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Messaggi - sgiombo

#1306
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 14:49:32 PM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM
c
Dove sta allora la verità quando un teorico della conoscenza del Novecento riducendo la gnoseologia che era la totalità della conoscenza all'epistemologo come teorico solo della conoscenza cosiddetta scientifica? E il resto delle forme della conoscenza?
Indimostrabili.Questo fu l'attributo iniziale di Hume, il noumeno kantiano è un ?
CitazioneSE é per questo, a rigore sono indimostrabili (Hume!) anche quelle scientifiche di conoscenze.



Su cosa poggia allora la scienza moderna, quando non è più chiaro cosa sia oggetto e soggetto, e si è pure illuso che il linguaggio chiarisse la relazione fra uomo e mondo?
Quando Frege, maestro di B Russell, ripropone la logica proposizionale, che ricordo fu originata dalla scuola della Stoà, dagli stoici, e si illude che desoggettivando la persona, togliendoli la psiche ,un linguaggio possa funzionare, in realtà descrive allora solo parole privo del soggetto conoscitivo, dell'agente conoscitivo.
E' come dire che non conoscendo di persona Oxdeadbeef, lo conosco nella sua interezza dalle parole che fuoriescono in uno schermo? Io posso farmi un'idea di te, ma non potrò mai conoscere la tua vera identità che è intima, e già sarebbe difficile farlo di persona, "de visu". Dove è finita l'autenticità umana?
La modernità ha alterato completamente le forme della conoscenza. illudendosi che andando incontro alle cose, agli enti, sezionandoli, categorizzandoli, facendo tassonomie, classificando, noi abbiamo"preso" il mondo a nostra umana somiglianza.
Qualunque saggio di qualunque cultura ti direbbe che il mondo è dis-velamento, non è violentarlo, ma mi viene incontro, non ho bisogno di corrergli dietro per possederlo, ma mi si para davanti .Abbiamo perso l'incanto dell'incontro.Per questo ci stordisce
la verità è incontrovertibile
Citazione
Per quanto mi riguarda, sono proprio molto ben contento di aver perso l' incanto della stregoneria, delle superstizioni, dell' astrologia, delle religioni, della filosofie irrazionalistiche e idealistiche, ecc. e di avere acquisito il disincanto costituito dalla razionalistica consapevolezza dei limiti insuperabili della (possibile) conoscenza umana (grazie soprattutto a David Hume)!
#1307
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 14:41:46 PM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 12:09:52 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:53:46 AM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AMil problema è la verità in questa discussione.
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura  contemporanea.

Ciao Paul
Non la verità è incontrovertibile, ma è il "più o meno" del "luogo" dove la verità si trova ad esserlo.
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".
Questo non ritengo sia relativismo; che è semmai esattamente quello descritto dalla celebre: "non esistono
fatti, ma solo interpretazioni" (che ancora devo capire se l'ha detta Nietzsche o mo).
Quindi, io dico, esistono i fatti, sono lì da quella parte, ma non sappiamo esattamente dove.
saluti
ciao Mauro(Oxdeadbeef),
il tuo problema è Kant, come quello di Sgiombo è Hume.
Dovrei "smontare" il loro apparato di pensiero per far capire che com l'empirismo si passò alla soggettivazione del pensiero, perdendo le caratteristiche ontologiche della verità.Mi manca il tempo fisico.
Quando si passò con l'empirismo dalla sostanza e causazione alla percezione e sensazione si è passati dall'oggettivazione della realtà alla soggettivazione,Il vero scopo di Hume è "mentale", e l'errore culturale fu di pensare che le scienze sperimentali potessero "oggettivare" la realtà.
La storia ha dimostrato il contrario, mostrando la contraddizione. Perchè l'epistemologia di Popper quando celebra sull'altare della verità  la falsificazione ha soggettivato di fatto la verità, o meglio lo ha annichilita, ponendo tutto nella dimensione dell'opinione .

Non capire i passaggi è con capire cosa sta in origine alla contraddizione del pensiero moderno.
La famosa assiomatizzazione delle scienze significa manipolare i fondamenti delle matematiche, geometrie, nella logica costruire sottologiche paraconsistenti e utilizzare il termine meta (metalinguaggio, metalogica).

La verità è semplicemente incontrovertibile, la doppiezza è nel nostro tempo
Non mi interessa aver ragione ma far riflettere.Tutto  questo ha agevolato o complicato l'umana visione del mondo?

Anche a me non interessa aver ragione ma rifllettere e far riflettere.

E in particolare la mia riflessione circa quanto qui affermi é che si tratta di un fraintendimento totale della filosofia dell' empirismo, di Hume in particolare, di quella di Kant e delle successive, e di pregiudizi assolutamente infondati.

Anche a me manca il tempo fisico per argomentare.
#1308
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 14:36:07 PM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 11:56:13 AM

E' quando sostieni "PER ME peggiori.............."   PER ME migliori" che cadi in contraddizione.

Citazione

NOn vedo alcuna contraddizione nel fatto di preferire determinate tradizioni culturali o filosofiche a determinate altre (sarebbe casomai contraddittorio s e le preferissi ciascuna a se stessa o la tradizione "A" alla tradizione "B" e contemporaneamente la tradizione "B" alla tradizione "A").

Questa é semplicemente (e del tutto coerentemente da un punto di vista logico) negazione del relativismo.



La verità è incontrovertibile, prescinde da paul e sgiombo e da chicchessia.
La verità " E'  " e non è soggettivazione di punti di vista, è ontologia e come ci si arrivi è epistemologia.
Citazione

A questo proposito non posso che ribadire che:

La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.

Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.

Secondo me la verità é questione di gnoseologia (accade che la si conosca; o meno).

Invece la realtà é questione di ontologia (semplicemente accade che sia in un certo modo; o meno).

#1309
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 14:20:46 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:39:10 AM
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 09:12:11 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PM
CitazionePerò noi constatiamo (e possiamo pensare) fenomeni nel senso di "contenuti di coscienza" e non cose in sé reali indipendentemente dalle nostre esperienze coscienti.


Ciao Sgiombo
Come già ho avuto modo di dirti, ti confesso che ho non poche difficoltà a seguirti su questi ragionamenti
(probabilmente per una mia mancanza, intendiamoci).
Dunque, a me sembra che tu tenda a distinguere "troppo" fra la cosa materiale e quella immateriale ("troppo"
all'interno di questo ragionamento, non certo in generale, intendiamoci).
Come chiedeva Platone: "cosa c'è di comune fra le cose materiali e quelle immateriali, visto che di entrambe
si dice che sono?"
Riprendo degli esempi qui fatti: cosa c'è di comune fra la tastiera del pc e la giustizia, visto che di
entrambe si dice che "sono"?
Beh, oltre chiaramente ad una estensione spaziale che la giustizia non possiede, io dico che c'è molto in
comune, visto che entrambe le cose sono degli interpretati (seppur l'interpretazione della giustizia è
molto più complessa, ma qui non ci interessa).
Questo vuol dire che Berkeley ha ragione quando dice che "tutto è percepito"; perchè "percepiti" sono
senz'altro sia la tastiera del pc che la giustizia.
Da un punto di vista kantiano, che come ben sai è il mio punto di vista, sia la tastiera del pc che la
giustizia sono dei "fenomeni", cioè sono dei "percepiti" (o "segni" da un punto di vista semiotico).
Il fatto se essi esistano o meno "realmente" sarà semmai oggetto di una successiva discussione, ma non di
questa...
saluti

Infatti "intendersi" su queste questioni non é facile: non per niente in questo breve intervento ci esorti ad "intenderci" due volte, una volta impieghi il concetto di "seguire [me da parte tua] in determinati ragionamenti", un' altra quello di "interpretato o interpretazione" e un' altra ancora quello metaforico ma ben trasparente di "punto di vista".
Ma forse é proprio questo che rende la discussione più interessante.
#1310
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 14:08:03 PM
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 09:37:34 AM
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 09:22:41 AM

La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.

Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.


Il focus del problema è la verità a una dimensione della tradizione filosofica. Già con 2 dimensioni, una superficie di pari area ammette infinite forme, un'equazione di secondo grado suddivide il mitico segno della tautologia tra due soluzioni possibili. Il bailamme aumenta a 3 dimensioni e ancor più alle 4 spaziotemporali (... il divenire, che nega il presente consegnandolo al passato). Insomma la realtà è decisamente più complessa delle ingenue soluzioni degli olistici Tuttofili della veterofilosofia consolatoria.

"Tradizione filosofica" ???

Quale???

Io conosco (nel senso che so che esistono; dei loro contenuti ho nozioni ovviamente più o meno limitate o anche del tutto nulle a seconda dei casi) parecchie  reciprocamente differenti, in molti casi reciprocamente contraddittorie (o "controverse", per dirlo con Paul11) tradizioni filosofiche.
Che per me "pari non sono", anche se trovo di grande interesse e decisamente "istruttivo" anche molto di ciò che affermano quelle che ritengo in varia misura e per diversi aspetti errate e false.

Inoltre ritengo che non esista realmente solo la res extensa, con più dimensioni spaziali (e una temporale): la realtà é decisamente ancor più complessa di quanto sembreresti credere tu, implicando anche la res cogitans (che di dimensione ha solo quella temporale, e nemmeno quantificabile matematicamente, nemmeno misurabile, se non "indirettamente", riferendosi alla "contemporanea" res extensa).
#1311
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 09:22:41 AM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AM

il problema è la verità in questa discussione.
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura  contemporanea.
CitazioneBisogna intendersi sui termini usati.

La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.

Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.




citazione Sgiombo
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.

Infatti: questo è relativismo.
Citazione
NO!

Sarebbe relativismo affermare che tutte queste filosofie "per me pari sono".

Invece é realismo (e tolleranza) ammettere che ciò che di esse si ritiene vero non é l' unica e sola possibilità di risolvere i problemi trattati, obbligatoria o comunque oggettivamente inevitabile per tutti (ammettendo che esistono anche risposte che si ritengono sbagliate e false ma non per questo necessariamente -come per esempio é di fatto il caso di quelle Nietzchiane, per quanto mi riguarda) non interessanti, degne di considerazione, "istruttive").
#1312
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 09:12:11 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:20:46 PM
Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano.

Ciao Ipazia
Vuoi forse dire di conoscere l'oggetto "ab-soluto" (la cosa in sè)?
Mi risulta sia molto, molto difficile, dal momento che anche il concetto è un interpretato, cioè è un "fenomeno".
A parer mio è necessario tenere presente quanto sostiene Peirce: già il pensarlo è inserire l'oggetto pensato
all'interno di una certa catena segnica.


Citazione
Però noi constatiamo (e possiamo pensare) fenomeni nel senso di "contenuti di coscienza" e non cose in sé reali indipendentemente dalle nostre esperienze coscienti.

E pensare (linguisticamente o meno) la realtà (per conoscerla; prescindendo dal pensare in maniera deliberatamente "immaginativa", per esempio nella letteratura e nella poesia) non é far diventare l' oggetto (fenomenico nel senso -peraltro kantiano- di "apparente alla coscienza") interno al pensiero (o al linguaggio nel caso d pensiero linguistico: non é "letteralmente "inserire" l' oggetto nel pensiero e/o nel linguaggio), ma "intendere", alludere a, "intenzionare", mediante i concetti, qualcosa di diverso dai e letteralmente esterno ai concetti stessi: la loro denotazione o estensione reale (di fatto inevitabilmente fenomenica nel senso di "apparente", di presentare un "esse" che é meramente un "percipi").

Notazione "di colore": 
Discussioni come queste nelle quali personalmente concordo per certi versi con Ipazia per altri con Ox, mi sembrano le più interessanti e proficue: lasciatemi esprimere la mia soddisfazione!


#1313
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 08:59:18 AM
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 22:43:11 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Novembre 2018, 21:49:13 PM
Ma ho qualche dubbio che fosse questo che intendevi dire.
Infatti non era questo. Ma ripristinare il giusto rapporto tra significante e significato, tra segno e concetto. Ripristinato il quale le pretese conoscitive e asseverative del linguaggio mostrano tutti i loro limiti. Spostare la verità dal mondo delle idee al mondo dei segni è il solito vicolo cieco platonico. La conoscenza, intesa come ricerca della verità, sta altrove.
 


Fin qui concordo, aggiungendo per parte mia:

e non esclusivamente nella ricerca scientifica.

Non so (francamente non lo so: non é retorica, e mi piacerebbe saperlo) se e fino a che punto sia d' accordo anche tu.
#1314
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 08:27:45 AM
Citazione di: acquario69 il 10 Novembre 2018, 23:59:53 PM
...Gli animali o le altre creature non hanno questa "responsabilità" per loro non vi e' alcuna necessita di distinguere le cose, sono già integrati (inclusi) e si adeguano in maniera del tutto spontanea alla natura e al tutto...per l'uomo invece le cose vanno diversamente poiché ha facoltà di decisione e cioè scegliere se integrarsi o separarsi...ovviamente la Natura (o il Tutto inteso tale) non e' modificabile, rimane inalterato,percio dovrebbe appunto essere l'uomo a tenere sempre ben presente questo principio (ma che a quanto pare lo ha completamente rimosso, ed anzi in maniera del tutto illogica ritiene pure che sia lui a poter modificare la natura..questa si l'illusione più assurda mai concepita)

Evitiamo di giocare con le parole: l'uomo modifica continuamente la natura fino alla realizzazione di elementi (radionuclidi) artificiali e artifici tecnologici atti a vivere in modi che la natura non aveva previsto per l'homo sapiens. Quello che non modifica sono le "leggi naturali". Decise da nessun nume, fino a prova contraria.

Però gli attuali assetti sociali -letteralmente innaturali o "contronatura"- tendono oggettivamente a indurci a dimenticare l' immodificabilità delle leggi naturali (ma perché le virgolette?) e a cadere nll' hybris e nel delirio di onnipotenza (fin da bambino su "Topolino" leggevo spesso il demenziale slogan tipicamente "americanistico" ripetuto con grande convinzione dai personaggi più "positivi" <<la parola "impossibile" non esiste nel mio vocabolario>>); e se non drasticamente modificati (rivoluzionati, letteralmente) ci porteranno all' estinzione prematura e di nostra stessa mano per un difetto di razionalità comportante la pretesa di negare (anzichè "superare dialetticamente") la naturalità.

Il grande Frederch (quello buono, anzi ottimo) già in tempi di positivismo sfrenatamente ottimistico, già ci ammoniva:

"(...) l'animale si limita a usufruire della natura esterna, e apporta ad essa modificazioni solo con la sua presenza; l'uomo la rende utilizzabile per i suoi scopi modificandola: la domina. Questa è l'ultima, essenziale differenza tra l'uomo e gli altri animali, ed è ancora una volta il lavoro che opera questa differenza.
Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, imprevisti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze. Le popolazioni che sradicavano i boschi in Mesopotamia, in Grecia, nell'Asia Minore e in altre regioni per procurarsi terreno coltivabile, non pensavano che così facendo creavano le condizioni per l'attuale desolazione di quelle regioni, in quanto sottraevano ad esse, estirpando i boschi, i centri di raccolta e i depositi dell'umidità. Gli italiani della regione alpina, nel consumare sul versante sud gli abeti così gelosamente protetti al versante nord, non presentivano affatto che, così facendo, scavavano la fossa all'industria pastorizia sul loro territorio; e ancor meno immaginavano di sottrarre, in questo modo, alle loro sorgenti alpine per la maggior parte dell'anno quell'acqua che tanto più impetuosamente quindi si sarebbe precipitata in torrenti al piano durante l'epoca delle piogge [vi ricorda niente?, N.d.R.]. Coloro che diffusero in Europa la coltivazione della patata, non sapevano di diffondere la scrofola assieme al tubero farinoso. Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato."

                                                       (Sul ruolo svolto dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia)


http://www.pmli.it/engelsumanizzazionescimmia.htm
#1315
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
10 Novembre 2018, 22:12:18 PM
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 19:31:34 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef) e ciao Sgiombo,
il problema quì posto è la verità: o è incontrovertibile o è opinione.
Non si tratta di dire se una filosofia è più degna di un'altra o un filosofo, o un uomo più degno di un altro filosofo o uomo.
Si tratta di capire quale siano le vie giuste e quelle errate.

E' un errore pensare che chi ha argomentato in filosofia, sapendo che la verità non può che essere incontrovertibile, si sia fermato
agli eterni, agli assoluti, agli enti, all'essere. Ha solo interpretato e interpreta, in maniera diversa, le modalità del conoscere.
Di come si dis-vela(aletheia) la storia, la natura; non solo un cercare, ci vengono incontro.
Forse che coloro che ritengono incontrovertibile la verità, non mangiavano, non vivevano e anche morivano?
Citazione
Ovviamente sì che lo facevano (e lo fanno)
Ma secondo me sbagliano e si illudono nella ricerca della verità se pretendono che le verità siano tutte necessariamente (pena il non essere "verità") incontrovertibili: a rigore lo sono solo quelle matematiche, e logiche, i giudizi analitici a priori, che non dicono nulla su come é o meno la realtà, ma solo qualcosa sulle conseguenze che si possono e/o si devono trarre da delle premesse (sulle quali é sempre lecito il dubbio, a meno che si tratti di mere definizioni arbitrarie, puri e semplici giochi di parole).




Secondo voi, faccio un esempio pratico, i filosofi che credevano la verità incontrovertible sarebbero filo capitalisti?
Benedirebbero questo tempo umano?
Un esempio, la creamatistica nel trattato della politica e nell'etica nicomachea è un termine economico in cui Aristotele dice chiaramente che è giusta e felice per l'economia famigliare, ma non deve creare accumulazione.Credeva nel valore d'uso, e non di scambio, e secoli e secoli, molto prima degli economisti.
Citazione
Francamente non vedo il nesso fra essere sostenitori di verità metafisiche incontrovertibili (o meno) ed essere filocapitalistici (o meno): l' esperienza ci insegna (con tutti gli inevitabili limiti di "controvertibilità" che sono propri dei giudizi sintetici a posteriori) che sono esistiti ed esistono atei reazionarissimi e  fascistissimi e atei democraticissimi e comunistissimi, preti reazionarissimi e fascistissimi e preti democraticissimi e comunistissimi. 




Questo per dire che si interpreta il mondo, la propria esistenza, la nostra società, in modo diverso, a cominciare dai predicati del conoscere, del'esistere.
CitazioneScusa, ma se questo non significa che molte importanti verità sono controvetritbilissime non capisco più che cosa intenda per "controvertibilità.

Perchè poi tutti gli enti devono avere un essenza comune, un unico significato.
Citazione
Un significato ce l' hanno i concetti (definiti arbitrariamente, dotati sempre per definizione di una connotazione o intensione "cogitataiva" ed eventualmente anche di una denotazione o estensione reale; ed eventualmente indicati, "simboleggiati" da parole).
Enti ed eventi diversi dai concetti del pensiero ed eventualmente del linguaggio non hanno alcun significato ("essenza" non capisco che cosa possa significare): semplicemente sono ed accadono.

La filosofia del linguaggio, va bene, la scienza moderna va bene, è giusto anche cercare il vero e il falso, su piani, ordini, domini diversi. Ma alla fine tutto deve ricondursi ad una estrema sintesi affinchè gli infiniti ragionamenti, quanti sono gli enti ,siano coerenti, rispecchino appunto una filosofia. che permea una cultura, o avrete tante culture e  tanti uomini che riterranno "la verità a misura d'uomo", con tanti umani e tante verità. e allora non ci sarà più nè cultura, nè filosofia.
Citazione
Ma perché mai?
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.
#1316
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
10 Novembre 2018, 21:49:13 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:20:46 PM
Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano. Per cui, ripeto, la verità per via linguistica si riduce ad un corretto uso della grammatica. Insomma è meramente formale, convenzionale. Cercare la verità nel concetto è impresa assai più ardua e riesce bene solo laddove vi è una relazione biunivoca rigorosa tra significato e significante, ovvero nel linguaggio tecnicoscientifico (inclusa la matematica e le sue appendici applicative). Invece nel linguaggio etico filosofico si apre il vaso di Pandora: giustizia, libertà, bene, male, altruismo, egoismo, amore... Apriti cielo  :-\ : il linguaggio segna il passo col cerino in mano.


Ma quale "cerino in mano"?
Io mi scotto volentieri se ne vale la pena (ma non é nemmeno particolarmente doloroso, nella fattispecie)!

Il fatto che quelli di giustizia, libertà, bene, male, altruismo, egoismo, amore., ecc. sono concetti più complicati e controversi di quelli di massa, energia o campo di forze non li rende intrattabili razionalmente (e trattarli é di certo non meno interessante che trattare quelli scientifici naturali o metematici).

Si deve essere consapevoli di queste difficoltà intrinseche alle scienze umane e tenerle bene in conto, non certo ricavarne la conclusione che non convenga coltivarle.

Ma ho qualche dubbio che fosse questo che intendevi dire.
#1317
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:43:31 PM
@apeiron

Tra tanti atti di fede che facciamo, tipo prendere appuntamenti per la prossima settimana, penso che ipotizzare un mondo reale al di là di, e indipendente da, noi - e dalla nostra percezione - sia uno degli atti di fede più sensati. A tal punto che anche chi non ci crede è costretto a vivere come fosse vero. Trovandosi lui quotidianamente a fare i conti con questa antinomia. Io, almeno, me la risparmio.


Secondo me non é un' antinomia, é semplicemente un rendersi conto dei limiti delle proprie convinzioni (compreso il fatto che talune importantissime non sono fondabili razionalmente; il che a mio parere significa essere più conseguentemente razionalisti che l' ignorarlo).

Io invece trovo interessantissimo e di grande soddisfazione porsi il problema e cercarne soluzioni razionali (anche se la conclusione -sempre passibile di essere rimessa in dubbio- di queste é che non ce ne sono).

Ovviamente questa inclinazione é puramente soggettiva: c' é chi non la avverte e chi sì.
#1318
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
10 Novembre 2018, 16:10:17 PM
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 14:55:50 PM
ci vuole fede e ragione

I linguaggi seguono regole sintattiche in cui vi sono le semantiche, così la semiologia dei token e type.
La logica che vi sussiste è il sistema di regole che ci permette di descrivere correttamente il passaggio, il processo, di una percezione al concetto e stabilirne regole, leggi che ora sono concettuali.
Ma la verità non è la veridicità di un sillogismo, di un'argomentazione semiologica,di un'inferenza,ecc.
La verità filosofica è incontrovertibile,dove i linguaggi possono aiutare a seguirne il processo razionale.

Incontrovertible per la filosofia è il vero che non può mutare nel relativo fino a diventare "la verità è  a misura di uomo", scadere nell'opinione. Per cui una verità non può che essere eterna e non in ciò che diviene.
Per questo la filosofia cerca l'essenza degli enti, intese in cose, eventi che ci vengono incontro nell'esistenza.
Dalla torre di Babele dei linguaggi, dagli infiniti enti che appaiono e scompaiono, gli enti ci vengono incontro e si dis-velano nella conoscenza.Ma gli innumerevoli enti devono rispondere a loro volta  ad una  unica regola che le essenze degli enti portano all'Essere


Ho l' impressione che tu (un po' come Ipazia "dal versante" o "sulla barricata teorica" opposto) tenda indebitamente a confondere la filosofia con le filosofie platoniche - idealistiche - heideggeriane - severiniane et similia (il "tutto" con una sua parte).

Per altre filosofie non affatto meno degne di essere ritenute tali di queste la verità é di fatto per lo meno in moltissimi casi in linea di principio controvertibilissima (oltre che limitata, parziale, relativa; e in tanti altri casi ignota e magari "ignoratura"; o "ignoranda"? Insomma si può dire con certezza in molti casi: "ignorabimus", cioé sappiamo per lo meno che non lo sapremo mai).

Fra gli opposti errori (secondo me) di Nietzche e di Severino, per fortuna "tertium datur" (e anche quartum, quintum, sextum e così via indefinitamente...).
#1319
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
10 Novembre 2018, 16:02:31 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 13:31:06 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 08:23:30 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 19:06:14 PM
Se chiamo questo oggetto "tastiera" dico il vero, mentre se lo chiamo "pianta" dico il falso.Questo vuol dire che la verità non risiede nell'oggetto con cui scrivo, ma nel termine linguistico (segno) che uso per designare tale oggetto. Perchè è esso, il segno linguistico, che pone il criteriodi verità (cioè è esso che dice che "tastiera" è il vero e "pianta" è il falso).

Anche se dico keyboard dico il vero. Il vero non sta nel significante (segno), ma nel significato (concetto) e qui si riaprono le danze. E si riducono anche le illusioni di una conoscenza tutta per via linguistica.

Ciao Ipazia
Ritengo capzioso distinguere fra la parola propriamente detta e il concetto, o immagine mentale. Perchè
con il termine "segno" (semioticamente inteso) li intendiamo entrambi.
Da questo punto di vista, se dico "keyboard" dico il vero adesso, cioè in una società nella quale la
terminologia è mutata nel tempo assumendo nuovi ed inediti significati. Ma non sarei stato nel vero ieri,
cioè in una società nella quale l'uso di termini informatici e della lingua inglese non aveva ancora avuto
luogo.
In altre parole oggi è mutato il "segno", per cui la validità della definizione di "verità" che ho dato ("la
corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo segno linguistico ha posto come
criterio di verità") ritengo resti immutata pure chiamando la tastiera "keyboard".
saluti


Concordo.

Secondo me ciò che conta nei predicati circa la realtà (a proposito della loro verità o meno) non sono i simboli verbali (arbitrari, diversi fra le diverse lingue) che i vari concetti di cui i predicati stessi sono costituiti significano (nel senso che "simboleggiano"), ma invece sono le connotazioni o intensioni "cogitative" e soprattutto le denotazioni o estensioni reali (o meno).
E qui sta il punto: che le denotazioni o estensioni reali ci siano effettivamente se predicate esserci ovvero che non  ci siano realmente se predicate non esserci, oppure viceversa fa la differenza fra verità e falsità dei predicati.
#1320
Citazione di: Apeiron il 09 Novembre 2018, 19:38:52 PM
Secondo me "qualcosa" di importante viene "segnalato", per così dire, da queste filosofie ma forse questo "qualcosa" si riduce all'antinomia di cui parlavo a sgiombo, ovvero ammettere che ci sono cose che esistono in modo indipendente da noi (la Luna esiste quando non la osservo - e anche prima che nascessi e dopo la mia dipartita molto probabilmente) e ciononostante sono parte della rappresentazione/esperienza/mondo fenomenico. Chiaramente è una antinomia o un "paradosso"...
Citazione
Che secondo me si risolve distinguendo fra:
cosa in sé (noumeno; per esempio corrisponde alla mia visione della luna) che esistequando non la osservo - e anche prima che nascessi e dopo la mia dipartita molto probabilmente;
e
fenomeni (la mia visione della luna) che esistono solo quando li sento (solo quando osservo la luna).




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Citazione
La conoscenza delle sensazioni é una cosa (un fatto), le sensazioni sono altre cose (altri fatti).

"Ciò di cui si ha sensazione" può essere inteso come le sensazioni stesse (un albero che vedo), delle quali "esse est percipi", e dunque qualcosa di non indipendente (anzi: di identico) ontologicamente dalle sensazioni stesse (e dal rispettivo soggetto, se reale; anche se non solo da tutto ciò); oppure come la cosa in sé (se reale) che "si manifesta come le (corrisponde biunivocamente alle) sensazioni , ma é indipendente da esse (é reale anche e  e quando non lo sono le corrispondenti sensazioni con le quali "si manifesta" fenomenicamente) e dal rispettivo soggetto.

Apeiron

Adesso capisco la distinzione, grazie.

Ritengo che Kant sia, nella Ragion Pura, agnostico sulla cosa in sé. Tuttavia, per Kant, non è necessario chiamare in "causa" il noumeno per "rendere conto" dei fenomeni anche quando non li si osserva. Per Kant, traduco da una citazione dall'inglese "la conoscenza delle cose come effettive non richiede, certamente, l'immediata percezione (e, quindi, le sensazioni di cui siamo coscienti) dell'oggetto la cui esistenza è da conoscere " (A225/B272). Come dicevo, per spiegare l'insorgere delle sensazioni non è necessario "scomodare" il noumeno, per Kant (visto che sia le sensazioni che le cause delle sensazioni sono parti del "mondo empirico"/"mondo fenomenico"). Per lui, questo bastava per spiegare l'inter-soggettività e il fatto che viviamo in un mondo "condiviso".

Onestamente, però, credo che questo ragionamento produca solo un'antinomia, come dicevo (antinomia, peraltro interessante...).
Citazione
Ma secondo me non é così che pensava Kant.
Secondo me parlava solo della conoscenza (in generale e in particolare scientifica) del "mondo fenomenico", che abbiamo anche quando non osserviamo nel senso che sappiamo che se osserviamo in un determinato modo, allora vediamo determinati fenomeni.
La cosa in sé o noumeno é reale del tutto indipendentemente dalla realtà del mondo fenomenico e rispettivi soggetti (e secondo me anche per Kant questo ne spiega fra l' altro l' intersoggettività; limitata sua parte materiale).
Invece il "mondo fenomenico" inteso come l' insieme di tutte le realmente presenti, realmente passate, realmente future e le meramente potenziali (che accadrebbero, nel passato, nel presente e nel futuro puntualmente, inevitabilmente qualora si dessero le "opportune" condizioni di osservazione) é distinto dalle singole, particolari esperienze (presentemente in atto) vissute da ciascuno, le quali ne fanno parte (ma evidentemente non lo esauriscono), nonché da quelle passate e future (realmente tali) e da quelle meramente potenziali; e ulteriormente costituito anche da ciò che la scienza teorizza come spiegazioni di tali esperienze in quanto, almeno in un certo senso, le causano nel loro divenire -per Hume meramente postulato essere- ordinato, come molecole, atomi, particelle-onde, campi di forza, ecc. (che pure, malgrado la loro inosservabilità d fatto ne fanno comunque parte, almeno nel senso che ne sono componenti per l' appunto non direttamente percepibili ma teorizzabili per comprendere la dinamica di ciò che ne épervepibile, per conoscerlo scientificamente, calcolarlo, manipolarlo tecnicamente).





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CitazioneSgiombo:
Ma non stavamo parlando di ontologia?
Apeiron

Ho avuto un lapsus. "Trascendentale" = "conoscenza indipendente dall'esperienza" /"Empirico" = "conoscenza derivata dall'esperienza".
"Realismo" = "esistenza indipendente dall'esistenza oggettiva" /"Idealismo" = "esistenza dipendente dall'esistenza soggettiva".

Ergo, stiamo parlando di entrambe. Il "paradosso" è che per Kant l'esperienza è "costruita" dalla mente e ciononostante in questa costruzione ci sono oggetti che esistono indipendentemente dalla mente ("realismo empirico"). La costruzione viene fatta tramite forme e categorie a priori, "a priori" e quindi che non si conoscono con l'esperienza. Inoltre, essendo "proprietà" della nostra mente, non possono "esistere" all'infuori di essa (ovviamente, esistono in altre menti) - "idealismo trascendentale".  
Citazione
Per me é semplicemente intersoggettività (cioè soggettività, ma con qualcosa di condiviso indipendentemente dal singolo particolare soggetto, di corrispondente fra tutti i reali o potenziali soggetti.




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Citazione
Apeiron

concordo... pure su Kant (udite, udite!)   o più precisamente... per Kant la ragion pratica non può dare conoscenza bensì, per Kant, la ragion pratica "impone" gli assiomi sulla "cosa in sé" (ad esempio: libero arbitrio, immortalità e esistenza di Dio - sui quali la "ragion pura" crea solo antinomie).



Citazione

CitazioneSgiombo:
NOn capisco la differenza: gli assiomi i quali  sono imposti (= il credere nella verità dei quali é imposto) dalla ragion pratica che cosa sono se non conoscenza (che esistono Dio, l' anima individuale immortale e il libero arbitrio)?
Apeiron

Sono imposti dalla "pratica", dal dovere morale. In pratica, l'etica richiede quei postulati. Ma questa è una richiesta, non una conoscenza "di per sé". Meglio adesso? :)
Citazione
Veramente no:  mi sembra sempre la richiesta di una credenza, che si presume essere vera (cioè conoscenza).




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Citazione
Citazione
CitazioneSgiombo:

CitazioneSgiombo:
Concordo se (come mi pare di comprendere ora) stai parlando di cose come gli atomi, le particelle-onde, i campi di forza, ecc.: questi non sono cose in sé ma invece ciò che si teorizza (si conosce come non falsificato) circa i fenomeni (il "mondo fenomenico" analizzato nelle modalità del suo divenire, nei suoi aspetti anche non immediatamente evidenti ma da ipotizzare per spiegare il divenire di quelli immediatamente evidenti: non usciamo dall' "esse est percipi", ma semplicemente percepiamo meglio, meno superficialmente, più approfonditamente o precisamente e compiutamente; o meglio consideriamo, pensiamo meglio, meno superficialmente, più approfonditamente o precisamente e compiutamente ciò che percepiamo.

Apeiron

Credo che ci stiamo avvicinando :)


Ma questo è il "casino" della filosofia Kantiana. Per rendere sensata la rappresentazione gli "oggetti" devono esistere (la Ragion Pura lo "richiede", per così dire). Però la rappresentazione è, ovviamente, appunto una "rappresentazione" e quindi interna.

Kant arriva addirittura a fare una distinzione tra l'arcobaleno e le gocce che lo "causano". Arriva a distinguere le apparenze empiriche (es: arcobaleno) con le cose in sé empiriche (es: le goccioline d'acqua). L'(immagine dell') arcobaleno è la sensazione visiva. Le goccioline d'acqua e la luce solare sono le "cose in sé empiriche". Entrambe le cose sono nella "rappresentazione", la "realtà-vista-da-noi"... per l'appunto non si esce dall'"esse est percipi" (in un certo senso, visto che come dici tu "ipotizziando" "percepiamo meglio") ma al contempo lo si fa (visto che la rappresentazione non avrebbe alcun senso senza tali "cose" non direttamente percepite) ;D

Quindi la Ragion Pura arriva ad un paradosso. In pratica, gli "oggetti" sono esterni ed interni a seconda di come li si considera. Ovviamente, è difficile giustificare che qualcosa sia all'interno della rappresentazione e indipendente ontologicamente da noi (per questo motivo ritengo che la filosofia Kantiana arriva ad una indecidibilità/antinomia...per Kant, forse, non c'era questa "antinomia" visto che da quanto mi sembra di capire pensava di aver risolto il dibattito tra razionalisti ed empiristi dando il tanto ricercato fondamento "certo" alla conoscenza scientifica).

Citazione
Sì, mi sembra che aumenta la nostra reciproca comprensione .

Concordo con la distinzione fra apparenze empiriche (es: arcobaleno) con le cose in sé empiriche (es: le goccioline d'acqua). L'(immagine dell') arcobaleno è la sensazione visiva. Le goccioline d'acqua e la luce solare sono le "cose in sé empiriche". Entrambe le cose sono nella "rappresentazione", la "realtà-vista-da-noi"... per l'appunto non si esce dall'"esse est percipi" proprio del "mondo fenomenico".
NOn trovo però nulla di problematico o addirittura paradossale: i fenomeni materiali sono interni alla coscienza (soggettivi), ma corrispondenti fra le diverse esperienze di qualsiasi soggetto (intersoggettivi), "pubblici" e non "privati" (contrariamente a quelli mentali che sono meramente soggettivi) in quanto manifestazioni (fenomeniche) di una realtà in sé (noumeno) che é la stessa per tutti





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CitazioneSgiombo:
Se per "oggetti esterni" intendi le cose in sé (o il noumeno) dissento: sono ontologicamente indipendenti dall' esistenza del soggetto di coscienza e diversi (altre "cose") dalle rappresentazioni fenomeniche.

Se invece (dicendo che sono necessari nell'ordinamento della "causalità"; comunque credibile per fede e non dimostrabile) intendi che sono aspetti "nascosti", non immediatamente evidenti della realtà fenomenica ma deducibili dai suoi aspetti immediatamente evidenti (atomi, particelle-onde, ecc.), comunque non reali indipendentemente dalle sensazioni fenomeniche (e dal rispettivo soggetto, se é reale anch' esso), allora concordo.

Apeiron


Qui in realtà credo di concordare con te e non con il "mio Kant", anche se, in realtà, quello che dice è consistente seppur "paradossale" :)  nel senso, se la rappresentazione è ordinata, ovviamente, necessita degli "oggetti esterni" (quelli che Kant chiama "cose in sé empiriche"), tuttavia la rappresentazione non è "indipendente" da noi. Però, "punta" a qualcosa di esterno. La filosofia Kantiana arriva lì (da come leggo Kant, lui credeva che veramente il "puntare" era un "dimostrare", in realtà  :) ). Non va oltre, secondo me. Andare oltre, significa parlare della "realtà-così-come-è". E non abbiamo alcuna garanzia che "essa" - se c'è, come ben dici tu - sia come è "richiesto" dalla Ragion Pura. Nel rifiuto all'idealismo (anche se è un tentativo di rifiutare il solipsismo), Kant dice che solo con qualcosa di "esterno" possiamo avere auto-coscienza (grazie alla distinzione "interno" ed "esterno"...). Quindi per Kant la Ragion Pura "prova" l'esistenza di "qualcosa di esterno". Ma di questo "qualcosa" non possiamo sapere "come è veramente" indipendentemente dalle nostre categorie trascendentali (in realtà, a rigore, nemmeno "se c'è" ma assumendo che c'è vale quello che dicevo).
Citazione
Qui concordo in pieno.
Ma mi sembra che Kant ne consideri una conoscibilità "non puramemte raziocinativa", attraverso la ragion pratica.




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CitazioneSgiombo:
Ma da noi le regolarità del noumeno o cosa in sé non sono comprensibili (nemmeno immaginabili); lo sono solo quelle (postulabili ma non dimostrabili) dei fenomeni).
Apeiron

Mi riferivo alla "cosa in sé". Per un realista diretto, però dovremmo conoscere la "cosa in sé"  ;)

Perchè, però, dici che non possiamo nemmeno comprendere e immaginare le (eventuali) regolarità del noumeno? Mi aspettavo che dicevi che, ammesso che esistono, non possiamo sapere quali sono... :)
Citazione
Per "non immaginabili" intendevo che non ce ne possiamo fare una raffigurazione mentale, fantastica (alla maniera in cui ci immaginiamo qualcosa di fenomenico mai percepito (che che so, una giraffa da parte di un europeo che ai tempi di Kant, in assenza di fotografie e non disponendo di dipinti, se la fosse sentita descrivere come "una sorta di capra dal collo lunghissimo -un po' più di un suo arto inferiore- senza barba, dal pelo corto giallastro a "chiazze" marroni).

Ciao!