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Messaggi - Phil

#1306
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 17 Febbraio 2020, 17:10:43 PM
Ciao Phil,
stavo leggendo la tua "filosoficamente corretta" quando... mi sono fermato alla fine e mi sono rifiutato di leggere il finale, da quando hai scritto: "coerenza e consistenza (ma non completezza)". Scherzi a parte. Guarda questo:
https://filosofiaenuovisentieri.com/2017/05/14/teoremi-di-coerenza-e-completezza-epimenide-godel-hofstadter/
E immagina questo gioco formale...
Davvero dovrei ricordarti che la (in)completezza e la (in)coerenza di cui Godel parla si riferiscono ad enunciati particolari all'interno del sistema, i cosiddetti indecidibili? Oppure dovrei linkarti i teoremi di Godel e chiederti di correggerli con la tua "penna rossa"?
Come già saprai, in rete e in biblioteca1 trovi molto su Godel e mi sbilancio nel ricordarti che, in logica, non basta affermare qualcosa usando la simbologia formale, va anche sistematizzato e dimostrato (va bene il giocare, ma certi giochi, per essere sensati, richiedono basi come minimo solidissime; in alternativa, come suggerisce il saggio, «gioca con i fanti ma lascia stare i santi»).

1K. Gödel, Opere, a cura di E. Ballo, S. Bozzi, G. Lolli, C. Mangione, vol. I (1929-1936), Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 97 e più dettagliatamente (presupponendo una buona dimestichezza con la notazione logica) pp. 113-138; 144-145, 170-171
e
K. Gödel, Appendice agli Atti del secondo convegno di epistemologia delle scienze esatte, in  E. Casari, La filosofia della matematica del '900, Sansoni, Firenze 1973, pp. 55-56.


P.s. @altri
Per evitare fraintendimenti, credo occorra tener presente l'osservazione di Ipazia e distinguere le varie "tipologie" di verità, almeno la verità verificabile dalla verità come mistica sublimazione del Bene («io sono la via, la verità, la vita» diceva qualcuno, con buona pace della logica formale).
#1307
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 17:26:33 PM
Il problema è in effetti fra tautos ed esperienza. Ma la scienza pura e non quindi applicata inserisce tautologie e non esperienze nei paradigmi. [...] Eppure la geometria ,la logica, la matematica, funzionano applicativamente quando ad un segno tautologico applico un segno esperienziale fenomenico.
L'applicazione pratica è ciò che spesso fonda a posteriori, retroattivamente, la legittimità del paradigma, del tautos (inteso come tautologia di sistema) e del dizionario di definizioni su cui esso si fonda. Prescindendo da tale applicazione di verifica, si rischia di cadere o nella petitio principii (o altre psudo-dimostrazioni circolari e autoreferenziali) oppure nel regressus ad infinitum, che sposterebbe asintoticamente il "luogo" del fondamento.
Ci mise già in guardia lo scettico Sesto Empirico:
«Quando qualcuno afferma che si danno delle verità, presenta questa affermazione o senza dimostrazione o con una dimostrazione. Se senza dimostrazione, deve essere consentito porre senza dimostrazione anche la tesi opposta, cioè che non si danno verità. Se con una dimostrazione, chiedo: con una falsa o una vera? Se con una falsa, l'intera affermazione non vale niente. Se con una vera, domando: con che cosa ha potuto dimostrare che la sua dimostrazione è vera? Con un'altra dimostrazione? Ma così ce ne vorrebbe sempre una nuova, per cui il nostro lavoro non potrebbe mai finire» (Sesto Empirico, Contro i logici, II, 15 s.).
Se invece la verità (senza addentrarci qui nella sua definizione) si manifesta nell'applicazione del paradigma, non c'è bisogno di ulteriore verifica, perché l'esperienza (sempre entro i suoi limiti interpretativi) risolve le perplessità teoretiche. Viceversa, se per la natura del tema o della questione, è preclusa la possibilità di verifica applicativa, e ciò nonostante si aspira ad un'unica "verità", allora si innesca il conflitto fra le tautologie dei differenti sistemi interpretativi (ed una meta-tautologia che metta tutti d'accordo, sposterebbe solo il problema del "dove" sia fondata definitivamente la sua autorevole verità).
Proprio come
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 17:26:33 PM
In geometria dichiaro il punto, dichiaro la linea dichiaro un piano, costruiti i fondamenti posso con coerenza e consistenza costruire figure geometriche regolari, teoremi
parimenti in filosofia "dichiaro il noumeno, dichiaro l'intuizione, dichiaro la ragione in sé, etc. e posso con coerenza e consistenza (ma non completezza) costruire validi (≠ veri) ragionamenti interpretativi del reale" (dove «dichiaro» vale «definisco»).
Il problema applicativo di ogni formalismo resta, secondo me, la sua "compilazione", ovvero l'assegnazione dei valori (e delle esperienze, vissuti, fatti, etc.) relativi alle varie "x", "A", etc. senza tali compilazioni, la formalità non è pragmaticamente utile, pur restando una preziosa cornice di "validità teor(et)ica" (≠ verità).
#1308
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 13:35:23 PM
Severino però spiega che A= A è regola logica dell'identità ed è ETERNO
Nel momento in cui vi fu l'aporia del fondamento, attribuita se non erro a Platone, che accetta l'eterno e il divenire nasce la contraddizione.
A= nonA che è il DIVENIRE .Ed è operato dalla volontà umana poichè accetta che la VERITA'incontrovertibile e quindi eterna operi nel DIVENIre  e quindi non può più essere verità, ma opinione temporale nel divenire.
Il divenire c'è, questo è il salto fra Severino e Parmenide.Parmenide fu fermo nell'ESSERE che non può anche non ESSERE (A=A).
Accettando la contraddizione A=nonA, da Platone in poi, secondo la logica dialettica negativa di stampo severiniano, noi vivamo tutti gli essenti nel divenire come negazione .Qualunque essente che appare e scompare è negazione, in quanto NULLA può venire dal Nulla, essendo tutto eterno. Il credere quindi nel divenire segna la cultura dell'Occidente.
A lato del dualismo Parmenide-essere/Eraclito-divenire, ci sarebbe anche il terzo incomodo, Gorgia-nulla (sofistico-semantico, ontologico); "trinità" che funge a suo modo da precursore alla triade trascendentalismo/positivismo e nichilismo.
Sulla temporalizzazione delle proposizioni logiche, mi permetto di riportare quanto già scritto (molto) tempo fa:
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2016, 11:15:50 AM
per Severino "A=A" significa "A è sempre uguale ad A", ma in quella formalizzazione logica, in quanto tale, non c'è temporalità... e l'assenza di temporalità non è eternità (che è comunque un concetto, seppur radicale, riferito al tempo: dentro l'eternità è pensabile un prima e un dopo, il tempo c'è...).

Se infatti decliniamo quell'identità con il fattore tempo, diviso in momenti (t1, t2, t3...) otteniamo At1=At1, At2=At2, At3=At3... e se A è un seme [...], arriviamo ad un momento (che qui numeriamo arbitrariamente) t9, in cui At9=At9, ma stiamo parlando ormai di una pianta. E dire At9 è "il seme A nel suo nono momento" oppure è "una pianta B al suo primo momento"(Bt1), risulta, come ogni identità, sempre arbitrario, ma non per questo contraddittorio.

Per cui possiamo chiamarlo tranquillamente At9 o Bt1 senza ombra di contraddizione (il senso di una costante è attribuito a tavolino, per cui At9 = Bt1, proprio come dire "Severino = S" è uguale a "il filosofo di cui parliamo = F", ovvero S = F).

A partire da questa "confusione" (senza offesa per Severino) entriamo in una dimensione "zenoniana", paradossale e anti-esperenziale (nel senso che viene falsificata dall'esperienza) [...]

P.s. Se vogliamo leggere questa eternità severiniana come applicazione della legge di conservazione della massa "nulla si crea, nulla di distrugge", bisogna anche ricordare che il motto prosegue con "ma tutto si trasforma", ovvero con l'inconorazione del divenire come "trama narrativa" dell'accadere.
#1309
Tematiche Culturali e Sociali / Re:I social
15 Febbraio 2020, 23:02:46 PM
Credo che difficilmente possiamo non essere misura di noi stessi (come individui e come cultura); anche quando ci poniamo in una scala di valutazione che non è la nostra, è sempre nostro il modo di posizionarci (o di accettare un posizionamento fatto da altri). Il problema è che tale unità di misura (l'"io" o il "noi") cambia, cambiando di conseguenza il risultato delle sue stesse misurazioni. Se a questo aggiungiamo che la storia, con i suoi numerosi "prodotti", ci fornisce sempre nuovi "oggetti" da misurare, la combinazione dialettica fra cambiamento in fieri dell'unità di misura e cambiamento in fieri del misurato, rende l'attività di misurazione meno perentoria di quanto forse si vorrebbe (persino le unità di misura internazionali sono state recentemente ridefinite e riparametrate: fondamenti convenzionali migliorati da altri fondamenti convenzionali ma più esatti).
Il tentativo di autocomprensione "in corsa", mentre cambiamo al cambiare della tecnologia e dei tempi, da un lato lascia intravvedere alcune costanti (ataviche, inconsce, "etologiche", comportamentali, etc.), dall'altro è soprattutto la loro differente declinazione nell'attualità a richiedere di essere decifrata.
La "socialità tecnologica" è oggi luogo privilegiato di tale decifrazione, cambiando il mezzo cambiano le dinamiche  anche di attività non certo inventate oggi: il bullismo, lo stalking, l'hate speech, le truffe, etc. Per quanto riguarda invece quella categoria di medium che dà il titolo al topic, è da notare come presenti alcuni fattori di assoluta novità: tematiche come privacy, big data, diritti di immagine, revenge porn, (dis)informazione e fake news, fanno dei social media un fenomeno tanto incisivo quanto senza precedenti (come dimostra l'arrancare della legislazione in merito); ad esempio è piuttosto difficile spiegare ai nonni, volendo usare un paragone con i loro tempi, cos'è il "digital detox".
#1310
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
14 Febbraio 2020, 11:04:45 AM
Citazione di: Sariputra il 14 Febbraio 2020, 10:06:04 AM
Ma quale sarebbe poi il motivo per il quale l'uomo debba "evolversi" o "rivoluzionarsi"? Per diventare "migliore"? Rispetto a quale metro di misura? Il "progresso" ? Rispetto a cosa? Qual'è il "senso" di dover far fatica per "migliorarsi" ? Il "benessere"? E chi lo stabilisce qual'è il bene-essere? La scienza? Una statistica? Un sondaggio? Un'inchiesta? Quanto è lunga la vita? Quante volte facciamo l'amore alla settimana?Il fatto che ognuno può "godersela" come vuole? Di quante volte diminuiamo l'impronta di CO2? Qual'è il metro? Chi stabilisce l'unità di misura? E perché "andare avanti" invece che "tornare indietro" o "stare fermi"? Perché si sta meglio? Rispetto a cosa? E chi sta "meglio"? Rispetto alla "natura"? Ma chi stabilisce che alla natura interessi il bene-essere ? L'"umanità"? Il socialismo? La religione? Perché lo pensa mio cugggino? Perché così fan tutti? Perché "non lo so ma mi adeguo"? Perché ho visto, fuori in strada, tutti correre e corro anch'io? Perchè l'han detto gli intelligenti? Perché al telegiornale lo dicono? Perché è "giusto"? E chi stabilisce che è "giusto"? E perché lo stabilisce lui cos'è "giusto"? Perché è un filosofo? Un prete? Uno scienziato?Un politico? E perché loro sanno cos'è "giusto" per me e io non lo so?Perché è l'"evoluzione"? Perché è il tempo? Perché non ho tempo per pensarci da me stesso? Perché è faticoso ed è meglio che ci pensino gli altri? Perché non sono "all'altezza"? Perché "è così da sempre e non puoi farci niente"? Perché sono un dalit?...
Tante domande senza risposta...
Ma sono sicuro che arriva di certo qualcuno per darmi la sua... ::)
«Un monaco chiese a Hsiang Lin: "Qual è il significato della venuta del Patriarca dall'occidente?".
Hsiang Lin disse: "Sedere a lungo diventa faticoso".»
(da La raccolta della roccia blu)
#1311
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
13 Febbraio 2020, 23:15:56 PM
Proverei a coniugare due spunti sulla "rivoluzione":
Citazione di: iano il 13 Febbraio 2020, 18:04:42 PM
Una rivoluzione filosofica puo' nascere da un cambio di prospettiva indotto da cosa?
Citazione di: Ipazia il 13 Febbraio 2020, 17:10:29 PM
si comincia a sentire odore di rivoluzione filosofica: epistemologia come metafisica alla base di una semantica attuale (e actual) del mondo.
Per me l'urgenza filosofica è sempre contemporanea: nel '900 la richiesta di senso sull'altare filosofico riguardava il ruolo della tecnica, la guerra, l'economia, le religioni (al plurale), etc. adesso tale richiesta interroga anche sulle tematiche di internet, della globalizzazione, del virtuale, etc. mentre la tecnica manda robottini su Marte e la scienza gioca con gli acceleratori di particelle, probabilmente la filosofia è "fuori tempo" se si intestardisce nel progetto, in lingua "esoterica", di (dis)spiegare l'Essere o trovare la regola aurea della Verità.
I ragazzi che alle superiori studiano un po' di chimica e fisica, inevitabilmente vedono la filosofia come onanismo astruso, «con o senza il quale tutto resta tale e quale», oppure come letterario progenitore della psicologia e della sociologia (il che non è totalmente errato). Certo, non è per loro che il ricercatore dipana saggi di filosofia (per fortuna), ma i loro commenti possono essere comunque un utile monito di "non snobbare il tablet per amore della pergamena".
Senza scomodare il concetto di «rivoluzione» filosofica, basterebbe secondo me quello di evoluzione, nel senso di "tenere il passo" con l'attualità per come appare nel "gazzettino dello zeitgeist", senza negarsi persino qualche scommessa sul futuro.
#1312
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
13 Febbraio 2020, 14:21:30 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2020, 13:39:43 PM
Ma non si può pretendere da questa discipline una 'dimostrazione scientifica' delle loro riflessioni, convincimenti, capacità di studiare un 'senso' all'esperienza soggettiva del vivere, ecc.
Se si 'pretende' una risposta scientifica è come pretendere dall'imbianchino che aggiusti il tubo al posto dell'idraulico...
Attenzione al pregiudizio che TUTTO deve essere scientificamente dimostrato. E SOLO scientificamente.
Non credo di aver avanzato quella pretesa, né aver sostenuto quel pregiudizio (piuttosto sono sostenitore del nesso filosofia-esistenzialismo-estetica).
Il mio invito è proprio affinché ognuno faccia il suo mestiere, senza confonderli: non mi aspetto dai filosofi dimostrazioni scientifiche, come non mi aspetto dagli scienziati orizzonti di senso esistenziale. Auspico solo che, così come gli scienziati abbandonano un'ipotesi perché falsificata dai fatti, parimenti i filosofi abbandonino la speculazione su un concetto quando esso non ha più senso né referente (come nel caso dell'"oggetto in sé" nel 2020). Si tratta comunque di un auspicare basato su gusti personali, non mi erigo certo a timoniere della ricerca filosofica mondiale.

P.s.
Il nesso differenziale fra «cedevolezza» e «mettersi in discussione» meriterebbe una apposita seduta di riflessioni, ma in questo topic siamo "seduti su un'altra sedia"...
#1313
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
13 Febbraio 2020, 13:06:49 PM
En passant, segnalo questo articolo che ci suggerisce come potrebbe impiegarsi una filosofia contemporanea che voglia scrollarsi di dosso la polvere, ma non la memoria, della sua stessa biblioteca.
#1314
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
13 Febbraio 2020, 12:29:27 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2020, 09:53:07 AM
Senza nemmeno parlare della partecipazione probabile di questo riflesso condizionato al « malessere nella nostra civiltà », bisogna sottolineare che esso lascia perdere degli interi aspetti della nostra condizione e del nostro ambito di vita.[/i]
(Michel Bitbol)

Lasciar perdere interi aspetti della nostra condizione e del nostro ambito di vita. [...] Il non trascurare l'ambito "intero" della vita di persone incarnate qui e ora è allora campo d'indagine per la filosofia,
Credo che l'apparente ambiguità di tale "interezza" sia la chiave di volta dell'autocomprensione (o autosmontaggio, autodiagnosi, etc.) della filosofia: «lasciar perdere interi aspetti della nostra condizione»(Bitbol) non equivale a «trascurare l'ambito intero della vita di persone incarnate qui ed ora»(Sariputra). Che l'idraulico "lasci perdere" la pittura delle pareti, perché riconosce che non ha gli strumenti per occuparsene, non comporta che l'imbianchino, partendo dalle pareti, debba poi occuparsi anche di idraulica, soprattutto se può farlo solo disegnando tubi e rubinetti con mirabile trompe l'oeil... l'acqua disegnata non è l'acqua reale (il mirabolante oggetto in sé dei filosofi, non è l'oggetto fisico, chimico, quantistico etc. degli scienziati).
Finché la filosofia non accetta che alcuni suoi "temi classici", sono stati da tempo non risolti, ma decostruiti e riformulati e analizzati da altre discipline, continueremo a dipingere "rivoluzioni filosofiche" (ad esempio partendo dall'assioma indimostrato che il noumeno esiste); nel frattempo, il versante soggettivo viene studiato dalla neuroscienze e quello oggettivo dalla chimica, fisica, etc.

Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2020, 09:53:07 AM
la riflessione esistenziale, la spiritualità che non trascurano l'importanza di comprendere l'oggetto, ma vedono pure le necessità del soggetto 'incarnato' che cerca un senso al suo essere "gettato nel mondo e averne dolorosa coscienza"...
Questo è l'ambito in cui mi pare abbia più senso la riflessione filosofica (per adesso), soprattutto quando/se riconosce che l'importanza di comprendere l'oggetto in sé può acquisirla con "copia e incolla" dalle scienze che se occupano meglio di lei.
Mi pare che la filosofia, soprattutto quella classica, per sua "natura", sia un po' restia all'umiltà e a lasciare la presa dai suoi feticci; in questo la scienza è esempio di ragionevole cedevolezza: quando un'ipotesi viene falsificata o un paradigma non funziona più, lo si abbandona (in filosofia parliamo talvolta ancora il "metafisichese" di Platone e pur di non abbandonarlo, cerchiamo improbabili "sincretismi" con le lingue dei saperi contemporanei).


P.s.
L'oggetto in sé, filosoficamente, appartiene all'ontologia; mi sembra che qui si stia passando gradualmente alla semantica e alla semiotica (uso delle parole rispetto alle "cose").
#1315
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
12 Febbraio 2020, 22:37:08 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Febbraio 2020, 16:53:26 PM
c'è il piccolo scienziato che, quando gioca, ti smonta il carro armato indifferente alle tue proteste, e c'è il piccolo filosofo che si domanda che डिक  di senso ha giocare con il piccolo scienziato, se è noiosissimo, non gli importa un fico secco del gioco, e ti smonta tutti i tuoi giocattoli per vedere come funzionano.
[...]In fondo cosa si regala al piccolo scienziato? I Lego ovviamente...
Eppure, parlando proprio di smontare giocattoli e di costruzioni Lego, c'è una corrente filosofica chiamata decostruzionismo, che nel novecento (e dopo) ha avuto una sua risonanza, piuttosto trasversale e interdisciplinare. Anche fare il rompiscatole/rompi-giocattoli può avere talvolta una sua valenza filosofica (oltre che epistemologica).
Ci sono indubbiamente filosofi che giocano senza sentire il bisogno di curiosare dentro i propri giocattoli, che preferiscono stare al gioco senza volersi "addentrare" in tutto quello che c'è in gioco, che non violano la struttura dei balocchi perché poi potrebbero non saperli rimontare (o li scoprirebbero meno portentosi di quel che sembravano); nondimeno, anche lo "smontare per capire", profanando la sacralità del feticcio (sia esso l'Essere, il noumeno o altro), è oggi considerato un gesto filosofico (non il solo possibile, ovviamente).
#1316
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
12 Febbraio 2020, 16:20:19 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Febbraio 2020, 14:59:59 PM
La "sedia" è "in sè" una sedia proprio perchè è "anche non-sedia" (un aggregato di infiniti non-sedia. Epperò  è anche esistente come sedia, visti i lividi e gli ematomi sulla schiena).
Il fatto di essere "anche" non-sedia permette infatti il divenire della sedia. Come permette il divenire dell'uomo e del cane. Infatti se fosse solo "in sè" non potrebbe divenire. Sarebbe "sedia" cristallizzata, in eterno...
Tutto questo però è "il gioco sullo schermo". "Chi" sta guardando il film? Infatti c'è sempre l'osservatore dell'"in sè" della sedia, dell'uomo e del cane...
Alludevo esattamente a questo: «l'osservatore è misura di tutte le cose», nel senso che le concettualizza; il che non significa che tali concetti non abbiano una qualche corrispondenza reale e un qualche fisicità, ma solo che tale corrispondenza trova definizione e "senso" per l'osservatore, che concettualizza l'"in sé" dell'oggetto secondo i suoi mezzi, quindi sempre come un "per lui". D'altronde, posso rompere la sedia sulla schiena di qualcuno anche senza averla concettualizzata come sedia, mi basta sia un aggregato di materia a misura d'uomo.
Ad esempio, se vado oltre i miei nudi limiti percettivi, alcuni strumenti mi spiegano che esistono anche i virus, e sulla loro schiena non ho sedie abbastanza piccole da rompere; inoltre, verosimilmente, quello che io chiamo «sedia» per quel virus è invece un "pianeta". Parimenti, per riconoscere che il sole (o meglio, quell'aggregato circoscritto secondo i sensi umani che così viene chiamato) è giallo, devo fare un discorso fra umani, tutti dotati del concetto di "giallo", tuttavia posso anche ricordarmi (come suggerisci) che il giallo-in-sé sia solo questione di capacità elaborative del sistema percettivo umano, tanto quanto l'identificazione del sole è basata su criteri umani, così come lo scottarsi è basato su differenza termica rispetto al corpo umano, etc.
Ovviamente, essendo umani ragioniamo da umani, ma con un piccolo sforzo di "proiezione" possiamo essere consapevoli di quanto l'antropocentrismo, prospettico e percettivo, sia vincolante nella nostra concettualizzazione del reale, che ci sembra "a misura d'uomo" solo perché quello siamo (quindi, secondo me, postulare un'"oggetto in sé" che sia meta-umano, è un vecchio vezzo filosofico, mentre la scienza sta già affondando da tempo le "umane mani" nel reale senza farsi però troppe... congetture meta-umane).
#1317
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
12 Febbraio 2020, 13:07:29 PM
Credo (correggetemi se sbaglio) che stando alla teoria degli "in sé", dovrebbero esserci un granellino-in-sé, sopra una sedia-in-sé, appoggiata su un pavimento-in-sé e composta da uno schienale-in-sé, gambe-in-sé, feltrini-in-sé, etc. a dimostrazione di come l'"in sé" sia un trompe l'oeil concettuale, l'irraggiungibile "terra promessa" del flaneur metafisico che non si accorge che l'identificazione (A=A) è un'attività mentale che divide arbitrariamente la realtà a seconda della "messa a fuoco", consentita dai sensi o dagli strumenti dell'uomo (lo stesso "in sè" di me, ovvero il mio "io-in-sé" potrebbe essere scisso atomicamente in qualia, pensieri, etc. o essere considerato mereologicamente nel suo insieme, "persona"). 
Una certa prospettiva (innominabile) insegna che l'"in-sé" è solo il "per-me" congetturalmente distillato dalle elaborazioni/mediazioni del soggetto, quindi l'"in-sé" è un nulla, perché tolta la concettualizzazione attuata dal "per-me", l'"in-sé" non sussiste "per-sé" (ovvero i concetti non esistono se non c'è qualcuno che li pensa, non me ne voglia Platone, e la realtà fuori dai concetti non è fatta di divisioni concettuali, essendo reale e non, appunto, concettuale).

P.s.
Per una lectio magistralis sulla "sedialità", potete andare al minuto 2:37 di questo video.
#1318
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
12 Febbraio 2020, 00:03:23 AM
Citazione di: viator il 11 Febbraio 2020, 22:10:33 PM
A questo punto però mi accorgo anche di averti-avervi risparmiato le mie - come al solito balzane, criptiche e sintetiche - definizioni di causa e di effetto (i quali due ad opinione o nozione di molti di voi non avrebbero nulla a che vedere con l'essere ed il divenire) :

  • causa : lo stato del mondo precedente una sua qualsiasi trasformazione:
  • effetto : lo stato del mondo successivo a una sua qualsiasi trasformazione.
Queste definizioni mi hanno fatto venire in mente, per associazione di idee, una fallacia (errore logico) chiamata «post hoc ergo propter hoc» ovvero «dopo di ciò quindi a causa di ciò», fallacia che consiste nel confondere la consecuzione temporale con la conseguenza causale. Stando alla definizione proposta si rischia infatti di tradurre «x è causa di y» con «x è lo stato del mondo precedente la sua trasformazione in y»: se è vero che le cause precedono sempre i rispettivi effetti, è anche vero che lo stato del mondo prima di un evento non ne è sempre la causa. Ad esempio, se mentre digito qui un post, mi arriva una chiamata di un call center, probabilmente il mio digitare non è causa della telefonata, anche se fa parte dello stato del mondo prima dello squillo (e cessa all'accadere dello squillo); verosimilmente non è lo stato del mondo che origina la chiamata, ma solo alcuni fattori, chiamati appunto «cause». Chiaramente, questo esempio è piuttosto trasparente, ma rintracciare la giusta causa in tutti gli eventi pertinenti che precedono un fenomeno non è sempre impresa facile, per cui, secondo me, non se ne può fare solo una questione generica di "precedere la trasformazione" e di «stato del mondo».
#1319
Tematiche Filosofiche / Re:La sedia in sè
11 Febbraio 2020, 13:09:01 PM
Citazione di: viator il 10 Febbraio 2020, 21:45:30 PM
Resta il ruolo della copula, immensamente più fecondo di ogni autoerotismo se viene interpretata viatoristicamente come "la condizione per la quale le cause producono degli effetti".
L'essere come copula («è») definisce un'identità, non la condizione di un rapporto causale; il che non nega che tali identità definite siano in un rapporto causale, ma non è quello che dice l'«è» (che si occupa solo di fornire alla catena causale i suoi "protagonisti", ma questo è uno dei suoi ruoli, non la sua definizione). Definire qualcosa basandosi sul suo essere condizione di possibilità di altro, è spesso ambiguo: se (perdona la fantasiosa banalità dell'esempio) definisco il «voto degli elettori» come «ciò che rende possibile la democrazia», il mio interlocutore continuerà a non sapere cosa è davvero un voto (il sapere a cosa serve, senza sapere cos'è, non gioverà molto alla sua comprensione).
Se affermo «quello è il sito della Treccani» (dove posso trovare una definizione piuttosto condivisa di «cosa in sé») sto solo identificando qualcosa; tale qualcosa avrà certamente le sue cause e produrrà i suoi effetti, ma non è quello che dico nell'affermare «x è y». Se anche affermo «x è causa di y» sto semplicemente identificando la «x»: se essa sia «causa di y», o «effetto di y», o «sorella di «y», o altro, ciò che quell'«è» predica è un'identità (il principio di identità è non a caso l'asse portante di tutta la logica e di ogni discorso; senza le identità coinvolte, la causalità non ha significato: se non identifico prima «Tizio» e «Caio», non ha un "senso utile" affermare «Tizio è causa di Caio»).
#1320
Percorsi ed Esperienze / Re:La Grotta
10 Febbraio 2020, 12:47:18 PM
Citazione di: InVerno il 10 Febbraio 2020, 10:11:39 AM
Joker, è un altro film sul risentimento sociale. Purtuttavia anzichè esaminarlo da questa prospettiva banalotta, sarebbe più interessante notare l'evoluzione della maschera che lo rappresenta: dal giustiziere dell'ordine di V per Vendetta, alla particella del caos amorale di Joker, ci sono circa quindici anni, il film è la testimonianza che gli eroi del risentimento si sono decisamente "incattiviti", tanto da non avere più bisogno di nessuna gratifazione morale per brandire il tizzone del caos e demolire la società corrotta.
[il post seguente contiene spoiler per chi non ha visto «V for Vendetta» e «Joker»]
Fra i due noto più le differenze che le affinità, al punto che non li accosterei nella categoria "risentimento sociale" o comunque non nello stesso "percorso" di «evoluzione della maschera»: V ha una maschera (iterabile, generica), Joker è una maschera (autobiografica e personale come la "sindrome della risata"); V si oppone in un futuro distopico ad una dittatura (quasi come un "supereroe socialdemocratico"), Joker nel presente non si oppone o lotta per un principio, piuttosto cerca di difendersi nel cavalcare la sua nevrosi (ha sempre meno empatia e nessun ideale politico); V si muove in un orizzonte di senso ben chiaro, Joker è invece alla continua ricerca individuale di un senso (vedi battuta basata sul gioco fonetico di «cents»); V è mosso da vendetta sociale, Joker da vendetta personale; V si propone come cura del disagio sociale, Joker ne è il risultato estremizzato; V vuole scuotere le coscienze e riempire le piazze, per Joker (secondo me) questo è stato un effetto tanto imprevisto quanto "divertente": dalla nevrosi del ballare da solo sulle scale al narcisismo di ballare su un auto sfasciata nel caos urbano, non c'è finalità programmata (va ricordato che non è il Joker di Batman, quello folle ma comunque avido di potere, quello leader di una sua banda, etc.).
La differenza fra la "responsabilità sociale" di V e l'individualismo (ai limiti del solipsismo) di Joker sta tutta nei due "discorsi emblematici" (reperibili su youtube) e non solo nei contenuti: V "si prende" la televisione, Joker ci si trova per un colpo di fortuna; V dà appuntamento ai suoi "destinatari" all'anno successivo per la rivoluzione, Joker non si rivolge mai come "guida" al "suo" popolo.
Anche i "fuochi" con cui terminano i due film sono molto differenti: i fuochi d'artificio "catartici" osservati da una disciplinata platea popolare contro i fuochi dei roghi "anarchici" degli indisciplinati rivoltosi in una sommossa civile, molto più povera di speranza rispetto all'altra (in una c'è il successo del popolo, nell'altra il successo momentaneo dello "showman" che, a differenza dell'eroe classicamente tragico, non morirà, ma come uomo comune verrà riassorbito dal "sistema", pur continuando la sua "commedia"...).
Entrambi i film sono chiaramente mossi da un malcontento, ma la declinazione mi pare piuttosto divergente.