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Messaggi - cvc

#136
Tematiche Filosofiche / Esiste la perfezione?
07 Ottobre 2018, 10:08:53 AM
Mi ricordo che quando ero bambino il mio povero babbo soleva spesso ripetermi che 'la perfezione non esiste'. Vale a dire che qualsiasi cosa è perfettibile, ma la perfezione in sè rimane un'utopia irrangiungibile. Perché per quanto una cosa possa essere ben fatta, ci potrà sempre essere modo di perfezionarla ulteriormente.
L'introduzione del concetto di 'utilità marginale' invece, va contro a questo modo di pensare. Perché l'utilità (e qui si può ben discutere se il paradigma dell'utilità sia applicabile a tutti gli ambiti compresi quelli artistici, morali, affettivi, ecc.) una volta raggiunto il picco ottimale, poi decresce. Potremmo dire che nrll'ambito dell'utilità la perfezione esiste. Esiste cioè un livello che non è più migliorabile.
Se mi prendo la licenza di appluicare il criterio dell'utilità al campo dell'arte, nonostante la mia ignoranza, potrei dire ad esempio che la pittura ha raggiunto la perfezione con l'introduzione della prospettiva nel rinascimento, e poi ha cominciato a regredire. Oppure che la musica ha raggiunto tale livello coi musicisti del 700 e dell'800, e poi si è via via involuta. Considerando anche la retorica una forma d'arte, direi che essa abbia raggiunto la sua perfezione nell'antica Grecia e nell'antica Roma dove per conquistarsi un posto di rilievo nella società era indispensabile sapersi destreggiare nel foro. Nello specifico vome non rimanere colpiti dal celebre discorso di Marco Antonio alla morte di Cesare. Sebbene lo si valuta nella forma letteraria di Shakespeare, dobbiamo comunque pensare che Marco ha dovuto essere convincente per portare l'opinione pubblica dalla sua. Non era certo scontato che il popolo fosse tutto dalla parte dell'usurpatore del senato. Quei ripetuti ' tuttavia Bruto afferma che Cesare era ambizioso, e l'ambizione è un vizio' e 'ma noi sappiamo Bruto essere uomo d'onore' sono dei grimaldelli eccezionali che partono dal riconoscere in principio un qualcosa alla parte avversa, per poi insinuare via.via il dubbio che, per dirla alla napoletana, 'entra sicco sicco e poi si mette chiatto chiatto'.
Questa è secondo me la perfezione della retorica che troviamo.ancora oggi nella politica, nei tribunali, nella pubblicità. Non è stata affatto migliorata, semmai resa più brutale o efficace a seconda dei punti di vista.
#137
Attualità / Re:Coraggio o temerarietà?
02 Ottobre 2018, 12:41:53 PM
Spero siano coeaggiosi, perché la temerarietà è figlia dell'incoscienza. Facendo i conti del salumiere penso che se uno mi chiede credito e io lo concedo, è perché confido nelle sue capacità di rientrare dal debito. Sforare  il debito va bene, ma qual'è il piano per rientrare? Il reddito di cittadinanza aumenterà i consumi, ma per riprendersi l'economia deve aumentare la produzione. L'aumento dei consumi sarà sufficiente a questo scopo? Oppure a dare soldi ai disperati finiscono tutti in slot machine, donne e alcol? Non sarebbe meglio usare quei soldi per rendere più fruibili i servizi necessari a chi ne ha bisogno e non ha risorse? Anche la flat tax deve essere mirata, favorire chi poi reinveste in attività produttive. Anche se forse il problema è che non mancano i soldi da investire, gli italiani son sempre stati un popolo di risparmiatori. Manca la fiducia di investire in un paese dove la classe dirigenziale fa pena, anche se avrei ustato un altro termine.....
#138
In questo mondo di amanti dei libri, parlare di televisione potrebbe far venire l'orticaria, ma il fenomeno c'è. Dall'introduzione della tv satellitare in poi si sono diffusi i canali tematici, ossia emittenti che in mezzo a fiumi di pubblicità trasmettono programmi dedicati ad un unico argomento: cibo, animali, motori, calcio, serie poliziesche, musica, ecc. Un po' per tutti i gusti. Questa selettività di argomenti porta secondo me ad una sorta di patologia da teledipendenza. Prendiamo per esempio il calcio di cui il sottoscritto è ahimè appassionato. Si comincia la domenica con la partita delle 12.30, poi ci son quelle delle 15.00, poi delle 18.00 e infine alle 21.00. Dopodiché al lunedi c'è il posticipo; martedi e mercoledi la champion, giovedi e venerdi l'Europa League, quindi il sabato gli anticipi (2 o 3 a seconda) e la domenica si ricomincia da capo: 12.30, 15.00, ecc. Senza contare la serie b e i campionati esteri. La mia domanda provocatoria è: quante partite uno può guardare a settimana senza sentirsi un malato? Poi ci sono i reality, anche questi sfornati in serie con la possibilità di seguire 24 ore su 24 ( pure quando dormono!!!).
Ora essendo una coppia cui a me piace il calcio e alla mia compagna i reality, va da se la spartizione dei telecomandi e dei televisori con relative dispute sui volumi degli apparecchi. Io dico, per una sera può andare, ma si può campare così. Dovremo ridurci a vivere in compartimenti stagni ognuno col suo canale personalizzato. Certo non è che uno sia obbligato a guardare la televisione e ci sono in milione di altre cose migliori che si possono fare. Ma del ruolo e degli effetti che stanno avendo i media sulle capacità cognitive della società credo si debba parlare.
#139
C'è effettivamente il rischio che la metrica possa stereotipare l'espressività o renderla banale. Un po' come avviene con la rima nelle canzoni di oggi dove qualsiasi fesseria va bene purché sia in rima. Però la metrica conferisce una sorta di regolarità che aggiunge una nota musicale al verbo e ne eleva l'impatto.
#140
Tematiche Filosofiche / Re:L'origine della diseguaglianza
25 Settembre 2018, 10:28:26 AM
Semplificando provocatoriamente si potrebbe dire: storia dell'umanità = storia dell'economia = storia del capitalismo. E poi storia del capitalismo = storia della crisi economiche = storia delle guerre. Certo semplificando si finisce sempre per commettere qualche errore, però si potrebbe anche compiere il percorso inverso: storia delle guerre = storia delle crisi economiche = storia del capilalismo, ecc.
Io per principio sono contrario al ridurre il tutto ad un qualcosa, anche se il farlo spesso è l'unico modo per capire qualcosa. Certo resta difficile spiegare un fenomeno storico come ad esempio le crociate o addirittura il Cristianesimo solo sulla base di motivazioni economiche.
#141
Tematiche Filosofiche / Re:Verità insabbiate
22 Settembre 2018, 15:04:16 PM
Citazione di: bobmax il 22 Settembre 2018, 11:29:05 AM
La ricerca della Verità trae la sua motivazione proprio dal fatto che esiste la falsità.

Vero. Ma, usando una retorica obsoleta, si dovrebbe forse distinguere fra la falsita naturale e quella artificiale. Falsità naturale è quella per esempio dell'animale che si finge morto per salvarsi. Artificiale è quella di chi la usa per scopi malvagi. Ma è un po' come dire che la storia la raccontano i vincitori o in generale i sopravissuti. E quanta morale e stata fatta e da noi ereditata sulla storia raccontata dai vincitori e dai sopravvissuti, e non è detto che quella storia sia la realtà. Anche se a noi torna utile pensare che alla fine chi vince le guerre è il più buono. E forse chi occulta la realtà ci fa un favore, perché forse non riusciremmo ad accettare un mondo meno buono di come lo crediamo.
#142
Tematiche Filosofiche / Verità insabbiate
20 Settembre 2018, 12:02:12 PM
Una delle più ricorrenti definizioni di filosofia è quella di "ricerca della verità". Ed in effetti nei millenni i filosofi hanno esaminato, messo a nudo e sviscerato la verità in tutti i modi non tralasciandone nemmeno l'etimologia della parola stessa e , secondo me, anche esagerando in molti casi. Però l'umanità è varia e non tutti gli uomini sono alla ricerca della verità. Molti, più per ragioni pratiche che per inclinazione d'animo, sono esattamente l'opposto dei filosofi, sono gli insabbiatori della verità. Non mi riferisco in particolare ai sofisti che insegnabo l'uso strumentale della verità e che sono semmai una parte del problema e non la più grave. Mi riferisco a quelli che fanno di tutto, omicidi compresi, per nascondere verità che ostacolerrbbero i loro interessi. Si apre qui il mondo dei servizi segreti, dei segreti di stato e dei complotti. In altre parole entrano in gioco i professionisti della non verità. I quali fanno in modo che alcune verità non possano mai emergere tagliando brutalmente il nodo con la spada. Nrlla fattispecie con sicari, polonio, ordigni e macchinazioni varie.
Ebbene, quale deve essere la posizione della filosofia di fronte a queste verità mancanti. Oggi un amico mi ha girato un video che parla della disgrazia del ponte Morandi, che potrebbe essere stata causata da un'esplosione con l'intento di far cadere il governo. Come quando si parlava che gli attentati dell'11 settembre potevano essere causati dai servizi segreti USA. Al mio amico che mi chiedeva.cosa ne pensassi del video ho risposto che se anche fosse, se ci son dietro i servizi segreti nessuna verità emergerà mai in ogni caso. Perché si tratta dei professionisti della non verità. L'oggetto della filosofia risulta quindi mutilato da una verità vhe viene spesso fatta a pezzi e sotterrata dove nessuno potrà mai trovarla.
#143
Citazione di: sgiombo il 08 Settembre 2018, 19:25:39 PM
Citazione di: cvc il 08 Settembre 2018, 18:32:24 PM
È l'amore per il potere che genera l'odio. Sono la conquista o il mantenimento del potere che portano al parrossismo del cinismo, alla totale indifferenza verso i propri simili, al ricorso a qualunque mezzo pur di prevalere. È questa follia che ha riempito il pianeta di armi distruttive, che ha fatto preferire il pericolo di una distruzione totale alla mancanza di predominio. E se nel 1962 un vice- comandante russo al largo di Cuba non si fosse rifiutato di eseguire gli ordini, chissà quale sarebbe ora l'ipotetico giudizio sulla storia dell'umanità.


A me risulta che siano stati diligentemente eseguiti gli ordini del "Kremlino" (e che si i dirigenti Sovietici fossero stati come quelli Amerikani non saremmo qui a raccontarcela).
Di preciso non saprei, comunque la.corsa agli armamenti nucleari è una follia da qualunque prospettiva la si osservi. È il paradosso della sicurezza. Per sentirmi sicuro mi armo, e più mi armo più genero insicurezza a livello generale.
#144
Appunto si tratta di stabilire - cosa non da poco - di quale morte stiamo parlando. Del corpo? Dell'Io? Dei ricordi? La legge della conservazione della materia afferma la conservazione appunto della materia. Ma le nostre immagini mentali già si fa fatica a definire bene cosa sono, figurarsi poi stabilire che fine fanno dopo la morte cerebrale. Io posso risponderti si come possibilità, ma credo anche che si possa e si debba avere un orientamento in questa vita indipendentemente dalla possibilità di una ulteriore vita futura. Il che non significa escludere alcunchè.
#145
Io credo che di fronte a queste cose dobbiamo semplicemente accettare il fatto che non sappiamo. Essere categorici in un senso o nell'altro porta comunque ad inevitabili aporie. La difficoltà è proprio quella di convivere con l'incertezza, con il non poter sapere. E in questo mondo sempre più pragmatico si tende a rifiutare la convivenza con l'incertezza, poiché tutto deve essere o 1 o 0, altrimenti non sappiamo più come gestire i dati nei nostri sconfinati database. Meglio quindi crearsi false certezze, aggirare aporie che uomini acuti hanno già dimostrato da millenni, credere magari che la scienza possa spiegare tutto, che non esistano misteri, che magari tutto possa essere raccolto dalla gigantesca tramoggia del caso che mette ordine nel disordine grazie alle leggi della probabilità. Ma la categoria di possibilità è assai più grande di quella di probabilità. E io penso esistano possibilità di cui nemmeno sospettiamo l'esistenza. L'esistenza e la non- esistenza dell'aldilà sono due realtà che hanno ben dimostrato di saper convivere in questo pazzo mondo.
#146
È l'amore per il potere che genera l'odio. Sono la conquista o il mantenimento del potere che portano al parrossismo del cinismo, alla totale indifferenza verso i propri simili, al ricorso a qualunque mezzo pur di prevalere. È questa follia che ha riempito il pianeta di armi distruttive, che ha fatto preferire il pericolo di una distruzione totale alla mancanza di predominio. E se nel 1962 un vice- comandante russo al largo di Cuba non si fosse rifiutato di eseguire gli ordini, chissà quale sarebbe ora l'ipotetico giudizio sulla storia dell'umanità.
#147
Tematiche Filosofiche / Re:L'etica del nemico
18 Agosto 2018, 12:05:07 PM
Forse in fondo il senso etico della inimicizia è legato all'insopprimibile senso di vendetta che pervade l'inimicizia stessa. Cos'altro è un rapporto fra nemici se non un susseguirsi di vendette. Ma sta proprio qui l'eticità del rapporto. Per quanto siano agli antipodi i nemici concordano sulla necessità di vendicarsi e ne fanno un punto d'onore. Tanto più è rispettabile il nemico quanto più non lascia passare impunemente i torti subiti. Come il capitano Acab che insegue imperterrito Moby Dick in mezzo alle tempeste, che mette tutto in secondo piano rispetto al desiserio incontenibile di vendetta ed impersonifica il male nel suo nemico. Accecato a tal punto dal desiderio di vendetta da non pensare che forse è del tutto naturale per una preda tentare di difendersi, magari tranciando la gamba del cacciatore. E il frutto di tale vendetta è di essere risucchiato nel mare profondo insieme ai suoi sventurati seguaci.
#148
Tematiche Filosofiche / Re:L'etica del nemico
18 Agosto 2018, 09:03:46 AM
Uscendo dagli schemi (spero non anche dal tema della discussione) mi viene in mente il film "Gang of New York", con i due capi clan che combattono all'ultimo sangue e alla fine lo sconfitto, in punto di morte, abbraccia il nemico che lo ha ferito mortalmente come fosse stato l'unico vero amico di tutta la sua vita. Il nemico è l'antitesi che tiene in vita la tesi. Sarà un caso che da quando è naufragata la popolarità di Berlusconi sono naufragati insieme a lui pure i suoi acerrimi nemici. Che magari ripensano ai bei tempi quando campavano scrivendo libri contro di lui pubblicati da lui medesimo. In fondo comunisti e fascisti han bisogno l'uno dell'altro per tenersi in vita a vicenda. Non ne ha forse bisogno il nostro avvenire che credo dovrebbe trovare il modo di uscire da questo anacronismo.
#149
Citazione di: paul11 il 16 Agosto 2018, 15:05:49 PM
Citazione di: cvc il 16 Agosto 2018, 14:44:26 PM
Ciao Paul. Dal punto di vista pratico il tutto si riduce ad una contabilità della morte, o al male minore se si vuole. Uccidere uno per risparmiarne tanti. Dal punto di vista etico ciò che fa lo stato è ciò che gli uomini che ne  esercitano il potere in effetti fanno. Se non ci fossero gli stati non è che per questo non si ucciderebbero gli assassini per evitare un numero maggiori di morti o che non si dichiarerebbero guerre se non ci fossero stati preposti a prendere tali decisioni. Semmai lo stato fa si l'eleminazione del serial killer  o di colui che compie gravi delitti (nessuno dice che si debba impiccare il ladro di mele) sia applicata secondo criteri possobilmente oggettivi. E sulle difficoltà dell'oggettivare il diritto si spalanca una voragine dalla quale mi sento io stesso risucchiato. Ciò che può e non può decidere lo stato in merito al comportamento di un individuo è poi anche legato alla stima riguardo alla sanità mentale del soggetto, e qui si apre un' voragine non meno spaventosa della precedente. Del resto.che il tema non è semplice lo dimostra anche il problema dell'autanasia. Quand'è che si può decretare legittimamente la morte di un individuo? Secondo alcuni nemmeno nei casi disperati. Quindi credo ancora che siamo al male minore. Ucciedere uno per salvarne tanti. Per preservare la società. Se poi non è morte fisica ma morte sociale (isolamento a vita), sempre di morte si tratta.
ciao cvc,
ma quale oggettività esercita lo Stato se non nel proprio diritto formulato?
Quello che forse non ho fatto capire, è l'ambiguità del rapporto individuo e Stato.
Se è lo Stato che accentra su di sè esercitando il monopolio della giustizia ,toglie la responsabilità al singolo persino del perdono se lo volesse.Il processo è deresponsabilizzazione individuale e passaggio di tutti  i concetti di vita, giustizia, legge, e persino dei sentimenti alla "rappresentanza" anonima dello Stato.

Provocatoriamente farei così: il signor x ha ucciso y.Chi ritiene di volere la pena di morte, in questo caso i famigliari di y, si piglia una pistola e compie lui in prima persona l'atto di vendicarsi uccidendo, secondo ovviamente un "rito" legale. Finalmente vedremmo la responsabilità tornare al reale e non come forma rappresentativa dell'anonimato., come il boia incappucciato.

Troppo facile mandare in guerra per uno Stato vite e non concetti astratti come popolo o società.Uno perde la vita in guerra per chi? per che cosa? Cosa si racconta ad un parente che è stato un eroe...di guerra?
E' tempo che ognuno si assuma davvero le proprie responsabilità e non alle forme rappresentate da procure, notai, avvocati, banche, Stato, società per azioni, suggellate dalla etericità di "enti" e traspaiano chiaramente nella realtà, uomini e non forme astratte, vite e passioni, non teatralità da commedianti.
Secondo me quello che dici si applicherebbe bene ad una realtà dove tutti gli individui fossero in grado di andare con le proprie gambe e tutti i rapporti fossero paritetici. Ma c'è chi non ce la fa da solo, chi va meglio se è rappresentato da altri e quindi viene categoriźato e collocato in una scacchiera burocraticizzata. Ci sarebbe se no il rischio di un darwinismo sociale poiché solo i più forti sarebbero veramente autonomi, e gli altri non riuscirebbero a ritagliarsi il loro spazio da soli.
Non tutti gli individui sono autonomi nelle loro capacità di esercitare i propri diritti e rispettare i doveri. Giusto secondo me che ci sia uno stato che cerchi di equilibrare le cose senza infrangere la libertà degli individui.
#150
Ciao Paul. Dal punto di vista pratico il tutto si riduce ad una contabilità della morte, o al male minore se si vuole. Uccidere uno per risparmiarne tanti. Dal punto di vista etico ciò che fa lo stato è ciò che gli uomini che ne  esercitano il potere in effetti fanno. Se non ci fossero gli stati non è che per questo non si ucciderebbero gli assassini per evitare un numero maggiori di morti o che non si dichiarerebbero guerre se non ci fossero stati preposti a prendere tali decisioni. Semmai lo stato fa si l'eleminazione del serial killer  o di colui che compie gravi delitti (nessuno dice che si debba impiccare il ladro di mele) sia applicata secondo criteri possobilmente oggettivi. E sulle difficoltà dell'oggettivare il diritto si spalanca una voragine dalla quale mi sento io stesso risucchiato. Ciò che può e non può decidere lo stato in merito al comportamento di un individuo è poi anche legato alla stima riguardo alla sanità mentale del soggetto, e qui si apre un' voragine non meno spaventosa della precedente. Del resto.che il tema non è semplice lo dimostra anche il problema dell'autanasia. Quand'è che si può decretare legittimamente la morte di un individuo? Secondo alcuni nemmeno nei casi disperati. Quindi credo ancora che siamo al male minore. Ucciedere uno per salvarne tanti. Per preservare la società. Se poi non è morte fisica ma morte sociale (isolamento a vita), sempre di morte si tratta.