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Messaggi - Sariputra

#1321
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
24 Febbraio 2017, 18:53:01 PM
Sono sostanzialmente d'accordo con Apeiron e con  il Don che l'unico vero e profondo cambiamento sociale può venire solo da un cambiamento interiore dell'uomo. Ma anche questa, purtroppo, è utopia.
Come mi appare utopia il pensare che le società umane abbiano la capacità di autoregolarsi e ben lo stiamo vedendo ( e vivendo) in questi anni nello sfociare di tutte le contraddizioni e le violenze che questo modello sociale fondato sul possesso dei beni e sulla competizione sfrenata sta portando. E' anche difficile stabilire se sono stati più i morti provocati dalle "utopie" in un certo modo imposte alle popolazioni o quelli provocati dalla società capitalistica che ormai impera in ogni continente. Non mi sembra che il livello di conflittualità e di violenza sia diminuito se non che questa conflittualità viene sapientemente "dislocata" in territori altri dai nervi del potere e qui si risolve in una mattanza di persone inutili ai fini della produzione di beni e di ricchezza. 
L'utopia per me ha il valore di una meta verso cui tendere, una sorta di obiettivo, senza il quale l'uomo non solo rinuncia a cambiare, ma infine dispera di cambiare ( ed è il sentimento comune della maggior parte della popolazione mondiale...).
#1322
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
24 Febbraio 2017, 15:55:34 PM
Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2017, 15:36:31 PMSecondo me l'utopia di per sé non ci renderà mai felici. Potremo in un certo senso vivere tutti come i monaci buddisti o i francescani ed essere contenti eppure io sono il primo a non volere la povertà. Il problema è che per la nostra natura debole chi più chi meno ha bisogno della proprietà. Un ricco accetterebbe la povertà (NON la miseria!) solo dopo essere riuscito a rinunciarci. Ma purtroppo non siamo tutti uguale e la nostra intrinseca debolezza (o "peccaminosità") fa in modo che il tuo scenario sia del tutto impossibile. Questa debolezza d'altronde è il vizio. Per questo motivo il tuo modello non funzionerebbe se prima non si educa la gente ad essere così. Ossia prima di creare un'utopia per tutti, tutti dovremo cambiare noi stessi. Il "dimenticarsi" di questo "piccolo dettaglio" ha trasformato ogni tentativo di utopia in un inferno. L'utopia prima dobbiamo costruircela "dentro" di noi e nelle relazioni a noi più immediate (ossia col "prossimo"). Per questo motivo io non credo che l'approccio giusto sia calarla dall'alto (dal governo), bensì bisogna costruirla dal basso, ossia dall'individuo e dalle relazione più immediate che esso ha.

Sì, l'utopia è irrealizzabile ( proprio perché utopia). Ma alcune idee di un'utopia possono essere rese sistema, Per primo mi verrebbe da dire che si ha sempre bisogno di una 'rivoluzione' per rendere effettivo un reale cambiamento che parta da un sogno utopistico. Una rivoluzione 'non-violenta' potrebbe scardinare il sistema attuale e aprire le porte per l'affermarsi del nuovo. Pensa a quante persone vivono miseramente nel mondo: sono nettamente la maggioranza. Invece di proporre il sogno irrealizzabile di arricchirsi come la minoranza che detiene il potere, un nuovo soggetto politico globale potrebbe avanzare l'obiettivo di formare una società in cui il necessario per vivere e curarsi venga garantito a tutti . In più anche la possibilità di tenere una parte di proprietà privata ( la casa, del terreno, ecc.). Questo, che a noi sembra povertà ( non disporre più privatamente del Suv, dei viaggi turistici, degli abiti firmati, dei gadget tecnologici,ecc.), è invece un autentico miraggio per la maggior parte dell'umanità. Un livellamento autenticamente socialista che abbassi i pochi per alzare i molti. Segue...
#1323
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
24 Febbraio 2017, 12:31:26 PM
Citazione di: Eretiko il 24 Febbraio 2017, 12:08:30 PM
Citazione di: Apeiron il 23 Febbraio 2017, 20:24:09 PMIn ogni caso comunque la mia domanda è appunto: perchè la scienza (o il metodo scientifico) funziona? Nemmeno io dubito sul metodo, tuttavia riconosco quanto non sia ovvio tale "miracolo" :)
Indubbiamente la legge causale non è né dimostrabile né confutabile per via logica, non è quindi né vera né falsa; possiamo assumere che essa è un principio euristico, una guida per orientarci nel groviglio degli eventi? Oppure potremmo accettare la spiegazione di Kant che proprio sulla base dello scetticismo di Hume proponeva di porre la causalità tra quelle categorie "a priori" che non possono essere dimostrate con la logica e che sono plasmate nel nostro intelletto pur non derivando dall'esperienza (come ad esempio i concetti di spazio e tempo)? Di sicuro possiamo dire che se l'universo non fosse "razionale" noi non potremmo indagarlo, forse nemmeno in modo probabilistico, e forse una spiegazione potrebbe essere appunto il fatto che noi siamo esseri razionali parte di un universo razionale e quindi la causalità, per dirla alla Kant, è innata nel nostro intelletto.

E' istintiva... :)
#1324
Percorsi ed Esperienze / Mondi dell'utopia
24 Febbraio 2017, 09:12:39 AM
L'evidente sfacelo dell'attuale struttura delle società umane, il fallimento della globalizzazione finanziaria e le tensioni migratorie innestate da questa, mi hanno fatto riflettere, tra il serio e il faceto  :) , su quale potrebbe essere un nuovo ideale per l'umanità, una nuova forma di convivenza possibile. Leggendo un vecchio saggio thailandese del monaco Buddhadasa mi sono , ancora tempo fa, imbattuto nella sua visione di un nuovo "socialismo" utopico ( che lui aveva provocatoriamente proposto per la Thailandia, in quell'epoca sotto dittatura militare) da lui definito come 'socialismo dhammico". Partendo da quello che è il Sangha ( la comunità) dei monaci buddhisti, in cui , a parte poche cose di proprietà privata, tutti i beni vengono messi in comunione tra tutti i membri, aveva ipotizzato questo modello come valido per l'intera società thailandese. Così , fantasticando tra me e me, come fanno di solito gli esseri inadeguati, né sinistri nè destri ( perché ormai "suonati" da ambo le parti  ;D...) mi sono immaginato la società italiana ed europea in genere abbracciante questa filosofia sociale di convivenza. Intanto premetto che, quando si parla di socialismo dhammico, non s'intende qualcosa che abbia a che fare con il socialismo di stampo europeo e nemmeno marxista. Funzionerebbe più o meno così: ad ogni persona sarebbe garantita una piccola proprietà ( una casa, dei vestiti , dei mobili, un appezzamento di terreno) mentre tutto il resto sarebbe a disposizione della comunità. Naturalmente  si dovrebbe realizzare un modello economico fondato sul ritorno all'agricoltura e quindi la rivalorizzazione del territorio ( distruzione e smantellamento dei residuati dell'industrializzazione, decementificazione, ricoltivazione delle aree collinari e montane ora lasciate al degrado e all'incuria,ecc.). Naturalmente , essendo proprietà private, nulla vieterebbe di scambiare la propria casa con quella di un altro, ma senza compravendita in denaro; e così anche per gli altri beni in possesso. Nessuno potrebbe possederne più di una , evitando così il pericolo dell'arricchimento personale. Il sistema sanitario sarebbe totalmente comunitario e quello privato smantellato per la coltivazione di grano o mais sulle sue macerie. Ovviamente anche l'industria farmaceutica sarebbe pubblica. Servire la comunità in un ospedale o in una campagna avrebbe lo stesso valore sociale ( visto che nessuno verrebbe stipendiato...). I municipi sarebbero trasformati in dispensari di tutto ciò che serve per la vita quotidiana ( in primis il cibo e le medicine adeguate). Per evitare il formarsi di una oligarchia dei controllori dei dispensari, si dovrebbe farli ruotare tra tutti imembri adulti di quella particolare comunità. Il ritorno ad una società basata sull'agricoltura appare forse come un mostruoso regresso visto che noi intendiamo l'industrializzazione e la tecnologia che serve all'industrializzazione e alla finanza come un progresso, ma in realtà non sarebbe un ritorno al passato. In primis perché sarebbe una scelta consapevole e non uno stato necessario, come nell'antichità, e poi perché si continuerebbe a svolgere attività di ricerca e sviluppo, in campo medico soprattutto ma anche in generale, solo che questa ricerca non sarebbe più sottoposta all'interesse particolare. I ricercatori infatti si servirebbero degli stessi dispensari di tutti gli altri....e almeno per un mese all'anno dovrebbero aiutare nelle campagne ( in particolare in settembre...) per mantenere la consapevolezza della durezza della vita...Dato che è un'utopia si potrebbe anche pensare che la gente trovi finalmente un pò di pace in questo tipo di società, dirottando la propria intelligenza invece che sulla continua e incessante necessità di aumentare il proprio tenore di vita, nella coltivazione di un arricchimento umano e spirituale, invece che materiale come avviene oggigiorno. Le scuole sarebbero quindi i luoghi deputati per formare nuovi socialisti dhammici, consapevoli dell'importanza di questa simbiosi con l'ambiente naturale, ma nello stesso tempo profondamente creativi ( quindi ritorno ad una valorizzazione delle arti e delle lettere nell'insegnamento scolastico). I dispensari quindi anche come luoghi dove poter trovare tutto il materiale occorrente per l'esercizio della propria creatività umana, gratuitamente e in condivisione con gli altri creativi. E quindi concorsi, mostre, appuntamenti teatrali, ecc. dove poter far emergere l'innato spirito competitivo dell'uomo, che si riverserebbe verso la cultura e non verso i beni materiali...Poi, dato che è un mondo utopistico, ci si può sbizzarrire a piacimento...ognuno per il suo. Sognare non costa nulla ( almeno per adesso  ;) )...
#1325
Riflessioni sull'Arte / Re:C'è di più
23 Febbraio 2017, 21:09:34 PM
31 ottobre

A quattro in quel caffè,
spuntano le gambe tra sotto
i tavolini e le calze nere.
Qua il cappuccio.
Si sta comodi su queste
poltrone sporche
e tu ridi.
Le stampe si devono sempre
ammirare sul muro di sasso.
Cosa prendi?
Un caffè. Due caffè per favore.
Come va a scuola?
Non finisci mai di parlare?
E le amiche...
la sigaretta col pacchetto
appoggiato sul tavolo.
Ho già capito.
Quanto zucchero? Due?
Ti osservo i capelli:
sono grigi col fumo e secchi.
Cosa leggi adesso?
Dazai s'intende
prima d'annegare nel lago
con l'amante.
Vorrei vederlo nell'acqua
a ridere e morire
con la giapponese che fa glu...
Non lo trovi divertente?
Sono stanco di questo amica.
Ora la padrona è la solitudine
e tu la porti con te,
anche se non smetti mai di parlare.
Là fuori la gente passeggia
e respira novembre.
Ognissanti domani. Queste prove sono amare
e la croce non si innalza, per ora.
Avrei voglia di parlarne con lei.
Non è possibile.
Guarda solo la porta d'entrata.
Non è possibile!
Devo amare i fratelli
e questa sera qui ne è pieno.
Non li sopporto.
Ho bisogno di te!
Lo sai che vivo in te e tu lo vuoi.
Un cane è entrato col padrone.
Di tutti è la cosa più vera qua dentro.
Annusa la sera.
Mi alzo per pagare il conto
e tu dietro.
Il padrone del cane
con gli occhiali a fondo di bottiglia
di sicuro fa il commercialista.
Sì, sei la sola cosa vera qua dentro.
Fuori è musica nelle strade;
un concerto di figure grottesche
che recitano la vita.

Sari di Sotto il Monte,31 ottobre 1992
#1326
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
20 Febbraio 2017, 21:47:48 PM
Se tutto passa, è inappagante, e privo di realtà propria, che senso ha l'esistenza? Si chiede Apeiron. Provo a fare un paragone ( stupido) con un uomo che osserva un fiume che scorre. Se quest'uomo non vuole che il fiume scorra e muti incessantemente, com'è nella natura del fiume, soffrirà. Un altro uomo comprende che la natura del fiume è mutare in continuazione, indipendentemente dalle sue preferenze e dalle sue avversioni, e pertanto non soffre. Osservare e conoscere l'esistenza nei termini di questo cambiare, di questo fluire, vuoto di piacere duraturo, privo di una realtà intrinseca propria, è trovare ciò che è stabile e libero dalla sofferenza, trovando quindi una pace ( della mente) duratura.
"Perché nasciamo ?" ci chiediamo o "qual'è il significato della vita?". Queste domande sfuggono all'esperienza diretta, così un buddhista non se le pone. Perchè nasciamo? Un buddhista risponderebbe : nasciamo per non dover rinascere. Perché si pratica?  Se non c'è nessun perché...tutto va bene, siamo in pace...
A volte è un bene  smettere di credere alla nostra mente. E' un bene non rimanere sempre attaccati al corpo. Osserviamo il fiume e impariamo a stare e fare silenzio. In questo silenzio verrà la gioia...
(Sempre se non vi addormentate... ;D )
#1327
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
20 Febbraio 2017, 00:04:04 AM
-Sari?...Ci sei ?-
-In senso convenzionale ci sono...-
-Non cominciare eh!...Perché te ne stai alla finestra?
-Guardo i fiori...-
-Quali fiori? E' tutto secco...-
-Appunto...-
-Criptico e fastidioso , o infastidito...ti infastidisco? Me ne devo andare?-
-Allontanarsi dal mondo, restare sconosciuti e non avere rimpianti: a questo può arrivare solo l'uomo superiore.-
-Bella...ti è venuta così, guardando dalla finestra?-
-E' di Confucio.-
-Madonna! Anche Confucio adesso... Non ti bastava Buddha e Krishna? Fai la raccolta di sapientoni orientali?-
-Ne scrivevo con un amico e...mi è venuto l'interesse di scoprirne qualcosa...-
-E cosa hai scoperto?-
-Il contrario di quel che ne pensavo. Dell'idea piena di pregiudizi che mi ero fatto. E' una figura interessante...-
-Mao non era d'accordo...-
-Confucio ha condizionato il sentire cinese per 2.300 anni, Mao per quanti? Quaranta? Cinquanta? Guarda adesso cosa se ne fanno i cinesi del pensiero di Mao...-
-Non vuol dire che fosse sbagliato...-
-Si son serviti del pensiero di Confucio per costruire un sistema sociale, né più né meno di quello che han fatto con Cristo...-
-Sei arrabbiato Sari? Puoi dirmelo, non ti giudico meno spirituale se sei arrabbiato... Vuoi salvare la tua immagine di persona spirituale? Non ce l'hai, fidati.-
-Tutto si sta scolorando. Anche le cose più belle vengono banalizzate. Ci sono solo fiori secchi...-
-Ossia?-
-Adesso arriva un app per smartphone che ti insegna a meditare...si chiama Buddhify. Va già a ruba in altri paesi. Un sedicente buddhista ci fa soldi a palate. Serve per rilassarsi continuando a svolger le  nostre attività. Giura che così si diventa ancora più "produttivi"...il business della meditazione. Un giro da un miliardo di dollari...i maestri non capiscono il mondo della tecnologia , dice...-
-Cosa vuoi farci Sari? Si è arreso persino il Papa...oggi ha passato la giornata a far selfie ... aveva una faccia però! Che sputtanamento generale...-
-Kali Yuga picchia forte...l'era della discordia e dell'ipocrisia...-
-Soprattutto dell'ipocrisia...la discordia c'è sempre stata...anche il Papa è un ipocrita?-
-Mi sembra più che altro spaventato...vuol cambiare le cose e invece sono le cose che lo stanno cambiando...-
-Chiese e templi pieni non van d'accordo con la coerenza...-
-Non fa niente di male se si spara qualche selfie...sei troppo rigido papi...-
-Non è il fatto di fare selfie  V....è il motivo per cui si presta a farli.-
-Adesso mi cerco la app...la meditazione che insegni tu è così noiosa...-
-Se è noiosa e fa soffrire vuol dire che è efficace...-
-Efficace ! Efficace! E' tutto relativo papi...aggiornati...-
-V. stai buona e porta un pò di rispetto. Non vedi che sta pensando?...-
-Il silenzio è il vero amico che non tradisce mai.-
-Sempre Confucio?-
-Sì...la sento profondamente vera. Si può ancora dire 'vera'?...-
-Non lo so...è un termine ...desueto...-
-La vita è veramente una cosa molto semplice. ma noi insistiamo nel renderla complicata.-
-Una dietro l'altra. Forse ripasso un'altra volta. Dovevo farti il massaggio shiatsu...va bè...non è serata...
-Potresti comprarci delle piantine di fiori? ,,,Le giornate si stanno addolcendo...fiori colorati...se puoi...-
-Ok...domani vado al mercato e te le prendo...-
-Mi chiedi perché compro riso e fiori? Compro il riso per vivere e i fiori per avere una ragione per cui vivere.-
-Ciaoooo!...Ciao V.-
-
#1328
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
18 Febbraio 2017, 15:29:54 PM
Citazione di: Apeiron il 18 Febbraio 2017, 14:20:02 PMMa con le mie parole non volevo denigrare nessuna filosofia, anche perchè non me ne viene in tasca nulla ;D Sì so che anche nel taoismo c'è una forte componente esistenziale (e ci mancherebbe, d'altronde anche qui si richiede di abbandonare il lusso, le ricchezze, gli studi (!),...) tuttavia volevo semplicemente mettere in evidenza una "proprietà" presente in molte "religioni della rinuncia": ossia quello di considerare il fattuale/reale come "giusto" e di considerare il "dover essere" una "mera invenzione". Secondo ad esempio il taoismo la sofferenza nasce dall'opposizione che noi abbiamo contro i fatti. Da questa opposizione, nasce la sofferenza e dalla sofferenza nascono le cattive intenzioni, le cattive parole e i cattivi gesti. Quello che un taoista ti direbbe è: "abbandonati alla corrente del grande Fiume del Tao". In modo simile Spinoza - non a caso definito lo stoico del '600- ti dice: "è perchè caro mio non capisci che tu in realtà non puoi davvero far niente contro il Destino, per questo soffri!". Poi eh in entrambi i casi il Realizzato diventa compassionevole, gentile, perfetto ecc. Però se devo dire onestamente la mia sul loro concetto di "rassegnazione" secondo me è errato, che vi devo dire ;D Poi eh il taoismo è una religione veramente strana in quanto è forse la più pragmatica di tutte: è tutta basata sul Quì e Ora. Ma secondo me un sistema religioso-filosofico deve anche cercare di andare oltre al Quì e Ora. In sostanza credo che siano religioni e filosofie "innocenti" (ossia che non vedono il "male" proprio perchè sono un po' infantili - ma nel senso della parole inglese "childlike" non "childish") Nel buddismo invece trovo una consapevolezza del dolore più sviluppata. Non è perchè "tu non ti rassegni" ma perchè d'altronde è proprio a causa della natura dell'esistenza condizionata che si prova dolore. Anzi gli stessi piaceri "sensuali" (non "condannati" dal taoismo!, il taoismo semmai "condanna" il modo con cui le fai.) vengono ora visti come "tentazioni" della Morte. La prospettiva mi pare che sia completamente diversa, seppur l'obbiettivo sia identico: la Liberazione della Sofferenza tramite l'annullamento dell'io (o meglio di pensieri legati a tale "io"). Anzi sinceramente credo che qui valga davvero il concetto di "sincretismo": sono semplicemente due strade diverse per arrivare alla stessa meta. Solo che per me il buddismo mi pare più "onesto". Il cristianesimo invece ti sfida. In sostanza qui si distingue tra buona e cattiva volontà e l'io è visto come l'agente di tale volontà. In un certo senso è come se in questo contesto si tenta di "valorizzare" l'io. In sostanza il "male" qui è condotto alla cattiva intenzionalità e alle cattive azioni e all'io è richiesta proprio la rinuncia al piacere che tali azioni possono dare. La sofferenza stessa è rivalutata: non è una cosa da cui bisogna liberarsi ma è una cosa che a volte può essere pedagogica. C'è poi l'idea di soffrire-per-l'altro che in un'ottica orientale potrebbe essere vista come un ennesimo attaccamento. Tuttavia è anche interessante notare che questo tipo di compassione in realtà è presente anche nel buddismo Mahayana (e non solo Theravada) in cui il bodhisattva ritarda volontariamente la sua Estinzione proprio per "insegnare il Dharma" agli altri. In sostanza nel buddismo mahayana e nel cristianesimo è più attivo l'aspetto "missionario", ossia la "lotta" contro il male. La grossa differenza è che nel cristianesimo l'obbiettivo di tale lotta è la salvezza del proprio e dell'altrui "io" mentre nel buddismo mahayana l'obbiettivo è la salvezza propria e altrui dall'io. Per me, in questo momento l'idea di "abbandonare l'io" mi sembra non una ritirata per un successivo ritorno ma proprio l'idea di fuggire. Ciò non significa che però possa apprezzare la saggezza che mi sembra di trovare nelle varie tradizioni. E magari questa fuga la vedo solo io, in questo momento. Come ho già detto altrove la nostra comprensione di una determinata cosa muta nel tempo: forse non sono semplicemente pronto. Però sono abbastanza convinto che filosofie come spinozismo e stoicismo mi paiono davvero fughe in una "realtà di fantasia". Forse il taoismo e il buddismo non li conosco abbastanza, vuoi il mio background, il mio carattere ecc. D'altronde è possibile che per un buddista il concetto di "liberazione dall'io" sia ben diverso dal mio di quando leggo tale espressione. Ogni tradizione va capita nel suo contesto e da qui ci sono tutte le difficoltà...

Un errore, molto comune, che fai e fanno quasi tutti ,secondo me , Apeiron è quello di valutare l'anatta come rinuncia a qualcosa , come fuga.  Ed è un errore che nasce dal fatto che conosci bene la teoria , ma poco la pratica. Intanto il Dharma parla di sbarazzarsi dell'attaccamento al senso di avere un Io permanente, autonomo e sostanziale e non dell'impossibile 'assassinio' dell'Io. La non comprensione , o non perfetta comprensione, nasce dal non avere compreso fino in fondo, ma non in senso filosofico, bensì pratico, esistenziale l'originazione-dipendente di tutti i fenomeni. In seconda battuta bisogna considerare che la mente , sotto forma di vinnana ( coscienza) è sempre presente, ed è questa coscienza che applica la visione di anicca ( impermanenza) a tutte le cose verso cui presta la sua vigile attenzione, o consapevolezza e quindi anche verso quell'aggregato di pensieri-emozioni-sentimenti-ricordi-ecc. che erroneamente identifichiamo come Io. Questo non significa che l'Io non sia reale, significa soltanto che la sua realtà è condizionata e pertanto impermanente. Per prima cosa viene condizionato dal contatto, poi dalle sensazioni che nascono dal contatto, poi dal giudizio sulle sensazioni, e così via...Noi tutti abbiamo una concezione corretta e una erronea , secondo il buddhismo, dell'"io", come di qualcosa che esista intrinsecamente. Influenzati da questo modo di vederlo riteniamo che questo io viva di vita propria, determinato dalla sua stessa natura,capace di autofondarsi. L'impressione che questo io viva di un'esistenza intrinseca  è così forte da far sentire il sé addirittura come indipendente dalla mente e dal corpo. Se esistesse veramente come "io separato", autodeterminato e di per sé esistente, ad un'analisi adeguata si dovrebbe capire, con sempre maggiore chiarezza, se esiste come mente o come corpo, come un'unione tra i due o se è diverso dalla mente  edla corpo. In realtà, più lo si osserva e più sfugge, si allontana...E questo vale per tutti i fenomeni. Questo non significa che i fenomeni, o l'io , non esistono. Significa  che non esistono di per sé, che non sono autodeterminati., secondo il modo d'intendere buddhista.
L'io è creato dalla facoltà di concettualizzare della mente. Se la mente, per es., vede una corda del colore di un serpente, nella penombra, sorge il pensiero: "Questo è un serpente". Ma la corda non è affatto un serpente, è una corda. Quel seprente creato dalla mente è semplicemente una valutazione errata creata dalla facoltà di concettualizzare. Allo stesso modo , nel momento che il pensiero "io" nasce in uno stato di dipendenza dalla mente e dal corpo, non c'è nulla della mente e del corpo-né l'insieme che è un continuo di momenti anteriori e successivi, né l'insieme delle parti in un preciso momento, né le parti separate, né il 'continuo' di una qualsiasi delle parti separate- che sia pur minimamente 'io'. 
Una coscienza che crede nell'esistenza intrinseca, per il Buddha, è priva di un fondamento valido. Viceversa, sempre per il Buddha, una coscienza saggia, radicata ben bene nella realtà, comprende che gli esseri viventi e tutti gli altri fenomeni non esistono intrinsecamente, sono concettualizzazioni di una delle facoltà della mente stessa.
Molti pensano che vacuità ( sunnata) significi nulla ( e quindi pensano al suicidio epistemologico, alla fuga nell'oblio, ecc.), ma non è affatto così. Se ci si limita ad un approccio teorico è difficile riconoscere ciò che i testi chiamano "vacuità dell'io" o " esistenza intrinseca". Per comprendere bene bisogna prima di tutto capire l'originazione-dipendente di tutti i fenomeni ( di quelli almeno di cui possiamo fare esperienza diretta come esseri umani) e che tutti i fenomeni esistono in relazione di cause e condizioni e di parti. Questo significa che non esistono? No, la posizione buddhista è realista, i fenomeni esistono, sono solo le nostre concettualizzazioni di essi che possono essere erronee. E' un procedere quasi scientifico, direi.  La domanda da porsi è: "In che modo"? la loro esistenza non è autonoma , ma dipende da molti fattori, tra cui una coscienza che li concettualizza. Se non esistono autonomamente , la loro esistenza dipende necessariamente dal concettualizzarli. Tutti i fenomeni, e compreso quindi il senso dell'io, non ci appaiono però in questo modo...ci sembrano esistere in modo oggettivo, senza dipendere da una coscienza concettualizzante.
Però , attenzione , questi fenomeni concettualizzati, ci generano piacere e dolore e possono danneggiarci o aiutarci come esperienza diretta. Ecco quindi il sorgere della necessità di un'etica nel cammino del dharma.
#1329
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
18 Febbraio 2017, 00:07:38 AM
Citazione di: Phil il 17 Febbraio 2017, 22:20:38 PMChiedo conferma a chi è più erudito in materia, ma credo che la peculiarità del taoismo sia quello di non avventurarsi esplicitamente in elucubrazioni sul post-mortem umano, e quindi non si propone come filosofia/religione "consolatoria". Da quel che so, il bene e il male non vengono banalizzati o equiparati, piuttosto "dinamicizzati" (seguendo le "mescolanze" di yin e yang), per cui la sofferenza mantiene tutta la sua lancinante identità, ma viene inserita in dinamiche concrete che la contestualizzano, senza avere conseguenze ultraterrene (convocazione in tribunali divini o cicli di rinascite). Il taoismo mi pare quindi estremamente pragmatico, forse troppo per affascinare chi cerca risposte a domande mistiche o gli si accosta possedendo già i concetti di anima, divinità, etc. (non mi riferisco ad Apeiron, ma solo alla precomprensione occidentale che può viziare l'approccio al taoismo). Se non erro, la "Via" del taoismo può essere declinata anche in ambiti che non hanno nulla di ascetico, essendo il "meccanismo" (licenza poetica ;D ) che regola gli eventi umani (e non solo); basti pensare all'arte, o meglio, "via" della guerra (in cui, Apeiron, forse già sai che la ritirata ha un ruolo importante ;) ), a tutte le altre "vie" caratterizzate dal suffisso "do" (derivato da "dao"): arti marziali (ma anche "spirituali") come judo e aikido; l'etica militare del bushido e il tiro con l'arco, kyudo; la disposizione dei fiori, kado; la celeberrima cerimonia del tè, sado; l'arte della calligrafia, shodo, etc. Lo Zen ha ben colto questo immanentismo taoista, e l'alludere "asintotico" dei koan oltre il linguaggio, secondo me, è proprio un invito a non trascendere la vita presente nel suo fluire, perché l'agognato "satori" è per i vivi (e non ha bisogno di nozioni e classificazioni trascendenti che forse appesantivano un po' troppo di fideismo il buddhismo indiano).

Phil, Phil...sai bene che del dao non si può parlare.
"Chi conosce il dao non ne parla, chi ne parla non lo conosce"... :)
Preciserei che il Buddhismo indiano era fideista nelle masse popolari, che presto trasformarono l'uomo Siddhartha in un principio  eterno, una specie di dio, anzi...più grande degli dei, che venivano ad ascoltarlo per esserne educati. Non credo che gli autentici seguaci lo abbiamo ritenuto una divinità. La fede era essenzialmente fede nel Suo Insegnamento. E' sempre il Dharma il centro, come lo è il Dao per il taoista. Per me il daoismo si serviva del linguaggio , spesso in maniera poetica, altre volte contraddittoria, per provocare una sorta di cortocircuito del pensiero logico.
Il Daoismo ( anche qui termine improprio) penso abbia sofferto di una mancanza di sistematicità che lo ha infine relegato in una posizione marginale, quasi da elite . In effetti appare impossibile, e questo è anche un motivo,a  mio parere, del suo fascino, avvicinarsi per "imparare" qualcosa. Il Confucianesimo si impose facilmente con le sue precise norme e i suoi precetti regolatori la società cinese e certamente non possedeva la profondità del daoismo ( anche se un'approfondimento di questo poveraccio bistrattato di Confucio sarebbe interessante. Non penso proprio fosse così scemo come lo dipingevano gli scrittori daoisti...). Come poter inquadrare nelle categorie occidentali il daoismo? Tu dici 'immanente' ,ed è vero che non si avventurava in elocubrazioni e fantasie sul post-mortem,ma il Dao appare come qualcosa di inafferrabile, indescrivible, si può solo indicare , ecc. Quindi non saprei se si tratta proprio di immanentismo come lo intendiamo solitamente. Sicuramente cercava di 'stare con le cose', di vederne l'armonia, ma forse anche qualcosa 'oltre'. Per es. in questo passo di Ciuang Tze:

Lucedistella interrogò Nonessere: "Maestro, esistete o non esistete?"
Lucedistella non ebbe risposta, e guardò fissamente la sembianza di Nonessere: era un profondo vuoto. Guardò un giorno intiero; non vide nulla. Ascoltò; non udì nulla. Volle abbracciarlo; non strinse nulla. Disse Lucedistella:" Questa è perfezione! Chi può raggiungerla?"

Non ti sembra , con altre parole, più poetiche, riecheggiare lo stesso suono della shunyata buddhista? Era inevitabile che il daoismo rivivesse in quella che fu la grande stagione del Buddhismo Chan e Hwa Yen. Ne smussò la rigidità indiana e ne diede un'afflato mistico e poetico , a mio parere, insuperabile...

Boschi e prati mi fanno lieto e felice; ma prima che la felicità abbia termine, ecco il dolore. Piacere e dolore io non posso impedirli; quando se ne vanno non posso trattenerli. Quanta tristezza è pensare che l'uomo non abbia ad essere che un albergo per le cose esterne! Egli conosce ciò che incontra, non conosce ciò che non incontra; può soltanto quanto è nelle sue forze, non può quanto non è nelle sue forze. Questa ignoranza e questa incapacità è ciò che l'uomo non potrà mai evitare. E tentare sempre di evitare ciò che l'uomo non può evitare non è altra tristezza?     Ciuang Tze

C' è anche una sana consapevolezza della reale situazione esistenziale umana. E anche un profondo disincanto, a mio modesto parere. C'è una grandissima affinità tra il Dharma e il Daoismo, non c'è alcun dubbio. E' come salire sulla stessa montagna da due strade diverse...
#1330
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
17 Febbraio 2017, 23:12:36 PM
Rieccomi...mi "sembra" che sia tutto a posto, ora :)
Vorrei ora parlare di una cosa strana, che forse esiste solo nel Dharma  e di cui anche i buddhisti non vogliono parlare...una cosa che va veramente contro il senso comune...una cosa che nessuno vuol mai sentire: vorrei scrivere del 'dolore dato dalla felicità'. Tutti, a questo punto, alzano le sopracciglia e ti guardano strano...di solito. Eppure questo è un altro cardine del Dharma di quell'antico principe indiano.
Parlando della sua vita nei palazzi del padre, Siddhartha passa in rassegna tutti i piaceri e le felicità possibili per un essere umano, felicità di cui godeva in abbondanza. C'erano ricchezze, potere, arte, musica , filosofia, leggiadre fanciulle disposte a tutto per un giovane principe, una moglie adorabile, un tenero figlio, Rahula. Eppure...prima ancora degli incontri con il vecchio ammalato e poi del morente, Siddhartha soffre...E' quel dolore indefinibile, quel senso di mancanza, quella tristezza nascosta sotto i gioielli e le lusinghe , sotto morbidi abbracci. E' un'inquietudine inspiegabile...Val la pena essere felici? E di essere infelici? Le mani si alzano di scatto...tutti vogliono essere felici. Ma Siddharta, proprio colui che ha tutto per essere felice...è infelice! Ecco allora che comincia a balenargli in testa l'idea che, proprio la felicità per cui tutti schiamazzano, è una forma di infelicità. Siddhartha è un tipo fondamentalmente depresso? La psicanalisi moderna vorrebbe ingabbiare anche questo sentimento forse...ma non è così, per Siddhartha è un pungolo, è qualcosa di più che lo porta ad agire. E'la "tristezza esistenziale" che gli dimostra l'inconsistenza di tutte le forme possibili di felicità. Ecco allora un primo intuito dellla strada che deve seguire: non si tratta di trovare una Suprema Felicità, che non esiste essendo anche la felicità un fenomeno condizionato, si tratta di vedere se, per caso, forse, da qualche parte, in qualche foresta sperduta...ci sia un luogo dove ' dimora' uno stato che non sia toccato dalla felicità o dall'infelicità. Per lui non ci sono dubbi...le persone felici provano il dukkha della felicità, la sofferenza insita nella felicità stessa. E qui il Sari non ha molta difficoltà ad immedesimarsi in questo sentimento...forse nessuno  di noi ha veramente difficoltà a farlo. La difficoltà sta nell'ammetterlo...non c'è verso che la felicità ci renda felici...tutte le barriere possibili, a questo punto, si alzano. Sei pazzo, ti dicono...se ci togli anche la speranza di essere , un giorno, in un'altra vita magari, finalmente felici , cosa ci resta? Vediamo subito qui un'inevitabile conseguenza di questa idea del Buddha: il Nirvana non è uno stato di felicità. Quando un achaan ( maestro) del Dharma dice questo, la maggior parte degli ascoltatori, soprattutto gli occidentali come sono io, si agita nervosamente, comincia a guardare di qua e di là...quasi non vuole più ascoltare. Nella felicità Siddhartha vede un subdolo nemico, qualcosa che vive insieme alla felicità: l'attaccamento. Non è possibile essere felici senza provare attaccamento alla sensazione felice e , se c'è attaccamento, ci sarà pure condizionamento.
Anche le forme più sottili di felicità che derivano dal samadhi ( meditazione di concentrazione) : purezza, chiarezza, stabilità, calma, prontezza e dominio della mente sono macchiate dalla possibilità infida dell'attaccamento. Appena si produce la sensazione 'Io sono felice'...ecco la spina nascosta nella carne della felicità; chi ambisce a queste felicità "spirituali" date dall''assorbimento' meditativo ( jhana), soffrirà di quel particolare tipo di sofferenza. Siamo senza tregua alla ricerca della felicità: quella del bambino, del giovane Apeiron, dell'adulto acquario69, dell'anziano, del potente, della persona influente...Difficilmente un giovane capisce che la felicità non si raggiunge mai, che è inafferrabile, che ha sempre una spina conficcata...ma gli anziani sì, spesso lo capiscono...quando ormai è tardi...
Come vedi acquario69, è un campo immenso in cui non posso far altro che spigolare... :)
#1331
Problemi utilizzo forum / Impossibilitato a rispondere
17 Febbraio 2017, 09:05:18 AM
Continuo ad essere impossibilitato a rispondere. Ho provato con tre browser diversi, ad uscire , rifare login, ecc. niente da fare. Mi permette solo di navigare nel forum e di leggere...forse è un bene, chi lo sa? ;D  Sappiate che vi penso...
#1332
Problemi utilizzo forum / Problemi tecnici nel sito
16 Febbraio 2017, 15:45:15 PM
Problema tecnico nel sito: non si riesce più a fare  le citazioni. Addirittura adesso non mi lascia più rispondere, nel topic "buddhismo". Vogliono censurarare il Dharma...Anatemaaa!!!!
#1333
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
16 Febbraio 2017, 12:13:58 PM
@acquario69

Sì. il Dharma del Buddha ( Dharma è un termine più corretto rispetto a 'Buddhismo' , che vuol dire tutto e niente...) è essenzialmente un metodo pratico, una 'medicina'  per superare lo stato insoddisfacente della propria esistenza ( quindi doloroso ) per 'dimorare' in uno stato privo di questa sofferenza ( quello che viene comunemente chiamato Nirvana). Questo dimorare è una qualità sempre presente nella mente , ma che viene offuscata dall'attaccamento o dall'avversione ai fenomeni sensoriali, dall'ignoranza della propria autentica realtà e da pensare di essere 'separata', quindi "Io". ' Coperta' da quello che chiamano samsara ( che lett. vuol dire 'coperto'). Tu dirai, ma se non c'è "Io" chi è che dimora nella non-sofferenza? Qui non posso darti una definizione , perché tradirei l'Indescrivible, autocontraddicendomi . Qualunque definizione e paragone non è adeguato. Si può solo indicare la via per raggiungere questa 'dimora', consapevoli che non si tratta di andare da qualche parte. Questo Indescrivibile ha preso tanti nomi nel corso dei secoli: la 'Pura Terra', la 'Mente di Buddha', la 'Dimora senza nome', la 'Casa della pace', ecc.
Personalmente , vista la mia tara mentale, mi piace chiamarlo 'Il suono del vento tra gli alberi', quello che amo ascoltare alla notte... :) ( fatto mio dalla grande scrittrice e poetessa giapponese Murasaki Shikibu e tratto dalla sua opera Genji Monogatari...)
Tieni conto però che il mio è un 'dharma mistico', se così si può dire. Io sono un buffone del Buddha... ;D
#1334
Varie / Re:Motivi chiusure discussioni
16 Febbraio 2017, 11:13:38 AM
E' l'impermanenza di ogni cosa...comprese le discussioni e i forum ( sperem di no! :'( ).
#1335
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
16 Febbraio 2017, 09:44:04 AM
@ Acquario69
Qualcosa di meno faticoso no, Eh...? Mi chiedi di riassumere 2.500 anni di Dharma in poche parole. Un argomento su cui cui disponiamo di una letteratura immensa. Per non essere noioso e ripetitivo e continuare a ripetere le stesse cose, che troviamo poi in maniera abbondante nei vari siti web dedicati, penso che sia più interessante spiegare  cos'è il buddhismo per il Sari, l'essere inadeguato che vive a Sotto il Monte. Quindi...perdonami se ti parlo di cos'è il Dharma per me, ma penso che risulti più comprensibile, più "vero" e probabilmente meno noioso. Tra l'altro il Dharma, per come lo intendo io, che non sono un achaan ( un maestro ) è quella possibilità di colui che sa più poetica e profonda in cui mi sono imbattuto e sempre fonte di ispirazione e di conforto. Se non c'è comprensione profonda, non comprensione intellettuale, ma un sentire autentico, profondo della vastità dell'esperienza della sofferenza umana è difficile rivolgersi alla ricerca di una medicina per alleviarla. Questo sentire la sofferenza come "il problema" è alla base del mettersi nel cammino insegnato dal principe Siddhartha del clan degli Shakya. Il piccolo Sari, per le vicende della vita, s'imbattè presto, prestissimo con questa realtà della sofferenza ( che non è una realtà metafisica o relativa, ma qualcosa che fa proprio male...). Lunghi periodi di cecità , a causa di problemi agli occhi che vennero risolti solo con il tempo e con gli interventi chirurgici, altri problemi di salute e quindi l'isolamento, la solitudine, il dover continuamente rincorrere gli altri a scuola, gli resero evidente che quello ero il vero problema della vita. Tutti noi siami figli della nostra storia. Io non credo affatto a tutta la leggenda del principe Siddharta che viveva solo nel piacere e nella beata ignoranza del dolore. Era innanzi tutto un uomo che percepiva , forse come nessun'altro prima, la vastità e l'urgenza di dare una risposta a questo "sentire". E cosa fa un principe indo-ariano per cercare la strada di uscire da questo dolore? Usa i metodi che sono tipici della sua millenaria cultura , ossia i metodi dello yoga, della meditazione e della concentrazione, ossia del rivolgersi all'interno della propria mente e non cercare le risposte all'esterno, come avremmo fatto noi, magari correndo in cerca di qualche farmaco in farmacia...Compresa questa necessità, comprendiamo il primo 'fondamento' del Dharma : tendere all'estinzione di dukkha ( dolore, sofferenza, carattere insoddisfacente della vita, ecc.). Visto però che l'esperienza della sofferenza è un'esperienza diretta interna che si sperimenta, anche il rimedio deve essere un'esperienza diretta interna sperimentabile. Abbiamo quindi il secondo fondamento: la pratica del Dharma deve possedere una coerenza interna sperimentabile direttamente, senza dover ricorrere alla fede in un'altra persona. Sono due requisiti imprescindibili. Il Buddha si rifiutò di occuparsi di tutto ciò che non conduce all'estinzione di dukkha, senza prenderlo nemmeno in considerazione. Domande come: il mondo è eterno o non è eterno, il paesaggio esiste o non esiste, è assoluto o relativo, ecc. rimangono semplicemente sullo sfondo. Tutte le problematiche che non conducono all'estinzione di dukkha, non hanno il minimo rapporto con l'insegnamento del Buddha ( ci lavoreranno molto sopra gli infedeli seguaci nel corso della storia...). Chi si pone queste domande non ha modo di verificarle direttamente e deve affidarsi o credere alle parole altrui. A poco a poco l'argomento si allontana dall'Insegnamento e si trasforma in qualcosa di diverso, estraneo al problema dell'estinzione di dukkha. Oggigiorno l'etichetta 'Buddhismo' viene applicata a qualcosa di molto nebuloso, talmente vasto da non essere nemmeno identificabile. Al tempo di Buddha si usava la parola Dharma ( Dhamma in lingua pali). Il Dharma del Buddha ricevette il nome di 'Dharma dell'asceta Gotama'. Chi seguiva un determinato Dharma ( Insegnamento) lo esaminava e lo metteva in pratica com'era, nudo e crudo, senza imbrogli, senza la selva di congetture che gli sono state costruite sopra in seguito. Se pensiamo anche al messaggio fondamentale del Cristo, 'Ama il prossimo tuo come te stesso', era così, semplice , nudo e crudo, lo ascoltavi e provavi a metterlo in pratica. L'uomo moderno ha perso questa semplicità, che è anche immediatezza, riconoscere l'essenziale, impegnarsi autenticamente in un cammino spirituale. L'uomo moderno fa semplicemente raccolta di nozioni spirituali, ma non le pratica. Le legge , le studia, ci si azzuffa sopra, uno contro l'altro, la mia idea contro la tua, e poi le mette là, nella libreria, a ricoprirsi di polvere...
Per adesso mi fermo, che ho le dita anchilosate dal battere, spero che qualche volenteroso prosegua (Apeiron, Bluemax?...) , ripagherò con due dita di prosecco ( in orizzontale s'intende... :)).

P.S: Adesso che lo rileggo , mi rendo conto che forse non è adatto alla sezione 'filosofia' ma a quella 'spiritualità'. Ma forse Apeiron o Bluemax sapranno rimediare...