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Messaggi - Phil

#1336
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
23 Settembre 2019, 16:24:48 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
Dal cielo, tutti o quasi, vedono il brulicare della vita. Da terra ci si chiede come regolarla al meglio. La risposta (storica) incontrovertibile è che alcune ricette funzionano meglio di altre.
Il «meglio» è esattamente il problema (valutativo, direi). Che la strada dell'uomo proceda pian piano verso il meglio, possono dirlo Darwin e Leibniz (e altri, suppongo), ognuno con le sue ragioni; ci sono tuttavia anche altre ragioni che, su altri piani, decostruiscono persino la categoria di «meglio», relegandola al rispettivo paradigma (questione di interpretazioni e di fondamenti).

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
L'assiomatica a priori è un delirio metifisico che ha già fatto infiniti danni. Persino nella "razionalità pura" scientifica gli assiomi nascono da induzioni continue, soggette a falsificazione, e deduzioni a posteriori. Nell'universo antropologico funziona uguale: l'assioma va sempre ricercato nell'esperienza ed è soggetto a continue revisione che lo adeguino ad un ethos in costante evoluzione. Come nella scienza, l'unica autorità assiomatica è il pear review dell'intelligenza collettiva che, col senno di poi (sempre a posteriori), può rivelarsi anche poco intelligente, ma che avendo essa scritto la storia chiede comunque di essere presa sul serio, generando un punto assiomatico da cui ripartire per fare eventualmente tutto il contrario.
Tutto condivisibile; almeno finché non parliamo di etica, che non credo possa procedere "per tentativi ed errori"; non perché non ci sia la pazienza per farlo, ma perché un'etica induttiva, che sperimenta, prende nota e poi si corregge, non avrebbe la normatività che le si richiede (non dimentichiamoci cosa ci aspettiamo da un'etica...), né ha, essendo basata su interpretazioni di significato, una falsificabilità fruibile per riorientarsi al meglio (sempre in attesa che si scopra/inventi un sequitur incontrovertibile e oggettivo per risolvere definitivamente le questioni etiche, rendendole mere operazioni epistemologiche).

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
La filosofia fa da moderatore quando qualcuno la fa fuori dal vaso trasformando quattro dati sperimentali in metafisiche di bassa lega. Non si tratta di "raccordare i saperi", ma di trarre da essi elementi nutritivi per il proprio sapere (filosofico) che pare non andare mai in pensione visto la debordante "richiesta di significato" che popola di folle umane ogni sagra turistico-filosofica che neppure l'armata di Bergoglio e la pietra nera riescono a reggere la concorrenza.
Magari sbaglio, ma direi che il paragone numerico sia piuttosto impietoso a favore della concorrenza con la tunica (inevitabilmente, a parer mio) e, soprattutto, la «richiesta di significato» di oggi mi appare piuttosto consumistica, nozionistica, fumettistica, presenzialistica e populistica (e ben venga la "popsophia"), proprio per colmare il vuoto lasciato, loro malgrado, da quelli con la tunica e non ancora conquistato dagli psicologi. Questo, a suo modo, è il compimento del declino della metafisica tramite volgarizzazione a livello popolare e mutamento in "letteratura d'ispirazione" (ogni piano ha i suoi tempi e la sua voracità). Quando parlo del "vecchietto senza cantiere", intendo questo:«una volta sì che si sapeva come tirar su una metafisica fatta bene» direbbe il suddetto vegliardo guardando alla teoresi di oggi.

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
Che i bisogni materiali muovano la Lebenswelt ha tutti i crismi dell'assioma correttamente relazionato al referente reale in tutto l'arco non virtuale che va dai boat people a Wall Street. [...] Per tutti gli animali terrestri l'assioma regge.
Certo, assioma fisico; per diventare etico deve purtroppo spogliarsi della sua incontrovertibilità, aprendo il referente (physis, bios) ad un senso che si fa sempre più imposto alla vita in sé (dall'ethos all'etica). Solo a seguito di tale spogliarsi, ogni etica acquisisce senso (se lo avesse prima, non staremo qui a parlarne) e si fonda nella sua tautologica circolarità (che diventa aporia ogni volta che ne incontra un'altra).

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
filosofia [...] il suo campo operativo è una semantica in cui nessuna "scienza umana" è stata finora capace di prenderne il posto.
Concordo, e come ogni semantica è infatti arbitraria, autoreferenziale, etc. volerlo evitare comporterebbe un ritorno ai fondamenti celesti, gli unici che oltre ad essere referenti "incontrovertibili" avevano in omaggio anche dei significati parimenti incontrovertibili (per quello potevano e dovevano negare che, anche nell'etica, non ci fossero fatti ma solo interpretazioni... oggi per noi è forse un po' più difficile).
#1337
Tematiche Filosofiche / Re:La scrittura
22 Settembre 2019, 15:50:31 PM
Citazione di: paul11 il 19 Settembre 2019, 20:39:14 PM
L'ìipocrisia, perchè questo è la menzogna, è il tipico atteggiamento che mira alla funzionalità e utilità individuale, tipico della cultura occidentale moderna e postmoderna relativista. dove la parola "è gioco di parole" per l'arte della persuasione e del contendere.
Eppure i sofisti e i retori esistono da abbastanza prima dell'età moderna e postmoderna, che non credo abbiano di tipico l'uso disinibito e strumentale del linguaggio (o almeno non credo le ricorderemo per questo, essendo un uso nato con il linguaggio stesso). Da notare inoltre che i bambini sono d'istinto affascinati dai giochi di parole (filastrocche, etc.) e imparano spontaneamente a servirsi astutamente del linguaggio; c'è forse qualcosa di più profondo, nell'uso giocoso e furbo del linguaggio, ben oltre la malizia (post)moderna.

Citazione di: paul11 il 19 Settembre 2019, 20:39:14 PM
Quando una cultura perde la sacralità della parola data , in una stretta di mano, si entra nell'epoca del "nulla",questo è il vero nichilismo.
Mi pare non sia un caso se mentire è forse da sempre e pressoché ovunque considerato «peccato»; quindi la sacralità è da sempre insidiata dalla sua profanazione; se questo è nichilismo, secondo me è congenito tanto alla parola quanto alla stretta di mano, oltre che alla scrittura, con tutte le differenze di verificabilità e di tutela storica che intercorrono fra fonte orale e fonte scritta. Se infatti racconto ciò che la mia famiglia tramanda da generazioni, come controllare che ciò che dico sia identico a ciò che che diceva mio padre (a sua volta impeccabile ripetitore di mio nonno, etc.)? Il "gioco del telefono senza fili", nella sua voluta spensieratezza, è eloquente al riguardo. Un tratto saliente dello scrivere è infatti la possibilità di creare fonti di riferimento non facilmente manipolabili, al punto che piuttosto che modificare i testi (la cui manomissione sarebbe stata palese) spesso si è preferito bruciarli (oggi che sono testi sempre più virtuali, la questione è ben più infida...). Nella tradizione orale, quanto più sono l'unico a tramandare qualcosa, quanto più posso disporne a piacimento, orientandone l'impatto sull'uditore, senza possibilità di smentita (eventualmente, sarà "la mia parola contro la sua"; "il mio scritto contro il suo" è invece sempre meno probabile, almeno dall'invenzione della stampa fino alla legge sul deposito obbligatorio dei testi).

Storicamente, l'impulso che la scrittura ha dato alla (in)formazione delle genti, spingendole ad acquisire almeno un'alfabetizzazione di base, è in fondo una delle molle della burocrazia (nel bene e nel male), della conoscenza della cultura generale e dell'attualità (v. giornalismo), oltre che, ultima ma non per importanza, della benemerita partecipazione attiva alla vita politica democratica (basti pensare alla segretezza del voto che, senza offesa per l'oralità e le tecniche di votazione del senato romano, richiede comunque un minimo di lettura della scheda e capacità di firma). Se poi tutto ciò sia un bene o un male o semplicemente l'ennesimo problema da affrontare per l'uomo, dipende dalla visione più o meno "esoterica" della società; hai ricordato «le perle ai porci» che è, per me, una questione che anche oggi ha una sua criticità (sorvolando su chi dà la colpa alla Circe di turno per il suo esser-maiale), ovvero: quali informazioni sono da condividere? Quando una totale "trasparenza" (semmai umanamente possibile) diventa "oscena"? Un tutorial per costruire la bomba atomica è pregevole indice di elevata libertà di espressione? I controllati devono sapere i trucchi dei controllori? Chi controlla i controllori della comunicazione? Moltiplicare i canali di comunicazione e i comunicatori, moltiplica anche le esigenze di filtri? Etc.

Rispetto alla oralità, la scrittura consente una relazione più permanente e differita (nel tempo e nello spazio) con i propri simili, introducendo un terzo polo fra «soggetto» e «oggetto», fra «io» e «altro», fra «parlare» e «ascoltare»: un archivio di senso consultabile e condivisibile, che può istigare alla sua modifica, riproduzione e disseminazione, ma anche a rivalutare l'"utilità" e il "senso" dell'impermanenza, del non lasciar traccia e persino del non tracciabile (l'indescrivibile dell'esperienza viva), anche questa rivalutazione affiora, seppur via negationis, dai testi della scrittura.
#1338
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
20 Settembre 2019, 21:54:05 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
La nottola vola alto per vedere la luna oltre le cortine fumogene dei cacciatori; ma per indagare le microscopiche miserie dei loro fondamenti e l'inconsistenza delle loro radici é senz'altro meglio un animale per molti versi ad essa complementare, la talpa.
Eppure, come dicevo, se la nottola vuole nutrirsi dovrebbe scendere di quota, persino fino a terra se preferisce prede sostanziose (magari piccole talpe sprovvedute, perché no?); ovvero: se la filosofia (o l'etica), vuole fare davvero i conti con il reale, dovrebbe abbandonare le rotte aeree dello Spirito (seppur hegeliano) che, come hai condivisibilmente notato, servono più a guardare il cielo che a capire le dinamiche della terra toccandole con mano. Ricordo sempre volentieri che Talete non è solo il filosofo della buca, ma anche quello dei frantoi (da far scuola a Bezos) e oggi, a parer mio, più che in passato alla filosofia si chiede di stare con i piedi per terra (l'epistemologia è infatti roba da talpe).
Dal cielo, tutti (o quasi) vedono la sacralità della vita, ma intanto sulla terra ci si chiede: è a priori "sbagliata" qualunque guerra poiché elimina la vita altrui? La vita nasce con la fecondazione? La vita è tale anche quando si vive nel sonno grazie a macchinari elettrici? Quanto possiamo dobbiamo limitare la vita del singolo contro la sua volontà, ma per il bene presunto della vita della comunità? Etc.
Queste sono domande etiche a cui il macroscopico comandamento «non uccidere» (che arrivi dalla "voce rivelata" del Cielo o dal calcolo social-razionale) può dare poche direttive pratiche e, come insegna la storia della terra, ciascuno le interpreterà comunque a modo suo (ricordo ancora una volta la pluri-vocità dei dibattiti su questi e altri temi, a cui mi risulta manchi una soluzione incontrovertibile, oppure bisognerà andargliela a dimostrare...).

Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
Forse sì, perché se il referente é unico (l'universo antropologico naturalmente immanente e culturalmente trascendentale), ogni disciplina lo analizzerà dalla sua prospettiva gnoseologica lasciando alla filosofia la sintesi etica dei risultati. Eventualmente criticandoli e chiedendo ulteriori approfondimenti. Quindi nessuna superficialità, ma collegialità d'indagine.
Ammetto che questo ruolo aulico non mi ha mai convinto totalmente; la filosofia che raccorda i saperi, che fa da moderatore nel dibattito interdisciplinare, controlla e dirige i lavori altrui quasi fosse l'intellettuale-architetto che istruisce i tecnici (più spesso mi pare ormai sia il vecchietto che guarda gli operai in cantiere... perché lui un cantiere non ce l'ha più, c'è turn over anche fra i saperi e la filosofia mi pare abbia fatto "quota 100" da un pezzo). Potrei chiedere esempi concreti in cui la filosofia, oggi, tiene davvero le redini di discorsi interdisciplinari (più di quanto ne sia a sua volta imbrigliata), ma sarebbe off topic (a ciascuno lo sfizio di rispondere fra "se" e sé). D'altronde, se il sequitur c'è, lo si chiama per nome (e chiamarlo «struttura-sovrastruttura» è quasi come chiamarlo "derivazione": pseudo-tautologia di sinonimi che lascia trasparire... autoreferenzialità), altrimenti mi resta il sospetto che convocare le altre discipline sia una ricerca di appoggio superficiale (di superficie) che denota, manco a dirlo, un fondamento inadeguato o instabile (o autoreferenziale, ma non insisto).
Quello che, secondo me, ha da dire una filosofia ancora pensante, non è spiegare agli altri saperi come dialettizzarsi (non me ne voglia Hegel) quasi fosse davvero la "scienza prima" (non me ne voglia Aristotele), quanto piuttosto dare il suo apporto con i suoi "mezzi", talvolta non richiesti, talvolta fuorvianti, talvolta d'ispirazione, talvolta semplicemente non pertinenti.

Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 21:34:31 PM
Autoreferenzialità rispetto a cosa ? Ad un assioma del tutto arbitrario che qualche camarilla si inventa ?
Autoreferenzialità rispetto ai suoi stessi assiomi (Godel docet), il che non significa che qualunque asserzione possa diventare un assioma (questo non lo direbbe nessuno, credo; di certo né io né Protagora).


P.s.
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
PS. Bella la citazione del Tao sui vari stadi dell'evoluzione metafisica e meritevole di riflessione. Interessanti anche le tue deduzioni, visibili però solo in "struttura" del post.
Dovrebbero essere visibili anche tenendo premuto il tasto sinistro del mouse e scorrendo verso il basso, passandolo sopra la citazione, come se si dovesse selezionare il testo (sul mio pc funziona...).
#1339
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
20 Settembre 2019, 13:22:29 PM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
L'etica sarà sempre un processo di crescita personale, un discernere continuo con il cuore tra gli eventi che ci capitano nella vita.
Parlando con Ipazia della complessità delle questioni etiche attuali, mi concessi una battuta riguardo al "cuore":
Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 18:48:39 PM
Quindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? Perdona la futile battuta, ma il passo successivo non sarà mica «ascolta il tuo cuore»?
Al di là del motto (eravamo in un contesto meno poetico e un po' più epistemologico), bisogna comunque riconoscere come sia proprio il "cuore" a differenziarci da un calcolatore:
Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
un elaboratore che, analizzando tutti i dati antropici, ci spiega che razionalmente dovremmo smetterla di procreare e persino di curarci perché il pianeta è sovraffollato, l'impronta ecologica è drammatica, etc. tuttavia se possiamo intimargli di tacere è perché lui non ha un cuore e, come noto solo agli umani, «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce...».
Se è vero che tutti abbiamo un "cuore", è anche vero che
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
La differenza nel sentire fa sì che, già all'inizio, c'era l'uomo che abbandonava il figlio in pasto al leone, dandosela a gambe, e quello che per salvare il figlio si faceva sbranare dal leone. C'era chi tradiva il gruppo per l'interesse personale e chi moriva per l'interesse del gruppo...Tutto questo agli albori, prima di ogni cultura sviluppata, come la intendiamo oggi....Sostanzialmente le cose non sono cambiate.
Concordo sul fatto che i cuori degli umani (e i rispettivi "sentire") siano differenti, che ognuno abbia le sue pulsioni.

Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
Consapevolezza e compassione sono i cardini dell'etica. E non si può o non si riesce ad imporre a nessuno di essere consapevole o compassionevole...
Possiamo tuttavia essere educati alla compassione e alla consapevolezza: om mani padme hum (mi piace ricordare la spiegazione del Dalai Lama: om = aum, tre lettere che rappresentano corpo-mente-parola; mani = gioiello-compassione; padme = loto-consapevolezza; hum = unione). Questo almeno sbirciando dentro il "cuore" del buddismo, tuttavia, abbiamo appena ricordato che ci sono tanti "cuori", sia intesi come uomini che, allargando il discorso alle comunità, come tradizioni (per alcune siamo tutti fratelli, per altre al massimo cugini; dimostrazione che i cuori fisiologici funzionano tutti allo stesso modo, ma quelli metaforici non sempre, e parlare della loro "salute" o "malattia" prevede spesso una discreta discriminazione, fondata su valori "autofondanti", etc.).

Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
L'etica ha più a che fare con la virtù, quindi con qualcosa di interiore e personale, che 'eleva', mentre la morale è l'abito esteriore, fatto di imposizioni o di adeguamenti che mutano nel tempo . Si può dire che, in assenza di virtù, sorge la morale e quindi la Legge
Questa frase, in cui la morale rimpiazza la virtù (pur intendendo poi tu la virtù in modo "greco" come «la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso») mi ha fatto venire in mente l'affinità con il pensiero taoista; ad esempio questo passo:
«La conoscenza degli antichi si spingeva lontano.
(Mitica età passata, tipico espediente per sostenere che non è utopia poiché è già successo realmente)
Fin dove si spingeva? Fino a ritenere che le cose non esistessero.
(qui la differenza fra "nichilismo" ontologico-occidentale/concettuale-orientale)
Questa è la conoscenza suprema, a cui non vi è nulla da aggiungere.
(la spoglia ma enfatica completezza tipica dei pensieri arcaici)
Poi vennero coloro che credevano all'esistenza delle cose,
ma non tracciavano confini fra di esse.
(concettualizzazione senza individuazione?)
Poi vennero coloro che tracciavano confini fra le cose,
ma non riconoscevano l'esistenza del giusto e dello sbagliato.
(individuazione secondo principio di identità ma senza annesso giudizio)
Quando sorsero il giusto e lo sbagliato, il Dao cominciò a declinare.
(la virtuosa spontaneità viene meno, si acuisce la ratio con le sue dicotomie valutative)
Quando il Dao cominciò a declinare, l'attaccamento divenne completo.
(attaccamento alle "cose", ormai distinte, quindi classificate, quindi con valore differente)
Ma vi sono veramente una completezza e un declino
(completezza e declino sono "cose" che esistono davvero?)
o non vi è né completezza, né declino?»
(come direbbero gli antichi di cui sopra)
(Chuang Tzu, 2, "Sull'uguaglianza di tutte le cose")

Selezionando la citazione con il mouse, fra le righe (se non ho impostato male il testo) sono leggibili i miei commenti, che ho preferito segnalare in un secondo momento per non "sporcare" la prima fruizione del testo originale.



P.s.
@Ipazia
Effettivamente la parola «grossolano» suona ambigua; non la intendevo come sinonimo di «volgare» o «di poco valore», ma piuttosto (etimologicamente) come macroscpico, evidente, palese (l'ho usata in modo descrittivo, non valutativo).
Nel link si dice che in Russia sia proibito girare con l'auto sporca, in Colorado niente auto nere di domenica, in Austria le infrazioni oltre i 30km/h vengono rilevate ad occhio, etc. non vedo come ciò sia fondato (e non semplicemente accostato) sul rispetto del valore della vita umana che, come ho già premesso, accomuna tutti i codici della strada (seppur, a considerare i differenti limiti sulle autostrade...). Differenze trascurabili, pur facendo parte di un nomos e non di altri? Certo, era solo un esempio, anzi una metafora, tuttavia... temo che la nottola preferisca volar (troppo?) in alto per mettersi al riparo dai cacciatori, con il risultato che, più va in alto, più si scorgono sono le questioni... macroscopiche (e, almeno che la nottola non voglia cibarsi di elefanti, dalla sua quota siderale non riuscirà a scorgere alcuna preda delle dimensioni adeguate per potersene cibare).
Se il sequitur è infatti quello del «rapporto struttura-sovrastruttura indagato da storici, filosofi, sociologi, psicologi, economisti»(cit.) mi pare che andiamo ben oltre l'autoreferenza di ogni disciplina, oltre la tautologia assiomatica, oltre il relativismo ermeneutico (interpretazioni di interpretazioni), siamo davvero così "in alta quota" da vedere solo la superficie globale dello scibile umano. Quindi temo che, data la superficialità della prospettiva, l'«incontrovertibilità del fondamento» sia, almeno per adesso, da accantonare fra i presupposti dell'etica, non fra i risultati di argomentazioni/dimostrazioni fondanti (ma forse m'inganno).
#1340
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
19 Settembre 2019, 17:10:08 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 15:57:47 PM
La risposta te la sei data da solo. Arbitrario può essere il senso di marcia, il colore dei semafori e i simboli della segnaletica, ma non è arbitrario il loro significato che rimanda al referente umano da salvaguardare mediante tali dispositivi teorici e tecnici resi vigenti e noti universalmente.
Se non erro ho citato (usando quel link per brevità) anche le differenze di regole, quindi di nomos che dà significato alle azioni.
Sulla tutela della vita (referente-presupposto), come dicevo,
Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
ogni etica probabilmente proibirà di uccidere per il puro piacere di farlo (sarebbe difficile organizzarsi in società); tuttavia non mi sembra che le questioni etiche importanti per l'uomo (attuale e non) siano di questa "grossolanità", per la quale, concordo, probabilmente basta l'ethos animale.

Riguardo al famigerato sequitur, come si dice in altri contesti, l'onere della prova spetterebbe a chi afferma... e per prova si intende solitamente una dimostrazione, non una mera affermazione (ammetto che tra macchinette del caffè, animali e codici della strada, ti ho probabilmente distratta... sono ancora in attesa di sapere qual'è il sequitur, in "cosa" consiste).

Che le etiche siano molteplici, che spesso non ci sia falsificazione razionale fra etiche divergenti (v. scontro fra culture), che questioni etiche "evolute" (fuori dalle grotte) non siano risolvibili oggettivamente chiedendo all'ethos o alla physis, etc. credo siano ormai assodati dati di fatto (fino a prova contraria); il resto sono piacevoli interpretazioni (e su quella che è la loro circolarità, almeno secondo me, ti ho intrattenuta a sufficienza).
#1341
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).

Possiamo anche intenderla così: in effetti guerra, pestilenza, malattia, miseria, ignoranza sono anche brutti referenti e possono benissimo afferire ad un universo semantico non-etico, che l'etica cerca tecnicamente di superare.
Non è esattamente quello che intendevo (v. cross-dressing fra etica ed estetica); quell'«in questo»(autocit.) è l'innesco fondamentale del senso del discorso, ovvero, parafrasando: «per quanto riguarda la consapevolezza di essere autoreferenziale, in questo l'etica è solo... etc.». Sarebbe a dire che l'estetica sa (e ammette) di essere autoreferenziale, mentre l'etica spesso se lo dimentica, anche a causa della sua eredità teologica (il cui universalismo viene fatto uscire dalla porta dalla laicità, ma viene poi talvolta fatto rientrare dalla finestra dal bisogno, psicologico prima che logico, di non scoprirsi "pensiero debole", che pare sia il vero Male per noi del vecchio continente; orfani delle teologie, mentre si aspetta che la scienza ci dia ulteriori risposte, bisogna pur aver un nemico, no? Ironicamente è lo stesso da cui mettevano e mettono in guardia le chiese...).

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Questione del tutto sovraindividuale, sociale. Fuori portata dalla interpretazione dell'etica a fenomeno totalmente individuale.
Senza dubbio; credo infatti d'aver insistito molto sul fatto che l'etica si pone soprattutto quando "si esce da casa propria", quando "le piramidi si scontrano", quando "i paradigmi sono divergenti", etc. e per questo ritengo l'appello a Maslow non pertinente (hai infatti chiarito che ti serviva solo come spunto tassonomico).

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Se neghiamo aprioristicamente la componente physis di ethos riducendola a concetto senza referente è inevitabile che il logos ricada in se stesso, perdendosi in fenomenologico un-sinnig.
Parlando di ethos, la componente physis non credo possa essere negata; per quanto Lou, scrutando la zona dei confini della teoresi antropocentrica (la stessa zona che mi ispira nel parlare di tautologia del senso, anche con green), ricordava giustamente che anche la physis è un concetto posto, un significato, ma qui, per non sfilacciare troppo il discorso, credo convenga restare a distanza di sicurezza da quei confini e prenderla per buona come se non fosse un concetto anch'essa (noumeno kantiano filtrato dal neopositivismo logico).
Che la physis sia una componente, anzi la prima componente che rende possibile il discorso etico (niente etica fra i morti, dicevamo), tramite il passaggio nell'ethos, mi pare non implichi che possa anche fungere da fondamento della normatività di tale discorso. Come dire: senza automobili non si dà codice della strada, ma i paradigmi normativi del codice della strada non sono fondati solamente sull'esser-auto di una automobile. Certo, il codice stradale tiene presente che le auto non volano, sono fatte di metallo, portano persone a bordo, etc. proprio come l'etica tiene presente che le persone hanno una loro physis, sono mortali, hanno differenti pulsioni, etc. Tuttavia il ruolo e l'utilità sociale del codice stradale (dell'etica) non è ricordarci cos'è un'auto (qual'è la physis di un uomo), quanto piuttosto regolamentarne la circolazione (la vita sociale). Qui entra in gioco l'arbitrarietà dei codici (della strada ed etici) proprio perché esulano da un fondamento incontrovertibile (capace di falsificare eventuali proposte indebite) che non sia la loro stessa convenzione. Si deve guidare a destra o a sinistra? Il limite in autostrada è 130, 150, o ad libitum? Quanto sanzionare una determinata infrazione? Le infrazioni sono uguali ovunque? Qui altri esempi (con il beneficio del dubbio sulla fonte). Le risposte a queste domande non sono fondata razionalmente su cosa è un'auto (presupposto del codice stesso), ma piuttosto su convenzioni (culture) e punti di vista dei legislatori (piuttosto differenti, come stigmatizzato nel link).
Plausibilmente ogni codice proibirà l'entrare in una strada contromano (data l'alta possibilità di causare un'incidente grave), così come ogni etica probabilmente proibirà di uccidere per il puro piacere di farlo (sarebbe difficile organizzarsi in società); tuttavia non mi sembra che le questioni etiche importanti per l'uomo (attuale e non) siano di questa "grossolanità", per la quale, concordo, probabilmente basta l'ethos animale.


P.s.
Una differenza pratica strada/etica è che il codice stradale ha appositi controllori e tecnologie (pattuglie, autovelox, telecamere, etc.) mentre l'etica, per la parte non normata dal diritto, non ha arbitri ma arbitrio (sulla cui libertà non voglio squarciare il velo di Maya scoperchiare il vaso di Pandora); considerando come "il tribunale della ragione" abbia i suoi circoli viziosi e non sappia suo malgrado trascendere la cultura su cui si è edificato, e data l'indecidibilità di una meta-etica, pare non ci siano vigili e giudici per l'etica... almeno non in questa vita, direbbe qualcuno.
#1342
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Non capirò mai a cosa serva tutto questa necessità di verità.
Condivido, allargando l'incomprensione anche al concetto di «bene», che infatti proponevo di congedare (post n. 47 e seguenti) in favore di altre ("faticose" e potenzialmente fallimentari) categorie; meno vaghe, meno strumentalizzabili e più "analitiche".

Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Per questo sostengo che sia il referente anzitutto da decidere sulla questione del bene e del male.
Fondamentale, ancora prima, è secondo me capire se si tratta di «decidere» (che implica già un significato/paradigma) oppure di «trovare» (che implica ontologia, parusia/trascendenza).
Concordo dunque sul fatto che:
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Il referente, ossia l'oggetto (reale o immaginario che sia, perchè questo è una operazione successiva della filosofia) che costituisce la base per un discorso [...] è la base di una prima fase di critica.
Sarebbe per me interessante iniziare a vedere la questione del referente non come una fase di critica, quindi a posteriori, bensì di fondazione, quindi a priori (per quanto la deduzione metafisica abbia sensibilmente calcificato la forma mentis di noi continentali).

Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
A me Phil pare che ben poni la questione del referente dell'oggetto principale da cui inizia l'indagine filosofica, ma poi blocchi la stessa indagine filosofica, sui concetti tautologici, ossia blocchi l'analisi a livello linguistico, definendo il simbolo stesso come indecidibile, quindi non solo bene e male, ma anche ethos.
Il simbolo di per sé non è indecidibile, è piuttosto il rapporto con il suo sedicente (sé-dicente) referente ad esserlo, essendo già predeterminato dal suo stesso dire (pensiamo mai ad un simbolo senza referente, o meglio, senza significato? Certo, potremmo farlo, volendo; tuttavia, seriamente, lo facciamo?). Il bene è indecidibile nel senso che nel porlo già lo definisco, più o meno esplicitamente, fondandolo sul suo discorso stesso. Lo hanno detto/posto gli antichi, lo diciamo/poniamo noi, ognuno nel suo contesto e con il suo linguaggio. Giro di giostra che ha come perno l'interpretazione esistenziale del reale; l'interpretazione fisica, scientifica, ha come "freno di emergenza" una certa falsificabilità che scongiura il decollo indiscriminato (con rischio di sconfinare nel cielo dell'estetica), freno a cui non hanno potuto far ricorso (per fortuna?) né Nietzsche, né Heidegger, né i decostruzionisti, né tanti altri, con le conseguenze letterarie che sappiamo (Rorty docet). Probabilmente Wittgenstein e altri (in ambito linguistico) sono riusciti a controllarsi meglio, senza perdere l'aderenza con il reale, disincantandolo dalla metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).


P.s.
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Per questo forse ti interessava l'idea di ethos, come se questa potesse dire del referente qualcosa che superasse la tautologia.
Era la tesi che intravvedevo in Ipazia e, considerato il potenziale dell'effetto domino che ne sarebbe derivato, non potevo non cercare chiarimenti.
#1343
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
18 Settembre 2019, 22:21:35 PM
Citazione di: Lou il 18 Settembre 2019, 18:58:09 PM
Citazione di: viator il 18 Settembre 2019, 12:18:31 PM
Salve Lou. Ricitandoti : "Non secondo me, ma secondo i fatti. L'autoconservazione e la sopravvivenza e i soddisfacimenti dei bisogni fisiologici per alcuni non sono la base e i valori primari. Ciò che vale è altro.".
A quanto sembra (lo si era già capito) tu ne fai una questione di valori, perciò completamente soggettiva.
Ma Maslow non si occupava di valori, bensì delle connessioni causa-effetto tra bisogni, necessità e facoltà. Il percorso tra i livelli della sua piramide è del tutto neutro ed oggettivo, privo di ammiccamenti etici e valoriali. Ma la sensibilità femminile è restia a riconoscere la razionalità allo stato puro. Saluti.
No, è che se a livello oggettivo e razionale non si è in grado di riconoscere che a seconda di contesti socio/economico/culturali la scala dei bisogni non è questa, la scala non presenta quella oggettività e neutrità di cui parli. Non perchè Maslow non abbia sensibilità femminile ( che argomento! ), semplicemente propone una scala causa/effetto tra bisogni opinabile. I valori certo non sono neutri e perciò sono in grado di scardinare quel disegnino così lineare e rivisitare la scala, poco oggettiva, se non ne tiene conto.
Parlando del triangolo della piramide di Maslow (quindi non del suo uso metaforico in campo etico o altro), mi pare di notare che non ci sia rapporto causale (né di fondamento logico) fra i vari piani, dal basso verso l'alto: chi ha salute malmessa (supponiamo abbia problemi con elementi del primo livello dal basso: respirazione, sonno, sessualità o fosse persino in chemio) può comunque essere/sentirsi realizzato secondo i criteri della cima della piramide (moralità, accettazione, assenza di pregiudizi, etc.). Parimenti, un disoccupato (secondo livello dal basso), può giovarsi della realizzazione di amicizie e intimità sessuale (terzo livello), così come chi avesse un terzo livello disastroso (senza amici, famiglia e partner) può comunque avere buona autorealizzazione secondo la cima della piramide (moralità, creatività, spontaneità, etc.).
Non credo si tratti solo di eccezioni che confermano la regola, è piuttosto una questione fisio-logica: sono dimensioni differenti, comunicanti, ma non con un rapporto causale e tanto meno con vincoli di necessità (l'unica necessità che dà senso alla piramide è di riferirla ai vivi, ma non di essere in salute, come dimostra la vita di molti che lottano contro malattie più o meno gravi). 

Lo stesso Maslow afferma che la gerarchia è basata sul fatto che una persona, se costretta a scegliere, cercherà di soddisfare prima i bisogni più in basso (nella piramide), fermo restando che i martiri sceglieranno differentemente (pp. 52-53 del testo citato nel p.s.) ed ammette che c'è, nel soggetto, una compenetrazione verticale fra i piani, sbilanciandosi in una stima:
«In realtà, la maggior parte dei membri della nostra società che sono nella norma, sono al contempo parzialmente soddisfatti e insoddisfatti in tutti i loro bisogni di base. Una descrizione più realistica della gerarchia [la nostra piramide n.d.t.] sarebbe in termini di decrescente percentuale di soddisfazione man mano che saliamo nella gerarchia della predominanza. Ad esempio, se dovessi assegnare valori arbitrari per amor di illustrazione, è come se il cittadino medio fosse soddisfatto forse all'85% nei suoi bisogni fisiologici, al 70% nei bisogni di sicurezza, al 50% nei bisogni d'affetto [o appartenenza, n.d.t.], al 40% nei bisogni dell'autostima e al 10% nei bisogni di auto-realizzazione» (p. 54; traduzione mia).

Tuttavia non credo sia questo il (solo) motivo per cui abbiamo un triangolo una piramide e non un quadrato cubo. Secondo me, probabilmente, il ristringersi in verticale può indicare anche un diminuire di quantità dei soggetti umani che desiderano tali traguardi: in basso ci sono i bisogni comuni cercati da tutti in quanto esseri viventi (physis), in alto quelli meno necessari e meno condivisi universalmente: quanti percepiscono la creatività, l'assenza di pregiudizi e l'accettazione come bisogni necessari all'«autorealizzazione»? Non giurerei siano tutti quelli che ambiscono ad una buona salute.
L'autorealizzazione, a scanso di equivoci (@Ipazia), Maslow stesso l'ha messa in cima alla suddetta piramide (come da tua immagine linkata) intendendola riferita al singolo, essendo i suoi studi in merito focalizzati sulla motivazione, sulle pulsioni, sul comportamento, etc. non sull'etica. Da notare (di passaggio ma non troppo) che la ricerca della gratificazione dei bisogni più alti conduce per Maslow ad un individualismo più forte e radicato, nonostante ciò non escluda l'amore per il genere umano (p. 100).


P.s.
Per chi mastica l'inglese, ecco il link con il testo integrale:
http://s-f-walker.org.uk/pubsebooks/pdfs/Motivation_and_Personality-Maslow.pdf
#1344
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
18 Settembre 2019, 11:32:39 AM
[I fili del discorso mi arrivano piuttosto sfilacciati; semmai foste così curiosi da aver domande/osservazioni per me, citatemi esplicitamente, altrimenti, nella tombola ad estrazione di concetti e riferimenti, finirei per fare confusione. In questo green dà il buon esempio: ]
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 01:40:28 AM
phyl non capisce, che il segno NON E' la physis.
Eppure giurerei d'aver insistito persino troppo sul referente (=physis) che non è né il significato (interpretato) né è il segno (medium di strutturazione dei paradigmi di significato; v. riferimento alla scrittura).
Oppure ho frainteso il ruolo di quella virgola?

P.s.
Simpatico il lapsus calami che sintetizza «Phil» e «physis» in «phyl».
#1345
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
17 Settembre 2019, 17:19:31 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Citazione di: Phil il 17 Settembre 2019, 11:37:45 AM
Il buon Maslow ha tratteggiato una piramide per l'individuo, seppur in società, e in tale piramide «Fisiologia» è salute... comunque, essendo qui il tema l'etica, possiamo davvero usare la piramide, non dico come tavola di valori, ma come spunto etico nel rapporto con l'altro?
Mi concederai che, parafrasandoti, "la realizzazione della piramide possiamo assimilarla al concetto di bene" solo nella dimensione individuale.
Per nulla. La piramide dei bisogni riporta l'individuo dall'astrazione ideologica al suo ethos umano comune in cui solo egli ha senso metafisico e possibilità di sopravvivenza fisica. I bisogni hanno una caratteristica comune, sovraindividuale, e ce l'hanno quanto più ci si avvicina alla base della piramide che quindi può rendere conto delle sue pretese di universalità fondativa dell'ethos umano.
Per «dimensione individuale» intendo che la piramide si riferisce a ciascun individuo, nella sua singolarità: l'ultimo uomo sulla terra potrebbe fare i conti con la sua piramide, rilevare le carenze, etc. l'uso della piramide è una chiave di lettura individuale, pur contemplando fra gli items altri esseri umani. Non è un caso che in cima ci sia l'autorealizzazione, concetto che ha come referente ciascuna individualità (se non sbaglio).

Inoltre, non so se la piramide dei bisogni possa esimersi dal considerare la differenza fra physis ed etica: le esigenze della salute e della vita organica (sopravvivenza) sono ben differenti da quelle del benessere individuale in società (che non significa della società, che è ciò che affluisce all'etica). Notoriamente, le prime si basano su bisogni primari fisiologici, le seconde sono psicologiche, culturali, etc.
Detto in soldoni: l'universalità del bisogno di cibo (per restare vivi) non fonda, non dà seguito filosofico (non parlo di storia), ad una ipotetica universalità (che non rilevo) dei valori sociali, dell'autostima (che infatti ha dinamiche strettamente individuali), della moralità (figlia di tradizioni ed esperienze contingenti), etc.
L'universalità della base (bisogni primari) non arriva sino agli ultimi piani, altrimenti non avremmo la pluralità delle culture oppure potremmo falsificarle facendo comodamente appello alla natura (come da omonima fallacia).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
È vero che "più si sale verso la vetta, più la questione si fa interpretativa, soggettiva, filosofica e meno fisica" e gli Holzenwege si moltiplicano. Ma quello che a me preme teor-eticamente é ció che sta alla base per 1) la sua universalità e 2) per il suo incontrovertibile sequitur con la natura, a priori di ogni speculazione logica.
Il sequitur logico fondato sulla physis (se ho questa etica, allora esisto) credo non vada confuso con la sua versione rovesciata (se esisto, allora ho questa etica); distinzione ribadita dall'impossibilità di falsificare le etiche (al plurale), mentre l'ipotesi di un morto che abbia una sua etica è per ora piuttosto falsificata (in attesa della resurrezione e/o degli zombies).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Sono queste due caratteristiche a rendere possibile un approccio razionale sintetico alla questione et(o-log)ica umana. Traducendo la piramide dai bisogni in (meta-)etica, ridurrei il tutto a tre stadi del bene in sequitur:

1) fisico (alimentazione, salute, attesa di vita)
2) sociale (lavoro, istruzione, diritti politici e civili)
3) estetico-culturale-ludico.
Secondo me questi tre "beni" (a loro volta non in sequitur fra loro), non ci parlano di etica, essendo strettamente individuali (nel senso spiegato all'inizio). Allora mi/ti chiedo: la piramide cosa ci dimostra spiega dell'etica? Che il singolo ha il bisogno individuale di sentirsi nel giusto (moralità)? Concordo appieno, tuttavia abbi pazienza, ma non vedo ancora né sequitur (fondazionali) fra physis ed etica, né «epistemologia dell'ethos» (cit.).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Infatti a questo serve la ricerca dei fondativi etologici umani
Ben venga tale ricerca, soprattutto se poi fornisce dimostrazioni; intanto, concedimi la battutaccia: ti leggo, ti rispondo, ma ancora non ti sequitur...
#1346
Tematiche Filosofiche / Re:La scrittura
17 Settembre 2019, 12:52:29 PM
La scrittura mi sembra stia attraversando oggi una fase di "saturazione": probabilmente non c'è mai stato un tasso globale così alto di alfabetizzazione (e non credo il trend sia in calo), non è mai stato così facile scrivere ovunque ci si trovi (anche se non si usa tanto di più la penna, ma sempre più la tastiera, in tutte le sue forme) e non è mai stato così impermanente gran parte di ciò che scriviamo (gli antichi scrivevano su pietre che hanno sfidato e vinto i secoli, noi perlopiù su delicati fogli o supporti digitali, tanto capienti quanto fragili e facilmente cancellabili... i floppy disk sono già preistoria, i rispettivi lettori iniziano a scarseggiare e la smagnetizzazione incombe, oltre all'esser scritti in linguaggi informatici che, fra un secolo, richiederanno una provvidenziale stele di Rosetta, proprio come i geroglifici egizi).

Guardando al futuro, soprattutto per le nuove generazioni, la possibilità sempre più agevole di messaggi vocali, inizia a far riflettere sull'uso della scrittura e sui suoi limiti, almeno nel suo uso comunicativo familiare: la voce tutela il paraverbale, comunica meglio, ha una tonalità più personale e consente all'ascoltatore di fare altro in multi-tasking (gli audio libri sono ormai una realtà e i podcast da scaricare sono un fenomeno di cui sentiremo sempre più parlare). Anche il crescente ruolo della grafica (regno del simbolo più che del segno) sta gradualmente rubando spazio alla scrittura: a scuola, "una volta", si riempivano pagine di appunti (scrittura), oggi si fanno mappe concettuali (meno parole, più strutturazione logica) e file multimediali spiegano in un minuto pagine e pagine di testo. Anche in campo ricreativo, quelle che una volta erano barzellette, ora stanno diventando "meme", in cui poche parole innescano un significato incrociandosi con una necessaria immagine nota.
Non fraintendetemi, per adesso e per le generazioni demograficamente più diffuse, il ruolo chiave della scrittura come colonna portante della società occidentale (in Africa e altrove, non saprei) è ampiamente fuori discussione, tuttavia un'oralità supportata da potenti mezzi tecnologici potrebbe un giorno (per amor di profezia) rendere la scrittura un'arte praticata soprattutto da programmatori, intrattenitori e archivisti.

Tornando al presente, la trama omnipervasiva (grazie alla tecnologia) della scrittura, mi pare stia facendo in generale "collassare" le capacità elaborative del soggetto che, sovrastimolato da una infosfera sempre più "aggressiva" e ubiqua, tende a non leggere testi o articoli (o post) lunghi, preferendo leggerne tanti corti (twitter docet) e magari in tempi diversi (è sintomatico che il problema attuale non sia, come "una volta", reperire informazioni, ma piuttosto, nella loro selvaggia sovrabbondanza, filtrarle, selezionarle, verificarle).

Ad occhio direi che si scrive molto più che in passato: al di fuori delle attività lavorative, credo che sempre più persone (nel mondo occidentale) scrivano quotidianamente qualche messaggio, qualche mail, etc. mentre pochi decenni fa, ad eccezione della scrittura obbligata per lavoro, si scrivevano periodicamente solo la lista della spesa, cartoline dalle vacanze e biglietti sui regali (quantitativamente meno, scommetto). Si scrive di più e per più persone (a causa dei social) senza prendersene talvolta l'adeguata responsabilità (v. fake news, hate speech, etc.) 
Una prima vittima della tecnica di scrittura attuale è la grafia: la scrittura è sempre meno a mano (la grafia amanuense nella vita adulta, si è ormai quasi estinta, ridotta a firme e poco altro), con la conseguenza che il tratto individuale, quello caro alla grafologia, è stato scalzato dall'impersonalità del carattere da tastiera (per cui più che l'analisi grafologica, inizia ad essere rilevante l'analisi stilometrica). 
Ironicamente, anche le antiche incisioni su pietra non lasciavano traccia dell'identità dell'autore tramite una sua orto/calli/grafia; dopo la parentesi umanistica della scrittura a mano, stiamo tornando alla scrittura impersonale-strumentale "firmata" solo dal medium: dallo scalpello alla tastiera.
#1347
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
17 Settembre 2019, 11:37:45 AM
Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Quello che vorrei dire a Phil et altri é che l'etologia umana si regge sulla formula:

ethos = physis + logos.
Difficile non concordare, almeno se anche la cultura e l'influsso sociale rientrano nel «logos»; ancor più difficile (almeno per me) non considerare quanto quel "+ logos" tagli i ponti (di sequitur, di fondazione, etc.) con ogni altro ethos animale, essendo sommariamente "+ logos = - istinto" (con a margine la divergenza per cui il logos umano, di cui la technè fa parte, è in crescita esponenziale mentre quello degli animali in genere, non dico sia = 0, per non deviare il discorso, ma, sorvolando sul suddetto tema della scrittura, appare comunque piuttosto statico).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Logos é un'emergenza trascendentale rispetto a physis, con una sua relativa autonomia creativa e gestionale, ma il referente di ultima istanza rimane physis, perché   meta-fisicamente ancora prima che meta-eticamente l'essere (umano) per essere deve innanzitutto essere (vivo) e conservarsi tale. Nel miglior modo possibile: etica (ethos-techne).
Concordo, il referente è la physis; tuttavia parlando poi («poi» che non mi pare fondazionale) di «miglior mondo possibile», siamo già nei cieli del significato, con tutta l'interpretazione e gli annessi paradigmi (al plurale) che ciò comporta.

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Il "miglior modo possibile" é graficamente descritto dalla piramide di Maslow la cui realizzazione possiamo assimilare al concetto di bene. E col segno meno davanti di male.

Non è un caso se alla base della piramide ci sta physis.
Il buon Maslow ha tratteggiato una piramide per l'individuo, seppur in società, e in tale piramide «Fisiologia» è salute... comunque, essendo qui il tema l'etica, possiamo davvero usare la piramide, non dico come tavola di valori, ma come spunto etico nel rapporto con l'altro? Mi concederai che, parafrasandoti, "la realizzazione della piramide possiamo assimilarla al concetto di bene" solo nella dimensione individuale.
Quello piramidale è forse il "miglior mondo possibile" per l'individuo, il problema etico nasce quando la mia piramide (la mia isola?) si scontra con quella di un altro.
Al penultimo piano della piramide leggo «rispetto reciproco», all'ultimo «moralità»: in cosa essi consistano e su cosa si fondino (certo, materialmente sulla salute, ma filosoficamente?) è la questione etica par excellence, questione di cui uno psicologo può anche scegliere di non occuparsi, essendo per lui off topic (ma per noi, qui, no).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Phil affermerà che sono possibili anche altri disegni et(olog)ici.
Il problema del disegno, di ogni disegno di quel tipo, è il referente esterno dei termini coinvolti, il riempimento concreto di quei significati; più si sale verso la vetta, più la questione si fa interpretativa, soggettiva, filosofica e meno fisica (fermo restando che non è una piramide funebre, per il mondo dei morti).
Che ciascuna piramide abbia in cima «moralità», non è in sé un problema; la questione etica nasce quando due piramidi danno a tale espressione significati antagonisti... e allora o si ricorre ad una meta-etica (se esiste) risolutiva del conflitto, oppure anche nel "miglior mondo possibile" il conflitto fa la sua parte, nell'impopolare veste di "male tuo, bene mio" (sospendendo ogni etica basata sul valore della vita altrui, etc.).
#1348
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
16 Settembre 2019, 21:54:41 PM
Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 20:54:17 PM
Da quale prospettiva discorsiva diciamo che pure gli altri animali sono discorsivi? [...] che ogni vivente non posssa esimersi dal comunicare è pacifico, ma che che ogni comunicazione sia un "discorrere" questo è da assodare, non penso siano sinonimi. Con lieve imbarazzo posso chiedere da quale prospettiva animale ci si "chiede" ciò?
Li intendevo come sinonimi (forse con troppa leggerezza?), interpretandoli inevitabilmente secondo la prospettiva umana.

Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 20:54:17 PM
la scrittura è un carattere che ci rende stra-ordinari rispetto ai viventi. Quale scrittura? pure il cinghiale lascia un segno, un odore, una impronta, sul terreno e chissà che il cane non  "legga" quell'odore e che il cacciatore non "legga" quell'impronta. Tuttavia la scrittura è un linguaggio segnico sui generis: pienamente d'accordo.
Osservazione che ci porta ad un tema talvolta sottovalutato riguardo la scrittura: la conservazione del segno. La tecnica che incide il segno non garantisce di per sé l'accesso alla dimensione "storica" (sempre umanamente parlando) se tale segno non viene poi preso in carico da una tecnica di custodia, che lo rende segno fruibile per i "momentaneamente assenti". Talvolta tale tecnica è immanente al segno (tavoletta di marmo che può attraversare i secoli), talvolta è una tecnica accessoria (biblioteche, copiatura, etc.).
Giustamente osservi che alcuni animali segnano fisicamente il territorio, pur con segni non ancora linguistici (essendo fra l'altro privi di dimensione fonetica): più che un linguaggio, o meglio, più che una lingua, si tratta di una rudimentale comunicazione a distanza, che è nondimeno l'"essenza" della comunicazione scritta: il messaggio scritto parla in assenza (della voce) del parlante. Certo, oggi ci si può anche messaggiare con la scrittura stando faccia a faccia, ma non direi che ciò rappresenta la vera forza della comunicazione scritta, quanto piuttosto un suo "impiego di ripiego" (a discapito della comunicazione orale, resa magari impraticabile o non preferibile per contingenze contestuali).
Qui si potrebbe dunque innestare il tema della memoria che la scrittura rende possibile, fil rouge che lega il papiro a Gutenberg agli hard disk, tuttavia l'off topic incombe...
#1349
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
16 Settembre 2019, 19:42:42 PM
Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 18:08:53 PM
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.
Concordo sul salto, tuttavia propongo una postilla: anche gli animali, a loro modo, comunicano e discorrono (in questo mi ritrovo a fare le veci di Ipazia); la differenza più tranciante fra noi e loro, secondo me, l'ha segnata piuttosto l'avvento della scrittura: con essa l'uomo ha lasciato la preistoria e ha innescato la (sua) storia, ponendo le condizioni per evolvere l'ethos animale in etica (o meglio, etiche).


P.s.
@viator
La definizione di «razionalità» (che per comodità avevo linkato nel mio post) tratta dalla Treccani online è:
«razionalità s. f. [dal lat. tardo rationalĭtas -atis]. – La qualità di ciò che è razionale. In partic.: 1. Facoltà propria degli esseri dotati di ragione: la r. è l'essenza dell'uomo. 2. Fondamento, metodo, criterio razionale: r. di un giudizio, di una cura, di una ricerca scientifica; r. di un arredamento.»
Usando la sua ragione e i suoi criteri, analizzando la sua situazione, l'aspirante suicida perviene, in generale, alla conclusione ("razionalizzata", calcolata) che il suicidio sia la soluzione.
Mi sembra che anche usando la tua definizione, egli si comporti comunque razionalmente poiché valuta e prevede le conseguenze della sua scelta in modo «logico e speculativo», optando in conclusione per il gesto finale.
#1350
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine del male e del bene
16 Settembre 2019, 14:15:35 PM
Citazione di: viator il 16 Settembre 2019, 13:04:09 PMRazionale qui risulta la scelta e l'utilizzo degli strumenti, non la decisione di raggiugere lo scopo.
La scelta del suicidio in generale (senza poter qui distinguere caso per caso) mi pare razionale perché si basa su un motivo: l'uomo, in genere, non si uccide per istinto, ma perché ha una ragione (in entrambi i sensi) per farlo; se non sbaglio, il movente è solitamente frutto di un ragionamento razionale (almeno viene letto come tale da chi ne trae quella conclusione). 
L'esempio più classico è che, fatto un bilancio della propria situazione esistenziale, economica o altro, si decide di farla finita; la razionalità di tale scelta è spesso quella che si trova scritta nel messaggio di addio. Chiaramente può non essere condivisibile, ma è una razionalità comunque umana, quindi necessariamente interpretativa, non asetticamente matematica.