Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.
Spero che Lady Joan Marie e filosofia 1 mi perdoneranno se sorvolo sui loro post. Prometto di rispondere nel prossimo intervento. E' necessario che concluda il trattamento del primo saggio.
Gli ultimi paragrafi del primo saggio sono feroci e la ferocia ha come soggetto principalmente l' uomo moderno. Un uomo che nasconde la sua debolezza confortandosi col credere che appunto è così per scelta, e non perché è fatto così e così, come aveva indicato Maral.
Una scelta di virtù, una scelta di essere agnello, buono, in contrapposizione al malvagio, al cattivo, che lo terrorizza e da cui si nasconde mimetizzandosi. Ma al tempo stesso i malvagi, i rapaci, penseranno tutt' altro e cioè che questi agnelli sono proprio buoni, e che amano i buoni agnelli.
In fondo tutto si basa appunto sulla possibilità di scelta del forte di farsi debole e del rapace di farsi agnello.
Ciò infatti dà il diritto al debole, all' agnello, di imputare al rapace, all' uccello da preda di essere uccello da preda.
Il brano più esauriente lo troviamo nel paragrafo 13:
Se, in preda all' astuzia assetata di vendetta, gli oppressi, gli offesi, gli afflitti dicono: " Fateci essere diversi dai malvagi, e cioè buoni! e buono è colui il quale non violenta, non ferisce nessuno, non attacca, non fa rappresaglie, rimette la vendetta a Dio che, come noi, si tiene nascosto, che evita ogni male,......", questo non significa, se lo si considera freddamente e senza prevenzioni, altro che: " Ecco, noi siamo proprio deboli, è bene che non si faccia niente per cui non si possegga forza bastante "; ..........
Ma perché il modo in cui si è sia e diventi una scelta, un' azione, un merito, è indispensabile, ma soprattutto una necessità per ogni debole, che esista un' essenza che possa scegliere. E' una necessità derivata dall' istinto di conservazione, di autoaffermazione, di cui ciascun individuo ha bisogno, e in cui ogni menzogna è solita santificarsi. E questa essenza è un errore secolare e porta il nome di anima.
Dopo un brano di Tommaso D' Aquino ( per altro in latino ) con cui dimostra la sete di vendetta e il reissentment profondamente intriso nel Cattolicesimo di quel periodo, torna a a parlare dei due modi di essere: quello aristocratico e quello cristiano, e che il secondo abbia vinto è palese appunto nel constatare che a Roma e in metà del mondo si ci inginocchia davanti a quattro ebrei: Paolo, Pietro, Cristo e la Madonna.
Nell' ultimo paragrafo infine si auspica che quello aristocratico ritrovi vigore, e che soprattutto ci si renda conto che è necessario far sì che lo ritrovi.
Nel prossimo post riprenderò l' argomento sul fare che ho voluto tenere da parte per diversi motivi.
Ringrazio per la cortese attenzione e a presto.
Garbino Vento di Tempesta.
Spero che Lady Joan Marie e filosofia 1 mi perdoneranno se sorvolo sui loro post. Prometto di rispondere nel prossimo intervento. E' necessario che concluda il trattamento del primo saggio.
Gli ultimi paragrafi del primo saggio sono feroci e la ferocia ha come soggetto principalmente l' uomo moderno. Un uomo che nasconde la sua debolezza confortandosi col credere che appunto è così per scelta, e non perché è fatto così e così, come aveva indicato Maral.
Una scelta di virtù, una scelta di essere agnello, buono, in contrapposizione al malvagio, al cattivo, che lo terrorizza e da cui si nasconde mimetizzandosi. Ma al tempo stesso i malvagi, i rapaci, penseranno tutt' altro e cioè che questi agnelli sono proprio buoni, e che amano i buoni agnelli.
In fondo tutto si basa appunto sulla possibilità di scelta del forte di farsi debole e del rapace di farsi agnello.
Ciò infatti dà il diritto al debole, all' agnello, di imputare al rapace, all' uccello da preda di essere uccello da preda.
Il brano più esauriente lo troviamo nel paragrafo 13:
Se, in preda all' astuzia assetata di vendetta, gli oppressi, gli offesi, gli afflitti dicono: " Fateci essere diversi dai malvagi, e cioè buoni! e buono è colui il quale non violenta, non ferisce nessuno, non attacca, non fa rappresaglie, rimette la vendetta a Dio che, come noi, si tiene nascosto, che evita ogni male,......", questo non significa, se lo si considera freddamente e senza prevenzioni, altro che: " Ecco, noi siamo proprio deboli, è bene che non si faccia niente per cui non si possegga forza bastante "; ..........
Ma perché il modo in cui si è sia e diventi una scelta, un' azione, un merito, è indispensabile, ma soprattutto una necessità per ogni debole, che esista un' essenza che possa scegliere. E' una necessità derivata dall' istinto di conservazione, di autoaffermazione, di cui ciascun individuo ha bisogno, e in cui ogni menzogna è solita santificarsi. E questa essenza è un errore secolare e porta il nome di anima.
Dopo un brano di Tommaso D' Aquino ( per altro in latino ) con cui dimostra la sete di vendetta e il reissentment profondamente intriso nel Cattolicesimo di quel periodo, torna a a parlare dei due modi di essere: quello aristocratico e quello cristiano, e che il secondo abbia vinto è palese appunto nel constatare che a Roma e in metà del mondo si ci inginocchia davanti a quattro ebrei: Paolo, Pietro, Cristo e la Madonna.
Nell' ultimo paragrafo infine si auspica che quello aristocratico ritrovi vigore, e che soprattutto ci si renda conto che è necessario far sì che lo ritrovi.
Nel prossimo post riprenderò l' argomento sul fare che ho voluto tenere da parte per diversi motivi.
Ringrazio per la cortese attenzione e a presto.
Garbino Vento di Tempesta.