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Messaggi - paul11

#1276
non lo definirei un "principio", bensì una regola della metodica razionale che aiuta nel sistema di relazione  della logica predicativa e proposizionale.

Essendo regola metodica, non è nè un soggetto e neppure un oggetto, semmai sta nella relazione conoscitiva  FRA il soggetto e l'oggetto, dentro la forma linguistica che esprime concettualmente il procedimento gnoseologico od epistemologico

il problema "è come arrivare alla verità", come si giustifica una proposizione o predicazione rispetto ad un'altra.
Quindi significa che esiste un "confronto" linguistico che presuppone un pensiero che si esprime con  il linguaggio.

Il "principio" di non contraddizione non porta ad una verità, semmai esprime la regola che di un  ente non possiamo affermare una caratteristica e nello stesso tempo dire del contrario. Quindi aiuta a dirimere razionalmente il procedimento deduttivo. e/o induttivo .
#1277
Tematiche Filosofiche / Re:Essere o non essere
05 Settembre 2017, 09:28:40 AM
Le argomentazioni poste da Carlo P., a mio parere sono"forti", quelle poste da Korzybsk sono"deboli", al fine di una teoria della conoscenza.
Non significa che ciò che esprime K. sia sbagliato, semmai trovo che possono convivere.
In fondo K. mi dice che abbiamo dei limiti conoscitivi  che la mappa non corrisponde al territorio e abbiamo più livelli d astrazione.

Ai fini della conoscenza, non mi dice nulla di nuovo, perchè comunque anche se non conosco la realtà "vera" (ma di cui possiamo solo parlare compreso lui....), e nessuno nemmeno K. può dirmi quanto e come d "quella" realtà è conosciuto ,ma di fatto noi conosciamo, abbiamo costruito regole, metodiche ,proporozioni ,categorie, induzioni, deduzioni, sillogismi, ecc.

L'appercezione kantiana del "io penso", non è superata concettualmente . Quello che a mio parere di K. bisogna tenere presente sono le interazioni fra i livelli di astrazione, fare attenzione al condizionamento culturale e delle proprie credenze su come sono state costruite
#1278
Tematiche Filosofiche / Re:Essere o non essere
04 Settembre 2017, 13:30:15 PM
ciao Inverno,
sono saltati  i termini che includevano delle definizioni proprio nel rapporto fra teoria e pratica. Perchè il mondo è cambiato.
Ma trovo che anche in filosofia non esiste un termine, ad esempio l"essere" che sia combaciante con altri autori.
Significa che è il contesto che definisce e ridefinisce il termine.
Politicamente oggi è difficile coniugare destra = reazionari conformisti ; sinistra= progressisti.
Penso che le teorie mutando abbiano ridefinito  i termini e a loro volta i termini spesso siano in conflitto con la realtà fisica, sociale.
Il nome quindi non corrisponde con la definizione(o più definizioni), allora sono le definizioni che cercano nuovi termini.
Per Heidegger Occidente corrispondeva al mondo intero.

Il  linguaggio è una forma relazionale che lega i domini dell'astratto e concreto; per dirla hegelianamente è il processo dialettico storico che ridefinisce le relazioni con  i relativi nomi e definizioni.
Se si "perde"  il nome ,che si porta dietro un suo sistema relazionale che lo definisce quindi anche linguisticamente, significa in qualche modo non avere quanto meno una chiara identità , per cui  il linguaggio non informa più,  non riesce a comunicare e soprattutto a socializzare. Ognuno interpreta a suo modo.

Quando tempo fa scrivevo che l'attuale contemporaneità è fortemente metafisica, contrariamente ai luoghi comuni del "materialismo" intendevo anche al fatto che le figure simboliche della metafisica, non sono mai morte, così come nel mito, semplicemente diventano  più ambigue nel rapporto fra astrazione e concretezza reale.
Non c'è nulla di più metafisico del concetto di moneta, di Stato.............eppure sono così concrete e reali da condizionare esistenze di miliardi di umani.


...dimmi se sono dentro l'argomento che vuoi trattare, perchè anche a me pare molto vasto.
#1279
Citazione di: green demetr il 02 Settembre 2017, 08:20:18 AM
Cit Paul

Perchè mai come oggi l'uomo "labor" produttivo è al centro del sistema e tutto il resto essendo improduttivo è ostacolo.
Un bambino lo percepisce, un anziano lo percepisce, di sentirsi "un problema".Noi sentiamo di "pelle" prima ancora dell'ascolto delle parole.

Non so se sarò capito, preferisco una gerarchia chiara e responsabile, piuttosto di una società liquida dove tutti fanno quello che pensano di volere, pensando di essere liberi e persino di rubare legalmente.


Nella cultura dei nativi americani il vecchio si ritirava a 60 anni negli eremi, dove continuava a ricevere visite, ma di fatto si toglieva dal vita di villaggio.

Cosa impensabile nella società contemporanea.

Come dire ogni cultura una sua usanza, con le sue pretese, e ipotesi.

Non ha senso chiedersi perchè di questa società, in quanto ci stiamo dentro.

Ritengo che fermarsi al conformismo buonista, è semplicemente un modo di mentire a se stessi.

Di non rispondere perchè una società abbia virato così tanto rispetto al modello auto-regolativo che si è autoimposta.

Io mi sono spiegato già da tanto tempo: la psichiatria ma anche la psicologia, in questo caso, mentono senza ritegno.

Questi valori gerarchici preconfenzionati evidentemente non erano così buoni e armonici come dicevano.

Io ringrazio il cielo di non avere un Padre-Padrone. Checchè ne dica un Recalcati.
Ognuno ha una sua storia, delle proprie convinzioni e finchè sarà così non potrà che finir male, perchè regnerà l'incomunicabilità.

Gli anziani, prima della civiltà economica industriale e quindi in tutte le tradizioni culturali, erano addirittura venerati, perchè la vita porta esperienza e quindi saggezza. Il termine Senato come "ala" legislativa ne è una sua figura ormai retorica nel corpus sociale.
Oggi l'anziano è obsoleto, perchè non è l'esperienza oggi che fa testo, ma altre prerogative.Quindi a ritroso, non è la saggezza, non è l'esperienza, non è la vita vissuta che questa cultura tesaurizza.
#1280
ciao Green,
c'è stato un tempo in cui pensavo che le "comuni" hippy fosse un'alternativa alla famiglia:ho dovuto ricredermi.
Il problema attuale è la mancanza di ruoli e responsabilità già dentro la famiglia.il padre deve fare il padre, così la madre, se si invertono i ruoli, se manca una figura si alza il rischio che il bambino non abbia una formazione psicologica normale e il grande problema è che quel bambino da adulto formando un'altra famiglia si porta seco le problematiche originarie e le ripropone sul piano psichico/affetivo.
Trovo che la decadenza famigliare sia la decadenza sociale:corrisponda. a rischio di passare  per conformista, ma purtroppo vedo troppi casi di affettività immatura.
Il ruolo è fondamentale per confrontarsi ,per emularlo e poi contestarlo, di generazione in generazione, il che significa acquisire il dato affettivo e culturale e contestare,dove e se è il caso, per superare .Il ruolo del genitore è uno dei più difficili.

Il sistema relazionale psichico è costruito sul piano emotivo/affettivo e vale più un gesto o un silenzio a volte ,di mille parole.
E' fondamentale la vicinanza emotiva, il sapere che anche se fisicamente non ci sia, sia comunque sempre presente.
Quindi la prima relazione è l'ascolto emotivo, gestuale, empatico: il "come" più del "cosa".

Ma la ragione della mancanza di una mappa emotiva è proprio la mancanza di una  formazione affettiva.
Ci sono genitori presenti fisicamente ed assenti emotivamente.Oppure assenti fisicamente ed emotivamente.

Non è colpa dei figli, o comunque è soprattutto dei genitori.Tutti gli umani nascono predisposti a qualcosa, intellettivamente, psicologicamente, spiritualmente, ma ogni esistenza è segnata da un sentiero, da una propria storia, da un narrazione.
La società, l'ambiente ci mette molto di suo, perchè il genitore trasmette passioni come ansie, fobie come empatie, modelli di arroganza o di libertà.Fra famiglia e società c'è uno scambio economico come psicologico, come culturale, direi persino spirituale nell'accezione più ampia.
Questa società è malata perchè non è a misura del metabolismo emotivo, culturale, riflessivo , umano.
I figli che nascono in questi tempi rischiano di essere un "pacco" come gli anziani, un problema invece di una ricchezza.
Perchè mai come oggi l'uomo "labor" produttivo è al centro del sistema e tutto il resto essendo improduttivo è ostacolo.
Un bambino lo percepisce, un anziano lo percepisce, di sentirsi "un problema".Noi sentiamo di "pelle" prima ancora dell'ascolto delle parole.

Non so se sarò capito, preferisco una gerarchia chiara e responsabile, piuttosto di una società liquida dove tutti fanno quello che pensano di volere, pensando di essere liberi e persino di rubare legalmente.
Perchè quel ruolo gerarchico è chiaro e lo posso combattere, contestare, oppormi per superarlo.
Ma se non si hanno punti di riferimento, paradigmi di ruoli,  come si può costruire quella "mappa" senza punti cardinali, senza riferimenti, referenti e relazioni. Il gerarchico ha una sua mappa e vorrebbe impormela; posso condividerla o contestarla, ma comunque la mappa c'è ed è l primo riferimento su cui costruire un'altra mappa alternativa.
#1281
Tematiche Spirituali / Re:Confronto Evola contro Jung
01 Settembre 2017, 09:57:47 AM
Citazione di: green demetr il 01 Settembre 2017, 09:30:40 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 30 Agosto 2017, 00:45:41 AM
Citazione di: green demetr il 30 Agosto 2017, 00:04:18 AMUna cosa semplice semplice: Jung voleva salvare il Mondo o no??
No, era Cristo che voleva salvare il mondo, non Jung.
E per quale motivo Jung si interessa così tanto al Cristum Pesci, e in generale all'alchimia? Non riesci a fare un salto qualitativo e renderti conto di quale fosse il problema Junghiano alla base? PS Mi piacerbbe cosa ne pensi di questa ultima parte della conversazione Paul, nel caso la legga mai ;)

Bisogna capire due cose:
la prima è che Carlo.P. ha avuto una sua esperienza personale un suo sogno ed ha trovato una coincidenza una coerenza con le analisi di C.G.Jung, per cui è convinto di quello che scrive,sia in chiave esistenziale che culturale.

La seconda è che C.G.Jung che tutti conosciamo come discepolo di Freud ,nella psicanalisi e quindi ha una formazione medica e curava i pazienti, osservò, dalle esperienze di persone, che avevano avuto sogni simbolici che non erano attinenti alla loro esistenza come vissuto, non erano frutto della loro esperienza vissuta. da quì nasce il concetto di archetipo, di cui non è chiara perfettamente la natura, ma di fatto c'è e la interpreta come ereditarietà, come una forma collettiva e quindi appartenente all'umanità, nella profondità dell'inconscio, come principio ereditario che nasce da esperienze di paure ataviche  ancestrali:, la morte, le catastrofi naturali,e così via, che l'uomo traduce in simboli.

Jung cerca di capire, non di salvare., e francamente il concetto di archetipo junghiano è parecchio interessante perchè è legato alla principio originario (archè), per cui Jung diventa di fatto non solo il famoso psicanalista, ma uomo di cultura a tutto tondo, come tu saprai anche Lacan
#1282
Carlo,
giustamente sottolinei il conflitto fra morale individualizzata e morale o etica sociale convenzionale come portato culturale che si esplica 
nell'educazione.
Ma  chi ha ragione? Questo è un processo dialettico dal punto di vista culturale che nasce però anche e non solo dal domini opsichico e se si vuole spirituale.
La società, o  una qualsiasi comunità,  deve costruire il rapporto simbolo/morale e condividerlo come costituente base delle sue fondamenta. Diversamente tutte le figure legislative,fondate su quell'etica condivisa, non avrebbero forza sulla persuasione, ma dovrebbero imporsi con la sanzione, con l'arroganza di chi gestisce il potere.
Se la spostiamo in ambito famigliare quella morale , la forza persuasiva dei genitori sui figli è comunque una forma di "ricatto" affettivo che  si esplica con " se ti comporti bene........", "se ti comporti male"  e fisicamente è una forma di servitù in quanto il figlio non può imporsi.

La dinamica educativa famigliare  e quella sociale di una comunità pur esplicandosi in diversi ambienti sociali ripropone l'identica figurazione.

Il "senso di colpa", a mio parere,  è il ricatto affettivo sulla costruzione di antitesi fra la propria morale individuale e l'etica sociale che viene trasposta nell' ambito famigliare come "regola".
la figura paterna o materna è quindi l'incarnazione simbolica di una regola oltre che ala la relazione psichico affettiva, che si afferma nelle diverse fasi dell età, prima in forma solo affettiva, poi in forma logico razionale con l'adolescente. 
Infatti il bambino prima imita i genitori , ma poi da adolescente contesterà almeno una delle figure :paterna o materna
#1283
Citazione di: Carlo Pierini il 30 Agosto 2017, 23:51:14 PM
Citazione di: paul11 il 30 Agosto 2017, 23:21:07 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 30 Agosto 2017, 22:40:18 PM
Citazione di: Jacopus il 30 Agosto 2017, 18:57:56 PMDire che la morale è una funzione dell'anima non spiega nulla, Carlo.
Ho citato quel brano di Jung perché l'idea da te accennata secondo cui la morale sarebbe una sorta di sedimentazione dei sensi di colpa indotti dall'educazione (è un'idea di Freud?) mi ha fatto rabbrividire. Un'etica fondata sulla colpa è l'opposto di un'etica, poiché si sovrappone e schiaccia - invece di assecondare e coltivare - i naturali sentimenti di moralità, producendo così, non solo rigidità e intolleranza, ma molto spesso addirittura ribellione e tendenze delinquenziali, cioè, il contrario di ciò che l'educazione si prefigge.  

scusa se intervengo Carlo.
La morale è una sovrastrutturazione della psiche dove è già in essere un giudizio di valori che può essere disarmonico con quello convenzionale sociale, vale a dire la morale individuale può non corrispondere a quella convenzionale..Penso che da un punto di vista psichico vi sia un percorso formativo costruito sul piano emotivo-affettivo che comporta piacere o dolore.La morale è una sovrastrutturazione del piano affettivo/emotivo, dove un dolore al posto di un piacere o viceversa come risultante di un sistema relazionale psichicamente formato in maniera errata può comportare una "diversa " strutturazione morale.Per esempio , fare del male ,comportarsi in maniera prevaricatrice, far coincidere il possesso con il piano affettivo, può sviluppare quella "diversa" morale. Ritengo semmai naturale, come eco profondo, come intimo malessere ad un comportamento che emotivamente non produce quel giusto piacere affettivo il sistema relazionale, perchè è naturale che le relazioni debbano produrre quello scambio emotivo che ci soddisfa sul piano emotivo.



Non afferro del tutto ciò che vuoi dire. Che significa <<la morale è una sovrastrutturazione del piano affettivo/emotivo,>>?
E non ho capito nemmeno: <<Ritengo semmai naturale, come eco profondo, come intimo malessere ad un comportamento che emotivamente non produce quel giusto piacere affettivo il sistema relazionale, perchè è naturale che le relazioni debbano produrre quello scambio emotivo che ci soddisfa sul piano emotivo>>. Potresti spiegarti meglio?
La morale porta con sè dei valori che a loro volta si riconducono a forme comportamentali che l'educazione decide se essere "giusti" o sbagliati, "buono", "cattivo".
Ma la morale opera "sopra" la strutturazione psico-emotiva, perchè o la blocca o sposta la pulsione o la sublima.
La psiche non è razionale in termini di coscienza logica come lo è la morale, anche se quest'ultima  si "appoggia" in qualche modo alle pulsioni psichiche.la morale sta fra il concetto razionale costruito da una cultura che si tramanda anche educativamente, e il dominio psichico dell'emotività, dell'affettività. Il punto fondamentale è che noi cerchiamo affetto, abbiamo fame di affetto e i sistemi relazionali prima parentali in famiglia e poi socializzati con amici e scuola forma quel sistema morale dei valori dei voti a scuola e della condotta, premiando e castigando., ma ribadisco prima ancora nella famiglia e subito in forma affettiva .

Per eco profondo, penso all'innatezza a forme ereditarie che tendono alle relazioni.Ritengo che prima ancora dell'educazione famigliare e sociale, vi sia una predisposizione alla relazione affettiva così come l'uomo è predisposto all'intelleggibilità analogica con il mondo. Il bloccare le forme relazionali mutila emotivamente, ma anche intellettivamente la personalità umana.
#1284
Citazione di: Carlo Pierini il 30 Agosto 2017, 22:40:18 PM
Citazione di: Jacopus il 30 Agosto 2017, 18:57:56 PMDire che la morale è una funzione dell'anima non spiega nulla, Carlo.
Ho citato quel brano di Jung perché l'idea da te accennata secondo cui la morale sarebbe una sorta di sedimentazione dei sensi di colpa indotti dall'educazione (è un'idea di Freud?) mi ha fatto rabbrividire. Un'etica fondata sulla colpa è l'opposto di un'etica, poiché si sovrappone e schiaccia - invece di assecondare e coltivare - i naturali sentimenti di moralità, producendo così, non solo rigidità e intolleranza, ma molto spesso addirittura ribellione e tendenze delinquenziali, cioè, il contrario di ciò che l'educazione si prefigge.  

scusa se intervengo Carlo.
La morale è una sovrastrutturazione della psiche dove è già in essere un giudizio di valori che può essere disarmonico con quello convenzionale sociale, vale a dire la morale individuale può non corrispondere a quella convenzionale..Penso che da un punto di vista psichico vi sia un percorso formativo costruito sul piano emotivo-affettivo che comporta piacere o dolore.La morale è una sovrastrutturazione del piano affettivo/emotivo, dove un dolore al posto di un piacere o viceversa come risultante di un sistema relazionale psichicamente formato in maniera errata può comportare una "diversa " strutturazione morale.Per esempio , fare del male ,comportarsi in maniera prevaricatrice, far coincidere il possesso con il piano affettivo, può sviluppare quella "diversa" morale. Ritengo semmai naturale, come eco profondo, come intimo malessere ad un comportamento che emotivamente non produce quel giusto piacere affettivo il sistema relazionale, perchè è naturale che le relazioni debbano produrre quello scambio emotivo che ci soddisfa sul piano emotivo.
#1285
ciao Jacopus,
sono d'accordo con te che la teoria freudiana delle fasi psicanalitiche sia ancora oggi quella più attinente alla teoria della formazione della personalità, dove i ruoli sono fondamentali (padre, madre, maschio, femmina). presuppone una forma emotiva che segue fasi di imitazione e conflittualità con delle crisi.il nocciolo del problema  dei due aspetti da te chiamati in causa, penso che esistano da sempre.E' nel  come si risolvono le crisi e le conflittualità che vengono a determinarsi gli ambienti.
A mio parere dipende dal "premio affettivo" di come si risolve il conflitto, se il piano emotivo è soddisfatto dall'essere prevaricatore o relazionale.Socialmente la cultura del diritto e della legalità lo risolve nella negoziazione, nella firma di un contratto o nel piano giudiziario da un giudice. Ma la socializzazione che presuppone la relazionalità è secondaria rispetto alla formazione del'identità, tant'è che spesso è proprio nella difficoltà relazionale che risulta una personalità "non armonica".

Il mio modesto parere è che è vitale l'ambiente famigliare del ragazzo/a che si forma e il risultato della relazionalità nel sociale ne è l'effetto. Se socialmente i comportamenti sono disarmonici è grazie alla disgregazione famigliare.
#1286
Riflettevo fra me e me........
ma non vi sembra che stiamo ritornando ai simboli in questo tempo?
Gli emoticons , i logo delle marche commerciali, le segnaletiche stradali.
la globalizzazione economica, internet,  i social, impongono l'utilizzo comunicativo veloce del simbolo più che di una forma logica razionale "segnica".

Ho l'impressione che l'umanità scegliendo una "nuova razionalità" focalizzata sul dimostrare scientificamente, abbia necessariamente scelto linguaggi che dovevano entrare nei particolari e descrivere logicamente la relazione fra l'osservato e l'osservatore che spiega dimostrando. Il segno perde però tutto  la parte "indicibile", psichica/spirituale/archetipica, il cui focus è solo asetticamente descrittivo perdendo totalmente di soggettività.
In realtà nessun linguaggio umano può porsi fuori dalla soggettività e infatti le gestualità dei simboli, se noi non conosciamo una traduzione e vogliamo comunicare con uno straniero, utilizziamo i gesti.

La necessità di un linguaggio trasversale alle diverse lingue, cerca scorciatoie comunicative dove viene riutilizzato il simbolo nelle forme post moderne.
#1287
ormai sei riuscito ad infilarmi nell'archetipo per cui pongo alcune riflessioni su uno studio storico del pensiero archetipico.

E' Platone lo spartiacque fra il mito e la razionalità o pre razionalità in quanto li utilizza entrambi nella sua dialettica dialogica.
Platone utilizza la capacità del mito di esprimere l'indicibile, ossia di esprimere intuizioni profonde secondo verosomiglianze.

Berkeley:Io vi conosco il duplice stato di cose,l'uno ECTIPO e naturale, l'altro ARCHETIPO ed eterno.Il primo fu creato nel tempo,
il secondo esisteva nell'eternità, .nello Spirito di Dio.

Kant ,nella Critica del giudizio  distingue un "intelletto archetipo", che è quello divino che crea gli oggetti pensandoli, da un "intelletto ectipo" che è quello umano e finito.

La definizione di archetipo mitologico di Rudolf Bultmann è la forma di rappresentazione in cui ciò che non è mondano,cioè ciò che è divino, vine raffigurato come mondano,umano,l'al di là inteso come al di qua. in cui la trascendenza di Dio viene pensata come distanza spaziale;questa rappresentazione porta il culto ad essere avvertito come azione, in cui per opera di mezzi materiali. vengono comunicate forze non materiali.
#1288
Sulla traccia di Phil che intelligentemente svolge alcune spiegazioni fra simbolo e segno, aggiungerei che il simbolo è analogico e il segno è logico.
E' il segno che è convenzione, mentre il simbolo è intuitivamente attribuibile ad un significato proprio in base ad un riconoscimento analogico di per sé esistente.
I segni possono essere arbitrari, posso inventarmi un alfabeto, costruire delle fraseologie, proposizioni, predicazioni, dentro regole semantiche e sintattiche; mentre il simbolo è più o meno il contenuto che esso esprime e quindi il significante è simile al significato,dove il significato è il concetto ed il significante è il supporto che lo esprime.
Ne consegue che il simbolo è leggibile universalmente anche da coloro che utilizzano segni linguistici completamente diversi(pensiamo al cinese rispetto all'italiano).
Si potrebbe anche dire che il segno è nel dominio della causa ed effetto, logico ed orizzontale, mentre il simbolo è correlato a principi sincronici, analogici e verticali.

Ne consegue che il simbolo è tipico del linguaggio mitico e il segno di quello razionale.

Il simbolo all'interno del concetto di inconscio collettivo di Jung presuppone una capacità universale, in ogni essere umano, di decodificazione
#1289
Tematiche Spirituali / Re:Una visione ...zodiacale!
27 Agosto 2017, 10:39:58 AM
O.K, sull'evoluzione spirtuale.

Su razze precedentemente non evolute, non farmi fare un'inventario, di immagini e reperti che gli storici hanno liquidato semplicisticamente come "non classificato" o ignorandoli per non mettere in discussione le loro teorie o altre..
La  natura stessa  della tavola smerladina di Ermete Trismegisto.
La mappa Piri reis che è vista dall'alto.
I vimana,le macchine volanti  descritti nel testi vedici indiani
e altro................................
#1290
Tematiche Spirituali / Re:Una visione ...zodiacale!
27 Agosto 2017, 01:46:55 AM
E' vero che Santillana non entra direttamente sui simboli spirituali semplicemente perchè sono venuti dopo.
E' corretto il suo studio interpretativo.

E'  proprio quì sta l' errore interpretativo .
C'è l'ingenua interpretazione dell'uomo moderno che conosce la spiritualità e  la pone come apriori pregiudizievoli  dei testi, costruendosi una forma  interpretativa che non corrisponde alle sequenze delle antiche tradizioni..

Nei testi originari prima viene una cosmologia e poi l'interpretazione di questa in chiave spirituale e infine in chiave morale.
prendere l'ultima chiave interpretativa (ad esempio la morale) e risalire alla spiritualità e infine  alla cosmologia corrisponde all'inverso delle sequenze originarie creando vizi "visionari", perchè ci si allontana dal testo reale originario.
Questo modo di procedere salta la storia producendo attualizzazioni interpretative di significati a volte diversi.

Nessun testo inizia con una morale e poi con la spiritualità e poi con la cosmologia.
L'archetipo junghiano potrebbe salvarsi, dico potrebbe perchè è da provare che quell'umanità primordiale "comandata" da razze evolute fosse in grado da sola di sostenere una spiritualità e una morale, che  viene dopo.
prima semplicemente ubbidisce ai "comandanti" e ai "comandamenti" proprio perchè non è emancipata a livello morale/spirituale, questa fu la strumentalizzazione religiosa del sacro, la costruzione di vincolo artificioso per tenere unito un popolo socialmente. La Torah, vine scritta da Mosè insieme ai comandamenti ricevuti.I Vedanta vengono dopo le cosmologie vediche, i grandi "maestri"spirituali sono in epoca troppo  tarda rispetto ai primordi umani.
Il fatto che Genesi che occuperebbe un lunghissimo lasso di tempo è molto più breve, di fatto finisce con il diluvio con Noè e inizia con Cam, jafet e Sem (i semiti), la "nuova" storia che si fa spirituale da  Esodo, in poi  significa che troppe notizie dell'origine era state perse e vivevano nella tradizione talmudistica orale e scritta, parallele ai testi sacri.

E' da Sem, figlio di Noè, che inizia la spiritualità e i relativi simboli.

Se andiamo alla tradizione sumerico/accadica c'è poco o nulla di spirituale, quella egizia idem, sono le ritualità semmai che tengono unite i rapporti "dei"con gli  umani.

Non penso che l'uomo sia "fuoriuscito" dalla natura secondo la teoria dell'evoluzione, ma semmai penso che solo ad un certo punto della storia l'uomo abbia cominciato a porsi certe domande spirituali e quindi avere una conseguente psiche che "sorreggesse" a criteri di intellegibilità umana più complessi.Ed è quello che temevano quegli "dei comandanti" che soggiogavano l'uomo.