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Messaggi - sgiombo

#1336
Critica dell' emergentismo.

Il possibile é indagabile razionalmente?

Principio di arbitrarietà mereologica.

La volontà di potenza da un altro punto di vista.



(Se c' é un limite di discussioni proponibili chiedo di sostituire queste a quelle da me precedentemente proposte).
#1337
Tematiche Filosofiche / Re:Hiroshima fu il meno peggio
06 Novembre 2018, 12:08:09 PM
Il sapere razionale si può (e per quanto riguarda quel che personalmente sento si deve) sempre applicare al sentire irrazionale.
 
Comunque sono facoltà umane non affatto in reciproca contraddizione ma invece fra loro complementari.
 
7 milioni di etiche diverse le poteva forse allucinatoriamente vedere Nietzsche, ma non ci sono affatto nella realtà.
#1338
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
06 Novembre 2018, 12:00:25 PM
Verità == caratteristica propria di (un fatto alquanto peculiare costituito da) un predicato o giudizio che che quanto affermato (o negato) da esso é costituito da fatti il cui accadere é (o non é reale)  rispettivamente.
#1339
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 09:33:50 AM
La "filosofia materialista" non ignora questo problema ed è assai indaffarata a risolverlo per via neuroscientifica. Un punto assodato di tale filosofia è che la res cogitans (pensiero) è parte della res extensa (natura). Ma deve riconoscere, aldilà di ogni sforzo riduzionista, che la res cogitans ha delle facoltà trascendentali che agiscono sulla res extensa. 
Citazione
Secondo me la "filosofia materialista" non riesce a risolvere il problema perché non ne ha una comprensione corretta; infatti per via puramente e semplicemente neuroscientifica non si può risolvere.

Dire che la res cogitans (pensiero) è parte della res extensa (natura) é assurdo: nei cervelli si possono trovare solo neuroni (e cellule gliali, vasi, ecc), assoni, sinapsi, potenziali d' azione ed eccitazioni e d inibizioni trans-sinaptiche (perfettamente riducibili a particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.: materia tout court) e non affatto coscienza: nessun colorato arcobaleno o panorama se il "titolare "di un cervello che si osserva sta vedendo un arcobaleno o un panorama, nessun odio, amore, paura, soddisfazione, speranza, immaginazione, ecc. se sta odiando, amando, provando soddisfazione, sperando immaginando, ecc.).
Per il semplice motivo che non é l' esperienza** (del suo "titolare") ad essere nel cervello osservato, ma invece il cervello (osservato) ad essere nella coscienza* (di chi o osserva).


Per la chiusura causale del mondo fisico (senza la quale sarebbero possibili i miracoli e la scienza andrebbe a farsi benedire; magari anche letteralmente, da qualche prete o stregone) la res cogitans non può avere alcun effetto di alcun genere (qualsiasi cosa possa significare "trascendentale"), non può agire in alcun modo sulla res extensa.





Di tutto il bestiario filosofico narrato, mi pare che Kant sia quello che si avvicina di più alla realtà. Basta soltanto demetafisicizzare le categorie a priori in caratteristiche evolutive della nostra specie affinatesi nel tempo, capaci di trascendere col ragionamento logico i livelli meramente empirici dell'esperienza.
Citazione
La conoscenza e la spiegazione scientifica della comparsa nel corso dell' evoluzione biologica delle facoltà conoscitive umane, quella filosofica (gnoseologica o come si preferisce di fatto dire epistemologica) dei fondamenti, significato, natura, limiti, condizioni, ecc. della conoscenza e quella pure filosofica (ontologica) dei rapporti materia (cerebrale) - coscienza  sono tre ben diversi ordini di questioni, da non confondersi.
In particolare la scienza biologica ci spiega benissimo come si é evoluto il cervello umano e conseguentemente il comportamento umano da esso "diretto" o regolato, ma nulla dei rapporti mente - cervello: per la biologia la coscienza potrebbe benissimo non accompagnare alcun cervello, uomini e animali potrebbero essere delle sorta di zombi "funzionanti" (agenti) come agiscono senza averne coscienza, e nulla cambierebbe, per nulla potremmo accorgercene.




Come una particella subatomica siamo contemporaneamente massa e onda, esperienza empirica e trascendentale. Non vi è alcuna contraddizione perchè siamo entrambe le cose. Mi auguro che scienza e filosofia finiscano con l'accorgersene, mettendo nella spazzatura della loro storia dispute tardonominalistiche il cui tempo è scaduto.
Citazione
NOn si tratta affatto di dispute tardonominalistiche fra scienza e filosofia da gettare nella spazzatura ma invece di problemi (per me soggettivamente interessantissimi!): si tratta di comprendere in che senso (che significano queste affermazioni) siamo contemporaneamente materia cerebrale (mia spiegazione filosofica: in quanto osservati da altri, nell' ambito delle loro coscienze*), e  la nostra propria esperienza cosciente** (mia spiegazione filosofica: in quanto osservati da noi stessi).



PS La matematica è quella che è perchè è il ragionamento logico, la techne, (trascendentale) che meglio ci permette di mettere ordine all'universo empirico trasformandolo da cosa-in-sè (verità) - che pertanto non è più un problema nè epistemologico, nè scientifico - a cosa-per-noi (veridicità). Che invece problematica lo è, ma anche risolvibile attraverso le nostre funzioni trascendentali.
Citazione
NOn comprendo: per me la verità é sempre verità per qualcuno che la conosce (se nessuno crede nulla esistono fatti, non verità, né falsità; le quali sono caratteristiche proprie di quei peculiari fatti che sono i predicati o affermazioni o giudizi).
E la veridicità é la caratteristica del soggetto di un' affermazione che dice il vero (a meno di non considerarla come mero sinonimo di "verità" attribuendola all' affermazione stessa).
#1340
Citazione di: Apeiron il 05 Novembre 2018, 22:01:10 PMCONTINUAZIONE

Tutto questo "casino" non è nato, storicamente, da Kant ma da Cartesio (quindi @CarloPierini dovrebbe prendersela con Cartesio  ;D  ). Per Cartesio, i sensi non potevano essere uno "valido strumento di conoscenza" perché la nostra esperienza sensibile presenta alcune caratteristiche che, certamente, dipendono dalla nostra esistenza soggettiva (colori, suoni ecc) - le "qualità secondarie". A differenza di Galileo, però, Cartesio non riteneva che noi potessimo dire che le "qualità primarie" (quantitative) erano degli oggetti esterni. Perché? Per il fatto che, in fin dei conti, secondo Cartesio la nostra "esperienza sensibile" è una costruzione mentale (e un "genio maligno" poteva ingannarci sulla sua "fedeltà" alla "realtà"). Quindi, Cartesio ha concluso che non si poteva sapere niente con certezza della realtà esterna se ci si basava sull'esperienza ("realismo trascendentale"...).

CitazioneFin qui concordo con Cartesio: le qualità primarie, per il fatto di essere misurabili direttamente, non sono meno fenomeniche o più in sé (il loro "esse" non é meno "pecipi") di quelle secondarie.




Così tramite il famoso "cogito ergo sum" e le prove dell'esistenza di Dio pensava di aver risolto l'inghippo: in fin dei conti, se Dio esiste ed è perfettamente buono non può ingannarci ma, invece, è il garante che possiamo conoscere le cose. Spinoza, invece, partendo da "assiomi inconfutabili" ha tentato di dimostrare qual era "l'essenza della realtà" seguendo un percorso razionalista (come aveva fatto Cartesio) senza mai basarsi sull'esperienza.

CitazioneQui naturalmente dissento da Cartesio (sempre seguendo l' immenso Hume) sulla certezza del soggetto del "cogito" (l' "ego" che ne sarebbe -erroneamente- dedotto) e sulla cosiddetta "prova ontologica" dell' esistenza di Dio e tutto ciò che ne ricava.


Fu poi la volta di Locke che, in contrasto con Cartesio e Spinoza, riteneva che la conoscenza si basava unicamente sull'esperienza. Dopo Locke giunse Berkeley, notando, come aveva fatto Cartesio, che i contenuti dell'"esperienza sensibile" sono "interni" alla nostra coscienza. Quindi, non ci danno alcuna prova dell'esistenza di una "realtà materiale" che esiste indipendentemente da noi. Berkeley spiegava il fatto che gli oggetti sembrano esistere anche quando non vengono percepiti con l'esistenza di Dio, che "guardava" le cose in ogni momento.

CitazioneMa soprattutto che provocava, causava la loro presenza come meri fenomeni nella nostra coscienza.




Visto che Berkeley riteneva che gli oggetti comunemente ritenuti esterni erano in realtà interni proponeva un "idealismo empirico". Infine arrivò Hume, che pur considerando la causalità un'ipotesi ragionevole, riteneva che in realtà è indimostrabile. Così come la conoscenza scientifica. In entrambi i casi, ci affidiamo all'"abitudine".


Kant, in seguito, riconosce a Hume e a Berkeley che la pura speculazione intellettuale non può portare a nessuna conoscenza ("pensieri senza intuizioni (=dati empirici) sono vuoti" come afferma nella "Critica della Ragion Pura"). Kant però ha cercato di "salvare" la validità della conoscenza scientifica dicendo che a livello della "realtà empirica"/"fenomenica" la scienza vale. Come? Secondo Kant la ragione era che la nostra mente ordina "l'esperienza" con "forme" e "categorie" "a-priori", ovvero quelle "caratteristiche" che sono presenti in tutte le esperienze. Se la mente non ordinasse l'esperienza, dice Kant, sarebbe completamente incomprensibile (la citazione precedente continua con "le intuizioni senza concetti sono cieche" - ovvero se i dati empirici non vengono ordinati dalle "caratteristiche" menzionate prima sono incomprensibili). Quindi, secondo Kant, la scienza, basandosi sull'esperienza porta conoscenza vera: d'altronde la scienza, per Kant, utilizza concetti per studiare l'esperienza, proprio come richiesto (se non si basasse sull'esperienza sarebbero pensieri senza contenuto ("vuoti") e se non usasse i concetti sarebbe "cieca").
CitazioneMa le "forme" e "categorie" "a-priori" non sono empiricamente dimostrabili né mostrabili come applicabili con certezza di verità all' esperienza fenomenica: Kant si illude di superare lo scetticismo humeiano, ma in realtà non lo supera affatto!




Chiaramente questo lascia perplessi, visto che, in fin dei conti, Kant riteneva che tra le "categorie" vi era la causalità. Perciò, per Kant, gli "oggetti esterni" devono esistere indipendentemente da noi e, allo stesso tempo, devono anche essere parte dell'esperienza ordinata dalla mente - ovvero parte della "rappresentazione". Non a caso, per Kant fenomeni erano anche "oggetti" che non erano sensazioni immediate.
CitazioneMa se ben lo intendo erano "oggetti" e non sensazioni immediate solo in quanto cose in sé o noumeno, non i quanti fenomeni.




E qui sta l'antinomia/indecidibilità della filosofia kantiana: da un lato afferma che la nostra mente ordina le sensazioni per renderle comprensibili, dall'altro affinché ciò sia possibile devono esistere oggetti esterni. La filosofia kantiana, perciò arriva ad una sorta di paradosso: gli oggetti esterni sono necessari per rendere l'esperienza comprensibile e quindi sono parte della rappresentazione e, allo stesso tempo, devono essere anche "esterni" ad essa  

Ora quanto detto sopra lo vedo come una sorta di "paradosso", che, in pratica, riflette la nostra limitatezza. Se, infatti, neghiamo la validità delle "categorie" e delle "forme", finiamo per dover ammettere che non possiamo conoscere nemmeno la nostra stessa esperienza sensibile (Hume diceva che al massimo potevamo fare "ipotesi ragionevoli" e su questo, secondo me, è "più coerente" di Kant, visto che Kant, effettivamente non dimostra quanto afferma).

CitazionePerfettamente d' accordo!




Se, invece, concordiamo con i "realisti trascendentali" (Cartesio/Spinoza...) rimane il problema che non si può sapere che relazione c'è tra la nostra "esperienza sensibile" e "gli oggetti reali". Se, diciamo che la "realtà esterna" dipende ontologicamente dalla mente finiamo in una forma di idealismo (es: Berkeley e Hegel).

La filosofia Kantiana riesce a dare una sorta di "spiegazione" del fatto che osserviamo regolarità nella nostra esperienza: d'altronde la mente "ordina" le sensazioni. D'altro canto, è anche vero che arriva al paradosso quando, in pratica, finisce per sostenere che questo "ordinamento" dell'esperienza richiede la presenza di oggetti esterni (causalità) e allo stesso tempo però questi oggetti esterni, che spiegano l'insorgere delle sensazioni (ovvero sensazioni visive, uditive...), devono essere parte del "mondo fenomenico"/"rappresentazione"/esperienza. Il paradosso, dunque, è il seguente: gli oggetti esterni devono, al contempo, essere sia interni alla rappresentazione sia esterni a noi (ovvero non dipendere ontologicamente dalla nostra esistenza). Perciò, Kant, si avvicina addirittura al "realismo diretto" sostenendo che noi possiamo conoscere oggetti che non dipendono dalla nostra esistenza e, al contempo, si avvicina all'"idealismo" visto che tali oggetti sono sempre parte della rappresentazione! Quindi la filosofia di Kant ha, effettivamente, questo grosso problema e, effettivamente, rimane da vedere se davvero giustifica la conoscenza scientifica (e, credo, che qui si vede che non appoggio Kant in modo incondizionato  ::) ).
CitazioneSecondo me l' apparente paradosso (che mi sembra proprio della tua interpretazione errata -ma potrei invece sbagliarmi io!- di Kant e non del grande konigsberghese) si scioglie facilmente distinguendo fra "oggetto" (di sensazione e non di conoscenza), impropriamente inteso come apparenza fenomenica nell' ambito della nostra coscienza (quelle materiali -res cogitans- non sono propriamente oggettive ma possono solo essere -indimostrabilmente postulate- essere intersoggettive; cioè reciprocamente corrispondenti -e non "cose" uguali, che non avrebbe senso, né men che meno le medesime "cose"- fra le diverse esperienze fenomeniche dei diversi soggetti); e "oggetto" propriamente inteso come cosa in sé o noumeno (in determinate relazioni con l' altra cosa in sé che é l' oggetto allorché accadono i determinati fenomeni coscienti; quelli materiali se soggetti ed oggetti sono diverse cose in sé, mentali se riflessivamente si identificano nella medesima cosa in sé).




Il problema del "realismo diretto" (su cui, secondo me, il materialismo "mainstream" si basa) è proprio il fatto che non si pone il problema epistemologico di come possiamo conoscere la realtà e, ciononostante, finisce per dichiarare che la realtà è conoscibile senza però davvero "rifiutare" le possibili obiezioni

CitazionePerfettamente d' accordo salvo "sentire" anziché "conoscere" (e solo conseguentemente il conoscere ciò che si sente).




date dalle filosofie empiriste (Berkeley, Hume) e dalle filosofie razionaliste (Spinoza, Cartesio) per le quali, rispettivamente, c'è a priori un problema di applicare i concetti all'esperienza e c'è anche il problema di capire che conoscenza ci può dare, in ultima analisi, l'esperienza. Rispetto Kant per il tentativo di risolvere il problema anche se, effettivamente, ha generato un'altra "antinomia" e quindi di fatto forse non è riuscito a risolvere questi problemi.


Il "realismo diretto" perciò,  non riesce a spiegare il motivo per cui i nostri concetti, la matematica ecc possono essere usate per comprendere l'esperienza

CitazioneQui devo ripetere che per me é un fatto del tutto ovvio non richiedente alcuna spiegazione.




e, inoltre, non spiega perché la nostra esperienza "ci fa conoscere" la "realtà esterna". Per esempio, come dicevo, un teista può "spiegare" la "corrispondenza" tra le nostre "facoltà mentali" e l'esperienza sostenendo che Dio ha creato il mondo in un modo a noi comprensibile ("spiegando" così il dilemma di Einstein, secondo cui "la cosa più incomprensibile dell'universo è la sua comprensibilità").

CitazionePer me un falso dilemma, un problema mal posto; anzi inesistente.




Oppure un platonico può spiegare la validità dello studio empirico della natura dicendo che la natura "partecipa" alla "Forme". Un materialista però, semplicemente, deve sempre "prendere atto" della "validità" dei concetti senza riuscire a dare alcuna spiegazione per cui tale "validità" c'è (pur sostenendo che è così e non c'è nessun motivo per cui è così)**. Diverso è lo scettico "tout-court" per il quale non si può conoscere una ragione di tale "corrispondenza" ("sospendendo il giudizio" su tale questione)*.

CitazionePer me é sempre un falso dilemma, un problema mal posto; anzi inesistente.




*se devo essere onesto, strettamente parlando, la mia attuale posizione non può essere che quella "scettica" visto che non sono veramente convinto da nessuna alternativa proposta, anche se alcune alternative mi affascinano e mi sembrano più "ragionevoli", per così dire, di altre. Detto ciò, ritengo che questo "dilemma" forse è veramente insolubile con la razionalità, lo studio "empirico" (e ovviamente anche la ragionevolezza che non può dare "soluzioni" ma "ipotesi ragionevoli", quando va bene - come dicevo, per avere una sorta di "sicurezza" si dovrebbe avere forse una "esperienza straordinaria" che non si potrebbe nemmeno chiamare "esperienza", strettamente parlando...)  :)

**P.S. Secondo me, come filosofia, è insoddisfacente perché nemmeno prova a dare una spiegazione di tale "corrispondenza". Questo è il motivo per cui non sono materialista. Per me "non è ovvio" che ci sia questa "comprensibilità" e critico il materialismo proprio perché sembra essere indifferente a questo problema (ovviamente, non sto dicendo che il materialista è "più dogmatico" di altri...  :) tuttavia, talvolta mi sembra che la filosofia materialista semplicemente ignori questo problema...).
#1341
Citazione di: Apeiron il 05 Novembre 2018, 22:01:10 PM
sgiombo (e chi avesse voglia di leggere ovviamente  :) ),

questa è l'analisi che più o meno fa il filosofo Kelley L. Ross ( http://www.friesian.com/kant.htm#idealism. link in inglese - analisi che condivido visto che Kant voleva distanziarsi sia dai razionalisti che dagli empiristi, sia da quello che chiamava "realismo trascendentale" che da quello che chiamava "idealismo empirico").


  • "Trascendentale" = "oggetto di conoscenza che viene conosciuto in modo indipendente dall'esperienza"
  • "Empirico" = "oggetto di conoscenza che viene conosciuto tramite l'esperienza"
CitazioneQui farei una prima obiezione:
Conoscere =/= sentire
Conoscere == predicare circa il sentire (o altro) conformemente alla realtà (del sentire o altro).
Nessun possibile oggetto di conoscenza é sentito indipendentemente dall' esperienza (per definizione); dunque nessuna sensazione (e non conoscenza) può accadere indipendentemente dall' esperienza costituita da sensazione (o sensazioni), tutti gli oggetti di sensazione sono sentiti tramite l' esperienza, anzi in quanto sensazioni costituenti l' esperienza; ma se continuano ad esistere anche senza l' esperienza (anche se e quando le sensazioni non accadono realmente, anche indipendentemente dalla eventuale realtà di queste, allora sono cosa diversa da esse, dall' esperienza), allora non sono costituite da sensazioni ovvero apparenze sensibili (fenomeni) ma invece da cose reali in sé e non apparenti ma congetturabili (noumeno).




Dunque, "trascendentale" ed "empirico" si riferiscono all'epistemologia.


  • "Idealismo" = "oggetto di conoscenza che esiste in modo dipendente dall'esistenza del soggetto"
  • "Realismo" = "oggetto di conoscenza che esiste in modo indipendente dall'esistenza del soggetto"
CitazioneNon si riferiscono all' epistemologia (allo studio della conoscenza) ma all' ontologia (alla realtà): le sensazioni sono fatti, non conoscenze (conoscenze sono invece -peculiari sensazioni costituite da- proposizioni, pensieri, predicati veri circa fatti (come le sensazioni o eventualmente altro); veri o "conformi" (concetto da definire per bene) ai fatti stessi.
 
Traducendo dalla questione (secondo me mal posta) delle sensazioni in quella (corretta) delle conoscenze circa le sensazioni, allora circa queste ultime si pone il problema se ad esistere o meno indipendentemente dal soggetto sono le sensazioni (fenomeni) o gli oggetti in sé (noumeno) delle stesse
 
Se le sensazioni (fenomeni) necessitano di un soggetto (in sé, da esse diverso, reale anche indipendentemente da esse: noumeno), allora i fenomeni sono indubbiamente dipendenti dal soggetto, mentre il noumeno (le cose in sé oggetto di sensazione fenomenica) potrebbero:
 
o esistere (essendo ben altra cosa ei fenomeni) indipendentemente dall' esistenza del soggetto e dei fenomeni o sensazioni: realismo:
 
oppure semplicemente non esistere: irrealismo (o idealismo a là Berkeley: esistono solo le sensazioni e non loro specifici oggetti, loro "oggetto" essendo in ultima analisi alquanto aspecificamente Dio che le fa esistere




Dunque, la posizione di Cartesio/Spinoza è "realismo trascendentale", ovvero:

  • "realismo trascendentale" = "gli oggetti di conoscenza esistono in modo indipendente dall'esistenza del soggetto e vengono conosciuti indipendentemente dall'esperienza"

Questo perché secondo Cartesio e Spinoza la nostra mente si fa un'immagine distorta della "realtà esterna" e quindi essa rimane inconoscibile se si usa solo un'indagine empirica. Non a caso sia Spinoza che Cartesio erano razionalisti: la "realtà esterna" poteva essere conosciuta solo tramite la "ragione pura", ovvero tramite la speculazione intellettuale.

La posizione di Berkeley (e di Hegel) è "idealismo empirico":

  • "idealismo empirico" = "gli oggetti di conoscenza esistono in modo dipendente dall'esistenza del soggetto e vengono conosciuti tramite l'esperienza." - che è proprio quello che Berkeley proponeva: gli oggetti "esterni" in realtà sono semplici sensazioni ("esse est percipi") che dipendono dall'esistenza della mente.
CitazioneUna volta reimpostata correttamente (secondo me) la questione come questione delle sensazioni e non delle conoscenze (delle sensazioni), si può credere che gli oggetti in sé (noumeno) esistono indipendentemente dalle sensazioni e dai soggetti di sensazione (essi stessi in sé o noumeno), con esse correlate (biunivocamente corrispondenti) ma da essi diverse: altre "cose"!
Ma non lo si può dimostrare logicamente né tantomeno (per definizione) constatare empircamente (e questo vale pari pari per il soggetto delle sensazioni, cosa in sé o noumeno anch' esso).
Quello che si percepisce sensibilmente sono solo fenomeni, sensazioni: "esse est percipi"; e forse hanno oggetti reali in sé (noumeno) da esse stesse del tutto diversi (ad esse solo correlati, corrispondenti), forse no: lo si può credere solo per fede.
Questa é la posizione di Hume (e naturalmente mia), mentre mi sembra (se non li fraintendo) che per Kant e "in un certo senso" per Spinoza l' esistenza reale delle cose in sé o noumeno (per quanto inteso in maniera del tutto indeterminata) sia certa (sebbene per Kant esso non sia conoscibile nelle caratteristiche determinate che lo costituiscono -razionalmente- dalla ragion pratica ma solo -a mio parere irrazionalmente- dalla ragion pratica).




Kant voleva evitare entrambe le conclusioni e propose:

  • "realismo empirico" = "gli oggetti di conoscenza esistono in modo indipendente dall'esistenza del soggetto e vengono conosciuti tramite l'esperienza" -

Fin qui Kant pare essere un realista naive. Tuttavia, questa è solo una parte della filosofia di Kant e riguarda gli oggetti "esterni" della nostra esperienza (ovvero tavoli, sedie, case ecc). In realtà c'è la parte che lascia più confusi ed è:


  • "idealismo trascendentale"= "gli oggetti di conoscenza esistono in modo dipendente dall'esistenza del soggetto e vengono indipendentemente dall'esperienza".

Ovviamente, questi non sono gli stessi oggetti di prima... quali sono?  
Ora essi devono essere per forza gli aspetti, che secondo Kant, erano a-priori nella nostra esperienza, ovvero "forme a-priori", "categorie dell'intelletto" e così via, ovvero le "facoltà" con cui la mente ordina l'esperienza.
CitazioneQui entra in ballo la conoscenza delle sensazioni.
La quale per me può limitarsi a essere una conoscenza "episodica" o "aneddottica" di singoli enti o eventi particolari concreti immediatamente esperiti; oppure può (limitatamente ai fenomeni materiali: res extensa, in quanto misurabili qantitativamente e postulabili essere intersoggettivi) ambire ad essere conoscenza scientifica, ovvero conoscenza delle modalità generali astratte, universali e costanti del divenire; ma in questo caso richiede la verità di talune conditiones sine qua non indimostrabili né empiricamente constatabili: oltre all' intersoggettività, il divenire ordinato secondo concatenazioni causali (di questa infondatezza razionale, di questa incertezza o dubitabilità in linea teorica o di principio é ben consapevole Hume, mentre -se ben l' ho compreso- Kant pretende di fondarne la certezza sulle -per me inesistenti, se non come tendenze comportamentali e non come credenze certe; casomai come "credute certezze" e non come "certezze reali" - forme a priori 

CONTINUA
Tutto questo "casino" non è nato, storicamente, da Kant ma da Cartesio (quindi @CarloPierini dovrebbe prendersela con Cartesio  ;D  ). Per Cartesio, i sensi non potevano essere uno "valido strumento di conoscenza" perché la nostra esperienza sensibile presenta alcune caratteristiche che, certamente, dipendono dalla nostra esistenza soggettiva (colori, suoni ecc) - le "qualità secondarie". A differenza di Galileo, però, Cartesio non riteneva che noi potessimo dire che le "qualità primarie" (quantitative) erano degli oggetti esterni. Perché? Per il fatto che, in fin dei conti, secondo Cartesio la nostra "esperienza sensibile" è una costruzione mentale (e un "genio maligno" poteva ingannarci sulla sua "fedeltà" alla "realtà"). Quindi, Cartesio ha concluso che non si poteva sapere niente con certezza della realtà esterna se ci si basava sull'esperienza ("realismo trascendentale"...). Così tramite il famoso "cogito ergo sum" e le prove dell'esistenza di Dio pensava di aver risolto l'inghippo: in fin dei conti, se Dio esiste ed è perfettamente buono non può ingannarci ma, invece, è il garante che possiamo conoscere le cose. Spinoza, invece, partendo da "assiomi inconfutabili" ha tentato di dimostrare qual era "l'essenza della realtà" seguendo un percorso razionalista (come aveva fatto Cartesio) senza mai basarsi sull'esperienza.

Fu poi la volta di Locke che, in contrasto con Cartesio e Spinoza, riteneva che la conoscenza si basava unicamente sull'esperienza. Dopo Locke giunse Berkeley, notando, come aveva fatto Cartesio, che i contenuti dell'"esperienza sensibile" sono "interni" alla nostra coscienza. Quindi, non ci danno alcuna prova dell'esistenza di una "realtà materiale" che esiste indipendentemente da noi. Berkeley spiegava il fatto che gli oggetti sembrano esistere anche quando non vengono percepiti con l'esistenza di Dio, che "guardava" le cose in ogni momento. Visto che Berkeley riteneva che gli oggetti comunemente ritenuti esterni erano in realtà interni proponeva un "idealismo empirico". Infine arrivò Hume, che pur considerando la causalità un'ipotesi ragionevole, riteneva che in realtà è indimostrabile. Così come la conoscenza scientifica. In entrambi i casi, ci affidiamo all'"abitudine".

Kant, in seguito, riconosce a Hume e a Berkeley che la pura speculazione intellettuale non può portare a nessuna conoscenza ("pensieri senza intuizioni (=dati empirici) sono vuoti" come afferma nella "Critica della Ragion Pura"). Kant però ha cercato di "salvare" la validità della conoscenza scientifica dicendo che a livello della "realtà empirica"/"fenomenica" la scienza vale. Come? Secondo Kant la ragione era che la nostra mente ordina "l'esperienza" con "forme" e "categorie" "a-priori", ovvero quelle "caratteristiche" che sono presenti in tutte le esperienze. Se la mente non ordinasse l'esperienza, dice Kant, sarebbe completamente incomprensibile (la citazione precedente continua con "le intuizioni senza concetti sono cieche" - ovvero se i dati empirici non vengono ordinati dalle "caratteristiche" menzionate prima sono incomprensibili). Quindi, secondo Kant, la scienza, basandosi sull'esperienza porta conoscenza vera: d'altronde la scienza, per Kant, utilizza concetti per studiare l'esperienza, proprio come richiesto (se non si basasse sull'esperienza sarebbero pensieri senza contenuto ("vuoti") e se non usasse i concetti sarebbe "cieca").

Chiaramente questo lascia perplessi, visto che, in fin dei conti, Kant riteneva che tra le "categorie" vi era la causalità. Perciò, per Kant, gli "oggetti esterni" devono esistere indipendentemente da noi e, allo stesso tempo, devono anche essere parte dell'esperienza ordinata dalla mente - ovvero parte della "rappresentazione". Non a caso, per Kant fenomeni erano anche "oggetti" che non erano sensazioni immediate.

E qui sta l'antinomia/indecidibilità della filosofia kantiana: da un lato afferma che la nostra mente ordina le sensazioni per renderle comprensibili, dall'altro affinché ciò sia possibile devono esistere oggetti esterni. La filosofia kantiana, perciò arriva ad una sorta di paradosso: gli oggetti esterni sono necessari per rendere l'esperienza comprensibile e quindi sono parte della rappresentazione e, allo stesso tempo, devono essere anche "esterni" ad essa  

Ora quanto detto sopra lo vedo come una sorta di "paradosso", che, in pratica, riflette la nostra limitatezza. Se, infatti, neghiamo la validità delle "categorie" e delle "forme", finiamo per dover ammettere che non possiamo conoscere nemmeno la nostra stessa esperienza sensibile (Hume diceva che al massimo potevamo fare "ipotesi ragionevoli" e su questo, secondo me, è "più coerente" di Kant, visto che Kant, effettivamente non dimostra quanto afferma). Se, invece, concordiamo con i "realisti trascendentali" (Cartesio/Spinoza...) rimane il problema che non si può sapere che relazione c'è tra la nostra "esperienza sensibile" e "gli oggetti reali". Se, diciamo che la "realtà esterna" dipende ontologicamente dalla mente finiamo in una forma di idealismo (es: Berkeley e Hegel).
La filosofia Kantiana riesce a dare una sorta di "spiegazione" del fatto che osserviamo regolarità nella nostra esperienza: d'altronde la mente "ordina" le sensazioni. D'altro canto, è anche vero che arriva al paradosso quando, in pratica, finisce per sostenere che questo "ordinamento" dell'esperienza richiede la presenza di oggetti esterni (causalità) e allo stesso tempo però questi oggetti esterni, che spiegano l'insorgere delle sensazioni (ovvero sensazioni visive, uditive...), devono essere parte del "mondo fenomenico"/"rappresentazione"/esperienza. Il paradosso, dunque, è il seguente: gli oggetti esterni devono, al contempo, essere sia interni alla rappresentazione sia esterni a noi (ovvero non dipendere ontologicamente dalla nostra esistenza). Perciò, Kant, si avvicina addirittura al "realismo diretto" sostenendo che noi possiamo conoscere oggetti che non dipendono dalla nostra esistenza e, al contempo, si avvicina all'"idealismo" visto che tali oggetti sono sempre parte della rappresentazione! Quindi la filosofia di Kant ha, effettivamente, questo grosso problema e, effettivamente, rimane da vedere se davvero giustifica la conoscenza scientifica (e, credo, che qui si vede che non appoggio Kant in modo incondizionato  ::) ).

Il problema del "realismo diretto" (su cui, secondo me, il materialismo "mainstream" si basa) è proprio il fatto che non si pone il problema epistemologico di come possiamo conoscere la realtà e, ciononostante, finisce per dichiarare che la realtà è conoscibile senza però davvero "rifiutare" le possibili obiezioni date dalle filosofie empiriste (Berkeley, Hume) e dalle filosofie razionaliste (Spinoza, Cartesio) per le quali, rispettivamente, c'è a priori un problema di applicare i concetti all'esperienza e c'è anche il problema di capire che conoscenza ci può dare, in ultima analisi, l'esperienza. Rispetto Kant per il tentativo di risolvere il problema anche se, effettivamente, ha generato un'altra "antinomia" e quindi di fatto forse non è riuscito a risolvere questi problemi.

Il "realismo diretto" perciò,  non riesce a spiegare il motivo per cui i nostri concetti, la matematica ecc possono essere usate per comprendere l'esperienza e, inoltre, non spiega perché la nostra esperienza "ci fa conoscere" la "realtà esterna". Per esempio, come dicevo, un teista può "spiegare" la "corrispondenza" tra le nostre "facoltà mentali" e l'esperienza sostenendo che Dio ha creato il mondo in un modo a noi comprensibile ("spiegando" così il dilemma di Einstein, secondo cui "la cosa più incomprensibile dell'universo è la sua comprensibilità"). Oppure un platonico può spiegare la validità dello studio empirico della natura dicendo che la natura "partecipa" alla "Forme". Un materialista però, semplicemente, deve sempre "prendere atto" della "validità" dei concetti senza riuscire a dare alcuna spiegazione per cui tale "validità" c'è (pur sostenendo che è così e non c'è nessun motivo per cui è così)**. Diverso è lo scettico "tout-court" per il quale non si può conoscere una ragione di tale "corrispondenza" ("sospendendo il giudizio" su tale questione)*.

*se devo essere onesto, strettamente parlando, la mia attuale posizione non può essere che quella "scettica" visto che non sono veramente convinto da nessuna alternativa proposta, anche se alcune alternative mi affascinano e mi sembrano più "ragionevoli", per così dire, di altre. Detto ciò, ritengo che questo "dilemma" forse è veramente insolubile con la razionalità, lo studio "empirico" (e ovviamente anche la ragionevolezza che non può dare "soluzioni" ma "ipotesi ragionevoli", quando va bene - come dicevo, per avere una sorta di "sicurezza" si dovrebbe avere forse una "esperienza straordinaria" che non si potrebbe nemmeno chiamare "esperienza", strettamente parlando...)  :)

**P.S. Secondo me, come filosofia, è insoddisfacente perché nemmeno prova a dare una spiegazione di tale "corrispondenza". Questo è il motivo per cui non sono materialista. Per me "non è ovvio" che ci sia questa "comprensibilità" e critico il materialismo proprio perché sembra essere indifferente a questo problema (ovviamente, non sto dicendo che il materialista è "più dogmatico" di altri...  :) tuttavia, talvolta mi sembra che la filosofia materialista semplicemente ignori questo problema...).
#1342
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la filosofia?
05 Novembre 2018, 19:05:00 PM
Non vivere a caso, secondo un conformismo acritico ma porsi il problema di come meglio vivere e operare (e conseguentemente com' é la realtà in cui agire, come e cosa si può conoscere della realtà in in cui agire...).
#1343
Perché il materialismo basta

Tutto bene e niente male

Il male morale deriva in gran parte dall' ignoranza?


(Tutte nell' argomento: "Tematiche  filosofiche).
#1344
Tematiche Filosofiche / Re:Hiroshima fu il meno peggio
05 Novembre 2018, 08:28:13 AM
Citazione di: viator il 04 Novembre 2018, 21:13:25 PM
Salve. Per Sgiombo : "Quindi secondo te per avere buon senso, per comportarsi sensatamente si devono "togliere di mezzo" sentimenti, emozioni, etiche, morali (oltre che ideologie)."
Certamente. Occorre sempre farlo quando si parla di storia o di strategia militare, che sono argomenti che dovrebbero venir regolati esclusivamente dalla logica. Altrimenti diventano la storia discussa dal popolino o la strategia discussa dal popolino. Ma naturalmente - in democrazia - il popolino ha sempre ragione.
Citazione
Come volevasi dimostrare.

"Perfettamente coerente con la tua apologia del terrorismo più indiscriminato e dei peggiori crimini di guerra e contro l' umanità, non c' é che dire!".
L'apologia del terrorismo è articolo da Codice Penale. Nei miei scritti c'è certo abbastanza materiale per inchiodarmi alle mie responsabilità (o no?). Potresti anche procedere.....ma credo che in fondo in fondo tu sia un bonaccione (o no?).
Citazione
No, semplicemente non ne vale la pena (le tue affermazioni sono talmente aberranti da risultare di fatto innocue).

Oltre al fatto che sono un medico e non un poliziotto e che credo che il miglior modo di combattere le opinioni errate sia argomentarvi contro, non esercitare la repressione.



******************************************************************



Rilevo in un precedente intervento:

"Da qui si può capire che a molti, nel forum, interessino assai più le proprie convinzioni personale che il LOGOS. Niente di male......solamente in questo modo non si insegna niente a nessuno".

e poco prima:

"
Tutto previsto. La giostra continua ed io comincio a divertirmi, anche se mi stuferò molto presto",

e poco dopo:

"
Ma lo sapete che io sono un discreto provocatore e che l'argomento attuale l'ho scelto proprio per far emergere quello che sto leggendo qui e che appunto prevedevo ?.

Mica mi attendevo che ne sarebbero uscite delle osservazioni originali !"


evidentissime espressioni di interesse infinitamente maggiore per le proprie 
convinzioni personali che per il LOGOS. Niente di male......solamente in questo modo non si insegna niente a nessuno (né si impara, ammesso e non concesso che ci si renda conto di avere molto da imparare).
#1345
Attualità / Re:Interruzione della prescrizione.
04 Novembre 2018, 09:20:20 AM
La bara non se la può evitare (ma ai massimo procrastinare) nemmeno quel "signore" (infatti si dice -leggenda metropolitana? Comunque realistica, data la megalomania del personaggio-  che abbia fatto costruire un faraonico e un po' tragicomico mausoleo nella villa carpita alla vedova).
#1346
Tematiche Filosofiche / Re:Hiroshima fu il meno peggio
04 Novembre 2018, 09:11:43 AM
Citazione di: viator il 03 Novembre 2018, 22:44:01 PM
Salve. Per Paul11 e Sgiombo : certo quando ci sono di mezzo sentimenti, emozioni, etiche, morali (sorvolo sulle ideologie) la prima vittima è il buonsenso.
Citazione
Quindi secondo te per avere buon senso, per comportarsi sensatamente si devono "togliere di mezzo" sentimenti, emozioni, etiche, morali (oltre che ideologie).

Perfettamente coerente con la tua apologia del terrorismo più indiscriminato e dei peggiori crimini di guerra e contro l' umanità, non c' é che dire!


Condoglianze alla logica ed alla storiografia.
Citazione
Condoglianze all' etica e alla civiltà (nelle tue considerazioni sepolta dalla barbarie).
#1347
Di tutto il lungo discorso di Donqixote e del suo essere mera ideologia (falsa coscienza) mi basta segnalare queste due perle (di tale lunghissima, pressocché ininterrotta collana):


"Marx auspicava l'abolizione delle religioni (che nei paesi ispirati dal suo pensiero erano proibite per legge)".


"nessun Papa è mai stato più marxista e quindi liberalcapitalista quanto quello attuale".
#1348
Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 23:21:24 PM
Citazione di: sgiombo il 02 Novembre 2018, 18:52:32 PM
Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 18:48:34 PM
ciao Sgiombo,
sono pro Gramsci e non togliattiano e se questo vuol dire essere anticomunista?
Citazione
No di certo.

Ma di certo lo vuol dire affermare che "Togliatti  (omissis) se n'è fregato della lezione di Gramsci mentre prendeva ordini dall'URSS" e che "Il partito comunista italiano ha avuto quasi sempre dei portaordini, intellettualmente poveri, politicamente inetti".

Si vede che a te è confacente il "togliattismo": a me no.
Citazione
Il "togliattismo" inteso come la linea del PCI (per lo meno dagli anni '70 in poi) no.

Palmiro Togliatti molto limitatamente.

Ne ho un' opinione complessa: per certi versi geniale, per altri aspetti "dannoso alla causa".
#1349
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e liber
03 Novembre 2018, 07:57:37 AM
Citazione di: Lou il 03 Novembre 2018, 02:07:16 AM. Ma è questa la congiuntura epocale, ora vado da mia figlia e, candida, le dico che fanculo il liceo scientifico, e i suoi futuri sulle biotecnologie, sia mai, e non faccia nemmeno come me, filosofia, e che chiami sciamani per una malattia, altrimenti scenari apocalittici, perchè sti ciechi governi non badano ad altro che sì, il soldo.

No, dille piuttosto (ma credo l' avrai sempre fatto) di sottoporre sempre spietatamente a critica razionale , al dubbio metodico, tutto quanto le dicono anche i più intelligenti, preparati, autorevoli professori.

Oggi, con lo sviluppo raggiunto dalle forze produttive (pardon per i politicamente corretti: con il potere trasformativo -costruttivo e distruttivo a seconda- raggiunto dalla scienza e dalla tecnica) non rischia più solo di saltare in aria col suo laboratorio lo scienziato imprudente e/o più probabilmente avido di guadagni, mentre tanti suoi colleghi o lui stesso fanno scoperte utilissime al' umanità; oggi lo scienziato imprudente e /o avido rischia di far saltare in aria il mondo intero.

E' un "salto di qualità" che bisognerebbe tener bene in conto (ma i rapporti di produzione dominanti non lo consentono; con tante scuse per i politicamente corretti).


CitazioneMa questo è il trend, siate scemi dai, che le scie kimiche e nemici immaginari  hanno più grado di realtà della ricerca, abbasso la conoscenza, abbasso quella cattivona della scienza! dai, avanti, lasciamola perdere sta scienza che è solo una venduta al potere, così che va bene - scenari questi sì - paradisiaci.

Scusa, Lou, ma deformare caricaturalmente le affermazioni di coloro con cui si discute é un  cattivo (a voler essere sarcasticamente ma non scorrettamente polemici si potrebbe dire poco etico: beninteso, un "peccato veniale" da parte tua!) modo di polemizzare

Ma a pensarci meglio, mi sembra che probabilmente non volevi attribuire quelle affermazioni aberranti al Sari e all' Ipazia ma invece solo additare loro un' altro aspetto del problema; e allora "come non scritto".
#1350
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e libertà
03 Novembre 2018, 07:47:18 AM
Citazione di: Lou il 03 Novembre 2018, 01:14:15 AM
Sari, non mi riduzionare a mera contabilità, pensi davvero che siano tutti con la calcolatrice in mano, gli scienziati?

Non so il Sari.

Io i fatto sì che lo penso (anzi, lo constato)!