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Messaggi - Carlo Pierini

#1276
Tematiche Spirituali / Re:Una visione ...zodiacale!
27 Agosto 2017, 00:34:23 AM
Citazione di: paul11 il 26 Agosto 2017, 18:36:44 PM
consiglio a tutti per capire il linguaggio del mito un autentico capolavoro "Il mulino di Amleto" di Santillana, perchè fa capire i simboli trasversalmente senza l'archetipo junghiano, che ben inteso ci può stare e non è in antitesi.

Infatti, anche Santillana evidenzia le profonde analogie-complementarità presenti tra mitologie di diverse e lontane tradizioni; ma pur di dare valore alla sua vaga teoria sull'origine essenzialmente "cosmologica" dei miti, tiene fuori dal suo dominio di osservazione la maggior parte di essi, quelli di natura squisitamente teologica, oppure, se ne prende in considerazione alcuni, riduce le figure del Divino che vi compaiono ad allegorie di eventi cosmologici.

Per esempio, della figura del caduceo cinese (Tav. 24) da me citata in "Una esperienza visionaria molto istruttiva"...

http://2.bp.blogspot.com/-HjuWFgWbFws/TfaPHY8O2fI/AAAAAAAAACk/a0I34xWiBx4/s1600/Caduceo+cinese+1.jpg

...Santillana coglie il solo significato cosmologico, ignorando le altre innumerevoli valenze, prima tra tutte quella che ne fa il simbolo per eccellenza della logica universale della Complementarità degli opposti, dimostrando così di non aver ben compreso una delle proprietà fondamentali del simbolo archetipico: quella di veicolare una molteplicità di significati, di cui l'aspetto cosmologico, quando è presente (non compare in tutti i simboli-miti), è solo uno tra i tanti.
Scrive infatti Santillana:

<<I corpi serpentini di Fu-xi e Nu-gva, attorti l'uno all'altro, indicano in modo abbastanza chiaro, anche se con una proiezione bizzarra, orbite circolari che si intersecano a intervalli regolari>>. [G. de SANTILLANA: Il mulino di Amleto - pg. 244, Tav. 24]

Una sorte analoga tocca al simbolo dell'"Asse del mondo" che egli interpreta, molto ingenuamente, come asse di rotazione dei corpi celesti, quando, invece, in una analisi comparata più ampia, si presenta come quell'asse simbolico che pone in comunicazione i tre livelli dell'essere: Terra-Uomo-Cielo, oppure: Inferi-Terra-Cielo, oppure: Corpo-Anima-Spirito, ecc.. Spesso il suo significato è implicito in molti altri simboli, come la montagna, la piramide, l'albero, il "pilastro cosmico", ecc.. E persino il bastone del caduceo ha valenza di "Axis Mundi", di unione Terra-Uomo-Cielo. Scrivono Eliade e Andreani:

"I Kwakiutl credono che un palo di rame attraversi i tre livelli cosmici (il mondo sotterraneo, la Terra, il Cielo); nel punto dove esso si conficca nel Cielo, si trova la "Porta dell'Aldilà". L'immagine visibile di questo Pilastro cosmico nel Cielo è la Via Lattea. Ma quest'opera degli dèi, qual è l'Universo, è ripresa e imitata dagli uomini naturalmente su scala umana. L'Axis mundiche nel Cielo è rappresentato dalla Via Lattea, nella casa del culto è rappresentato da un palo sacro. È un tronco di cedro lungo dieci-dodici metri che sporge più di metà dal tetto della casa del culto".   [M. ELIADE: Il sacro e il profano - pg. 28]

"La colonna cosmica è situata al centro dell'Universo, e intorno ad essa si estende tutto il mondo abitabile. Si tratta quindi di una concatenazione di concezioni religiose e immagini, cosmologiche solidali tra loro e che si articolano in un "sistema" che può definirsi il "sistema del Mondo" delle società tradizionali:
a) un luogo sacro costituisce un punto di rottura nell'omogeneità dello spazio;
b) questa rottura è rappresentata da una "apertura" attraverso la quale è possibile il passaggio da una regione cosmica all'altra [...]
c) la comunicazione con il Cielo avviene indifferentemente per mezzo di un dato numero di immagini che si identificano con l'Axis mundi: pilastro (vedi l'universalis columna), scala (vedi la scala di Giacobbe), montagna, albero, liana, ecc.;
d) attorno all'asse cosmico si estende il "Mondo" ( = "il nostro mondo"), ragione per cui l'asse è "al centro", nell"'ombellico della Terra", esso è il Centro del Mondo".   [M. ELIADE: Il sacro e il profano - pg.29]

"Per gli Achilpa l'esistenza umana è possibile solo in quanto è possibile questa comunicazione permanente con il Cielo. [...] Non c'è vita senza un'"apertura" verso il trascendente, in altre parole non si può vivere nel "Caos". Una volta perduto il contatto con il trascendente, l'esistenza nel mondo non è piú possibile, e gli Achilpa si lasciano morire. [...] Il palo sacro degli Achilpa è posto a "sostegno" del loro mondo e assicura la comunicazione con il Cielo. Si ritrova in ciò il prototipo di un'immagine cosmologica molto diffusa: quella dei pilastri cosmici che sostengono il Cielo aprendo contemporaneamente la strada verso il mondo degli dèi. Fino al momento della loro cristianizzazione, i Celti e i Germani conservavano il culto dei pilastri sacri".  [M. ELIADE: Il sacro e il profano - pg.27]

"Il rito propone ed individua un axis mundi lungo il quale si manifesta o si ripete la ierofania, postula la totale coincidentia oppositorum e rende reale il simbolico e simbolico il reale. [...] È necessario allora che la ierofania venga «organizzata» affinché formi dal caos il nuovo mundus trovando il centro. Su questo fatto assiale si codificherà un'altra simbologia, ma intanto il centro è recuperato, o creato, identificato e precisato. L'asse del mondo è sempre stato considerato o esterno o interno all'uomo. Ma anche, per così dire, esterno-interno. Il « centro » è probabilmente una dimensione perfetta e naturale o in un uomo integrato completamente nel suo ambiente per il quale la equivalenza microcosmo-macrocosmo sia immediatamente percettibile o in un animale. Oltre quest'analisi, o nonostante, il « centro » diventa il vero e proprio esotico di tutta la storia umana. La ricerca del centro è la ricerca della reintegrazione primigenia, l'eliminazione di ogni discrepanza tra essere e divenire. L'«immaginazione» religiosa rigurgita di ogni tipo di immagini centripete. La leggenda, dovunque si situi storicamente, ricorda la conquista di un centro cui demandare,  una volta trovato, la palingenesi. Dal Mundus dei latini al Graal, dallo bara al Centro cuore, il viaggio verso il centro propone sempre tappe similari".   [S. ANDREANI: Alchimia: per una semiologia del sacro - pp.21-22]
#1277
Citazione di: altamarea il 26 Agosto 2017, 20:54:01 PM
Angelo ha scritto:
CitazioneSimbolo significa segno


Per Jung  il concetto di simbolo va distinto dal concetto di segno.Significato simbolico e significato semiotico sono diversi.  Il simbolo non è significante e non è il significare, ma l'indicare, il mostrare. Significanti sono le parole che riconducono a ciò che è indicato nel simbolo.

Il simbolo collega od  unisce due realtà apparentemente differenti.  Solo un accordo, una convenzione più o meno tacitamente concordata crea il legame che una volta accettato diventa anche emotivamente significativo (per esempio la bandiera o l'inno di una nazione, non sono la Nazione e tuttavia riescono ad emozionarci).
Il segno, invece,  (un disegno, una scritta o altro)  indica direttamente ciò che vuole significare.
Esattamente.
Anche il simbolo è un segno. Ma mentre il segno è un grafema (o un fonema) essenzialmente convenzionale che noi associamo univocamente ad un oggetto noto (o a una classe di oggetti strettamente simili) per distinguerlo dagli altri oggetti (per esempio, un nome di cosa o di persona), il simbolo archetipico:
1 - contiene in sé (come un palinsesto) diversi strati di significato reciprocamente indipendenti (se pur complementari);
2 - mette in relazione significati conosciuti con significati completamente sconosciuti o poco conosciuti.

"Anche ai nostri giorni ci è dato di osservare la formazione spontanea di veri e propri simboli religiosi nell'individuo; essi spuntano dall'inconscio come fiori di specie ignota, e la coscienza rimane smarrita e non sa bene che cosa fare con tale nascita. Non è troppo difficile stabilire che quei simboli individuali provengono, per il loro contenuto come per la forma, da quello stesso "Spirito" inconscio (o quel che esso sia) da cui provengono le grandi religioni degli uomini. L'esperienza prova comunque che le religioni non sorgono quali frutti di una elucubrazione cosciente, ma provengono dalla vita naturale dell'anima inconscia, che in qualche modo esprimono adeguatamente. Ciò spiega la loro diffusione universale e la loro straordinaria efficacia storica sull'umanità".   [JUNG: Realtà dell'anima - pg.157]

"Per il suo carattere sacrale, il simbolo sfugge ai limiti del mondo profano. Esso indica sempre una sorta di raccordo sulla via che collega il visibile all'invisibile. In tal modo il simbolo è irruzione nel nostro mondo di qualcosa che non appartiene al nostro mondo. Rudolph Otto accenna a qualcosa di totalmente altro, das ganz Andere.  [...] Tuttavia, sul piano sacrale, il simbolo rimane polivalente. Rivela significati diversi e perfino contrari. Al cuore stesso delle zone del reale che esso esprime, ogni simbolo rimane il segno di una realtà trascendente che concerne il sacro, il divino".   [M.- M. DAVY: Il Simbolismo medievale - pg.109]

"Se c'è un punto su cui concordano unanimemente le società primitive e le civiltà di tipo tradizionale più diverse, è proprio l'origine 'non umana' dei simboli e, in particolare, della simbolica dei Misteri magico-religiosi, dei miti e dei riti collegati alle iniziazioni. Ai livelli arcaici di cultura, però, il mondo umano e i segni che l'esprimono non costituiscono un sistema chiuso al 'non umano', sia esso 'infraumano' o 'sovraumano'. ll mondo degli 'Esseri divini', per 'trascendente' che sia sul piano del 'completamente diverso' implicante l'esperienza del Sacro, resta comunque accessibile grazie a riti e a simboli i quali non figurano né 'allegoricamente' né 'concettualmente' questo mondo 'non umano', ma lo riattualizzano dinamicamente".  [R. ALLEAU: La scienza dei simboli - pp.49-50]
#1278
Citazione di: davintro il 26 Agosto 2017, 16:15:15 PM
vedo che sono preso tra due fuochi... cercherò di non bruciarmi troppo!

Per Carlo Pierini

condivido l'affermazione per la quale la conoscenza reale deve avere di mira la riproduzione fedele delle cose oggettive, ma scorgo il tuo errore di prospettiva nel momento in cui tra le righe identifichi il piano delle cose oggettive con il "mondo esterno", affermando, in linea con le posizioni del realismo ingenuo, che la riproduzione fedele delle cose si attui alla luce di una certa quantità di verifiche empiriche, senza che sia chiaro fino a che punto tale quantità sia sufficiente a legittimare la pretesa di aver raggiunto risultati inconfutabili e non più smentibili. In realtà la riproduzione fedele del reale prevede come momento fondativo proprio una modalità gnoseologica alternativa alla verificazione diretta dell'esterno, cioè la conversione dello sguardo all'interno, alle categorir soggettive, estetiche e intellettuali, della mente. Dal punto di vista scientifico, cioè razionale, non basta la raccolta di dati, ben più importante è la critica, l'autocritica, l'analisi degli strumenti soggettivi di esperienza, di cui occorre valutare l'adeguatezza, i limiti e le possibilità di ciò a cui il loro utilizzo può portare. Questo non è solipsismo, autismo o pedanteria: solo nel momento in cui rifletto su me stesso, mi rendo conto dei filtri che mi impediscono di acquisire un'immagine della reale davvero adeguata alla sua oggettività, e cerco di metterli "fuori circuito" per lasciar manifestare i fenomeni nella maggior "purezza" possibile, nella loro autentica essenzialità. Anche a costo di formalizzare e astrarre maggiormente il discorso. Se un daltonico, sempre vissuto accanto ad altri daltonici, fondasse la sua immagine del mondo limitandosi ad avere acritica fede nelle continue verifiche della sua esperienza sensibile, non si renderebbe mai conto dei suoi errori, scambiando ciò che è rosso con ciò che è verde e viceversa. Solo nel momento riflessivo-autocritico egli prende coscienza del suo difetto percettivo e si rende conto della non-scientificità delle sue rappresentazioni. E chi ci dice i "daltonici" siano una minoranza? Chi ci dice che l'efficienza dei sistemi percettivi sia riconoscibile, in modo meramente quantitativo, solo nelle rappresentazioni della maggioranza degli osservatori o della maggioranza delle verifiche empiriche compite nel tempo? Chi ci dice che ciò che etichettiamo come "allucinati", "paranoici" non siano quelli che davvero vedono le cose così come sono, e i malati siamo invece no "normali"i? Ce lo suggerisce, l'abitudine, il buon senso comune, ma non una solida razionalità scientifica. Non si tratta di svalorizzare l'esperienza del mondo esterno, ma solo rilevarne la sua non-autosufficienza a fondare una scienza che legittimi la qualifica di "assoluto" alle proprie verità (di questo stiamo discutendo), la necessità di integrarla con l'analisi della validità degli schemi soggettivi della coscienza, dei loro limiti e possibilità. Del resto questo mi pare in linea con il senso del tuo topic su "Tematiche spirituali", che hai qui citato, al rifiuto di pensare la conoscenza come passivo assorbimento dell'oggetto da parte del soggetto, all'affermazione di una corrispondenza tra categorie logiche intelligibili riferibili al mondo concettuale del soggetto, e proprietà fenomeniche del mondo reale, punto che dovrebbe far pensare alla necessità di chiarire prima di tutto il punto di vista su noi stessi, per rendere la nostra immagine del mondo oggettiva e adeguata al reale e coglierne la corrispondenza con la nostra dimensione spirituale-mentale.

Anche ammesso e non concesso che le verità assolute della logica formale o della matematica siano astratte dall'esperienza sensibile, ciò non implicherebbe il loro relativizzarsi sulla base della contingenza spaziotemporale sulla base della quale le osservazioni empiriche si svolgono. Occorre cioè distinguere un piano "genetico-psicologico" che spiega il meccanismo fattuale del formarsi nella mente di determinati concetti e riconoscimenti a-posteriori di verità, con la qualità (assoluta o relativa) del loro valore di verità. Anche ammettendo la necessità dell'esperienza sensibile per riconoscere le verità della logica tale necessità sarebbe fondativa del loro riconoscimento nella nostra mente, ma non del fatto che la loro verità sia applicabile solo nel particolare contesto empirico da cui abbiamo fatto astrazione. Confondendo i due piani si cadrebbe nell'idea per cui qualunque affermazione sulla realtà, sia formale che materiale, astratta o concreta, non possa mai essere oggettiva in quanto soggettivistico prodotto dell'esperienza umana, in pratica dovremmo cadere in quell'assoluto scetticismo e relativismo che tu, giustamente, rigetti. Basta solo distinguere l'esperienza sensibile, per la quale resta sempre un dualismo di fondo tra rappresentazione soggettiva del reale e oggettività reale, verso cui la nostra rappresentazione soggettiva tende, ma senza mai arrivare a raggiungerla del tutto, in quanto resta trascendente, cioè distinta dall'immanenza della nostra coscienza, e un sapere intelligibile come quello della logica formale, in cui l'assolutezza della verità è data dal superamento del dualismo soggetto-oggetto, dato che il soggetto pensante pone i propri oggetti (immateriali, non fisici) non come esterni e trascendenti, ma come immanenti al piano delle idee, cioè immanenti a se stesso. Questo è il fondamento dell'indubitabilità della coscienza trascendentale, residuo che emerge nella messa tra partentesi delle presunzioni di verità del mondo sensibile, come messo in luce, in forme diverse da S.Agostino, Cartesio, Husserl. Le verità intelligibili traggono la qualifica di assoluto ed evidenza dalla coincidenza nella coscienza tra "essere" e "apparire".

Se non tieni conto delle mie osservazioni puntuali, mi rendi impossibile il dialogo. Per cui, se tu ignori quello che scrivo, io mi fermo e resto in attesa di un commento punto per punto. Altrimenti il nostro non può essere che un inutile muro-contro-muro.
#1279
Citazione di: green demetr il 26 Agosto 2017, 15:04:41 PM
Infine rispondo a Carlo, che grazie alla sua bulimia scrivana, quasi simile alla mia  ;D , sto imparando a conoscere.
Finora abbiamo parlato del soggetto.
Ma se il soggetto fosse invece l'esito della psiche? ipotesi che certamente scarto in sede filosofica.
Ma non priva di interesse.
Infatti la libertà in quel caso più che una scelta del soggetto non dovrebbe seguendo il tuo pensiero essere un attributo della Psiche stessa???
Una sorta di inversione Heideggeriana, dove l'esserci si apre sul mondo, invece di venirne inghiottito.
O sbaglio?

Io ...abooorrrrro... affrontare degli argomenti così articolati come questo su un piano esclusivamente astratto-speculativo: non si tira mai fuori un ragno dal buco! Trovo, invece, indispensabile partire dalla nostra esperienza reale di essi, cioè dalle relazioni osservabili tra ciò di cui stiamo trattando e la nostra vita concreta. Questo si chiama spirito scientifico (da non confondere col metodo scientifico).
Per cui, come sopra: cominciamo a vedere la mente (di cui il pensiero è un aspetto) nella sua relazione con il cervello e vediamo come possiamo configurarla rispetto a ciò che osservano, per esempio, le neuroscienze. Per questo, vai al 3d "L'anima non è il cervello, ma un'entità che interagisce con il con esso". Solo dopo, possiamo stabilire se il pensiero esiste e in che senso esiste (esiste come esiste il cervello? O si tratta di un'esistenza "altra", "sui generis"?)
#1280
Tematiche Spirituali / Re:Una visione ...zodiacale!
26 Agosto 2017, 15:58:34 PM
Citazione di: green demetr il 26 Agosto 2017, 15:39:19 PM
""Insomma a parte la donna, ma la parte prima, quella prima dello zoom, come la interpreti?"
...Semplicemente: che in quel momento particolare di concentrazione si è aperto un fugace spiraglio verso l'inconscio che mi ha lasciato intravvedere "cosa c'è" oltre la mia coscienza ordinaria: quello che Platone chiamava "il cielo iper-uranio delle Idee divine, degli archetipi celesti". Come altro vuoi interpretarlo? Se quel "cielo" lo hanno "visto" sia Platone che Paracelso, perché non avrei dovuto "vederlo" anch'io?
La mia, cioè, non è stata una "allucinazione", ma una vera e propria esperienza interiore.
#1281
Citazione di: green demetr il 26 Agosto 2017, 12:45:36 PM
Dopo una profonda riflessione ho pensato che ha ragione chi pensa che il soggetto sia una invenzione del moderno, e che in fin dei conti non esiste soggetto.
Sarà pur vero che occuparsi ancora di risolvere il soggetto è la motivazione suprema per cui siamo ancora nel post-moderno. Essendo il post moderno quel vasto panorama che si dice filosofia (per me non lo è, sia chiaro), e che si occupa appunto di riprendere le domande inevase del moderno.
Appunto di evadere da Cartesio e da Kant.
Questione delle più complicate e che forse tratteremo nella sezione filosofia.

Trovi una mia riflessione sul problema "soggetto-oggetto" nel 3d "La conoscenza è una complementarità di opposti", ma anche nella sezione Tematiche Filosofiche nel 3d "L'anima non è il cervello, ma...", dal punto di vista della relazione mente-cervello.

GREEN DEMETER
In effetti anche per Peirce l'interpretante è già abitato nel suo farsi costititutivo, e cioè meramente linguistico, dallo Spirito.
Stessa cosa per me, al di là delle questione triadidiche del Nostro.
Questa unità linguistica, ossia questo interpretante, ossia questo parlante, è ciò che io chiamo soggetto.
Non è il soggetto moderno, quello cartesiano.
Sono cose da separare, altrimenti non ci può essere filosofia.
Rimane da definire l'anima.
L'anima non è nella semantica. E questo è importantissimo.
Come vediamo siamo lontanissimi dai deliri medievali (per quanto grandiosi).
Figuriamoci dai balbetii della filosofia moderna.
E' a questo punto che subentrano Hegel ed Heidegger.
A mio modo di vedere potrei con una forzatura dire che l'anima (non essendo dicibile) è l'uomo.
Ossia l'uomo storico, nel suo quotidiano, nella sua Doxa, ossia nel suo sentire, ossia nella suo sentimento.
L'anima è il sentimento è quella forza che rassembla a quella gravitazionale. Probabilmente questione alchemica per eccellenza. E forse ne parleremo nella sezione dedicata, inaugurandola per parte mia.
Dunque vi è un interpretante che sente (sta male per la precisione) nel suo quotidiano qualcosa di più grande (che chiamo Filosofia) o meglio qualcosa che assomiglia ad un pensiero.
Noi sentiamo i nostri pensieri, e se siamo bravi filosofi capiamo che essendo una questione all'interno della semantica è una questione del singolare e dell'universale. (e sì la vecchia questione medievale e moderna)
Dopo una profonda riflessione ho capito che però l'universale è solo un "fantasma" (termine psicanalitico per eccellenza)  per che possano girare nella semantica i particolari ossia i singolari.
E' in quel momento che i pensieri si riconoscono Pensiero, che nasce la Filosofia.
La filosofia è il Pensiero, ed è l'ultimo grande e inascoltato grido di disperazione Heideggeriano.
Su questo ci sto lavorando da parecchio, e non si tratta come vorrebbe la pubblicistica bislaccca di dover pensare Come Heidegger.
Allora abbiamo un interpretante che sente male di qualcosa di generale che impara a riconoscere come Pensiero.
E' solo allora che inizia l'intellettualità, e cioè all'interno della filosofia, che per inciso è un fantasma.
Non esiste più la filosofia come ben dice il prof. Sini.
Esiste l'intellettualità però! se eseguita all'interno della vecchia filosofia, ossia dei suoi problemi, ossia del suo canone occidentale. Allora potrà comunque chiamarsi filosofia.
E per me che ci tengo continuerò a farlo.
Ma qua non siamo in Filosofia, siamo in Religione.
Esiste anzitutto una intellettualità della religione? a mio modo di vedere, sì senza dubbio.
E' solo a questo punto che possiamo procedere nella risposta vera e propria alla questione.
Solo per accorgerci che però essendo 2 universali, che il canone occidentale ha deciso di separare e individuare: operazione grossolana per essere educati.
E' una lotta di fantasmi. E dunque è una lotta anzitutto psichica.
Ossia fra due discorsi paranoici. Ossia che non prendono  in considerazione l'uscita dai loro confini gerarchicamente delimitati.
E in fin dei conti il problema è sempre e solo quello.
Si tratta di infinite variazioni sulla corsa infinita in tondo.
A me interessa invece spezzare quel cerchio.
E' una questione del vivere contemporaneo. La religione mi serve nella vita, sì senza dubbio. La scienza mi serve nella vita, sì senza dubbio.
Si tratta di eliminare i confini, la vita pensata non ha confini : perchè dobbiamo ostinarci a metterli?
E' per questo che tirando le somme ritengo che questa questione rimanga generalissima e distante dalla vita.
E l'unica cosa condivisibile è che stiamo male, ossia l'anima di ciascuno sta male.
Attendo spunti ulteriori, altrimenti saluti,

CARLO
Hai messo tanta di quella carne al fuoco che per rispondere adeguatamente dovrei star qui a scrivere per una settimana intera.
Per cui ti consiglio di leggere quello che ho già scritto e di mettere queste tue considerazioni in relazione con quegli argomenti nei rispettivi 3d. Altrimenti non ne usciamo vivi!   :)
#1282
Citazione di: green demetr il 26 Agosto 2017, 14:04:46 PM
Questo sogno che hai fatto è magnifico. :o

Inutile dirti che ci sono somiglianze con il secondo sogno da me fatto. (per un totale di 4 in 7 anni....)
Ossia anch'io ho sognato una pietra grigia, rettangolare, con un bassorilievo sopra.
Anche nel mio caso abbiamo a che fare con un serpente. Nel mio caso si tratta di Pitone (ci sono voluti 5 anni per capirlo e il terzo e quarto sogno a farmelo capire).
Se non conosco i dettagli del tuo sogno non posso esprimere alcun giudizio.

Citazione di: green demetr il 26 Agosto 2017, 14:04:46 PM(1) Perchè hai interpretato questi 2 sogni come la ricerca di DIO, e ancor peggio, la ricerca fisica dell'esistenza di DIO?
(2) Mi rimane una spiacevolissima sensazione.

(1) Come ho detto nel post d'apertura, si tratta di uno dei simboli della complementarità degli opposti, cioè di una logica applicabile a una tale molteplicità di casi osservabili (vedi, per esempio, i miei 3d nel cui titolo compare il termine "Complementarità") da indurmi a pensare che si tratti di una logica universale, quindi applicabile anche alla fisica, come pure sosteneva il fisico Nils Bohr, da me lì citato.

(2) ...E da cosa dipende questa tua "spiacevolissima sensazione"? Dalla tua fede personale nell'ateismo?  :)
#1283
Tematiche Spirituali / Re:Una visione ...zodiacale!
26 Agosto 2017, 14:56:27 PM
Citazione di: green demetr il 26 Agosto 2017, 13:38:48 PM
Noi non possiamo mostrare alcunchè di niente, se rimaniamo all'interno della semiosi.
Detto questo, non avendo letto i tuoi altri post, non posso pretendere di capire la tua semiosi.
Hai solo accennato al tuo progetto ventennale, dialettica come aporetica.
In realtà ho già provato a pensare in quei territori e ti devo dire che non mi piacciono molto.
Comunque vista lo strano parallelismo, potresti cominciare a dire qualcosa di più.

Ma io ho già detto qualcosa di più. E, per evitare di ripetermi, - sempre che ti interessi l'argomento - potresti leggere alcuni miei 3d centrali: "Un'esperienza visionaria molto istruttiva", "Un sogno archetipico e un film", "La Conoscenza è una complementarità di opposti", "Guardate questa immagine...", "Il Principio e il mito biblico dell'Eden" e "Il concetto junghiano di archetipo". Così capirai in che senso intendo la Dialettica: non come aporetica, ma come Principio universale (il Principio di complementarità degli opposti). Se avrai commenti da fare potrai farli nei rispettivi thread, altrimenti diventa tutto molto dispersivo.
#1284
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Agosto 2017, 12:40:02 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Agosto 2017, 14:17:19 PM... per il resto del post tu continui a cavillare su questioni poco significative e trascurabili, ignorando (irrispettosamente e con una certa arroganza) le mie osservazioni, mi fermo qui, ...perché io c'iò dda fa'!!! ...C'iò da fa' 'na rivoluzzione!!!

Citazione di: Carlo Pierini il 24 Agosto 2017, 22:31:27 PMMettere in dubbio ogni parola e ogni virgola dell'interlocutore ignorando totalmente il contenuto del suo post, per te sarà pure un bel passatempo, ma per me, invece, sarebbe uno *spreco* di tempo rispondere.  ...E non chiedermi di definire il "tempo" per farti capire ciò che ho detto, perché non ho ...tempo!

Trovo curiose queste risposte.

Se uno ti pone obiezioni stringenti, allora vuol dire che quella persona ha ignorato ciò che tu hai scritto, si tratta di una persona irrispettosa, arrogante, che scrive per passatempo, rispondere alla quale sarebbe per te uno "spreco di tempo". Le obiezioni altrui sono un "cavillare su questioni poco significative e trascurabili".

Avresti ragione, se io rispondessi in questo modo a tutti e ad ogni obiezione che mi viene mossa ma, come puoi constatare, non è affatto così.

ANGELO
Al contrario, ciò che scrivi tu è di importanza mondiale, visto che si tratta nientemeno che di una "rivoluzzione".
Ancora più curioso viene a risultare "io c'iò dda fa'!!!", "non ho ...tempo!", se si confronta con quante discussioni hai aperto in pochissimo tempo, quanti messaggi hai scritto e quanto sono lunghi: per scrivere il tempo c'è, e in abbondanza, ma improvvisamente non c'è più quando si tratta di affrontare le obiezioni?

CARLO
Molti degli scritti che ho postato sono dei piccoli "saggi" già scritti in passato e che mi sono limitato a copia-incollare.
Riguardo alla "rivoluzzione", era una battuta, naturalmente, visto che, considerata la mia età, probabilmente non riuscirò a portare fino in fondo "l'ardua impresa".  Ma resta il fatto che mi sono ritrovato tra le mani un oggetto di ricerca di un'estensione e di una portata colossali, ma che merita ampiamente tutta la mia dedizione e il sacrificio di gran parte delle gioie di una vita di relazione normale.  Insomma, mi piacerebbe rispondere, con calma e pacatezza a tutte le obiezioni, anche a quelle che reputo marginali, se non altro per spiegare perché le reputo tali, ...ma non si può avere tutto dalla vita:  "nun ciò tempo, ...c'iò dda fa' 'na rivoluzzione!!!".   :)
#1285
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Agosto 2017, 11:15:03 AM
"E' impossibile che la stessa cosa convenga e insieme non convenga a una stessa cosa e sotto il medesimo rispetto?". A questo punto viene a mancare la risposta: il suo enunciato ha fatto sorgere un dubbio per il quale non è in grado di fornire alcun aiuto.

E' proprio vero che <<tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una ed una sola retta>>? La risposta che dà la geometria è "sì", perché si tratta di un concetto evidente, così come è evidente che non si può raccontare tutto e il contrario di tutto.
Si tratta, cioè, di postulati, ossia di elementi originari del pensiero, di "conditio-sine-qua-non" del suo corretto "funzionamento", i quali, proprio perché originari non possono essere dimostrati e quindi non danno risposte. Come chiarisce lo stesso Aristotele:
<<E' per ignoranza che alcuni pensano che di ogni cosa debba essere data la dimostrazione; se così fosse si andrebbe indietro all'infinito, cioè, non si darebbe dimostrazione di nulla>>.
In altre parole, il pensiero umano non è onnipotente, ed è proprio per questo che ha bisogno di regole che lo guidino affinché riduca al minimo le "cappelle" in cui può incorrere. E se tu hai dei dubbi su quelle regole, io posso prenderne atto, ma finché non ne proporrai di migliori, io continuerò a farmi guidare da quelle, visto che, comunque, rispettandole, il nostro sapere si è evoluto da quello degli scimpanzè fino alla scienza moderna. ...Che altro, se no?
#1286
Citazione di: maral il 26 Agosto 2017, 11:10:07 AM
Il problema relativo a modi di pensare che andrebbero evitati (modi "indigesti" seguendo la metafora iniziale dell'autore) è evidente che non presenta soluzioni se lo si intende in termini assoluti, indipendentemente dai contesti che determinano tali modi, ma è altrettanto evidente che nei contesti in cui questi modi si attuano essi comportano delle continue rimodulazioni tali da renderli attuabili senza porre a rischio la propria esistenza. C'è sempre uno spazio di riaggiustamento e di manovra dei significati entro il quale si rende possibile l'esistenza consapevole dei limiti che sempre diversamente la ridefiniscono.

...E quindi? "Libertà di pensiero" significa anche libertà di coltivare idee fasulle e superstiziose? Se sei convinto di poter volare e ti getti dalla Torre Eiffel (come fece Franz Reichelt nel 1912), quali sono i "contesti" che ti salvano dallo ...spalmarti sul selciato?
#1287
Citazione di: anthonyi il 26 Agosto 2017, 10:47:18 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 25 Agosto 2017, 19:11:21 PM
Citazione di: anthonyi il 25 Agosto 2017, 18:11:31 PM
I riti religiosi sono riti sociali, magari in passato lo erano molto di più, ma anche oggi in realtà periferiche come quella in cui vivo io, i riti religiosi hanno significato sociale, se non partecipi questo condiziona l'opinione che gli altri hanno di te.
Certo Gesù ci ha detto che dobbiamo pregare nel segreto della stanza, ma chi lo è stato a sentire?

Quindi, nel rito della messa, la consacrazione dell'ostia, l'elevazione del calice, l'incensazione delle offerte, ecc., sono solo pretesti per fare combriccola?

Probabilmente tu non hai lo stesso livello di cultura sociale che ho io. Il concetto di rito sociale è un qualcosa di assai più importante di una combriccola, è alla base di quelle strutture di costruzione del senso collettivo senza delle quali la società non esisterebbe, non esisterebbero le istituzioni, non esisterebbe la filosofia (Che ha anch'essa i suoi riti sociali). E quest'importanza non ha alcun rapporto con la verità del mondo spirituale, l'importante è crederci perché si realizzino quegli effetti sociali.

Il fatto che un rito abbia anche una funzione di coesione sociale, non significa che questa sia la sola funzione o che sia la più centrale o la più importante. 
Per esempio, da giovani si va a scuola anche per socializzare, ma la funzione principale della scuola è quella di istruire; oppure, un processo penale si celebra per stabilire chi è innocente e chi è colpevole, non solo per un generico "socializzare"; ecc..
#1288
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Agosto 2017, 03:19:22 AM
Mi sembra che ciò che ho detto non sia stato compreso. Provo a dirlo in altro modo. Il principio di non contraddizione dice così: "l'essere è e non può non essere; il non essere non è e non può essere". Questo è confortante finché non si scopre che questo principio serve anche a creare domande. Allora nasce anche questa domanda: "l'essere è e non può non essere? Il non essere non è e non può essere?". Questa domanda diventa inquietante allorché si scopre che il principio di non contraddizione, grazie al quale è stato possibile formularla, non ha alcuna risposta da dare: la sola risposta che esso potrebbe dare non sarebbe altro che una ripetizione di se stesso; ma come risposta sarebbe ben poco soddisfacente, una volta che sappiamo che è stato proprio esso a suscitare la domanda.

L'enunciato originale di Aristotele recita:
<<E' impossibile che la stessa cosa convenga e insieme non convenga a una stessa cosa e sotto il medesimo rispetto>> [Aristotele: Metafisica, libro IV, 1, 5]
Mentre il tuo enunciato è già una trasposizione dell'originale applicata al concetto filosofico di "essere". L'originale, cioè, si limita a dire che noi non possiamo affermare e, nello stesso tempo, negare un medesimo attributo ad un medesimo oggetto e sotto il medesimo rispetto.
#1289
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Agosto 2017, 02:30:37 AM
Al dubbio sul principio di non contraddizione non si può chiedere alcun fondamento oggettivo, perché esso è destituzione di ogni fondamento e ogni oggettività. A questo punto sarebbe fin troppo facile obiettare al dubbio di essere infondato. Il problema è che esso invece è fondato, perché il dubbio non è altro che il principio stesso di non contraddizione condotto alle sue conseguenze. In altre parole, il principio di non contraddizione funziona fin tanto che ci si astiene dall'esplorare tutte le vie a cui esso conduce. Se invece lo si sfrutta in tutte le sue potenzialità, non si può fare a meno di scontrarsi con la demolizione di esso stesso.
Lo stesso avviene se pensiamo di parlare di realtà.
L'illusione che il principio di non contraddizione sia coerente si verifica fin tanto che ci si limita a usarlo per quelle affermazioni che confortano il bisogno di certezze. Le cose cominciano a cambiare quando si scopre che esso può essere adoperato anche per porre interrogativi e quindi dubbi: allora ci si accorge che esso è in grado di porre interrogativi a se stesso, in merito ai quali però non è di alcun aiuto per trovare le risposte.
Può essere interessante osservare che questo processo è proprio storia: esso si verifica nel momento in cui il principio di non contraddizione smette di essere paralizzato nell'astoricità della mentalità dei fondamenti e delle oggettività e lo si fa misurare con il divenire storico umano.
Prova a farmi qualche esempio.
Scommetto che i tuoi dubbi si relazionano col problema della complementarità degli opposti. Infatti, gli opposti complementari, nel loro stadio, diciamo, naturale-primitivo-assoluto-estremistico, si presentano come opposizioni contraddittorie, e solo dopo un confronto semantico approfondito si scopre che, invece, sono complementari e che quindi non sono soggetti al divieto del p.d.n.c..
#1290
"Il male più grave del nostro tempo è che la Scienza e la Religione appaiono come forze nemiche e irriducibili. Male intellettuale tanto più pernicioso in quanto viene dall'alto e si insinua, sordamente ma irresistibilmente, in tutti gli spiriti, come un veleno sottile che si respira nell'aria. Ed ogni male dell'intelligenza diventa, alla lunga, un male dell'anima e in seguito un male sociale.
Il Cristianesimo, finché affermava ingenuamente la sua fede nel cuore di un'Europa ancora semibarbara, come nel Medioevo, rappresentò la più grande delle forze morali: esso ha plasmato I'uomo moderno. La scienza sperimentale, apertamente ricostituita nel XVI secolo, finché si limitò a rivendicare i diritti legittimi della ragione e la sua libertà illimitata, fu a sua volta una grandissima forza intellettuale che ha rinnovato la faccia del mondo, ha affrancato l'uomo dalle sue secolari catene e ha fornito indistruttibili basi allo spirito umano.
Ma da quando la Chiesa, non potendo più dimostrare il suo dogma primario di fronte alle obiezioni della scienza, vi si è rinchiusa come in una casa senza finestre contrapponendo la fede alla ragione come un comandamento assoluto e indiscutibile; da quando la scienza, ebbra delle sue scoperte nel mondo fisico, facendo astrazione dal mondo psichico e intellettuale, è diventata agnostica nel metodo, materialista nei princìpi come nei fini; da quando la filosofia, disorientata e impotente fra le due, ha in qualche modo abdicato ai suoi diritti per cadere in uno scetticismo trascendente, una scissione profonda si è prodotta nell'anima della società come in quella degli individui.
Tale conflitto, inizialmente necessario e utile poiché ha instaurato i diritti della Ragione e della Scienza, ha finito per diventare un fattore di impotenza e inaridimento. La Religione risponde ai bisogni del cuore, della sua eterna magia, la Scienza a quelli dello Spirito, della sua forza invincibile. Ma, da lungo tempo, queste potenze non sanno più capirsi fra loro. Una Religione senza prove e una Scienza senza speranza stanno l'una di fronte all'altra e si sfidano senza riuscire a vincersi.
Ne risulta una contraddizione profonda, una guerra nascosta, non solo fra lo Stato e la Chiesa, ma anche all'interno della stessa Scienza, nel seno di tutte le chiese e anche nella coscienza di tutti gli individui pensanti. Infatti, quali che siamo, a qualunque scuola filosofica apparteniamo, portiamo in noi questi due mondi nemici, in apparenza inconciliabili, che nascono da due bisogni indistruttibili dell'uomo: il bisogno scientifico e quello religioso. Una simile situazione, che dura da oltre cent'anni, ha certo contribuito a sviluppare le facoltà umane tendendole le une contro le altre. Ha ispirato alla poesia e alla musica accenti straordinariamente patetici e di imponente grandiosità. Ma oggi, la tensione protratta e sovreccitata ha prodotto I'effetto contrario. Come nel malato l'abbattimento succede alla febbre, essa si è trasformata in marasma, in disgusto, in impotenza. La Scienza si occupa solo del mondo fisico e materiale, la filosofia morale ha perso la guida delle intelligenze, la Religione governa ancora in una certa misura Ie masse, ma ha perso il controllo sugli strati elevati della cultura: sempre grande grazie alla carità, non emana più un irradiamento di fede. (...)
La letteratura e l'arte hanno smarrito iI senso del divino. Disabituati agli orizzonti eterni, gran parte dei giovani si sono rivolti a quello che i nuovi maestri chiamavano il naturalismo, degradando così il bel nome di Natura. Ciò che, infatti, abbelliscono con questo vocabolo non è altro che l'apologia dei bassi istinti e la descrizione compiaciuta dei nostri appiattimenti sociali, in una parola la negazione sistematica dell'anima e dell'intelligenza. E la povera Psiche, che ha perso le ali, geme e sospira in fondo al cuore di quegli stessi che la insultano e la negano.
A furia di materialismo, di positivismo e di scetticismo, questa fine di secolo è pervenuta a un'idea falsa della Verità e del Progresso".  [E. SCHURE': I grandi iniziati – pg. 27]