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Messaggi - sgiombo

#1276
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
16 Novembre 2018, 10:45:28 AM
Anch' io cerco di coltivare sia interessi scientifici che filosofici (questi ultimi li sento maggiormente).

Concordo con il giudizio di Paul11 sulle infondate, pregiudiziali invettive antifilosofiche non infrequenti (perfino) in questo forum e sul fatto che chi le lancia non coglie importanti questioni filosofiche poste dalla vita reale e che la scienza non può per sua natura risolvere (anche perché generalmente compie l' errore opposto al suo, quello di ignorare le numerose e interessantissime filosofie non idealistiche).

Dissento invece, per l' appunto, con quella che mi sembra da parte sua un errata limitazione della filosofia alle sue correnti idealistiche (a parere mio ne esistono di ben più valide e attuali, maggiormente razionalistiche).
#1277
Citazione di: Apeiron il 14 Novembre 2018, 19:47:29 PM
Sgiombo,

CitazioneMa questi oggetti esterni alle sensazioni o fenomeni non possono che essere cose in sé o noumeno.

(Non mi sbilancerei su Kant, dati i forti limiti delle mie conoscenze in proposito, ma per quanto modestissimamente mi riguarda) il concetto di "causa" in senso stretto o forte (implicante la calcolabilità -letterale, matematica- degli effetti) é applicabile solo ai fenomeni materiali ( o "mondo fenomenico materiale").

In realtà, non vedo perché definire il concetto di causa in modo così ristretto se non si assume già in partenza che il determinismo sia vero. Per esempio, un "Copenaghista" può dire che l'interazione "apparato strumentale"-"sistema quantistico" causa l'attualizzarsi di una determinata probabilità anche se, effettivamente, in questo caso il risultato è random.
Citazione
Che il determinismo sia vero (e pure che non lo sia) non é dimostrabile, ma il fatto di assumerlo (arbitrariamente) non c' entra con la accezione ristretta da parte mia del concetto di causalità, che essendo una definizione é arbitraria (pure!).

E poiché include la calcolabilità matematica degli effetti dalle cause (o più precisamente del futuro e del passato dal presente) e viceversa, é applicabile solo all' interno della res extensa fenomenica (che é misurabile) e non ai rapporti tra noumeno e fenomeni (nemmeno a quelli fra noumeno e fenomeni materiali o res extensa).
Comunque per intendersi posso benissimo ammettere che fra noumeno e fenomeni (materiali e mentali) intercorra una relazione di casualità in senso lato o improprio

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CitazioneAllora, se sono ontologicamente indipendenti da noi e dalla nostra esperienza cosciente, sono noumeno, non appartengono al "mondo fenomenico".

Noi possiamo sentire (e conseguentemente conoscere) le rappresentazioni sensibili ovvero i fenomeni e non le cose in sé che attraverso le rappresentazioni fenomeniche ci si manifestano.

"Nì"  ;D (lasciami rispiegare la cosa in altro modo):
per Kant la  ragion pura, per "spiegare" l'insorgenza delle sensazioni assume che "oggetti esterni" interagiscano con gli organi di senso.
Citazione
Secondo me no.
Ma invece che oggetti esterni in sé (noumeno) siano in determinati rapporti col soggetto dei fenomeni, che non può essere considerato altro che noumeno o cosa  in sé esso stesso; gli organi di senso sono già fenomeni (materiali) che per la chiusura causale del mondo fisico interagiscono causalmente unicamente col resto di fenomeni materiali producendo effetti materiali e non coscienza.

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Chiaramente, questi oggetti esterni non esistono dipendentemente da noi (per quanto "sostiene" la "ragion pura"). Tuttavia, le forme e le categorie "a priori" costituiscono la "struttura" della rappresentazione. Quindi gli "oggetti esterni" come "previsti" (per la mancanza di un termine migliore) dalla ragion pura sono parte della rappresentazione.

Citazione
Secondo me invece (ma credo anche per Kant) sono cose in sé o noumeno.

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Quindi, a rigore, lo status ontologico ed epistemologico rimane indeterminato (Kant sosteneva che lo status ontologico era determinato dalla sua positiva - da quanto mi ricordo. Ma, in realtà, non lo è affatto...). Quindi, non sappiamo né se la "cosa in sé" c'è  né "come è fatta", se c'è. Infatti, la sua "presenza" è "prevista" dalla Ragion Pura. Inoltre, non c'è alcuna "garanzia" che, in caso "esistesse", la cosa in sé è come quella "prevista" dalla ragion pura  :) Ti torna un po' meglio così? L'"antinomia" deriva proprio dal fatto che per rendere la rappresentazione sensata si devono "prevedere" oggetti esterni, i quali però non dovrebbero essere "conoscibili" visto che non sono contenuti dell'esperienza cosciente...
Citazione
Ma non vedo antinomie: l' ipotesi indimostrabile del noumeno "positivo" (ma potrebbe anche essere invece costituito da nulla) "merita" di essere creduta proprio perché é la migliore, se non l' unica, spiegazione (qui non seguo Kant, ma espongo le mie personali convinzioni) dell' intersoggettività (indimostrabile; ma necessaria ala conoscenza scientifica) dei fenomeni materiali e dei rapporti fra materia cerebrale e coscienza (come argomenterò più sotto).

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CitazionePerché si può postulare che la rappresentazione fenomenica materiale sia intersoggettiva: corrispondente fra le diverse esperienze coscienti dei diversi soggetti in quanto corrispondente alle medesime, identiche cose in sé o noumeno; e a condizione che sia vero questo postulato indimostrabile.


Certo. E volendo, potrebbero esserci solo coscienze "a la Berkeley" (e anche Leibniz), quindi non necessariamente si deve postulare "l'esistenza della cosa in sé"... Da come leggo la cosa, in pratica, la filosofia Kantiana per essere consistente non dovrebbe dire niente sul noumeno.
Quindi, forse, è sufficiente postulare che "rappresentazione fenomenica materiale sia intersoggettiva" senza "spingersi" sul noumeno.
Citazione
La teoria teistica di Berkeley non mi pare più prendibile in considerazione; quella di Leibniz dell' armonia prestabilita, anche volendola "profondissimamente emendare" eliminando il teismo che pure la caratterizza, secondo me non spiega i lunghissimi lassi di tempo e spazio senza animali coscienti e le conseguenti discontinuità delle esperienze fenomeniche coscienti: che senso ha dire che c'é una corrispondenza poliunivoca (o "armonia prestabilita") fra le diverse esperienze fenomeniche coscienti senza che essa dipenda da una corrispondenza biunivoca fra ciascuna coscienza e il noumeno o cose in sé esistente anche durante i largamente preponderanti lassi di tempo e spazio nei quali (nell' ambito del "mondo fenomenico materiale", meramente potenziale ma non attualmente, non effettivamente reale in tali circostanze) nessun animale dotato di coscienza esiste e vive e dunque nessuna esperienza fenomenica cosciente accade in "armonia prestabilita" (o corrispondenza poliunivoca) con alcun altra?
In che senso le esperienze coscienti che c' erano quando e dove c' erano nel mondo fenomenico stesso animali in grado di "averle" (tali che accadessero corrispondentemente ai loro processi neurofisiologici "centrali") possono essere considerate poliunivocamente corrispondenti a (in armonia prestabilita con) quelle che ci saranno dopo lassi di tempo e intervalli di spazio enormi senza animali coscienti le cui esperienze fenomeniche possano "garantire la continuità dell' armonia stessa (o delle corrispondenza stesse)?
Se questa corrispondenza poliunivoca (o armonia) non é mediata da quella ininterrotta di ciascuna esperienza cosciente fenomenica con sempre persistenti cose in sé ovvero con un sempre persistente noumeno, che senso ha pensarla esistere anche fra esperienze coscienti non continuamente coesistenti (sempre contemporaneamente almeno alcune di esse) in modo da costituire una catena ininterrotta?
Attraverso i "buchi senza esperienze fenomeniche coscienti" come può "propagarsi" la corrispondenza poliunivoca o armonia prestabilita dalle esperienze fenomeniche coscienti precedenti a quelle successive a tali "buchi" se non vi é nulla che consenta una continuità di corrispondenze o di armonia?
Unica possibile alternativa potrebbe forse essere una sorta di pampsichismo, comunque di per lo meno dubbia sensatezza (o possibilità logica sensata: cosa potrebbe essere la -ulteriore- coscienza, per quanto "elementare" o "effimera" o "embrionale": in che senso?- di ciascuna molecola cerebrale che già fa parte di un cervello in funzione cui corrisponde una esperienza cosciente "pienamente sviluppata"? E quelle -ulteriori ancora- di ciascun atomo? E quelle ulteriori ancora ancora di ciascuna particella-onda elementare?).

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CitazioneNon credo che Galileo parlasse di "cose in sé (in senso kantiano per lo meno); si interessava di fenomeni materiali.
Apprezzo la prudenza di Kant, non l' avventatezza di Shopenhauer.

Direi che, invece, Galileo parlava di "cose in sé" visto che per lui tolte le "qualità secondarie" (colori, suoni...) rimanevano le "qualità primarie" (chiaramente, nella tua "metafisica" Galileo si occupava di fenomeni materiali...), tant'è che usando l'analogia del libro (citata da Ipazia) per lui l'universo era stato "disegnato" da Dio matematicamente.
Anche a me qui Kant sembra più coerente di Schopenhauer. Schopenhauer, attraverso un approccio "meditativo" incentrato sul corpo (che era un fenomeno "speciale") ha concluso che è la Volontà a "muovere" la materia (e le menti...) - il termine "volontà" però è un po' fuorviante, visto che è più un "movimento direzionato" nella sua manifestazione più semplice (ovvero nelle cose materiali che seguono le "leggi della natura"). Inoltre, poi Schopenhauer arriva a dire che la Volontà è al di là del mutamento, cosa che è abbastanza discutibile (come fa un "movimento direzionato" ad essere al di là del mutamento?  ::)  :-\ )  
Citazione
Qui bisogna distinguere fra quello di cui Galileo credeva di occuparsi e parlare (effettivamente qualcosa che era contemporaneamente apparenza fenomenica e -contraddittoriamente- pure cosa in sé reale anche indipendentemente dalle sensazioni coscienti: le "qualità primarie" da lui erano effettivamente considerate tali) e ciò di cui si occupava e parlava realmente: se invece, come mi sembra concordiamo (fra noi e con Berkeley e Hume), anche le "qualità primarie", esattamente come le "secondarie", non sono che meri fenomeni coscienti il cui "esse est percipi", allora in realtà si occupava di meri fenomeni e non di cose in sé (contrariamente a quanto erroneamente credeva).

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Sì, non piace nemmeno a me l'idea dei "molti mondi"  ;D eppure è una delle più diffuse interpretazioni della M.Q.
Citazione
E questo la dice lunga sull' importanza di una buna preparazione filosofica di base anche per i ricercatori più (e giustamente) rinomati (come tali), onde evitare di sparare simili penose cazzate irrazionalistiche: alla faccia delle pretese veteropositivistiche e scientistiche (spesso baldanzosamente affermate anche in questo forum) che la filosofia sarebbe una "cane morto", ormai del tutto irreversibilmente superata nella ricerca della verità ontologica dalle scienze empiriche o naturali, riducendosi oggi a una specie di ospizio pieno vecchi rincoglioniti in attesa di tirare giustamente le quoia liberandoci quanto prima possibile dalla loro deleteria presenza ...

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Citazione
Ma nemmeno é a-priori scontato che il mondo "al di là" delle nostre rappresentazioni non debba per forza essere "comprensibile" (ovvero: perché mai non dovrebbe essere ordinato oppure ordinato ed incomprensibile per noi).
Purché non autocontraddittoria, qualsiasi ipotesi a priori sul mondo reale potrebbe essere tanto vera quanto falsa (potrebbe essere tanto confermata quanto falsificata dall' osservazione empirica a posteriori dei fatti).

Certo... ma tali "regolarità comprensibili" sono inspiegabili (se ci si ferma qui senza fare ipotesi sul motivo della loro presenza, si deve essere "agnostici" sull'eventuale "ragione" della loro presenza...). Da qui la mia meraviglia  :)
Citazione
Ma nella spiegazione dei fenomeni naturali, se si vuole evitare un illogicissimo circolo vizioso o un inane (ai fini della spiegazione stessa) regresso all' infinito bisogna prima o poi fermarsi a qualcosa che spiega il resto essendo a sua volta inspiegato: qualcosa che se é così, allora può bensì essere pensato essere diverso da così, ma in realtà non può che essere così e non altrimenti per nessun altro motivo o spiegazione che non sia il puro e semplice fatto stesso di essere così e non altrimenti (per il quale motivo e per il principio di non contraddizione non può che essere realmente -ma casomai solo immaginativamente- così e non altrimenti senza bisogno di ulteriori motivi).

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CitazioneUna credenza (vera o falsa) é una conoscenza per definizione.
E una credenza vera é una conoscenza vera per definizione.
Per esempio se credo che morirò fra pochi mesi non perché mi é stata fatta scientificamente, correttamente una diagnosi di malattia con prognosi infausta a breve (se fossi superstizioso mi toccherei gli attributi o farei le corna; ma non lo sono) ma perché me l' ha detto l' astrologo (che ovviamente ci ha imbroccato per puro culo!), non per questo la mia credenza che morirò presto non é una conoscenza vera (casomai non la sarebbe se fossi sano come un pesce ...e neanche con certezza).

...Ma sù con la vita (anche se può sempre finire da un momento all' altro)!

Beh, capisco cosa vuoi dire...ma...

posso "credere" che domani mattina sorgerà il Sole. Se domani mattina effettivamente osservo che è sorto il Sole, allora confermerò la mia ipotesi. Quindi mentre oggi posso credere che domani sorgerà il Sole ma non so che questo è vero (e non è una "definizione condivisa"... Platone per esempio nel Teeteto ha argomentato contro quella definizione. Ovviamente, non sto dicendo che Platone ha ragione, ma è solo per fare un esempio di dissenso (tra l'altro, incredibilmente, Platone in quel dialogo arriva ad un'aporia, ovvero non riesce a dare una definizione di "conoscenza" e non cita nemmeno le "Forme"...)...)...
Citazione
Se:

a) Credi che domani sorgerà il sole

e

b) (Accade realmente che) Domani sorgerà il sole,


allora per definizione sai (hai la conoscenza vera) che domani sorgerà il sole.


Ciao!
#1278
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
15 Novembre 2018, 09:28:28 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Novembre 2018, 08:04:23 AM
Citazione di: sgiombo il 14 Novembre 2018, 19:44:23 PM

Quello di cui parli qui non sono "le neuroscienze" ma invece l' interpretazione (filosofica) monistica materialistica di quanto le neuroscienze ci insegnano (cioé, per dirlo in due parole, che non si dà alcuna determinata esperienza cosciente in generale, e in particolare alcun determinato pensiero, e più in particolare ancora alcun determinato pensiero simbolico - linguistico senza un determinato processo neurofisiologico in un determinato cervello; e viceversa. Punto e basta).


Il supporto "fisico" è una parte non trascurabile della comunicazione.
Citazione
Non vedo il nesso con il fatto della diversità della filosofia monistica materialistica dalle neuroscienze.

La comunicazione come fatto fisico di trasmissione di informazioni é altro che (benché ovviamente correlato a) la neurofisiologia (cerebrale) e che la coscienza (due cose  a loro volta ulteriormente reciprocamente altre fra loro).







CitazioneFotoni, elettroni e sostanze chimiche denominate mediatori, recettori, neurotrasmettitori non sono affatto il mediatore tra l'oggetto e l'interprete del linguaggio; sono soltanto ciò che al linguaggio pensato o parlato dal parlante (interprete), che é interno alla (accade nella) esperienza cosciente* del parlante stesso corrisponde inevitabilmente (se si danno le "opportune condizioni di recezione sensibile - osservazione") all' interno di ben altre esperienze coscienti** (non ciò che pensa -e dice- il parlante ma ciò che altri possono vedere se osservano il cervello del parlante).

Le neuroscienze trattano il supporto fisico della comunicazione umana, la linguistica il suo strumentario di cui il segno è lo strumento principale. Entrambi i punti di vista sono necessari, finchè non si unificheranno in un sapere unificato, che corrisponderebbe ad una perfetta conoscenza dell'universo cognitivo. Nel frattempo eviterei di fisicizzare il segno, come di metafisicizzare i mediatori fisicochimicobiologici della comunicazione.
Citazione
Non le neuroscienze ma le scienze della comunicazione e dell' informatica trattano (fra l' altro) dei supporti fisici della comunicazione umana.
La neurofisiologia tratta delle entità fisiche (biologiche cerebrali perfettamente riducibili alla fisica - chimica) implicate nella (e necessariamente coesistenti alla) esperienza cosciente. Ivi compreso ovviamente il linguaggio umano attraverso il quale (oltre che pensare) si comunica; ma che non ha un "supporto" nel senso in cui un software é supportato o implementato su un  hardware o un discorso scritto é supportato su carta o altro materiale o la registrazione sonora di un discorso la é in una chiavetta USB, un CD o un nastro magnetico: tutti supporti materiali sui quali una mente cosciente può leggere o sentire e decodificare messaggi simbolici (ovvero "tradurre" simboli verbali scritti o pronunciati nei rispettivi significati) che vi sono stati codificati (ovvero "tradotti" in simboli dai rispettivi significati) da un' altra mente cosciente.
Non così i correlati neurologici del pensiero e della coscienza in generale (e in particolare del linguaggio), i quali non sono affatto "supporti materiali" di informazioni comunicate mediante simboli linguistici da qualche "omuncolo" emittente a (da leggersi e da decodificarsi da parte di) nessun altro "omuncolo" ricevente o "spettro nella macchina cerebrale"; ma invece meri eventi fisici non simbolici che divengono "parallelamente senza interferenze reciproche" con la coscienza cui sono per l' appunto correlati, nell' ambito della quale soltanto accadono simbolizzazioni linquistiche (poi decodificate nei loro significati in altre coscienze, corrispondenti  ad altri cervelli: quelle e quelli dei lettori o ascoltatori della comunucazione stessa).

A parte il fatto che la perfezione non esisterà mai, non vedo come si possano unificare (ma casomai reciprocamente integrare nella complementare diversità ontologica dei rispettivi oggetti o argomenti di indagine) lo studio della neurofisiologia del (corrispondente al) linguaggio e quello della semantica e della sintassi, cioé delle caratteristiche proprie del linguaggio stesso come tecnica di comunicazione e di pensiero simbolico (sarebbe come pretendere di unificare cose diverse come la neurofisiologia del pensiero razionale in generale e la logica pretendendo di sostituire lo studio della logica formale -inferenze deduttive, induttive, modus ponens, modus tollens, ecc.- con quello della neurofisiologia degli eventi cerebrali che accadono quando si ragiona logicamente facendo deduzioni e altri calcoli logici).

I segni mi sembrano con ogni evidenza fisici (anche se i loro significati sono mentali), e dunque non possono essere "fisicizzati".
I mediatori neurofisiologici ("fisicochimicobiologici") dell' attività cerebrale e i (diversi!) mediatori fisici della comunicazione non li ho mai "metafisicizzati" (= identificati con la cosa in sé o nuomeno, la quale "sta oltre la materia fisica"; e anche il pensiero mentale: é anche metapsichica) e men che meno "mentalizzati" (= identificati col pensiero).
#1279
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 20:39:44 PM
Risposta a Oxdeadbeef (intervento #172 )

Ma dove avresti mai trovato la ben che minima "traccia di relativismo" nei miei interventi (nei quali il relativismo é sempre puntualmente stato bollato e stigmatizzato come falso e insensato (pretesa che tutte le affermazione -comprese quelle fra loro contraddittorie- sarebbero "verità", che non esistano "fatti" ma solo "interpretazioni" delle quali l' una vale l' altra) ? ? ?

O sono io che non comprendo, e quanto affermi in quell' intervento non é un' obiezione ma invece  un' espressione di concordanza con quanto da me sostenuto, magari "calcando anche la mano"?
#1280
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 19:59:29 PM
Citazione di: InVerno il 14 Novembre 2018, 13:38:30 PM
Citazione di: Phil il 14 Novembre 2018, 11:17:20 AMCredo si possa ben affermare che ogni linguaggio, o meglio, lingua, una volta decontestualizzata, "vale" un'altra: «sedia» o «chair» o «chaise», l'importante è che sia chiaro per chi si esprime, ed eventualmente per chi ascolta, l'oggetto (o meglio l'identità) di cui si parla; altrimenti il linguaggio non comunica e dunque non funziona.
E' un po troppo facile chiudendo il cerchio alle lingue indoeuropee, che sono pressochè identiche. Se prendo la parola "tempo" per esempio, anche decontestualizzata, ha un diverso significato a seconda di ceppi linguistici. Alcuni indicano il progredire del tempo "in avanti" rispetto al soggetto (come noi europei), altri indietro, altri verso l'alto.. In alcune lingue della Nuova Guinea non esiste il saluto, e ciò che tradurresti come "parola di saluto" è invece la domanda "dove stai andando?" cosicchè tutta la tribù ha accesso ad un sistema di georeferenziazione linguistica ogniqualvolta si saluta. La stessa "verità" in molte lingue ha diverse varianti senza complemento (oggettiva, relativa etc) che indicano concetti completamente diversi, e non concetti che si differenziano attraverso un complemento, il che fa una grande differenza con o senza contesto.


Malgrado tutto ciò vorrà pur dire qualcosa il fatto che con un po' di pazienza quasi sempre (la perfezione non esiste!) si riesce di fatto a tradursi reciprocamente i concetti e ad intendersi (altrimenti nemmeno queste considerazioni sulle differenti sfumature nel modo di simbolizzare il mondo da parte delle varie lingue non avrebbero senso).

(Spero proprio che a questo punto nessuno tiri in ballo la solita bufala dei settecentodiciannovemilatrecentoquarantadue e mezzo  modi di dire "neve" degli Esquimesi).
#1281
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 19:56:24 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 13:36:44 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 21:27:07 PM
Ma anche no. Il fenomeno di un'eruzione vulcanica può corrispondere al segno e al concetto di una forza tellurica o di una manifestazione divina in base alle credenze dell'osservatore.


E meno male. Quindi esiste anche una conoscenza extralinguistica.




Ciao Ipazia
C'è evidentemente stato un momento in cui un interprete ha prima pensato, poi detto, questa è una "eruzione
vulcanica". Successivamente, altri interpreti hanno preso quel significato e, sulla base delle loro credenze,
hanno formulato altri significati.
Secondo la mia opinione non è importante (non è importante in questo contesto, non in generale) conoscere
il "punto" della catena segnica ove si trova quella o quell'altra interpretazione, bensì sapere che
tutte queste interpretazioni sono tali in quanto "fenomeni" (kantianamente intesi, naturalmente).
Se poi linguisti e cognitivisti fanno certe distinzioni beh, le faranno certamente con delle ragioni (io
qui mi limito a "coniugare" la semiotica con il kantismo, e a cercare di vedere se ne può scaturire
qualcosa di interessante).
Come ho avuto modo di dire molte volte, è bene essere consapevoli che la conoscenza extra-linguistica "esiste",
ma presenta la forma della contraddizione.
Ad esempio, non ritengo sia immaginazione il pensare ad un universo preesistente a qualsiasi interprete (o ad uno
sperduto pianeta fuori dalla portata di qualunque telescopio). Eppure, queste realtà si "danno" alla nostra
conoscenza solo nel momento in cui divengono "fenomeni" per degli interpretanti che li "nominano"
inserendoli in una precisa catena linguistica.
saluti

Ma non c'é nessuna contraddizione fra l' essere reale di un universo preesistente a qualsiasi interprete (o di uno
sperduto pianeta fuori dalla portata di qualunque telescopio e il non essere reale di alcun interpretante che lo sappia e ne parli:

Ciò che é edtto essere (reale) non si identifica affatto con ciò che é detto non é (reale).

Concordo comunque che la connotazione o intensione cogitativa dello stesso ente o evento reale può essere diversissima (eruzione vulcanica, evento tellurico, manifestazione divina, manifestazione diabolica e chi più ne ha più ne metta), anche se tale ente o evento se può essere significato -come denotazione o estensione reale- con le medesime parole.


La stessa "cosa" reale può essere connotata come un pianeta (Venere) una stella visibile al mattino, una stella visibile alla sera.
#1282
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 19:44:23 PM
Citazione di: Ipazia il 14 Novembre 2018, 13:21:45 PM
Citazione di: Lou il 14 Novembre 2018, 10:00:36 AM

Non vi è differenza, a mio parere, in quanto, se parliamo della semiotica peirciana che è acclaratamente anti-intuizionista , il segno (sia icona, che indice che simbolo - che sono i principali, che hanno la stessa funzione mediatrice, in questo senso non vi è differenza) è il mediatore tra oggetto e interpretante, che sono i tre poli della struttura triadica, dove certamente è il segno a determinare la mediazione  perchè si dia interpretazione, ma il il motore che innesca il circuito delle interpretazioni è l'oggetto.

"pc" è un segno (simbolo, in quanto è un segno linguistico) che sta per l'oggetto dinamico, la realtà esterna (o "cosa in sè) in tutta la sua complessità reale di cui attraverso la semiosi illimitata ne cogliamo alcuni aspetti/proprietà, dando approssimazioni di essa.

Pare proprio, secondo le neuroscienze (che tu hai dimostrato di apprezzare), che il mediatore tra l'oggetto e l'interprete siano fotoni, elettroni e sostanze chimiche denominate mediatori, recettori, neurotrasmettitori. Tutta roba che nessuno si sogna di chiamare segno. Quindi la struttura triadica peirciana può essere un bel modellino rappresentativo di un processo, ma da qui all'ontologia il passo è mooolto lungo. Vedo che i commenti si soffermano sul linguaggio, dove effettivamente l'ontologia del segno e del simbolo è più cristallina. Incluso il segno concettuale che si riscontra in ogni simbolo logico. Ma lì rimane. Come lo interpreta e rimasterizza la cpu umana non è proprio alla portata della triade. Pretendere che lo possa fare sarebbe come attribuire vita propria ai byte e bit del linguaggio informatico, glissando sul fatto che sono solo sequenze di interruttori elettrici aperti e chiusi la cui combinazione opera su una cpu del cui funzionamento, a differenza del cervello umano, sappiamo tutto.

Quello di cui parli qui non sono "le neuroscienze" ma invece l' interpretazione (filosofica) monistica materialistica di quanto le neuroscienze ci insegnano (cioé, per dirlo in due parole, che non si dà alcuna determinata esperienza cosciente in generale, e in particolare alcun determinato pensiero, e più in particolare ancora alcun determinato pensiero simbolico - linguistico senza un determinato processo neurofisiologico in un determinato cervello; e viceversa. Punto e basta).

Fotoni, elettroni e sostanze chimiche denominate mediatori, recettori, neurotrasmettitori non sono affatto il mediatore tra l'oggetto e l'interprete del linguaggio; sono soltanto ciò che al linguaggio pensato o parlato dal parlante (interprete), che é interno alla (accade nella) esperienza cosciente* del parlante stesso corrisponde inevitabilmente (se si danno le "opportune condizioni di recezione sensibile - osservazione") all' interno di ben altre esperienze coscienti** (non ciò che pensa -e dice- il parlante ma ciò che altri possono vedere se osservano il cervello del parlante).
#1283
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 19:28:45 PM
Citazione di: Phil il 14 Novembre 2018, 11:17:20 AM

Senza lingua non si dà il concetto di "verità" (e tutte le sue estensioni), ma solo percezioni, eventi, azioni e reazioni della verita biologica.

Concordo con tutto l' intervento # 166.

Solo a questa affermazione mi sentirei di obiettare che esiste anche il pensiero non linguistico, per quanto raramente usato da noi umani che ci siamo inventati il linguaggio il quale (oltre a consentirci di comunicare) moltiplica "prodigiosamente" anche le potenzialità e l' efficacia del pensiero (molto più di quanto un' aereo -invenzione artificiale- moltiplichi la velocità dei nostri viaggi rispetto al cammino o alla corsa -dotazioni naturali).
Certamente il pensiero non linguistico (non simbolico) é molto meno "preciso" e più "impacciato" rispetto al pensiero linguistico, di fatto impossibilitato a compiere troppo lunghe serie di concatenazioni argomentative. Tuttavia non per questo non può consentire credenze e conoscenze vere.
Per esempio si può pensare non linguisticamente quanto linguisticamente é comunicabile (oltre che pensabile) con le parole "amo questa donna" o "domani spero di poter fare un bel giro in bici".
Se così non fosse, ne dovremmo trarre una conclusione con tutta evidenza falsa: che che sia colpito di afasia non sia in grado di pensare, di avere credenze e conoscenze vere.
#1284
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 09:08:08 AM
Citazione di: Ipazia il 14 Novembre 2018, 06:30:01 AM
@sgiompo

Dal mio commento risultava che:

1) non riduco tutta l'ontologia all'ambito scientifico, ma solo quella degli oggetti materiali (e stranezze ibride postulate da altri saperi come esistenti, su cui aiuta a fare chiarezza e verità)
Citazione
Non mi era sembrato ("Nella scienza c'è tutta l'ontologia possibile e dimostrabile", tuo intervento #146 in questa discussione).

2) lascio alla filosofia il dominio importantissimo dell'ontologia degli oggetti immateriali derivanti dall'operari umano, compresa la scienza nei suoi aspetti metafisici ed etologici (epistemologia, non surrogati metafisici pseudoscientifici)
Citazione
Anche questo non mi era sembrato ("Esiste pure un'ontologia degli enti immateriali, dei valori, propria della filosofia. Uno di questi è la verità. E' in nome di tale valore che si è dovuto consegnare l'Essere alla casa di riposo della filosofia e cominciare a ragionare sugli esseri della realtà empirica" -ibidem-; "Semmai, dove il discorso langue, è in campo filosofico. Comprensibile, dopo essersi visto scippato il tormentone ontologico da chi dell'essere ha dimostrato di capirci di più. [omissis] Elaborato il lutto, alla filosofia restano aperte le sconfinate praterie dell'etica. Saprà colonizzarle senza ennesime, ma a questo punto della sua storia infinitamente più ridicole, millenarie masturbazioni meta-meta-meta-fisiche. Ai posteri l'ardua sentenza" -intervento # 139-

Comunque sono ben contento di ricredermi:

Viva la filosofia!
#1285
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 08:59:55 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 04:04:22 AM
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 21:19:13 PMSulla manifestazione sensibile (non-linguistica: vedo una sedia, sento un suono, etc.) o la sua narrazione (linguistica: mi si dice che c'è una grossa muraglia in Cina o che se mi butto dal decimo piano muoio), ovvero sull'esperienza diretta, la mediazione della logica (e dell'interpretazione individuale) e la (eventuale) accettazione/mediazione da parte della comunità dei parlanti e del suo vocabolario.

Come anticipato da Ipazia, non ridurrei il fenomeno al linguaggio, il fenomeno linguistico è un tipo di fenomeno, ma ci sono anche fenomeni non linguistici, se per fenomeno intendiamo (etimologicamente) ciò che appare, ciò che si manifesta (è, come dicevo, una questione di vocabolario e definizioni che non sono la realtà, ma la indicano/esprimono, come dicevano già Husserl, Derrida, etc.).



Ciao Phil (e scusami se rispondo in due tempi...)
Su quest'altra questione occorre che io ti chiarisca un attimo il mio punto di vista (che poco distingue fra segno
linguistico e non-linguistico).
Per me esiste soprattutto (cioè è determinante) il "segno", e basta. Nel modo cui lo intendeva Peirce (già il
pensarlo è inserire il pensato all'interno di una catena segnica).
Non che, naturalmente, non vi sia differenza fra segno linguistico e non-linguistico; ma mi pare, appunto, che
determinante sia il "segno", soprattutto laddove questo va ad interpretare l'oggetto "primo" (e la prima
interpretazione di questo è senza dubbio un pensiero).
E' solo a seguito di questo primo e determinante momento che comincia la sequela dei significanti e dei
significati (e con essi comincia il segno linguistico).
Da questo punto di vista, la sedia, il suono o la muraglia Cinese sono sì eventi del sensibile, ma sono anche e
soprattutto dei già interpretati, cioè dei segni (lungo questa discussione abbiamo fatto gli esempi di una
tastiera di pc, di un leone e della giustizia; di come essi cambiano a seconda delle varie interpretazioni).
saluti

(Non comprendo bene il discorso. Non sono sicuro che sia attinente a quanto sto per affermare).

Noi uomini adulti e civili pensiamo quasi inevitabilmente linguisticamente (almeno quando pensiamo "cose scientifiche e affini"; spero di rendere l' idea); ma il pensiero (entro certi limiti anche di "cose scientifiche e affini") non é necessariamente, esclusivamente linguistico (i concetti si possono pensare, sebbene a un livello di sofisticazione decisamente limitata, nel' impossibilità di fatto di compiere lunghe argomentazioni e catene di inferenze, anche senza simboleggiarli verbalmente, anche senza "ricorrere alle parole che ce li simboleggiano").

Se così non fosse, allora le persone colpite da varie forme di afasia (e magari non da agrafia, cosicchè possono scrivere parole significanti concetti, frasi, "discorsi grafici", anche discretamente lunghi e complessi) non sarebbero in grado di pensare, ricordare il proprio passato, progettare il proprio futuro, considerare se stessi e i propri intenti; non sarebbero più autocoscienti (come molto presumibilmente sono gli animali non umani).
#1286
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 08:49:40 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 01:25:11 AM
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 21:19:13 PMLa corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica è convenzionale, si basa su una definizione arbitraria e sulla sua appartenenza al vocabolario di una certa comunità di parlanti (v. molteplicità delle lingue, aspetto diacronico delle lingue, etc.).


Ciao Phil
Se, come dici, la corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica (nei miei termini:
la corripondenza fra l'oggetto e il segno che lo designa) è convenzionale etc.(vedi sopra), allora questo vuol
semplicemente dire che una convenzione vale l'altra, visto che non possediamo nessun "metro" per misurare la
oggettività, il "valore", di una convenzione rispetto ad una qualsiasi altra.
Posizione rispettabilissima, per carità, ma è bene essere consapevoli che con un tale punto di vista ogni convenzione
(basandosi, secondo le tue stesse parole, su una definizione arbitraria) linguistica può aspirare ad arrogarsi il
diritto di rappresentare il "vero".
Chi o che cosa, infatti, stabilisce cos'è "una certa comunità di parlanti"?
Può essere questa di questo forum; può essere quella dei contrari ai vaccini o quella di coloro che sostengono che la
terra è piatta: tutto quello che all'interno di queste "comunità di parlanti" viene detto ha, secondo il tuo
ragionamento, il medesimo valore veritativo.
Ma poi perchè mai, se il principio viene accettato, "limitarci" alla comunità? Vi è forse un motivo per non restringere
il campo all'individuo? Se c'è io non lo vedo, perchè se la base del ragionamento è la "definizione arbitraria" (pur
se della comunità) allora chi lo dice all'individuo che la sua, di definizione arbitraria, è meno valida di quella
di una comunità qualsiasi?
saluti

Scusate se continuo a intromettermi.

La corrispondenza fra l'oggetto e il segno che lo designa è convenzionale. Infatti  uno stesso oggetto si può far corrispondere ad libitum, de, tutto indifferentemente, a un numero indefinito di diversi segni: uno per ciascuna lingua esistente (e anche per ogni lingua morta; ma considerate le sinonimie anche più di uno per ciascuna lingua).

E anche le definizioni dei concetti (lo stabilirne la connotazione o intensione cogitativa) é arbitrario: per esempio per "America" si può intendere l' intero continente dal Quebek alla provincia cilena di Punta Areas; oppure tutto il continente più le isole contigue (dalla Groenlandia alla Terra del Fuoco); oppure ancora, come spesso si fa, specialmente parlando di politica internazionale, gli Stati Uniti d' America; basta mettersi d' accordo per comprendersi.

Quello che non é convenzionale ma dipende dalla realtà quale é del tutto indipendente dal linguaggio, nonché dai rapporti fra questa e il linguaggio stesso, é la verità delle proposizioni attraverso il linguaggio espresse; la quale necessita che se il linguaggio afferma la realtà di un determinato concetto, allora questo "abbia" (che ci sia realmente di esso) anche una denotazione o estensione reale; e se il linguaggio afferma la non realtà di un determinato concetto, allora questo "non abbia" (che non ci sia realmente di esso) anche una denotazione o estensione reale.
#1287
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
13 Novembre 2018, 21:40:47 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 14:43:11 PM
Nella scienza c'è tutta l'ontologia possibile e dimostrabile.
CitazioneLe qualità fenomeniche dell' esperienza esistono eccome nelle coscienze (anche se non sono intersoggettive; ma intersoggettivo =/= reale e meramente soggettivo ovvero non intersoggetivo =/= non reale)  e la scienza non ci capisce (non può capirci) nulla.




(Al supermercato si va anche con Einstein, avendo un orologio così sensibile da autocorreggersi quando sali dal primo al secondo piano). La quantistica non è incompatibile con la relatività e il modello dei campi sta mettendo tutti d'accordo
CitazioneA me non pare proprio (ma qui si tratta semplicemente di essere più o meno ottimisti).




. Ma non è questo il problema. Il problema è che l'ontologia scientifica, con tutte le sue approssimazioni, ha allungato la vita anche ai filosofi, mentre con l'Essere non si sopravvive nemmeno da mattina a sera. Veridicamente almeno, perchè sulla finzione si può anche campare mille e più anni. Ma non diventa per questo verità.
Citazione(A parte il fatto che l' "ontologia scientifica", oltre che per allungare la vita, é stata applicata anche per distruggerla fino a perpetrare genocidi; e rischia fortemente di essere applicata all' umanicidio) i filosofi, senza negare l' importanza delle produzioni materiali (se non nelle maligne e false deformazioni caricaturali di scientisti e positivisti), generalmente non hanno mai preteso di spacciarsi per agricoltori, artigiani o produttori di altri beni e servizi materiali.
Ma non di solo pane vive l' uomo (per lo meno ad un elevato grado di civiltà), ma fra l' altro anche di conoscenza (e non solo di conoscenza pratica strumentale ma pure di consocenza come fine a se stessa).





Esiste pure un'ontologia degli enti immateriali, dei valori, propria della filosofia. Uno di questi è la verità. E' in nome di tale valore che si è dovuto consegnare l'Essere alla casa di riposo della filosofia e cominciare a ragionare sugli esseri della realtà empirica.
CitazioneNoto per la cronaca che la scienza, non meno della filosofia, ha enormi ospizi pieni di bavosi anziani rincoglioniti col pannolone e delle rispettive teorie da gran tempo tramontate.

A parte il fatto che la realtà materiale scientificamente conoscibile non esaurisce affatto la realtà in toto, la ricerca scientifica empirica (scopre molte verità particolari, ma) é costretta a ricorrere alla critica razionale filosofica per  comprendere natura, significato, limiti, condizioni di verità della della conoscenza in generale e della stessa sua propria conoscenza (scientifica).
#1288
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
13 Novembre 2018, 21:14:46 PM
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 12:45:27 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Novembre 2018, 07:58:48 AM
Forse hai commesso un lapsus per "qualcuno che rinneghi il concetto di verità... ".
Ma io ho conosciuto (anche in questo forum) chi afferma (pretende erroneamente, falsamente) che ci sono infinite verità (anche reciprocamente contraddittorie) tutte ugualmente vere
Non credo abbia avuto un lapsus, volevo distinguere fra "ci sono molte verità" e "tutte le posizioni sono verità": la prima non implica l'assenza di falsità (molte verità non escludono molte falsità), la seconda comporta che nulla sia falso (se tutto è vero...).
Citazione
"Tutte le posizioni sono verità" é una quasi-definizione del relativismo.

Se per "verità" si intende "predicato vero (conoscenza vera)", allora "ci sono molte verità" (oltre a moltissime falsità) mi sembra una cosa ovvia e banale.
Se nell ' universo infinito ci sono e ci saranno sempre infiniti pianeti abitati da animali coscienti e intelligenti (come sono propenso a credere), allora non ci sono solo "molte" "bensì "infinite" verità (in quel senso).





Citazione di: sgiombo il 13 Novembre 2018, 07:58:48 AM
(Se non hai commesso un lapsus questo potrebbe essere "rinnegare il concetto di falsità"; ed é ciò che comunemente si intende per "relativismo).
Se il relativismo comunemente inteso rinnega il concetto di falsità, è una fortuna che ci sia anche il relativismo filosoficamente inteso (da wikipedia in su...)  ;)
CitazioneMa allora per farmi capire  cosa pensi (ed eventualmente fare apprezzare anche a me il relativismo filosoficamente inteso) dovresti spiegarmi che cosa é il relativismo filosoficamente inteso e in che cosa differisce dal relativismo comunemente inteso (quello per il quale su qualsiasi questione ci sono tante (forse infinite) verità, anche reciprocamente contraddittorie (ovvero non ci sono cose ma interpretazioni).





Tornando più in tema
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 09:58:35 AM
Se c'è una cosa che non serve a nulla nella ricerca della verità è sparare a zero sulla modernità nel suo complesso [...] Elaborato il lutto, alla filosofia restano aperte le sconfinate praterie dell'etica.

Concordo che oggi la filosofia trovi più terreno fertile se si rivolge "etologicamente" (oltre che eticamente) all'uomo, piuttosto che all'Essere e all'essere-dell'-uomo-in-quanto-ente (lasciamolo a biologi, genetisti, neurologi, etc.).
In fondo è il consiglio che ci diedero già i primi pensatori non-troppo-metafisici: Socrate, i sofisti, gli epicurei, i cinici, gli scettici, etc. (a cui aggiungerei il recente "quintuplice sentiero" di Sariputra  :) ), tuttavia la storia occidentale premiò (non troppo ingiustamente) Platone e Cristo, così ora, per chi vuole, se ne può affrontare il suddetto gramo "lutto" (anche se preferisco, come detto, parlare di meritato "pensionamento" nell'"ospizio" dei libri di storia, sempre aperti a proficue "visite"...).
Citazione
Concordo che sparare a zero acriticamente sulla modernità (ma anche sull' antichità) non serve a nulla nella ricerca della verità (non così criticare la modernità, non accettarla acriticamente; e anche l' antichità).

La filosofia oggi e sempre ha tanti terreni fertili, utilissimi e interessantissimi da coltivare, oltre a quello dell' etica: per esempio la critica razionale della conoscenza in generale e della conoscenza scientifica in particolare e l' ontologia (lo studio della realtà, che non è limitata alla materia scientificamente conoscibile, nella sia accezione più generale, astratta, complessiva; e fra l' altro la natura delle relazioni fra materia, in particolare cerebrale, e coscienza, che sono ben altro della banale constatazione scientifica, già rilevabile ai tempi di Broca e di Wernicke, che ad ogni determinato stato di coscienza necessariamente coesiste un un determinato stato neurofisiologico di un determinato cervello e viceversa).
#1289
Citazione di: bobmax il 13 Novembre 2018, 07:56:53 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Novembre 2018, 23:42:54 PM
Citazione di: Socrate78 il 12 Novembre 2018, 19:00:06 PM
Il problema però è che la filosofia è ritenuta da moltissimi come qualcosa di noioso e inutile nello stesso tempo, sono questi i due aggettivi che sono spesso associati alla pratica filosofica! Secondo voi, se si ha a che fare con una persona comunque intelligente ma che ha questi preconcetti, è bene lo stesso cercare di avvicinarla alla cultura filosofica o è meglio lasciar perdere?

Ma non e' mica detto che con una persona intelligente ci si debba per forza relazionarsi/intendersi in maniera strettamente filosofica, nel senso riduttivo del termine.

Alla filosofia ci si può arrivare nei più svariati modi, ognuno in maniera diversa come diverse sono le persone.
per farti un esempio,ci sono quelli che pur non avendo un interesse particolare e diretto per la filosofia, sono decisamente più filosofi di quelli che la intendono solo in quel modo sopra (appunto riduttivo) magari solo perché l'hanno "studiata"

...ma la filosofia e' molto di più,perché e' la vita in se stessa ad offrire in ogni suo istante "lezioni" (autentiche) di filosofia a 360 gradi.
quindi basterà molto poco, per imparare molto

Il problema sorge solo nel caso in cui si ha a che fare con i cretini e i presuntuosi (che per molti aspetti sono due facce della stessa medaglia)..perche risulteranno impermeabili,innanzitutto ad accogliere, e in secondo luogo a com-prendere..per poi realmente condividere

Condivido in toto.
Quanti autentici filosofi ho conosciuto che non avevano mai "studiato" filosofia...

Io non tanti.

...Ma in compenso fra i professori di filosofia quasi nessuno.
#1290
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
13 Novembre 2018, 08:09:38 AM
Citazione di: Jacopus il 13 Novembre 2018, 00:20:17 AM
Scrivo di getto, senza aver letto attentamente i precedenti interventi e consapevole di iniziare un nuovo filo del discorso.
Il mio interesse per la verità discende dalla possibilità che essa orienti la "buona azione". La verità, linguisticamente, è imparentata con il termine vir, che in sanscrito significa fede. Un residuo di tale nesso esiste ancor oggi, la vera e la fede sono due modi per indicare l'anello nuziale. La vita di coppia, ratificata dalla comunità, unisce quindi il significato di fede e verità.
Ma fede e verità sono anche alla base della legittimazione del potere. Chi possiede la verità ha lo strumento per agire politicamente senza bisogno di contraddittorio.
Questa è la mia prospettiva del problema verità ed è per questo che non posso fare altro che relativizzarla. Ogni epoca ha le sue verità, che orientano l'azione. Verità più o meno granitiche ma pur sempre necessarie alla praxis. Senza una verità, sia pure temporanea, la praxis umana tornerebbe allo stato di natura.
Allora la sfida potrebbe essere accettare una verità procedurale piuttosto che materiale. Sono i parlanti di una comunità a decidere la verità, consapevoli che domani quella verità sarà diversa, perché, conformemente alla teoria evoluzionistica, anche i parlanti saranno differenti.
La verità allora, piuttosto che una via maestra che tutti i parlanti devono seguire, diventa un problema di scelta, poiché è possibile sempre scegliere verità alternative.
In questo quadro però sarebbe fondamentale trovare un principio "esterno al quadro" e questo principio potrebbe essere quello della responsabilità di ognuno di noi verso tutti gli altri, la capacita' di prenderci cura del mondo: questa é la verità delle verità.

Mi sembra che la "verità" intesa in questo senso siano piuttosto le aspirazioni (in ultima analisi soggettive, non razionali, irrazionalmente avvertite) più o meno (mai uniformemente!) diffuse nei vari tempi e nei vari contesti sociali (mutevoli); "in ultima analisi" nel senso che ci sono anche aspirazioni "strumentali", funzionali alla realizzazione di più fondamentali finalità.

Ma credo che l' individuazione dei mezzi efficaci a realizzarle nelle condizioni di partenza date sia se non anche (ma probabilmente anche) assolutamente necessaria per conseguire gli scopi irrazionali, per lo meno utilissima; e che agire in base alla falsità (a false credenze, anziché a credenze vere, razionalmente fondate; nei limiti del possibile, ovviamente) esponga per lo meno al fortissimo pericolo (se non alla certezza) di ottenere risultati ben diversi e magari decisamente contrari dalla realizzazione delle proprie aspirazioni (più o meno socialmente diffuse che siano).