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Messaggi - sgiombo

#1321
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
09 Novembre 2018, 18:59:35 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 18:44:39 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 14:12:14 PM
@ Ox

Prendo atto della precisazione. Rimane comunque quello kantiano della cosa-in-sè un terreno sdrucciolevole non totalmente a prova di strumentalizzazioni metafisiche. Posso accettarlo solo come incentivo ad un dubbio metodologico, un vaccino teorico contro le verità assolute della metafisica idealista o scientista. La ricerca scientifica e filosofica (della prassi) già da molto tempo l'ha accantonata come postulato ontologico, concentrando l'attenzione su quello che Lenin, rifacendosi a Marx, definì cosa-per-noi.


Beh, diciamo che la "cosa per noi" Kant l'ha già teorizzata nel "fenomeno", non credi?
Una volta, su un altro forum, discussi a lungo sulla cosa in sè al singolare, come sosteneva il mio
interlocutore, e sulle cose in sè, al plurale, come sostenevo io (affermando che questa era l'originaria
intenzione di Kant).
Ma, dico io, è persino banale dirlo: a molteplici fenomeni di molteplici oggetti corrispondono molteplici
cose in sè
E altrettanto banale è dire che a molteplici fenomeni di molteplici oggetti corrispondono molteplici
cose in sè.
La cosa in sè diventa "terreno di strumentalizzazioni metafisiche" quando, appunto, è intesa erroneamente
al singolare...
saluti

Concordo.

In particolare con la cosa per noi da intendersi come i fenomeni (che infatti, come dice anche Ipazia, sono ciò di cui si occupa la scienza) e con l' uso del plurale a proposito del noumeno (anche se sono un ben scarso conoscitore di Kant; indipendentemente da quel che egli ne pensava).
#1322
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
09 Novembre 2018, 18:50:03 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 14:12:14 PM
@ Ox

Prendo atto della precisazione. Rimane comunque quello kantiano della cosa-in-sè un terreno sdrucciolevole non totalmente a prova di strumentalizzazioni metafisiche. Posso accettarlo solo come incentivo ad un dubbio metodologico, un vaccino teorico contro le verità assolute della metafisica idealista o scientista. La ricerca scientifica e filosofica (della prassi) già da molto tempo l'ha accantonata come postulato ontologico, concentrando l'attenzione su quello che Lenin, rifacendosi a Marx, definì cosa-per-noi.


Ma c' é anche chi ha il coraggio di affrontare strade sdrucciolevolissime per cercare conoscenze non necessariamente utili in pratica (e non per questo deve necessariamente cadere nella contemplazione passiva delle teorie: può benissimo essere anche praticamente attivissimo).
#1323
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
09 Novembre 2018, 18:45:23 PM
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 14:04:26 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 13:31:37 PM
Citazione di: bobmax il 08 Novembre 2018, 20:32:55 PM
Un pensato è vero solo in virtù del suo opporsi ad ogni altro possibile pensato che lo negherebbe.
Un pensato non è mai vero di per sé, di per sé non avrebbe infatti alcun senso, esso è vero solo per il suo opporsi a ogni possibile sua falsificazione.

La Verità, tuttavia, è e basta.
Essendo il Tutto, non lascia fuori niente da se stessa.
Non vi è cioè alcuna possibile falsità che la Verità sia costretta a negare, per esistere.

La Verità, infatti, è la negazione della negazione.
Concordo con la prima parte (in effetti il "vero" ha senso solo in opposizione al "falso").
Non concordo affatto con la seconda parte, che reputo "hegelianissima" e davvero molto, molto carica di
"metafisicità" (in sostanza la reputo un articolo di fede).
La verità non è un ente (dunque nemmeno l'"essere", che è da te entificato - oltre che identificato con la verità),
ma è la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo linguaggio ha posto come criterio
di verità (la verità cioè è nel linguaggio).
saluti

Ciao Oxdeadbeaf
L'Essere non è "entificato" essendo il Tutto.

Questo è il grosso equivoco in cui è facile cadere: che il Tutto sia un qualcosa.
Inoltre l'Essere è senz'altro la Verità: Essere == Essere Vero.

Citazione
Dunque per te l' essere del personaggio evangelico "Giuda Iscariota" (nel caso sia realmente esistito così come descritto nei vangeli, con la conseguenza che é diventato una sorta di popolare paradigma del traditore e del mentitore) non é semplicemete reale, ma anche vero; e l' essere di ciò che Giuda fa baciando Cristo (esprimendogli amore e fedeltà) non semplicemente é un fatto reale (per ipotesi), ma é anche una verità: Giuda Iscariota veramente amava ed era un discepolo fedelissimo di Gesù Cristo!

#1324
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
09 Novembre 2018, 18:37:55 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 13:31:37 PM
Citazione di: bobmax il 08 Novembre 2018, 20:32:55 PM


Un pensato è vero solo in virtù del suo opporsi ad ogni altro possibile pensato che lo negherebbe.
Un pensato non è mai vero di per sé, di per sé non avrebbe infatti alcun senso, esso è vero solo per il suo opporsi a ogni possibile sua falsificazione.

La Verità, tuttavia, è e basta.
Essendo il Tutto, non lascia fuori niente da se stessa.
Non vi è cioè alcuna possibile falsità che la Verità sia costretta a negare, per esistere.

La Verità, infatti, è la negazione della negazione.



Ciao Bobmax
Concordo con la prima parte (in effetti il "vero" ha senso solo in opposizione al "falso").
Non concordo affatto con la seconda parte, che reputo "hegelianissima" e davvero molto, molto carica di
"metafisicità" (in sostanza la reputo un articolo di fede).
La verità non è un ente (dunque nemmeno l'"essere", che è da te entificato - oltre che identificato con la verità),
ma è la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo linguaggio ha posto come criterio
di verità (la verità cioè è nel linguaggio).
saluti

Ma fra i criteri che i linguaggi di fatto correnti pongono alla verità (ciò che comunemente si intende per "verità") sta quello della "conformità" alla realtà (indipendente dal fatto di essere pure oggetto di pensiero o meno): la verità é propria di un predicato ("interno al linguaggio"), ma dipende (anche) "in maniera decisiva" da come é o meno la realtà indipendentemente dal linguaggio (da qualsiasi linguaggio).
#1325
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
09 Novembre 2018, 18:30:35 PM
Citazione di: acquario69 il 09 Novembre 2018, 12:56:15 PM
l'esserci non potrebbe nemmeno sussistere senza il suo stesso Essere, il che equivale ad una allucinazione, alla perdita dell'autocoscenza (nichilismo come giustamente dice bobmax)..e non e' casuale il fatto che all'abbandono dell'essere (quindi dell'autocoscenza) questa venga sempre più sostituita da qualcosa che sta agli antipodi e ne prende il posto, come lo e' quello della "macchina" priva appunto di coscienza e di cui, ovvia conseguenza anche questa,ne rimane totalmente asservita...e i fatti lo stanno sempre più a dimostrare

Un' allucinazione (se c'é) consiste nell' esserci reale di una sensazione senza oggetto (in sé) reale distinto dal soggetto nella cui esperienza cosciente realmente essa accade.

L' assenza di autocoscienza non si identifica affatto con un' allucinazione: quante volte vediamo e sentiamo cose reali (e non allucinatorie) senza renderci conto che le stiamo vedendo o sentendo?
Per esempio quando camminiamo su un cammino o guidiamo su una strada abituali con la mente immersa nei più disparati pensieri.
D' altra parte mi sembra molto ragionevole credere che gli altri animali diversi dal' uomo siano coscienti e solo molto raramente subiscano allucinazioni (anche più raramente degli uomini; se non altro di solito questi ultimi sono molto più frequenti utilizzatori di droghe allucinogene), ma invece non siano autocoscienti.
 
Che molti subiscano una sorta di asservimento alle macchine (ma in realtà secondo me piuttosto ai possessori-utilizzatori delle e -non utilizzati dalle- macchine non dipende (per lo meno non affatto necessariamente; di fatto per lo meno non in molti casi) dall' abbandono di una concezione idealistica della realtà.
#1326
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
09 Novembre 2018, 18:18:17 PM
Citazione di: iano il 09 Novembre 2018, 11:40:28 AM
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 07:52:12 AM
Sì, la matematica è l'unica verità per il pensiero razionale.

E non dovrebbe sorprendere quanto bene la matematica riesca a rappresentare il mondo fisico, e addirittura ad anticipare le scoperte scientifiche!

La matematica è infatti espressione del pensiero razionale che deriva a sua volta proprio dallo stesso mondo fisico.

Sarebbe perciò assurdo l'opposto, ossia che la matematica potesse descrivere una realtà che non avesse nulla a che fare con il nostro mondo. Come potrebbe?

Trovandoci noi in un "sistema", essendo noi parte di questo sistema, non abbiamo alcuna speranza di uscirne. In quanto nessun sistema può uscire da se stesso.
Di modo che il "vero" all'interno del sistema può essere solo un concetto in se stesso vuoto.

Tuttavia, vi è la possibilità di aprire il sistema, relativizzandolo davvero, e non per finta, come quando si proclama l'inesistenza della verità.

Questa rottura ha un prezzo: noi stessi.

In nome di che cosa?
Della Verità!
La matematica descrive bene il mondo perché è lei stessa a costruirlo con vari gradi di libertà,seppur non in modo del tutto gratuito.Diversi racconti sono possibili , ma non tutti.E quelli possibili sono alternativi e non possono essere posti in una serie che approssima una metà ,una verità.
Ciò non appare nella misura in cui non abbiamo la coscienza/ memoria di tale costruzione.La scienza moderna è in controtendenza un accumulo di memoria diffusa con uso massiccio di coscienza.
La natura non persegue alcuna verità,e noi che ne facciamo parte lavoriamo allo stesso modo in parte .Per il resto lavoriamo in coscienza e per questo tipo di lavoro alternativo abbiamo costruito la verità.La verità di un oggetto ad esempio , cioè la verità di un oggetto che in se' non esiste,se non come costruzione , che però come detto non è del tuttto gratuita.
Quando cerchiamo di indagare l'oggetto nei dettagli , sondandone i confini allora questo mostra la sua natura virtuale diventando sempre più sfuggente, o frantumandosi in costruzioni altre varie e alternative.Ma ciò che si frantuma è la "verità" di una costruzione non univoca e non necessaria in se'.
Perché quando indaghiamo la "verità" di una costruzione di fatto la stiamo ridefinendo spinti dalla necessità di ricostruirla , perciò,se tale processo non è del tutto conscio , tale verità appare sfuggente.
Quando si parla di verità la verità di un oggetto è presa ad esempio.
Questo tavolo è vero , esiste.
Citazione
Verità =/= realtà.

Questo tavolo é (eventualmente) reale, non vero; come lo é (eventualmente) qualsiasi costrutto meramente teorico, immaginario, qualsiasi pensiero a prescindere dal fatto che possa eventualmente riferirsi a qualcosa di (oltre che pensato, anche) reale (o meno) .
Vero potrà casomai essere (o meno a seconda di come é la realtà) il predicato "c ' é (realmente) questo tavolo (o anche questo pensiero di un ente puramente immaginario)".

Il mondo è fatto di materia vivente e non,e il rapporto fra questi richiede la costruzione di un mondo virtuale che intermedi fra i DUE regni , e col due inizia in effetti la storia della matematica , essendo l'uno e lo zero costruzioni recenti.Lo zero in particolare. Come dire che il nulla nasce a fatica e non nasce dal nulla.
Questo mondo di intermediazione, questo mondo di mezzo , fa' parte esso stesso del mondo.E' un mondo di avventura, meraviglioso , dove tutto sembra possibile ,anche se non tutto è possibile, e il suo confine sfugge come l'orizzonte che noi chiamiamo verità.
Citazione
Considerazioni che trovo alquanto vaghe e oscure.

Comunque di certo c' é una bella differenza fra "cose" meramente pensate (senza riferimento reale) e "cose" reali (indipendentemente dall' eventuale fatto che inoltre possano essere pure pensate o meno).

Da nulla di reale possono tranquillamente nascere ad libitum solo "cose" immaginarie la cui realtà si esaurisce nel (non eccede il) fatto di essere pensate (immaginate); invece le cose reali (indipendentemente dall' eventuale fatto che siano pur pensate o meno) non nascono ad libitum dal mero fatto di pensarle (sarebbe troppo comodo... Quante donne avrei avuto, se bastasse pensare di essere con esse in più o meno intime relazioni perché vi ci fosse realmente!).
#1327
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
09 Novembre 2018, 17:58:25 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 07:40:49 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 08 Novembre 2018, 20:29:45 PM
Ma la verità mica è un ente. Non essendo un ente, né reale né immaginario, non c'è nessuna "reificazione".
saluti

Da Platone in poi è stata reificata, costituita come ente. Immaginario ovviamente, ma a insaputa dei filosofi, che hanno continuato a cercarlo nella cosa-in-sè, nell'Essere. Ente su cui gli unici ad aver pascolato alla grande sono stati i preti di tutte le religioni. Coi filosofi al seguito.
Citazione

Stavolta concordo con l' amico Mauro (Oxdeadbeef).

Cara Ipazia, la filosofia non si esaurisce affatto nel platonismo - eraclitismo - idealismi vari -heideggerismo - severinismo e così via farneticando di Essere (notare l' iniziale maiuscola) aprioristicamente postulato in barba a quanto empiricamente evidente (e col quale il razionalistico noumeno kantiano non ha nulla a che fare): é molto di più e di (anche) diverso (oltre che in altra parte di uguale).

Molti filosofi (e non mi ferisco al pessimo Nietzche; ma per esempio al buon Feuerbach all' ottimo Engels, oltre che a tantissimi altri) non sono affatto "al seguito dei preti", anzi! I preti, che spesso non sono affatto stupidi, li vedono come il fumo negli occhi in quanto si rendono conto che sono i loro principali e più pericolosi nemici (a mio parere molto più degli scienziati, in generale; che infatti non affatto di rado sono credenti ...chissà perché?*); i quali invece non poco si giovano di fatto a parer mio delle superficiali pretese positivistiche e scientistiche di liquidare la filosofia (col risultato di lasciare campo libero, presso gli ingenui, alle loro filosofie irrazionalistiche).


___________________

* Il buon vecchio Friederich (quell' altro, connazionale e ampiamente contemporaneo del proclamatore della "morte di Dio"), secondo me ' aveva ben capito il perché:

«Gli scienziati credono di liberarsi dalla filosofia ignorandola o insultandola. Ma poiché senza pensiero non vanno avanti e per pensare hanno bisogno di determinazioni di pensiero e accolgono però queste categorie, senza accorgersene, dal senso comune delle cosiddette persone colte dominato dai residui di una filosofia da gran tempo tramontata, o da quel po' di filosofia che hanno ascoltato obbligatoriamente all' università, o dalla
lettura acritica e asistematica di scritti filosofici di ogni specie, non sono affatto meno schiavi della filosofia, ma lo sono il più delle volte purtroppo della peggiore; e quelli che insultano di più la filosofia sono schiavi proprio dei peggiori residui volgarizzati della peggiore filosofia».             (Dialettica della natura, fine'800)
#1328
Citazione di: Apeiron il 06 Novembre 2018, 22:13:20 PM

CitazioneApeiron
Chiaramente questo lascia perplessi, visto che, in fin dei conti, Kant riteneva che tra le "categorie" vi era la causalità. Perciò, per Kant, gli "oggetti esterni" devono esistere indipendentemente da noi e, allo stesso tempo, devono anche essere parte dell'esperienza ordinata dalla mente - ovvero parte della "rappresentazione". Non a caso, per Kant fenomeni erano anche "oggetti" che non erano sensazioni immediate.

Citazione

Citazione
CitazioneSgiombo:
Ma se ben lo intendo erano "oggetti" e non sensazioni immediate solo in quanto cose in sé o noumeno, non i quanti fenomeni.
Apeiron

Sono indipendenti dalla nostra esistenza ma al tempo stesso sono "interni" all'esperienza cosciente (o meglio, alla "rappresentazione") perché sono necessari per spiegare la presenza delle sensazioni. Quindi non sono "fenomeni" in quanto sensazioni, bensì sono all'interno del mondo fenomenico in quanto sono implicati dalla causalità (che è una forma regolativa a-priori). O almeno questo è quello che pensa "Kant interpretato da me"  ::)  
CitazioneSgiombo:
Concordo se (come mi pare di comprendere ora) stai parlando di cose come gli atomi, le particelle-onde, i campi di forza, ecc.: questi non sono cose in sé ma invece ciò che si teorizza (si conosce come non falsificato) circa i fenomeni (il "mondo fenomenico" analizzato nelle modalità del suo divenire, nei suoi aspetti anche non immediatamente evidenti ma da ipotizzare per spiegare il divenire di quelli immediatamente evidenti: non usciamo dall' "esse est percipi", ma semplicemente percepiamo meglio, meno superficialmente, più approfonditamente o precisamente e compiutamente; o meglio consideriamo, pensiamo meglio, meno superficialmente, più approfonditamente o precisamente e compiutamente ciò che percepiamo.








CitazioneApeiron
La filosofia Kantiana riesce a dare una sorta di "spiegazione" del fatto che osserviamo regolarità nella nostra esperienza: d'altronde la mente "ordina" le sensazioni. D'altro canto, è anche vero che arriva al paradosso quando, in pratica, finisce per sostenere che questo "ordinamento" dell'esperienza richiede la presenza di oggetti esterni (causalità) e allo stesso tempo però questi oggetti esterni, che spiegano l'insorgere delle sensazioni (ovvero sensazioni visive, uditive...), devono essere parte del "mondo fenomenico"/"rappresentazione"/esperienza. Il paradosso, dunque, è il seguente: gli oggetti esterni devono, al contempo, essere sia interni alla rappresentazione sia esterni a noi (ovvero non dipendere ontologicamente dalla nostra esistenza). Perciò, Kant, si avvicina addirittura al "realismo diretto" sostenendo che noi possiamo conoscere oggetti che non dipendono dalla nostra esistenza e, al contempo, si avvicina all'"idealismo" visto che tali oggetti sono sempre parte della rappresentazione! Quindi la filosofia di Kant ha, effettivamente, questo grosso problema e, effettivamente, rimane da vedere se davvero giustifica la conoscenza scientifica (e, credo, che qui si vede che non appoggio Kant in modo incondizionato   ).

Citazione
CitazioneSgiombo:
Secondo me l' apparente paradosso (che mi sembra proprio della tua interpretazione errata -ma potrei invece sbagliarmi io!- di Kant e non del grande konigsberghese) si scioglie facilmente distinguendo fra "oggetto" (di sensazione e non di conoscenza), impropriamente inteso come apparenza fenomenica nell' ambito della nostra coscienza (quelle materiali -res cogitans- non sono propriamente oggettive ma possono solo essere -indimostrabilmente postulate- essere intersoggettive; cioè reciprocamente corrispondenti -e non "cose" uguali, che non avrebbe senso, né men che meno le medesime "cose"- fra le diverse esperienze fenomeniche dei diversi soggetti); e "oggetto" propriamente inteso come cosa in sé o noumeno (in determinate relazioni con l' altra cosa in sé che é l' oggetto allorché accadono i determinati fenomeni coscienti; quelli materiali se soggetti ed oggetti sono diverse cose in sé, mentali se riflessivamente si identificano nella medesima cosa in sé).
Apeiron

E invece credo di no  ;D secondo "la mia interpretazione di Kant" o "Kant interpretato da me", gli oggetti esterni, pur essendo ontologicamente indipendenti dall'esistenza del soggetto, sono pur parte della rappresentazione in quanto sono necessari nell'ordinamento della "causalità". Su questo punto si capisce, secondo me, il fatto che Kant voleva distanziarsi da Berkeley/Hume e Cartesio/Spinoza e il motivo della critica rivoltagli da Fichte, Schelling e Hegel, secondo i quali non ha completato la sua "rivoluzione" (per questi filosofi, il "mondo esterno" era la creazione di una coscienza...per Kant ciò era possibile solo per Dio, la cui esistenza non poteva essere dimostrata con la "ragion pura" ma al massimo postulata dalla ragion pratica. Per il trio appena nominato tale coscienza era lo "Spirito" che ha creato il mondo esterno e di cui noi siamo "manifestazioni" - se non li ho fraintesi  :) )
CitazioneSgiombo:
Se per "oggetti esterni" intendi le cose in sé (o il noumeno) dissento: sono ontologicamente indipendenti dall' esistenza del soggetto di coscienza e diversi (altre "cose") dalle rappresentazioni fenomeniche.

Se invece (dicendo che sono necessari nell'ordinamento della "causalità"; comunque credibile per fede e non dimostrabile) intendi che sono aspetti "nascosti", non immediatamente evidenti della realtà fenomenica ma deducibili dai suoi aspetti immediatamente evidenti (atomi, particelle-onde, ecc.), comunque non reali indipendentemente dalle sensazioni fenomeniche (e dal rispettivo soggetto, se é reale anch' esso), allora concordo. 








Sgiombo
CitazioneApeiron
Il "realismo diretto" perciò,  non riesce a spiegare il motivo per cui i nostri concetti, la matematica ecc possono essere usate per comprendere l'esperienza

Citazione
CitazioneQui devo ripetere che per me é un fatto del tutto ovvio non richiedente alcuna spiegazione.


Apeiron
Non è affatto ovvio che una "realtà esterna", indipendente ontologicamente da noi e non parte della nostra rappresentazione, sia regolare (assunzione 1)
CitazioneSgiombo:
Deve esserlo se si vuole spiegare con essa l' intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti cervello coscienza (altro modo di farlo non vedo, se non una leibniziana armonia prestabilita, nella quale il noumeno nemmeno esiste; casomai esiste Dio).








e che tali regolarità siano comprensibili da noi (assunzione 2) - ci sono anche altre assunzioni ma mi fermo qui. Onestamente, non capisco il motivo per cui a te sembra così "ovvio"  :)
CitazioneSgiombo:
Ma da noi le regolarità del noumeno o cosa in sé non sono comprensibili (nemmeno immaginabili); lo sono solo quelle (postulabili ma non dimostrabili) dei fenomeni).








In fin dei conti anche Hume poi sceglieva di "credere" nella ragionevolissima ipotesi che la causalità era vera - e che quindi non aveva senso pratico di dubitare che prendendo a pugni un muro si potevano avere danni alle mani)
CitazioneMa nella piena consapevolezza dell' infondatezza razionale di questa credenza.

Ciao!
#1329
Citazione di: Apeiron il 06 Novembre 2018, 21:48:24 PM


Apeiron

vero però senza il "supporto" dell'esperienza (ed, eventualmente, ciò che può essere ricavato in modo indubitabile da essa) la "conoscenza" è una congettura (cosa su cui anche tu sei d'accordo  ;) ).
Onestamente, pensavo che fosse chiaro che, ad esempio, "realismo empirico" significa proprio che si ha conoscenza di qualcosa che è indipendente ontologicamente e che lo si può conoscere tramite l'esperienza (e quindi, in ultima analisi le sensazioni...). Non capisco cosa cambia questa tua precisazione (per me era già implicita...)
Citazione

Sgiombo:
La conoscenza delle sensazioni é una cosa (un fatto), le sensazioni sono altre cose (altri fatti).

"Ciò di cui si ha sensazione" può essere inteso come le sensazioni stesse (un albero che vedo), delle quali "esse est percipi", e dunque qualcosa di non indipendente (anzi: di identico) ontologicamente dalle sensazioni stesse (e dal rispettivo soggetto, se reale; anche se non solo da tutto ciò); oppure come la cosa in sé (se reale) che "si manifesta come le (corrisponde biunivocamente alle) sensazioni , ma é indipendente da esse (é reale anche e  e quando non lo sono le corrispondenti sensazioni con le quali "si manifesta" fenomenicamente) e dal rispettivo soggetto.





CitazioneNon si riferiscono all' epistemologia (allo studio della conoscenza) ma all' ontologia (alla realtà): le sensazioni sono fatti, non conoscenze (conoscenze sono invece -peculiari sensazioni costituite da- proposizioni, pensieri, predicati veri circa fatti (come le sensazioni o eventualmente altro); veri o "conformi" (concetto da definire per bene) ai fatti stessi.

Traducendo dalla questione (secondo me mal posta) delle sensazioni in quella (corretta) delle conoscenze circa le sensazioni, allora circa queste ultime si pone il problema se ad esistere o meno indipendentemente dal soggetto sono le sensazioni (fenomeni) o gli oggetti in sé (noumeno) delle stesse

Se le sensazioni (fenomeni) necessitano di un soggetto (in sé, da esse diverso, reale anche indipendentemente da esse: noumeno), allora i fenomeni sono indubbiamente dipendenti dal soggetto, mentre il noumeno (le cose in sé oggetto di sensazione fenomenica) potrebbero:

o esistere (essendo ben altra cosa ei fenomeni) indipendentemente dall' esistenza del soggetto e dei fenomeni o sensazioni: realismo:

oppure semplicemente non esistere: irrealismo (o idealismo a là Berkeley: esistono solo le sensazioni e non loro specifici oggetti, loro "oggetto" essendo in ultima analisi alquanto aspecificamente Dio che le fa esistere

Apeiron

Beh "trascendentale" e "empirico" sono concetti epistemologici. Il loro significato è nel campo epistemologico. Riguardo ad "idealismo" ed "empirismo" direi che è invece abbastanza ovvio che il significato è ontologico. Sulla questione del noumeno torno più avanti.
Citazione
Sgiombo:
Ma non stavamo parlando di ontologia?







Apeiron

concordo... pure su Kant (udite, udite!)  ;D o più precisamente... per Kant la ragion pratica non può dare conoscenza bensì, per Kant, la ragion pratica "impone" gli assiomi sulla "cosa in sé" (ad esempio: libero arbitrio, immortalità e esistenza di Dio - sui quali la "ragion pura" crea solo antinomie).
CitazioneNOn capisco la differenza: gli assiomi i quali  sono imposti (= il credere nella verità dei quali é imposto) dalla ragion pratica che cosa sono se non conoscenza (che esistono Dio, l' anima individuale immortale e il libero arbitrio)?





Apeiron

 a rigore, Hume non ha mai realmente dubitato della ragionevolezza della causalità...)
Citazione
Ne ha realmente dubitato, anche se ovviamente si é sempre comportato "ragionevolmente", come se non ne dubitasse (differenza fra conoscenza o teoria e pratica).
#1330
Citazione di: Ipazia il 07 Novembre 2018, 09:58:33 AM
Terribile lapsus freudiano...  ;D  No, è qualcuno che secondo alcuni sta mooolto al di sopra del piccolo padre. Un grande Padre.
Ho portato la verità nella sua discussione propria. Prego accomodarsi.  :D


Terribilissimo ...ma non freudiano (per quanto mi riguarda)!

Ma ultimamente mi sento un po' tardo di comprendonio (sarò stanco; almeno lo spero: molto meglio un po' di stanchezza che l' Alzheimer!) qual' é la discussione propria?

Gtazie.
#1331
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 22:37:23 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2018, 21:18:16 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 20:15:34 PM
Citazione di: InVerno il 06 Novembre 2018, 18:47:12 PM
Se non esiste la verità, di che discutere?

Se esistesse la verità di che discutere ?


Per esempio di quale sia, di come sia, di che cosa sia, di come cercare di raggiungerla, di su quali basi cercare di fondarla o giustificarla...

Mi ricorda vagamente qualcosa. O qualcuno, come pensano alcuni. Io trovo più stimolante il dialogo tra le verità, che quello su la verità. Questione di gusti.

Malgrado l' evidente presunzione di trasparenza dell' allusione non riesco proprio a vedere che cosa ti ricordi: prego esplicitare.

Sulla stessa questione considerata negli stessi termini la verità non può essere che una sola per definizione, che si riesca a conoscerla, e più o meno esaurientemente, o meno (affermare che ce ne siano più di una reciprocamente diverse é cadere in contraddizione).

A scanso di equivoci preciso che affermare questo non significa certo cadere nel dogmatismo per il quale un' opinione deve essere per forza imposta a tutti forzatamente, senza essere criticata e discussa.

P.S.: spremendomi le meningi mi viene da pensare che potessi alludere a Giuseppe Stalin: se così fosse ne sarei lusingato...
Ho indovinato?
#1332
Tematiche Filosofiche / Re:Hiroshima fu il meno peggio
06 Novembre 2018, 21:32:58 PM
Citazione di: viator il 06 Novembre 2018, 14:52:45 PM
Salve Sgiombo.
Morale = sistema di valori e norme vigenti all'interno di una qualsiasi società o collettività e che risulta condiviso dalla maggioranza dei suoi componenti.

Etica = sistema di valori che sta alla base delle scelte e degli atti di ciascun individuo.

Quindi, mentre le morali del pianeta saranno centinaia o migliaia, le distinte etiche individuali - nessuna delle quali perfettamente identica ad altre - dovrebbero essere appunto intorno ai 7 miliardi (non milioni). Saluti.


Nessuna (pretesa) consequenzialità dalle premesse alla conseguenza.
#1333
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 20:15:34 PM
Citazione di: InVerno il 06 Novembre 2018, 18:47:12 PM
Se non esiste la verità, di che discutere?

Se esistesse la verità di che discutere ?


Per esempio di quale sia, di come sia, di che cosa sia, di come cercare di raggiungerla, di su quali basi cercare di fondarla o giustificarla...
#1334
Citazione
CitazioneSgiombo:

Premetto che di marxismo penso di conoscere un po' di più dell' "abc" (anche perché non essendo un corpus di testi sacri non esiste alcuna "versione ufficialmente accettata", con tanto di "imprimatur", né del marxismo complessivamente inteso, né di alcun suo "abc").
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 13:21:45 PM




Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2018, 11:53:24 AM
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 09:33:50 AM
La "filosofia materialista" non ignora questo problema ed è assai indaffarata a risolverlo per via neuroscientifica. Un punto assodato di tale filosofia è che la res cogitans (pensiero) è parte della res extensa (natura). Ma deve riconoscere, aldilà di ogni sforzo riduzionista, che la res cogitans ha delle facoltà trascendentali che agiscono sulla res extensa.
Secondo me la "filosofia materialista" non riesce a risolvere il problema perché non ne ha una comprensione corretta; infatti per via puramente e semplicemente neuroscientifica non si può risolvere.

Dire che la res cogitans (pensiero) è parte della res extensa (natura) é assurdo: nei cervelli si possono trovare solo neuroni (e cellule gliali, vasi, ecc), assoni, sinapsi, potenziali d' azione ed eccitazioni e d inibizioni trans-sinaptiche (perfettamente riducibili a particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.: materia tout court) e non affatto coscienza: nessun colorato arcobaleno o panorama se il "titolare "di un cervello che si osserva sta vedendo un arcobaleno o un panorama, nessun odio, amore, paura, soddisfazione, speranza, immaginazione, ecc. se sta odiando, amando, provando soddisfazione, sperando immaginando, ecc.).
Per il semplice motivo che non é l' esperienza** (del suo "titolare") ad essere nel cervello osservato, ma invece il cervello (osservato) ad essere nella coscienza* (di chi o osserva).

L'uomo compreso il suo pensiero, è parte della natura, che ne influenza profondamente il cogito. ABC del materialismo marxista. Ma anche delle neuroscienze e del buonsenso. Che le neuroscienze siano in alto mare lo so. Ma hanno tutto il sacrosanto diritto, senza fingere ipotesi, di ricercare.
Citazione
Questa banalissima ovvietà (piuttosto che abc del marxismo, mero buon senso) che L'uomo compreso il suo pensiero, è parte della natura, che ne influenza profondamente il cogito non é certamente la soluzione della questione dei rapporti cervello-mente.

Le neuroscienze, compiendo progressi a mio parere filosoficamente assai poco rilevanti (secondo me bastava quello che si sapeva quasi un secolo e mezzo fa, ai tempi di Broca e Wernicke per impostare il problema filosofico su basi  scientificamente assai consistenti) non hanno fatto che confermare e "illustrare sempre meglio nei dettagli" il fatto che ogni determinata esperienza cosciente  necessariamente coesiste con determinato eventi neurofisiologici nell' ambito di un determinato cervello .
Ma questo é precisamente solo il punto di partenza per affrontare la questione filosofica (che taluni credono di risolvere "eliminativisticamente", negando contro l' evidenza empirica dei fatti la realtà della coscienza "soggettiva" (dei "qualia"). altri identificandola, pure contro l' evidenza empirica dei fatti, con quelle ben altre, diverse, seppur necessariamente coesistenti, cose che sono tali processi neurofisiologici, altri pretendono che "emerga da" o sopravvenga a" essi, altri che con essi interferisca causalmente contro la chiusura causale del mondo fisico, io nel mio piccolo che vi corrisponda biunivocamente, altri ancora ecc.). 

Dunque nessuno si sogna di vietare (e ci mancherebbe altro!) alle scienze neurofisiologiche di fare il suo mestiere (nel quale si trovano tutt' altro che "in alto mare"), ma nemmeno la neurofisiologia (o lo scientismo o il positivismo) può pretendere di vietare alla filosofia di trattare queste ed altre teorie esplicative dl problema, nell ' intento di risolverlo (se possibile).

Se poi tu (a mio parere contro il marxismo inteso correttamente; sebbene dimostri di averne un' eccellente conoscenza -concetto ovviamente ben diverso da quello di conoscenza "perfetta", assolutamente indenne da fraintendimenti- per la quale ti faccio i miei sinceri complimenti) ritieni che le scienze naturali bastino a comprendere la questione (e forse anche la diversa questione del materialismo storico e dell' economia politica), fai pure.
Per conto mio invece non bastano proprio.




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CitazioneCitazione da: sgiombo - Tue Nov 06 2018 11:53:24 GMT+0100 (Ora standard dell'Europa centrale)

Per la chiusura causale del mondo fisico (senza la quale sarebbero possibili i miracoli e la scienza andrebbe a farsi benedire; magari anche letteralmente, da qualche prete o stregone) la res cogitans non può avere alcun effetto di alcun genere (qualsiasi cosa possa significare "trascendentale"), non può agire in alcun modo sulla res extensa.

La res cogitans modifica, attraverso l'operare umano, la natura. Biotecnologie, un esempio a caso. Anche questo è abc del marxismo.
Citazione(A parte l' ultima pretesa che sia l' abc del marxismo) Concordo in pieno (ma non l' ho mai negato).
Ma é irrilevante circa la questione dei rapporti mente - cervello (che a mio parere va affrontata dandolo ovviamente per scontato).




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Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2018, 11:53:24 AM
La conoscenza e la spiegazione scientifica della comparsa nel corso dell' evoluzione biologica delle facoltà conoscitive umane, quella filosofica (gnoseologica o come si preferisce di fatto dire epistemologica) dei fondamenti, significato, natura, limiti, condizioni, ecc. della conoscenza e quella pure filosofica (ontologica) dei rapporti materia (cerebrale) - coscienza  sono tre ben diversi ordini di questioni, da non confondersi.
In particolare la scienza biologica ci spiega benissimo come si é evoluto il cervello umano e conseguentemente il comportamento umano da esso "diretto" o regolato, ma nulla dei rapporti mente - cervello: per la biologia la coscienza potrebbe benissimo non accompagnare alcun cervello, uomini e animali potrebbero essere delle sorta di zombi "funzionanti" (agenti) come agiscono senza averne coscienza, e nulla cambierebbe, per nulla potremmo accorgercene.

Non la farei così complicata. Le facoltà cognitive umane sono un prodotto evolutivo naturale.
CitazioneChe le facoltà cognitive umane sono un prodotto evolutivo naturale é ovvio (e da me mai negato), ma limitarsi a questa ovvietà ("farla così semplice") non solo non risolve la questione, ma dimostra anche che la si ignora tout court (beninteso: niente di male, ognuno coltiva gli interessi che più gli aggradano).




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Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2018, 11:53:24 AM
NOn si tratta affatto di dispute tardonominalistiche fra scienza e filosofia da gettare nella spazzatura ma invece di problemi (per me soggettivamente interessantissimi!): si tratta di comprendere in che senso (che significano queste affermazioni) siamo contemporaneamente materia cerebrale (mia spiegazione filosofica: in quanto osservati da altri, nell' ambito delle loro coscienze*), e  la nostra propria esperienza cosciente** (mia spiegazione filosofica: in quanto osservati da noi stessi).

Mia spiegazione: siamo contemporaneamente physis e psichè. La (auto)coscienza è il connettore tra le due sfere, il medium della dimensione psicofisica. Separarle con il rasoio, fosse pure quello di Occam, non si ottiene nulla di meglio che due cadaveri. Disjecta membra, come diceva il buon Karl.
CitazioneParole che trovo molto vaghe ed oscure, che mi sembrano piuttosto enunciare la negazione del problema che tentarne una comprensione e un tentativo di soluzione.





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Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2018, 11:53:24 AM
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 09:33:50 AM
PS La matematica è quella che è perchè è il ragionamento logico, la techne, (trascendentale) che meglio ci permette di mettere ordine all'universo empirico trasformandolo da cosa-in-sè (verità) - che pertanto non è più un problema nè epistemologico, nè scientifico - a cosa-per-noi (veridicità). Che invece problematica lo è, ma anche risolvibile attraverso le nostre funzioni trascendentali.
NOn comprendo: per me la verità é sempre verità per qualcuno che la conosce (se nessuno crede nulla esistono fatti, non verità, né falsità; le quali sono caratteristiche proprie di quei peculiari fatti che sono i predicati o affermazioni o giudizi).
E la veridicità é la caratteristica del soggetto di un' affermazione che dice il vero (a meno di non considerarla come mero sinonimo di "verità" attribuendola all' affermazione stessa).

Rispondevo ad apeiron che intende la matematica come verità, mentre è soltanto veridica (soggetto che dice il vero) nel suo ristretto ambito onto-logico, epifenomenico rispetto alla "forma" della razionalità umana.
CitazioneLa matematica mi sembra piuttosto astratta rispetto ala realtà fenomenica immediatamente esperita che "epifenomenica rispetto alla "forma" della razionalità umana" (locuzione cui non saprei che senso dare).
#1335
Tematiche Filosofiche / Re:Hiroshima fu il meno peggio
06 Novembre 2018, 14:49:39 PM
Citazione di: Jacopus il 06 Novembre 2018, 13:52:00 PM
Ad ogni buon conto come le rivoluzioni anche le guerre non sono pranzi di gala e fra l'imperialismo giapponese o quello sovietico o quello americano direi che è possibile fare una sorta di graduatoria, almeno provvisoria. A favore dell'Unione Sovietica va riconosciuto che non si macchio' mai di bombardamenti a tappeto, aiutata dal fatto che la guerra di combatté nel suo territorio. Giappone e Usa non furono di questo avviso. Il Giappone rase al suolo diverse città cinesi ed usò un regime crudele contro cinesi e coreani. Gli Usa non furono dei santarellini, ma ebbero il pregio di avere una visione politica globale ed hanno mantenuto questo potere tuttora, tollerando e talvolta promuovendo la critica al suo sistema, atteggiamento poco favorito  sia dal Giappone che dall'Unione sovietica.
Tornando alla bomba, si sarebbero potute intraprendere anche altre strade, come un'esplosione dimostrativa in una zona disabitata. Con il senno del poi....in realtà molti fattori conducevano all'uso della bomba e accusare ora gli Usa di "malvagità" mi sembra piuttosto ingenuo.
CitazioneNon mi sembra proprio che in Grecia nel 1944-46, succedendo nello sporco lavoro all' Inghilterra, gli USA abbiano tollerato né men che meno promosso la critica al loro sistema...


Sterminare gli abitanti di due città all' unico vero scopo (salvo forse il fermare l' avanzata sovietica verso in Giappone) di cercare (in buona misura invano) di condizionare l' URSS a me pare decisamente malvagio.