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Messaggi - Phil

#1276
Ultimo libro letto / Re:Memoria digitale
15 Marzo 2020, 23:22:41 PM
Citazione di: altamarea il 15 Marzo 2020, 21:32:57 PM
Nella nostra epoca "digitale" l'umanità non sembra d'accordo se è meglio o peggio dimenticare, e si affida alla costruzione di una memoria totale, alla conservazione di un passato che non passa, perché registrato in un immenso archivio digitale, sempre disponibile e consultabile. E' come un'enciclopedia, scritta in presa diretta ma a futura memoria.

E' in questo orizzonte che Davide Sisto nel suo libro titolato "Ricordati di me. La rivoluzione digitale tra memoria e oblio", da filosofo e con l'aiuto dei filosofi pone la questione in un abile intreccio di conoscenze scientifiche e di riflessioni sull'evoluzione dei social network.
Una delle cause dell'invenzione della scrittura è stato probabilmente anche il desiderio di ricordare dei dati per riutilizzarli (riscuotere un credito, sancire una legge, etc.); oggi, con il digitale, l'esigenza si è sdoppiata anche nel suo rovescio: il tema del diritto all'oblio, della necessità di non lasciare traccia (e cookies), di poter rimuovere dalla rete immagini e informazioni sgradevoli. Estremizzando un po', si è passati dal voler lasciare la propria impronta sulle pareti di una caverna a cercare di ridurre il "fingerprinting" del proprio dispositivo.
Significativamente, il memorizzare un file o un'impostazione (su un dispositivo) viene detto «salvare»; salvare da cosa, se non dalla cancellazione nel/del tempo?

Attualmente la mole di dati creati e immagazzinati al secondo (nel mondo) è abnorme rispetto a solo una decina di anni fa; compresi alcuni dati che ci appartengono e su cui non abbiamo il controllo. Questa è una dinamica tanto incalzante quanto impattante, per il singolo e per la società, per l'orizzonte esistenziale e per l'etica (e per le digital humanities); fortunatamente, alcuni filosofi e/o pensatori (anche italiani: Ferraris, Diodato, Floridi, Benanti, Fabris, etc.) hanno bene inteso come sia pane (fresco) per i loro denti.
#1277
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
15 Marzo 2020, 19:55:27 PM
Citazione di: Ipazia il 15 Marzo 2020, 19:09:55 PM
Se si esclude il fatto che il paziente 0 si possa isolare e curare e i 5 legati sul binario si possano liberare si cade nel mero divertissement della giocosità mediatica e si truccano i risultati.
Pare che il "paziente zero" venga isolato solitamente dopo che il carrello è già andato abbastanza avanti; i 5 legati sul binario fanno parte del fatto che «lo scenario proposto è chiaramente coercitivo, in modo da spingere a scelte estreme (evitando l'happy ending che qui non avrebbe valore)» (autocit.). Nella simulazione, una volta spiegata la situazione, non c'è trucco e non c'è inganno (ma può esserci disagio e volontà di non rispondere; infatti, proprio come il bambino del video, si può anche scegliere di non stare al gioco dell'esperimento...).

Citazione di: Ipazia il 15 Marzo 2020, 19:09:55 PM
Se si fanno auto a guida automatica bisogna anche fare strade a sicurezza totale. L'etica va fondata dall'inizio, non da uno stadio intermedio taroccato da fondamenta etiche marce in cui bisogna insegnare alle macchine chi uccidere. Se non si è capaci di fare ciò, semplicemente non le si producono.
Questa normatività morale (che presuppone valori implicitamente accettati, etc.) del tipo «se... allora...», qualora non sia condivisa da chi le auto le produce (come temo), sarà chiamata a coniugarsi con la controfattualità della realtà: quelle auto sono di fatto già in fase di sperimentazione (e hanno già causato alcuni morti); non conviene cercare di giocare d'anticipo (ormai per quanto è possibile) e simulare il futuro prossimo, riflettendo "democraticamente" su chi debbano uccidere?
Anche perché è chiaro che non si tratta necessariamente solo di auto: ci si potrebbe chiedere «se fossi io a guidare, che farei»?
Lo so, a mente fredda non vale, ma la filosofia, solitamente, si concede il lusso di ragionare a mente fredda.
#1278
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
15 Marzo 2020, 17:04:57 PM
Quello che tali esperimenti mentali (a suo modo si tratta di "sperimentazione filosofica", seppur ipotetica) e i dati che ne derivano possono apportare, sono considerazioni pertinenti principalmente tre ambiti: quello dall'autocomprensione etica (su quali principi fondo le mie scelte, con quanta "rigidità", quale caso può costituire un'eccezione, etc.); quello dell'analisi socio-antropologica (come mai in una cultura/continente c'è una determinata tendenza omogenea o meno, etc.); quello dell'applicazione nell'AI (se l'auto a guida autonoma deve compiere tale scelta, quale sarà l'esito maggiormente ritenuto "giusto" dalla società, dai potenziali acquirenti, etc. "via al televoto!").

Lo scenario proposto è chiaramente coercitivo, in modo da spingere a scelte estreme (evitando l'happy ending che qui non avrebbe valore); tuttavia, in fondo, quanto tale contesto simulato si discosta nettamente da quello, decisamente poco conciliante e poco romanzato, in cui ci troviamo nella realtà del caso del virus?
Se (vado a braccio, senza spaccare il capello) mettiamo il virus a posto del carrello, il "paziente zero" al posto dell'obeso, gli anziani al posto del soggetto nel binario parallelo, i lavoratori che producono PIL al posto delle vittime, la politica al posto dell'uomo che decide, etc. e altri parallelismi si potrebbero fare, considerando ad esempio le scelte individuali (parlando di treni, senso civico, etc.), forse l'«infimo livello qualitativo»(cit.) dei "risultati" di tali esercizi mentali, diventano qualcosa di più stimolante di una «banalizzazione dell'etica»(cit.) a fini commerciali o di un mero divertissement della giocosità filosofica d'oltremanica (fermo restando che fra il dire e il fare... c'è il simulare).
#1279
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
15 Marzo 2020, 14:51:37 PM
Il "tormentone etico" del noto problema del carrello (trolley problem) ha recentemente avuto uno sviluppo statistico con una ricerca pubblicata circa un mese fa, consultabile in inglese qui, che ha coinvolto 70000 partecipanti di 42 nazioni sparse per il globo.
Ovviamente un pensiero laterale, tipico dei bambini, potrebbe proporre ulteriori soluzioni.

P.s.
Se l'inglese non è un problema (o siete pratici di traduttori online) e volete partecipare alla casistica di qualche esperimento mentale a carattere etico, potete sollazzarvi qui e qui.
#1280
Tematiche Filosofiche / Re:Libri di filosofia
12 Marzo 2020, 23:52:16 PM
Se pensi di valutare la possibilità di iscriverti davvero alla facoltà di filosofia, per me è decisamente meglio un manuale, perché ti darà un'idea delle differenti tipologie di autori e correnti che dovrai studiare (anche se non ti piaceranno o la pensano molto diversamente da te).
Se invece vuoi accostarti alla filosofia per formazione personale... è comunque consigliabile un manuale, perché ti consente di scegliere con più "apertura", prospettandoti i differenti ambiti del filosofare, presentandoti correnti ed autori che, se ti incuriosiranno, potrai poi approfondire personalmente con dei loro testi, tralasciando gli altri che meno ti ispirano.
Detto diversamente: se tu decidessi di iniziare a mangiare cibo neozelandese, credi sarebbe meglio dare un'occhiata al menù (in italiano) e scegliere ciò che potrebbe piacerti, oppure pensi sia meglio fidarti totalmente dei gusti di qualcuno che già lo conosce un po'? Chiaramente, non c'è una riposta "assolutamente" giusta, è solo una questione di scelta di approccio.

Nel mio piccolo ti sconsiglio di iniziare con un testo di un autore filosofico: oltre ad avere un'immagine molto parziale della filosofia, se non ti piacerà ciò che leggerai rischierai di avere anche un brutto imprinting con la materia (e magari ti precluderai ulteriori letture). Se già hai un ambito filosofico di interesse (estetica, politica, esistenzialismo, epistemologia, etc.), potresti provare ad approfondirlo con una raccolta di saggi di differenti autori, in modo da avere più punti di vista su un unico tema che ti intriga.
#1281
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
11 Marzo 2020, 09:36:50 AM
Citazione di: Ipazia il 11 Marzo 2020, 00:27:06 AM
Citazione di: Phil il 10 Marzo 2020, 21:56:52 PM
Parlavo di guardarsi intorno, ovvero di prestare attenzione alle proposte delle altre discipline, di conciliare le tematiche classiche con l'attualità, ma probabilmente il "nutrirsi" a cui alludi va ben oltre tutto ciò: infatti, che la filosofia funga da «collante» (cit.) tra gli altri saperi, curiosamente lo affermano quasi solamente i filosofi (e mi pare fatichino poi a dimostrarlo nella loro prassi filosofica), per quanto forse ciò voglia essere un accademico auspicio o un'ambizione, più che una constatazione "diagnostica".

Ma anche no. Le figure più innovative della conoscenza hanno sempre effettuato questo collegamento, perchè il cambio dei paradigmi scientifici accompagnò in ogni epoca un rivolgimento della visione del mondo dei contemporanei e posteri.
Forse è una questione di metafore: se parliamo di "guardarsi intorno" rivolgendosi anche alle altre discipline, ne va dell'attualità delle riflessioni filosofiche; se parliamo di "nutrimento", quindi di apporto vitale, bisogna prendere atto che ci sono filosofie che (soprav)vivono egregiamente anche senza il confronto attento con la contemporaneità; se parliamo di "collante", ovvero qualcosa che media e/o lega due o più elementi, non direi che occuparsi di filosofia e scienza, o leggere filosoficamente l'economia, etc. significhi usare la filosofia come «collante razionale dell'accumularsi di conoscenze» (cit.); se parliamo di "collegamento" già descriviamo meglio, secondo me, un rapporto meno gerarchico, più verosimile e tuttavia non necessario (anche se lo trovo preferibile).
#1282
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
10 Marzo 2020, 21:56:52 PM
Parlare della filosofia come qualcosa di unitario, o addirittura di una disciplina che abbia un ruolo o un programma o un obiettivo, contrasta per me con tutto ciò che la filosofia è stata, è e potrà essere: ovvero un insieme estremamente eterogeneo di temi, proposte, approcci, discorsi, etc. Osservare che il denominatore comune di tale "inventario" sia l'attività del riflettere, non rende giustizia alla qualità (e agli strumenti) del pensare definibile «filosofico» (basta uscire a fare una passeggiata per poter affermare «faccio sport» o «sono uno sportivo»? Se muovere le gambe non è sempre fare sport, riflettere non è sempre fare filosofia).
La filosofia, intesa non come attività ma come insieme storico-dinamico delle proposte filosofiche, è l'antitesi del "pensiero unico", essendo intimamente plurale (e talvolta persino pluralista); eppure spesso viene, per ironia del suo "destino", dipinta come "singolarità coesa": come una impostazione che ha un fine "centripeto", come una disciplina che fra i suoi stessi temi deve mirare a questo ma non a quello, etc. Gli stessi filosofi, proponendo ognuno la sua definizione (qui alcuni esempi) non fanno che confermare, loro malgrado, che l'insieme (e l'attività) della filosofia non ha un unico criterio denotativo, al punto che l'insieme stesso contiene o non contiene alcuni pensatori/correnti a seconda di chi decide quale criterio usare (e quindi impone alla sua filosofia il suo progetto).

Per alcuni interrogativi su come si possa intendere la filosofia suggerisco, fra i tanti, questo video.


P.s.
Citazione di: Ipazia il 09 Marzo 2020, 08:36:03 AM
In tale significato riprenderei la felice osservazione di phil in altra discussione che ha generato questa: in ogni epoca i filosofi si sono occupati di tutto il sapere che stava loro intorno e ne hanno tratto nutrimento per il loro sapere. Direi che questo è il ruolo più importante che la filosofia ha storicamente svolto e che è cresciuto via via che il sapere cresceva e con esso le sue specializzazioni. Fungere la collante razionale dell'accumularsi di conoscenze
Parlavo di guardarsi intorno, ovvero di prestare attenzione alle proposte delle altre discipline, di conciliare le tematiche classiche con l'attualità, ma probabilmente il "nutrirsi" a cui alludi va ben oltre tutto ciò: infatti, che la filosofia funga da «collante» (cit.) tra gli altri saperi, curiosamente lo affermano quasi solamente i filosofi (e mi pare fatichino poi a dimostrarlo nella loro prassi filosofica), per quanto forse ciò voglia essere un accademico auspicio o un'ambizione, più che una constatazione "diagnostica".
#1283
Tematiche Filosofiche / Re:Libri di filosofia
09 Marzo 2020, 11:12:27 AM
Più che un libro, mi permetto di suggerirti questo video, in cui si tratteggiano le principali dinamiche del pensare filosofico (sta a te valutare se l'attività filosofica sia traducibile in un lavoro o debba restare un hobby: "non di solo pensiero vive l'uomo...").
#1284
Mi pare che un dato tanto importante quanto trascurato siano le guarigioni: monitorare il loro andamento contribuirebbe a definire meglio la situazione. Sembra che in Cina, che avendo iniziato per prima è più avanti nella "curva" di andamento del virus (anche se ovviamente tale curva dipende molto dalle contromisure attuate, dalla tempestività d'intervento, dalle infrastrutture, dalla situazione climatica, dal comportamento della popolazione, etc.) già una settimana fa i contagi quotidiani abbiano iniziato ad essere inferiori alle guarigioni, che attualmente pare si attestino circa al 70% dei casi (erano al 53% una settimana fa e al 7% il 12 febbraio).
In Italia, oltre all'impennata dei contagi e dei decessi, c'è una proporzionale impennata dalle guarigioni, sempre considerando che molti contagi sono recentissimi e non si guarisce in tempi brevissimi?
Pare che su 5883 casi accertati, finora 589 siano guariti (a fronte di 233 decessi), ma è l'andamento cronologico che sarebbe secondo me un dato interessante (in rete, dopo rapida ricerca, non l'ho trovato) e che forse aiuterebbe l'opinione pubblica ad essere più consapevole del contesto (sebbene capisco che presentare pubblicamente l'eventuale impennata delle guarigioni potrebbe innescare ulteriori comportamenti irresponsabili, forse è più saggio ammonire citando contagi e morti... meglio comunque non deviare il discorso verso tematiche troppo social-filosofiche, qui il topic è molto specifico).
#1285
Citazione di: Sariputra il 06 Marzo 2020, 10:34:47 AM
Perfetto. "Sentirsi essere" è ben diverso dal "pensare l'essere", infatti...
Nagarjuna lo spiega con altre parole, ma questo intende quando dice:




"Chi pensa che una cosa esiste, si ha, come conseguenza, la dottrina
dell'eternità (eternalismo); chi pensa che una cosa non esiste, si ha, come conseguenza, la
dottrina dell'annientamento (nichilismo). L'intenditore, perciò, si studi di evitare l'idea
dell'esistenza e della non-esistenza."
Sullo scollamento fra concettualizzazione della realtà e vuoto-concettuale nella realtà (e sul non-attaccamento alla concettualizzazione):
«Non è [il concetto di] vuoto che rende vuote le cose; piuttosto, esse sono da sole semplicemente vuote. Non è [il concetto di] assenza di una qualche causa ultima che rende le cose mancanti di tale causa, piuttosto ad esse semplicemente manca una causa ultima. Non è [il concetto di] assenza di un scopo ultimo che rende le cose mancanti di uno scopo ultimo; piuttosto, ad esse semplicemente manca uno scopo ultimo. <O Kasyapa, io chiamo questa accurata riflessione la Via di Mezzo, veramente una accurata riflessione. Kasyapa, io dico che quelli che si riferiscono alla vacuità come "l'immagine mentale (upalambha) del vuoto" sono i più perduti dei perduti....lnvero, Kasyapa, sarebbe meglio sostenere una prospettiva filosofica della realtà ultima della persona individuale a misura del Monte Sumeru, piuttosto che essere attaccati a questa visione della vacuità come un "non-essere". Perché è così? - Perché, Kasyapa, la vacuità è l'esaurimento finale di ogni visione filosofica. Chiunque sostenga la vacuità come una visione filosofica io lo chiamo incurabile. O Kasyapa, è come se un medico stesse per dare una medicina ad un malato e quando la medicina avesse curato tutti i mali originari, essa rimanesse nello stomaco e non venisse essa stessa espulsa. Cosa pensi, Kasyapa, sarebbe curato quest'uomo dalla sua malattia?> - <No di certo, o Beato, se la medicina curasse tutti i mali originari e però rimanesse nello stomaco, non-espulsa, la malattia dell'uomo peggiorerebbe di molto>. Il Beato allora disse: <Esatto, Kasyapa, così è; perché la vacuità è l'esaurimento finale di ogni visione filosofica. Ed io chiamo incurabili coloro che sostengono la vacuità come una visione filosofica!» (Madhyamika, 119).
#1286
Citazione di: paul11 il 04 Marzo 2020, 19:48:30 PM
Un cane alla catena dovrà il padrone sostentarlo. Un cane randagio dovrà badare a se stesso compreso il sostentamento.
C'è chi nasce per non prendersi responsabilità e sono le moltitudini di pecore smarrite che cercano  sempre l' uomo forte" e lo votano alle politiche perché, essendo  illusi e ingenui, gli risolva i loro problemi. Per esperienze sociali mie personali, sono pochi che hanno "gli attributi" per decidere
e prendersi le responsabilità e molti scappano per "non sporcarsi le mani".
Questo "culto della forza", che incorona chi detta le sue leggi sollevando gli altri dall'incombenza di prendersi le proprie responsabilità e "sporcarsi le mani", mi pare avere (senza voler polemizzare) un suo riflesso anche in una certa "filosofia forte":
Citazione di: paul11 il 02 Marzo 2020, 14:30:09 PM
Per me è necessario che un pensiero per essere forte deve avere dei paradigmi inossidabili, deve avere analisi di almeno tre millenni, deve dichiarare identità e morale se vuole unire le pecore nelle moltitudini delle latitudini e longitudini, perché la globalizzazione standardizza le culture e diversità, le pialla come i gusti e i stili di vita. La prossima cultura necessariamente dovrà unire le identità [...]
Le  vere filosofie, o pensieri forti, uniscono.
Lasciando dunque fuori la "forza", o meglio, la "durezza" delle hard sciences, credo che la riflessione sulla "forza" (lascerei da parte anche la specificità politica) sia inaggirabile per il pensiero contemporaneo e non possa non fare i conti con il perturbante "tabù del fondamento": quella forza assertiva e normativa dei paradigmi dominanti, tanto monolitici quanto talvolta conflittuali fra loro, quelle calcificazioni a malapena scheggiate da secoli di storia, fondano una forza e/o sono fondate da una forza? E se sì, quali sono le forze in gioco?

La forza con cui una filosofia presuppone un dover-essere di "x" (sia esso il noumeno, una divinità, il Bene, l'archè, etc.), descrivendo le "caratteristiche" di tale x e al contempo predicandone la (momentanea?) inaccessibilità (doppio movimento in stile "rocchetto freudiano"), tale forza che propone con forza, su quale (eventuale) forza si fonda?

Si fonda forse sul suo stesso dover-essere, poiché altrimenti verrebbe meno il dover-essere di ciò che essa stessa fonda? Se è così, siamo in pieno circolo vizioso: deve esistere x altrimenti non posso più affermare che y sia contemporaneamente implicato da x e dimostrazione dell'esistenza di x (esempio: deve esistere un archè del mondo, anche se non se ne sa nulla di attendibile, altrimenti non potremmo più spiegare il mondo tramite un archè e il mondo non sarebbe più a sua volta dimostrazione dell'esistenza di un'archè).

Se tale forza si basa sulla tradizione, va comunque preso atto che le tradizioni sono più d'una e, anche nei denominatori comuni (in ottica comparativo-sincretica), le chiavi di lettura antiche di secoli non possono avere "ad honorem" una validità maggiore di quelle attuali (senza nemmeno credere facilmente alla storia dei nani sulle spalle dei giganti) perché ciò significherebbe che il pensiero contemporaneo è destinato a ristagnare nel gioco di tradurre l'antico nella lingua moderna (ed eccoci qui a parlare "parmenidese", "platonese", etc.), ma senza poter dover uscire dai sacri confini teoretici tracciati secoli addietro. Di nuovo: può andar anche bene, ma su cosa si fonda la forza "metafisica" di tale divieto?

Gli "empi randagi" che valicano tali confini, abbandonando il "campo di forza" del pensiero unitario e unificante («le vere filosofie, o pensieri forti, uniscono», dici), non possono forse "sporcarsi le mani", essendosi rimpossessati dei loro piccoli artigli filosofici, che chi è dentro il recinto ha consegnato in pegno al Leviatano pur di avere una forza che regoli il proprio mondo e a cui appellarsi (come dici nella prima citazione)?
Quando si parla dell'Essere, della virtù, etc. dove "finisce" il discorso storicistico, dove quello ermeneutico, dove quello di "proposta" filosofica?

Per me non si tratta di entrare nel merito delle peculiarità del paradigma fondato, se esso sia perfettamente valido, o "il migliore", o il più diffuso (né se sia esso religioso, metafisico, materialista o altro), quanto piuttosto di partire dalla consapevolezza della forza del fondamento in questione, chiedendosi schiettamente: quanto è forte?
In generale, non necessariamente la forza del fondamento è direttamente proporzionale al valore del fondato: l'arte ha fondamenti deboli e mutevoli, ma il suo valore sociale, culturale, etc. è decisamente importante e "ricco".
E in filosofia?

Accarezzando il topic: una "rivoluzione" filosofica che non si interroghi sui propri fondamenti, secondo me non può costituire una valida alternativa a ciò che vorrebbe rivoluzionare, perché rischia di partire inconsapevolmente dagli stessi presupposti di ciò che la precede, limitandosi a combinarli differentemente (quindi non è rivoluzione, quanto piuttosto "ars (ri)combinatoria").


P.s.
Se non erro, i "grandi" filosofi, oltre a guardare al passato e dentro i libri, si guarda(va)no anche attentamente intorno, attenti a ciò che proponevano le altre discipline coeve (e non solo umanistiche); un'attitudine che spesso oggi viene dimenticata, dipingendo il teoreta come colui che non deve essere sincronizzato all'attualità, ma indugiare sulle questioni che erano attuali per Kant, Hegel o addirittura Parmenide, senza doverle conciliare con ciò che ci circonda, perché ciò è mera contingenza-immanenza. Anche qui: "giusto" o "sbagliato" che sia, su cosa si fonda la forza di tale (non-)dovere e quanto è forte?
#1287
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
04 Marzo 2020, 23:50:19 PM
Citazione di: Jean il 04 Marzo 2020, 21:50:52 PM
Questo sito https://www.worldometers.info/coronavirus/  lo trovo tra i migliori per chi voglia tenersi aggiornato (se traducete la pagina con google, al posto di "Iran" rende "Mi sono imbattuto"... misteri algoritmici)
Mistero che proporrei di risolvere supponendo che l'algoritmo abbia tradotto «Iran» con «I ran (into)», ovvero il passato dell'inglese «run» (correre, ma anche incorrere, imbattersi). L'"ingenuo" algoritmo ha cercato di tradurre diligentemente anche ciò che non andava tradotto; la "macchina che sa l'inglese" ha sbagliato dove l'uomo che non sa l'inglese non avrebbe sbagliato, per questo i due si completano bene.
#1288
Citazione di: Eutidemo il 02 Marzo 2020, 16:43:02 PM
Citazione di: Phil il 01 Marzo 2020, 18:17:10 PM
Il paradosso citato mi ha ricordato il paradosso del bibliotecario, forse l'unico paradosso logico che non sia mero gioco di pensiero (come quello del sorite, del barbiere, del mentitore, etc.) ma che possa essere "realizzato" concretamente producendo uno stallo (o addirittura un autolicenziamento...).
Esatto, ed infatti anche il paradosso del bibliotecario è un'altra versione del paradosso di Russell; che lui stesso risolse matematicamente.
Non ho trovato in rete la soluzione matematica del paradosso del bibliotecario (forse avrei dovuto cercarla in biblioteca?) e, se mi immedesimo in lui, non riesco a intuire come una matematica possa aiutarmi nella compilazione del catalogo "indecidibile"... forse c'è una soluzione normativa («è proibito che un catalogo citi altri cataloghi al suo interno», da cui non avrebbe più senso un catalogo di quelli che non si autocontengono, ovvero tutti, né il catalogo di quelli che si contengono, ovvero nessuno), ma quella matematica mi sfugge.
#1289
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
01 Marzo 2020, 23:39:31 PM
Citazione di: Jean il 01 Marzo 2020, 22:36:55 PM
Il punto è che una trasformazione che sia sufficientemente profonda da produrre un concreto vantaggio, difficilmente verrà accantonata, salvo motivi di forza maggiore.

Una volta che avremo (chissà...) le auto che si guidano da sole man mano verrà soppiantata la guida manuale, è il progresso, bellezza... avrai tutto il tempo di dedicarti ai consigli di un "onnipresente" monitor, posto da qualche parte se non addirittura "dentro" di te.

Ma anche una trasformazione che produca uno "svantaggio" (eufemismo) profondo impatterà (irrevocabilmente?) drasticamente sul nostro stile di vita.
In un certo senso stiamo passando dal «c'era una volta» al «ci sarà una volta»: le clonazioni di animali (ma l'uomo cos'è?) non sono più utopia né capriccio dei milionari, i "microchip" sottopelle sono già in circolazione e la tecnologia continua a compenetrare il mondo e il corpo umano. Tuttavia, secondo me, resta ancora valida la legge della domanda e dell'offerta: la tecnologia è pur sempre un golem a cui chiediamo di fare qualcosa, ovvero non fa nulla che qualcuno non gli abbia messo in test(a), e se anche il test va bene, si tratta poi di instillarne l'esigenza nelle masse (e le arti affabulatorie di vendita hanno raggiunto livelli tanto elevati quanto quelli delle loro contromisure, sebbene queste ultime siano meno "pandemiche"). C'è anche chi si oppone fermamente allo sviluppo "sfrenato", magari passando all'estremo opposto o proponendo nuove categorie altrettanto "sfrenate"; di sicuro, non siamo nell'epoca della semplicità, né del vivere né delle questioni su cui riflettere.
#1290
Racconti Inediti / Re:Il pizzaiolo
01 Marzo 2020, 19:13:36 PM
Citazione di: Jean il 01 Marzo 2020, 14:24:38 PM
ORA.NO

Rilancio invertendo «orano» in «onaro»: nome di una frazione del Veneto (comune di Scorzè), regione a cui sono collegabili il virus, Sariputra e... un cavallo chiamato Onaro, che è salito sul podio per l'ultima volta il 22 febbraio scorso (la stessa data in cui è stata emessa un'ordinanza per la quarantena). La competizione equina si è tenuta all'Horse Club Terra Ionica, nome di chiaro riferimento allo Ionico che è il mare che bagna la regione che, come raccontato da Jean, fu vittima di un epidemia. Epidemia che oggi pare tornare d'attualità con il virus originato in Cina, che è la nazione che produce più asparagi, i quali, chiudendo il cerchio, erano il desiderio del cliente borioso che in pizzeria fu acquietato da un paio di «ora no!».