Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - baylham

#1276
Applicare al suicidio discutibili criteri di coraggio o viltà mi sembra fuori luogo, in molti casi della cronaca recente profondamente ingiusto, se non oltraggioso. Forse ho fatto altrettanto discutendo di convenienza economica, ma mi riferivo al compito della politica, non al suicida, di legalizzare l'eutanasia e il suicidio assistito.

I criteri per definire ciò che è coraggioso e ciò che è vile sono molto relativi, spesso il coraggio e la viltà vanno a braccetto nello stesso gesto. Il superuomo non mi appare umanamente ideale.

I motivi del suicidio sono individuali, diversi. Se è perduto ciò che dà senso, valore alla vita, il suicidio è una possibile, dignitosa reazione a qualcosa di irreparabile, il riconoscimento di un limite. Perciò il suicidio può essere una forma estrema di espressione della libertà o della schiavitù, dell'amore oppure dell'odio. Comunque il suicidio è una possibilità che la vita stessa ci dà, una via d'uscita percorribile.

Soffrire per uno scopo desiderato, esempio prendere un farmaco o fare un'operazione dolorosa per curare la malattia, è razionale, normale. Nei casi in cui si soffre per morire o vive per soffrire il suicidio è una scelta altrettanto dignitosa e razionale per tutti. In questi casi legalizzare l'eutanasia, il suicidio assistito per una buona morte è giusto.

Condivido la riflessione sopra (#23) di Angelo Cannata.
#1277
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
01 Marzo 2017, 09:48:02 AM
Il suicidio è un atto di vigliaccheria o di egoismo? Posso razionalmente giudicare che sia il contrario, un atto di eroismo e di altruismo.

Se la vita è un dono, il dono può essere sgradito a chi lo riceve.

Aiutare chi soffre a mettere fine alla sua sofferenza per me è un atto di umanità, porre un limite alla sofferenza. La vita è bella perché ci dà anche questa possibilità.
#1278
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
28 Febbraio 2017, 17:26:11 PM
Citazione di: donquixote il 28 Febbraio 2017, 12:39:48 PM
Citazione di: baylham il 28 Febbraio 2017, 12:00:23 PMDal punto di vista economico per la collettività, l'aborto, il suicidio assistito, l'eutanasia sono convenienti, non sconvenienti, per cui è ragionevole che il costo sia pubblico. Sconveniente è invece la libertà di coscienza dei ginecologi antiabortisti nelle strutture sanitarie pubbliche.

Magari se argomentassi le tue affermazioni sarebbero più comprensibili a tutti, oltre che più conformi al regolamento del forum
Grazie

Non intendevo mettere in primo piano la considerazione economica di queste scelte, ma sgombrare il campo dalla tua contraria valutazione. Ripeto che dal punto di vista economico lo Stato, la collettività, ha un risparmio di risorse economiche da queste pratiche che più che compensano il costo sostenuto.

Partiamo dal caso specifico di Fabiano Antoniani, quanto sarebbe costato il suo mantenimento in vita al servizio sanitario ed assistenziale pubblico?
Quanto costa al servizio sanitario ed assistenziale pubblico la cura palliativa di un malato terminale o in gravi condizioni di salute o di un depresso?
Cinicamente il costo del suicidio assistito, dell'eutanasia è limitato, conveniente per lo Stato appunto.

Sull'aborto la questione economica è più complessa, mi limito al fatto che il valore della vita umana si è svalutato con la crescita abnorme della popolazione, c'è una fortissima concorrenza sulle risorse. Basta leggere alcuni interventi su questo forum, rappresentativi degli sviluppi politici in corso, per capirlo.
Un'azienda ospedaliera laziale ha assunto due ginecologi per praticare l'aborto. Subito dopo l'assunzione i due ginecologi potrebbero far valere il diritto all'obiezione di coscienza e l'azienda pubblica dovrebbe rivolgersi altrove con aggravio di costi per continuare il servizio. Penso che l'obiezione di coscienza debba comportare un sacrificio personale per chi la pratica, non per la collettività.

Sul tema, la libertà individuale mi è cara, soprattutto se non è in conflitto con la libertà degli altri. Il suicidio assistito, l'eutanasia, l'aborto non hanno questo contrasto. Posso comprendere e accettare il desiderio di morire di fronte alla sofferenza del vivere, il desiderio di pace. Non c'è alcuna contraddizione con l'aiuto solidale e premuroso verso chi invece vuole vivere anche soffrendo.
#1279
Attualità / Re:Eutanasia e D.A.T.
28 Febbraio 2017, 12:00:23 PM
Dal punto di vista economico per la collettività, l'aborto, il suicidio assistito, l'eutanasia sono convenienti, non sconvenienti, per cui è ragionevole che il costo sia pubblico.

Sconveniente è invece la libertà di coscienza dei ginecologi antiabortisti nelle strutture sanitarie pubbliche.
#1280
La riflessione dovrebbe porre come premessa che l'uomo è un animale, del genere primate, e che fa parte di un ecosistema complesso, il sistema ecologico. In un sistema parlare di gerarchia di una parte è assurdo.

In realtà il confronto sull'affermazione o la negazione di una gerarchia tra le specie, avviene all'interno della stessa specie, quella umana.

Problema che si pone con rilevanza ora perché la popolazione umana è eccessiva a lungo termine rispetto alla popolazione delle altre specie, la cui varietà si sta eccessivamente assottigliando, compromettendo la stessa esistenza dell'uomo come specie.

Perciò sebbene consideri negativamente dal punto di vista teorico il veganismo e l'antispecismo, dal punto di vista pratico, la conservazione dell'ecosistema, considero benefica la sua diffusione etica, non il suo predominio politico. In questo senso passare ad una dieta prevalentemente vegetariana oltre che limitare la popolazione umana è un imperativo morale.
#1281
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
27 Febbraio 2017, 10:10:05 AM
Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2017, 15:27:46 PM
Entrambi ti direbbero che l'induzione e la certezza della regolarità e le loro negazioni non possono davvero essere dimostrate. Ad esempio nel caso più semplice dell'induzione il dubbio parte dal principio. Ossia ti sfidano in questo modo: che senso ha usare l'induzione? In sostanza entrambi ti dicono che la usiamo per la pratica ma non è un metodo che possiamo prendere come infallibile.

Il problema è che la certezza del dubbio ("che l'induzione e la regolarità e le loro negazioni non possono essere dimostrate") si basa proprio sull'induzione, questa è una  contraddizione dello scetticismo.
#1282
Tematiche Filosofiche / Re:La giustizia e il caso
27 Febbraio 2017, 09:55:46 AM
A maral

la differenza è proprio sul senso di giustizia, che cosa è la giustizia: quello che tu consideri sensato, e sei in buona compagnia, io invece lo considero insensato. Per me il caso, la fortuna o sfortuna, non è un fattore di giustizia, ma di ingiustizia, di rottura dell'eguaglianza, della parità di trattamento. Distribuire le pene in base al caso non appaga il mio senso di giustizia, all'ingiustizia la giustizia deve reagire con giustizia.

Tuttavia rilevo a mio sostegno che nelle legislazioni il caso fortuito non è fonte di responsabilità, in mancanza della colpa. Il mio ragionamento è quindi logicamente conseguente: punisco la causa, non gli effetti casuali della colpa. Gli effetti in generale del caso colposo, da nessuno ad una strage, servono invece a determinare la pena in generale della causa colposa. Graduando lo strumento della pena sulla causa posso raggiungere in parte, come Stato, gli obiettivi prefissi in termini di effetti.

Rilevo ancora a mio sostegno che la stessa logica tesa ad eliminare gli effetti del caso è alla base dell'attività assicurativa, che è volta appunto a livellare, rendere uguali le conseguenze dannose in termini patrimoniali del caso.




#1283
Tematiche Filosofiche / Re:La giustizia e il caso
24 Febbraio 2017, 15:54:30 PM
Dato che un fatto dichiarato ingiusto è irrimediabile, non c'è alcuna giustificazione tra il fatto illecito e la relativa sanzione penale. Invece è possibile una valutazione, un giudizio di coerenza e di congruità di una pena rispetto al sistema penale nel suo complesso. Già in questo senso le pene introdotte dalla nuova legge sull'omicidio stradale sono ingiuste per la loro sproporzione e illogicità.

La pena ha la duplice valenza di riparare la giustizia e di prevenire l'ingiustizia. Trovo che la pena sia assai efficace come strumento di prevenzione dei reati, uno strumento flessibile di potere e quindi di controllo dell'organizzazione sociale. Nel caso del trasporto stradale il legislatore può porsi degli obiettivi minimi in termini di morti e feriti da raggiungere: agire sulle sanzioni penali elevandole è pienamente efficace anche in assenza di altri tipi di interventi, quali la sostituzione dei semafori con rotonde.

Non ho le informazioni necessarie sulle cause principali degli incidenti stradali, ho limitato il mio ragionamento a quelli proposti dalla legge: passare col semaforo rosso ad esempio è giudicata una grave violazione vista la pesantezza delle sanzioni previste in caso di morti e feriti. L'errore del legislatore è quello di avere elevato le sanzioni sulla base degli effetti, non sulle cause che portano a quegli effetti. Tale scelta, adottata sulla spinta di associazioni di vittime di incidenti stradali, che commettono lo stesso grave errore, è illogica oltre che gravemente ingiusta, a differenza della mia, rispetto all'obiettivo di ridurre gli incidenti stradali e quindi le sofferenze umane derivanti dagli stessi.

Salvo casi minoritari, la generalità degli incidenti stradali è dovuta alla colpa, non al dolo: un conducente non ha interesse ad essere coinvolto in un incidente dal quale possono derivare danni fisici e materiali a sé o agli altri, sia come vittima che come responsabile.

Quindi il legislatore razionale deve agire in modo da influire sugli errori, le negligenze, le imprudenze che sono alla base delle cause degli incidenti, in modo da cambiare stabilmente le abitudini, i comportamenti dei conducenti. Se le cause degli incidenti gravi sono gli eccessi di velocità, andare contromano, passare col semaforo rosso, gli stati alterati da sostanze, ecc., devo colpire, punire in modo efficace questi comportamenti, che non implica necessariamente pene detentive, ma pene adatte a conseguire gli obiettivi: la sospensione della patente, il sequestro del mezzo, un lavoro obbligato, ecc., per periodi determinati.

Se invece come fa la legge si colpiscono gli effetti degli incidenti stradali si sbaglia completamente obiettivo, punendo ingiustamente e criminalizzando persone normali con pene detentive inutili, controproducenti e soprattutto ingiuste. Si preferisce addossare tutta la colpa, la responsabilità sui malcapitati di turno che vengono descritti e diventano dei criminali assassini, assolvendo il sistema e continuando tutto come prima.

Mentre la causalità tra passaggio col rosso e possibile incidente stradale è immediata, diretta, non c'è alcuna causalità diretta, nesso, tra passaggio col rosso e il numero e la gravità di feriti e morti, che rimane sostanzialmente un caso. Non è vero che gli ordinamenti giuridici razionali ammettono il caso come fonte di responsabilità: infatti sia nel diritto penale che in quello civile il caso fortuito e la forza maggiore esonerano da ogni responsabilità l'autore del fatto illecito. Si è responsabili quando c'è la colpa e la colpa nel caso discusso è quella di essere passato col rosso, ciò che accade dopo è prevalentemente dovuto al caso e alla forza maggiore, è fuori dal controllo della volontà.

Sul sistema assicurativo, il risarcimento civile, ricordo che non c'è soltanto il caso sfavorevole, la sfortuna, ma anche quello favorevole, la fortuna. Personalmente non ho provocato né subito alcun incidente ma non mi ritengo un bravo o buon guidatore, bensì fortunato.
#1284
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
24 Febbraio 2017, 11:22:55 AM
Una domanda curiosa, non ingenua, che applica lo scetticismo allo stesso scetticismo:

con quali tecniche, principi logici, verifiche empiriche, Hume o Wittgenstein possono dimostrare a chi invece sostiene la certezza contraria che la realtà non è regolare oppure che il principio dell'induzione è fallace?

Non stanno anch'essi ricorrendo all'induzione? Oppure hanno inventato una nuova tecnica logica?
#1285
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
21 Febbraio 2017, 11:25:02 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Febbraio 2017, 01:51:39 AM
Citazione di: paul11 il 21 Febbraio 2017, 00:53:33 AM
Io direi che la legge dei grandi numeri alla fine conta
Mi sono incuriosito e ho trovato in rete gli esperimenti di Buffon e Pearson nel fare testa o croce: i risultati dell'esperienza si avvicinano alle probabilità teoriche di 1/2, cioè allo 0,5 perfetto, con l'aumentare del numero di lanci: con 4040 lanci ottennero una frequenza di 0,5069; con 12000 lanci 0,50158; con 24000 lanci 0,5005.

Mi sembra che questi esperimenti diano però anche una misura di quanto sia davvero probabile che al lotto esca un numero troppo assente: dobbiamo infatti tener presente che il lancio della moneta prevede solo due possibilità, mentre nel lotto abbiamo 90 numeri. Se, per ottenere con due sole possibilità, una frequenza di 0,5069, furono necessari 4040 lanci, con le 90 possibilità del lotto, a tre uscite a settimana, immagino che la probabilità che un numero molto assente esca davvero cominci ad essere seria soltanto dopo qualche miliardo di secoli.

Quindi si pùo pensare che la legge dei grandi numeri conta sì, ma devono essere numeri di grandezze stratosferiche. Inoltre, per quanto grandi essi siano, si tratterà sempre di avvicinamento allo 0,5 perfetto e mai di raggiungimento. 

Ragionamento sbagliato.
La probabilità, sempre soggettiva, che un numero del lotto esca ad una estrazione rimane 1/90. Come hai giustamente rilevato in precedenza nel gioco del lotto un sorteggio non dipende in alcun modo dal risultato del sorteggio precedente, quindi non varia la mia valutazione soggettiva della probabilità. Non c'è alcuna probabilità oggettiva da raggiungere.
#1286
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
20 Febbraio 2017, 17:38:26 PM
1) No, la risposta non è corretta se si accetta, come faccio, l'impostazione soggettivistica della probabilità. La probabilità dipende dal grado di fiducia e dallo stato dell'informazione individuale.

2) la regolarità è presente nella realtà: da un lancio del dado ottieni comunque un dado, indipendentemente dalla faccia del dado, non una sedia o altro. Quando otterrò altro rivedrò i miei postulati sulla realtà.

#1287
Ad Angelo Cannata

Il dubbio è comunque dubbio di qualcosa, il dubbio stesso è qualcosa, dunque non nulla. Il nichilismo è pertanto inconsistente.
Inoltre, coerentemente, metterei in dubbio l'esistenza di un metafisicismo dogmatico.
Infine non tutti i dubbi sono uguali: non ho mai sentito di un uomo capace di attraversare un muro, ma soltanto di aggirarlo. Quando succederà comunque darà una conferma dell'esistenza di un muro.
#1288
Tematiche Filosofiche / Re:La giustizia e il caso
15 Febbraio 2017, 10:23:12 AM
Aggiungo altri elementi di riflessione per rendere più complesso il tema.

Il mio criterio di giustizia parte dal e ritorna al problema del rapporto tra giustizia e caso: ho sostenuto che una pena giusta dovrebbe prescindere dagli effetti casuali del singolo caso e tenere conto della classe degli effetti, della loro distribuzione di probabilità, essa stessa casuale, per determinare la pena per la causa alla base della violazione.

Sebbene ritenga giusta questa proposta, la stessa presenta almeno due ordini di problemi sempre connessi col caso, accennati in precedenza:
1)   La causa della violazione della norma è normalmente casuale: ha alla base la colpa, legalmente l'errore, l'imprudenza, la negligenza, che, sebbene sia in parte correggibile, controllabile, ha degli aspetti casuali predominanti;
2)   anche la punizione dei trasgressori della norma è casuale: non tutti ma soltanto alcuni verranno sanzionati. La selezione presenta indubbiamente aspetti casuali.

Il caso insomma appare come un oppositore della giustizia, un elemento che rompe ogni possibile simmetria, uguaglianza, proporzione alla base dei criteri della giustizia. Se la giustizia è l'uguale applicazione della norma generale al caso particolare la contraddizione emerge evidente: il caso è appunto un caso, un particolare che si differenzia dal generale per elementi casuali. D'altra parte può esistere la giustizia per il caso singolo?
#1289
Tematiche Filosofiche / Re:La giustizia e il caso
14 Febbraio 2017, 17:42:31 PM
Sono d'accordo che la discussione riguardi proprio il significato di giustizia. Tuttavia ritengo che in gioco ci siano due o più differenti concezioni della giustizia, non la vendetta.
L'aspetto afflittivo è comunque inerente alla pena, alla sanzione, come indica chiaramente il nome, ed ha la duplice funzione di prevenzione e di riparazione del reato.
Escludo la vendetta perché è un sentimento di giustizia espresso da una parte in causa, direttamente interessata o coinvolta nel fatto. Lo Stato o la collettività si trova in una posizione di relativa terzietà rispetto al fatto e agli interessi e sentimenti messi in gioco, può mettersi nella posizione del reo e della vittima e esprimere un equilibrio tra reato e sanzione. L"occhio per occhio", interno alla logica della sanzione proporzionata agli effetti, è comunque ispirato ad una regola di reciprocità, di simmetria.

Nel caso specifico riconosco che è più facile identificare l'autore e applicare la sanzione quando l'incidente, l'effetto, avviene rispetto al caso in cui si commetta la violazione, la causa. Tuttavia con la moderna tecnologia, le telecamere, è più facile identificare l'autore della trasgressione e sanzionarlo anche quando non ci sono conseguenze dannose.

Per una efficace analogia, perché la pena sia giusta secondo me va punito il lancio della pallina non il numero che esce al gioco della roulette.

Ho esposto questa concezione perché mi impressiona la tendenza opposta, che ovviamente non condivido, sostenuta con molto sostegno popolare e politico manifestata sia al momento dell'approvazione della legge che nel caso attuale di Vasto.

Personalmente ricordo solo due episodi di cui sono stato protagonista per distrazione del passaggio automobilistico con semaforo rosso, senza alcuna conseguenza per fortuna: in un caso proprio non mi ero accorto del segnale rosso, in un altro non mi ero nemmeno accorto del semaforo su un passaggio pedonale.

Ho provato ad immaginare di mettermi nei panni della vittima, un invalido a vita ad esempio, e capisco che la mia concezione sia dura da accettare.

Tuttavia resto convinto che l'inasprimento delle pene basate sugli effetti produrrà una riduzione del numero di morti e feriti, distruggendo però la vita a normali cittadini e il senso di giustizia. Una sanzione molto minore, data la natura quasi esclusivamente colposa del reato, ma uniforme e distribuita su tutti i trasgressori identificati modificherebbe profondamente i comportamenti generali dei conducenti e ridurrebbe maggiormente i danni alle persone.
#1290
Tematiche Filosofiche / Re:La giustizia e il caso
14 Febbraio 2017, 10:53:38 AM
La vendetta è la giusta sanzione decisa da un singolo o da un gruppo in reazione ad un fatto deciso ingiusto, la pena è la giusta sanzione stabilità da una collettività o da uno stato per una classe di fatti stabiliti ingiusti.

Comunque non è rilevante questa distinzione ai fini del problema posto, che rimane all'interno della logica sanzionatoria:  la pena giusta deve punire, e quindi essere proporzionata a, la causa o gli effetti? Questa è la questione sollevata.

La mia opinione è che la punizione degli effetti è affidata al caso, alla fortuna. Il reo non ha alcun controllo sugli effetti innescati dalla causa, la violazione.  Che un automobilista, dopo aver violato il semaforo rosso, non investa alcuno oppure uno o più pedoni, ciclisti, automobilisti con o senza passeggero è soltanto una questione casuale, di fortuna.
Il legislatore nello stabilire la misura della pena deve secondo me tenere conto della distribuzione di probabilità degli effetti dell'azione illecita e punire l'azione ugualmente indipendentemente dagli effetti casuali. Non c'è affatto "scissione dagli effetti sociali", semmai c'è scissione dagli effetti del caso. Se voglio prevenire e ridurre gli incidenti gravi e mortali causati dalla inosservanza del semaforo rosso, devo punire più severamente questa classe di violazioni, non gli effetti casuali prodotti.