Sono sostanzialmente d'accordo con Apeiron e con il Don che l'unico vero e profondo cambiamento sociale può venire solo da un cambiamento interiore dell'uomo. Ma anche questa, purtroppo, è utopia.
Come mi appare utopia il pensare che le società umane abbiano la capacità di autoregolarsi e ben lo stiamo vedendo ( e vivendo) in questi anni nello sfociare di tutte le contraddizioni e le violenze che questo modello sociale fondato sul possesso dei beni e sulla competizione sfrenata sta portando. E' anche difficile stabilire se sono stati più i morti provocati dalle "utopie" in un certo modo imposte alle popolazioni o quelli provocati dalla società capitalistica che ormai impera in ogni continente. Non mi sembra che il livello di conflittualità e di violenza sia diminuito se non che questa conflittualità viene sapientemente "dislocata" in territori altri dai nervi del potere e qui si risolve in una mattanza di persone inutili ai fini della produzione di beni e di ricchezza.
L'utopia per me ha il valore di una meta verso cui tendere, una sorta di obiettivo, senza il quale l'uomo non solo rinuncia a cambiare, ma infine dispera di cambiare ( ed è il sentimento comune della maggior parte della popolazione mondiale...).
Come mi appare utopia il pensare che le società umane abbiano la capacità di autoregolarsi e ben lo stiamo vedendo ( e vivendo) in questi anni nello sfociare di tutte le contraddizioni e le violenze che questo modello sociale fondato sul possesso dei beni e sulla competizione sfrenata sta portando. E' anche difficile stabilire se sono stati più i morti provocati dalle "utopie" in un certo modo imposte alle popolazioni o quelli provocati dalla società capitalistica che ormai impera in ogni continente. Non mi sembra che il livello di conflittualità e di violenza sia diminuito se non che questa conflittualità viene sapientemente "dislocata" in territori altri dai nervi del potere e qui si risolve in una mattanza di persone inutili ai fini della produzione di beni e di ricchezza.
L'utopia per me ha il valore di una meta verso cui tendere, una sorta di obiettivo, senza il quale l'uomo non solo rinuncia a cambiare, ma infine dispera di cambiare ( ed è il sentimento comune della maggior parte della popolazione mondiale...).

...) mi sono immaginato la società italiana ed europea in genere abbracciante questa filosofia sociale di convivenza. Intanto premetto che, quando si parla di socialismo dhammico, non s'intende qualcosa che abbia a che fare con il socialismo di stampo europeo e nemmeno marxista. Funzionerebbe più o meno così: ad ogni persona sarebbe garantita una piccola proprietà ( una casa, dei vestiti , dei mobili, un appezzamento di terreno) mentre tutto il resto sarebbe a disposizione della comunità. Naturalmente si dovrebbe realizzare un modello economico fondato sul ritorno all'agricoltura e quindi la rivalorizzazione del territorio ( distruzione e smantellamento dei residuati dell'industrializzazione, decementificazione, ricoltivazione delle aree collinari e montane ora lasciate al degrado e all'incuria,ecc.). Naturalmente , essendo proprietà private, nulla vieterebbe di scambiare la propria casa con quella di un altro, ma senza compravendita in denaro; e così anche per gli altri beni in possesso. Nessuno potrebbe possederne più di una , evitando così il pericolo dell'arricchimento personale. Il sistema sanitario sarebbe totalmente comunitario e quello privato smantellato per la coltivazione di grano o mais sulle sue macerie. Ovviamente anche l'industria farmaceutica sarebbe pubblica. Servire la comunità in un ospedale o in una campagna avrebbe lo stesso valore sociale ( visto che nessuno verrebbe stipendiato...). I municipi sarebbero trasformati in dispensari di tutto ciò che serve per la vita quotidiana ( in primis il cibo e le medicine adeguate). Per evitare il formarsi di una oligarchia dei controllori dei dispensari, si dovrebbe farli ruotare tra tutti imembri adulti di quella particolare comunità. Il ritorno ad una società basata sull'agricoltura appare forse come un mostruoso regresso visto che noi intendiamo l'industrializzazione e la tecnologia che serve all'industrializzazione e alla finanza come un progresso, ma in realtà non sarebbe un ritorno al passato. In primis perché sarebbe una scelta consapevole e non uno stato necessario, come nell'antichità, e poi perché si continuerebbe a svolgere attività di ricerca e sviluppo, in campo medico soprattutto ma anche in generale, solo che questa ricerca non sarebbe più sottoposta all'interesse particolare. I ricercatori infatti si servirebbero degli stessi dispensari di tutti gli altri....e almeno per un mese all'anno dovrebbero aiutare nelle campagne ( in particolare in settembre...) per mantenere la consapevolezza della durezza della vita...Dato che è un'utopia si potrebbe anche pensare che la gente trovi finalmente un pò di pace in questo tipo di società, dirottando la propria intelligenza invece che sulla continua e incessante necessità di aumentare il proprio tenore di vita, nella coltivazione di un arricchimento umano e spirituale, invece che materiale come avviene oggigiorno. Le scuole sarebbero quindi i luoghi deputati per formare nuovi socialisti dhammici, consapevoli dell'importanza di questa simbiosi con l'ambiente naturale, ma nello stesso tempo profondamente creativi ( quindi ritorno ad una valorizzazione delle arti e delle lettere nell'insegnamento scolastico). I dispensari quindi anche come luoghi dove poter trovare tutto il materiale occorrente per l'esercizio della propria creatività umana, gratuitamente e in condivisione con gli altri creativi. E quindi concorsi, mostre, appuntamenti teatrali, ecc. dove poter far emergere l'innato spirito competitivo dell'uomo, che si riverserebbe verso la cultura e non verso i beni materiali...Poi, dato che è un mondo utopistico, ci si può sbizzarrire a piacimento...ognuno per il suo. Sognare non costa nulla ( almeno per adesso
)...
).
.