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Messaggi - Mariano

#136
Citazione di: InVerno il 16 Maggio 2016, 11:44:54 AM
Credo che un atteggiamento fideistico verso un universo valoriale, sia non solo un bisogno naturale, ma anche necessario alla vita (nella forma di sanità mentale), nel momento in cui essa trascende la mera istintività tramite l'autocoscienza e l'arbitrio (libero o meno)
Come è vero che il significato delle parole può essere ambiguo, non c'è etimologia o filologia che tenga: in italiano una stessa parola può assumere significati diversi anche nello stesso ambito del discorso.
E, per comprendersi, si è costretti a trovare altre parole come fa ad esempio HollyFabius specificando il suo intendere " credere nell'accezione forte"; io preferirei dare all'" aver fede" il significato di considerare reale un qualcosa che non viene sperimentata con i nostri sensi e che si fonda su un'opinione altrui: nell'ambito spirituale assimilarlo al credere in Dio ( qualunque esso sia ), mentre in altri ambiti può significare credere in una persona, credere nella giustizia, nella democrazia.........

Sperando di aver ben interpretato la citazione la concordo pienamente.
#137
Tematiche Culturali e Sociali / Matrimonio
15 Maggio 2016, 22:53:32 PM
Ho la convinzione che la grande maggioranza delle persone che si sono sposate in età giovanile ( almeno nel periodo dal dopoguerra ad oggi ) lo abbiano fatto più per motivi religiosi o di convenienza sociale che per consapevolezza dei diritti e dei doveri che comporta questo particolare contratto.
Penso che sia impossibile conoscere le reali motivazioni delle singole coppie, ma mi farebbe piacere avere le opinioni dei partecipanti a questo forum.
Personalmente penso che nessuno abbia approfondito le implicazioni legali di tale contratto come avrebbe fatto nel caso di contratti estremamente meno importanti.
#138
Mi rendo conto che tutte le volte che si affrontano argomenti relativi alla spiritualità sembra di partecipare ad una guerra tra individui: molti cercano di dimostrare la propria idea debordando dal nocciolo della questione.
Questo topic da me proposto aveva solo lo scopo di attirare l'attenzione sul fatto che credere (nell'accezione forte evidenziata da HollyFabius) è una esigenza della natura umana, così come lo stesso confrontarci su questo simpatico forum.
E per dare peso alla mia convinzione ho citato uno psicologo ed alcun dati statistici (dei quali a dir la verità sono anche molto dubbioso della loro validità: probabilmente derivano da indicazioni di massima che sicuramente non possono tener conto dei reali sentimenti delle singole persone anche considerando che una grande percentuale dei circa 7 miliardi di esseri viventi hanno un'età per la quale non possono ancora esprimere la propria opinione)
E' ovvio che nel proporre questo argomento ho voluto stimolare chi si proclama ateo ad approfondirlo, ma non con la semplice razionalità: con il sentimento.
Non era e non è mia intenzione fare proseliti per qualsivoglia religione (anch'essa da intendersi come esigenza della natura umana quale appartenenza ad un gruppo: il decidere a quale gruppo appartenere  è un'altra questione).
#139
Citazione di: HollyFabius il 13 Maggio 2016, 11:53:29 AMChiedere se sia un bisogno primario dell'uomo credere senza specificare se si intende il credere nella accezione debole di generica fiducia o nella accezione forte di fiducia nel trascendente può avere quindi due interpretazioni.
Le due cose non possono convivere, o si chiede la cosa nella accezione debole o si chiede la cosa nella accezione forte.
La accezione debole a me non interessa e ritengo la risposta banale, ho interpretato la domanda nella sua accezione forte di fede nel superiore, nell'entità superiore, ecc. e a questa ho risposto.
Concordo ed approfitto per rispondere anche al tuo primo commento al quale non avevo dato riscontro e aggiungo:
riconosco di aver provocatoriamente assimilato il "credere" al respirare ed al nutrirsi, ma faccio presente che tra i bisogni fondamentali (per cercare di comprenderci non ho detto primari) oltre ai bisogni essenziali alla sopravvivenza esistono bisogni più immateriali come la sicurezza, l'affetto, ...la spiritualità.
#140
Mi riallaccio nuovamente al topic di Freedom sulla probabilità del credere e del non credere per porre un'altra domanda che ho inserito come affermazione nel titolo proposto: 
Credere e' un bisogno dell'essere umano?
Da quanto ha asserito lo psicologo Maslow, il bisogno di trascendenza dalla propria individualità per riconoscersi come parte di un universo superiore di origine divino, fa parte dei bisogni fondamentali dell'uomo così come il respirare ed il nutrirsi.
Ritengo che quanto affermato da Maslow da un punto di vista psicologico trovi conferma dalle statistiche riportate da Paolo Bancale nella sua rubrica d'autore di questo sito dalle quali appare che solo il 14% circa della popolazione mondiale sia ateo.
#141
Tematiche Spirituali / Re:il perdono: quanto costa?
27 Aprile 2016, 22:33:16 PM
Citazione di: giona2068 il 27 Aprile 2016, 21:58:06 PM
"Se chi fa un torto non è consapevole non si può parlare di perdono, fondamento del perdono è il pentimento, se non c'è consapevolezza non ci sarà ovviamente pentimento"
«Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno»

Quale lettura bisogna dare a questa frase tramandataci da Luca? ( Luca 23,33-46)
#142
Tematiche Spirituali / Re:il perdono: quanto costa?
27 Aprile 2016, 18:47:17 PM
Citazione di: giona2068 il 24 Aprile 2016, 10:08:58 AM
Il perdono non costa niente (a nessuno). Il perdono è l'amore chi ama perdona senza fatica, e, dirò ancora di più, chi ama non ha bisogno di perdonare, cioè rinunciare alla vendetta, al rancore ecc.., perché nel cuore di chi ama non entrano queste porcherie. Chi non ha l'amore non può perdonare e quando dice di aver perdonato in verità lo dice perché chi gli ha chiesto il perdono ha nutrito la sua superbia dal momento che gli ha dimostrato  che lui ha ragione. Il torto ricevuto rompe l'unita fra due persone. Chi offende rompe il dialogo/unità e chi riceve l'offesa, se ha l'amore, non rompe l'unità ma non la vive più. Chi non ha l'amore rompe l'unità a vantaggio del rancore. A questo punto l'unico modo per tornare all'unità è il perdono, ma il suo fondamento è il pentimento sincero e qui le cose si complicano perché occorre la disponibilità all'umiliazione che è difficile da trovare. Il perdono senza umiliazione è un perdono che possiamo definire "tecnico" o di convenienza ma non porta nessun vantaggio, in particolare non ricostituisce l'unità.
Parlando di perdono quasi sempre il nostro pensiero va verso il perdono che dobbiamo dare ad altri, ma a nessuno piace di ammettere che dobbiamo essere noi a chiedere il perdono. Questo succede a causa della ns superbia ed il ns orgoglio che sono satana in persona.
In ogni caso se vogliamo essere perdonati dobbiamo chiedere il perdono ai ns fratelli, se abbiamo offeso loro, e dobbiamo chiedere il perdono al Signore Dio se abbiamo offeso Lui preferendo i ns idoli al Suo Santo Spirito. Chi dice di aver ricevuto il perdono dopo aver confessato la colpa a qualche sacerdote, magari sordo, inganna se stesso se non chiede il perdono alla persona offesa. Chi non perdona non è meno colpevole di chi lo ha offeso. Il perdona giova tanto a chi perdona perché libera il cuore dal rancore che è come un acido che ci corrode.
C'è qualcosa che mi sfugge nel tuo ragionamento che in buona parte condivido e cerco di esprimere il mio pensiero:

  • per ricevere il perdono per un torto che ho commesso è necessaria la mia disponibilità a riconoscere di aver sbagliato ( tu la chiami umiliazione, ma io ritengo che il riconoscere un errore debba chiamarsi onestà morale);
  • quindi per perdonare un torto ricevuto dovrei assicurarmi che chi ha sbagliato nei miei confronti lo riconosca, ma questo potrebbe essere un nutrimento alla mia superbia.
  • il perdonare ritenendo che chi mi fa un torto non è consapevole della propria azione e quindi senza il riconoscimento dell'errore è sempre da considerarsi superbia?: ritengo di no, ma ritengo anche che nel perdonare è necessario (senza rancore) cercare di spiegare perché riteniamo di aver ricevuto un torto.
#143
Citazione di: giona2068 il 23 Aprile 2016, 19:05:30 PM
Ripropongo questo thread fiducioso che possa essere oggetto di ulteriori sviluppi.
L'incipit iniziale era questo:
La tesi di questo thread è che i credenti e i non credenti sono sullo stesso piano per quello che riguarda la probabilità che essi abbiano ragione.
Più che tesi a me sembra di tutta evidenza, tuttavia, ci sono molte persone che contraddicono questa affermazione. Queste ultime sostengono, pur non avendone l'assoluta certezza, che Dio non si percepisce dunque non c'è. E questa posizione è maggiormente veritiera di coloro i quali sostengono che (Dio c'è/Dio non c'è) stanno alla pari.

Qual è la vostra opinione?

E' il mio primo post e non ho letto tutto lo svolgimento del thread nel vecchio forum, spero quindi di non dire cose già osservate da altri.
Io credo sia fuorviante parlare di probabilità in merito alla fede. La probabilità è un concetto preciso che ha senso in un ambito di misurazione scientifica. Qui mancano i presupposti di una qualunque forma di misurazione.
Parlare di piani razionali, di ragione, di probabilità implica il considerare la posizione del credere o meno al pari di una teoria, in questo caso occorre ricordare che una teoria scientifica non si può dimostrare ma soltanto falsificare (Popper).

condivido.
Anche questo puo essere un esempio dove la "quantita" si e' sostituita alla "qualita" Che nel caso sarebbe il suo presupposto fondamentale

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Restando su piano probabilistico,  vediamo, dopo non so quanti secoli, cosa è successo nel mondo. I credenti veri sono i santi, se andiamo a contarli in questo tempo, sono molto ma molto ma molto meno dei non santi! Ergo la legge delle pari probabilità non ha trovato applicazione e ancora di più non ha trovato applicazione in un universo dei grandi numeri.
E' vero che l'uomo quando viene al mondo, diventando adulto, ha due vie: Credere o non credere, ma la maggior parte di loro alla fine non crede. Questo però non vuol dire che il Signore Dio non esiste, vuol dire solo che il mondo è seduttivo. Noi umani viviamo il visibile e l'invisibile e finiamo per scegliere il visibile perché satana riesce ad ingannare quelli che si lasciano sedurre dal visibile. A riguardo del percepire, tutti nasciamo con la capacità di percepirLo, ma questa facoltà sparisce nel momento che scopriamo il primo "mi piace".  Chi non Lo percepisce ha manomesso il dispositivo per percepirLo. Beati coloro che lo percepiscono perché vivranno da vivi per l'eternità.
Come è vero che per dialogare (e tendere ad una conclusione) è necessario approfondire il significato che i dialoganti danno alle parole ed il senso della frase.
Io, e mi pare anche altri, ho letto la domanda di Freedom con un significato matematico e da un punto di vista laico: non potendo l'uomo razionalmente provare l'esistenza di ciò in cui crede o non crede, la probabilità che sia vera l'una o l'altra ipotesi è la stessa.
Altri hanno letto la domanda come probabilità che esista Dio (ed ovviamente il discorso si è allargato a macchia d'olio).
Ritengo che HollyFabius ha giustamente detto che in tal caso non è possibile parlare di probabilità.
In ultimo giona2068 è tornato sul secondo modo di lettura, e la mia opinione è che in tal caso non si potrà mai giungere  ad una condivisione razionale.
#144
Citazione di: giona2068 il 21 Aprile 2016, 13:24:03 PM
Scrito da: Duc in Altum

Sarà il caso o una Dio-incidenza, ma ieri sera, durante un incontro in oratorio, un teologo, dopo averci letto vari brani biblici, in particolare Qoelet, Giobbe e Libri Storici (quest'ultimi definiti, in continuazione: guerrafondai), affermava che se una persona volesse conoscere o fare "esperienza" del cristianesimo, e leggesse "solo" l'Antico Testamento, preferirebbe il Corano.

Penso che la scelta dei suoi volumi, specialmente quelli molto contraddittori al messaggio evangelico, che ne costituisce il centro, l'apice e il per sempre, sia stata opportunamente selezionata per sottolineare che Dio è presente in ogni aspetto della quotidianità umana: nella Bibbia c'è scritto tutto e il contrario di tutto, e in che contesto storico-sociale si sia rivelato Gesù il Cristo.

Non è coerente che uno ponga nel Manuale d'Istruzione dell'Amore Universale (La Bibbia), scritti e dichiarazioni di odio e crudeltà, eppure, anche dandosi la zappa sui propri piedi, sono stati voluti e rilegati in Essa, forse perché: "In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto". - (Mt 5, 18)

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Non bisogna dimenticare che i teologi sono parenti stretti degli scribi e farisei e, per essere più chiaro, di quelli che hanno sobillato il popolo affinché gridasse : Crocifiggilo!
Se nel cuore di un teologo c'è Dio non può dire che un credente sceglie il corano o  il VT secondo una sua valutazione. Il credente sceglie con il cuore non con il ragionamento. Chi sceglie secondo la mente è ben lungi dal credere e quindi dalla verità.  In ogni caso il Signore Dio della Bibbia e il Signore Dio del Corano non sono  due Dei diversi, il Signore Dio è uno per tutti. Le religioni sono solo una via per avvivare a Lui.
Questo non è un giudizio sul teologo che hai incontrato, ma una regola con validità erga omnes.
Purtroppo, a  nessuno piace partire dal dato che l'Onnipotente non considera suoi figli tutti i viventi, ma considera tali solo quelli che fanno la Sua volontà. Così pretendiamo di insegnare al Signore Dio come fare dio" e ci scandalizziamo quando tradisce le ns  aspettative con la Sua parola. Un po' come dire: Come mai i giudici sentenziano che una persona debba restare in carcere per tutta la vita? Se fa questo è un giudice cattivo! Ma è cattivo oppure è giusto se priva della libertà un assassino?
Caro mio, per avere la vita bisogna meritarla o quantomeno non demeritarla. Cosa sappiamo  di Lui se non entriamo nella Sua logica/amore? Rimanendo nella ns logica siamo solo capaci di dire che la Sua parola è parola di un "dio" cattivo, ma, ci piaccia o no, siamo noi a non comprendere la Sua giustizia.
Mi sembra che l'affermazione del teologo, forse pronunciata in modo provocatorio, non faccia una piega.
Ma perché: c'è una differenza tra libri sacri? sono sacri solo i libri della religione alla quale si appartiene?
Ribadisco la mia opinione (che avrei piacere di confrontare con altri): i libri sacri sono stati scritti da persone sagge, probabilmente ispirate dal Dio in cui credevano, forse anche parenti stretti di scribi e farisei o paragonabili ai partecipanti "violenti" di questo forum, ma da considerare in buona fede e con la predisposizione a comprenderne il significato in relazione alle condizioni culturali e sociali dell'epoca, altrimenti evitare di leggerli.
#145
Citazione di: Jacopus il 10 Aprile 2016, 19:08:12 PM
Vorrei chiedere e la mia domanda non è sarcastica ma animata dal desiderio di comprendere, come si fa a considerare la Bibbia un libro sacro, quando contiene un passo come il seguente:

Esodo 21-20/21: Per la legge di Dio "se uno bastona il suo schiavo o la sua schiava fino a farli morire sotto i colpi, il padrone deve essere punito" - ma se sopravvivono un giorno o due, non sarà punito, perchè sono denaro suo".

In questo passo non solo si approva la schiavitù, ma essa è talmente legittimata al punto da considerare lo schiavo un oggetto, che può essere distrutto dal suo proprietario. Vi sono ovviamente nella Bibbia altri passi completamente differenti. Questo è solo un esempio, ma come tutti sanno, esempi del genere sono diffusissimi. La domanda che voglio proporre è: come è possibile che Dio, onnipotente, saggio, buono e desideroso di fare del bene al suo gregge, abbia permesso di inserire nel suo libro dei precetti così evidententemente  contrari ad ogni comune sentimento morale?
Dalla lettura dei vari interventi sull'argomento ritengo che, se si vuole evitare di discutere senza fine, dobbiamo domandarci: perché alcuni testi sono considerati "sacri" dalle religioni anche se secondo il nostro semplice raziocinio appaiono in contrasto con le idee che noi recepiamo dalle stesse religioni?
E ancora: qual'è il significato di libro "sacro"?
- E' un libro scritto da Dio?: non credo!
- Dio, indipendentemente dal credere alla Sua esistenza ed alla Sua cosiddetta bontà, saggezza ed onnipotenza può impedirci (o può voler impedirci) di scrivere quello che noi desideriamo? : non credo!
Ed allora come dobbiamo leggere, comprendere, giudicare i cosiddetti libri sacri?
Secondo la mia opinione con molta umiltà e deferenza, considerando che essi sono pervenuti a noi per l'ammirevole opera di persone sagge e desiderose in buona fede di tramandarci informazioni utili.
Sta a noi decifrarle secondo le nostre capacità di comprensione e tradurle in buona fede nella nostra attualità.
#146
Nel seguire il discorso iniziato da Freedom sulla probabilità del credere e del non credere mi sembra che il suo topic iniziale si sia trasformato in una battaglia tra chi "crede" e chi "non crede".
Ma credere, oltre che un atto della mente, è un verbo che da solo non ha significato: ha bisogno di un oggetto al quale dare anche un significato e, parlando di credenza religiosa, ritengo che l'oggetto sia l'esistenza di una divinità.
Il credere e non credere della battaglia di cui sopra non mi sembra che si riferisca ad una qualsivoglia divinità, ma si limita a chi crede nella religione cattolica ed a chi si dichiara ateo.
Secondo quanto riportato da Paolo Bancale nelle rubriche d'autore di questo sito, gli atei sono circa il 13% della popolazione mondiale e le religioni sono tante.
Mi piacerebbe se tutti quelli che credono in una religione si cimentassero ad esplicitare la propria idea sul concetto di "divinità" aldilà del significato lessicale della parola ed evitando riferimenti alle splendide informazioni tramandateci dai nostri antenati e riportate nei vari "testi sacri" così come interpretate dagli esegeti.
Ritenendomi un "credente" (di estrazione cattolica) non me la sento di sottrarmi alla mio stesso interrogativo rischiando eventuali giudizi non lusinghieri.

Per prima cosa, nel ritenere che esista una "Divinità", ritengo insito nella Sua essenza il fatto di essere unica, indipendentemente dai vari credi religiosi; poi, in maniera forse infantile, credo che il bene ed il male esistano e ciascuno di noi li percepisce secondo la propria morale, ma esistono anche in assoluto ed all'insiemedi tutto il Bene Assoluto, dovunque Esso risieda ed indipendentemente dalle nostre limitazioni legate alle esperienze sensoriali ed alla nostra moralità, assimilo il concetto di "Divinità".
#147
Citazione di: giona2068 il 09 Aprile 2016, 00:24:25 AMCiao a tutti, sono giuscip1946 che per ragioni tecniche di registrazione mi chiamo giona2068.
Caro giona2068,alias guscip1946 (alias Giuseppe?), nel dialogo, oltre al piacere di riuscire ad esprimere la propria opinione, c'è anche il piacere di condividere quella di altri.
E la tua risposta #28 è proprio questo che mi genera.
Insisto però nel chiedere: perché chi parla di fede considera scontato che esista un essere creatore e governatore dell'universo assimilabile al nostro concetto di essere così come lo sperimentiamo?
Senza cambiare lo spirito del topic, possiamo allora approfondire il concetto che abbiamo di Dio?
#148
Citazione di: donquixote il 07 Aprile 2016, 10:30:39 AMInnanzitutto, per rispondere a Mariano e Paola, bisogna evitare di applicare il "credere" a qualunque affermazione altrimenti ci si perde e non si arriva da nessuna parte. Il "credere" di cui si parla qui (vedere anche le precisazioni sullo stesso thread nel vecchio forum) è riferito al credere che vi sia un ente creatore e governatore dell'universo oppure che questo non vi sia e quindi l'universo (che nessuno, credo, metta in dubbio che esiste) sia governato dal "caso".
io intendo diversamente il "credere " di cui si parla.
ritengo che la maggior parte di noi, forse per retaggio culturale, dia per scontato che "credere" è riferito al credere che ci sia un ente creatore e governatore dell'universo (assimilabile quindi al nostro umano concetto di essere che guida, decide, agisce,..).
è solo una provocazione, ma non potrebbe essere l'universo stesso ad autogovernarsi?
#149
Citazione di: donquixote il 06 Aprile 2016, 22:57:09 PM
Citazione di: Freedom il 06 Aprile 2016, 21:37:59 PM
Ebbene, se il cattolico deve, in qualche modo, farsi carico di queste problematiche e dunque subirne, per la sua sola appartenenza alla Chiesa, le conseguenze; bisogna altresì riconoscere che quando si parla di Fede il rispetto verso chi ce l'ha (o presume di averla) deve essere assolutamente UGUALE al rispetto dovuto a chi non ce l'ha.
Mi permetto, se me lo si consente, di non essere d'accordo con questa affermazione. Il cosiddetto "credente" (definizione che trovo assai impropria perchè ormai troppo degenerata negli ultimi decenni) crede che ciò in cui crede sia la Verità. e la Verità non può avere la stessa dignità del suo opposto, la menzogna, per cui il "credente" non può (se crede davvero) parificare la sua credenza con quella dei "non credenti". Il rispetto nei confronti delle persone è certamente dovuto, ma quello nei confronti delle idee (che non sono proprietà di nessuno e sono di per sè neutre) non lo è affatto. Allo stesso modo il "non credente", se ritiene che quello a cui "non crede" sia la verità non potrà conferire dignità a quella che egli considera una menzogna: potrà al massimo tollerarla, sopportarla, ma non certo rispettarla e porla al pari della verità, o di quella che lui considera tale.
Quando però questo accade, ovvero quando capita che ognuna delle parti in causa ritenga ugualmente rispettabile la propria visione e quella altrui, non è certamente prova di "maturità intellettuale" oppure di "civiltà" dei diversi interlocutori, ma solo dimostrazione di una estrema superficialità e leggerezza nell'analisi degli argomenti di cui si tratta, che poi si ripercuote pari pari in una "credenza" o in una "non credenza" altrettanto superficiali e annacquate che non sono in grado di argomentare sufficientemente perchè loro stessi per primi non ne sono sufficientemente convinti.


Io la penso diversamente :
Il mio credere ( indipendentemente da quello che credo ) non ritengo che sia la Verità, è intendere/sentire quello che razionalmente non è definibile.
Tornando quindi al nocciolo della domanda penso che da un punto di vista statistico si possa affermare che la probabilità tra le due ipotesi sia la stessa; se poi si entra nel merito, rimane l'eterna domanda: cosa è la verità? e la risposta a questa domanda non può essere valutata statisticamente.
#150
Ritengo che sostenere che Dio non c'è perché non lo si percepisce denoti un voler dare un significato riduttivo del percepire.
Percepire non è soltanto ricevere una sensazione o una dimostrazione razionale, recepire è anche intuire, sentire; ed è questo l'unico modo per avere Fede aldilà di elucubrazioni mentali come ben dice Giuseppe.