Citazione di: baylham il 10 Marzo 2017, 11:20:22 AMCitazione di: donquixote il 10 Marzo 2017, 10:46:07 AMSono anni che scrivo che il problema non è l'assoluto (che essendo ab-solutus ovverosia slegato è in sé e per sé e non necessita di altro che di se stesso) ma l'assolutizzazione del relativo, che a quanto pare è un concetto molto difficile da comprendere. Tutto dipende dall'assoluto ed è relativo ad esso (ovvero in relazione di dipendenza con questo), e porre come assoluto qualcosa che non lo è (sia questo la vita, il bene, l'uomo, la natura, un dio particolare, l'economia, l'uguaglianza o qualunque altro relativo) è proprio ciò che genera la violenza di doverlo imporre, dato che essendo un relativo non si può imporre da solo, determinando conseguenze disastrose. Solo assumendo il punto di vista dell'assoluto si può riuscire a comprendere tutti i relativi (e anche le relazioni sussistenti non solo con l'assoluto ma anche fra di loro) e dar loro il corretto valore senza necessità di alcun tipo di imposizione.Trovo contraddittorio che il problema sia anche la soluzione: assumere il punto di vista dell'assoluto equivale proprio ad assolutizzare il relativo.
Non si può assumere il punto di vista dell'assoluto, in quanto l' assoluto non ha punti di vista ( al massimo comprende tutti i punti di vista), ossia è Vuoto di punti di vista realmente esistenti. Attingere all'assoluto non attaccandosi ai punti di vista non è la soluzione del problema, in quanto il problema non sussiste. Il problema è una creazione del pensiero. Il problema sorge sempre dall'attaccamento ai punti di vista. Non attaccamento ai punti di vista non significa non operare per necessità di vita, ma essere consapevole che questi punti di vista sono semplicemente necessari ( per la sopravvivenza).

non parli mai della necessità, per l'esistere stesso, di un certo grado d'imposizione, in primo luogo a se stessi. Imporsi di fare qualcosa è un atto stesso dell'esistere, per cui devo necessariamente esercitare una data forza ( mentale, morale , materiale, ecc.) e una certa violenza ( pensa solo a tutto il processo della nutrizione e della sofferenza che genera negli esseri senzienti e la cui violenza che esercitiamo è necessaria per la nostra sopravvivenza...). La pietra che cade in testa non è "il male", ma "fa male". La pietra non vuole imporci nulla, è la nostra frustrazione generata dalla botta che ci fa urlare ' la vita è un male'. Non sta esercitando un ricatto, è l'Io che esplode infuriato e pensa che la realtà genera un'"imposizione sulla mia libertà di pensiero". Il problema è dalla nostra parte e non dalla parte della realtà. La realtà è la realtà, è quello che è ( che ci appare). E' l'Io nevrotico che vive la realtà come fosse qualcosa che vuole imporsi contro la sua libertà ( da che cosa poi? Da cosa vuol essere libero l'Io? Dal soffrire?). Se osserviamo questa nevrosi dell'io con distacco, con consapevolezza, non c'è nulla che può esserci imposta, nulla che può attaccarsi alla nostra libertà dalla nevrosi dell'io.

). La puoi pensare relativa o assoluta, ma se senti la necessità di imporre la tua opinione per affermarti come individualità che ha 'potere', l'effetto è lo stesso...
( ma poi...'autentico' relativamente a che cosa?...)