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Messaggi - Sariputra

#1336
@Phil scrive:

Colgo una leggera "allergia" verso il nichilismo (figlia della necessità di salvaguardare la speranza in un'oggettività?). Non vogliamo proprio riconoscergli una minima dignità teoretica e lo fuggiamo come la peste?  

Personalmente non sono allergico verso il nichilismo , ma verso i nichilisti...Sono quel genere di persone che, quando l'inviti a cena , non sai mai dove metterli a sedere e quando gli chiedi se il cibo è stato di loro gradimento , ti rispondono: "Dipende..."! Terribile ... ;D ;D ;D   
Scherzo, ovviamente...
#1337
@Apeiron
Cerco i rispondere alla tua domanda brevemente ( anche per non rischiare di finire fuori tema...come ci capita quando entriamo più nel dettaglio della filosofia buddhista, che magari alla fine interessa solo a noi due :) ). Come sai un buddhista , alla tua domanda, se è una metafisica ti guarderebbe strano e ...ti manderebbe a pelare le patate! Questo perché il Dharma è la pratica. Non esiste una filosofia buddhista autentica  che prescinda dalla pratica. Ciò non toglie che, secoli dopo la morte del fondatore, del grande medico della sofferenza umana, si sia sentito il bisogno di dare una sistematicità filosofica all'insegnamento. A parer mio, sperando che qualche maestro non mi legga, la filosofia è una metafisica. Metafisica che si pone l'obiettivo di superare la metafisica stessa, senza sfociare nel nichilismo o nel dogmatismo. La Via di Mezzo, ossia stare lontani da ogni estremo,  è consapevolezza dell'impossibilità del pensiero  di trascendere i suoi limiti; una medicina non adatta al superamento della sofferenza dell'esistenza condizionata. Pertanto si propone un'altra via, eminentemente pratica, il Nobile Ottuplice Sentiero, ecc. Il Dharma si base sul "venire e vedere" ( molto importante) e quindi, a riguardo delle sue affermazioni che paiono indimostrabili ti risponderebbe " vieni e vedi da te" ( ossia, la pratica ti dimostrerà come vere quelle affermazioni). Ma per "venire e vedere" devi avere fiducia che la medicina sia valida e il medico competente. Possiamo guarire da una malattia se pensiamo che tutte le medicine sono uguali e tutti i medici hanno lo stesso valore? Per questo il relativismo, nel Buddhismo, è considerato una malattia spirituale peggiore persino del dogmatismo, in quanto relativizzando tutto, compresa la fiducia nel medico, non permette alcun progresso sulla via della guarigione dal Dolore. Credo  che , non ricordo in quale sutra, il Buddha affermi che un somaro e un uomo troppo intelligente sono i tipi più difficile da guarire. Il primo per la sua ottusità e il secondo perché, mettendo continuamente in discussione tutto e tutti  e preso da un'infinità di dubbi, finisce per non andare da nessuna parte, e quindi a continuare a soffrire. Non ho mai letto nel canone Pali che si discutesse se il "paesaggio"  esiste o non esiste. Famoso a riguardo il Silenzio del Buddha agli asceti che volevano trascinarlo in quelle che per lui, erano solo sterili e inutile speculazioni. "Un'unica cosa io insegno, il Dolore , la sua causa , la sua cessazione".. A riguardo del Dolore la sua era sicuramente una visione non relativista, e infatti si parla delle Quattro Nobili Verità.
#1338
I momenti, o stadi, della dialettica possono trovare una specie di schema, che un pò rappresenta anche gli stadi dell'evoluzione della coscienza filosofica.
Per primo vi è il momento del dogmatismo, l'indulgere nella filosofia speculativa. Questa "naturale" disposizione metafisica dà vita a due o più sistemi filosofici. Sistemi che non sono semplicemente diversi, ma opposti e contrari uno all'altro; spiegano le cose da punti di vista in conflitto.. Poichè questo conflitto  non è di origine e di portata empirica diventiamo consapevoli della gravità del conflitto e pure sospettosi della pretesa del pensiero di darci la conoscenza della realtà. Nasce in questo modo la critica.
Il secondo momento nasce con la consapevolezza dell'illusione trascendentale, ossia la soggettività del pensiero. La critica dialettica mette in luce le pretese della ragione sèpeculativa e lo fa mettendo in evidenza la contraddizione interna presente in ogni opinione, con argomentazioni mediante riduzione all'assurdo. la critica è shunyata, negazione del pensiero come rivelatore del reale. Tutti i giudizi sono costruzioni del pensiero ( sia essere che non-essere, che né essere nè non essere, ecc.).
Il pensiero è soggettivo rispetto al reale. Se non vi fosse un incondizionato ( nirvikalpa, tattva o dharmata) però. a cui il pensiero non ha accesso, non potrebbe esservi nessuna coscienza della soggettività del pensiero. L'incondizionato trascende il pensiero; ma ci è certamente accessibile tramite l'intuizione.
La morte del pensiero è la nascita di prajna, conoscenza priva di distinzioni  (jnanam advayam). Per il madhyamika , la scomparsa effettiva e completa del pensiero ( il famoso Silenzio) è l'intuizione del reale.; questa intuizione non sorge da qualche luogo, ma è stata sempre presente. E' soltanto oscurata dal pensiero. nagarjuna dichiara chi non lo capisce come colui che non distingue tra verità incondizionata e verità convenzionale. L'assoluto non è quindi una realtà posta contro un'altra, l'empirico. L'assoluito visto attraverso le forme del pensiero è fenomeno ( samsara, lett. "coperto"). La differenza è epistemologica o soggettiva e non ontologica.
La coscienza filosofica giunge a frutto tramite l'azione del suo dinamismo interno, attraverso i tre momenti della dialettica: dogmatismo, critica ( shunyata) e intuizione ( prajna). Nella sua naturale utilizzazione la filosofia speculativa è dogmatica ( vari sistemi di pensiero). Si arriva inevitabilmente al conflitto e la filosofia diventa critica, autocosciente dei limiti e delle insufficienze della ragione (coscienza della relatività dei fenomeni). I fenomeni sono sunya, interdipendenti. La maturazione completa della critica porta come culmine all'intuizione del reale.
E' impossible negare che vi sia coscienza dell'intero processo ( dogmatismo-relativismo critico-intuizione del reale).

@Phil
Sono d'accordo su molto di quello che hai scritto. Ma un conto è un relativismo critico delle presunte verità dogmatiche metafisiche,quindi un processo dialettico di consapevolezza dei loro limiti.  Se questo è una posizione o una non-posizione è proprio un problema di logica, nemmeno importante e che penso si giochi soprattutto sul piano semantico del significato convenzionale dei termini. Un conto è invece una chiara posizione nichilistica per cui la non vi è nessuna necessità di andare oltre e si rimane nello stato di approssimazione perenne negando perfino di avere coscienza di vivere in uno stato di approssimazione, per non contraddire il relativismo assoluto...Penso che bisognerebbe stare alla larga da tutti gli estremi. estremi che poi finiscono per sortire gli stessi effetti pratici: la stasi, l'impossibilità di andare oltre. La metafisica dogmatica ferma nei suoi dogmi inossidabile e il relativismo assoluto fermo nella sua "raccolta di punti di vista".
Qui sopra ho portato un contributo di filosofia buddhista, non per affermare qualche presunta verità, ma per far capire che nella filosofia ci sono molte  strade diverse. Questa , per es. , si pone come tentativo ( che poi investe anche la pratica di vita ) di superare sia la metafisica dogmatica che il relativismo.

Ho scritto troppo, e male...pensare che mi ero proposto di non intervenire più nella sezione "giungla del teorizzare"... :( :(
#1339
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 14:17:00 PMPenso che sia bene dare qualche chiarimento, perché mi sembra che ci siano dei malintesi ricorrenti. Come ho già detto, il relativista è un ex metafisico. Il relativismo non è né un punto di partenza, né un punto di arrivo, ma parte di un cammino. In questo senso il relativismo non è un sistema di idee stabile a cui poter fare riferimento: è solo un momento di passaggio. Non è possibile l'esistenza del relativismo senza far riferimento alla metafisica, su cui esso si basa cronologicamente. Si parte quindi sempre dalla metafisica. Metafisica significa oltre la fisica. Lasciamo da parte l'etimologia dipendente da Aristotele, che si riferiva al fatto che certi suoi libri si vennero a trovare dopo quelli sulla fisica e perciò furono chiamati meta-fisica, cioè libri che venivano dopo quelli sulla fisica. Consideriamo piuttosto un'etimologia del significato attuale dell'espressione "oltre la fisica". "Oltre la fisica" può avere due principali significati. Può significare "mancante del conforto degli esperimenti, ma finalizzata ad ottenerlo". In questo caso "metafisica" sono le teorie, le ipotesi, che si avanzano in ambito scientifico al fine di avviare un lavoro di ricerca, di esperimenti fisici. In questo senso "metafisica" significa "affermazione provvisoria destinata ad essere sostituita dai risultati degli esperimenti fisici". In questo contesto "oltre la fisica" significa che lo scienziato, nel momento in cui avanza una teoria, va con la mente oltre i dati fisici che ha a disposizione, in vista di confermarla o smentirla. Una volta effettuati gli esperimenti, i risultati non sono più metafisica, ma fisica. Questo significato della parola "metafisica" non ha motivo di essere tenuto in considerazione qui, in questa discussione, perché la discussione che stiamo facendo qui non è una discussione scientifica, non abbiamo in programma di compiere esperimenti scientifici che avvalorino o smentiscano le nostre teorie. L'avvio della discussione operato da Ceravolo non è fatto di teorie, ipotesi, mirate a confrontarsi con i risultati di successivi esperimenti scientifici. La discussione che stiamo facendo è filosofica e in filosofia non si mettono in programma esperimenti scientifici. Dunque, come ho detto, dobbiamo lasciare da parte l'uso del termine "metafisica" inteso come semplice teoria, ipotesi, che attende conferme sperimentali. Dobbiamo non perché lo dico io, ma perché mi sembra che questa sia una discussione filosofica, non scientifica. Andiamo al significato filosofico di "oltre la fisica". "Oltre la fisica" in questo caso significa "cognizioni acquisite col semplice ragionare, senza bisogno di esperimenti scientifici, senza bisogno di verifiche fisiche". Questo avviene attraverso la generalizzazione: Aristotele vedeva che gli oggetti sono costituiti da materia e forma; il ragionamento generalizza e decide di stabilire che tutti gli oggetti, quindi anche quelli non osservati, anche quelli che esisteranno solo in futuro, sono costituiti da materia e forma. Ovviamente tale generalizzazione può essere criticata, ma intanto Aristotele decise che si poteva fare, era logico farla ed era ragionevole considerare certe le sue conclusioni universalizzanti: tutti gli oggetti sono costituiti da materia e forma. Quest'affermazione è un'affermazione metafisica, poiché, per poter dire "tutti", bisognerebbe prima aver controllato davvero tutti gli oggetti, compresi quelli futuri, compresi quelli che verranno all'esistenza tra un miliardo di anni. Ma poiché questo controllo fisico di tutti gli oggetti non è stato effettuato, allora si tratta di un'affermazione "oltre il fisico", "oltre la fisica", "meta-fisica". A questo punto dobbiamo chiarire qual è il peso che la metafisica dà alle parole. La fisica dà alle parole un senso dipendente dagli esperimenti effettuati: se, da quando l'umanità esiste, finora è stato controllato il colore del sangue di venti miliardi di persone, la fisica non può permettersi di dire che tutti hanno il sangue di colore rosso. La fisica può solo dire: quelli che abbiamo controllato hanno il sangue di colore rosso; riguardo agli altri, visti i risultati degli esperimenti effettuati, consideriamo altamente probabile che anch'essi abbiano il sangue di colore rosso. La metafisica ritiene di poter supplire all'inevitabile mancanza di informazioni connessa agli esperimenti scientifici. Non è scientificamente possibile effettuare verifiche su tutti i casi possibili. Aristotele ritenne che la ragione, attraverso procedimenti logici, possa permettere di guadagnare informazioni oltre le possibilità consentite dalle verifiche scientifiche. Dunque, la metafisica si pone precisamente questo come scopo: giungere a un'estensione della conoscenza che sia totale. "Totale" significa poter esprimere affermazioni che abbracciano tutti i casi possibili esistenti in qualsiasi parte del mondo, non solo nel presente, ma anche nel futuro. Dunque, la scienza esamina tre, quattro, venti, mille oggetti e dice che questi oggetti hanno materia e forma. Viene Aristotele e dice: grazie alla ragione, alla logica, io posso dire di più: non solo questi oggetti hanno materia e forma, ma tutti gli oggetti, di ogni luogo e di ogni tempo, hanno materia e forma. Dunque, la metafisica ritiene di poter esprimere affermazioni universali. Tutto quanto detto finora implica l'indipendenza dal soggetto: cioè indipendenza da quante osservazioni fisiche è stato possibile compiere, quando furono compiute, chi le ha compiute. In altre parole, la metafisica è dogmatica. Il termine "dogmatico" fa pensare alla religione, alla fede, ma qui religione e fede non c'entrano. Le cognizioni che il metafisico ritiene di aver acquisito non vengono assunte per fiducia, per fede: "Mi fido di credere che anche gli oggetti che non ho controllato hanno materia e forma". No. Aristotele non avrebbe speso tempo ad elaborare la sua filosofia se il risultato finale fosse stato un risultato che ha bisogno di fiducia. Per avere fiducia non c'è bisogno di fare filosofia. Semmai questo avviene nella scienza: ciò che nella scienza si chiama "probabilità" si potrebbe anche sostituire con "fiducia". Il lavoro di Aristotele era finalizzato a compensare i limiti della scienza, quindi ottenere un tipo di scienza illimitata, totale. Dunque, dev'essere chiaro che in metafisica non si scherza con le parole: in metafisica "definitivo" significa che non ammette ulteriori discussioni, da nessuno e mai, per l'eternità. In metafisica "certezza" significa "certezza", cioè certezza totale, assoluta, eterna, non significa "fiducia che è così". Lo scopo della metafisica è proprio quello di eliminare i limiti della scienza, la quale è incapace di offrire certezze totali. Questo dovrebbe spiegare come mai io ritenga errata la seguente affermazione:
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMmetterei in dubbio l'esistenza di un metafisicismo dogmatico.
In coerenza con la frase citata qui sopra, devo concludere che l'affermazione
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMQuando succederà comunque darà una conferma dell'esistenza di un muro.
non sia da considerare stringente, assoluta, totale: conferma dell'esistenza di un muro, ma nei limiti in cui ne può essere certo un essere umano, con l'inevitabile misura di ricorso alla fiducia. In questo caso il discorso non ha a che vedere con quello che sto facendo io: il mio discorso è centrato sulla metafisica intesa come un sapere che non ammette dubbi di alcun genere, né presenti né futuri; un sapere che contiene la pretesa di raggiungere certezze oltre le possibilità del cervello umano. Trascurare il soggetto da parte della metafisica significa infatti proprio questo: le affermazioni metafisica hanno la pretesa di non dipendere dai limiti del cervello umano. Ora torniamo al relativismo, di cui dicevo all'inizio che ha come base necessaria la metafisica. Il relativista è un metafisico che decide di tener conto del soggetto. Essendo un metafisico, egli è in grado di esprimere certezze. C'è poi una seconda fase: una volta tenuto conto del soggetto, l'inaffidabilità del soggetto rende nulla ogni certezza. Ciò significa che, in una fase ulteriore, il relativista è costretto a prendere atto che perfino l'esistenza stessa del relativismo non ha alcun significato; le parole non hanno significato; le strutture grammaticali delle frasi sono soltanto giochetti inconsistenti. Ma dire che sono giochetti inconsistenti significa già usare tali strutture grammaticali. Ecco che secondo molti il relativismo non merita alcuna attenzione, poiché si serve di certe cose come se funzionassero, per poter dire che esse non funzionano. Se teniamo conto che il relativista è un ex metafisico, comprendiamo che ciò è possibile: infatti il relativista si muove sempre tra metafisica e nullificazione della metafisica. Faccio osservare che la nullificazione della metafisica avviene dal di dentro della metafisica stessa, quando ancora il relativismo non è nato: ho detto infatti che il nostro metafisico, ad un certo punto, decide di tener conto del soggetto. Fin qui siamo ancora dentro la metafisica. Il soggetto fa nullificare tutto e anche a questo punto siamo ancora nella metafisica. Dev'essere chiaro quindi che non è il relativismo a sostenere che la metafisica è un nulla, ma il processo di inclusione del soggetto, processo operato all'interno della metafisica stessa. È la metafisica ad essere costretta ad annullare se stessa, una volta accolto dentro di sé il soggetto. Con tutto quanto detto finora dovrebbe essere chiaro quello che per me è il difetto del ragionamento di baylham:
Citazione di: baylham il 15 Febbraio 2017, 12:01:34 PMIl dubbio è comunque dubbio di qualcosa, il dubbio stesso è qualcosa, dunque non nulla. Il nichilismo è pertanto inconsistente.
Questo modo di ragionare si mantiene all'interno di un ragionare metafisico, cioè logico. E abbiamo detto che il relativista è in partenza un metafisico. Ma il relativista è un metafisico che ad un certo punto ha ritenuto corretto tener conto del soggetto. Vogliamo provare a vedere cosa succede se nelle affermazioni di baylam proviamo a tener conto del soggetto? Semplice: saltano in aria, perché dire soggetto significa dire inaffidabilità di qualsiasi cosa. Ora, dopo questa specie di deflagrazione dovrebbe essere possibile solo il silenzio, una volta che perfino le strutture grammaticali, i verbi, i significati, vengono nullificati. Tuttavia, siccome il relativista è un essere umano, egli non si rassegna. Continua a fare la spola tra la sua vecchia metafisica e il nuovo stato di demolizione in cui è pervenuto. Questo andirivieni tra metafisica e stato successivo di demolizione gli consente di accorgersi che il lavoro compiuto da Aristotele non aveva motivo di sussistere: Aristotele aveva tentato di colmare con la ragione e la logica le lacune che la ricerca scientifica non riusciva a coprire. Ma perché non accontentarsi di affermazioni modeste, approssimative, aperte alla ricerca, come sono quelle della scienza? Perché questa voglia di onnipotenza?

Non riesco a capire perché affermi che il soggetto nullifica tutto. Me lo potresti spiegare logicamente? Nullificare significa rendere nulla una cosa, mentre si può solo dimostrare che una cosa è falsa non nulla e per dimostrarlo crei inevitabilmente un'altra teoria. Ora tu dici che il nichilista  non si rassegna  al nulla pur non credendo a nulla ( e ovviamente non potendo mai credere a nulla)...perché non si rassegna al nulla? Non è che è proprio il nichilista a desiderare l' onnipotenza? ( equazione: non c'é nulla = nessun vincolo  = posso fare ciò che la mia volontà desidera di più).
#1340
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 12:15:39 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 11:31:15 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMIl problema del relativismo è appunto quello che nega il paesaggio e tiene solo le angolazioni.
Il relativismo non nega l'esistenza del paesaggio. Non può negarla, poiché negarla significherebbe avanzare la pretesa di aver raggiunto una certezza, la certezza, appunto, che il paesaggio non c'è. Il relativismo dubita, getta sospetti, mette tutto in questione, ma non nega né afferma alcunché.
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMAffermare l'esistenza del paesaggio non è essere dogmatici ma semplicemente riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca, indipendente da noi.
Riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca indipendente da noi è essere dogmatici. Per tentare di chiarire meglio faccio il confronto con la scienza. Se io dico alla scienza che forse il sangue è blu, la scienza non nega questa possibilità. È questo che tanti non capiscono. Quando la scienza dice che il sangue è rosso, per essere più esatti, la sua affermazione dovrebbe essere riportata in questi termini: "I risultati delle ricerche effettuate finora mostrano produttivo, efficace, funzionale, trattare il sangue come se fossse di colore rosso; ma nulla esclude che tale colore possa essere nient'altro che un'illusione, un inganno che finora ha gravato su tutti noi; se tu vuoi proporre che il sangue è blu, siamo ben lieti che tu faccia le tue ricerche per farci sapere se per caso ci siamo ingannati". Ora, la scienza non può ripetere tutta questa tiritera ad ogni sua affermazione; e allora, per accorciare i discorsi, essa preferisce dire con semplicità "Il sangue è rosso". Sia chiaro quindi che, tutte le volte che la scienza usa il verbo essere, si tratta di un uso sbrigativo per non dover ripetere tutti i dettagli che ho detto sopra. Adesso andiamo alla metafisica, non la metafisica intesa come semplice teoria aperta alle smentite, ma la metafisica dogmatica, poiché è questa che finora è stata al centro della mia attenzione in tutta questa discussione. Per la metafisica dogmatica non ci sono usi sbrigativi delle parole: ogni parola viene usata in tutto il suo peso totale, assoluto, che non lascia spazio alcuno a divergenze o imprecisioni. In questo senso, nel momento in cui la metafisica afferma che il sangue è rosso, significa che è rosso e basta, non sono ammesse discussioni, né presenti, né future. A questo punto si tratta di verificare che peso vuoi dare alle parole che hai usato nella tua frase che ho citato qui sopra, specificamente alla parola "indipendente". Se è la scienza a dire che l'esistenza di un oggetto è indipendente da noi, in tal caso la parola "indipendente" ha un valore sbrigativo. Il vero senso è "troviamo fruttuoso, efficace, produttivo, trattare l'esistenza di quell'oggetto come indipendente da noi, ma non escludiamo, né escluderemo mai ulteriori ricerche al riguardo". In metafisica invece la parola "indipendente" è una parola di importanza cruciale, fondamentale, capitale. In metafisica "indipendente" significa che tu ed io non possiamo farci niente, e non potremo mai farci niente, né in presente né in futuro, per principio non sarà mai possibile smentire tale esistenza insieme alla sua indipendenza. Ciò significa che, se devo dare alle tue parole un peso forte, non posso non sentirle come contraddittorie. A meno che anche tu, come la scienza, non intenda darvi un senso sbrigativo. Una caratteristica della scienza, legata al principio di falsificabilità, consiste proprio nel non dare mai nulla per definitivamente certo. In questo senso la scienza è nichilista, nella scienza non esistono verità definitive, ma tutto rimane aperto alla smentita, al dubbio, a ulteriori ricerche. Secondo la mentalità dei metafisici, ciò dovrebbe rendere la scienza qualcosa di inaffidabile, perennemente insicuro, senza alcun valore, e invece accade proprio l'opposto: la scienza oggi è quanto di più serio e di affidabile possiamo produrre proprio perché essa si presenta nuda, esposta al dubbio. Il metafisico invece, proprio a causa di queste sue paure del dubbio, va a cadere nell'esatto opposto: pensa di pervenire ad affermazioni indubitabili, infalsificabili, ma proprio a causa di ciò le sue affermazioni sono del tutto inconsistenti, perennemente esposte ai sospetti del relativismo.
Angelo, si è vero. Lo ammetto. Non si può dimostrare l'esistenza del paesaggio. Ammetto di avere fede nell'esistenza del paesaggio. Secondo me è una fede ragionevole. Mi sembra a momenti di vedere il me di qualche anno fa dopo che ho abbandonato Spinoza per Nietzsche. Tuttavia nel dubbio poni una scelta: o il paesaggio esiste o il paesaggio non esiste. Se il paesaggio non esiste allora è vero che non ci sono gerarchie, non ci sono valori ecc e si ha il nichilismo. Se il paesaggio esiste allora si dubita con uno scopo ossia per esplorare le varie prospettive. Ho scelto di credere nell'esistenza del paesaggio, perchè come dici tu è una posizione indimostrabile e infalsificabile. Così come è indimostrabile per me che la Terra abbia più di 23 anni. Come dice Wittgenstein nel suo capolavoro "della Certezza" che consiglio a tutti, l'esistenza del paesaggio non è una vera proposizione ma è posta come il fondamento delle altre. Ma in ogni caso si deve scegliere tra le due. Sinceramente ho scelto quella che mi sembra più "utile". In quell'altra mi sembrava di essere all'oscuro e solo. Se vuoi l'ho fatto per codardia, anche se sinceramente non mi sembra.

Secondo me, Apeiron, non è che scegliamo di credere al paesaggio per ragionamento logico. Ci crediamo per istinto naturale.
#1341
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 11:31:15 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMIl problema del relativismo è appunto quello che nega il paesaggio e tiene solo le angolazioni.
Il relativismo non nega l'esistenza del paesaggio. Non può negarla, poiché negarla significherebbe avanzare la pretesa di aver raggiunto una certezza, la certezza, appunto, che il paesaggio non c'è. Il relativismo dubita, getta sospetti, mette tutto in questione, ma non nega né afferma alcunché.
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMAffermare l'esistenza del paesaggio non è essere dogmatici ma semplicemente riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca, indipendente da noi.
Riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca indipendente da noi è essere dogmatici. Per tentare di chiarire meglio faccio il confronto con la scienza. Se io dico alla scienza che forse il sangue è blu, la scienza non nega questa possibilità. È questo che tanti non capiscono. Quando la scienza dice che il sangue è rosso, per essere più esatti, la sua affermazione dovrebbe essere riportata in questi termini: "I risultati delle ricerche effettuate finora mostrano produttivo, efficace, funzionale, trattare il sangue come se fossse di colore rosso; ma nulla esclude che tale colore possa essere nient'altro che un'illusione, un inganno che finora ha gravato su tutti noi; se tu vuoi proporre che il sangue è blu, siamo ben lieti che tu faccia le tue ricerche per farci sapere se per caso ci siamo ingannati". Ora, la scienza non può ripetere tutta questa tiritera ad ogni sua affermazione; e allora, per accorciare i discorsi, essa preferisce dire con semplicità "Il sangue è rosso". Sia chiaro quindi che, tutte le volte che la scienza usa il verbo essere, si tratta di un uso sbrigativo per non dover ripetere tutti i dettagli che ho detto sopra. Adesso andiamo alla metafisica, non la metafisica intesa come semplice teoria aperta alle smentite, ma la metafisica dogmatica, poiché è questa che finora è stata al centro della mia attenzione in tutta questa discussione. Per la metafisica dogmatica non ci sono usi sbrigativi delle parole: ogni parola viene usata in tutto il suo peso totale, assoluto, che non lascia spazio alcuno a divergenze o imprecisioni. In questo senso, nel momento in cui la metafisica afferma che il sangue è rosso, significa che è rosso e basta, non sono ammesse discussioni, né presenti, né future. A questo punto si tratta di verificare che peso vuoi dare alle parole che hai usato nella tua frase che ho citato qui sopra, specificamente alla parola "indipendente". Se è la scienza a dire che l'esistenza di un oggetto è indipendente da noi, in tal caso la parola "indipendente" ha un valore sbrigativo. Il vero senso è "troviamo fruttuoso, efficace, produttivo, trattare l'esistenza di quell'oggetto come indipendente da noi, ma non escludiamo, né escluderemo mai ulteriori ricerche al riguardo". In metafisica invece la parola "indipendente" è una parola di importanza cruciale, fondamentale, capitale. In metafisica "indipendente" significa che tu ed io non possiamo farci niente, e non potremo mai farci niente, né in presente né in futuro, per principio non sarà mai possibile smentire tale esistenza insieme alla sua indipendenza. Ciò significa che, se devo dare alle tue parole un peso forte, non posso non sentirle come contraddittorie. A meno che anche tu, come la scienza, non intenda darvi un senso sbrigativo. Una caratteristica della scienza, legata al principio di falsificabilità, consiste proprio nel non dare mai nulla per definitivamente certo. In questo senso la scienza è nichilista, nella scienza non esistono verità definitive, ma tutto rimane aperto alla smentita, al dubbio, a ulteriori ricerche. Secondo la mentalità dei metafisici, ciò dovrebbe rendere la scienza qualcosa di inaffidabile, perennemente insicuro, senza alcun valore, e invece accade proprio l'opposto: la scienza oggi è quanto di più serio e di affidabile possiamo produrre proprio perché essa si presenta nuda, esposta al dubbio. Il metafisico invece, proprio a causa di queste sue paure del dubbio, va a cadere nell'esatto opposto: pensa di pervenire ad affermazioni indubitabili, infalsificabili, ma proprio a causa di ciò le sue affermazioni sono del tutto inconsistenti, perennemente esposte ai sospetti del relativismo.

Ma tutti dubitano, Angelo! Il dubitare fa parte della condizione esistenziale stessa dell'essere umano. Sei tu che stai proiettando sulla figura del metafisico l'idea che egli non dubita mai. E' una tua convinzione che il metafisico non dubiti, o un tuo bisogno psicologico di credere in questo. Anzi, aggiungo, perfino il dogmatico dubita dei suoi dogmi, ma ritiene che li lascerà solo se gli verrà dimostrato ( o crederà) a dei dogmi più sicuri, o non li lascerà per paura ( ma questa è tutta un'altra questione, non filosofica ma psicologica o di potere). Le sue affermazioni sono limitate, non necessariamente inconsistenti. Per fare queste affermazioni deve usare un linguaggio limitato, che anche il relativista deve usare per dimostrare la loro limitatezza. Però devi fare chiarezza, perché veramente non riesco a capirti... Da una parte sembri un metafisico critico e poi invece affermi di essere nichilista. Nichilista è non stabilire nessuna scala di valori , che è profondamente diverso da essere critico, come lo sono anch'io in certa misura, verso le speculazioni metafisiche e aperto, come lo sono io, alla continua verifica di queste. Ma essere nichilista significa che non ha alcun senso cercare una prospettiva diversa, perché tanto tutte le prospettive sono uguali. E questo , a parer mio, che dovresti chiarire perché è su questo punto che trovo la tua estrema contraddizione.
Ciao  ;D

P.S. Sono d'accordo con baylham. Il dubitare è qualcosa, non nulla. Il relativista è colui che crede nell'esercizio del dubitare. Quindi una fede come un'altra.
#1342
Citazione di: Duc in altum! il 15 Febbraio 2017, 09:42:46 AM** scritto da Angelo Cannata:
CitazioneAllora mi chiedo: dove sta depositata la definizione esatta del valore oggettivo della vita? Nel nostro cuore? Nella filosofia di qualcuno? Se tale definizione non è per niente chiara, né chiarificabile, una volta che ogni chiarificazione avrebbe bisogno a sua volta di essere chiarificata, cos'è allora questo valore oggettivo della vita?
Il valore oggettivo della vita è il Mistero della vita che nessuno può svelare totalmente (per volere divino secondo me, purtroppo per gli altri), ma che ognuno sperimenta in corpo e coscienza, e sta depositato in ciò che tu con la tua fede definisci essere l'amore; e che, metafisico o anti-metafisico, dirige le tue scelte etiche e, soprattutto, morali. Hai voglia ad auto-ritenerti anti-tutto, ma da come e perché svolgi il tuo lavoro, da come e perché relazioni con gli altri, da come e perché leggi dei libri anziché altri, da come e perché hai speranza in quella determinata utopia, già sei diventato un valore oggettivo della vita, secondo la tua personale opinione. Qual è la tua posizione sulla creazione dell'Universo e della vita? ...qual è la tua idea di benessere sociale? ...qual è la tua opinione sul testamento biologico? ...che posizione hai preso all'ultimo referendum? ...qual è il motivo che ti ha fatto decidere di recidere burocraticamente il tuo sacerdozio? Ecco, dentro di te c'è un filo rosso che collega tutte le tue personali risposte e le conseguenti decisioni pratiche: quello è il valore oggettivo della vita secondo te, ed è quello che definisce l'esistenza e l'essere di @Angelo Cannata, anche se anarchicamente.

Si potrebbe anche dire: è come agisci e non quello che dici, che parla per te. Su questo sono perfettamente d'accordo. :)
#1343
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:51:18 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 08:46:03 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 04:33:13 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 00:08:39 AMNon ne esci... io ho la regina...
A mio parere non è mai possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori, chi dovrebbe uscire e chi dovrebbe entrare, chi ha la regina e se esiste una regina. Dalla frequentazione dei Vangeli mi è rimasto impresso come, specialmente in quello di Giovanni, riguardo al momento in cui Gesù fu processato, il lettore venga condotto a chiedersi chi è che sta facendo da giudice, Pilato, il sinedrio, il popolo nei confronti di Gesù oppure Gesù nei confronti di tutti costoro. Anche questo è relativismo: stabilire chi è giudice e chi imputato, chi vinto e chi vincitore, o se sia tutt'altro il senso di ciò che si sta verificando, dipende dalla prospettiva da cui scegliamo di interpretare le cose. Da un punto di vista di relativismo appare umanamente interessante abituarsi a frequentare sempre più prospettive, mai accontentarsi di una sola. Anche questo era un insegnamento che raccomandavano i miei professori di Bibbia: mai studiare la Bibbia accompagnandosi con un commentario solo: minimo due, meglio se sono di più. Questo fa abituare alla mentalità che non esiste un senso (delle cose, di un testo, della vita, ecc.), tanto meno il senso, ma sempre molteplici sensi, tutti dipendenti dal nostro essere umani, quindi relativi.

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 05:01:30 AMP.S. Ma poi non capisco come mai ti sei sentito attaccato personalmente, visto che parli di armi, di partita a scacchi, non ne esci, ecc. E che è, la terza guerra mondiale? Io avevo semplicemente espresso un mio modo di considerare il relativismo. Se la senti come guerra penso che per me non sia il caso di proseguire.
E chi ha mai detto che bisogna accontentarsi di una sola prospettiva?Avere molteplici possibilità di interpretazione e di prospettiva, non significa affatto, come sostieni tu, che quindi nessuna prospettiva ha significato. Tutte le prospettive però, per essere prospettive, ricorrono allo stesso linguaggio interpretativo, a cui tu , come nichilista, neghi qualunque validità. Di più, neghi qualunque validità di qualunque cosa, persino della tua stessa esistenza e quindi ,a mio parere, trovo estremamente contraddittorio che tu adesso venga ad affermare l'importanza di avere molteplici prospettive. Importanza rispetto a che cosa, visto che neghi il concetto stesso di importanza? Per quello che riguarda la regina...sei tu, Angelo, che hai iniziato questa discussione con fare arrogante e dileggiante le opinioni altrui, non io...e non è un caso che , sia io che un altro utente, ci siamo sentiti offesi da questo atteggiamento. Pertanto ho cercato, nei miei immensi limiti, di mostrarti quello che , a mio modesto parere, risultava contraddittorio anche nella tua posizione...che poi tu provi piacere per le contraddizioni, non è affar mio... ;D Mi associo alla considerazione della sterilità di continuare questa discussione tra di noi. Se dobbiamo ridurci a discutere...del nulla ::)
Negare il concetto di importanza segue dal negare il concetto di "gerarchia delle prospettive". Ma ammettere una gerarchie tra le prospettive non è dogmatismo. Semmai dogmatismo è anche dire: "io ho la mia prospettiva e siccome nessuna è più importante della mia allora non ha senso che io impari altre prospettive. Perchè d'altronde se comunque sono prospettive come la mia anche conoscendole, la mia nuova prospettiva sarà tanto importante quanto quella che ora! Quindi non ci guadagnerei nulla". Questo discorso vale per ogni relativismo (quindi anche per quello "temporale" di Phil). Ti correggo Sari su una cosa. Anche nel buddismo c'è una "verità eterna" ed quella del trittico anicca-anatta-dukkha (ossia il Dhamma stesso). La suprema prospettiva è appunto quella che conduce alla Liberazione. Nel cristianesimo la "verità eterna" è quella di Dio. Ciò non toglie tuttavia che il dialogo tra le religioni può aiutare ai componenti di una determinata religione di conoscere meglio la propria. Nell'esempio del messaggio precedente anche se una religione vede tutto il paesaggio può ancora imparare dalle altre i dettagli su cui non si è soffermata. Di certo una religione non può rifiutare un dogma (il buddismo senza "anicca" non sarebbe più tale ecc), tuttavia è bene essere comunque aperti al dialogo per il discorso dei dettagli. Ad esempio personalmente trovo molto problematico l'esasperato dualismo del cristianesimo... In ogni caso anche se riprendendo il discorso delle angolazioni e del paesaggio, io fossi in una angolazione che mi fa vedere tutto continuerei a dialogare proprio per istruire l'altro di ciò che vedo io e per imparare dall'altro dettagli che ho trascurato. Negare il paesaggio tuttavia mi sembra del tutto assurdo.

Infatti il Buddhismo non ha mai negato l'importanza della fede nell'insegnamento di Buddha. Se non hai fiducia che quell'insegnamento sia vero, non vai da nessuna parte. La fede è una componente importante di ogni pratica spirituale ed è necessaria per il progresso in quel "particolare" cammino che hai intrapreso. La fede la riponi in quello che la tua riflessione logica personale ( e non solo logica , ma che investe l'intera situazione esistenziale ) ti fa ritenere come la prospettiva migliore in cui ti sei imbattuto e aumenta quando verifichi che , seguendola, c'è una diminuzione della tua sofferenza esistenziale. Questo non significa affatto sminuire, e credo che un buddhista coerente mai lo farebbe , le prospettive altrui. Semplicemente si ha fiducia, perché lo si sperimenta giorno dopo giorno, dopo giorno che si è sul cammino giusto per liberarsi dall'angoscia esistenziale. Nel Dharma ( almeno in quello vero...) non c'è mai esaltazione della propria dottrina e dileggio di quelle altrui, invita semplicemente a "venire e vedere"...
Credo che la fiducia sia necessaria in ogni campo. Se lo scienziato non ha alcuna fiducia negli strumenti di ricerca, come può progredire nella ricerca stessa? Ovvia che si renda perfettamente conto che dispone di strumenti limitati...ma questo non gli impedisce di andare avanti, perché, se anche limitati,  i risultati non sono necessariamente falsi.
#1344
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 04:33:13 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 00:08:39 AMNon ne esci... io ho la regina...
A mio parere non è mai possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori, chi dovrebbe uscire e chi dovrebbe entrare, chi ha la regina e se esiste una regina. Dalla frequentazione dei Vangeli mi è rimasto impresso come, specialmente in quello di Giovanni, riguardo al momento in cui Gesù fu processato, il lettore venga condotto a chiedersi chi è che sta facendo da giudice, Pilato, il sinedrio, il popolo nei confronti di Gesù oppure Gesù nei confronti di tutti costoro. Anche questo è relativismo: stabilire chi è giudice e chi imputato, chi vinto e chi vincitore, o se sia tutt'altro il senso di ciò che si sta verificando, dipende dalla prospettiva da cui scegliamo di interpretare le cose. Da un punto di vista di relativismo appare umanamente interessante abituarsi a frequentare sempre più prospettive, mai accontentarsi di una sola. Anche questo era un insegnamento che raccomandavano i miei professori di Bibbia: mai studiare la Bibbia accompagnandosi con un commentario solo: minimo due, meglio se sono di più. Questo fa abituare alla mentalità che non esiste un senso (delle cose, di un testo, della vita, ecc.), tanto meno il senso, ma sempre molteplici sensi, tutti dipendenti dal nostro essere umani, quindi relativi.
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 05:01:30 AMP.S. Ma poi non capisco come mai ti sei sentito attaccato personalmente, visto che parli di armi, di partita a scacchi, non ne esci, ecc. E che è, la terza guerra mondiale? Io avevo semplicemente espresso un mio modo di considerare il relativismo. Se la senti come guerra penso che per me non sia il caso di proseguire.

E chi ha mai detto che bisogna accontentarsi di una sola prospettiva?Avere molteplici possibilità di interpretazione e di prospettiva, non significa affatto, come sostieni tu, che quindi nessuna prospettiva ha significato ( e, in ogni caso, a parer mio, si sta semplicemente formulando una nuova teoria: la teoria delle molteplici prospettive). Tutte le prospettive però, per essere prospettive, ricorrono allo stesso linguaggio interpretativo, a cui tu , come nichilista, neghi qualunque validità. Di più, neghi qualunque validità  di qualunque cosa, persino della tua stessa esistenza e quindi ,a mio parere, trovo estremamente contraddittorio che tu adesso venga ad affermare l'importanza di avere molteplici prospettive. Importanza rispetto a che cosa, visto che neghi il concetto stesso di importanza?
Per quello che riguarda la regina...sei tu, Angelo, che hai iniziato questa discussione con fare arrogante e dileggiante le opinioni altrui, non io...e non è un caso che , sia io che un altro utente, ci siamo sentiti offesi da questo atteggiamento. Pertanto ho cercato, nei miei immensi limiti, di mostrarti quello che , a mio modesto parere, risultava contraddittorio anche nella tua posizione...che poi tu provi piacere per le contraddizioni, non è affar mio... ;D
Mi associo alla considerazione della sterilità di continuare questa discussione tra di noi. Se dobbiamo ridurci a discutere...del nulla ::)
#1345
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 23:40:07 PMIl relativismo che intendo io è ancora meno di una teoria, perché dubita del teorizzare stesso, dell'esistenza di se stesso, del significato di ogni parola, dell'uso della grammatica. Per il relativismo contraddirsi è una condizione inevitabile in cui tutti ci troviamo, quindi la accoglie a piene mani. Il relativismo è proprio un nulla, perché esso è nichilismo; è un nulla che stranamente crea problemi dovunque si trovi.

Personalmente non mi crea nessun problema  ;D ...mi sembra anzi che ne crei di più a te. Che problemi potrebbe crearmi il nulla?  Scompaginare le mie credenze? Non ha nessun argomento ( ossia nulla) per poterlo fare. Dimostrarmi che le mie credenze sono false? Deve usare le mie armi per farlo, con il nulla non lo può fare, e usando le mie armi dimostra anche lui di credere in quello che usa. Non ne esci , Angelo... ;D ;D ;D
E' come una partita a scacchi e io ho la regina... ;)
#1346
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 23:08:00 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Febbraio 2017, 21:03:09 PM... credo che nessuna metafisica seria ( non dogmatica) pensa di essere eterna ...
Oh, ma allora la pensiamo allo stesso modo! Ottimo, questo accorcia ed evita un mare di discussioni.
Citazione di: Sariputra il 14 Febbraio 2017, 21:03:09 PM... ma cosa vi hanno insegnato in seminario? ;D ;D
Una delle cose più importanti che mi hanno insegnato in seminario è stato il convivere, però lo ammetto, non m'insegnarono a relazionarmi via computer, via internet, anche perché allora internet non esisteva affatto. È vero che quando non ho la gente fisicamente presente davanti a me perdo un po' di contatto con la realtà. Ricordo che mi accadde diverse volte di essermi preparato la predica su un foglietto e poi, dopo aver alzato gli occhi per guardare in faccia la gente che mi trovavo davanti, aver appallottolato il foglietto intuendo che c'erano scritte cose troppo distanti da quei volti. In compenso questo mi ha consentito in altri contesti una maggiore concentrazione nel non perdere di vista il nocciolo delle questioni.

No, desumi ancora in modo sbagliato.  Per me il relativismo è una teoria come un'altra. Da buon seguace del Dharma non amo il teorizzare, mi premeva unicamente metterne in evidenza le contraddizioni logiche in cui cade.
#1347
@ A:Cannata
Vedo che non perdi l'abitudine di desumere , partendo dai tuoi pre-giudizi, intenzioni che gli interlocutori non hanno ( come è capitato con l'utente Sgiombo). Quando mai ho affermato che la metafisica è oggettiva?  Ho solo detto che un'etica, per quanto imperfetta, è preferibile a nessuna etica che è l'approdo naturale del nichilismo. Punto. Poi  mi sembra che confondi cambiamento di teoria con relativismo ( e questo vale come risposta anche per Phil). Il divenire impone il cambiamento di una teoria con un'altra che può rivelarsi più valida, non che nessuna teoria può mai essere valida, che è un dogma del relativismo. Se mi sono fatto , dentro di me, la teoria ( il giudizio) che mia moglie è una santa, ma poi scopro che non lo è , mi costruisco inevitabilmente la teoria opposta. ma non posso sfuggire al teorizzare, ossia fare della metafisica ( magari spicciola). Quindi credo che nessuna metafisica seria ( non dogmatica) pensa di essere eterna ( questa è magari un'aspirazione delle religioni, ma non sono esattamente la stessa cosa, anche se vediamo il cambiamento continuo pure in esse).  Ho fatto solo notare che dire che "tutto è relativo" e " tutte le teorie metafisiche proposte sono cambiate" non è esattamente e logicamente la stessa cosa. Infatti  non si può desumere dogmaticamente che per sempre  tutte le teorie saranno relative. Questa è un'affermazione dogmatica e metafisica, una teoria delle teorie. Sappiamo che le teorie sulla realtà non si sono rivelate del tutto adeguate, ma non sappiamo che per sempre le teorie sulla realtà saranno inadeguate. Possiamo essere scettici sul fatto che mai potremo avere una teoria valida sulla realtà, oppure ottimisti, ma questa non è una cosa che si può stabilire a priori, pena cadere nelle stesse contraddizioni che si imputano alle teorie metafisiche.
Sull'ironia a buon mercato, Angelo, passo sopra...ma cosa vi hanno insegnato in seminario? ;D ;D
#1348
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 16:50:26 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Febbraio 2017, 16:02:35 PM... il valore oggettivo della vita
Sì, lo spauracchio del convenzionalismo è questo: l'intera umanità potrebbe mettersi d'accordo su decisioni sbagliate. Ma se per l'intera umanità sono giuste, allora per chi è che sono sbagliate? L'intera umanità potrebbe decidere di autodistruggersi. Chi stabilirà che è sbagliato? Non è scritto da nessuna parte che l'umanità debba esistere per forza, così come la natura ha dimostrato che non era scritto da nessuna parte che i dinosauri dovessero esistere per forza. L'estinzione dei dinosauri fu un bene o un male? Non fu né un bene né un male, fu semplicemente un fenomeno della natura. L'estinzione dell'umanità sarebbe un bene o un male? Bene o male per chi? Per gli scarafaggi che potrebbero sopravvivere a noi? Un giorno allora saranno loro, nel frattempo progrediti nell'intelligenza, a chiedersi se la nostra estinzione fu un bene o un male e risponderanno che fu solo un fenomeno della natura. Da qui mi sembra conseguire che il problema del convenzionalismo non è uno spauracchio, ma un dato di fatto in cui già ci troviamo dentro fino al collo. Che cos'è la democrazia se non un convenzionalismo su alcune regole su cui un popolo si mette d'accordo? Il convenzionalismo non può essere fermato con qualche principio superiore per lo stesso motivo per cui non puoi fermare con un principio superiore la democrazia. Quest'eventuale principio superiore non può essere altro che una dittatura. Da questo punto di vista la democrazia è spaventosa, basti pensare che Hitler fu eletto democraticamente. Visto quel che combinò, ci sarebbero motivi più che validi per stabilire che la democrazia non va permessa perché lascia i popoli troppo liberi di fare quello che vogliono. La democrazia ci riporta al soggetto: ciò che conta sono i soggetti. Ma i soggetti sono inaffidabili, sono capaci di eleggere Hitler. Però non c'è nulla in grado di contrastare l'importanza del soggetto, perché qualunque cosa si trovi sarà qualcosa individuata da qualche soggetto. Hai scritto che la metafisica, di solito, fonda un'etica che cerca di salvaguardare il valore oggettivo della vita. La vita di chi e che tipo di vita? Io posso salvaguardare la vita uccidendo Saddam Hussein e poi rovinare quella di milioni di altre persone attraverso operazioni finanziarie schiavizzanti. È più grave uccidere una persona o compiere sotterfugi politici causando danni di portata gigantesca a intere popolazioni, in cui però tutti restano vivi? Penso che mi risponderai che in questi casi la colpa non è della metafisica, ma di chi tradisce il valore oggettivo della vita. Allora mi chiedo: dove sta depositata la definizione esatta del valore oggettivo della vita? Nel nostro cuore? Nella filosofia di qualcuno? Se tale definizione non è per niente chiara, né chiarificabile, una volta che ogni chiarificazione avrebbe bisogno a sua volta di essere chiarificata, cos'è allora questo valore oggettivo della vita?

Vedi che stai sprofondando nell'estremo del nichilismo ? Se niente è chiarificabile, cosa dobbiamo chiarire tra noi due? Se la vita non è un valore oggettivo, devi prepararti a difenderti, da solo, perché qualcuno verrà a pretendere qualcosa da te. Senza valori non è possibile una legge. Senza legge prevale il valore della forza, non certo la capacità filosofica e democratica.
#1349
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 13:29:20 PMA questo scopo sarebbe necessario accordarci sul significato di violenza. Per esempio, è o non è violenza, come una volta vidi in TV in una trasmissione che era qualcosa di simile a medici senza frontiere, aprire con la forza la bocca di una bambina morente, per farle inghiottire una medicina che le salverà la vita? Qui mi sembra che la risposta sia abbastanza facile. E se invece ad essere morente non è una bambina, ma un anziano di cento anni in preda a sofferenze terribili, il quale non desidera altro che morire e la medicina servirà solo a prolungare le sue sofferenze? È violenza uccidere per salvare la democrazia? Questi interrogativi non fanno altro che evidenziare che è impossibile una definizione definitiva, metafisica, oggettiva, di cosa voglia dire violenza. Quest'impossibilità dimostra che tutte le volte che qualcuno si oppone alla violenza, egli si sta opponendo a ciò che per lui è violenza. L'unica via che ci rimane è tentare di accordarci su un significato; è il convenzionalismo: accordarsi su una convenzione. È possibile accordarci su una definizione oggettiva di violenza, cioè valida per tutti, in maniera definitiva, non soggetta a continue rimesse in discussione? È ciò che sta cercando Apeiron, con la sua ricerca di un'etica oggettiva. Io ritengo ciò impossibile, perché ci sarà sempre qualcuno in disaccordo, e anche se vuoi giudicare tale disaccordo, dovrai farlo in funzione di qualche criterio, il quale sarà a sua volta dipendente da valutazioni soggettive. Il mio relativismo è una proposta di dialogo, dialogo che non deve finire mai. La metafisica è invece una proposta di fine del dialogo, una volta che si siano individuate verità definitive, valide per tutti. Questo per me è violenza: cessazione del dialogo, dell'ascolto, dell'interrogarsi e lasciarsi interrogare. Quelli che vanno in giro con la mascherina sono complici di quegli insetti che, grazie al fatto di non essere stati disturbati, potranno esercitare il loro dominio su altri esseri. Ciò significa che non è possibile sottrarci all'essere violenti o, come minimo, complici, più o meno alla lontana, della violenza di altri. Ciò che io vedo nel relativismo non è l'eliminazione della violenza, ma un tentativo per vedere se almeno in qualche caso sia possibile ridurre qualche violenza. Il relativismo è solo un tentare, nient'altro. Ma mi sembra che oggi, con tutta l'inaffidabilità della metafisica, l'umilissimo tentare, prontissimo a mettersi sempre in discussione, sia la cosa più seria che si possa fare. Riguardo alle incoerenze di Gesù, io non do per scontatamente vero ciò che dicono i Vangeli; resta che essi sono la sola principale fonte di informazione su di lui. I Vangeli, da un punto di vista di analisi dei testi, lo mostrano incoerente. Poi, riguardo a ciò che egli sia stato storicamente, è molto difficile, se non del tutto impossibile, ottenere dati certi.

Nel paragone sul significato di violenza che porti, la risposta mi appare scontata , e non mi serve un sistema filosofico metafisico o relativista per deciderlo, tutto ciò che opera per aumentare il bene dell'altro è salutare, tutto ciò che procura sofferenza all'altro è dannoso. La bambina va salvata perché la piccola sofferenza causata dal forzarle l'apertura della bocca è al fine di ottenere un maggior bene per lei ; nel caso del vecchio sofferente non si ottiene alcun bene ma un aumento della durata della sofferenza, perciò è dannoso. Se l'anziano è in possesso delle sue facoltà deve poter decidere se desidera continuare a vivere nonostante la sofferenza o se preferisce evitare qualsiasi accanimento. Il problema è che,in un sistema relativistico, si potrebbe "convenzionalmente", per democratica decisione di maggioranza ;D, decidere che il bene relativo della maggioranza è quello di fregarsene della volontà dell'anziano e sopprimerlo direttamente o che la bambina, essendo povera, non vale il costo della medicina da darle, e lasciarla quindi morire... Perciò sostengo che, tra le due visioni del reale, quella metafisica e quella autocontradditoria del relativismo, sia preferibile la prima, perché  di solito ( ma non sempre) fonda un'etica che tenta di salvaguardare il valore oggettivo della vita ( pur non potendolo dimostrare oggettivamente).
L'inevitabile approdo del relativismo è il nichilismo e, a questo punto ( carattere psicologico: cinismo) , si arriva a non mettere in discussione più niente, con effetto esattamente contrario a quello da te auspicato.  Infatti è solo una nuova teoria metafisica che può mettere in discussione la precedente e superarla, dimostrandosi più convincente logicamente della precedente, Ambedue, ribadisco, sia la metafisica che diventa dogma, sia il relativismo che diventa dogma, sono ditthi ( scusa il termine pali ma non conosco un termine analogo nostrano), opinioni, visioni fallaci , ecc.
La metafisica in sè non è la fine del dialogo, anzi invoglia  a trovare un'altra visione pià profonda, più ampia, più logica, ecc.. E'la fine del dialogo solo nel caso si stabilisce come dogma.
Rischio che corre anche il relativismo , che non diventa dogma, ma approda nella visione nichilistica della realtà, condannandosi alla mancanza totale di senso.
Ribadisco ancora...nessuna delle due è in grado di curare la sofferenza umana, a mio modesto avvso, ( sofferenza che non è un concetto metafisico o relativo, ma semplicemente lo stato percepito come insoddisfacente del soggetto), ma questo è ovviamente un altro discorso ( di parte... :-[ ).
#1350
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 12:01:33 PMSì, infatti per me il relativismo non è la salvezza del mondo, anche perché ritengo che il concetto stesso di salvezza sia un concetto umanamente molto distruttivo. Ma tra la metafisica, che giustifica la violenza contro chi dissente da ciò che tu consideri verità oggettiva, e il relativismo, che sottopone tutto al dubbio, senza peraltro imporre freni ad alcuno, mi sembra che il male minore sia il relativismo. Che la metafisica sia solo un pretesto al desiderio di potere, lo condivido al cento per cento, forse con la differenza che secondo me essa nasce proprio come strumento di potere; cioè, il suo essere al servizio dell'oppressione non è casuale, ma insito nella sua stessa natura, nello scopo per cui viene elaborata, sebbene inconsapevolmente nella maggior parte dei casi. Per quanto riguarda le ipocrisie di Gesù, la mia non è un'affermazione campata in aria: possiamo benissimo prendere in mano i Vangeli e ti mostro come i testi siano stracolmi di contraddizioni, e parlo non di piccole contraddizioni formali, ma proprio in merito ai contenuti fondamentali.

Dovresti però specificare quale metafisica giustifica la violenza verso chi dissente. Non puoi dire la metafisica in toto, non ha senso. Il Jainismo, per es., è sicuramente un sistema metafisico, ma chi lo pratica veramente, va in giro con la mascherina per non recare danno ad eventuali insetti che potrebbero entrare in bocca... :)
Quindi l'affermazione che fai, che la metafisica " nasce proprio come strumento di potere", è falsa e rivela, a parer mio ovviamente, un giudizio aprioristico negativo che fa "di tutta l'erba un fascio".  E questo non è razionale, ovviamente. E' tutto da dimostrare che un sistema relativista sia meno dannoso di uno che segue una metafisica non-violenta. Anche qui...sarà la coerenza di chi segue quel particolare sistema a fare la differenza. Non è il sistema in sé il toccasana.
Non si può affermare che Yeoshwa era incoerente perché i Vangeli sono incoerenti, come non si può affermare che Siddhartha fosse incoerente perché i sutra sono pieni di incoerenze. Non possiamo essere certi nemmeno che veramente, un grosso angelo alato, non sia sceso davanti a Mohammed  per dettargli il Corano, giusto? Se tu dici che è falso, di nuovo, cadi in contraddizione con il tuo professare un relativismo assoluto...al massimo possiamo dire che, coloro che hanno steso quei racconti, sembrano incoerenti... ;D