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Messaggi - Apeiron

#1246
Presentazione nuovi iscritti / Re:presentazione
25 Ottobre 2016, 13:30:46 PM
Benvenuta da un "collega" teorico (ancora studente)
#1247
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
22 Ottobre 2016, 13:33:46 PM
Chiedo perdono a @sgiombo e @Angelo Cannata per il fraintendimento del discorso del cervello. Attualmente ho poco tempo per leggere tutti i post e dare risposte sensate e ben fatte. Perciò in questo post cercherò di spiegare meglio il mio dilemma.

Anzitutto volevo precisare ancora una volta una cosa:
Realtà puramente oggettiva: l'oggetto in-sé indpendentemente da qualsiasi rappresentazione di uno o più soggetti. Con questo voglio dire che l'oggetto deve possedere qualità intrinseche e non solamente derivanti dall'"osservazione"/interazione col soggetto. Come dicevo nel post inziale non si può dire di conoscere la realtà in-sè se conosciamo solo come appare-a-noi. Per inciso se divento cieco tutti i colori spariscono e quindi la realtà in-sé è incolore. Il problema è che la stessa scienza potrebbe conoscere la realtà come "apparente" e come quindi derivante da come ci appare a noi.

Sembra anche che l'evoluzione della fisica ci suggerisca che una descrizione (matematicamente) esatta della realtà è completamente diversa da come come ci "appare" nella vita di "tutti i giorni". Il che potrebbe significare che l'essenza, cioè la realtà-in-sé è logico-matematica. Guarda a caso non possiamo "uscire" dalla logica e dalla matematica nei nostri studi razionali. In un certo senso questo sarebbe una sorta di "argomento" a favore del fatto che la nostra mente funziona come la realtà in-sé. Quello che però in tutto questo mi perplede è che di fatto siamo noi a conoscere queste cose e quindi ovviamente tale conoscenza dipende dai soggetti che conoscono. E quindi siamo al punto di partenza.

Concludo la prima parte di questo post dicendo che: abbiamo come la "tentazione" di asserire che qualcosa di assolutamente oggettivo c'è e che questo sia una sorta di "Logos", una sorta di "legge" dietro ai fenomeni. Il punto è che lo stesso pensiero di Logos deriva dalla nostra mente e quindi di fatto è una rappresentazione!

Vi è poi peraltro la precisazione sul concetto di "rappresentazione". Primo: la rappresentazione avviene sia a livello individuale che a livello collettivo. Ognuno di noi ha una sua "prospettiva" sulla realtà. Ciò è innegabile. Secondo: vi è anche però la rappresentazione ulteriore della rappresentazione che è data dalla nostra cultura, le nostre abitudini, i nostri legami interpersonali ecc. Ad esempio quando vedo un tavolo io lo riconosco come tale ma posso pensare ad una persona che vederebbe il tavolo come un "oggetto non identificato". Perciò sì il mondo è per così dire sia la "mia" che la "nostra" rappresentazione. In entrambi i casi quello che ci sembra "oggettivo" in realtà per gran parte è una sorta di "creazione" della nostra mente: il pensare che quello che percepiamo sia "la realtà in sé" produce "distorsioni" della nostra comprensione e quindi conduce all'ignoranza.

Per capire meglio il senso che volevo dare all'argomento: supponete di avere vicino uno specchio d'acqua torbido e voler capire quando l'acqua è limpida. Per farlo bisogna "tirare via" tutte le sostanze che la rendono torbida. E per fare ciò bisogna distinguere cosa è acqua e cosa non lo è.  Nel caso di questa discussione: "la realtà oggettiva" è l'acqua limpida. Le rappresentazioni sono ciò che la intorbidisce. Quindi a mio giudizio è di primaria importanza stabilire cosa non è oggettivo per capire la realtà.

Il problema è: è possibile rimuovere tutte le "impurità" o no. A mio giudizio NO, il massimo che possiamo fare è conoscere il funzionamento della nostra mente (o meglio le leggi del nostro pensiero). Questo perchè appunto abbiamo una prospettiva "nostra" e per eliminarla in "toto" dovremmo finire di essere "noi". Tuttavia si può avvicinarsi a tale situazione: conoscendo cioè le "rappresentazioni" come "rappresentazioni". In questo contesto l'empistemologia è sia una ricerca di qualcosa sia una terapia che ci libera dall'illusione di conoscere "veramente" qualcosa.
#1248
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
19 Ottobre 2016, 15:31:07 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Ottobre 2016, 00:26:40 AMNo, Apeiron, non esiste alcun metodo che ci permetta una comprensione oggettiva della realtà. I motivi sono tanti e si possono esprimere in diversi modi. Ne elenco qualcuno: - non è possibile dimostrare che la realtà non sia un sogno; da tale impossibilità consegue che il concetto di "oggettività" non ha alcun significato, ma è solo frutto di una nostra immaginazione; tale mancanza di significato ci costringe a concludere che ciò che chiamiamo realtà è effettivamente un sogno e non può essere altrimenti per noi esseri umani; non ci è umanamente possibile immaginare alcunché se non come sogno, cioè come creazione da parte della nostra immaginazione; ciò che pensiamo di immaginare come realtà esterna al nostro cervello non può essere immaginato che come sogno; la nostra impressione di poterlo immaginare come realtà esterna è un'illusione, visto che il nostro cervello non ha alcuna possibilità di venire a contatto con idee, percezioni, fenomeni o alcunché che non siano sua creazione, o come minimo (che poi è la stessa cosa), esperienze radicalmente condizionate da esso stesso; - non abbiamo alcuna possibilità di dare un senso al verbo "essere", poiché è impossibile darne spiegazione senza fare ricorso ad esso stesso; ciò significa che tutte le volte che usiamo il verbo essere non ci è possibile sapere cosa stiamo dicendo; - non ci è possibile pervenire ad alcuna verità, poiché qualsiasi cosa che chiamiamo con questo termine non può fare a meno di passare prima per il nostro cervello; e umanamente non abbiamo alcuna possibilità di verificare se il nostro cervello ci inganna senza usare esso stesso; qualunque corrispondenza, qualunque conto matematico che torna, non può essere valutato come tale se non passando attraverso il nostro cervello, il quale però è proprio l'indagato, il sospettato; non abbiamo alcuna possibilità di uscire dal nostro cervello. Una volta mi dissero che una cosa è certa ed è il principio di non contraddizione e che io non avrei potuto dire tutte queste cose senza servirmi di esso. Ma in realtà, umanamente, non abbiamo alcuna possibilità di verificare se il principio di contraddizione è un inganno del nostro cervello; qualunque metodo riusciamo ad escogitare per verificare ciò, alla fine esso non potrà fare a meno di passare per il nostro cervello per essere valutato. Conclusione: come esseri umani non sappiamo fondamentalmente niente di niente, non ci è possibile affermare niente. Possiamo solo andare a tentoni, procedere con estrema modestia e umiltà, per tentativi. Altro che realtà oggettiva! Non esistono affermazioni a cui non si possano contrapporre critiche in grado di smentirle, le quali a loro volta potranno essere criticate e così via all'infinito. Anche tutte queste cose che ho detto sono incerte, ma ciò non serve a creare alcuna certezza, contribuisce soltanto ad accrescere il dubbio, l'incertezza, il disorientamento: dubitare del dubbio non fornisce certezze, non fa altro che accrescere ulteriormente il dubbio.

Parto dalla logica. Il dubbio della logica non ha senso, perchè il dubbio, il metodo del dubitare si fonda su di essa. La logica perciò è appunto apriori, altrimenti nessuna proposizione ha significato. Per il resto concordo con te: non possiamo fare nient'altro che chiarificare meglio il contenuto della nostra esperienza. Ti faccio un esempio: quando si parla ad esempio di "entità necessaria" quello che stiamo facendo è creare un concetto con cui proviamo ad analizzare la realtà. Il fatto che nella nostra esperienza non ci sia nulla di non-contingente, non-condizionato ci porta a capire che non dovremmo "attaccarci troppo ad essa".

Detto ciò ho errato nel post inziale a non distinguere tra "oggettività" intesa come inter-soggettività, cioè oggettività intesa come ciò su cui più osservatori sono d'accordo e "oggettività assoluta", indipendente dall'osservatore. Ebbene non nego che si possa conoscere qualcosa di oggettivo nel primo significato (ammesso di avere abbastanza fede per rifiutare il solipsismo  ;D ), nego che sia possibile conoscere il secondo tipo di oggettività, cioè il "noumeno". Ora se è possibile parlare del noumeno, allora è anche possibile averne esperienza. Il problema è che ciò non è possibile in quanto per definizione tutto ciò che conosco è per sua natura soggettivo e io posso parlare solo di ciò che conosco. Quindi dire "c'è un noumeno", "la realtà in sé e per sé è tale" è insensato.

@sgiombio,

Il problema è che se di una cosa non puoi avere esperienza non puoi nemmeno parlarne. Tu puoi avere esperienza degli esseri, ma non dell'essere. Parlare dell'essere/noumeno è insensato, eppure siamo tentati a farlo perchè sarebbe "oggettività pura". Quindi anche secondo me non è possibile avere una conoscenza veramente oggettiva della realtà: se una cosa è veramente indipendente dall'esperienza come può essere descritta da un linguaggio nato per l'esperienza?

@cvc,

non nego come ho già detto l'oggettività inter-soggettiva o convenzionale. Quello che nego è che non si può conoscere nulla di oggettivo in senso stretto, cioè indipendente dall'esperienza. Ciò si mostra che ogni proposizione ch esi può fare su ciò che è al di là dell'esperienza possibile è insensatezza.

In ogni caso continuate a parlare di cervello, come se fosse il noumeno, una cosa oggettiva in modo assoluto. Ma d'altronde io ho la conoscenza del cervello tramite l'esperienza. Non è una conoscenza come quella  del principio di non-contraddizione.
#1249
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
19 Ottobre 2016, 15:10:20 PM
Rispondo brevemente agli ultimi messaggi

@cvc
Sì tranquillo avevo capito il tuo consiglio. Come tutte le attività umane anche il pensiero può causare il sovraccarico perciò è bene prenderlo in "dosi non eccessive". Il problema è che nessuno ha mai stabilito le dosi "normali". Nel mio caso le dosi eccessive le riconosco quando continuo a pensare a "me" dimenticandomi che esisto nel mondo.

@Duc in Altum!
Il bello del cristianesimo è che appunto come dici tu secondo la dottrina cristiana lo scopo della vita è donarla, amare il prossimo ecc. Ciò è bello perchè a differenza di tante altre religioni tutti possono essere dei "buoni cristiani" anche rimanendo a lavorare nel mondo. Il problema è che sinceramente mi sono accorto di non capire assolutamente nulla della parte "sovra-mondana". Cosa significa ad esempio sentire "l'amore di Dio"? La Bibbia deve essere presa alla lettera? Se no fino a che punto è allegoria? L'altro grosso problema del cristianesimo è che contro i mis-credenti prevede un'eternità di torture. E quindi quello che poi si crea è che "tu cerca di essere buono e bravo, cerca di perdonare" perchè chi non lo fa "va all'inferno". Avendo visto la "disgregazione" in questo mondo, avendo visto la facilità con cui si pecca ecc, mi chiedo come sia possibile che ancora qualcuno creda nella Bibbia in toto.

@Angelo Cannata
Ringrazio che apprezzi certe mie qualità. Vedo che hai una visione di Gesù simile alla mia. A differenza di tutti gli altri "fondatori" della religione, Gesù è l'unico che in punto di morte ha detto "Dio, perchè mi hai abbandonato?". A differenza per esempio del Buddha, Gesù quando è morto è come se avesse percepito che "qualcosa non va". In questo senso Gesù è come dici tu "uno che ha cercato fino alla fine", tant'è che ha addirittura dubitato tutto quello che insegnava proprio nel momento in cui ci si aspetterebbe che avesse preso coraggio nell'affermare la sua dottrina. L'ho sempre trovato un paradosso ma in un certo senso sotto questo aspetto la sua vita è stata credibile. Detto ciò il "cristianesimo ateo" però non ha alcun senso, dove con questa espressione intendo una dottrina che preserva molti valori cristiani rigettando tutta la parte "oltremondana". Non ha senso a mio giudizio voler essere compassionevoli e ad esempio fare figli in assenza di un "bene superiore". Una volta che una persona nasce, nasce in un mondo dove può succedergli letteralmente di tutto. Per compassione quindi bisognerebbe non fare più figli. Il cristiano ateo, forte del suo "positive thinking" (perdonate l'ironia), crede ingeniunamente che la "vita è il massimo valore" portando altri esseri in un'esistenza condizionata. Come puoi vedere questa mia estrema (sana?) chiarezza mi fa dire che questa esistenza mondana è "difettosa", "piena di sofferenza" e in assenza di domini sovramondani sinceramente è in fin dei conti "non preferibile al nulla". Tuttavia percepisco in quello che sto dicendo "qualcosa che non va" e quindi sono ancora in ricerca.
#1250
All'universo non cambia nulla se c'è o non c'è il filosofo. Infatti la nostra esistenza è vicina al nulla. Se il "filosofo" (se così si può chiamare) Apeiron domani non esistesse, per l'enormità dell'universo non cambierebbe nulla. Pensare che per l'universo noi siamo importanti è avere megalomania. La differenza tra l'ebete e il "filosofo" è questa: il primo ritiene se stesso come la cosa fondamentale dell'universo, il secondo invece contempla la nostra quasi nullità. Il compito del filosofo non è altro che ridefinire meglio la propria "quasi-nullità", sperando che anche ad altri questa ridefinizione sia di giovamento.

Al filosofo poi toccherà scegliere una propria "visione del mondo", un sistema di pre-giudizi. L'ebete magari ne conoscerà molti e diffiderà (anche a ragione) del lavoro del filosofo. Magari su certe cose l'ebete avrà ragione e il filosofo torto. Perchè è meglio essere "filosofi"? Perchè perdere la propria vita nella ricerca di ridefinire la propria "quasi-nullità"? Eccolo: la differenza è che per il filosofo vive la sua "quasi-nullità", ne ha un'esperienza. L'ebete invece in un certo senso passerà la propria vita senza viverla.
#1251
Tematiche Filosofiche / Realtà e rappresentazione
18 Ottobre 2016, 19:39:34 PM
"Il mondo è una mia rappresentazione" (Schopenhauer).



Una delle più grandi questioni dell'epistemologia è la seguente: distinguere cosa è oggettivo da cosa invece è soggettivo nelle'esperienza. Nessuno di noi (o quasi, a parte certi realisti "naive") ha difficoltà ad accettare che colori, suoni, sensazioni tattili, odori e gusti esistano solo come "rappresentazione" che la nostra mente produce della realtà. Ben diverso il discorso è quando si discute dell'oggettività delle regolarità della natura e dell'esistenza della materia (perfino Schopenhauer diceva che il cervello produceva la rappresentazione). Eppure la cosa a me è sempre suonata un po' sospetta. Cosa è dunque che ci fa veramente distinguere ciò che è soggettivo da ciò che invece è oggettivo?


Un'ipotesi di comodo è che ad esempio la matematica e la logica descrivano sia il funzionamento della nostra mente che quello della materia e quindi la descrizione matematica della natura è in linea di principio esatta. Tuttavia questa è un'assunzione forte e sinceramente vedo una forte contingenza sul particolare linguaggio usato in matematica, tanto da rendere alcune cose di essa arbitrarie (tipo il come noi sciriviamo le leggi della fisica...). Ma anche se accettiamo che la "materia" è oggettiva e segue leggi matematiche, l'unico modo per stabilirlo è l'esperienza. Tuttavia l'esperienza ci da informazioni sulla rappresentazione e non sulla realtà. D'altronde noi ad esempio diciamo che il Sole è (quasi) sferico utilizzando ciò che sappiamo dall'esperienza.



L'unica alternativa sarebbe quella di non passare per l'esperienza e di indagare il "rappresentante" MA questo metodo è chiaramente soggettivo. Detto questo: secondo voi esiste un metodo che ci permetta di dare una comprensione oggettiva della realtà?
#1252
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
18 Ottobre 2016, 19:23:27 PM
Non ho più risposto perchè mi prendo un po' di tempo per meditare sui vostri consigli. Ora credo che la cosa migliore sia non pensare, ma agire. Grazie a tutti.
#1253
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
16 Ottobre 2016, 22:06:08 PM
Sì cvc hai ragione, dovrei smetterla di pensare (troppo). Il punto è che per me è quasi impossibile. Faccio una fatica tremenda a non pensare. Pensare di meno mi farebbe bene (ancora meglio la distruzione del desiderio di filosofare). La mia visione del mondo non la considero comunque pessimista, ma realista in quanto deriva dall'osservazione di ciò che succede. Credo che mi impegnerò a contrastare il mio desiderio di riflettere e di comprendere, anche se attualmente questo sacrificio mi pesa come un macigno. In  ogni caso cvc i problemi di cui discutevo prima secondo me "sono problemi", il punto è che non si dovrebbe esserne così assorbiti.

Per altamarea non capisco cosa intendi con questa frase: "Dare significato alla propria vita significa anche avere una visione transpersonale, olistica, filosofica e spirituale". Nella discussione ho cercato di essere il più chiaro possibile. Il problema non è solo di autostima comunque. In ogni caso credo che questi problemi siano quelli più universali di tutti. Non molti però vogliono indagarli.
#1254
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
16 Ottobre 2016, 12:01:02 PM
Citazione di: cvc il 15 Ottobre 2016, 13:37:36 PMCome in economia, anche nella vita le crisi sono necessarie. Perché il loro ruolo è quello di informarci che determinati nostri schemi di comportamento e di pensiero sono deteriorati, quindi occorre sostituirli o riorganizzarli. Il fluire delle cose è inevitabile, il tempo ha sempre l'ultima parola. Ciò che ora rappresenta un problema, può non esserlo più domani - sia che l'abbiamo risolto o meno - e viceversa. Ci cristallizziamo in determinati stati d'animo, senza poi renderci conto che il tempo cambia le condizioni che li hanno determinati. Le crisi esistenziale derivano in buona parte da comportamenti e stati d'animo appresi nell'infanzia, e dall'impreparazione ad accettare che essi non sono più adeguati alle situazioni attuali. Il cambiamento è traumatico, per questo avvengono le crisi. Bisogna rinascere dalle proprie ceneri, morire per rinascere. Occorre vedere cadere le foglie nell'attesa del loro rifiorire. È ciò che avevo cercato di dire nel topic "L'autunno della psiche".

Concordo con te che si cresce attraverso le crisi e che queste sono dovute a modi di pensare che non si adattano più alla realtà. Vero. Però è anche vera un'altra cosa, che ho cercato di dire in questo topic. Ed è questo: io e il mondo siamo enterambi imperfetti. E a mio giudizio ogni progresso è stato fatto a causa dell'insoddisfazione per questa imperfezione. Esempio personale: provo "disgusto" per il fatto di aver paura di guidare, perciò cerco di (re-)imparare. Quello che non capisco è che la stragrande maggioranza delle persone ha i difetti e o non si accorge di averceli oppure se ne accorge e ma non cerca di correggerli. E perchè? Perchè sono "adatti" alla società, funzionano. Nel mio caso invece sono quasi l'opposto dell'individuo di successo e quindi mi "tocca" perfezionarmi.

Citazione di: Freedom il 15 Ottobre 2016, 13:57:24 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Ottobre 2016, 19:16:46 PMCome da titolo volevo condividere con voi la mia situazione esistenziale. Sono sempre stato una persona timida, introversa e completamente inetta nella vita quotidiana. Sono abbastanza inetto nel comprendere le relazioni interpersonali e le banalità della vita quotidiana a volte mi pesano un macigno. Questo è il background ed è forse la causa del fatto che mi sono spinto alla filosofia e alla scienza. Detto ciò questa è la mia situazione. (1) Sono terrorizzato dalla intrinseca contingenza della vita. Sono consapevole che mi può capitare di tutto, che i miei sogni si possono infrangere, che posso morire da un momento all'altro ecc; (2) Vorrei che la mia propensione filosofica fosse utile anche per le altre persone, però la mia totale incapacità nella vita quotidiana non aiuta. Non so come in sostanza fare in modo che il mio talento sia utile; (3) Sono continuamente in dubbio se appunto la ricerca interiore sia in realtà utile o sia una semplice "perdita di tempo". Vedo persone molto più intelligenti e molto più funzionali nella società di me che trascurano completamente questa dimensione; (4) Sono poi cosciente del rischio (economico, mentale...) che mi pone la scelta di vita "da filosofo" sia per me che per i miei cari. Quello che mi chiedo è "sono pazzo a pensare che ne valga la pena"? E inoltre ho una spinta a pensare che non riesco in ogni modo a fermare. Inoltre in prospettiva sarebbe l'unica vita che mi renderebbe felice. Il problema è che vedo "ostacoli" ovunque, oltre che un generale disinteresse per questi argomenti. (5) Cerco di trovare una risposta alle domande etiche ed epistemologiche più profonde ma in caso queste non ci siano allora l'intera mia vita sarebbe per così dire "sprecata"; (6) Il mio essere imbranato nella vita quotidiana mi rende inutile "materialmente" per le altre persone; Immagino che anche a voi saranno capitati pensieri simili, come li gestite? In sostanza mi sento piccolo, debole e tremolante. Non vorrei anche essere in tutto questo "pazzo". Mi sento un estraneo rispetto a questo mondo e a quest'epoca. Però non pensate che sia un completo eremita o un asociale, non lo sono. L'unica consolazione che riesco a trovare sono parole come quelle di Pascal: "L'uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l'universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d'acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand'anche l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe pur sempre più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e il vantaggio che l'universo ha su di lui; l'universo non sa nulla. Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. E' in virtù di esso che dobbiamo elevarci, e non nello spazio e nella durata che non sapremmo riempire. Lavoriamo dunque a ben pensare: ecco il principio della morale".
Perdona la somma banalità della mia risposta che, spero possa essere considerata, alla luce del fatto che proviene da chi si avvicina al tramonto della vita. E non da chi la spara tanto per dire. Quello a cui dovresti tendere è, primariamente, l'autonomia economica. Immediatamente dopo a sviluppare relazioni sociali significative tra le quali dovresti "pescare" il jolly di un amore. Per quanto concerne "la lotta contro i pensieri" essa appartiene a tutti e noi e certamente ti accompagnerà tutta la vita. Convivici. E' quello che facciamo tutti noi. Per quanto infine attiene alla crisi esistenziale in senso stretto è cosa buona e giusta. Essa solitamente sfocia in una ricerca interiore importante e foriera di grandi doni. Generalmente è tuttavia molto impegnativa, lunga e richiede sacrifici notevoli. Anch'essa, con alti e bassi, ti accompagnerà tutta la vita. Se posso permettermi un umile suggerimento vorrei enfatizzare l'immensa utilità che proviene da un atteggiamento umile, aperto agli altri e, nel limite del possibile, altruista. Senza, va da sé, scivolare nell'ingenuità, volgarmente detta coglioneria. Calorosi auguri e condividi serenamente tutto quanto ti sentirai di condividere.

Nessun consiglio in questi casi è banale e colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che mi hanno risposto. Ecco, vedi. L'indipendenza economica, cioè appunto funzionare. La mia paura è che per raggiungere l'indipendenza economica non mi realizzerà mai. Forse in me qualcosa è storto. Non so cosa.

Per quanto riguarda l'altruismo molto spesso mi pento di non esserlo abbastanza. A volte mi sento "distante" dagli altri. Anche qui a volte faccio una fatica tremenda a "connettermi". Questo è un difetto. E tento di colmarlo. Eppure nonostante i miei sforzi mi sembra sempre di essere distante. Cercherò di impegnarmi in questo aspetto

Grazie per gli auguri

Citazione di: altamarea il 16 Ottobre 2016, 07:53:43 AMApeiron ha scritto
CitazioneSe ti va di capire il mio punto di vista ti consiglio ancor oltre che Nietzsche: Schopenhauer, Leopardi, Kierkegaard (qui però il filosofo danese ha una soluzione alla disperazione (la "malattia mortale"), ti consiglio di vedere come descrive la situazione senza la soluzione), Pascal, il Canone Pali del Buddismo ecc (senza citare la biologia...).
Perché non provi ad accantonare temporaneamente i filosofi citati e lo scrittore Leopardi e volgi le tue letture alla psicologia per comprendere che l'essere umano nell'ambiente sociale non è un individuo soltanto passivo ma è un protagonista del suo destino. A me sembra la tua una crisi adolescenziale allo stato terminale e scruti l'orizzonte alla ricerca della via. Il nick Duc ti inviterebbe a farti consigliare dallo Spirito Santo, di aver fede; io, da non credente ti dico di perseguire le vie dell'autostima e dell'autorealizzazione, se puoi; di far fluire le tue potenzialità verso una meta definita. Dare significato alla propria vita significa anche avere una visione transpersonale, olistica, filosofica e spirituale.
CitazioneSono convinto che scoprire la "vera natura della realtà" è la soluzione.
Il concetto di realtà è collegato all'ontologia e questa alle domande sul significato della vita. Ti ripeto la domanda che ti ho fatto nel mio post precedente e non mi hai risposto: cos'è per te il significato della tua vita ? Sulla realtà ti consiglio di leggere quanto ha scritto il fisico tedesco Hans Peter Durr, così rimani nell'ambito dei tuoi studi.

Cosa è dunque lo scopo della mia vita? Perfezione morale e intellettuale. Perlomeno voglio capire cosa sia questa perfezione con la mia ragione.Questo è il mio obiettivo.  Sento spesso dire: non si può essere perfetti, quindi non pensarci. Vero non sono perfetto. Sono ipocrita, "predico bene e razzolo male", vivo negli agi non guadagnati da me, non mi sono liberato da pregiudizi e ignoranza ecc. E per questo motivo non mi piaccio. Per fare una metafora biblica ho visto la trave nel mio occhio.

Sul fatto che non sei credente e che mi consigli di perseguire la via dell'autostima e dell'auto-realizzazione. Anche qui non concordo. La via dell'autostima? Avere una buona autostima non rende persone migliori spesso. Ho visto persone molto arroganti. Queste sono piene di autostima. O forse vuoi dire un'autostima "bilanciata" o un'autostima e un'autorealizzazione che rende sereni. Ok qui va molto meglio. Tuttavia è quello che sto cercando. Penserai che l'esistenzialismo non è altro che una perdita di tempo. Ebbene anche quelli sono problemi. Perchè da scienziato mi interesso anche di ciò? Perchè sono convintissimo che ci sia un legame tra conoscenza ed etica. E sinceramente fare solo il fisico significherebbe diventare uno "specialista" e quindi "dormire". Per quanto riguarda la lettura che mi hai consigliato: se avrò occasione volentieri. Grazie. In ogni caso credo che una persona deve farsi un'idea di sè, di sè nel mondo e del mondo stesso.

 Inoltre visto che a quanto pare non credi in nessuna dimensione "oltremondana", ti faccio una domanda. Guarda questo mondo: come civiltà umana combattiamo con tutti gli sforzi per evitare malattie, morte, disintegrazione ecc.  Neghi forse che questo mondo è dominato dalla tendenza alla disintegrazione, dalla cieca casualità, dalla contingenza "al di là del bene e del male"?  Non credi nell'impermanenza? In altre parole per te "essere=dover essere"? Se mi rispondi sì vuol dire che accetti tutto ciò (Eraclito/Nietzsche), in altro caso postuli un "dover-essere" e quindi anche tu sei "credente". Dio d'altronde nella sua definizione più generale possibile non è che un'insieme di valori o un concetto di "perfezione". Sinceramente questo mondo mi sembra assurdo, senza senso,  popolato da esseri che "vanno e vengono". Generazioni che vanno e vengono in continuazione. Ti ripeto l'esempio di leone e gazzella. Non percepisci una tragedia? A dispetto della tua esperienza di vita, come descriveresti il mondo in generale?  Ho visto questa "visione tragica". E ho completamete perso ogni volontà di litigare, di combattere ecc. Ogni volta che vedo le persone litigare mi sembra di vedere degli esseri imprigionati che tentano di soppraffarsi l'uno con l'altro. La corsa che possiamo fare verso la perfezione morale e intellettuale mi sembra dunque una delel poche cose che rende la vita una tragedia. Altrimenti è una farsa, che è ancora più tragica di una tragedia.
#1255
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
15 Ottobre 2016, 00:09:26 AM
Ebbene altamarea, mi trovo a dirti un'altra assurdità: hai e non hai torto  :)

Non hai torto perchè d'altronde è vero che saper amare, anche se preferisco la più generica espressione "voler bene", è di fatto l'unica cosa che ci fa vivere dignitosamente. Ahimé forse non sono capace di "essere vicino" alle altre persone. Comunque accolgo il tuo consiglio e qui cercherò di migliorare.

Per la mia visione del mondo, qui credo che mi hai frainteso. La "lotta" non è evidente. Considero lo stesso fatto di dover mangiare una "lotta". Per la sopravvivenza nostra e dei nostri cari ogni giorno lottiamo. Una discussione è una "lotta", andare al lavoro è una "lotta". Per lotta intendo cioè la naturalissima verità secondo la quale tutti gli esseri viventi, essendo esseri condizionati, cercano di mantenere le condizioni per la propria e l'altrui sopravvivenza.
Se ti va di capire il mio punto di vista ti consiglio ancor oltre che Nietzsche: Schopenhauer, Leopardi, Kierkegaard (qui però il filosofo danese ha una soluzione alla disperazione (la "malattia mortale"), ti consiglio di vedere come descrive la situazione senza la soluzione), Pascal, il Canone Pali del Buddismo ecc (senza citare la biologia...). Non servono belve fameliche per vedere come l'esistenza in "questo mondo" sia permeata dalla disgregazione, dall'impermanenza. Io provo compassione (se vuoi astratta) per tutte (o quasi tutte) le creature di questo mondo. Vedo la sofferenza, la felicità impermanente, coscienze che soffrono. Se vuoi vedere un leone che mangia una gazzella mi rattrista, perchè entrambi sono mossi dalla necessità e non si può dire che il leone abbia "sbagliato" ma semplicemente l'ha fatto con lo stesso nobile motivo con cui la gazzella cercava di scappare. Magari entrambi avevano una cucciolata. Sinceramente non mi basta sentirmi dire "è così che va il mondo quindi accettalo".  E con questo sguardo non voglio però nemmeno dire che "la vita è un errore" (contro Schopenhauer se vuoi). No, la vita non è un errore. Tuttavia guarda questo mondo: la disgregazione lo permea. E questo mi ricorda ogni giorno che devo cercare di non aumentare (se poi si riesce a fare del bene meglio) la sofferenza del mondo. E spesso vengo ripetutamente deluso da me stesso quando vedo che invece di non aumentarla, l'aumento. Credi che questo discorso sia sbagliato?

Come dici tu forse è vero che mi pongo troppi problemi e sbaglio le soluzioni. Però ho sempre cercato di inseguire la verità e sinceramente quello che ho scoperto è che una realtà senza Nirvana, karma, Dio cristiano, senza Dio di Spinoza, Geist di Hegel ecc, questa realtà che rimane è "dukkha", cioè stress. Se non ho evidenze ho difficoltà a credere e sinceramente di tutte quelle che ho detto non ho evidenze. Potrei fermarmi dire "non ci penso più" ma ho la mia coscienza (malata ?) mi dice "no, indaga!". Sono convinto che scoprire la "vera natura della realtà" è la soluzione.

A te forse queste parole suoneranno come dei lamenti, o forse magari le apprezzi perchè vedi che indago e mi vedi come "uno che cerca". Con tutta onestà, ti ripeto, non stai sbagliando. Non è sbagliato "darsi una calmata". Non mi hai ancora detto (e dunque non ti chiederò di dirmi le tue "opinioni sulla realtà"). Non ti chiederò qual è la ragione dietro al fatto che tu vedi il mondo e te stesso in modo diverso da me. Non mi interessa dirti "sbagli". No, non più. Sono anzi contento che tu non soffra. Spero anche tu non senta (o abbia sentito) una provocazione con queste mie parole.

Detto questo non nego il valore della vita, dell'amicizia, del "volersi bene", della felicità ecc Forse è proprio per questo invece che ho questa visione del mondo (come Leopardi ad esempio, senza ovviamente dire che sono "grande" come lui...)  :)
#1256
Ahahahah fantastici!

Per quanto riguarda il mio alter-ego... Beh mi ha spezzato dalle risate. Purtroppo quando però ho fatto il confronto con la realtà non l'ho trovato così distante. Meglio riderci sopra  8)
#1257
Presentazione nuovi iscritti / Re:Presentazione
13 Ottobre 2016, 22:56:48 PM
Grazie sgombio.

Comunque è impossibile fare fisica sena fare filosofia. Ed è vero che troppo spesso viene "rigettata dai fisici". Io però sono diverso da questo punto di vista :)
#1258
Percorsi ed Esperienze / Re:Crisi esistenziale
13 Ottobre 2016, 22:54:29 PM
Citazione di: altamarea il 13 Ottobre 2016, 21:41:48 PMApeiron ha scritto:
CitazioneLo spirito competitivo è necessario ahimé per tutti, perfino per chi vuole "andare fuori dal mondo". Io ho sempre visto la verità del fatto che "la vita è sfida" non come una bella cosa come ci vorrebbero far credere quelli che dicono "cavalca il cambiamento". No, questa verità è una verità terribile. Detto questo se si vuole però riuscire a raggiungere un qualche obbiettivo anche quello della realizzazione spirituale si deve combattere e quindi soffrire.
La mia esperienza di vita è diversa dalla tua. A te la vita sembra un'arena con i gladiatori che lottano per la sopravvivenza, chissà perché. Se ti vuoi realizzare nell'ambito della fisica o della filosofia nessuno può ostacolarti. Ti piacerebbe l'autorealizzazione ma non hai l'autostima necessaria. Come già ti ho detto nel precedente post, se non riesci da solo ad accrescere l'autostima puoi farti aiutare da un psicoterapeuta, ma da quanto leggo nei tuoi post, eviti di argomentare su tale possibilità. Ciò mi fa pensare che già sei stato dallo psicologo e sei rimasto insoddisfatto. Sbaglio ? Spiegami che necessità ha di essere competitivo "chi vuole andare fuori dal mondo", chi vuol fare l'eremita o altro. Un mio parente, monaco benedettino, ogni volta che lo incontro lo trovo sereno, in pace con tutti. Nell'ambito lavorativo c'è competizione, ma non in modo esasperato nella maggior parte dei casi. Dedicati a diventare bravo in ciò che ti piace fare, senza entrare in competizione con nessuno. Il problema solitudine ? E' una tua scelta ! Ci sono tanti modi per farsi degli amici. Se ci non ci riesci fatti un esame di coscienza.

In realtà non sono mai andato dallo psicologo. Però non ho i mezzi attualmente per andarci.

Sì mi sembra un'arena di gladiatori che combattono per la sopravvienza. D'altronde come descriveresti il mondo? Si lotta per sopravvivere. Ogni essere vivente lo fa, ogni specie cerca di mutare la realtà a proprio giovamento. Ogni giorno lottiamo. Chiaramente se fossi religioso e pensassi ad esempio che la creazione in fondo è come deve essere, sarei magari meno impaurito dalla realtà. Guarda le religioni: molte professano l'esistenza di un al di là migliore di questo mondo. Perchè?

Nessuno vorrà ostacolarmi ma questo non significa che non dovrò lottare. In ogni caso mi domando anche se volere l'auto-realizzazione sia giusto o no. Poi comunque anche nella ricerca c'è molta competizione da quanto mi è stato riferito. Nell'ambito lavorativo ho esperienze molto vicine a me dove la competizione era esasperata.

Per il tuo amico monaco: sicuramente avrà sofferto anche lui prima di diventarlo. Molte conversioni/realizzazioni religiose in realtà arrivano dopo molti travagli spirituali (esempi ne trovi tantissimi). Non credi? D'altronde è una scelta drastica abbandonare il contatto umano. Non credo che non abbia mai sofferto di ciò. Se non ha mai sofferto, sono felice per lui.

Solitudine. Sì l'esame di coscienza me lo faccio ogni giorno. E so (in parte) i difetti che io. Tuttavia riuscire a vivere in modo decente, essere funzionale, stare al passo con gli esami, mantenere le amicizie e correggere i miei profondi difetti è faticoso. Sapevo di fare la figura del lamentone (e lo sono per carità, lungi da me il negarlo) però mi sembri troppo drastico. Voglio dire: hai mai letto Nietzsche? Sia nell'opera che nell'epistolario trovi il lamento della solitudine. D'altronde è umano, troppo umano (cit.), naturale lamentarsi della solitudine. Così come è naturale vedere la vita come dura. Con questo non voglio dire che trovo una scusa.

Detto questo ho molti difetti e ti garantisco che non è per nulla facile "funzionare bene" nella società e ripararli allo stesso tempo.

Comunque ho riletto il tuo post e il rischio del rimpianto se non si perseguono i propri interessi è enorme. L'espressione "morire lentamente" mi è piaciuta. E anzi a me da la spinta nel mio "solitario" cammino.
#1259
Ahahahah alcuni post sono fantastici  ;D

Secondo me lo scopo della vita è passare da una farsa a una tragicommedia.  8)
#1260
Presentazione nuovi iscritti / Re:ciao a tutti!
13 Ottobre 2016, 17:53:00 PM
Grazie roberta.
Più che mobbing ho provato sulla mia pelle l'ostracismo (cioè semplicemente essere ignorato e considerato "estraneo", "diverso, "alieno" ecc. Vedere che con me la gente si comporta in modo diverso rispetto agli altri, anche se non ci sono prese in giro è comunque disarmante...). Immagino che l'esperienza sia tremenda. Il problema non è l'autostima ma il fatto che c'è veramente tanta gente il cui comportamento è disgustoso. Comunque secondo me la differenza tra te e loro è che tu SAI che hai i tuoi problemi e loro no. Ti prendono in giro per il fatto che magari, come me, la consapevolezza di aver problemi ti rende timida. Ma la timidezza è un "effetto indisiderato" che nel bene e nel male è necessario per superare i problemi. Loro invece non sanno nulla.

Il timido è colui che vuole migliorare. Il sicuro di sè pensa già di essere perfetto ma non lo è.

Detto questo i miei problemi rimangono però "una vita non esaminata non è degna di essere vissuta" (Socrate)