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Messaggi - Sariputra

#1291
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
10 Marzo 2017, 11:31:57 AM
Citazione di: baylham il 10 Marzo 2017, 11:20:22 AM
Citazione di: donquixote il 10 Marzo 2017, 10:46:07 AMSono anni che scrivo che il problema non è l'assoluto (che essendo ab-solutus ovverosia slegato è in sé e per sé e non necessita di altro che di se stesso) ma l'assolutizzazione del relativo, che a quanto pare è un concetto molto difficile da comprendere. Tutto dipende dall'assoluto ed è relativo ad esso (ovvero in relazione di dipendenza con questo), e porre come assoluto qualcosa che non lo è (sia questo la vita, il bene, l'uomo, la natura, un dio particolare, l'economia, l'uguaglianza o qualunque altro relativo) è proprio ciò che genera la violenza di doverlo imporre, dato che essendo un relativo non si può imporre da solo, determinando conseguenze disastrose. Solo assumendo il punto di vista dell'assoluto si può riuscire a comprendere tutti i relativi (e anche le relazioni sussistenti non solo con l'assoluto ma anche fra di loro) e dar loro il corretto valore senza necessità di alcun tipo di imposizione.
Trovo contraddittorio che il problema sia anche la soluzione: assumere il punto di vista dell'assoluto equivale proprio ad assolutizzare il relativo.

Non si può assumere il punto di vista dell'assoluto, in quanto l' assoluto non ha punti di vista  ( al massimo comprende tutti i punti di vista), ossia è Vuoto di punti di vista realmente esistenti. Attingere all'assoluto non attaccandosi ai punti di vista non è la soluzione del problema, in quanto il problema non sussiste. Il problema è una creazione del pensiero. Il problema sorge sempre dall'attaccamento ai punti di vista. Non attaccamento ai punti di vista non significa non operare per necessità di vita, ma essere consapevole che questi punti di vista sono semplicemente necessari ( per la sopravvivenza).
#1292
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
10 Marzo 2017, 10:53:30 AM
Citazione di: donquixote il 10 Marzo 2017, 10:46:07 AM
Citazione di: baylham il 10 Marzo 2017, 10:08:21 AML'assoluto non è tollerante o intollerante, violento o non violento, l'assoluto non dipende dalla forza o dalla debolezza, semmai è il relativo ad essere tollerante o intollerante, violento o nonviolento, a dipendere dalla forza o dalla debolezza. E' appunto il relativo che pretende di essere assoluto a diventare violento o non violento, tollerante o intollerante. L'assoluto è tutto, comprende ogni parte, ogni uomo è parte del tutto, quindi relativo.
Sono anni che scrivo che il problema non è l'assoluto (che essendo ab-solutus ovverosia slegato è in sé e per sé e non necessita di altro che di se stesso) ma l'assolutizzazione del relativo, che a quanto pare è un concetto molto difficile da comprendere. Tutto dipende dall'assoluto ed è relativo ad esso (ovvero in relazione di dipendenza con questo), e porre come assoluto qualcosa che non lo è (sia questo la vita, il bene, l'uomo, la natura, un dio particolare, l'economia, l'uguaglianza o qualunque altro relativo) è proprio ciò che genera la violenza di doverlo imporre, dato che essendo un relativo non si può imporre da solo, determinando conseguenze disastrose. Solo assumendo il punto di vista dell'assoluto si può riuscire a comprendere tutti i relativi (e anche le relazioni sussistenti non solo con l'assoluto ma anche fra di loro) e dar loro il corretto valore senza necessità di alcun tipo di imposizione.

E' nell'assoluto che si risolvono le apparenti ( per l'uomo) contraddizioni del relativo. Come si 'attinge' all'assoluto per risolvere le contraddizioni? Si potrebbe forse iniziare con il non-attaccarsi e identificarsi con le contraddizioni relative?...Chiaro che non si deve trattare di formulare l'ennesima teoria ( relativa) sull'assoluto...
#1293
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
10 Marzo 2017, 09:16:42 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Marzo 2017, 08:12:32 AMTutti questi ultimi interventi continuano a trattare il relativismo come se fosse una metafisica. Trovo interessante che maral, dopo aver sostenuto l'innegabilità dell'assoluto, lo dichiari fonte di ogni violenza. Da un particolare punto di vista mi troverei d'accordo: non parlo metafisicamente, ma esistenzialmente: come percezione esistenziale, trovo innegabile (non venitemi a dire che ora sto facendo un'affermazione di certezza metafisica) l'esistenza del male. Per me il male è la realtà, nel momento in cui essa s'impone alla mia libertà di pensiero e mi impedisce di pensare diversamente. Per esempio, una pietra che sta cadendo sulla mia testa forse non esiste, ma come esperienza di vita sono costretto a trattarla come esistente. Ciò è violenza. Non mi sto riferendo alla violenza nel senso del dolore che la pietra causerebbe alla mia testa: il dolore è solo un'arma di ricatto che la realtà usa contro di me per un'imposizione molto più grave e pesante: l'imposizione sulla mia libertà di pensiero. Da questo punto di vista la realtà c'impone forzatamente di pensarla metafisicamente, ma non tutto è perduto: per lo meno io posso tentare di non imporre agli altri i miei modi di pensare, i miei schemi mentali: questo è il tentativo del relativista: lavorare per vedere se sia possibile non imporre qualcosa. Questa è anche una chiave di lettura con cui è possibile interpretare la vicenda di Gesù: male, violenza, morte, sono la stessa cosa. La morte di Gesù è la vittoria della realtà che riesce ad imporsi sul soggetto e lo costringe a non dubitare, non perché essa riesca a dimostrarsi vera, ma attraverso il ricatto della violenza; la risurrezione rappresenta il tentativo di esistere umanamente senza imporsi.

Ma che problema c'è nell'imporsi qualcosa? Nella tua visione , che da quel che capisco ruota attorno al tentativo di sentirsi libero da qualunque imposizione ( libertà...assoluta :)) non parli mai della necessità, per l'esistere stesso, di un certo grado d'imposizione, in primo luogo a se stessi. Imporsi di fare qualcosa è un atto stesso dell'esistere, per cui devo necessariamente esercitare una data forza ( mentale, morale , materiale, ecc.) e una certa violenza ( pensa solo a tutto il processo della nutrizione e della sofferenza che genera negli esseri senzienti e la cui violenza che esercitiamo è necessaria per la nostra sopravvivenza...). La pietra che cade in testa non è "il male", ma "fa male". La pietra non vuole imporci nulla, è la nostra frustrazione generata dalla botta che ci fa urlare ' la vita è un male'. Non sta esercitando un ricatto, è l'Io che esplode infuriato e pensa che la realtà genera un'"imposizione sulla mia libertà di pensiero". Il problema è dalla nostra parte e non dalla parte della realtà. La realtà è la realtà, è quello che è ( che ci appare). E' l'Io nevrotico che vive la realtà come fosse qualcosa che vuole imporsi contro la sua libertà ( da che cosa poi? Da cosa vuol essere libero l'Io? Dal soffrire?). Se osserviamo questa nevrosi dell'io con distacco, con consapevolezza, non c'è nulla che può esserci imposta, nulla che può attaccarsi alla nostra libertà dalla nevrosi dell'io.
Ma sto facendo del buddhadharma e quindi la tronco qui... ;D
#1294
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
09 Marzo 2017, 23:58:12 PM
Citazione di: maral il 09 Marzo 2017, 23:40:37 PM@davintro, l'assoluto non può assolutamente essere tollerante, se non rinunciando al suo essere assoluto. Nell'ottica dell'assoluto che definisce un contenuto particolare come assoluto (dice precisamente che cosa solo va considerato assoluto) è evidente che la forza può solo essere violenza e lo è sempre stata, per ogni assoluto che si è proclamato, fosse principio di fede o di ragione, comandamento dell'amore compreso e soprattutto (proprio in nome dell'amore, la caritas, si può raggiungere il massimo della violenza), perché qualsiasi assoluto può convincere solo con la fede e la fede è volontà di credere che con la volontà si deve imporre facendo violenza assoluta su se stessi quando si dubita e su ogni altro che non ci crede, altrimenti, di nuovo, che assoluto è? L'assoluto assunto come contenuto specifico è la vera e unica matrice di ogni violenza, inevitabilmente, anche (e forse ancor di più) se inteso come relativo assoluto. In realtà tu e Angelo Cannata fate lo stesso discorso, entrambi avete pretese assolute anche se di segno opposto. La fondatezza delle proprie tesi lasciamole lontane dall'assoluto, stiamoci lontani dall'assoluto se vogliamo sopravvivere un po' meglio insieme. L'assoluto c'è, ma va tenuto a giusta distanza finché viviamo, perché solo nello spazio di questa distanza possiamo vivere e convivere. La fondatezza dei nostri principi non sta nel porli come assoluti, ma al contrario, pur ritenendoli giusti e sommamente giusti perché ci fanno essere quello che siamo, nel porli come sempre discutibili quando si tratta di attuarli, commisurandoli ai contesti, confrontandoci con le altrui realtà che determinano modi diversi di vivere e sentire, affinché, se proprio deve essere qualcosa, l'assoluto lo si possa vedere solo come un parziale relativo in cammino insieme ad altri relativi. L'assoluto è il relativo percorrere il nostro cammino insieme per tornare sempre a ciò che siamo, nelle relazioni che sole ci fanno essere proprio ciò che siamo.

Maral, ma se io, per esempio, sostenessi che la Tolleranza è l'Assoluto, sarebbe lo stesso una forma di violenza? SE impongo che tutti DEVONO essere tolleranti cadrei in contraddizione, perché la mia prassi sarebbe la tollerenza,  e quindi sarei semplicemente incoerente. Avendo 'fiducia' che l'assoluto  è tolleranza tollererei coloro che non sono tolleranti, per essere coerente con il mio assolutismo.
Non so...c'è qualcosa che non mi torna nel tuo ragionamento... :)
Sono d'accordo con davintro che è il contenuto che determina la carica violenta di una particolare visione teorica,quando si fa prassi impositiva. 
Mi sembra anche che , in questa discussione, ci sia un uso ambiguo del termine 'violenza'. Come fa la forza ad essere sempre violenta? Per costruire qualunque cosa è necessaria la forza. La forza può essere costruttiva o distruttiva a seconda dell'uso che se ne fa. Illudersi di poter vivere in un mondo privato di una certa forza è assurdo, a parer mio. Anche solo per poter superare una grave malattia, per es., è necessaria la forza (d'animo in questo caso) e un imposizione ( a se stessi ). E' possibile 'educare' un bimbo senza usare un certo grado di imposizione?  Chi ha dei figli credo comprenda perfettamente quello che intendo. A meno che, per voler evitare qualsiasi grado d'imposizione ( a se stessi e agli altri) non si ritenga preferibile tornare a saltellare su e giù dagli alberi gridando 'bunga, bunga!', ma allora s'imporrà su di noi la forza del predatore che ci farà correre in modo assai poco relativo... ;D
#1295
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
09 Marzo 2017, 20:47:43 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Marzo 2017, 20:07:52 PMVedo in molti di questi ultimi interventi l'idea di sottofondo secondo cui per fare delle scelte o per lottare per qualcosa il relativista debba per lo meno avere una qualche fede o fiducia in ciò che sceglie o in ciò per cui lotta. Questo non è affatto indispensabile. Io posso benissimo operare una scelta senza avere alcuna fiducia in essa; posso lottare per una causa senza bisogno di fidarmi della sua bontà. Per esempio, a me piace criticare la metafisica, ma non sono affatto convinto che ciò sia una cosa buona, né ripongo alcuna fiducia nelle mie critiche o nel mio relativismo. Ho aiutato tante persone, ma non sono affatto convinto di aver fatto un bene, e ciò non significa che io abbia dato tale aiuto senza metterci impegno. Il mio si potrebbe definire un provare delle adozioni: oggi provo ad adottare l'idea di importanza della libertà, domani quella della giustizia, ma adottare un'idea e lottare per essa non significa doversi convincere che essa sia giusta o dare fiducia ad essa. Sono solo prove, tentativi. Questa mentalità del convincersi per avere successo, per mettere molto impegno nelle cose, mi ricorda certe metodologie psicologiche di autoconvincimento che a mio parere non fanno altro che abituare alla falsità; mi ricorda la pratica dei lottatori e guerrieri, che per auto istigarsi emettono grida, si agitano oltre il necessario; mi ricorda Gesù, che rimproverò Pietro, che non riuscì a camminare sulle acque, dicendogli che ciò era successo perché aveva dubitato; mi ricorda il cartone di Disney Dumbo, in cui si trasmette il messaggio che quell'elefantino aveva bisogno solo dell'autoconvinzione per riuscire a volare. Questo a mio parere non abitua a coltivare armonia tra tutte le percezioni e tutte le capacità umane. Coltivare in sé armonia significa, a mio parere, piuttosto che insistere sul credere e autoconvincersi per avere successo, allenarsi, lavorare su se stessi, esercitarsi, autocriticarsi, cercare sempre di migliorarsi. Questo sì che fa diventare davvero persone capaci, persone che progrediscono, persone si guardano dal fanatismo.

Ma messa così qual'è l''utilità di una simile discussione?...Se a te va di fare le cose "così, tanto per provare" prosegui pure su questa strada, senza pretendere che gli altri lo ritengano 'ragionevole'. Ognuno ha i suoi gusti... ;D
#1296
Attualità / Re:IL PROBLEMA OCCUPAZIONALE
09 Marzo 2017, 11:38:37 AM
L'Isola Meridionale della Nuova Zelanda è un luogo meraviglioso. Mia figlia vuole che ci trasferiamo nella cittadina di Rivertone. Ama il surf...anche se non sa praticamente nuotare... ;D ;D
Ehm...scusate la divagazione ( ma anche no...)...è che ho visto il Duc arrivare a 629... 8)
#1297
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
09 Marzo 2017, 09:13:31 AM
Citazione di: anthonyi il 09 Marzo 2017, 08:42:14 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 22:13:17 PM
Citazione di: Phil il 08 Marzo 2017, 17:59:18 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 09:38:29 AMcome giustamente sottolinea Green Demetr [...]: MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo. [...] Se invece mi dico:"Va bè, tanto... è tutto relativo..." finisco velocemente ad entrare in una concessionaria per ordinare il SUV... E' un pò quello che scrivevo sopra: ossia della stretta connessione, nella prassi, tra il relativismo e il modello capitalistico della società. Il pensiero relativistico è perfettamente funzionale a questo modello di vita.
Concordo sul non demonizzare i metafisici (e nemmeno i dogmatici), perché non necessariamente sono individui mentalmente chiusi o con pretese di egemonia sul prossimo; tuttavia il binomio relativismo/omologazione mi lascia perplesso... e ancor più quello relativismo/capitalismo. Forse può essere utile indagare il rapporto fra relativismo e società attuale, triangolandolo con la tecnologia: siamo sicuri che l'omologazione vada a braccetto con il relativismo, oppure è uno dei risultati della iper-comunicazione abilitata dalla tecnologia? La tecnologia serve al capitalismo forse meno di quanto il relativismo, con la sua selva di opinioni, favorisca la finanza attuale? Non direi... Il relativismo, in quanto tale non omologa (sarebbe contraddittorio!), ma apre alla pluralità delle opinioni fai-da-te; la tecnologia, invece, se assume le vesti della comunicazione di massa, tende a omologare e appiattire le opinioni (e di conseguenza le prassi). Non è che, abbagliati dalla coincidenza della "sincronia storica", stiamo dando al relativismo una colpa (senza entrare nel merito se lo sia o meno) da imputare alla tecnologia? L'annichilimento tecnologico delle coscienze (se lo riteniamo tale) è coevo del relativismo, ma sarei cauto nel vedere una causalità fra i due: tecnologia e relativismo non sono parenti stretti (anzi, in ambito "commerciale" una invita a seguire delle mode comuni, impone dei bisogni indotti, etc. l'altro invita a riflettere, dubitare con la propria testa...). Proviamo poi a pensare, per assurdo, se l'attuale tecnologia di comunicazione pervasiva fosse stata disponibile nei secoli scorsi: non avrebbe prodotto un'omologazione ancora più radicale? Inoltre (e senza usare la fantasia) siamo sicuri che oggi si sia davvero più omologati di ieri? I nostri nonni e i nostri avi, non vivevano forse in una società in cui troneggiava l'alternativa: omologazione ai valori vigenti e adattamento forzato, oppure emarginazione-eliminazione (almeno quanto oggi)? In cosa la famigerata omologazione di oggi è maggiore di quella di ieri? Siamo poi davvero sicuri che questa sia l'epoca del relativismo? Ognuno di noi può guardarsi in giro e chiedersi quanti relativisti conosce o vede... sono davvero la maggioranza?
Non ho affermato che il relativismo sia la causa , ho detto che è funzionale al sistema , che è un'altra cosa. Una societa capitalistica basata sulla creazione continua di bisogni da soddisfare e da imporre alle masse, "martella" un'opinione che finisce per essere condivisa da tutti, perché l'individuo, isolato e frammentato, non può opporre che opinioni 'deboli', relative, al quale lui stesso in definitiva non crede e alla fine, tra la scelta tra un'opinione personale debole e un desiderio ' forte' da soddisfare e che lo fa "includere" e accettare dal gruppo sociale( creato e imposto dalla società delle comunicazioni) sceglie quasi sempre il secondo, e lo vediamo.
Riflettendoci, anche l'assolutismo è funzionale a un certo sistema, un sistema di potere. Io ho un'idea, interiormente posso considerarla relativa, ma pubblicamente ho bisogno di definirla assoluta perché dare rilevanza ad altre idee indebolirebbe il mio potere. Questo inverte il rapporto consequenziale che è stato presentato in altri post: Non è il metafisico assolutista che è spinto ad imporre la sua idea, ma è il bisogno di imporre la propria persona che necessita dell'imposizione della propria idea che quindi viene posta come assolutista (metafisica o meno che sia).

Sono d'accordo. Il problema consiste nell'esigenza che molti sentono di imporre la propria opinione agli altri. Quindi dovremmo investigare perché esiste nella psiche umana questa necessità. Mi sembra che sia la necessità che fa assumere una certa idea, o teoria, proprio perchè funzionale all'esigenza interiore di imporre. Quindi il problema non è tanto, a mio parere, l'autodefinirsi relativisti o assolutisti, questa sorta di falso dualismo, ma si sposta su un piano diverso ( antropologico?  :-\ ). La puoi pensare relativa o assoluta, ma se senti la necessità di imporre la tua opinione per affermarti come individualità che ha 'potere', l'effetto è lo stesso...
#1298
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
09 Marzo 2017, 08:48:46 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Marzo 2017, 08:19:26 AMNoto questa strana fissazione con la fede in questi due ultimi post, di Duc e di Sariputra. Così si continua ancora a trattare il relativismo come se fosse una metafisica, perché fede è questo: dare per certo qualcosa. Ma proprio non ce la fate a considerare il relativismo senza usare occhi metafisici? Il relativista non porta avanti le sue lotte perché crede in qualcosa, non sceglie dei valori per aver deciso di credere in essi. Il relativista non crede in niente. Egli compie delle scelte perché si ritrova in questo mondo (e ora non venite a dirmi che egli ha fede di trovarsi in questo mondo: no, non ha fede in questo, è solo una sua percezione, tutta dubitabile), ha un passato, ha dei condizionamenti, un DNA, degli istinti, si è fatto una cultura, ha delle sensibilità umane, vive in una società; in mezzo a tutte queste situazioni prova a fare delle sintesi e alla fine dice "Oggi scelgo questo valore, decido di lottare per questa cosa, domani continuerò a riflettere e vedrò se sarà bene proseguire o modificare qualcosa". Il relativista è una persona, un essere umano, con delle spinte interiori, non è un programma per computer in cui sta scritta la formula "tutto è relativo". Per quanto riguarda buono o cattivo uso della metafisica, l'assolutismo non è totalitarismo. Il metafisico può decidere di non essere totalitarista, ma non può decidere di non essere assolutista, perché la metafisica è per definizione proprio assolutismo: assoluto significa una verità slegata, indipendente dalla mente umana, cioè oggettiva. Un sinonimo di metafisica è realismo, cioè stabilire che esiste una realtà al di fuori del nostro cervello, stabilire che tale realtà non è un nostro sogno, ma esiste autonomamente, anche quando non pensiamo ad essa, e continuerà ad esistere anche dopo che noi saremo morti. Questa è metafisica. Come tanti di voi avete evidenziato, il metafisico non può essere uno che si fa i fatti suoi, poiché una delle cose più importanti a cui egli tiene è l'ordine nella società, un ordine possibile proprio grazie alle verità metafisiche, che secondo lui sono riconosciute da tutti e dovrebbero essere da tutti riconosciute con maggiore consapevolezza di quanto avvenga oggi. Perciò il metafisico non può fare a meno di trasmettere, anche implicitamente in tutto ciò che dice e fa, anche senza che lui stesso se ne accorga, l'idea che è bene aderire alle verità metafisiche affinché l'andamento della vita sociale proceda ordinato. Anche il relativista trasmette, più o meno implicitamente, più o meno consapevolmente, le sue posizioni. Egli però continua sempre a lavorare su se stesso, perché egli non ha fiducia nelle proprie idee, cerca sempre altro, desidera progredire, non è mai soddisfatto; in questo senso il relativista è in continua sofferenza, perché non si sente mai arrivato. Invece il metafisico si sente confortato dalle verità metafisiche, che ormai sono stabilite, sono un punto d'arrivo definitivo e non richiedono di essere messe in dubbio. È in questo senso che relativismo e metafisica hanno forti implicazioni psicologiche: la metafisica va bene a chi cerca conforto, ristoro, tranquillità, idee sicure; il relativismo può essere seguito solo da chi è disposto a perenne irrequietezza, continue sconfitte, un continuo essere su strada senza mai poter avere chiarezza su quale sia la destinazione. Il problema è che la tranquillità ottenuta dal metafisico viene sempre raggiunta, per quanto sembra a me, a spese di qualcun altro, così come tutte le tranquillità e tutto il benessere dell'Occidente sono dovuti in gran parte al sangue e all'oppressione esercitati in passato su popolazioni che poi ci interpellano sotto forma di migranti.

Non capisco perché l'uso della parola 'fede' ti disturbi tanto ( un'autentica allergia si direbbe... ;D ). Non lo stavo certo usando in senso religioso, ma solo di 'fiducia' , che può essere temporanea, suscettibile di mutare, di cambiare, di perfezionarsi, ecc. proprio in quei valori , ancorché 'relativi'  per cui tu stesso affermi che l'uomo che si autodefinisce relativista combatte.
Il lottare per dei valori personali o il lottare per dei valori trasmessi, è un'azione che implica perlomeno un certo grado di 'fiducia' in quei valori. O si lotta così, giusto per passare il tempo?... ???
Sul discorso che, colui che si autodefinisce relativista, "lavora su stesso", "desidera progredire", ecc. mentre gli altri non lo fanno e accettano supinamente le opinioni altrui per cercare conforto, che invece l'impavido relativista disprezza, non posso che obiettare che nessuna persona che non sia un somaro ( certo non un somaro come Anselmo...) non si pone dei dubbi che lo spronano a progredire e migliorare. Se molti pensano che il farlo all'interno di un 'sentiero' già tracciato da altri sia più funzionale al proprio progresso personale, perché il soggetto che si autodefinisce relativista trova da obiettare? Anche lo scegliere un 'sentiero' è un atto personale, di 'fiducia' personale. Sul fatto che il sedicente metafisico sia tranquillo è un tua rispettabile opinione, ma io non vivo affatto la mia 'misera' vita in modo pacifico,anzi mi sento sempre qualcosa che mi punge da qualche parte... ;D
Se posso permettermi, mi sembra che stai veramente estremizzando e radicalizzando le varie posizioni. Un pò di sano relativismo fa bene, secondo me anche un pò di sana fiducia fa bene. Ma sempre, di tutto, un pò. Se si mette troppo sale, o troppo zucchero, la torta risulta sgradevole...
#1299
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 23:45:07 PM
Citazione di: Phil il 08 Marzo 2017, 23:02:48 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 22:13:17 PMNon ho affermato che il relativismo sia la causa , ho detto che è funzionale al sistema , che è un'altra cosa.
Lo avevo notato, ma mi pare che sia solo il relativismo "spento" e apatico a essere funzionale alla massificazione; attenzione a non buttare via anche il bambino con l'acqua sporca! ;D In fondo, quando un relativista si veste di luoghi comuni (come ricorda Green Demetr) e cerca di uniformarsi per farsi trasportare dalla transumanza del gregge, perchè non si fida più nemmeno della sua stessa opinione (come osservi tu), possiamo ancora definirlo relativista? Se si arrende agli stereotipi e ammutina la sua stessa opinione, che relativista è? Lo spaesamento nichilistico (non relativista!), una certa "pigrizia" e il desiderio di "fare gruppo" possono di certo portare all'omologazione, ma, come osserva Angelo, a questo punto siamo già fuori dal relativismo pensante... se il sedicente relativista fa il gregario in modo acritico e non mette in dubbio i messaggi mediatici che gli grandinano addosso, significa che è diventato principalmente qualunquista, conformista, standardizzato o altro (e non sono mica malattie... ma non sono neppure relativismo!). Per questo insinuavo che non sono poi molti i relativisti "autentici" ;)

Sì, ma non è che una rondine di relativista "autentico" faccia primavera nella massa degli spenti e apatici, fermi ai lati della strada dorata in attesa di aggiungersi alla transumanza... :D ( ma poi...'autentico' relativamente a che cosa?...)
E' difficile avere la forza di difendere la propria opinione, contro l'opinione comune, se non hai 'fede' nella tua opinione. A questo punto io ribalto la questione: può dirsi relativista uno che ha fede nella propria opinione ( almeno una fede 'sufficiente' a difendersi dall'opinione altrui) tanto da, come scrive Angelo:
voler combattere per qualcosa...la voglia di condividere con altri valori per cui lottare.?
In questo caso cosa lo distinguerebbe da un non-relativista che abbia voglia di combattere e condividere con altri dei valori per cui vale la pena di lottare? Per es. un credente in qualcosa?
Al di là dei sofismi, intendo... ;)
E cosa significa "valori per cui lottare"? Valori storici? Convenzionali? Mi risulta nebuloso ...sarà l'ora e il sonno  :)  
#1300
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 23:12:52 PM
La migliore definizione di relativismo è quella di Assolutizzazione Unilaterale di uno dei due poli ( in correlazione essenziale) di Assoluto e di Relativo. (Costanzo Preve).

Ho trovato interessante questa definizione perché il relativismo, in sè, non esiste. Il termine stesso "relativo" implica una correlazione con qualcos'altro. Infatti abbiamo il relativismo culturale, il relativismo etico. , il relativismo morale,ecc. Se si tratta di una critica per...è una faccenda seria; se è una posizione a priori, no. In questo caso mi diventa una sorta di dogmatismo laico .
Tra l'altro Angelo sostiene che il relativismo si oppone alla metafisica ma mi sembra che l'opposto del relativismo non sia la metafisica ma l'assolutismo, che è cosa diversa ( diciamo il cattivo uso che si fa della metafisica, come si può fare cattivo uso della critica relativista, come ammette lo stesso Angelo...). Infatti: 

Sì, c'è anche questo, ma ciò non rende giustizia alla serietà di cui è capace un relativismo che sia davvero non metafisico.

Allo stesso modo bisogna riconoscere lo stesso grado di serietà ad una metafisica che non sfocia in nessun assolutismo...di più , anche ad ogni forma di assolutismo che non abbia la fregola di rivendicare la necessità di imporsi come pensiero unico.
#1301
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 22:13:17 PM
Citazione di: Phil il 08 Marzo 2017, 17:59:18 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 09:38:29 AMcome giustamente sottolinea Green Demetr [...]: MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo. [...] Se invece mi dico:"Va bè, tanto... è tutto relativo..." finisco velocemente ad entrare in una concessionaria per ordinare il SUV... E' un pò quello che scrivevo sopra: ossia della stretta connessione, nella prassi, tra il relativismo e il modello capitalistico della società. Il pensiero relativistico è perfettamente funzionale a questo modello di vita.
Concordo sul non demonizzare i metafisici (e nemmeno i dogmatici), perché non necessariamente sono individui mentalmente chiusi o con pretese di egemonia sul prossimo; tuttavia il binomio relativismo/omologazione mi lascia perplesso... e ancor più quello relativismo/capitalismo. Forse può essere utile indagare il rapporto fra relativismo e società attuale, triangolandolo con la tecnologia: siamo sicuri che l'omologazione vada a braccetto con il relativismo, oppure è uno dei risultati della iper-comunicazione abilitata dalla tecnologia? La tecnologia serve al capitalismo forse meno di quanto il relativismo, con la sua selva di opinioni, favorisca la finanza attuale? Non direi... Il relativismo, in quanto tale non omologa (sarebbe contraddittorio!), ma apre alla pluralità delle opinioni fai-da-te; la tecnologia, invece, se assume le vesti della comunicazione di massa, tende a omologare e appiattire le opinioni (e di conseguenza le prassi). Non è che, abbagliati dalla coincidenza della "sincronia storica", stiamo dando al relativismo una colpa (senza entrare nel merito se lo sia o meno) da imputare alla tecnologia? L'annichilimento tecnologico delle coscienze (se lo riteniamo tale) è coevo del relativismo, ma sarei cauto nel vedere una causalità fra i due: tecnologia e relativismo non sono parenti stretti (anzi, in ambito "commerciale" una invita a seguire delle mode comuni, impone dei bisogni indotti, etc. l'altro invita a riflettere, dubitare con la propria testa...). Proviamo poi a pensare, per assurdo, se l'attuale tecnologia di comunicazione pervasiva fosse stata disponibile nei secoli scorsi: non avrebbe prodotto un'omologazione ancora più radicale? Inoltre (e senza usare la fantasia) siamo sicuri che oggi si sia davvero più omologati di ieri? I nostri nonni e i nostri avi, non vivevano forse in una società in cui troneggiava l'alternativa: omologazione ai valori vigenti e adattamento forzato, oppure emarginazione-eliminazione (almeno quanto oggi)? In cosa la famigerata omologazione di oggi è maggiore di quella di ieri? Siamo poi davvero sicuri che questa sia l'epoca del relativismo? Ognuno di noi può guardarsi in giro e chiedersi quanti relativisti conosce o vede... sono davvero la maggioranza?

Non ho affermato che il relativismo sia la causa , ho detto che è funzionale al sistema , che è un'altra cosa.  Una societa capitalistica basata sulla creazione continua di bisogni da soddisfare e da imporre alle masse, "martella" un'opinione che finisce per essere condivisa da tutti, perché l'individuo, isolato e frammentato, non può opporre che opinioni 'deboli', relative, al quale lui stesso in definitiva non crede e alla fine, tra la scelta tra un'opinione personale debole e un desiderio ' forte' da soddisfare e che lo fa "includere" e accettare dal gruppo sociale( creato e imposto dalla società delle comunicazioni) sceglie quasi sempre il secondo, e lo vediamo.
#1302
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 09:38:29 AM
Se potessimo sostituire il termine 'relativizzare' con quello che a me appare più "creativo" di 'dubitare', non potremmo fare un passo in avanti? Infatti , come giustamente sottolinea Green Demetr ( a proposito...guarda che il buon vino è fatto per essere condiviso, non me lo ciuccio tutto io! ;D) :


MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo.


Quando la prassi è semplicemente convenzionale e storica si ottiene il pensiero unico e la perfetta omologazione. Tutti si illudono di fare quello che vogliono, in realtà alla fine fanno tutti la stessa cosa e inseguono gli stessi obiettivi ( fare soldi e calpestare il prossimo...). Se invece la prassi diventa il 'dubitare' c'è qualche speranza ( piccola invero, ma almeno c'è...) che si arrivi anche a dubitare che il modello convenzionale e storico sia quello giusto ( non giusto in senso morale, che vi vedo allergici al solo termine, ma giusto nel senso di realizzazione dell'essenzialità umana). Se dubito riesco ancora a discutere ed arrabbiarmi con me stesso e con il mondo. Se invece mi dico:"Va bè, tanto... è tutto relativo..." finisco velocemente ad entrare in una concessionaria per ordinare il SUV...
E' un pò quello che scrivevo sopra: ossia della stretta connessione, nella prassi, tra il relativismo e il modello capitalistico della società. Il pensiero relativistico è perfettamente funzionale a questo modello di vita.
Per questo (come ho tentato di spiegare in "Mondi dell'utopia") bisogna sforzarsi di pensare alternative da costruire nel concreto del vivere e questo sforzo, piaccia o non piaccia il termine, è una forma di metafisica, di ricerca di qualcosa di più  'vero' ( o più 'essenziale' se il termine 'vero' dà fastidio...).
#1303
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
07 Marzo 2017, 23:57:26 PM
Citazione di: Phil il 07 Marzo 2017, 22:38:41 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PMNon capisco perché si faccia l'equivalenza metafisica= imposizione della propria volontà agli altri ??? . Se parliamo di dogmatismo sono d'accordo , ma è logica l'equivalenza metafisica=dogmatismo?
Credo che né la metafisica né il dogmatismo comportino necessariamente l'assoggettamento degli altri (non sempre, intendo), mi pare sia soltanto un rischio dell'approccio metafisico (e quale approccio non ne ha?), ma non è una sua caratteristica essenziale, semmai un effetto collaterale (che magari si è verificato spesso nella storia, ma ciò non significa che sia necessario all'approccio metafisico in sé, o ad ogni dogmatismo in quanto tale).
Citazione di: Sariputra il 07 Marzo 2017, 20:42:44 PMIo sono credente, tu sei relativista, egli è juventino, noi siamo gay, voi siete stolti, essi sono santi...non sarebbe leggermente più 'saggio' ( è ancora valida questa parola?... :-\ ) essere semplicemente Phil. Angelo, Sari, ecc.?...
Il relativismo, come tutti i "pensieri deboli", è forse l'approccio che più è individuale, personalizzabile, cangiante... dire "sono relativista" significa semplicemente indicare all'interlocutore che la propria visione del mondo è relativa allo spazio e tempo attuali, senza un codice di riferimento o capisaldi autorevoli che rendano stabile o rigidamente strutturata la propria prospettiva... per me, la differenza fra il metafisico e il relativista è che il primo dice "sto seguendo le indicazioni di un percorso", mentre il secondo si limita a uno scanzonato "sto curiosando in giro", con tutta l'incertezza e l'impermanenza che ne conseguono...

Quello che io non condivido del ragionamento di Angelo è quello di definire colui che "sta seguendo le indicazioni di un percorso" una specie di monolite che non mette, e non si mette, mai in discussione. In più che vuole imporre agli altri di seguire il suo stesso percorso. Ora sappiamo benissimo che anche seguendo un percorso si getta lo sguardo di qua e di là, e mentre ci s'incammina si "curiosa in giro". Il seguire un percorso significa anche verificare di persona che può portare ad una... 'strada sbarrata, divieto di transito, proprietà privata'. Allora si cerca un altro sentiero per raggiungere la meta ( la propria meta ovviamente...). Ci sono quelli che vagabondano nel bosco dilettandosi di cercare fiori o funghi e canzonando quelli che seguono un percorso, urlandogli dietro:" Non c'è alcuna meta!" nel mentre che sono tormentati da ogni tipo di insetto che popola il sottobosco...
Ma il seguire un percorso non è già in sé la meta? ::)
#1304
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
07 Marzo 2017, 23:00:16 PM
1)Il metafisico crede nell'esistenza oggettiva di una verità;
Questo non impedisce che il metafisico sia disposto a cambiare la sua idea di verità con un'altra che gli si palesa più soddisfacente. Es. Agostino non crede in nulla , poi cambia e crede in una data verità.      
   Continuamente i dubbi lo tormentano.
2)a questo punto, il metafisico non può fare a meno di considerare il riconoscimento di tale verità un bene;
Non necessariamente. Molti asceti hindu passarono la loro vita nascosti in qualche caverna sull'Himalaya...
3)di conseguenza, non può fare a meno di considerare un bene che anche tutti gli altri riconoscano tale verità;
Può pensare che sia un bene che anche gli altri conoscano tale verità, ma non necessariamente sentire il desiderio di imporla.
4)di conseguenza, si riconoscerà in dovere di indurre tutti gli altri a riconoscere tale verità;
Come sopra.
5)il metafisico non può aver fatto a meno, nella conoscenza di tale verità, di usare il proprio cervello;
Nulla si può pensare senza usare il pensiero.
6)di conseguenza, la conoscenza di tale verità è inesorabilmente dipendente dalle strutture mentali del metafisico;
Che poco si conoscono e di cui in definitiva poco si può dire.  Ma il fatto che in questo momento stiamo discutendo dimostra che abbiamo qualcosa in comune.
7)di conseguenza il metafisico, nel tentare di indurre gli altri a conoscere e seguire la verità, non potrà fare a meno, che egli lo voglia o no, anche eventualmente in totale buona fede, di tentare di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali di cui egli si è servito per conoscere la verità.
 Anche il relativista non può che servirsi delle stesse strutture mentali per dichiarare come relative le 'verità' del metafisico. Anche lui può sentire il desiderio di convincere che il pensare relativo è preferibile   a quello metafisico. Non si spiega altrimenti perché tenti di spiegarlo continuamente.
In conclusione, il metafisico, che lo voglia o no, che se ne renda conto o no, non può evitare la tentazione di cercare di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali che ha lui.
Questa conclusione è dogmatica: "non può evitare". Si deve dubitare solamente che il metafisico possa evitare la tentazione, ecc.
Anche il relativista tenta di indurre gli altri ad adeguarsi alle strutture mentali che ha lui, ma lui lo fa con la consapevolezza che il motivo è solo perché gli piace, gli va di farlo;
Anche il metafisico presumo lo faccia per il piacere che prova a farlo, se gli dispiacesse non si darebbe certo pena di convincere chicchessia.
il relativista sa di non avere motivi forti per il suo desiderio di indurre gli altri a pensarla come lui;
Non ha nessun tipo di motivi, infatti deve dubitare che ci siano persino dei motivi.
il metafisico invece lo fa come un dovere che secondo lui dovrebbe diventare dovere di tutti:
Questo è proselitismo di tipo religioso. Non è metafisica. La teoria è una cosa , l'uso che se ne fa è un'altra. Un coltello può tagliare o può uccidere.
Il metafisico ha tolto a se stesso la libertà di dubitare della propria verità, di conseguenza ha tolto a se stesso la libertà di non farne propaganda.
Ma credi veramente che possano esistere persone che non dubitano della propria verità? Ti pare possibile , al di là delle posizioni "ufficiali" di facciata che si tengono nella vita? Quanti non hanno mai cambiato le proprie verità? Questo significa forse che bisogna smettere di cercare? Trovo, se mi permetti, un pò "manichea" la tua divisione.
Il metafisico ha tolto a se stesso la libertà di pensare: "Questa per me è la verità": in metafisica il "per me" non è consentito: se quella è la verità, non lo è per te, ma per tutti, che ci credano o no, senza discussioni, altrimenti non sarebbe più verità, ma solo un'insignificante opinione.
Mi sembrano, scusa ancora, tutte 'proiezioni' tue , Ravviso un'avversione profonda di tipo personale, nel quale non mi permetto di entrare. Questa però mi sembra una teoria come un'altra, non corroborata dai fatti per me, propugnata in maniera decisa, assoluta e ben poco relativa.
#1305
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
07 Marzo 2017, 20:42:44 PM
Non capisco perché si faccia l'equivalenza metafisica= imposizione della propria volontà agli altri ??? . Se parliamo di dogmatismo sono d'accordo , ma è logica l'equivalenza metafisica=dogmatismo? 
Mi sembra che sia come discutere del sesso degli angeli. Se un metafisico opera il bene per sé e per gli altri sulla base di quello che crede vero , che differenza c'è con un relativista che opera il bene per sé e per gli altri sulla base di quello che gli 'sembra' preferibile? Io non amo le definizioni. Non mi definisco mai , se posso farne a meno, non mi sono mai definito un buddhista,per es. , casomai mi sono definito inadeguato a definirmi...Vedo che altri però sentono forte questa necessità di definirsi e prendere partito ( magari mettendolo bene in vista sotto il proprio nick...). Questo lo trovo perlomeno "strano"...non si dovrebbe relativizzare anche il proprio dichiararsi ( perché poi in realtà bisogna vedere all'atto pratico se è proprio così...) relativisti?... ;D
Io sono credente, tu sei relativista, egli è juventino, noi siamo gay, voi siete stolti, essi sono santi...non sarebbe leggermente più 'saggio' ( è ancora valida questa parola?... :-\ ) essere semplicemente Phil. Angelo, Sari, ecc.?...