo né sull'opportunità di dare diritti agli animali, piuttosto solo una riflessione sul concetto di «diritto» come proposto da Viator.
#1238
Citazione di: enrico 200 il 23 Gennaio 2020, 17:46:35 PM
non so come ma non riesco ad inserire immagini
In generale, per l'inserimento delle immagini c'è l'apposito tasto, l'undicesimo da sinistra nella prima riga di funzioni nella spazio sopra alla casella in cui si digita il messaggio da postare

quel tasto apre una finestra in cui ti viene chiesto l'indirizzo web dell'immagine che intendi inserire, per cui se vuoi caricare immagini che hai sul tuo computer, credo sia inevitabile caricale prima su un sito di condivisione immagini (che ti fornirà l'indirizzo specifico della tua immagine, assicurati di usare quello che termina con l'estensione dell'immagine, tipo .jpg o simili). Può capitare che l'immagine venga caricata dal sito come anteprima, in formato ridotto rispetto all'originale; tuttavia, una volta inviato il messaggio, solitamente basta che gli altri utenti ci clicchino sopra con il tasto sinistro per ingradirla (come spero capiti per l'immagine che ho postato).
Di solito uso siti come https://postimages.org/ (che oggi sembra non essere disponibile) e https://it.imgbb.com/ (che ho usato per l'immagine sopra); sono siti gratuiti, ma non è da escludere che possano registrare alcuni tuoi dati che vanno ben oltre la specifica immagine (puoi leggere le privacy policy dei rispettivi siti per maggiori informazioni).

P.s.
Probabilmente ti ho dato molte informazioni che già conoscevi, ma non sapevo quale era il problema esatto che riscontravi nell'inserimento immagini, quindi sono partito dalle basi.
#1239
Tematiche Filosofiche / Re:Lo spazio dell'assoluto
26 Gennaio 2020, 00:35:07 AM
Citazione di: davintro il 25 Gennaio 2020, 22:52:08 PM
Che ci siano molto orientamenti filosofici contemporanei, tra cui quelli citati, che apparentemente si presentano come non più interessati a tematizzazione di "assoluti" vari, questo non toglie loro la qualifica di "filosofie", nella misura in cui l'impossibilità di un sapere razionale dell'assoluto è fatto discendere da una considerazione dello scarto che rende l'assoluto irriducibile alle possibilità della conoscenza umana. Ma, come è evidente, questa considerazione implica una nozione di assoluto, cioè un suo livello di conoscibilità. Quindi, definendo "filosofia" ogni discorso sull'assoluto, anche questi orientamenti manterrebbero il diritto a fregiarsi dell'appartenenza ad essa.
Quelle filosofie e quegli autori, correggimi se sbaglio, non ritengono l'assoluto un implicito oltre i limiti della conoscibilità umana, non vogliono fregiarsi come "filosofie dell'assoluto inattingibile", ma semplicemente non lo considerano elemento del loro discorso filosofico propositivo (per motivi che cambiano a seconda dell'autore), semmai eventualmente solo tema delle loro riflessioni storiche su autori passati.
Sostenere che tali autori contemporanei presuppongano comunque un assoluto e/o se ne occupino implicitamente, andrebbe argomentato e dimostrato caso per caso (per gli autori che ho citato, per quel che li conosco, direi che non mi sembra affatto un'ipotesi pertinente, metafore a parte). Che sia possibile filosofare senza coinvolgere l'assoluto (soprattutto come sostantivo, in senso ontologico), nemmeno implicitamente, credo lo dimostri l'ermeneutica in quanto tale.

Citazione di: davintro il 25 Gennaio 2020, 22:52:08 PM
Il punto del mio intervento non era affatto quello di escludere (operazione sempre antipatica, anche quando viene svolta,  dall'altra parte, quando, definendo filosofia solo ciò che sarebbe vincolato ai risultati delle altre scienze, si esclude dal novero delle autentiche filosofie la metafisica classica, relegata a mera "teologia" o residuo di storia della filosofia senza attualità)
Definire una filosofia poco o per niente attuale, non significa considerarla una non-filosofia, né, come dicevo, ritenerla falsificata da altre impostazioni filosofiche più attuali (dove per «attuale» non intendo solo l'esser recente ma, come già spiegato altrove, l'essere ancora viva come ricerca, produzione di testi non solo storiografici, etc.), così come non significa non rispettare la contestualizzazione storica di ogni filosofia, oppure non distinguere i differenti settori del filosofare (ad esempio riconoscendo la differenza fra la riflessione gnoseologica e quella etica). A scanso di equivoci, lo stereotipo del pensatore (post)moderno che riduce tutto a scienza contro teologia, a sua volta erigendosi a cavaliere dell'unica verità, in nome della quale attaccare o rinnegare il valore storico delle correnti precedenti o dei pensieri contemporanei differenti, non è un identikit in cui credo di rispecchiarmi.

Citazione di: davintro il 25 Gennaio 2020, 22:52:08 PM
orientamenti APPARENTEMENTE postmetafisici che sembrano essersi sbarazzati della categoria di assouto, anzi, al contrario proprio cercare di mostrare come, essendo il riferimento all'assoluto una necessità logica che resta tale anche quando inavvertita dal soggetto che la utilizza, un presupposto anche silenzioso, il campo della filosofia si apra e si allarghi anche a discorsi nei quali il riferimento all'assoluto resta solo implicito, o anche quando è esplicitamente rigettato.
Sull'"apparente" postmetafisicità di alcuni orientamenti, il discorso richiederebbe un'excursus filologico non riassumibile in poche righe (comunque reperibile nei manuali di storia della filosofia); tuttavia, che tale postmetafisicità non sia solo apparente credo lo abbia spiegato e argomentato ciascun autore, definito tale da altri o autodefinitosi tale (si può anche criticarlo, ovviamente, cercando di superare la sua autocomprensione o il modo in cui altri filosofi lo abbiano inteso, ma personalmente non mi sento adeguato a farlo...).
Sulla necessità logica di riferimento all'assoluto (che già dunque non è più l'assoluto dei filosofi speculativi, ma sconfina nell'epistemologia, seppur solo in senso funzionale-astratto), ho già ricordato la differenza fra l'aspetto formale (tautologico) della logica e quello sostanziale, compilativo, fruibile, (poli)semantico, etc. e come ogni "assoluto" logico sia tale per il sistema che, appunto, lo pone come tale (ad esempio, basta temporalizzare il principio di identità e anch'esso può risultare meno "assoluto" di come formalmente appaia, come già si discusse nel vecchio topic sulla nave di Teseo... fermo restando che «assoluto» come aggettivo non va confuso con l'assoluto come sostantivo).
#1240
Tematiche Spirituali / Re:Quale Chiesa Cattolica?
25 Gennaio 2020, 18:32:33 PM
Il momento è sicuramente delicato, così come è delicata la "convivenza teologica" fra due papi (non troppo affini per linea di pensiero) in un'epoca incentrata sui media e in cui la differenza fra "emerito" e "regnante" può essere facilmente strumentalizzata dalla schiera degli antagonisti. Non lavando i panni sporchi in casa, come consiglia saggiamente ogni tradizione (ecclesiastica e non), un'eccessiva trasparenza, per quanto coerente con la sincerità propugnata dalla dottrina, rischia, secondo me, di essere controproducente più di quanto possa essere lodata per la sua coerenza valoriale.
L'ingrato compito di mediare fra i principi fondatori e la istanze attuali dei credenti, consiglierebbe apparentemente un graduale "aggiornamento"(update) della Chiesa, una flessibilità verso il basso per non perdere la presa sui fedeli (o perdere fedeli) che tuttavia, quanto più mostra una chiesa malleabile e teologicamente "debole" (come si direbbe in filosofia), tanto più rischia di provocare comunque un calo di credibilità (e in ciò sta lo scacco da cui uscire). Una Chiesa con un'identità "fluida" che asseconda "populisticamente" i tempi culturali e l'esigenze (copulative o meno) del fedele contemporaneo, minaccia di assomigliare più ad un partito politico che alla incarnazione della voce di Dio (salvo dover concedere che la volontà e i valori di Dio mutino con le epoche... ma se ammettiamo che anche Dio possa cambiare idea, come farebbe un ragionevole padre umano, la Chiesa rischia di regredire alla figura dello stregone che interpreta la capricciosità degli dei, perdendo così totalmente l'"aggancio culturale" con le masse dei tempi moderni, già stanche di giostrarsi fra paradigmi instabili e mutevoli).

Una Chiesa che lascia "libertà di uscita" ai suoi fedeli è perfettamente coerente con la propria dottrina; una che lascia libertà di obiezione e dissidenza al suo stesso interno, oltre a svalutarsi drammaticamente sul piano dogmatico (di cui la religione ha costitutivo bisogno, e in questa sezione non deve suonare come una critica), si predispone suo malgrado a potenziali scissioni e secessioni come accaduto recentemente con i principali filoni politici e già nella sua stessa storia alcuni secoli fa. Sicuramente, la solidità e la cultura millenaria della Chiesa non sono per ora paragonabili alle basi ideologiche dei vecchi (estinti) partiti politici, perché il fondamento teoretico della Chiesa resta pur sempre uno, il suo corpus dogmatico, per giunta saldamente ancorato a dei testi sacri (nel bene e nel male... considerando che la loro interpretazione è adattabile solo entro certi limiti e al contempo costituisce ciò che differenzia radicalmente la Chiesa da ogni sapienza umana, ovvero il segno del verbo divino).
#1241
Citazione di: Eutidemo il 24 Gennaio 2020, 11:50:39 AM
Condivido in pieno, invece, la tua [di bobmax, n.d.r.] conclusione, e, cioè, che questa sia la volontà dell'Uno (o SE'); che si manifesta attraverso di "te" e pure attraverso di "me" (cioè, come tu stesso ametti, due distinti "io" individuali).
"Io" e "te", "uti singuli", invero, siamo manifestazione fenomenica del "molteplice"; manifestazione non "illusoria", bensì "transeunte", come le onde del mare...finchè non tornano mare.
Il passaggio euristico che sposta la problematica della volontà dal'io-individuale all'Uno-totalizzante, sbalzando più lontano, ma non risolvendo, l'annessa questione dell'analisi dei "meccanismi" di tale volontà (l'Uno ha libero arbitrio? L'Uno è la Natura quindi non ha volontà, umanamente intesa, ma solo funzionamenti intrinseci? Fra tali funzionamenti intrinseci c'è, rieccola, la volontà umana? Etc.), non è un passaggio alimentato anche dal bias secondo cui ciò che non è facilmente spiegabile nel singolo caso (l'eventualmente libera volontà di ognuno), diventa più chiaramente spiegabile se riportato alla totalità (l'Uno), intesa come unità di cui il singolo è parte?
Indubbiamente tale bias, come anche altri d'altronde, talvolta funziona positivamente: se voglio spiegare esaustivamente come mai un frutto stia nascendo su un ramo, non posso non considerare l'albero nel suo insieme (il che aiuterà a capire perché nasce proprio quel frutto e non un altro, da dove arriva il suo nutrimento, etc.). Tuttavia, nel caso della volontà, tale bias (la dipendenza che ricollega l'individuo all'Uno, da cui emanerebbe un'unica "volontà" ramificata negli individui) non ci spinge ad evitare, euristicamente, la preventiva questione del rapporto ontologico fra l'individuo e l'Uno, cioè del collegamento (spirituale? meccanicistico? altro?) tramite cui il singolo è "mosso volontariamente" dall'Uno (che quindi, stando al gioco, dovrebbe essere qualcosa di decisamente reale)?


P.s.
Una perplessità, fuori dal discorso su bias ed euristiche, riguardo il tema del libero arbitrio (già abbondantemente trattato in altri topic):
Citazione di: Eutidemo il 24 Gennaio 2020, 11:50:39 AM
"...chi decide di desiderare o non desiderare, volere o non volere, se non vi è libero arbitrio?" [scritto da bobmax, n.d.r.], è una delle argomentazioni che, appunto, mi inducono a credere che noi siamo dotati di libero arbitrio; anche se però, poi, ci sono altre considerazioni che me ne fanno dubitare.
Tuttavia non capisco come mai, proprio tu che neghi l'esistenza del libero arbitrio, mi prospetti un argomento a favore della sua esistenza.
Davvero decidiamo di desiderare e volere, oppure desideriamo e vogliamo spontaneamente, senza decidere di farlo?
Ad esempio, posso decidere di volere/desiderare della pasta per pranzo, oppure solo dopo che è nata/emersa la volontà/il desiderio di mangiare pasta, posso allora "decidere" di assecondarlo o meno (evito volutamente di coinvolgere la parola «libertà» e suoi derivati)?
Senza andare a ripassare buddismo o psicologia, passando anche solo per l'esperienza "in prima persona" (magari non ontologicamente, ma almeno grammaticalmente parlando), decido di "sento" di propendere per la seconda opzione.
#1242
Tematiche Filosofiche / Re:Lo spazio dell'assoluto
22 Gennaio 2020, 22:37:42 PM
Citazione di: Ipazia il 22 Gennaio 2020, 19:17:25 PM
Analiticamente questi attributi dell'autocoscienza si possono disaggregare in sezioni specialistiche di studio e azione. Ma quando pretendono di occupare uno spazio di assoluto è su quel terreno che si sposta la dialettica, e quindi l'approccio sintetico è il più cogente.

Possiamo anche lasciar perdere il confronto e isolarci nelle nostre cellette specialistiche, ma a quel punto non dobbiamo lamentarci se l'horror vacui si riempie di contenuti poco gradevoli, non accurati, ma che muovono il mondo nostro malgrado.
Rispettare le semantiche dei differenti approcci al medesimo problema non credo comporti isolarsi in cellette specialistiche; tale rispetto settoriale è piuttosto garanzia che la suddetta sintesi venga fatta in modo accurato, senza intorbidare le acque da cui ogni disciplina pesca i propri risultati (e ben venga se i differenti risultati vengono poi accuratamente accostati come i pezzi di un puzzle complessivo).

Per me il mondo, molto in sintesi, è mosso (oltre che dai bisogni primari dei singoli) dalle differenti culture (fedi religiose incluse); personalmente non ci trovo nulla di sgradevole, almeno tanto quanto non trovo sgradevole che i corpi tendano a precipitare verso il basso secondo leggi ben note.

Sull'"assoluto" inteso come metafora, come totem culturale, come dissimulato aggettivo riferito ad altro da sé, come denominatore comune dell'immaginario collettivo, etc. prendo nota che non è l'assoluto dei filosofi ma dei sociologi (e sicuramente è più utile come chiave di lettura dei nostri tempi, senza offesa per l'ontologia).


P.s.
Citazione di: viator il 22 Gennaio 2020, 17:47:19 PM
Salve Phil. "....... cosa intendiamo (parlando da ateo ad atea) davvero per «spirito» ?.
Così per ridere........proviamo con "lo spirito consiste in un'anima dotata della capacità di volere (o - se lo preferiamo, vista la quasi coincidenza concettuale - di coscienza)".
Poi circa l'"anima".....direi di continuare la risata con "l'anima è la forma intrinseca".......e, quasi infine, la "forma" sarebbe "l'insieme delle relazioni che permettono ad una struttura di svolgere una funzione"............certo, resta nel vago la coscienza (paradossalmente ma non troppo trovo difficoltoso per una coscienza il riuscire a definire sè stessa).
Per struttura e funzione vanno bene le definizioni da dizionario (al quale non è che io sia SISTEMATICAMENTE contrario..............) Saluti.
Accorpando le definizioni, se non ho sbagliato, lo «spirito» consisterebbe quindi nell'"insieme intrinseco, dotato della capacità di volere, delle relazioni che permettono alla struttura in questione di svolgere la sua funzione".
Partendo da questa definizione, definire conseguentemente lo «spiritualismo» non credo ci porterebbe né verso il "senso della vita", né verso la spiritualità religiosa, quanto apparentemente verso la biopsichiatria (che studia le relazioni fra le varie strutture neurologiche che svolgono funzioni connesse anche alla capacità di volere dell'individuo). Strada sicuramente percorribile e squisitamente neuro-scientifica eppure, (mi) rimane la domanda: qual'è il vantaggio (comunicativo o altro) di etichettare tale strada con una parola, «spirito» o «spiritualismo», già (ab)usata da tanti significati, tante tradizioni, tante discipline e che spesso diventa il pomo della discordia (o solo del fraintendimento) fra paradigmi che talvolta, qui lo dico e qui lo nego, potrebbero persino farne a meno e/o rimpiazzarlo?
#1243
Tematiche Spirituali / Re:Extra ecclesiam salus
22 Gennaio 2020, 22:12:56 PM
Citazione di: Ipazia il 22 Gennaio 2020, 19:53:26 PM
Non è solo il modello piramidale ad avere caratteristiche funzionali di tipo collettivo. Questo è un pregiudizio che corrisponde perfettamente allo spirito (ideologico) dei tempi, ma non alla verità.

Esistono "posture sociali" di tipo condivisivo in cui invece di comandare, si amministra su mandato tra pari, in assenza di dogmi, sulla base di decisioni democratiche. Quindi extra ecclesiam.
Alla luce della premessa «organizzazione sociale, soprattutto se molto numerosa»(autocit.) non conosco (ma ammetto di non essere esperto in materia) organizzazioni sociali prive di una gerarchia, in cui il mandato fra pari non discrimini comunque poteri e doveri (gerarchizzando di fatto il contesto, magari solo settorialmente, magari a turni, etc.) o in cui le decisioni democratiche e demoscopiche non siano poi gestite da una struttura verticale differenziata per comando, controllo, responsabilità, etc.
Sicuramente ci saranno piramidi a pochi piani (questo forum ne ha almeno tre), eppure persino nelle classi, ai miei tempi, c'era il capoclasse (in qualunque senso si intenda la "classe"...).

Citazione di: Ipazia il 22 Gennaio 2020, 19:53:26 PM
Non è necessario giungere alle "posture esistenziali" individuali per conquistare la salute a tempo determinato extra ecclesiam.
La "postura esistenziale" l'ho tratteggiata non tanto in riferimento alla "salute", ma piuttosto come eventuale eccezione all'organizzazione piramidale in virtù del suo individualismo: anche se condividiamo la stessa "postura esistenziale" in mille, non saremo necessariamente tenuti ad organizzarci in gruppo strutturato e, quindi, piramidale (esistono i gruppi di mutuo aiuto e anche lì, se non erro, c'è spesso qualche "specialista" in cima alla piramide, sebbene, se si è in pochi e ben disciplinati, magari se ne può fare anche a meno, tuttavia la piramide non è necessaria per ogni "postura", vedi appunto l'ateismo).
#1244
Tematiche Filosofiche / Re:Lo spazio dell'assoluto
22 Gennaio 2020, 17:05:42 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Gennaio 2020, 22:54:39 PM
Per riprendersi l'anima che l'avversario ha sequestrato in un territorio di sua esclusiva pertinenza e che continua a fungere, come la pietra nera, da polo di attrazione in grado di garantire una rendita non meritata.
Per "riprenderci l'anima", intesa metaforicamente suppongo, rischiamo di ritrovarci a parlare, da atei, di ricerca dell'anima (ricordo che il divino è infalsificabile), in senso meno metaforico di quanto siamo consapevoli; ovvero (uso un'immagine di guerra in omaggio al tuo spirito pugnace), ritirando dentro le mura il "cavallo di Troia" dello spiritualismo, dobbiamo poi fare i conti con lo "spirito" che esso inevitabilmente "contiene", e non solo etimologicamente. Come chiedevo altrove: da cosa nasce questo bisogno(?) di non lasciarlo al suo posto (da chi glielo concede) e, ancor un passo indietro, cosa intendiamo (parlando da ateo ad atea) davvero per «spirito»?

Se
Citazione di: Ipazia il 21 Gennaio 2020, 22:54:39 PM
Ricompattare il tutto (spirito, mente, anima, psiche,...) ritengo sia opera dovuta indipendentemente dall'ortodossia semantica.
tale ricompattare (in che senso "dovuto"?) non tiene presente le peculiarità distintive delle discipline che coinvolge e le sacrifica, non rendendole sacre, ma ammutinandole (e mutilandole) drasticamente. Sebbene gli ambiti indubbiamente si intersechino, la ricerca spirituale non è la ricerca psicologistica che non è la ricerca esistenziale; il maestro spirituale non è il docente di psicologia (né lo psicologo) che non è il consulente filosofico; un problema spirituale non è un problema psicologico che non è un problema esistenziale, etc.
Qual'è dunque il "valore aggiunto" di chiamare «spirituale» qualcosa che non ha a che fare con lo spirito, se non allegoricamente (cioè, se non ho frainteso, chiamando «spirito» il famigerato «senso della vita»)? Si tratta di un'escamotage per adescare i delusi delle ecclesiae e gli agnostici, emulando la strategia di McDonalds quando dice «anche da noi si mangia vegano»? Qual'è l'etica del discorso dietro questa "rivincita" che mira a prendere in ostaggio lo spirito per negare alla concorrenza una «rendita non meritata»?

Mi pare che quanto più ci si addentri in una questione, in un campo di indagine, tanto più il linguaggio debba essere conseguentemente "decompattato", calibrato, analitico, preciso, etc. perché più restiamo nel generale e più diventa "povera" la mappa con cui ci orientiamo (non a caso ogni disciplina ha sviluppato nei secoli il proprio linguaggio settoriale: oggi la psiche non è lo pneuma che non è il chi orientale che non è lo spiritus, etc.).
Anche se (tanto più se) siamo «una piccola comunità in cui si pestano i tasti»(cit.), non credo questo sia un alibi per poter, seguendo un trend che mi pare in crescita anche fuori da questa comunità, sinonimizzare parole vagamente affini per licenzioso amor di babeliche allusioni e dissoluta "trasversalità": se (non mi riferisco a te) «filosofia» è sinonimo di «ragionamento senza empiria», «etico» è sinonimo di «sociale», «metafisico» è sinonimo di «astratto», «assoluto» è sinonimo di «oggettivo», «spirituale» è sinonimo di «esistenziale», etc. significa che siamo già in ritardo per il funerale della possibilità (buon'anima) di parlare di filosofia e spiritualità con un minimo di (a)cura(tezza). Capisco l'esigenza divulgativa della "filosofia per tutti" a prescindere dalla storia diacronica delle parole chiave, tuttavia se confondiamo viti, chiodi e bulloni perché in fondo tutti loro penetrano e reggono, non sono sicuro che riusciremmo a montare nemmeno un mobile Ikea.


P.s.
Citazione di: davintro il 21 Gennaio 2020, 17:49:28 PM
Dunque l'assoluto non è solo una necessità logica di garanzia di verità del discorso, ma proprio in virtù di ciò, è anche principio reale ontologico.
La forma logica presuppone regole e principi formali; definirli assoluti (aggettivo) non aggiunge né toglie nulla alla loro funzionalità e al fatto che ognuno di essi è "assoluto" (aggettivo) solo relativamente al sistema logico (e al discorso) di riferimento.
Di assoluti (sostantivo) ontologici, che non siano le leggi della natura (di cui non credo si occupi la speculazione filosofica e che, in quanto leggi, non hanno bisogno del ridondante appellativo di «assolute»), se ne possono congetturare molti, come sono molti i discorsi che fanno duellare i rispettivi assoluti (sostantivo).
Se
Citazione di: davintro il 21 Gennaio 2020, 17:49:28 PM
Il compito di un'autentica filosofia sta nella speculare circa le corrette implicazioni logiche discendenti da quest'idea di assoluto, di per sé ancora generica e informale, in modo coerente e consequenziale.
conseguentemente non fanno «autentica filosofia» quei pensatori che non presuppongono assoluti (sostantivo); l'elenco dei nomi è già lungo, scandito da coloro che non pongono le proprie riflessioni nell'ambito del "veritativo trascendente" (monistico, metafisico, etc.), ma piuttosto nell'interpretativo, nel contingente, nel possibile, etc. senza nessuna pretesa di giungere a (la) verità, a valori o sistemi assoluti, né ad assoluti intesi in senso non metaforico.
Qual'è, ad esempio, l'assoluto (sostantivo) degli ermeneuti come Gadamer, dei decostruzionisti come Derrida, degli epistemologi come Putnam, etc.? Direi che oggi "non di soli assoluti vive la filosofia".
Da notare che il chiedersi se costoro pretendano di dire una verità assoluta (o addirittura dicano l'assoluto), è ironico sintomo di un domandargli circa un orizzonte ad essi estraneo, e quindi significa applicargli categorie non pertinenti in quanto da essi stessi inutilizzate (un po' come chiedersi come mai un un pittore surrealista non faccia una rappresentazione fotografica della realtà). Parimenti, la sensatezza di riflessioni che invece si occupano di assoluti, etc. non viene minimamente intaccata (né tantomeno falsificata) da coloro che non se ne occupano.
#1245
Tematiche Spirituali / Re:Extra ecclesiam salus
21 Gennaio 2020, 17:04:55 PM
Citazione di: InVerno il 21 Gennaio 2020, 15:57:13 PM
un cammino spirituale massimamente fruttuoso sia possibile solamente extra ecclesiam, perchè concepisco un percorso spirituale solamente come esperienza individuale.
Concordo che fuori dall'assemblea dell'ecclesia, ci sia l'individualità, la singolarità à la Quasimodo. Eppure (senza voler deviare sui tratti e le dinamiche della suddetta "fruttuosità") se fuori dall'ecclesia non c'è dottrina spiritual-collettiva, cosa resta dello "spiritualismo" esportato fuori dal suo habitat "naturale"?
O meglio: per «spiritualismo» intendiamo la riflessione esistenziale individuale (orizzonte di senso dell'esistenza, etc.) o ci riallacciamo all'esistenza ulteriore, non metaforica, di uno "spirito" (anima o altro) di cui l'intuizione o l'induzione (da una dottrina o cultura, magari poi rinnegata), è ciò che vogliamo approfondire con la "ricerca spirituale"?
«Spiritualismo» ed «esistenzialismo» sono sinonimi affidabili extra ecclesiam, pur avendo il primo un certo "residuo dottrinal-ecclesiastico"?
Per dirla fenomenologicamente: qual'è la condizione di possibilità di fondare un discorso sullo "spirito" trapiantato fuori dall'ecclesia che lo ha generato e contestualizzato in una visione del mondo religiosa?