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Messaggi - Sariputra

#1261
Citazione di: acquario69 il 15 Marzo 2017, 12:33:58 PMChiedo a qualcuno di voi se mi sappia dire con esattezza l'etimologia della parola Verità e Primavera Su internet avrei trovato queste (misere) indicazioni: --dal latino,veritas derivato di verus ossia "vero" oppure dal sanscrito vrtta cioè "fatto, accadimento" --verità s. f. [lat. vērĭtas -atis, der. di verus «vero»] Carattere di ciò che è vero, conformità o coerenza a principî dati o a una realtà obiettiva: La curiosita' mi sarebbe venuta perché Vito Mancuso nella trasmissione tutta la citta ne parla del 10-3-2017 dal tema; "Il riconoscimento adozione bambini per le coppie gay" ..a un certo punto direbbe che la radice etimologica di vero, sarebbe quella della primavera! Ma e' cosi come dice lui?? di contro mi Sono andato a vedere anche l'etimologia della parola primavera e avrei trovato che deriva da prima e vera, quest'ultima dalla radice sanscrita vas che significa ardere, splendere...ma a quanto pare non centrerebbe niente con la parola verità come dice lui! Qui sotto le sue testuali parole che ho riportato una per una... In realta' uno deve capire che verità.... ...guardi sta per cominciare la primavera... Ver,la radice ver,veritas e' la stessa radice di primavera,perche ver,veris in latino e' primavera..e cosa significa questo, significa che il concetto profondo di verità, nel senso proprio più esistenziale e' cio che fa fiorire la vita e questo e' l'amore,l'amore vero fa fiorire la vita e allora due persone possono dello stesso sesso possono adottare un bambino..... :o e qui sotto ce il suo intervento audio di circa 5 minuti; http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-f5474704-6e99-4c88-9282-063ceaa5a185.html Grazie in anticipo, sperando di venirmi in aiuto in questa piccola ricerca

Ah..Mancuso, teologo fuori dalle mura, pensa che basti un 'volemose ben' per risolvere tutto ( e un pò lo pensano i cristiani in generale e anche gli atei e agnostici che schifano il cristianesimo ma bene sanno usarlo...).Ma ci sono problemi concreti. Immaginati un bimbo che, come quasi sempre succede in tutte le famiglie, piomba nel letto matrimoniale quando i due mariti stanno 'esplorandosi', e curioso esclama: "Ma...papi, che stai facendo?". Al che i due malcapitati colti sul fatto dall'esserino 'innocente' rispondono all'unisono: "Chi?" ;D
Poi cosa succede quando l'esserino ti chiama al telefono per darti la grande notizia che ha preso un bel sette in matematica? Di solito, in questi casi, se rispondi tu l'esserino , spazientito, ti dice subito: "Papi, passami la mamma, dai !"...non ditemi che non succede la stessa cosa a tutti i papi...ora vi lascio immaginare la scena dell'esserino che dice: "Papi, passami il papi, dai..." da scompisciarsi dalle risate... ;D con i due che litigano: "Ma sei tu...o sono io, che vuole Pierino?".  Sicuramente due pieni d'amore possono voler adottare un bimbo...il problema semmai è se il bimbo vuole essere adottato dai due, perché l'esserino è 'innocente' ma mica stupido e già intuisce a quali casini andrà incontro... ;)

P.S: Questa mattina sono in versione 'politicamente scorretta'... 8) ma è solo per cercare di tirarvi su il morale, che vi vedo tutti un pò depressi ultimamente, intenti a discuter di suicidi e lutti e morti varie ( morte della verità, della metafisica, del criceto che gira sempre sulla ruota, ecc.). E' Primavera... :) :) :) :) :) :) :) :) :) :)

https://www.youtube.com/watch?v=Ka3nuZaRoMI
#1262
La verità è che la primavera prima era vera...ora non lo è più! ( relatività della prima-vera). Infatti non si sente più la gente , in questi giorni, dire: "Sta arrivando la primavera", intendendo quindi che sta arrivando qualcosa di vero, al massimo dice: "Che bella giornata, fa già caldo" che , pur non essendo falso, non ha lo stesso significato...infatti aggiungono subito: "Ma durerà?". Che tempi degenerati...
#1263
L'uso del termine "bestia", in luogo di "animale", secondo me, denota latenti preconcetti al riguardo.

No, no!...Nessun preconcetto, solo che mi pareva termine più 'adeguato' all'uomo, rispetto ad animale. Quindi 'bestiale'  come feroce, animalesco, sanguinario,spietato ecc. tutte le qualità che l'uomo esprime in misura colossale da sempre... ;D ( poi non è che tutti gli animali siano 'sta gran bontà, intendiamoci...).
Sulla spiegazione scientifica non ho nulla da eccepire visto che la valutazione del grado di autocoscienza degli animali pare impossibile da fare ( anche quella degli esseri umani, però...) e tentare di immedesimarsi con loro è ardua. Io ci ho provato ad entare nella psicologia del mio asino Anselmo ma...non ci sono proprio riuscito!!  :-\
#1264
Citazione di: baylham il 15 Marzo 2017, 09:44:35 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Marzo 2017, 08:35:47 AMPresumo che il suicida sia un essere sostanzialmente 'ottimista' e infatti , se non lo fosse, non spererebbe di migliorare la sua situazione uccidendosi. Il pessimista radicale invece dubita che il suicidarsi migliori la sua situazione, proprio perchè, essendo pessimista, teme anzi che la peggiori ( il famoso cadere dalla padella nella brace...) ;D
Probabilmente un pessimista radicale sceglierà la soluzione meno pessimistica.
Citazione di: Sariputra il 15 Marzo 2017, 08:35:47 AMMi viene in mente il caso di un medico che , diagnosticatogli un tumore al cervello, si è lanciato dal nono piano dell'ospedale. Avendo uno dei figli che frequentava la classe della mia, un giorno torna a casa e mi racconta che il ragazzo era scoppiato in pianto in classe. Quando l'insegnante ha tentato di confortarlo dicendogli che doveva vedere l'atto del padre come un gesto d'amore verso di loro, così che non soffrissero per vedere in che condizioni si sarebbe ridotto, il ragazzo è esploso: "Ma io volevo soffrire insieme a lui! Perché me lo ha impedito?"... Non ci sono risposte :'(
Secondo me il giudizio dell'insegnante era infondato: il medico ha immaginato la propria morte dolorosa e ha scelto egoisticamente di suicidarsi. La reazione del ragazzo è altrettanto egoista.

Penso che sia impossibile per noi comprendere, o immaginare, tutte le motivazioni di una parte e dell'altra del dramma. Ci possono essere molte chiavi di interpretazioni. La tua può essere senz'altro inclusa tra queste , ma non esaurirle. Ho portato l'esempio non per fare una nostra valutazione ' dall'esterno' di una tragedia in cui non ci sentiamo realmente coinvolti, ma per mettere in evidenza come la relazione tra noi sia totale. In altre parole non c'è un unico attore del dramma ( il suicida) ma è un dramma che coinvolge tutta la relazione dell'attore stesso con la realtà che vive, a volte con conseguenze imprevedibili (penso per esempio ad una mia cara amica che, trovato per prima il corpo 'appeso' del fratello , che soffriva di depressione, non è mai riuscita a superare quel dramma, tanto che tutta la sua vita di relazione ne è stata fortemente compromessa...). Come vedi cerco di non formulare alcun tipo di giudizio 'morale' sull'atto in sè, ma di metterne in evidenza le implicazioni nel concreto del vivere ( di relazioni).
#1265
Presumo che il suicida sia un essere sostanzialmente 'ottimista' e infatti , se non lo fosse, non spererebbe di migliorare la sua situazione uccidendosi. Il pessimista radicale invece dubita che il suicidarsi migliori la sua situazione, proprio perchè, essendo pessimista, teme anzi che la peggiori ( il famoso cadere dalla padella nella brace...)  ;D
Mi viene in mente una battuta di Woody Allen che mi sembra recitasse più o meno così:


Quando vivevo a Brooklyn, non si ammazzava nessuno...erano tutti troppo infelici e pessimisti per farlo... :)

Non penso che sia corretto definire con il termine suicidio l'azione , per es., di un soldato che fa scudo con il proprio corpo al commilitone o quella di una madre , di qualunque specie animale, che si lancia contro gli aggressori dei suoi piccoli. In questa azione infatti non c'è alcun desiderio di porre fine alla propria vita ma si ritiene che il valore della vita altrui superi quello della propria, così da poterla mettere a rischio ( perché l'attore non sa l'esito della sua azione di salvezza...anche se può più o meno immaginarlo). Il termine 'suicidio' è un termine sostanzialmente vuoto se non lo definiamo attraverso il contesto e le motivazioni.
Sul fatto che " meglio sarebbe non esser mai nati" dissento. Intanto come potrei affermarlo se non fossi mai nato? L'esistere non è un fatto accidentale che 'ci capita' ma la conseguenza di cause ben precise, a loro volta determinate da altre cause, e così via. Ritorna in questa affermazione ( "meglio sarebbe non esser mai nato") la tipica impostazione nostrana , occidentale della visione dell'esistenza come qualcosa 'slegata' dall'insieme, una cosa chiara e ben definita, con un ben definito inizio e una ben chiara fine. Manca il sentire l'esistenza come un continuum che si sostanzia nella relazione con le cause che ci formano, quelle che produciamo e che ci seguone. Per questo, a mio parere, ogni gesto ha il suo significato, e le sue cause ed effetti, all'interno della relazione stessa.
Mi viene in mente il caso di un medico che , diagnosticatogli un tumore al cervello, si è lanciato dal nono piano dell'ospedale. Avendo uno dei figli che frequentava la classe della mia, un giorno torna a casa e mi racconta che il ragazzo era scoppiato in pianto in classe. Quando l'insegnante ha tentato di confortarlo dicendogli che doveva vedere l'atto del padre come un gesto d'amore verso di loro, così che non soffrissero per vedere in che condizioni si sarebbe ridotto, il ragazzo è esploso: "Ma io volevo soffrire insieme a lui! Perché me lo ha impedito?"... Non ci sono risposte :'(
#1266
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
14 Marzo 2017, 10:04:10 AM
Citazione di: Eutidemo il 14 Marzo 2017, 07:03:40 AMCaro Sariputra, penso proprio di poterti capire. Anche io, infatti, ho assistito mia madre invalida, per dieci anni (dal 2002 al 2012); sebbene la sua invalidità, da quel che leggo, era di gran lunga inferiore a quella di tua madre. Attualmente, invece, da circa due anni, sto aiutando la moglie ad assistere un mio amico affetto da SLA; il quale, ora, sia pure perfettamente lucido, giace paralizzato e nutrito da una sonda gastrica (PEG), e respira attraverso un tubo in gola (a seguito di tracheotomia), essendo in parte sottoposto a ventilazione. Ovviamente, non è in grado di parlare, e, dai novanta chili che pesava, ora ne pesa meno di 40! *** Quanto a fare una 'buona legge' su queste tematiche, secondo me, è molto difficile, ma non impossibile: ed è comunque NECESSARIO. E' parimenti vero, peraltro, che è un problema che implica così tante sfaccettature da rendere difficile emanare leggi adeguate al riguardo; ma, a mio avviso, è un grave errore pensare che ci siano meno problemi nel "non regolare" un fenomeno, piuttosto che nel regolarlo (vedi "angeli della morte"). Sono d'accordo anche io, peraltro, che neanche un'eventuale legge sul testamento biologico sarebbe in grado di risolvere tutti i problemi; però è pure vero che nessuna legge, quale che sia la materia che intende regolare, sarà mai in grado di risolvere tutte le specifiche eventualità...perchè la norma è per sua natura "generale", mentre i casi sono sempre "particolari" (per questo esistono i tribunali). Ma non è un buon argomento per sostenere che non si debba varare una legge sul testamento biologico; perchè, altrimenti, si dovrebbe anche desumerne che tutte le leggi sono inutili, in quanto nessuna di essere è in grado di risolvere tutti i problemi. Quanto a come debba essere redatto un testamento biologico, lo stabilirà la legge. *** Io, ad ogni buon conto, l'ho già redatto; spero in modo sufficientemente accurato. In ogni caso ho inserito a conclusione la seguente "clausola di chiusura": "A prescindere da quanto sopra, nel caso in cui io non sia più definitivamente in grado di esprimere in alcun modo la mia volontà (ed anche soltanto per tale motivo), autorizzo CHIUNQUE ad interrompere qualsiasi tentativo, medico o meno, di tenermi "non autonomamente" in vita; se possibile, anzi, preferisco essere direttamente soppresso in modo indolore, piuttosto che essere semplicemente sottoposto alla mera interruzione procedure di alimentazione, idratazione e/o ventilazione artificiali. Quanto al caso in cui io non sia più "definitivamente" in grado di esprimere in alcun modo la mia volontà, circa tale "definitività" ci si rifaccia alle previsioni probabilistiche della corrente scienza medica, e non ad impossibili "certezze". Al riguardo, infatti, in tali condizioni preferisco di gran lunga il rischio di essere soppresso per errore, piuttosto che quello di essere, per errore, costretto a "sopravvivere". Se i destinatari di queste mie volontà dovessero provare una naturale e comprensibile riluttanza a procedere come da me previsto in questo testamento biologico, tengano presente che, per il mio modo di ragionare, si assumeranno un ben più grave responsabilità a lasciarmi in vita, piuttosto che a lasciarmi morire." Ma, ovviamente, questo è solo il "mio" modo di ragionare, ed è perfettamente lecito ragionare in modo diverso; non ritengo invece lecito che gli altri pretendano di ragionare e di decidere al posto mio. *** Ammetto, tuttavia, che c'è una ineffabile 'grandezza' anche nel lento morire tra la sofferenza; così come emerge dalle bellissime memorie di "S.Teresa di Gesù Bambino", un libro che invito tutti a leggere. Pur tra i dolori più atroci che si possano immaginare, infatti, la Santa era addirittura "felice" di doverli sopportare, per offrirli in sacrificio a Dio. Chapeau! In effetti, anche io cerco ed ho sempre cercato di farlo, sebbene in circostanze molto meno estreme delle sue; ed infatti, nel 2003 ho subito una "nefrectomia" per cancro al rene sx, nel 2012 una operazione alla prostata, e nel 2013 una asportazione di tumore al cervello (sono stato per un anno senza una parte di cranio, ed ora ho una placca artificiale che sostituisce l'emicranio destro)...ma si trattava, e si tratta, di sofferenze, almeno per me, sopportabili e "sopportande"...sebbene molto sgradevoli. Non mi è mai passato per la mente di togliermi la vita. Però, penso che debba esserci un limite alla sopportazione da parte di chiunque, e che, comunque, ciascuno ha il diritto di scegliere per se stesso: presentemente o a futura memoria! *** Quanto al mio amico, di cui parlavo sopra, è in grado di esprimersi (aprendo e chiudendo le palpebre quando gli indico le lettere su una tavoletta), e, finora, non ha espresso alcuna volontà riguardo alla sua persona. Secondo me, nessuno ha il diritto di suggestionarlo con discorsi di morte; semmai, io cerco di fargli desiderare ed apprezzare la vita (per quello che è possibile), e non mi permetterei MAI di suggerire il suicidio ad uno nelle sue condizioni. Forse, razionalmente, dovrei...ma il cuore ha le sue ragioni, che la mente non conosce! :)

Accidenti, si direbbe che, a malanni, sei messo quasi peggio del sottoscritto... ;D ( spero che sia tutto a posto adesso...)
L'unico che sembra godere di una salute di ferro è l'amico Sgiombo che si spara centinaia di km al giorno in bicicletta ( con pedalata 'stile Merckx') nonostante la sua età 'avanzata' ( da lui stesso così definita, non mi permetterei mai... ;D). Che sia un vero epicureo?... :o
#1267
Il suicidio sembra proprio una di quelle caratteristiche che pongono l'uomo nella natura e nello stesso tempo fuori di essa. Per curiosità sono andato in cerca di informazioni sul suicidio nel mondo naturale, negli animali in particolare. Sembra che non esista. Persino la storia dei  famosi lemming che si getterebbero in massa dalle scogliere uccidendosi pare una solenne bufala costruita dalla Disney per un famoso documentario. Nel suo desiderio di morte , in un certo senso, l'uomo si pone al di fuori della sua natura condivisa con le altre specie e riafferma la sua unicità che lo fonda come un ibrido: bestia che non desidera essere bestia, per sfuggire al suo destino da bestia, anelando però un'impossibile ritorno alla condizione 'innocente' di bestia. Osservando, per esempio, alcune specie di uccelli che, nati liberi, non sopportano di essere rinchiusi in una gabbia, verrebbe da dire che ' si stanno lasciando morire'. In questo invece io vedo una dimostrazione del superiore valore dello stato di natura ( quindi 'valore' come necessità di vivere nella natura ) che non una specie di suicidio. Nulla impedisce all'uomo , se costretto in una gabbia ( malattia,mancanza di libertà, ecc.) di lasciarsi morire per essere coerentemente naturale con il suo essere bestia. Il problema , che di problema in effetti si tratta a mio parere, e che ci dimostra che l'uomo non è solo bestia , è che l'uomo PENSA di liberarsi da qualcosa , Presumo, non essendo un passero , per esempio, che il passero nel non mangiare e bere in stato di cattività, non PENSI di liberarsi dallo stato di cattività...
Si potrebbe dire che anche il pensare è un prodotto della natura ( attività dell'altrettanto naturale cervello)e ovviamente questo non farebbe che confermare l'ibridicità dell'uomo perché , se il pensare fosse solo un fatto naturale, perché di fatto il nostro comportamento ci distingue da tutte la altre specie in natura? Siamo una natura più 'evoluta' che alla fine , rinnegando se stessa, non desidera esserlo? Desiderio di morte per sfuggire alla sofferenza della vita come desiderio di vita priva di qualunque sofferenza ? (Libertà, paradiso, nirvana, ecc.)
#1268
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
13 Marzo 2017, 16:07:48 PM
Non sono intervenuto in queste discussioni su suicidio ( assistito e non), eutanasia, buona morte, ecc. perché è un tema per me 'sensibile', vista l'esperienza quotidiana che faccio con mia madre da cinque anni completamente paralizzata, ridotta a 36 chili di peso, demente e adesso, ultimamente con l'inizio della paralisi anche dei muscoli della bocca e della gola, oltre alla totale impossibilità di proferire suono articolato. Intanto sono d'accordo che tutti questi problemi, o gran parte di questi, sono stati provocati artificialmente dall'uomo con il progresso della scienza medica che protrae la vita oltre il suo limite naturale. Ciò che di positivo si è raggiunto per salvare la vita ha prodotto anche l'effetto di 'salvare' la sofferenza provocata dalla vita stessa...allungandola e tenedola viva artificiosamente.
Credo che sia impossibile fare una 'buona legge' su queste tematiche. E' un problema che implica così tante sfaccettature da rendere l'eventuale legge  una possibile fonte di ulteriori problemi. L'ideale sarebbe che l'equipe che segue ( anche se di fatto non esiste alcuna equipe e le famiglie o le persone sono lasciate sole...) il malato riuscisse ad entrare in sintonia con il momento drammatico che la persona sofferente sta vivendo. Intanto il primo problema da affrontare è la solitudine  che, soprattutto i dementi, vivono senza riuscire ad esprimerlo. Anche se hanno 'perduto' la consapevolezza e i ricordi c'è sempre qualcosa di più profondo che reagisce all'affetto e al contatto e che dimostra quanto grande sia la relazione, sempre e comunque, tra noi creature viventi. Anche un'eventuale testamento biologico non sarebbe in grado di risolvere tutti i problemi. Nel caso di mia madre, solo per fare un esempio, anche se avesse lasciato come volontà di non subire accanimento terapeutico cosa sarebbe cambiato? Non pratichiamo alcun accanimento , eccetto del Tachidol e del Sinemet per il Parkinson,e tuttavia...continua a vivere! Porre fine alla sua vita ? E chi può assumersi una tale responsabilità? Noi figli o un medico? Chi di noi può essere certo che lei non voglia o non debba più vivere? La nostra proiezione personale sulla sua condizione che, però, noi non stiamo vivendo?
Proprio ieri , mentre cercavo di imboccarla, con la sua lingua che spingeva verso l'esterno il cibo,  ha aperto un attimo gli occhi e mi ha guardato senza riconoscermi. I suoi occhi erano limpidi come il cielo di queste meravigliose prime giornate di inizio primavera. C'era una tale solennità in quello sguardo che io ho abbassato il mio. C'è una 'grandezza' in questo lento morire tra la sofferenza che è dato proprio dalla morte dell'io fondato sui ricordi. Lei e la sua compagna di stanza vivono, più o meno, lo stesso dramma eppure io non trovo niente di 'sbagliato' in questo morire. C'è invece quella 'dignità' che è la stessa che osserviamo negli animali ammalati che , quieti, attendono la fine . C'è la presenza, semplicemente, della 'natura' nel significato più nobile che possiamo attribuire a questo termine.
Questo vuol dire che queste persone, mia madre, hanno accettato tutto questo o , sapendolo in anticipo, lo avrebbero accettato? Ovviamente no, ma ora sono oltre questo conflitto del pensiero. Vita opposta a morte non ha più alcun significato per loro. Stanno semplicemente vivendo la loro morte. E questo...non fraintendetemi, ma cercate di intuire in che senso lo intendo...è 'meraviglioso'.
Infatti, questa mattina, al risveglio avevo ancora quello sguardo dentro di me e...ho pianto per questa tragedia e per tutta questa Bellezza.
Sembra quasi che la vita , in questo lento autunno , simile al ciclo della natura, si prepari al risveglio. Negli occhi che si 'puliscono' dal pensare e che ritornano in sè già si intravede la rinascita e il rifiorire. Da qualche parte si sta già formando forse un'altra vita che rivedrà in sè quello sguardo. Non mi sento di giudicare nessuno . Posso solo raccontare la mia esperienza e il mio vissuto giornaliero con il dramma del vivere. Perché signori, la vita è anche dramma. Presto dobbiamo esserne consapevoli. Non vivere inconsapevoli nel soddisfacimento dei piaceri e, appena non è più possibile, cercare un'impossibile fuga nella morte sperata come approdo alla 'pace' o alla 'libertà' come tanto retoricamente si sente dire in questi giorni.
Ogni dramma che vivono gli altri e che forse, probabilmente, ci toccherà vivere è solo una tappa, per me, di un dramma ancora più profondo che siamo chiamati ad accettare. Per questo non sono molto d'accordo con la visione della vita come "un bastone con due estremità" ( cit. Eutidemo). Questo bastone lo si può ben vedere anche privo di qualunque estremità. Chi è mai nato e chi morirà? Non vedo nulla che nasce e che muore , ma solo incessante trasformazione. Ecco allora che mia madre, che sta morendo, che si prepara a trasformarsi in altro, che già si sta trasformando ( e quello sguardo parla di altro...) è solo seme che marcisce per dare  fecondità a nuovo seme che crescerà. Se tutto non muore ma si trasforma...come si trasforma la coscienza? Il contenuto della coscienza che 'muore' determina l'insorgere della coscienza che 'nasce', recita un detto...Chissà...vorrei poter tornare a ricordare...
Sono solo riflessioni tra me e me...non esauriscono l'enorme varietà del problema che è sempre manifesto in modo unico...ho solo portato una testimonianza ...che finisce qui!
#1269
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
13 Marzo 2017, 11:10:29 AM
Citazione di: Eutidemo il 13 Marzo 2017, 06:38:17 AM
Citazione di: Duc in altum! il 12 Marzo 2017, 18:47:14 PM** scritto da Eutidemo:
CitazioneAnche io sono cristiano, ma, come da me argomentato nel mio TOPIC "Del suicidio", non credo che necessariamente il suicidio debba considerarsi un atto peccaminoso.
Diciamo che allora sei un "diversamente cristiano". 8)
Diciamo, piuttosto, che sono "diversamente cattolico". Dal mio punto di vista, infatti, "diversamente cristiana" è la Chiesa Cattolica; a cominciare dai fatti più banali. Ad esempio, Gesù disse espressamente: "Non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo." (Matteo 23). E, dal contesto, si capisce chiaramente che non si riferiva ai "padri" biologici, sebbene proprio ai "sedicenti" "padri" sacerdotali (*); cioè ai Farisei, di cui, facendosi chiamare "padri", gli attuali sacerdoti cattolici (specie quelli che girano in "limousine" vestiti di porpora) si dichiarano palesemente dei degni epigoni. "Diversamente cristiani", perciò, sono LORO per primi; anche per fatti molto meno banali (purtroppo). Sebbene non tutti, a dire il vero. (* Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6 amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe 7 e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente. 8 Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. 9 E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10 E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. 11 Il più grande tra voi sia vostro servo; 12 chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato. 13 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci. )  

Se pensiamo a quello che è diventato il cristianesimo attuale e quello che è invece l'insegnamento di Yeoshwa ci domandiamo: "cosa è rimasto" o "cosa è diventato" ? Ma la stessa riflessione si può fare per tutte le religioni storiche. Qual'era il Dharma autentico del Buddha e cosa è diventato il 'buddhismo' attuale?
Nel caso del 'buddhismo' si sta lentamente sviluppando però un tentativo di ritorno, di riscoperta dell'insegnamento originale. Quello che è interessante è che il rinnovamento nasce e si consolida in Occidente, tanto che, cosa che penso non tutti sappiano, l'interpretazione ufficiale , per es. dei Thera meridionali, che si studia nelle scuole del sud-est asiatico, è l'interpretazione 'occidentale' si può dire ( e questo è particolarmente curioso e interessante...). Infatti per capire l'interpretazione data te la devi studiare, per esempio, sui testi di Nyanaponikha Mahathera, al secolo Sigmund Feniger, tedesco, e se vuoi una seria traduzione del canone Pali non puoi prescindere dall'opera di K.E.Neumann. Gli studiosi occidentali  che hanno abbracciato esistenzialmente il sentiero sono più liberi da tutte le incrostazioni culturali, fideistiche e storico-politiche che si erano ammassate sul corpo della dottrina. Credo che qualcosa di analogo stia germinando, ma ancora solo come embrione, nel cristianesimo povero del terzo mondo, in certe esperienze africane e sudamericane. Nel caso del buddhismo l'apporto ( quello serio s'intende) delle forze nuove 'occidentali' sta risultando decisivo e si osserva un rifiorire di esperienze di autentico dharma buddhista. Forse una cosa simile, con altre modalità ovviamente, si imporrà nel cristianesimo dando nuova linfa. Penso che ne abbia bisogno...

P.S. Ovviamente questa riflessione non c'entra nulla con il tema...chiedo venia...
#1270
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
12 Marzo 2017, 19:50:41 PM
Non c'è nulla di sbagliato nel dubitare, nell'interrogarsi, nel mettersi in discussione. Questo mi sembra dovrebbe essere l'abito stesso del filosofo o del ricercatore. Quello che mi sembra contestabile è che il relativista avochi a sè questa caratteristica fondamentale escludendo che il fatto di dubitare sia qualcosa che è insito anche nell'approccio metafisico, altrimenti non sarebbero spiegabili le innumerevoli teorie sulla realtà che la metafisica propone. Un'altra cosa che non condivido è l'affermazione che ciò che non è relativo è dogmatico, ossia che l'abbracciare una teoria ti faccia automaticamente diventare un dogmatico. Questo è palesemente falso. Come mi sembra falso che la metafisica non sia una realtà 'in divenire'. Ogni metafisico è pronto a modificare la sua teoria e formularne un'altra , se al suo lavoro logico appare meno contraddittoria. Quindi quando si parla di 'colori' non è possibile ridurre al monocromatismo nemmeno l'approccio metafisico.
Poi, parliamoci chiaro, pensi veramente che esistano persone 'ragionevoli' che non dubitino prima di compiere un'azione?...
Noto per esempio che anche i relativisti hanno la tendenza di 'definire' le persone secondo i propri schemi mentali. Se adesso critico la posizione relativista perchè mi appare poco convincente, così criticavo le posizioni fideistiche e assolutistiche di alcuni utenti nella sezione spiritualità perchè anche le loro mi apparivano poco convincenti ( credo si possano definire "epiche" le mie discussioni col mitico Duc sul concetto di fede... ;D ) . Quindi rifiuto la definizione di 'metafisico' appioppatami . Io non sono nè assolutista , nè relativista...sono solo uno che 'passa il tempo a cercar di colorare le stelle che portiamo nel cuore'...  :)
#1271
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
12 Marzo 2017, 14:52:45 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Marzo 2017, 14:45:46 PMUn altro potrebbe dire che sei tu che devi scoprire dentro te stesso che ammazzare è una cosa giusta.

Sei uscito di senno? Calmati e prendi fiato...concentarti sul respiro...
#1272
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
12 Marzo 2017, 14:51:43 PM
@Phil scrive:
Mi pare che la differenza non sia astratta: cosa c'è di più concreto e "pulsante" del modo in cui vivi una scelta, del vissuto che colora il tuo agire? Per i robot conta solo il gesto e l'azione esecutiva (fare-x piuttosto che fare-y), per noi (e lo sai meglio di me  ) conta la consapevolezza e l'intenzione con cui compiamo e viviamo una scelta... se mi prodigo per l'altro nella certezza assoluta di compiere il Bene, o nella speranza di fare la cosa giusta (o almeno non causare danni), oppure nella pura gratuita arbitrarietà di un gesto istintivo, oppure nel pieno dubbio del valore del mio gesto, non fa proprio alcuna differenza? Si tratta davvero solo di una distinzione sofistica? Se è così, entriamo in un approccio meccanicistico disumanizzato che sfascia l'etica dalle fondamenta, ben altro che relativizzarla  

Vedi che non è l'idea ( relativo o assoluto) che fa la differenza ma proprio l'autenticità del proprio vissuto?  E nell'atto autentico dell'agire non può esserci un a-priori preconfezionato, se no non è un atto autentico. Andrebbero investigate piuttosto le motivazioni, ben più profonde dell'idea, che ci spingono ad agire in un modo piuttosto che in un altro. tra queste , a mio avviso, una delle predominanti è la Paura. E' la paura che, a mio avviso, agisce da supporto al bisogno di aderire ad un 'idea "assoluta" ed è sempre la paura che ci fa fuggire verso l'idea opposta, quindi un pendolo che oscilla continuamente da una parte all'altra in relazione a ciò che ci fa più o meno paura. 
#1273
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
12 Marzo 2017, 14:37:48 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Marzo 2017, 14:20:45 PMQuindi non è vero che tu riesca a dimostrare, attraverso il tuo essere e la tua vita, che ammazzare sia eticamente sbagliato.

Ammazza che estremista! Certo che da battezzare  a dubitare che ammazzare qualcuno sia male, il passo è grande...va bè...ognuno segue il suo karma... :)
Ripeto per l'ennesima volta: te lo devo dimostrare con una formula verbale? Se non lo scopri dentro te stesso, come te lo posso dimostrare con una formula verbale?
#1274
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
12 Marzo 2017, 14:13:44 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Marzo 2017, 14:06:39 PMSe ciò fosse vero, il tuo essere sarebbe in grado di togliere agli altri la possibilità di dubitare. Ciò che la metafisica persegue è infatti questo: raggiungere almeno una, anche una sola certezza, che non consenta alcuna possibilità di dubbio. La metafisica non ci riesce. Tu dici di riuscirci attraverso il tuo essere, il tuo vivere?

Il mio essere non potrà mai togliere agli altri la possibilità di dubitare. Ma non si vive per togliere agli altri la possibilità di dubitare. Dove sta scritta 'sta cosa? Per questo io non faccio metafisica e non faccio relativismo.  Se una cosa mi fa dubitare , dubito. Se un'altra non mi fa dubitare, non dubito. Dove sta il problema?
#1275
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
12 Marzo 2017, 13:54:36 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Marzo 2017, 12:04:00 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Marzo 2017, 10:30:07 AMPer il semplice fatto che, come ho scritto sopra, l'uomo non è semplicemente e solo pensiero.
Riesci a dire che "l'uomo non è semplicemente e solo pensiero" senza usare il tuo pensiero? Se la risposta è no, chi ci potrà assicurare che l'affermazione "l'uomo non è semplicemente e solo pensiero" non sia altro che un'invenzione del pensiero?

Lo posso dimostrare con il mio essere, con il mio vivere, con tutto ciò che fa parte dell'agire, con l'amore che posso dare o rifiutare, con la compassione che posso praticare o rifiutare, con la coscienza, ecc. Il pensiero lo può solo indicare, è il famoso dito, non è la Luna.. E' il linguaggio che può essere contradditorio quando usato come strumento  per conoscere quello che non è pensabile. E perchè hai bisogno che qualcuno ti 'assicuri' qualcosa? Pensi forse che troverai una formula verbale che ti 'assicura' qualcosa? Non vedi i limiti del linguaggio? Hai proprio bisogno che arrivi qualcuno a dimostrarti qualcosa? Perché rifiutare per partito preso adducendo il pretesto "sono solo opinioni" ( del pensiero) come se l'esistere si riducesse al pensare?