Citazione di: Sariputra il 13 Ottobre 2016, 12:01:11 PMCitazione di: Apeiron il 13 Ottobre 2016, 09:49:55 AMGrazie altamarea, Quello che dici (e quello che dice anche Martha Medeiros) è vero. Certamente dovrò riuscire a superare questa crisi andando per la mia strada. Tuttavia la mia strada è, se vuoi, molto "originale" o meglio molto "solitaria"/"unica". Il punto è che a percorrerla sarei proprio da solo. Quindi il mio dilemma è il seguente: non ho idea di quanto sono "valido" a fare quello che voglio fare eppure so che non mi soddisfacerebbe nient'altro. La mia scelta in sostanza è tra una vita "pericolosa" e piena d'ansia a una che non mi soddisfacerebbe. Detto questo non sono d'accordo che sia un "dovere" essere contenti, dovrebbe essere un diritto. Tuttavia in un mondo dominato dalla competizione e dalla competitività il sorriso lo ha sempre "chi vince". Su ciò non sono d'accordo, eppure non vedo nient'altro che questo. Ritengo poi che tutta l'arte, o almeno gran parte di essa, nasca dall'infelicità e dall'insoddisfazione della "vita ordinaria". Anche perchè la condizione umana è questa: siamo in un mondo che è dominato da lotta e competizione e allo stesso tempo abbiamo una coscienza che ci dice che dovremo comportarci "bene", non sapendo mai cosa realmente significhi ciò. Quindi la mia domanda è: in un mondo dominato dalla competizione e dalla contingenza come vi comportereste se avete in mente due ideali: (1) riuscire a concludere qualcosa, (2) riuscire a rimanere un persona "moralmente decente". L'esperienza ci insegna che (1) & (2) non sempre vanno d'accordo.Penso che ognuno di noi deve , un pò alla volta, ché non si tratta di un percorso agevole, realizzare la sua eventuale adeguatezza al mondo. Se non possediamo un carattere competitivo, non ci interessa primeggiare sugli altri, né con il potere , né con l'autorità, né con il denaro, ma si ritiene che si possa trovare un pò di serenità nella vita ( la felicità è fatta di momenti , attimi, non è una condizione duratura...per nessuno!) dedicandoci a quello che ci interessa e che in parte è una spinta insopprimile, ci si dovrebbe , a parer mio, rivolgere a questo con passione e dedizione. Questo non significa viverlo come una sorta di sconfitta , come un " mi dedico alla filosofia, o all'arte, perché sono troppo imbranato per combinare qualcosa nel mondo" ( questo rivelerebbe in realtà che è proprio il giudizio su di noi del mondo che ci interessa), ma come un assecondare la propria natura, arrivando ad amarla, o meno prosaicamente nel "trovarvi pace". "Concludere qualcosa" e "moralmente decente" sono definizioni che assumono un significato se ci confrontiamo proprio con quel mondo che noi riteniamo ci ritenga imbranati ( nessuno di noi pensa di esserlo se non si paragona erroneamente con gli altri). Ottenere un risultato è, per il mondo, un percorso fatto di competizione. Moralmente accettabile è una valutazione convenzionale umana se inteso come "moralmente accettabile per la società in cui mi ritrovo a vivere". I veri risultati e la vera etica morale risiedono in noi e non hanno nulla a che fare con il mondo, se non per come potremmo apparire per altri ( ma le loro idee su di noi ci riguardano fino ad un certo punto...). Bisogna però essere pure , in una certa misura, pragmatici. Consapevoli che i soldi servono per vivere, o sopravvivere dignitosamente ( del cibo, un tetto, dei vestiti sono necessari...) e quindi operare "anche" per procurarmi il necessario, ma con il nostro cuore non completamente schiavo di questa necessità e della sua infinita e inappagabile moltiplicazione, che vediamo dispiegarsi come autentica forza motrice della società odierna ( e forse di ogni tempo).
Lo spirito competitivo è necessario ahimé per tutti, perfino per chi vuole "andare fuori dal mondo". Io ho sempre visto la verità del fatto che "la vita è sfida" non come una bella cosa come ci vorrebbero far credere quelli che dicono "cavalca il cambiamento". No, questa verità è una verità terribile. Detto questo se si vuole però riuscire a raggiungere un qualche obbiettivo anche quello della realizzazione spirituale si deve combattere e quindi soffrire. Il mio problema, credo, è quello di una mancanza di "energia vitale" che specialmente si manifesterà nella penosità con cui dovrò faticare nelle banalità quotidiane. Per il resto sono d'accordissimo con te. Fammi precisare che tuttavia il mio "essere decente" non vuole essere un giudizio relativo di valore ma per quanto possibile assoluto seguendo la più profonda coscienza presente in ognuno di noi.
Curiosità: Visto che sei perlomeno interessato al buddismo, come vivi col "samvega" buddista www.accesstoinsight.org/lib/authors/thanissaro/affirming.html (rispondi solo se ritieni che non sia troppo personale), sapendo che per questa religione la vita che non viene spesa per provare a raggiungere il Nirvana è "dukkha"? (per la cronaca non sono buddista ma agnostico, è che ammiro la chiarezza con cui 2000 anni questa religione esplorava i problemi esistenziali)
Citazione di: roberta il 13 Ottobre 2016, 12:16:59 PMProvare ad essere contenti, non dico felici, è un diritto, ma soprattutto un dovere per non morire spiritualmente, lentamente.... scusate scusate non riesco citare e sono pigra metter gli occhiali. oh che pesante hihihi, questa frase di Altamarea, che bel nick, è bella. ed è così vera. io spesso, soprattutto quando sono a passeggio col cane, mi prendono dei momenti di magone incredibile, credo sia essere soli nel silenzio con la natura che parla... e mi ritrovo a dirmi e a parlare con gli angeli che invoco sempre piu' spesso, e allora comincio ad abbozzare un sorriso e a ripetere Grazie come un mantra. E per quanto mi riguarda anche far finta di essere sani >>> https://www.youtube.com/watch?v=-iVjYomOJRQ
Non sono invece per nulla d'accordo col fatto che è dovere essere felici per il motivo che dici nell'ultima frase: perchè la felicità imposta per "dovere" è una felicità finta, una finzione di essere sani. Io lo ammetto: non sono sano. Tuttavia nella vita di tutti i giorni dobbiamo mascherare i nostri problemi. Nessuno infatti è a suo agio con uno depresso da quello che ho visto. Quindi si DEVE fingere. Così come mi creano disgusto i tentativi di "aiuto" di chi dice "abbraccia il cambiamento" o "vivi il momento..." o "c'è gente messa peggio di te" o "sei egoista"...
Detto questo non voglio dire di essere necessariamente in disaccordo con Altamarea in quanto se vogliamo sono spinto dallo stesso "voler" essere felice.