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Messaggi - daniele22

#1231
Citazione di: green demetr il 28 Ottobre 2022, 23:51:15 PMIl banchiere della fratellanza (in questo caso dell'unione europea  ;) ) continua a prestare i soldi in ottica che il capitalista lo ripaghi poi.
Il banchiere non ha alcun interesse a che il capitalista fallisca, se non dove trarrebbe la sua fonte di guadagno?
Il periodo attuale è l'esatto opposto della restrizione dei mercati, è più un problema invece di espansione del mercato.
Laddove il peggior offerente (l'occidente) sarà costretto a fare concessioni sociali economiche, se vuole rimanere nel mercato.
Infatti l'inflazione è dovuta ad una restrizione della domanda.
Ma è proprio per questo che io chiederei un ipotetico riscontro sulla solvibilità delle imprese che dichiaro essere inesistente. Naturalmente da anarchico impenitente esagero, diciamo allora che mi piacerebbe vedere quanta di questa solvibilità, oltre ai beni materiali che pagherebbero il debito, sia garantita pure da comportamenti aziendali conformi alle leggi. Per quel che riguarda infatti l'apparato legislativo, dove tra le altre cose è lecito pagare qualcuno con stipendi da fame, si deve tener presente pure quello che la macchina della giustizia riesce o no a garantire al fine di stabilire detta solvibilità, giacché è indubbia la commistione di mercati leciti con mercati illeciti oltre all'illecito derivante dall'evasione fiscale.
Proviamo ora un po' a vedere come il nostro dialogo sulla fenomenologia dello spirito sia connesso a questo topic circa un'ipotetica identità della sinistra. Anche qui si tratta forse di un aut aut. Il fatto è che gli esseri umani non possono svincolarsi dal credere; tale credere può corrispondere ad una fede in Dio, nella scienza, ad una fede in una qualsiasi ideologia quand'anche ad una fede in una determinata azione che si vada a compiere. Tali tipologie di fede promuovono nell'individuo che sa muoversi adeguatamente un'aspettativa di successo oltre la vita, o in vita.
La mia posizione, ben chiara nell'altro topic, è che una sensazione generi una fede la quale ti spinge a cercare cosa l'abbia generata. Quando siamo certi di averla trovata (con i sensi o con la mente) abbiamo acquisito senz'altro una conoscenza, adeguata o no che sia. La posizione di Hegel è contraria, corrispondendo al fatto che tramite un'indagine gratuita fatta coi sensi si giunga a costruire la conoscenza; e questo sarebbe ciò che più o meno tutti pensano.
A fronte di questa mia visione che pretende di ridimensionare tutta la narrazione che si dà della storia umana e dell'individuo stesso ribadisco che attualmente vi sia un punto critico nel capitalismo poiché rappresenta, consolidandola, l'ideologia della promessa; "I promise etc etc", come ben stampigliato su certi pezzi di carta, o almeno in quelli di una volta. L'analogia col nostro Dio ci sta tutta, data l'autoreferenzialità della promessa. Sarebbe un punto critico dunque poiché la fede in Dio si è parzialmente trasferita nella fede nel capitalismo, il quale, in virtù della sua forza di nuovo nume è giunto a relegare i fedeli a Dio in una bolla nebbiosa fatta di credenti, pochi, di superstiziosi e falsi, molti. Ma questo gli sarebbe stato consentito in gran parte da un fraintendimento che corrisponde all'idea di un'elezione umana fondata sul nulla, che oggi è tenuta saldamente in piedi da una mentalità distorta che si perde nella notte dei tempi e a favore della quale sembrerebbe che, magari loro malgrado, Hegel e i suoi rifinitori più moderni abbiano concesso una certificazione inappellabile. Naturalmente nessuno dirà che il capitalismo è un nume, tranne pochi, e questo soprattutto poiché il serbatoio dei suoi discepoli l'ha preso tra le schiere dei fuoriusciti dalla fede originaria, cioè tra i superstiziosi, innocui accondiscendenti, e i falsi, quelli che più attivamente lo hanno promosso e promuovono. E così abbiamo messo in sicurezza l'esercito dei cristiani i quali riescono a stare con un piede qua e uno là nonostante i moniti di Gesù. Per inciso, quest'ultima immagine mi fa ricordare quando il disciolto PCI è andato a ricostituire una nuova sinistra mescolandosi coi cristiani, o meglio, con quei fedifraghi occulti. Che genialata! E' infine un punto critico poiché il suo magico potere tocca pure chi dovrebbe contrastarlo. E pure qui Green, la mentalità hegeliana ci offre tutto il suo peso. Io ignoro le idee di Marx sul feticismo della merce, però è indubbio che vi sia un potere invisibile che aleggia sulla merce. Dico quindi che tale forma mentis (solo per quel che attiene al formarsi della conoscenza) promuove la cultura del successo tramite l'esaltazione dell'intelligenza, da cui quasi nessuno si salva. Infatti, una volta che la classe che vive subordinata a quella che la domina prende atto della sua esistenza di rango inferiore non è che proprio si rassegni. Il guaio sarebbe cioè che i rassegnati non trovino nulla di meglio da fare che trovare la loro fetta di successo, di marca inferiore, indossando una maschera visibile agli altri tramite l'ostentazione di oggetti. Naturalmente, così come sopra per il nume, nessuno ti dirà mai che ostenta un oggetto per autopromuovere la propria immagine, questo si concede solo alle aziende con la loro suadente pubblicità; ti fornirà invece mille spiegazioni ragionevoli per cui quel brand è sicuramente superiore, e a volte è pure vero. In pratica tutti alimentano con grande spensieratezza e spinta emotiva l'attuale sistema economico.
Concludendo, mi rifaccio a quanto ho esposto all'inizio del post, cioè alla funzionalità di un sistema che dovrebbe teoricamente sostentarsi attraverso mercati e forme di lavoro soddisfacenti a dei parametri di legalità. Nel momento in cui tali parametri non dovessero sussistere, mi chiedo quanto il sistema capitalismo sia in grado di reggere senza trovarsi di fronte a sommovimenti sociali, siano essi rivolte spontanee, rivoluzioni organizzate, o guerre tra stati ovviamente capitalisti.
Green, la forma mentis hegeliana, che dalla notte dei tempi sempre domina, ma la cui certificazione si è prodotta da poco, è per sua natura esclusivista, elittaria, ma a mio giudizio è falsa. E allora, cosa ne facciamo di questa ipotetica identità della sinistra?


#1232


Citazione di: green demetr il 24 Ottobre 2022, 22:10:13 PM
Scusate una ondata di depressione mi ha investito: sono i primi effetti del lavorare (intellettualmente) sul serio.

Daniele interessante la questione del sapere che unisci (radicalmente) alla questione del bene e del male.
Devo ancora capirne la portata.

Per quanto riguarda il tempo come sentimento, di cui mi pare condividiamo l'essenza elevatrice, mi riferivo al suggerimento di Sadler, che ancora dobbiamo affrontare sull'autoscoscienza come punto di vista polifonico.
Se il tempo è un mero discorso mi chiedo: "cosa sarebbe il discorso del sentimento del tempo?".

Ciao Green, lasciamo perdere quell'ampliamento di stralcio di pensiero che ti avevo chiesto giacché di fatto mi hai buttato giù un pensiero altrettanto incomprensibile.
Ora però tu dici che sarebbe interessante la mia idea di una conoscenza, che io definirei a mio modo "a priori", il cui contenuto si dà in una gamma di sensazioni riconoscibili individualmente in modi tripolari (bene indifferenza male, utile indifferenza inutile etc) e, soggiungo, che tale conoscenza costituirebbe in successione attraverso l'esperienza l'edificio della ragione umana manifesta, cioè quella ragione che noi umani mettiamo in piazza tramite la lingua, quella visibile da tutti. Naturalmente le sensazioni (la conoscenza a priori) determinerebbero pure il campo di esistenza della nostra ragione. Green, questo è il nocciolo di tutta la filosofia checché se ne possa dire. O stai di qua, o stai di là, e se si dà un tertium, questo si dà solo se non ti poni il problema, ma allora è meglio tacere.
Pertanto, se il tuo fine in questo topic è quello di sbrogliare una matassa che ormai già brucia nelle nostre mani forse sarebbe meglio direzionarci su quello che ha tirato in ballo tempo fa Ipazia quando parlò del passaggio dalla cosa "in se" alla "cosa per noi" suggerito da Wittgenstein. Per me non fu un passaggio del tutto lecito, anche se parzialmente lo fu
#1233
Già criticato in questa discussione dall'amico viator, e giustamente, mi son fatto l'idea di essere persona inattuale, oltre che un po' molto ignorante, ma vorrei ugualmente ripetermi evidenziando meglio le mie speculazioni sul capitalismo per la consapevolezza che ne ho, appunto poca.
Se il capitalismo fosse una naturale evoluzione di una società che era già strutturata e assestata facendo vivere prosperamente la cultura del mercato, sarebbe naturale pensare che i primi banchieri fossero persone che per sagacia o per fortuna (rendite da terre ad esempio) avessero accumulato quantità tali di danaro da farsi toccare dall'idea di prestarne. Tutto spontaneo quindi.
Proseguendo, in una relazione tra debitore e banchiere il debitore trova due problematiche: una dovuta al suo stato di debitore e l'altra relativa al prodotto finito che lui produce. Fintanto che questi riesce a stare nel mercato il problema del debito non si pone più di tanto. Cioè, Il banchiere percepisce già un guadagno a fronte degli interessi che il debitore gli paga. Ma quando il debitore non paga, il banchiere cosa farà? Egli ha essenzialmente due vie: o manda in fallimento il debitore, o gli incrementa il debito sempre dilazionandolo nel tempo. Essendo però che per il banchiere il prodotto finito corrisponde al danaro è ovvio aspettarci che egli farà quindi i suoi conti con questo fatto per decidere la via del fallimento, o della ristrutturazione del patto. Dico quindi che se il banchiere è appoggiato da un apparato legislativo a lui favorevole (diciamo che può essere anche lui a dirigerlo) potrebbe senz'altro optare per la seconda soluzione fregandosene (almeno entro certi limiti stabiliti sempre per legge) di come il debitore provveda a stare tutto sommato in piedi.
Se noi partiamo quindi dai tempi in cui il sistema del finanziamento entra ben strutturato nelle società potrebbe configurarsi in tale sistema un procedere che era senz'altro munifico socialmente (ferme restando però le considerazioni etico/morali espresse più volte da qualcuno/a), ma probabilmente tale affermazione si ebbe soprattutto in ragione degli ampi pascoli che il mercato metteva a disposizione e a un nuovo ottimismo imprenditoriale. Attualmente bisognerebbe quindi valutare le conseguenze di una crescita abnorme di mercanti in spazi che si fanno sempre più stretti relazionandola alla loro (dei mercanti) reale solvibilità. Siccome per me tale reale solvibilità sarebbe fatta di carta se non di qualcosa d'altro, credere in questo potrebbe porre la prima pietra in una unità di sinistra. La seconda pietra consisterebbe nel dire cosa bisogna fare, e l'idea comunista non sarebbe sostenibile sostanzialmente poiché non è riuscita ad affermarsi

#1234
Concordo con Ipazia. In questo mondo dove pure le persone son divenute merce quelle classificazioni si ripropongono, ma non tengono più come punto primo di riferimento la società umana ed un suo dignitoso esistere (o meglio, diciamo che una volta tale punto primo esisteva almeno apparentemente). Sfacciatamente si subordina ormai la dignità di detta società alla necessità della preservazione del capitale (ma anche tale punto per me esiste in apparenza). In sintesi si sarebbe ormai radicata l'idea (azzardo se dico 98% ?) che il capitale non può non esistere ai fini della nostra sopravvivenza ... robe da matti. La verità secondo me sarebbe invece che col capitale come punto primo di riferimento sarebbe più facile per certe persone arricchirsi. Quali? Quelle che già lo sono in primo luogo
#1235
Attualità / Re: La proiezione psicologica
20 Ottobre 2022, 14:21:30 PM
Non mi addentro a commentare i giudizi assegnati alla Meloni, giudizi che potrebbero rivolgersi a moltissimi (la differenza la farebbe la marcata teatralità del senatore Silvio), volevo solo mettere in evidenza la ripetizione di quanto già disse non molto tempo fa ... "Putin voleva mettere gente per bene a Kiev" ... destando già allora notevole scandalo. Accostando dunque queste dichiarazioni alle riprese impietose del suo tentennare in cabina di voto al senato potrebbe sospettarsi che forse Berlusconi stia perdendo i filtri. Magari ne esce un'altra versione di Cossiga
#1236
Citazione di: green demetr il 17 Ottobre 2022, 00:54:08 AMRimane il gap della temporalità, da pensare più approfonditamente, perchè il sentimento del tempo esiste, non è una semplice delegazione agli altri.




Ciao Green, mi piacerebbe che tu ampliassi un poco questo pezzetto del tuo pensiero.
Dopodiché, quando parlo di primato della sensazione nel fenomeno dell'apprendere una novità, col termine sensazione non mi riferisco certo alla percezione dei sensi, bensì a sensazioni che hanno a che fare con le polarità per noi ascrivibili ai concetti di bene e male in tutte le loro estensioni sempre riferiti a noi stessi. Tali sensazioni sarebbero dunque le protagoniste atte a fondare un significato pre-logico per un oggetto ignoto (sempre che noi si riesca ad individuare l'oggetto che produce la nostra sensazione); pre-logico in quanto l'azione che compie l'oggetto su di noi non rivela in modo osservabile la gradazione della sensazione che noi si vive nell'azione di sperimentarlo. Questo fondamento pre-logico fonderebbe in successione (anche istantanea, ma non sempre) l'analisi razionale dell'azione osservabile che l'oggetto compie producendo la sensazione. E di conseguenza tale fondamento pre-logico porrebbe contestualmente il limite alle alle possibilità della nostra conoscenza.
Per inciso, poi: le conseguenze di quel che dico potrebbero sollevare una problematicità nell'eguagliare il dolore prodotto da un taglio ad un dolore psichico. Ovviamente, per me, tale problematicità non sussiste. Qualora fosse rilevata, attendo opinioni in merito.
Azzarderei infine Green, che probabilmente è proprio la sensazione a generare qualsiasi tipologia di credo (di spirito)

@Phil. Perdona Phil, ma non scorgo il nesso



#1237
@Green: penso sia necessario, almeno per me, sintetizzare quel che scorgo nella polemica tra il mio pensiero e il tuo (o quello di Hegel). Nel tuo post 90 del dodici giugno tu dici:
"La mela è sempre dentro una relazione con te che la vedi e la riconosci come tale.
 Dunque nel concetto di mela ci DEVE essere anche il concetto dell'osservatore e del conoscitore.
 Lasciare andare uno dei due capi, significa avere una visione del mondo diversa da Hegel. "
Al punto in cui ci si trova oggi col nostro dialogo penso sia ancora in piedi la questione e quindi torno a questo nodo per vedere se ne esce qualcosa di più chiaro. Dal mio punto di vista, come già ti risposi, osservatore e conoscitore sarebbero temporalmente coincidenti, nel senso che non vi sarebbe un intervallo temporale che dia vita a due figure temporalmente in successione (osservare e conoscere). In pratica significa che esiste solo il conoscere. Questo accadrebbe perché il concetto (generalizzazione) di mela giungerebbe alla nostra mente (e trattenuto) non in quanto oggetto percepito dai sensi (la mela), ma in quanto la mela compie un'azione significativa dal punto di vista del conoscitore. Tale fenomeno che si compie sarebbe determinato dall'attenzione rivolta al significato (o senso) per la mela nell'imminenza del suo apparire in scena, non all'immagine, restando pertanto l'immagine dell'oggetto semplicemente una traccia mnemonica per poterlo in seguito riconoscere e quindi eventualmente manipolare.
Tutto questo corrisponde a sostenere che l'oggetto si presenta al soggetto come "storia di un oggetto", e sarebbe a partire da questa storia che si sviluppano potenzialmente altre storie all'interno di altre esperienze con l'oggetto anche contradditorie tra loro (ampliamento della conoscenza).
Mi sembra infine che le due posizioni siano antitetiche e forse valide entrambi, sempre che il mio pensiero non rechi con sé un errore (mi sembra improbabile che possa averlo compiuto Hegel). C'è però da dire che le due visioni danno un'idea della realtà nettamente contrapposta. In una ci viene detto che noi siamo in un certo senso costretti a conoscere per vivere, cioè che la nostra azione intelligente si determina più che altro come reazione alla pressione ambientale (difensiva), nell'altra che vi sia arbitrarietà da parte dell'intelligenza nel condurre il gioco (offensiva)
#1238
Citazione di: green demetr il 08 Ottobre 2022, 18:22:30 PMMa alla fine stai capendo più tu che io il buon Hegel! ;)
Il mio fine è quello di capire fino in fondo la questione del soggetto, ossia in che maniera esso viene a determinarsi rispetto a quello che io chiamo originario e Hegel dovrebbe chiamare Dio. E' pura finzione o possiamo trovare una verità in esso?
Mi piace la tua idea di ecumenismo linguistico, mi pare un progetto che richiede grande serietà.
Non ho però idea di quale sia l'etica di Hegel (fino ad oggi ho sentito solo critiche su di essa  :D), io lo leggo sopratutto per la parte iniziale.
Forse andano avanti troverai degli spunti a te utili.
Grazie Green per l'apprezzamento, ma soprattutto per sostenere questo dialogo.
Per quel che riguarda l'idea dell'ecumenismo naturalmente mi riferisco ad una teoria del linguaggio, non ad un ecumenismo linguistico. La mia idea, per la quale non trovo alcun riscontro, corrisponde a che il linguaggio sia sostanzialmente un fenomeno di natura emotiva e che sia evoluto attraverso l'ambiente ad una forma che oggi riterremmo razionale (pretenziosamente a mio modo di vedere, o meglio, tale esercizio di razionalità si attuerebbe entro determinati confini) attraverso l'incontro col fuoco. In breve, si tratterebbe di una evoluzione che si attuò per disambiguazione di eventi e non di oggetti. Tali disambiguazioni (producenti gesti e/o fonazioni) si sarebbero attuate attraverso due linee: sia per distinzione che si rivolge ai nuovi eventi entrati nella vita comune, sia per la gestione del tempo dell'evento (l'evento è rivolto a un passato da ripetere, o lo si deve porre in atto). Tanto per dare esempio: si deve prendere la legna oppure bruciarla, oppure, c'è bisogno di un oggetto che era qui da qualche parte, dobbiamo ricostruirne un altro? ... Nuovi eventi e dimensione temporale quindi. La complessità del nostro vivere avrebbe infine stimolato le nostre preoccupazioni dirigendole ad affrontare le problematiche dell'ipotesi.
Per quel che riguarda la domanda che poni mi rivolgo alla proposizione nr. 90 nel tuo ultimo post.
Penso vi sia una necessità che, per i nostri fini, richiede una disambiguazione. Per come la vedo io l'oggetto si presenta alla nostra coscienza come storia e non come oggetto, ed è per tale motivo che la nostra coscienza lo tratterrebbe mentalmente realizzandolo tramite il processo dell'apprendimento che è già comprensione. Questo accadrebbe in armonia con l'atavica evoluzione linguistica, quando cioè era ancora palese che noi si è vincolati nel nostro pensare dall'evento più che all'oggetto protagonista. Il medium affinché questa storia dell'oggetto si produca (per quanto anche fuorviante in principio) sarebbe dato dalla nostra interiorità di natura emotiva. Se quindi tale storia mostra il significato/senso in nuce dell'oggetto, tale significato corrisponderebbe nel suo nascere (essendo legato all'evento che lo accompagna in scena) ad un mi piace o non mi piace con tutti i gradi compresi tra le due polarità.
Pertanto, per quel che riguarda la domanda che poni a me all'inizio potrei rispondere riprendendo questa esternazione di niko estrapolata dal tema "La forza del lavoro per il bene dell'uomo":
Cit. " E il nostro giudizio funziona per le due polarità estreme di piacere e dolore come quello di tutte le altre bestie e così continua a funzionare, non abbiamo il potere di alterare la nostre e altrui natura al punto di alterare anche quello." 
Un saluto
#1239
Lo spunto di Baylam mi fa tornare a quando ho sostenuto che sociologia ed economia debbano considerarsi non disgiunte ... Nel momento in cui emerga un credo (superstizione o fatto certificato) che riunisce una società per l'importanza vitale che ad esso viene attribuita sarebbe più che plausibile aspettarsi che anche il lavoro degli individui venga direzionato da tale credo.
Si dice inoltre che Dio è morto. Ma se Dio è morto è forse pure perché la religione è stata strumentalizzata. Da chi? Per certo dalle classi sacerdotali che hanno raccolto la spontaneità dell'idea rilegante a suo tempo prodotta fino a costituirne un'entità che vive di luce propria. Va da sè che all'interno di un credo metafisico vi sia un credo dedicato ai bisogni più terreni e l'intreccio tra le due questioni sarebbe ovvio. Che sia poi la religione a governare lo stato, o viceversa, poco cambia, trattandosi sempre di rielaborazioni statuarie pregresse decise da poteri consolidati più forti dell'individuo, fintanto almeno che questi non se ne renda pienamente conto. A quel punto si potrebbe discutere di qualcos'altro
#1240
Leggevo l'ultimo intervento di Inverno sullo sviluppo delle società progredite. Non sapevo proprio di queste evidenze archeologiche, ma per come la penso (soprattutto in riferimento allo sviluppo del linguaggio) sarebbe ovvio che sia così. D'altra parte, se il pensiero alla morte è una componente importante nella vita fin dall'alba umana è difficile immaginare che qualcuno non abbia fantasticato sull'oltre vita fin da subito ... convincendo altri per il suo fascino. E come umani non possiamo sottrarci ad una fede. Ciò che manca oggi è solo un nuovo rilegatore
#1241
A dire il vero, sommo viator, al mio paese c'era un monsignor, un don non ricordo il cui soprannome però ricordo ed era don quarèo (mattone in veneto, n.d.a.). Era noto poiché chiedeva soldi ai fedeli per fare la facciata del duomo ... tanto andarono le cose che la facciata non esiste ancora.
Ognuno si accontenta di quello che gli va bene, ma se si vuole qualcosa che racchiuda una identità che abbia un minimo di senso non v'è alcun dubbio da parte mia che si debba mettere in atto un'alternativa al pensiero liberal. Faccio notare che detta alternativa è assente nell'arco parlamentare, ma mi sa pure tra quelli che ambivano a sedersi in tale arco. Naturalmente io non sono un comunista, ma sarei ugualmente un po' di sinistra
#1242
Perché mai l'opposizione alla logica del capital mercato non dovrebbe esprimersi in una identità?
Non sono un esperto, ma il dominio di colui che usa il denaro dovrebbe intervenire nel momento in cui tale denaro intrattiene una relazione con il concetto di proprietà privata in uso. Di lì pure i diritti di successione. Se provassimo a chiederci per quale motivo possa essere andato in disuso il baratto cosa dovremmo rispondere? Perché la società era troppo complessa? Balle.
L'unica identità che la sinistra possa abbracciare è quella che abbandona (in prospettiva) il lucro attraverso la materia ... Altrimenti diventa solo un contenuto stile "solving problem"
#1243
Citazione di: Kobayashi il 13 Agosto 2022, 12:27:02 PML'etica nel Novecento, in certe formulazioni, è tornata a concentrarsi sul dialogo, sulla comunicazione (Apel, Habermas). Ma il dialogo, la partecipazione al dialogo, implica la consapevolezza della propria identità. E la propria identità nasce dal confronto continuo con il proprio passato, con la propria memoria (Locke, Hume).
Nel corso della sua evoluzione l'uomo ha cercato supporti esterni alla memoria organica.
La scrittura, per esempio.
Oggi questo processo di concentrazione dell'informazione su supporti esterni si basa sulla rete. Nella rete confluiscono continuamente nozioni generali ma anche ricordi personali. Foto accompagnate da poche parole postate sui social come ricordo di una gita, per esempio. E le parole, le espressioni, al di là delle capacità di scrittura del singolo, sono sempre "sociali", stereotipate. Conformi ad uno stile impersonale, per non irritare gli altri con forme che potrebbero essere interpretate come ostentazione di originalità.
Il risultato è un flusso di nozioni e ricordi anonimi.
Mentre il diario mantiene un livello di sincerità e personalizzazione massimo, e il testo epistolare si costruisce sulla relazione con il proprio interlocutore, i messaggi social sono rivolti a tutti, quindi in fondo a nessuno.
Se quindi il luogo dell'elaborazione del rapporto con il mio passato sono i social, se il luogo della riflessione e della scrittura sono le chat e le pagine di facebook, allora la mia identità (risultato appunto del rapporto tra presente e passato, sguardo sulla propria memoria) sarà deviata verso l'anonimato.
E se tutti hanno identità simili, allora non può nemmeno prendere avvio un dialogo, ma solo una comunicazione di rispecchiamento.
Senza dialogo la filosofia muore, perché il carattere veritativo della filosofia è indissolubilmente legato al dialogo (convinzione mia, certamente discutibile).
Dunque molti problemi contemporanei attinenti la stessa esistenza della filosofia e del dibattito etico dipenderebbero dai processi di trasformazione del rapporto con la memoria?
O magari, al contrario, questo mutamento, sempre che sia reale, segna finalmente il passaggio ad una cultura libera dall'illusione romantica dell'originalità (la quale ci fa dire che tutti sono conformisti e scontati tranne noi, che la nostra vita per quanto apparentemente uguale a quella di tutti gli altri è particolare, anche se tale particolarità poi si esprime solo come passione per la ricerca di un nostro mitologico desiderio originario – R. Girard)?
Penso che Ipazia senza spendersi troppo in parole centri perfettamente il problema. Dice poi Phil che l'elaborazione del rapporto col proprio passato non può tendere all'anonimato ... dico io che tenderà forse all'omologato. Sorvolando il pregevole discorso sulle maschere, condivido senz'altro pure la conclusione di Phil sul fatto che la cura della sapienza (filosofica) corrisponda ad una comprensione dei "meccanismi umani", ad una consapevolezza insomma.
Dopodiché, nel porre il tema Kobayashy all'inizio dice che l'essere umano "ha cercato supporti esterni alla memoria organica". Lui fa l'esempio della scrittura, anche l'oralità comunque. Ora, le parole son parole, però io sarei di opinione avversa al fatto che l'uomo "abbia cercato", e tale fatto sarebbe fondamentale rispetto alla cura della sapienza, perché "il trovare una via", in modi apparentemente casuali, terrebbe a mio giudizio in piedi una concezione filosofica (forse psichica) del mondo opposta al "cercare una via" (dato pure che la via che si trova poggia su una via che già c'è). Per quel che attiene alle possibilità del dialogo sono in un certo senso pessimista, ma attendo se c'è qualche vostra considerazione
#1244
Attualità / Re: Vampiri
15 Settembre 2022, 12:18:10 PM
Citazione di: Jacopus il 15 Settembre 2022, 05:02:00 AMLa notizia che in Quatar per i campionati del mondo di calcio, alcuni stadi saranno climatizzati mi ha letteralmente traumatizzato. Come se fosse  il rintocco dell'ultima campana a morto dell'umanità. Hanno costruito delle enormi cattedrali nel deserto, hanno lubrificato generosamente gli ingranaggi FIFA per ottenere il torneo, ed hanno climatizzato a 22 gradi zone enormi (gli stadi) che hanno di norma temperature doppie. Miliardi di persone guarderanno l'evento e il cerchio si chiude. I soldi spesi torneranno al mittente. Ciò che non tornerà è la possibilità di fare qualche passo indietro rispetto al baratro che è sempre piu vicino. E sorprendono quei siti, vicini al mainstream, che lodano questa iniziativa, come se fosse l'alba di una nuova era. Ed in effetti potrebbe esserlo. I vampiri del Dio Denaro, l'unico Dio ancora adorato dal mondo odierno, stanno offrendo il più grande sacrificio umano che la storia ricordi.
Pochi anni fa in Qatar si svolsero i mondiali di ciclismo su strada. La gara regina fu una corsa del tutto balenga e con un pubblico pressoché inesistente. Mi chiedevo se quei pochi arabi che guardavano potessero dirsi tra loro "ma chi li capisce a questi che corrono come pazzi in bici, e in mezzo al deserto per di più". Sicuramente il calcio è più popolare, ma ti do ragione.
Il baratro che vedi a me forse non interessa, probabilmente perché non ho figli e lo guardo di conseguenza con spirito fatale.
Però non sono del tutto d'accordo sul Dio danaro. Penso invece che la nostra insana devozione sia tutta rivolta al dominio del tempo, là dove il danaro sarebbe infine solo un mezzo. Questo non è di poco conto poiché implica che le persone che non si dedicano al danaro, ma ad esempio alla cultura, possano pure queste esercitare una prepotenza, intellettuale in questo caso, ugualmente dedicata al dominio del tempo.
Che ne sappiamo in fondo noi dei vizi e delle virtù di un individuo?
Si spera infine che un giorno tale devozione al tempo venga un po' ridimensionata
#1245
Tematiche Spirituali / Re: La buona battaglia.
07 Settembre 2022, 14:20:32 PM
Citazione di: Freedom il 27 Agosto 2022, 15:26:18 PM"Indossate l'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti."
Paolo, in questo passaggio della lettera agli Efesini, ci dà una prospettiva importante del cammino cristiano. Non è certamente l'unica (prospettiva), ci sono tante angolature diverse, ma questa in particolare, mi sembra opportuno ed utile condividerla.
Per comprenderla in profondità, almeno nel mio caso, è necessario farsi aiutare da testi, che per fortuna, abbondano. Uno dei quali è senz'altro La "Filocalia". In questa raccolta di scritti di "lottatori cristiani" si parla diffusamente di questo combattimento.
Per non tirarla in lungo e per non pregiudicare l'altrui cammino di ricerca dirò solo quale mi sembra essere uno dei punti più rilevanti. Forse decisivo; e cioè la battaglia contro i pensieri. La cattiva azione è sempre preceduta da un cattivo pensiero. Ed il cattivo pensiero ha un percorso all'interno del nostro intelletto. Nasce (per stimoli interni od esterni), viene accolto e quindi cresce, si fortifica e quando i tempi sono maturi dà luogo ad un'azione. Per capire quali pensieri sono cattivi e quali no può aiutare seguire gli insegnamenti di un santo cristiano il cui carisma era quello del discernimento: Ignazio di Loyola.
Su questa direttrice mi pare fondamentale seguire un percorso di studio e, soprattutto, di applicazioni pratiche.
Ciao Freedom, confesso che non ho letto i vari interventi. Per come la vedo io la guerra è quella di comprendere le ragioni del diavolo, chiunque esso sia.
La guerra è infine la guerra contro il pensare. Specie quando il pensiero si volge all'altro (individuo). Credere a una cosa circa l'altro è il nostro peccato, se così lo si vuol chiamare. Certo, è un peccato naturale, ma è proprio questo quello di cui ci si deve rendere conto. Ci si deve rendere conto che il nostro pensare è comunque in difetto di qualcosa. Quando critichiamo, quindi, dobbiamo tener presente che una somma di indizi (le malefatte) non costituiscono una prova di malvagità. Non siamo ad un processo. Siamo qui per vivere e per capire che l'amore comprende le manifestazioni dell'amore e quelle dell'odio. Solo noi possiamo decidere di smorzare i toni