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Messaggi - Carlo Pierini

#1246
Citazione di: Amphitrite il 29 Agosto 2017, 11:15:42 AM
CitazioneE' questo che, secondo me, intende l'ebraismo quando afferma che il vero Messia non è ancora venuto
Potresti argomentare, per favore, cosa sarebbe per te il "vero" Messia?
Per me il Messia che verrà non sarà un uomo in carne ed ossa, ma un Principio universale che si incarnerà nella cultura umana. Un Principio i cui attributi (trascendenza, trinità, onnipresenza, origine di tutto e fine-scopo della conoscenza, ecc.) corrispondono agli attributi di Dio e che sarà un vero e proprio criterio di giudizio ...universale. Per sapere di quale Principio si tratta, rileggi il post di apertura e poi il thread: "Guardate questa immagine sulla banconota da 1 dollaro...".

AMPHITRITE
Ti faccio ricordare che gli antichi ebrei attendevano un "messia" che gli avrebbero salvati dalla dominazione romana; dunque, attendevano una salvezza materiale.

CARLO
Questa è l'accezione di significato più restrittiva. In realtà l'atteso Messia avrebbe salvato non solo il popolo di Israele, ma l'intera umanità

AMPHITRITE
Mentre Cristo è realmente venuto per la redenzione umana, una cosa al di là dei limiti ebraici di quel periodo (nonostante loro siano stati prima avvertiti dai loro profeti che il Figlio di Dio sarebbe venuto).

CARLO
Ci sono tante buone ragioni per pensare che il Cristo evangelico non sia un personaggio storico, ma un mito (ispirato da Dio), un secondo annuncio (Vangelo significa "annuncio") della futura venuta del "vero" Messia, oltre gli annunci dell'A.T. (vedi i miei threads: "L'archetipo della Trinità" e "A proposito della non-storicità di Cristo...")

AMPHITRITE
Però, cosi come ho scritto inizialmente, loro attendevano un messia donatore di tesori effimeri. E invece, comunque, ora dopo più di 2500 anni, gli ebrei ancora rinnegano che Cristo sia il vero Messia e Figlio di Dio. Questa testardaggine è un difetto caratteriale a livello nazionale, difetto criticato persino da Cristo stesso.

CARLO
Io invece penso che abbiano ragione loro. Altrimenti, cosa dobbiamo pensare? ...Che è venuto un Gesù storico che ha fallito la sua missione, visto che dopo due millenni dalla sua venuta non c'è stata alcuna Redenzione, anzi, che la Sua Chiesa nel frattempo si è macchiata di gravi delitti, come quelli della "Santa" Inquisizione?

Citazione"Per certo tornerò a Sion e siederò in mezzo a Gerusalemme; e Gerusalemme sarà chiamata 'la città di verità'" (Zaccaria: 8,3)

AMPHITRITE
Citato dall'Antico Testamento. Cristo è infatti venuto dopo, nel Nuovo Testamento.

CARLO
...Oppure si riferisce al Salvatore che a tutt'oggi non è ancora venuto, visto che la seguente citazione di Giovanni (posteriore a Gesù) parla di un Signore del futuro.

Citazione"...E vidi un nuovo cielo e una nuova terra. ...E vidi la nuova Gerusalemme scendere dal cielo vestita come una sposa ornata per il suo amato. "Ecco, la tenda del Signore è col genere umano ed Egli risiederà con loro, ed essi saranno suoi popoli. E Dio stesso sarà con loro ed asciugherà ogni lacrima dai loro occhi" (Apocalisse, 21:1- 6)

AMPHITRITE
E' una citazione generica qui. San Giovanni non menziona solamente il popolo ebraico, ma l'intero "genere umano". La Nuova Gerusalemme può essere una metafora della santificazione dell'umanità decaduta.

CARLO
Appunto: la salvezza futura dell'intera umanità. Lo stesso Paolo (posteriore a Gesù) parla di un futuro "Secondo Adamo" che salverà il genere umano
#1247
Citazione di: lorenzo il 28 Agosto 2017, 13:43:25 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Agosto 2017, 16:21:15 PMPer cui, come sopra: cominciamo a vedere la mente (di cui il pensiero è un aspetto) nella sua relazione con il cervello e vediamo come possiamo configurarla rispetto a ciò che osservano, per esempio, le neuroscienze.
Un po' come sperare di trovare analizzandone il motore, perché l'auto portò Luigi dall'amante e non dalla consorte.
Comunque, anch'io penso  che è la mente, la coscienza, ad essere un aspetto del pensiero.

Con questa arguta metafora ti sei dato la zappa sui piedi. Infatti mi dai ragione, se pensi che le scelte di Luigi non sono determinate causalisticamente dal motore, proprio come in neurobiologia non ci sono motivi per pensare che le intenzioni della mente dipendano causalisticamente dal cervello e che si tratti, invece, di auto-determinazione.
#1248
Citazione di: maral il 29 Agosto 2017, 09:12:46 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Agosto 2017, 16:07:50 PM

Quello che dici tu vale per gli animali e per gli uomini che non si sono evoluti dalla condizione animale. Mentre gli uomini normali sanno di non essere schiavi assoluti dei propri istinti o dei condizionamenti culturali-sociali-familiari o di un fato già scritto nel loro vissuto, e che, in una certa misura, possono auto-determinarsi, cioè scegliere tra diversi cammini possibili. E chiamano "responsabilità etica" questa - sia pur limitata - capacità di scelta.
Più che "uomini normali" costoro sono uomini che si illudono di poter essere altro da ciò che sono, si illudono di una falsa volontà di potenza.

Essere oggi "altro" da ciò che ero ieri, non è una prerogativa dei lombrichi o delle vongole, ma degli umani sì; e persino delle specie animali più evolute capaci di apprendimento e di un certo grado di creatività. La tua idea di un regime causale assoluto è solo una superstizione priva di fondamento (il "Fato" dei selvaggi); è smentito persino dalla Fisica (meccanica quantistica).

CitazioneSe invece tu credi che dei politici ladri e corrotti, degli stupratori di bambini, o degli sterminatori-torturatori di ebrei siano sempre e comunque innocenti perché non hanno fatto altro che obbedire alla propria immutabile e ineluttabile natura, beh... fammi sapere dove abiti, così eviterò di passare dalle tue parti!  :)

MARAL
Anche questa argomentazione, mi dispiace doverlo dire, è del tutto superficiale e insulsa. Essere quello che si è non significa dover essere ladri, stupratori, corrotti o quant'altro di peggio. Significa solo che si è sempre quello che si è nella complessità dinamica che ci corrisponde (e che non si esaurisce per nessuna in alcuna etichetta definitoria),

CARLO
Che differenza c'è tra un verme <<...che è sempre quello che è nella complessità dinamica che gli corrisponde>> ed un politico corrotto "...che è sempre quello che è nella complessità dinamica che gli corrisponde"? Cosa significa per te "responsabilità", se nessuno può scegliere tra più opzioni possibili?
#1249
Citazione di: maral il 29 Agosto 2017, 09:23:18 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Agosto 2017, 22:52:58 PM
In definitiva, anche la santità, o la virtù, è una complementarità di opposti.

"La completa unione degli opposti è la summa medicina, che non sana soltanto i corpi, ma anche gli spiriti. [...] [Con essa] si tende a una condizione che gli indiani definiscono "nirdvandva", cioè "libera dagli opposti", concezione questa che è estranea, perlomeno in questa forma, all'Occidente cristiano. Si tratta infatti di una relativizzazione degli opposti che dovrebbe mitigare, se non addirittura risolvere, l'insanabile conflitto caratteristico dell'atteggiamento militante cristiano". [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.66]
Dunque, alla fine anche tu predichi il relativismo.

La relativizzazione degli opposti è una fase "canonica" del processo di sintesi dialettica, ma non ha niente a che vedere con la relatività della verità. Come avrai potuto notare dagli esempi, i termini che costituiscono le coppie di opposti, se considerati nel loro significato immediato, primitivo, "assoluto", si presentano come dualismi, cioè come contraddizioni; e le contraddizioni si risolvono - notoriamente - con l'eliminazione del termine considerato falso o illusorio. Ecco, questo è uno degli errori tipici in cui cade la quasi totalità delle filosofie tradizionali (taoista, cristiana, buddhista, islamica, ecc.): sacrificare uno dei due termini dell'opposizione sull'altare dell'altro e fare di questo un valore assoluto, invece che considerare assoluto il prodotto della sintesi degli opposti. Ed è così che, per esempio, assistiamo alla barbarie cristiana del "sacrificium intellectus" sull'altare della fede (da cui la massima: "ratio ancilla fidei"); oppure l'estremismo buddhista che sacrifica il mondo materiale (considerato maya, cioè illusione) sull'altare dell'ascetismo spirituale; oppure, su un piano più "laico", l'ideologia anarchica che sopprime il termine "legge" sull'altare del suo opposto "libertà" o, al contrario, l'ideologia fascista (o dispotica) che sopprime il termine "libertà" (o "individuo") a favore del suo opposto "legge" (o "Stato"), ecc..
Perché accade questo? Perché per la realizzazione di una complementarità di opposti, in qualunque campo la si consideri, servono ...le palle (in senso metaforico, naturalmente), cioè, si tratta di un'impresa ai limiti delle capacità umane che richiede equilibrio, forza d'animo, saggezza, conoscenza; mentre noi, poveri umani, non ancora del tutto emancipati dalla "recente" condizione animale dei nostri progenitori scimpanzè, non siamo preparati a simili imprese, nonostante che la "Provvidenza", da almeno 5 mila anni faccia piovere dal cielo miti, simboli e archetipi che ci invitano a riflettere sul mistero della Complementarità degli opposti: il Tao-yin-yang, il "dualismo" eracliteo, la Trinità di Cristo e di Mercurio, la "Grande Triade Wang" cinese, la Trimurti induista, la triade hegeliana, la Pietra Filosofale alchemica, il "nirvandva", ecc.. (si vedano a questo proposito - nella sezione "Tematiche spirituali" - i miei thread: "L'archetipo della Trinità" e "L'archetipo della Complementarità degli opposti).
#1250
Tematiche Spirituali / Re:spiritualità e ascetismo
29 Agosto 2017, 02:59:06 AM
Citazione di: davintro il 29 Agosto 2017, 02:14:28 AMPer paradossale che possa sembrare il flagellante medioevale che percuoteva con la frusta il suo stesso corpo per mostrare il suo disprezzo per la materia non era meno materialista del fanatico salutista, del tizio che passa giornate intere in palestra per avere una forma fisica perfetta, o del tipo che giudica il valore delle persone per come si vestono, per quanti soldi hanno, dell'apparenza esteriore. Entrambi, in negativo o in positivo che sia, pongono il corpo in primo piano e l'attenzione verso la dimensione spirituale è quasi del tutto rimossa. Ma la spiritualità autentica a mio avviso non può essere né una demonizzazione, né una glorificazione del corpo, ma la coscienza della non risolvibilità completa della realtà e delle esigenze umane (ma in forme diverse, direi, di qualunque esistenza) nel corpo, ma che è nobile godere anche e soprattutto di una scoperta scientifica, del modo in cui un personaggio letterario viene descritto nella sua interiorità, e non solo nel buon sapore del cibo o nell'attrazione erotica nei confronti di un bel corpo. Sta nella coscienza che il corpo non è tutto ma comunque c'è , e non si può far finta che non ci sia, che non di solo pane vive l'uomo, ma senza pane muore.

Parole sante!
Questa si chiama complementarità corpo-spirito.
...Oppure, si può anche sacrificare la corporalità, se ciò può servire degli ideali superiori. Ma si sacrifica sempre e comunque ciò che si ama, ciò che è prezioso, non ciò che si disprezza.
#1251
Citazione di: paul11 il 29 Agosto 2017, 01:08:03 AM
La definizione di archetipo mitologico di Rudolf Bultmann è la forma di rappresentazione in cui ciò che non è mondano,cioè ciò che è divino, vine raffigurato come mondano,umano,l'al di là inteso come al di qua. in cui la trascendenza di Dio viene pensata come distanza spaziale;questa rappresentazione porta il culto ad essere avvertito come azione, in cui per opera di mezzi materiali. vengono comunicate forze non materiali.

Ah, non conoscevo questa riflessione di Bultmann.
Ma la cosa più sorprendente dei miti (così come di alcuni sogni) è la loro proprietà di prefigurare simbolicamente il futuro (vedi, per esempio il mio thread: "L'ateismo come vangelo", oppure "La scienza, la metafisica e la favola di Biancaneve", oppure "Il Principio e il mito dell'Eden"), o quella di rivelarci la logica profonda, anch'essa invisibile, che governa la realtà, come è successo nelle mie poche, fugaci e fulminee visioni.
Insomma il mondo dei simboli è un pozzo di conoscenza, ed è un vero peccato che la nostra cultura, sommersa com'è dallo scientismo, dall'agnosticismo e dal relativismo, lo consideri come il mondo delle illusioni e lo getti tra i rifiuti.
Non dev'essere un caso che gli alchimisti, riferendosi alla Pietra filosofale, dicessero che essa "...in stercore invenitur", cioè "sarà trovata nello sterco"; né dev'esser casuale che nei Vangeli sia scritto: "La pietra che gli edificatori hanno rifiutato, questa è divenuta la principale pietra angolare". (Matteo, 21:42)

"Se si potesse personificare l'inconscio, esso apparirebbe come un uomo collettivo, al di là della giovinezza e della vecchiaia, della nascita e della morte: con l'esperienza umana pressoché immortale di uno o due milioni di anni. Quell'uomo sarebbe senza dubbio superiore al mutare dei tempi; egli sarebbe un sognatore di sogni secolari e, sulla base della sua infinita esperienza, capace di previsioni incomparabili". [JUNG: Realtà dell'anima - pg.23]

"La realtà di questi sogni prospettici è irrefutabile. Sarebbe ingiustificato chiamarli sogni profetici, poiché in fondo non sono più profetici di quanto lo siano una prognosi medica o una previsione meteorologica. Si tratta semplicemente di una precombinazione delle probabilità che può anche coincidere con il comportamento reale delle cose, ma che non deve coincidere necessariamente e in tutti i dettagli. Solo in quest'ultimo caso sarebbe legittimo parlare di profezia".   [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.273]
#1252
Citazione di: Apeiron il 28 Agosto 2017, 23:04:49 PM
Come sempre prima di fare affermazioni sulla realtà esterna credo che sia saggio fare affermazioni sulla nostra mente  ;)
Dunque il Principio della Complementarità degli opposti a mio giudizio vale sicuramente quando si parla dei concetti che la nostra mente produce, ad inziare dai più semplici:
io/non-io, questo/quello, bello/brutto, buono/cattivo, vero/falso, soggetto/oggetto ecc

Sei incorso nell'errore classico commesso sia - da qualche millennio - dalle filosofie taoista ed eraclitea, sia dalla dialettica hegeliana: quello di fare di tutta l'erba un fascio tra opposizioni contraddittorie - che non possono essere sintetizzate-unificate in quanto soggette al principio di non contraddizione - e opposizioni dialettiche, le sole che possono armonizzarsi attraverso un processo di confronto e di complementarizzazione. Infatti, solo una delle le coppie di opposti da te citate - "soggetto/oggetto" - costituisce un'opposizione dialettica, mentre le altre sono delle semplici contraddizioni (tranne "io/non io", che può essere una dialettica oppure una contraddizione a seconda del contesto). Ti consiglio di leggere il mio thread "Cristo-Lucifero: due opposti-complementari. Cristo-Satana: due opposti assoluti", dove tocco questo tema un po' più nel dettaglio.

APEIRON
E poi arriviamo al calcolo numerico binario, il più semplice di tutti che si basa su due "oggetti" 0/1. Siccome questo "meccanismo" di "creare" unità "dialettiche" è così connaturato nella nostra mente è chiaro che esso spunta fuori praticamente in ogni attività umana dalla scienza alla sociologia ecc.

CARLO
Nemmeno la coppia 0/1 costituisce una dialettica, poiché lo "0" rappresenta la negazione di "1". Per cominciare a capire (se l'argomento ti interessa) cosa si deve intendere per "dialettica", oltre a questo thread, dovresti leggere gli altri thread nel cui titolo compare il termine "complementarità".

APEIRON
Ad esempio possiamo notare che non appena viene formulata una legge e viene dichiarato cos'è "permesso" viene allo stesso tempo dichiarato cosa "non è permesso". Nella scienza questo principio è meno universale ma in realtà compare anche lì, seppur in modo più "sottile": per esempio quando si pensa alla simmetria si pensa implicitamente anche allo stato in cui tale simmetria è rotta. In genere è alla base della capacità di distinguere, di creare confini, di discriminare e di giudicare, di astrarre. Così possiamo "astrarre" la sedia dal "resto delle cose" in modo tale che evito di sedermi per terra  ;D  ma perchè dico che in primo luogo vale concettualmente se non mi siedo sul pavimento e d'estate sudo mentre d'inverno ho i brividi di freddo? Semplice: perchè "sedia" e "non sedia", "estate" e "inverno" ecc in realtà non sono in fin dei conti concetti. Non c'è nessuna "cosa" là fuori che possa essere definita estate nel senso "ultimo" ossia nella realtà ultima, nessuna "cosa" là fuori che possa essere definita "sedia". Perchè? per il semplice fatto che il mio stesso ragionare in termini di "cose" di fatto è un'applicazione dei concetti alla realtà: così distinguo l'indistinto, nomino ciò che non ha nome, identifico ciò che non ha identità. Eppure se mi siedo sulla sedia essa mi sostiene! No! Il problema è il seguente: non appena ragiono in termini di "cose" produco nette separazioni. Per esempio quando "astraggo" "questo" da "quello" (inteso come "ciò che non è questo") allora scindo completamente "questo" da tutto il resto. Ma tale divisione in realtà non esiste. Non a caso infatti la complementarità degli opposti mi fa notare che senza di "quello" non c'è "questo" - ossia che non è possibile separare completamente le "cose"! Anzi è ancora, volendo, più potente: non solo non possiamo "separare" le "cose esterne" ma non possiamo nemmeno separare i concetti dai loro opposti. Quando distinguo l'io non posso che distinguere anche il non-io - non può esserci solo l'io, quindi per comprendere appieno il concetto di "io" devo comprendere il concetto di "non io". Idem per "mio" e "non mio".

CARLO
Infatti queste tue considerazioni non hanno niente a che vedere con la complementarità degli opposti. "Fuori/dentro", "sedia/non-sedia", "io/non-io" (così come li intendi qui) o "mio-non-mio" sono termini mutuamente esclusivi, non opposti complementari.

APEIRON
Ora siccome ogni concetto sembra includere il suo opposto ciò ci suggerisce una cosa radicale: la pretesa di separare è malposta. Infatti non appena ci provo quello che faccio è "creare" una realtà distinta. Quindi per così dire ha senso quello che i pensatori "silenziosi" che specialmente si trovano in oriente suggeriscono: rinunciare completamente alla concettualizzazione/identificazione:
La comprensione degli uomini nei tempi antichi andava davvero lontano! Quanto? Al punto che alcuni di essi credevano che le cose non erano mai esistite - così lontano, verso quel termine, dove niente può essere aggiunto. Quelli al livello subito inferiore pensavano che le cose esistevano ma non avevano confini tra di loro. Quelli ad un livello subito inferiore a questi ultimi ritenevano che i confini c'erano ma non c'erano "giusto" e "sbagliato". Chuang-tzu, capitolo 2
Qui viene denotata l'assoluta incapacità dell'uomo di comprendere "in toto" la realtà, di comprendere l'assoluto. Perchè non solo iniziamo a distinguere ma pretendiamo di separare l'inseparabile...
Quindi Carlo il principio della complementarità è vero ma la "Realtà così come è" trascende anche tale principio...

CARLO
No, non ci siamo, caro Apeiron. Io non ho ancora raggiunto la meta finale della mia ricerca - che è proprio quella di applicare la complementarità al mondo fisico -, ma è certo che i tuoi esempi non hanno niente a che vedere col nostro argomento. Ci sono molti indizi, invece, che sarà possibile applicarlo agli enti fondamenti del mondo fisico, cioè, alle due coppie onnicomprensive "Spazio/Tempo", e "Materia/Mente". Ma se avessi già capito esattamente in che modo, ...avresti letto la notizia su tutti i giornali.  :)  La mia convinzione che sia possibile una tale applicazione deriva dalle decine e decine di applicazioni che ho già elaborato nel dominio delle scienze umane (filosofia, etica, psicologia, storia, logica, simbologia, mitologia, ecc.), cioè in discipline talmente lontane e indipendenti tra loro, da rendere più che ragionevole l'ipotesi che si tratti di un vero e proprio Principio universale al quale manca soltanto la ciliegina finale: l'applicazione nel campo della Fisica.
#1253
Citazione di: Phil il 28 Agosto 2017, 22:12:31 PM
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativismoassolutismo/
buona lettura!  ;)

Su questo tema sfondi una porta aperta. Scrivevo infatti qualche giorno fa su "Tematiche spirituali" (nel thread: "La virtù è una complementarità di qualità opposte"):

Per quanto la religione cristiana abbia molto da insegnarci in fatto di educazione e di crescita spirituale, il modello ideale di uomo non può coincidere con la figura del santo che, in nome di un univoco "porgi l'altra guancia", rinuncia alle proprie prerogative di coraggio, di nobiltà e di dignità individuale, sconfinando così nella passività (ignavia) e nel martirio. Trovo invece che l'uomo ideale sia molto più prossimo alla figura del Samurai, cioè al sacerdote-guerriero che coltiva, sì, le qualità dell'umiltà e della mitezza, ma anche e soprattutto quelle opposte-complementari del coraggio, del valore personale, della forza attiva. Un uomo, cioè, che è devoto al Primo degli esseri, Dio, ma anche all'ultimo dei fratelli, al debole, al perseguitato; ...che obbedisce e si sottomette alla giustizia, ma che ha l'ardire di disobbedire e di opporsi con la massima fermezza all'ingiusto e al prevaricatore, invece di lasciarsene martirizzare ignobilmente; ...che coltiva la fede, ma che non sacrifica ad essa la ragione e la conoscenza; ...che è capace di continenza, ma che apprezza come doni i sani piaceri della vita.
In altre parole, l'umiltà che non è bilanciata dal senso della dignità e della sacralità della propria persona sconfina nel martirio, nell'auto-umiliazione; per contro, l'orgoglio e l'amore di sé non temperati dall'umiltà sconfinano nell'egocentrismo e nella prepotenza. La fede senza la ragione e la conoscenza si degrada prima o poi in superstizione, mentre la ragione e la conoscenza prive del senso della grandiosità della "Sapientia Dei" sfociano nella saccenteria e nella presunzione intellettuale.
In definitiva, anche la santità, o la virtù, è una complementarità di opposti.

"La completa unione degli opposti è la summa medicina, che non sana soltanto i corpi, ma anche gli spiriti. [...] [Con essa] si tende a una condizione che gli indiani definiscono "nirdvandva", cioè "libera dagli opposti", concezione questa che è estranea, perlomeno in questa forma, all'Occidente cristiano. Si tratta infatti di una relativizzazione degli opposti che dovrebbe mitigare, se non addirittura risolvere, l'insanabile conflitto caratteristico dell'atteggiamento militante cristiano". [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.66]
#1254
Citazione di: Phil il 28 Agosto 2017, 19:37:58 PMLa croce è un simbolo cristiano e ci si fa il segno della croce... un gesto o un rituale, come scambiarsi un "segno di pace" può avere valore simbolico (non diremmo "segnico")... al segno linguistico è solitamente connesso anche un fonema (o una dimensione fonetica), come accade per le lettere dell'alfabeto, mentre spesso i simboli hanno a loro volta un proprio nome segnico (grafemi e fonemi) nel linguaggio di riferimento (senza addentrarsi nei temi della traduzione o degli ideogrammi)... il significato simbolico di una poesia non è il significato segnico/letterale...

Diciamo che nel simbolo della Croce si sintetizza la filosofia centrale del cristianesimo: la corrispondenza tra una analogia verticale fondante (l'Uomo è analogia di Dio) ed una analogia orizzontale fondata (la fratellanza-analogia Uomo-Uomo). Una doppia complementarità di opposti.
#1255
Citazione di: Jacopus il 28 Agosto 2017, 20:34:49 PM
Come argomentazione mi sembra un po' povera. Potrei rispondere dicendo "un filosofo che predica qualsiasi cosa senza argomentarlo dovrebbe dedicarsi a qualcos'altro.
Do per scontato che in un NG di filosofia si sappia che lo scopo ultimo della filosofia è la ricerca della verità, così come la religione è la ricerca di Dio. E gli atei non celebrano messa.
#1256
Citazione di: green demetr il 28 Agosto 2017, 07:08:35 AM
Anche per quanto detto finora sono d'accordo con Angelo, il tertiur non datur, è la gravissima colpa che da Aristotele giunge alla politica contemporanea.

Il "tertium non datur" riguarda solo le contraddizioni. E il p.d.n.c. di Aristotele non è una colpa, ma uno dei due indiscussi pilastri che fondano la logica e la filosofia. L'altro pilastro è la dialettica.
#1257
Un filosofo che predica il relativismo... è come un prete che predica l'ateismo. 
Dovrebbe avere il decoro di ...lasciare l'abito, cioè, di abbandonare la filosofia e dedicarsi ad altro.
#1258
Tematiche Spirituali / Re:Confronto Evola / Jung
28 Agosto 2017, 19:14:45 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Agosto 2017, 19:02:27 PMPARTE 2

EVOLA
«...Non basta: lo Jung sostiene la corrispondenza tra le figure vedute, sognate, disegnate, perfino danzate dai suoi malati e certi simboli esoterici. Così si è messo a parlare dei "mandala europei", vedendo nelle figure che, nell'esoterismo, servono da base per la contemplazione e l'evocazione, altrettante manifestazioni degli archetipi dell'inconscio collettivo, simili appunto a quelle che si producono negli stati della coscienza ridotta o malata...»

CARLO
Jung non sostiene che le manifestazioni dell'inconscio siano solo delle patologie; egli distingue le manifestazioni sane da quelle patologiche; e la produzione di simboli, di mandala, da parte dell'inconscio sarebbe appunto una di queste manifestazioni sane. Egli scrive:

"[In Dorneus] la discesa è da intendersi come una discesa analitica, come una scomposizione (separatio) nelle quattro componenti della totalità; l'ascesa va invece intesa come un'ascesa sintetica, come una ricomposizione del denarius. Questa riflessione coincide con il fatto psicologico che il confronto della coscienza con l'inconscio si traduce da un lato in una dissoluzione della personalità, ma dall'altro significa una ricomposizione della totalità. Ciò si può osservare chiaramente nel momento di una crisi psichica, quando nei sogni compaiono appunto i simboli dell'unità, per esempio i mandala. «Ma dov'è il pericolo, cresce anche ciò che ti salva», dice Hölderin nella lirica Patmos ".     [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.211]

"Esiste - a mio parere - una relazione indubitabile tra il simbolo del Lapis e il concetto empirico del Sé. [...] Mercurio è spirito e materia; il Sé comprende, come mostra il suo simbolismo, tanto la sfera psichica quanto quella corporea. Questo fatto si esprime con particolare chiarezza nei mandala".         [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.503]

"Come ho più volte sottolineato, le asserzioni relative alla pietra, se considerate dal punto di vista psicologico, descrivono l'archetipo del Sé, la cui fenomenologia è esemplificata nel simbolismo del mandala. Quest'ultimo descrive il Sé come una struttura concentrica, spesso nella forma della quadratura del cerchio. Gli è associato ogni tipo di simbolo secondario che esprima in generale la natura degli opposti da unire. La struttura è invariabilmente avvertita come la rappresentazione di uno stato centrale o di un centro della personalità sostanzialmente diverso dall'Io. Esso è di natura numinosa, come indicano il tipo di raffigurazione o i simboli impiegati (sole, stella, luce, fuoco, fiore, pietra preziosa ecc.). Vi s'incontrano tutti i gradi di valutazione emotiva, dal disegno astratto, incolore e indifferente di un cerchio sino all'intensità suprema di una esperienza d'illuminazione. Tutti questi aspetti si possono già costatare nell'alchimia, con l'unica differenza però che là essi appaiono proiettati nella materia, mentre qui sono intesi come simboli psichici. L'arcanum chymicum si è dunque già trasformato in un evento psichico, senza perdere nulla della sua numinosità originaria".         [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.543]

EVOLA
«...Tutti i procedimenti alchemici, con i relativi simboli ermetici, sarebbero [per Jung] imagini di quel processo non riconosciute nella loro giusta sede ma proiettate in sostanze materiali e nel mito di un'assurda opera di trasformazione chimica...»

CARLO
Qui ha ragione Evola. Jung vedeva i simboli alchemici solo nel loro aspetto di proiezioni sulla materia di processi in realtà spirituali. Tuttavia in molti passi lascia anche intendere che una tale proiezione è forse resa possibile proprio grazie a una fondamentale analogia "prestabilita" tra i processi psico-spirituali e i processi chimico-materiali. In tal senso, quindi, non esclude la possibilità di un "Opus" SIA chimico SIA spirituale. Scrive Jung:

« Lo scopo e la meta del "magnum opus" consistono nel liberare dalle catene l'anima mundi, prigioniera del creato, nel redimere lo pneuma divino, creatore del mondo ». [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.328]

« Poiché l'oggetto dell'impresa alchemica si considera presente sia all'esterno che all'interno del soggetto, sul piano SIA FISICO CHE PSICHICO, l'opera abbraccia per così dire la natura intera, e la sua meta consiste in un simbolo, che ha un aspetto EMPIRICO e al tempo stesso TRASCENDENTALE ». [JUNG: Mysterium coniunctionis]

« Nell'immagine del Mercurio e del Lapis, la "carne" celebrava a suo modo la propria apoteosi, non lasciandosi trasmutare in spirito, bensì al contrario "fissando" lo spirito come pietra e fornendo a quest'ultima gli attributi delle tre Persone divine ».     [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.113]

« "Pietra" è l'essenza di qualcosa di solido, irremovibile e terreno. È la " materia" femminile, la cui idea penetra nella sfera deI simbolismo spirituale. [...] La pietra è ben più di un'"incarnazione" di Dio; è una concretizzazione, una materializzazione che si spinge fino al più oscuro regno inorganico della materia. [...]
Possiamo quindi supporre che nell'alchimia si cercasse effettivamente di attuare una integrazione simbolica del male, localizzando nell'uomo stesso il dramma divino della redenzione. Tale processo appare ora come un'estensione della redenzione oltre che all'uomo anche alla materia, ora invece come un'ascesa dello "Spirito che imita Dio", o Lucifero, e come una riconciliazione di quest'ultimo con lo Spirito che discende dall'alto; sia l'elemento superiore che quello inferiore vanno cosí incontro a un processo di trasformazione reciproca".       [JUNG: Mysterium coniunctionis - pp.451-2]

EVOLA
«...Prima di dir qualcosa di più su tale processo, mettiamo un po' d'ordine in questa inaudita confusione di idee...»

CARLO
Ovviamente si riferisce alle PROPRIE idee, perché quelle di Jung non sono affatto confuse.  :-)

EVOLA
«...Anzitutto tracciamo una linea di demarcazione ben netta, dicendo che tutto il mondo di un Io scisso e malato alle prese coi suoi "complessi", i suoi istinti e con l'incosciente collettivo è privo di qualsiasi relazione col piano della mitologia, dei simboli tradizionali e non solo dei processi di realizzazione sovranormale, ma della stessa religione...»

CARLO
Evola continua a confondere le manifestazioni sane (archetipiche) con quelle patologiche dell'inconscio; e inoltre dimentica l'aspetto trans-personale che Jung riconosce in esso.
Se avesse ragione Evola, la mia "visione" non avrebbe mai potuto avere luogo.

EVOLA
«...Jung, mentre in essenza resta sullo stesso piano, perché il suo inconscio, come dicemmo, è semplicemente il substrato subpersonale, vitale e, in un certa misura, perfino biologico della vita collettiva, in questa nozione introduce elementi "spirituali" d'ogni genere con l'effetto di moltiplicare la CONFUSIONE e, in essenza, di fornire nuove possibilità ad un metodo più sottile per ricondurre il superiore all'inferiore (...). Tutto quanto si riferisce a simboli e miti tradizionali ha originariamente appartenuto ad un piano di supercoscienza, con riferimento non col substrato vitale e irrazionale collettivo, bensì con la realtà metafisica, con ciò che gli Antichi chiamavano "supermondo" e, con preciso riferimento alla sua natura luminosa e "olimpica", "mondo intelligibile", chósmos noetòs. Quante cose avrebbe potuto insegnare allo Jung già la semplice opposizione antica fra questo mondo e il mondo "demonico" o "infero"! »

CARLO
Infatti la confusione di Evola continua. Jung conosce benissimo l' «...opposizione antica...» tra il chósmos noetòs e il mondo infero; anzi ne ha fatto un criterio portante della sua psicologia. Per lui, infatti, quella biologico-istintiva è solo UNA POLARITÀ dell'inconscio; L'ALTRA è quella metafisico-ideale-archetipica; ed ognuna di esse ha una sua simbologia specifica. Scrive, infatti:

« Archetipo e istinto formano i massimi opposti pensabili, e lo si può constatare facilmente mettendo a confronto un uomo dominato dall'istinto con un uomo in preda allo spirito ».  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.223]

EVOLA
«...E' una fortuna che questo psichiatra non abbia capito nulla e non abbia saputo vedere che prolungamenti di esperienze di psicopatici e psicoterapie là dove si è incontrato con le vestigia della Sapienza e dell'Arte...»

CARLO
E' invece una sfortuna che Evola non abbia capito nulla della psicologia junghiana, e che non abbia saputo vedere in essa che prolungamenti della psicologia classica, quando invece essa aveva INCONTRATO GIÀ «...le vestigia della Sapienza e dell'Arte...». Una vera sfortuna, perché Jung ed Evola sono due grandi "spiriti complementari" del secolo appena trascorso.
#1259
Tematiche Spirituali / Confronto Evola contro Jung
28 Agosto 2017, 19:02:27 PM
PARTE 1

EVOLA
«...Non meno del Freud, lo Jung sostiene che la forza fondamentale della psiche umana è costituita da un inconscio che è tale radicalmente, che non è stato mai conscio e che è insuscettibile ad esser risolto nella coscienza...» [Jung-Kerényi, Prolegomeni alla mitologia come scienza, Torino, 1948, p. 115: "Gli archetipi non si riferiscono a qualcosa di cosciente o che già e stato cosciente, bensì a ciò che è sostanzialmente inconscio"].

CARLO
Questo non significa che Jung concepisse una separazione radicale tra coscienza e inconscio; egli semplicemente intendeva contrastare la prospettiva riduzionista freudiana che vedeva, sotto molti aspetti, l'inconscio come qualcosa di derivato dalla coscienza, come "qualcosa che già è stato cosciente", come un suo accessorio privo di qualunque autonomia. Fondamentalmente Jung concepiva una relazione dialettica tra le due dimensioni; pertanto si opponeva sia alle filosofie che annettevano l'inconscio alla coscienza (Freud), sia a quelle che annettevano la coscienza all'inconscio (Lévy-Strauss. Lacan, ecc.). Concepire una relazione dialettica tra due enti significa riconoscere ad essi sia ambiti di indipendenza ontologica (e quindi di opposizione), sia ambiti di consustanzialità (e quindi di complementarietà). E Jung non ha mai sostenuto né una indipendenza assoluta né una consustanzialità assoluta tra coscienza e inconscio.
Propongo alcune citazioni sull'argomento, dove è abbastanza evidente la sua posizione dialettica:

« Di regola il punto di vista dell'inconscio è complementare o compensatorio rispetto alla coscienza, e dunque inaspettatamente "diverso" ».  [JUNG: Psicologia e alchimia - pg.50]

« Il valore attribuito alla psiche inconscia come fonte di sapere non è per nulla così illusorio come può apparire al nostro razionalismo occidentale. Vi è in noi la tendenza a supporre che ogni conoscenza derivi sempre, in ultima analisi, dall'esterno. Ma sappiamo oggi con certezza che l'inconscio dispone di contenuti tali che, se potessero essere resi coscienti, rappresenterebbero un incalcolabile aumento di conoscenza ».  [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.22]

« Se si potesse personificare l'inconscio, esso apparirebbe come un uomo collettivo, al di là della giovinezza e della vecchiaia, della nascita e della morte: con l'esperienza umana pressoché immortale di uno o due milioni di anni. Quell'uomo sarebbe senza dubbio superiore al mutare dei tempi; egli sarebbe un sognatore di sogni secolari e, sulla base della sua infinita esperienza, capace di previsioni incomparabili ». [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.23]

« Ho definito "funzione trascendente" l'incessante confronto con la posizione dell'inconscio, poiché questa produce necessariamente una modificazione dell'atteggiamento cosciente. Un cambiamento è però possibile solo se si ammette l'esistenza dell'"altro", perlomeno sino a che non se ne prenda atto in maniera cosciente ». [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.191]

« Anche ai nostri giorni ci è dato di osservare la formazione spontanea di veri e propri simboli religiosi nell'individuo; essi spuntano dall'inconscio come fiori di specie ignota, e la coscienza rimane smarrita e non sa bene che cosa fare con tale nascita. Non è troppo difficile stabilire che quei simboli individuali provengono, per il loro contenuto come per la forma, da quello stesso "Spirito" inconscio (o quel che esso sia) da cui provengono le grandi religioni degli uomini. L'esperienza prova comunque che le religioni non sorgono quali frutti di una elucubrazione cosciente, ma provengono dalla vita naturale dell'anima inconscia, che in qualche modo esprimono adeguatamente. Ciò spiega la loro diffusione universale e la loro straordinaria efficacia storica sull'umanità ». [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.157]

« L'Anima, da una parte è il ponte verso il regno dell'aldilà, verso le immagini primigenie viventi ed eterne, dall'altra essa avviluppa l'uomo con la sua emozionalità e lo trattiene nel mondo ctonio e nella sua caducità ».                                             [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.355]

« Il vantaggio degli uomini creativi consiste proprio nella permeabilità del loro diaframma tra coscienza e inconscio ».   [JUNG: La dinamica dell'inconscio - pg.84]

EVOLA
«...Tutta l'opera dello Jung, come quella dei psicanalisti in genere, è improntata da un'animosa polemica contro la coscienza personale. Questa non avrebbe nessuna realtà in sé, eppure ha preteso di tagliarsi fuori dall'inconscio, dalla "Vita"; essa disconosce l'inconscio, ne respinge le esigenze e crede di poter esercitare una dittatura sulla base delle facoltà puramente intellettuali e volitive, con soffocamento degli istinti e dell'affettività...»

CARLO
Evola parla di «...tutta l'opera di Jung...» ma dimostra di non conoscerla che in modo superficiale e frammentario. Finisce così per travisarla fino a capovolgerne completamente il significato. Scrive infatti Jung:

« Trascurare la reazione e la presa di posizione dell'inconscio è leggerezza, superficialità e addirittura irragionevolezza, perché psichicamente malsano ».           [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.207]

« La dinamica degli istinti e il loro mondo di immagini costituiscono un a priori di fronte a cui nessuno può essere cieco senza il rischio di conseguenze pericolose. Il violentare o trascurare gli istinti arreca penose conseguenze di natura fisiologica e psicologica, per superare le quali si chiama poi solitamente il medico ».    [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.206]

« Se si riesce a riconoscere l'inconscio come fattore codeterminante accanto alla coscienza, e a vivere in modo da tener conto, per quanto possibile, delle istanze sia consce che inconsce, si sposta allora il centro di gravitazione della personalità globale. Non più nell'Io, che è solo il centro della coscienza, ma in un punto per così dire virtuale tra coscienza e inconscio: il Sé ».           [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.54]

« Non si potrebbe avere alcuna esperienza di Dio stesso, se questo "Io" così futile non offrisse un modestissimo vaso capace di accogliere le influenze dell'Altissimo e di chiamarlo per nome. Il significato del simbolismo del vaso nell'alchimia mostra sino a qual punto l'artifex fosse preoccupato di possedere il giusto recipiente per il giusto contenuto: «Unus est lapis, una medicina, unum vasum, unum regimen, unaque dispositio» »      [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.205]

EVOLA
« Questo inconscio assume i tratti di un ente autonomo a carattere collettivo (3), che trascende l'individuo: è una totalità, di cui la persona cosciente non è che una sezione arbitraria ». [Jung, Psychologie und Achemie, Zurich, 1945, p. 85: "L'inconscio non è un'appendice irrilevante della coscienza, ma una realtà autonoma (un ente) in larga misura non unito alle nostre intenzioni"].

CARLO
Anche questa è una interpretazione superficiale del pensiero di Jung, il quale non considerava la coscienza (l'Io) come una sezione parziale e limitata della totalità psichica. Egli scrive:

« Come è noto ho definito il Sé come la totalità della psiche conscia e inconscia, l'Io invece come il punto di riferimento centrale della coscienza. E' una parte essenziale del Sé, che può stare - come pars pro toto - per quest'ultimo, se si tiene presente il significato della coscienza. Quando invece si voglia porre l'accento sulla totalità psichica, allora conviene piuttosto servirsi del termine "Sé" ».        [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.18]

EVOLA
« [Secondo Jung] "...l'anima è un dato irrazionale e non può essere affatto equiparata, come secondo l'idea antica, ad una ragione più o meno divina" (Io e inconscio, pp. 10-11). Ciò non basterebbe già per suggellare il livello su cui sta tutto il pensiero di questo psichiatra?...»

CARLO
Se questa fosse la sola "definizione" di anima data da Jung, Evola potrebbe anche avere ragione. Ma Jung contempla DUE aspetti dell'anima, uno individuale (comprensivo di quella che egli chiama "ombra"), e uno collettivo-trascendente. E nel caso citato, molto probabilmente lui si riferiva al primo aspetto.  Infatti, altrove scrive Jung:

« L'anima è in sé una essenza non spaziale; e poiché esiste prima e dopo l'essere corporeo, è pure fuor del tempo, ossia immortale. (...) Dal punto di vista della moderna psicologia scientifica, questa concezione è tutta una illusione..».  [JUNG: Realtà dell'anima - pg.18]

« L'esperienza prova comunque che le religioni non sorgono quali frutti di una elucubrazione cosciente, ma provengono dalla vita naturale dell'anima inconscia, che in qualche modo esprimono adeguatamente. Ciò spiega la loro diffusione universale e la loro straordinaria efficacia storica sull'umanità ». [JUNG: Realtà dell'anima - pg.157]

"L'Ombra [...] comprende quella parte dell'inconscio collettivo che sconfina nella sfera personale. Essa rappresenta per così dire il PONTE verso la figura dell'Anima che è personale solo relativamente, e al di là di questa, verso le figure impersonali dell'inconscio collettivo. [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.105]

« Nell'anima sono impresse le influenze dei vari pianeti. A questa discesa dell'anima attraverso le Case dei pianeti corrisponde anche il suo passaggio attraverso le porte dei pianeti, come le descrive Origene: la prima porta è di piombo ed è correlata con Saturno [...].
Senza approfondire il motivo del transitus attraverso le Case dei pianeti, ci sia sufficiente sapere che Mercurio le attraversa ».    [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.214]

« È necessario che qualcosa di non individuale e implicitamente divino penetri nell'uomo, se questi vuole veramente uscire dal vicolo cieco delle volizioni individuali".   [JUNG: La dinamica dell'inconscio - pg.106]

«...Attraverso l'introspezione e la retrospezione non si riconoscono solo i propri desideri infantili, ma contemporaneamente si penetra nella sfera dell'inconscio collettivo, dove si scopre prima il tesoro delle idee collettive [universali], poi la propria creatività [...]            Sembra che Freud sia rimasto bloccato nel suo pessimismo, aggrappato a un concetto negativo e personale dell'inconscio. Non serve a nulla credere che la base vitale dell'uomo sia di natura soltanto personale e sia di conseguenza un affaire scandaleuse di carattere privato. Squarciando il velo di questa idea insana ed errata, si passa dalla stretta e soffocante atmosfera personale del vasto dominio della psiche, alla sana e naturale matrice dello spirito umano, all'anima stessa dell'umanità. Soltanto su questa base ci sarà possibile costruire un atteggiamento nuovo e fruttuoso".    [JUNG: Pratica della psicoterapia - pp.40-41]

« Mi si accusa di misticismo. Ma io non mi dichiaro responsabile del fatto che l'uomo ha sempre e dappertutto sviluppato naturalmente la funzione religiosa e che quindi l'anima umana è imbevuta e intessuta fin dagli inizi di sentimenti e rappresentazioni religiose.
(...) Il complesso del padre con la sua rigidità fanatica e la sua ipersensibilità, è una funzione religiosa malintesa, un misticismo proiettato sull'elemento biologico e familiare". [JUNG: Il problema della malattia mentale - pg.218]

EVOLA
«...Gli "archetipi" corrispondono a forze fondamentali dell'inconscio collettivo, epperò anche degli strati profondi dell'anima. Sono energie psichico-vitali elementari sempre presenti e organicamente unite all'Io, il quale in esse ha le sue radici (12). Ed ecco che a questo punto avviene l'inserzione o, meglio, l'irruzione nel mondo del mito e del simbolo. Come si è detto, le tendenze dell'inconscio disconosciuto malgrado tutto si manifestano: ma finché permane lo stato di scissione, esse si manifestano in proiezioni, in imagini fantastiche o in imagini che si sovrappongono alla realtà – cose o persone –, caricandola della qualità fascinosa e "libidinosa" propria alla forza-base dell'inconscio...»

CARLO
Evola non sta parlando della psicologia junghiana, ma di un guazzabuglio di alcune delle sue idee, frettolosamente interpretate. Il fatto che Jung parli del simbolo e del mito come archetipi dell'inconscio collettivo non significa affatto che egli li consideri tout-court come delle produzioni di un "Io" o di una collettività di "Io". L'origine ultima degli archetipi è sempre e comunque trans-umana, trascendente, pur se le immagini con cui l'uomo li esprime sono immagini che appartengono al mondo dell'esperienza umana (individuale o collettiva).
Questo è il malinteso centrale di Evola: egli crede che l'attribuire una origine psichica, cioè inconscia, ai simboli significhi spogliarli assolutamente della loro componente divina.

« La Sapientia Dei che si manifesta nell'archetipo fa sì che anche le più forti deviazioni ritornino costantemente alla posizione centrale. Così il fascino esercitato dall'alchimia filosofica è duvuta in buona parte al fatto che essa ha potuto dare nuova espressione a un gran numero di importantissimi archetipi. Come abbiamo visto in abbondanti esempi, si può anche arrivare a dire che essa abbia persino cercato di assimilare il cristianesimo ». [JUNG: Mysterium coniunctionis - Nota pg.345]

« Essendo numinose, le immagini archetipiche esercitano una certa azione sulla psiche anche se non vengono afferrate razionalmente ».    [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.323]

« Paracelso considera la psiche oscura come un cielo notturno disseminato di stelle, un cielo in cui i pianeti e le costellazioni sono rappresentati dagli archetipi in tutta la loro luminosità e numinosità. Il cielo stellato è infatti il libro aperto della proiezione cosmica, il riflesso dei mitologemi, degli archetipi appunto ».   [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.213]

« Se l'inconscio contiene troppi elementi che normalmente dovrebbero essere coscienti, le sue funzioni sono stravolte e compromesse: affiorano motivi che non si fondano su veri archetipi, ma sono originati dal fatto che la rimozione e l'oblio li hanno consegnati all'inconscio. Si sovrappongono, per così dire, alla normale psiche inconscia e ne deformano la naturale funzione simbolizzatrice (...) Per questo motivo la psicoterapia, che si preoccupa di scoprire le cause di un disturbo, in genere cerca dapprima di ottenere dal paziente una confessione più o meno volontaria di tutto quel che egli detesta, aborrisce, teme o suscita in lui vergogna (confessione cristiana). (...) La forma che assumono i sogni, e le loro immagini ambigue dipende 1 - dagli archetipi, e 2 - dai contenuti rimossi. Hanno cioè due aspetti, e si prestano a due tipi di interpretazione: si potrà mettere in primo piano l'aspetto archetipico, oppure quello personale. Il primo si richiama alla base istintuale sana, comune a tutta l'umanità, mentre il secondo rivela l'influsso patologico della rimozione e dei desideri infantili ». [JUNG: Psicanalisi e psicologia analitica - pg. 264]

« La numinosità dell'archetipo ha spesso una qualità mistica e un'effetto analogo sull'animo. Esso mobilita concezioni filosofiche e religiose proprio in persone che si credono mille miglia lontane da simili "attacchi di debolezza". (...) Archetipo e istinto formano i massimi opposti pensabili, e lo si può constatare facilmente mettendo a confronto un uomo dominato dall'istinto con un uomo in preda allo spirito ».  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.223]

« In quanto fattore numinoso, l'archetipo determina il modo e il decorso della configurazione con un'apparente prescienza o "nel possesso a priori del fine" che viene circoscritto dal processo di convergenza in un centro ».  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.226]

« Assoluto significa distaccato. Affermare che Dio è assoluto è lo stesso che porlo fuori di ogni rapporto con gli uomini. L'uomo non può agire su di lui ed Egli non può agire sull'uomo. Un simile Iddio sarebbe privo di ogni interesse. (...) Un Dio assoluto non ci concerne affatto, mentre un Dio "psicologico" sarebbe reale e potrebbe raggiungere l'uomo. La Chiesa sembra sia uno strumento magico per difendere l'uomo da questa eventualità, poiché sta scritto che «è cosa terribile cadere nelle mani del vivente Iddio»".   [JUNG: L'Io e l'inconscio - pg.159]
#1260
Citazione di: maral il 28 Agosto 2017, 15:21:24 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Agosto 2017, 11:43:46 AM
Citazione di: maral il 26 Agosto 2017, 11:10:07 AM
Il problema relativo a modi di pensare che andrebbero evitati (modi "indigesti" seguendo la metafora iniziale dell'autore) è evidente che non presenta soluzioni se lo si intende in termini assoluti, indipendentemente dai contesti che determinano tali modi, ma è altrettanto evidente che nei contesti in cui questi modi si attuano essi comportano delle continue rimodulazioni tali da renderli attuabili senza porre a rischio la propria esistenza. C'è sempre uno spazio di riaggiustamento e di manovra dei significati entro il quale si rende possibile l'esistenza consapevole dei limiti che sempre diversamente la ridefiniscono.

...E quindi? "Libertà di pensiero" significa anche libertà di coltivare idee fasulle e superstiziose? Se sei convinto di poter volare e ti getti dalla Torre Eiffel (come fece Franz Reichelt nel 1912), quali sono i "contesti" che ti salvano dallo ...spalmarti sul selciato?
E' un falso problema, perché non c'è alcuna libertà che ci permetta di essere diversi da ciò che risultiamo essere e quindi di pensare altro da ciò che pensiamo e quindi di volere altro da ciò che vogliamo e ogni idea fasulla è tale per qualcun altro che non ha quella idea perché il contesto determina la sua specificità progettante in modo diverso.

Quello che dici tu vale per gli animali e per gli uomini che non si sono evoluti dalla condizione animale. Mentre gli uomini normali sanno di non essere schiavi assoluti dei propri istinti o dei condizionamenti culturali-sociali-familiari o di un fato già scritto nel loro vissuto, e che, in una certa misura, possono auto-determinarsi, cioè scegliere tra diversi cammini possibili. E chiamano "responsabilità etica" questa - sia pur limitata - capacità di scelta. 
Se invece tu credi che dei politici ladri e corrotti, degli stupratori di bambini, o degli sterminatori-torturatori di ebrei siano sempre e comunque innocenti perché non hanno fatto altro che obbedire alla propria immutabile e ineluttabile natura, beh... fammi sapere dove abiti, così eviterò di passare dalle tue parti!  :)