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Messaggi - Garbino

#136
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

 Spero che Lady Joan Marie e filosofia 1 mi perdoneranno se sorvolo sui loro post. Prometto di rispondere nel prossimo intervento. E' necessario che concluda il trattamento del primo saggio.

Gli ultimi paragrafi del primo saggio sono feroci e la ferocia ha come soggetto principalmente l' uomo moderno. Un uomo che nasconde la sua debolezza confortandosi col credere che appunto è così per scelta, e non perché è fatto così e così, come aveva indicato Maral.
Una scelta di virtù, una scelta di essere agnello, buono, in contrapposizione al malvagio, al cattivo, che lo terrorizza e da cui si nasconde mimetizzandosi. Ma al tempo stesso i malvagi, i rapaci, penseranno tutt' altro e cioè che questi agnelli sono proprio buoni, e che amano i buoni agnelli.

In fondo tutto si basa appunto sulla possibilità di scelta del forte di farsi debole e del rapace di farsi agnello.
Ciò infatti dà il diritto al debole, all' agnello, di imputare al rapace, all' uccello da preda di essere uccello da preda.

Il brano più esauriente lo troviamo nel paragrafo 13:
Se, in preda all' astuzia assetata di vendetta, gli oppressi, gli offesi, gli afflitti dicono: " Fateci essere diversi dai malvagi, e cioè buoni! e buono è colui il quale non violenta, non ferisce nessuno, non attacca, non fa rappresaglie, rimette la vendetta a Dio che, come noi, si tiene nascosto, che evita ogni male,......", questo non significa, se lo si considera freddamente e senza prevenzioni, altro che: " Ecco, noi siamo proprio deboli, è bene che non si faccia niente per cui non si possegga forza bastante "; ..........

Ma perché il modo in cui si è sia e diventi una scelta, un' azione, un merito, è indispensabile, ma soprattutto una necessità per ogni debole, che esista un' essenza che possa scegliere. E' una necessità derivata dall' istinto di conservazione, di autoaffermazione, di cui ciascun individuo ha bisogno, e in cui ogni menzogna è solita santificarsi. E questa essenza è un errore secolare e porta il nome di anima. 

Dopo un brano di Tommaso D' Aquino ( per altro in latino ) con cui dimostra la sete di vendetta e il reissentment profondamente intriso nel Cattolicesimo di quel periodo, torna a a parlare dei due modi di essere: quello aristocratico e quello cristiano, e che il secondo abbia vinto è palese appunto nel constatare che a Roma e in metà del mondo si ci inginocchia davanti a quattro ebrei: Paolo, Pietro, Cristo e la Madonna. 

Nell' ultimo paragrafo infine si auspica che quello aristocratico ritrovi vigore, e che soprattutto ci si renda conto che è necessario far sì che lo ritrovi.

Nel prossimo post riprenderò l' argomento sul fare che ho voluto tenere da parte per diversi motivi.

Ringrazio per la cortese attenzione e a presto.

Garbino Vento di Tempesta.
#137
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

  Ogni finestra che si apre sullo spirito è un nuovo orizzonte e una visione prospettica nuova. Tanto che talvolta si può entrare anche in confusione per le miriadi di prospettive che ci si aprono davanti nell' affrontare qualsiasi argomento. E spesso si può perdere interesse per quegli argomenti affrontati da un solo punto prospettico e cioè quando non si tiene conto della visione globale di ciò che si intende argomentare.
Ma di una, anzi di due cose sono certo in questo momento. La prima è che devo ringraziare Green Demetr per il suo interessante intervento e per l' incoraggiamento in esso contenuto a questo mio studio e la seconda è il cambiamento che avviene a questo punto nello svolgersi dell' opera di Nietzsche.
E il cambiamento è manifestato dal feroce attacco rivolto al popolo sacerdotale per eccellenza, gli Ebrei, per aver generato dal suo seno, carico di odio nei confronti del genere umano e dei Romani, la morale destinata a competere con la loro morale aristocratica, che a livello storico come danno non ha uguali anche sommando tutti i danni che i preti hanno perpetrato nei confronti dell' umanità. 
E questa morale è appunto quella che è scaturita dalla morte in croce di Cristo.
Morale che ha ingaggiato una lunga guerra con i principi aristocratici: buono, bello, forte, attivo, felice, caro agli dei; e che invece designa come buoni:i miserabili, gli indigenti, i malati, i brutti e che solo a loro è concessa la beatitudine; mentre i nobili, gli empi i crudeli saranno dannati per l' eternità. Con il Cristianesimo si è iniziata la rivolta degli schiavi nella morale, e se oggi la abbiamo persa di vista, come aveva affermato Maral, è perché essa ha vinto.

A mio avviso, l' attacco feroce agli Ebrei non è che lo spunto per attaccare profondamente il Cristianesimo e l' uomo moderno. O meglio ciò che l' uomo è diventato ritenendosi per altro il fine della storia. Ho seri dubbi che fin dall' inizio, come Nietzsche afferma, si trattasse di un piano ben prestabilito per vendicarsi di Roma e di ciò che Roma rappresentava. Anche perché la decadenza delle famiglie patrizie romane, recenti studi lo testimoniano, fu provocata da uno status simbol dell' epoca: l' avorio importato dall' Africa. Avorio che spesso nascondeva virus e batteri nuovi che falcidiarono i nobili che ne fecero largo uso per addobbare le loro ricche dimore. Ciò significa che la guerra tra le due morali avrebbe potuto avere uno svolgimento diverso, mentre il Cristianesimo, dopo le prime difficoltà, trovò un ambiente psicologico sociale a lui molto più favorevole.

Dopo questa breve riflessione torniamo all' opera. E qui Nietzsche propone un interessante studio della tipologia psicologica delle due morali. Infatti mentre per il tipo aristocratico l' idea di buono nasce da sé stesso e in contrapposizione il cattivo diventa ciò che è diverso da lui, nella morale degli schiavi, come Maral ha affermato nel suo intervento, l' uomo, guidato dal reissentment, ha bisogno di un mondo esterno antagonista che designa come cattivo, da cui poi risulta un buono e cioè sé stesso.

In altre parole, la morale aristocratica si definisce nell' attività, quella degli schiavi nella reazione. Il cattivo per l' aristocratico non raggiunge mai la deformazione in mostro che acquisisce in quella avversa.
L' uomo del reissentment ha un' anima strabica, che ama l' oscurità, i nascondigli, le scappatoie e che contrariamente al nobile terrà in grande rilevanza la necessità dell' avvedutezza. E l' essere più avveduto creerà un grande vantaggio nei confronti dell' avversario, che sarà pronto a slanciarsi in ogni sua passione senza alcun timore.

E ciò che Nietzsche ritiene più intollerabile è l' aria cattiva che si respira in presenza di un' anima deforme, di un' anima che non ha più vita: l' uomo moderno.

Ringrazio per la cortese attenzione. Nel prossimo intervento concluderemo lo studio del primo saggio.

Garbino Vento di Tempesta.
#138
Nietzsche: senza la "morte di Dio" etc...

X Camilla Rizzo

Intanto una ben arrivata su questi lidi, sperando che continui a farci compagnia. Comunque il tuo post più che un post ha i connotati di una domanda, a cui cercherò di rispondere nel modo più semplice possibile.
Nietzsche è un filosofo da prendere con le molle. La possibilità di scottarsi è sempre in agguato.
Comunque posso tranquillamente affermare che non v' è relazione tra la morte di Dio e il superuomo.
Soltanto valutando l' eterno ritorno, il ripetersi di tutte le cose all' infinito che fa confluire nell' attimo passato presente e futuro, ci fa intendere che secondo Nietzsche l' oltreuomo deve forzatamente essere già esistito per poter essere possibile sia nel presente che nel futuro. Ed io aggiungo: almeno in potenza. E i personaggi che lui cita sono: Alessandro Magno, Cesare e Napoleone.
Inoltre la crisi dei valori non è imputabile alla Morte di Dio ma al Nichilismo, per il quale già lo stesso credere in Dio, il Nulla secondo Nietzsche, è già un atteggiamento nichilista. 
Secondo Nietzsche i germi del Nichilismo risalgono a Socrate e Platone e poi si sono radicati nel Cristianesimo. Una vita che rinuncia a sé stessa per l' al di là, un luogo che non esiste.
Per altro la morte di Dio non è che un passaggio nell' evolversi del Nichilismo Europeo, dal momento che gli atei non vivono questo evento come dovrebbero viverlo, ma si sono fatti ingabbiare in altri credi come la scienza e la tecnica. Che non rappresentano che la naturale continuazione della necessità di credere in qualcosa ciecamente, determinata dal bisogno metafisico.
L' esigenza che porta Nietzsche a profetizzare l' oltreuomo, non è la crisi dei valori, ma il costante pericolo determinato dal Nichilismo per il futuro dell' uomo. La crisi dei valori, cioè, come ho già detto, è solo una conseguenza.
Spero di essere stato chiaro.

Ringrazio per la cortese attenzione. Garbino Vento di Tempesta.
#139
Tematiche Filosofiche / Re:Che cos'è la verità?
26 Maggio 2016, 09:14:50 AM
Che cos' è la verità?

Proprio ieri ho fatto una piccola ricerca sulla verità per Aristotele e ho trovato la definizione: 
La Verità è la capacità di adeguarsi nell' intelletto alla cosa. E questa affermazione mi sembra abbastanza  in linea con il termine Aletheia. 
Ma, come più volte denuncia Nietzsche con attacchi tremendi, è Platone che crea un Mondo Altro ( mondo delle Idee o Iperuranio ) che sposta la verità in un ambito di completa velatura alla mente umana. E' solo l' anima che grazie all' anamnesi ( ricordo ) può penetrare in quel Mondo e riportarlo alla coscienza.
Da ciò mi sembra naturale che la verità a partire da Platone abbia nel tempo assunto un aspetto diverso e cioè dall' apparire della nudità all' apparire del nascondimento che occorre sistematicamente forzare ( come tu affermi nel finale ).

Spero di essere stato di aiuto. Grazie per la cortese attenzione. 

Garbino Vento di Tempesta.
#140
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Nell' ultimo intervento abbiamo riepilogato i primi 6/7 paragrafi del saggio. Degli spunti riportati da Maral nel suo ottimo intervento, è rimasto fuori unicamente l' argomento sull' utilità che nel modo di essere aristocratico proprio non appare o se appare appare sempre come contorno e non come concausa. Questo naturalmente agli albori della storia, perché è ovvio che nelle grandi opere architettoniche delle grandi civiltà (egizia greca e romana ad esempio ) l' utilità comincia ad avere una certa rilevanza, anzi forse per i Romani diventa addirittura l' importanza principale. Ma agli albori della storia no. Sia il fattore non egoistico che utilitaristico proprio rimangono esclusi dal modo di pensare aristocratico che è tutta azione. E' proprio nell' agire che l' uomo nobile dell' antichità trova la sua felicità. E in fondo mal sopporta i periodi in cui per motivi vari è costretto ad occuparsi d' altro. E quando finalmente può liberare la sua crudeltà lo fa sempre a cuor leggero come se fosse la cosa più normale del mondo. Convinto, come dice Nietzsche, che i poeti ed i cantori avranno nuove gesta a cui ispirarsi.

Questi primi paragrafi comunque seguono sempre uno schema accattivante, ma da adesso in poi le cose cambieranno. L' ultima riflessione che ho da fare è sulla falsità storica di quasi tutto ciò che si tramanda e che spesso si ritrova anche in molti libri scolastici. Eppure, come dice sempre Nietzsche, la rilevanza che ha oggigiorno l' aspetto morale dell' egoistico e del non egoistico è una cosa di recente acquisizione. E, continua, se si ci è arrivati così tardi a teorizzare che le cose potessero stare diversamente è proprio per colpa dell' effetto democratizzante che tutto ottunde. E il problema è che raramente l' uomo mette in dubbio la morale vigente. E il modo in cui interpreta sé stesso nel presente e il suo passato.

Non so se Maral o qualcun altro voglia aggiungere qualcosa su questi primi paragrafi, in caso contrario riprenderò la narrazione del primo saggio.

Ringrazio della cortese attenzione. Garbino Vento di Tempesta.
#141
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Genealogia della morale inizia con una caricatura altamente ironica e sarcastica nonché molto feroce nei confronti dei pensatori inglesi che, come Paul Ree, avevano cercato di delineare la genealogia della morale e soprattutto quella dei termini buono e cattivo. Nietzsche è sempre molto adirato nei confronti di chi, secondo lui, attenta alla verità con elaborazioni poco intelligenti e lontane da qualsiasi probabilità di verità.
Nel contesto li definisce ranocchi che sguazzano nell' uomo nel loro ambiente più consono, e cioè la palude; e lo fanno come microscopisti che mettono in primo piano sempre la parte untuosa dell' uomo peccando nei confronti dello stesso orgoglio del genere umano. 
La loro teoria sarebbe che il termine buono fu coniato nei riguardi di azioni non egoistiche ritenute utili da chi le aveva ricevute. Poi questo motivo nel tempo era stato obliato e le azioni non egoistiche erano diventate nel tempo buone di per sé. Nietzsche denuncia questa teoria come non razionale e non valida a livello psicologico, ritenendo che se mai nel tempo l' utilità sarebbe divenuta sempre più vivida e non certo obliabile. Inoltre cita ad esempio la teoria di Spencer che se anche falsa ritiene valida sia a livello razionale che psicologico. E questa teoria afferma che nei termini buono e cattivo si è venuto riconoscendo ciò che da sempre è stato utile e ciò che è stato dannoso. In merito penso che la teoria di Spencer non sia del tutto sbagliata ma che abbia riguardato soprattutto zone al di fuori dell' occidente anche per lunghi periodi, mentre in occidente saltuariamente, per brevi periodi e in zone molto limitate.
Trovo invece molto più probabile per l' occidente, ma anche altrove ad esempio in Giappone, la teoria di Nietzsche, come segnala Maral nell' ultimo post, che sono stati i buoni, e cioè i dominatori che si sono ritenuti buoni e buono tutto ciò che facevano.
La stessa lingua è una creazione di questi buoni, gli aristocratici, i possidenti, che usavano un suono per ogni cosa e in questo modo se ne impossessavano.
E la teoria viene dimostrata seguendo le varie etimologie del termine buono in ogni cultura antica, riportando termini greci romani e tedeschi, come ad esempio lo stesso nome di diversi popolazioni germaniche che comportano il termine goto che è di chiaro riferimento divino.

Dal ritenersi buoni e buono tutto ciò che si fa, nonché veritieri, coloro che non mentono, scaturisce di riflesso un termine in riferimento a chi è dominato, infelice, menzognero e perciò cattivo. E' appunto dal pathos della distanza tra dominatori e sottomessi che Nietzsche identifica la più probabile genealogia dei termini buono e cattivo. E, a mio avviso, come ho già detto, a ragione.

A questo punto Nietzsche apre l' argomento riguardante quelle classi dominatrici di carattere spirituale e che hanno comportato la nascita dei termini puro ed impuro, anche se agli albori della storia il termine puro aveva la valenza di ciò che ha indicato Maral nel suo post, e cioè che era legato a persone che si lavavano, che evitavano certi cibi e le donne del basso popolo, che avevano orrore del sangue, e poco o niente di più.

E a queste caste che lui definisce sacerdotali è legata anche la crescita della profondità del tipo uomo e che in un certo senso l' ha reso interessante. Profondità  che nel tempo ha scavato abissi tra uomo e uomo che lo stesso Achille dal libero pensiero avrebbe ritenuto insuperabili.

Ma ciò che contraddistingue queste caste sacerdotali è una certa malsanità, odio nei confronti dell' uomo perché impotenti, e una ricetta per uscirne che è più pericolosa della malattia stessa, come appunto il digiuno o il rifiuto della carne tipiche di ogni isteria di tipo ascetico. Nonché il massimo nella stoltezza, e cioè la tendenza ad una unione mistica con il nulla, Dio, Nirvana etc.

Ciò sempre secondo Nietzsche ha determinato nel tempo una cattiveria che non ha pari. Il tipo prete è di gran lunga la figura più cattiva e crudele della storia perché ha un odio profondo per tutto ciò che è vitale e che offende la sua impotenza.

Bene per il momento penso che sia il caso di fermarmi, aspettando qualche intervento su quanto detto, altrimenti continuerò a seguire il corso del saggio come da me interpretato. 

Grazie per la cortese attenzione. Garbino Vento di Tempesta.
#142
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Memento.

I due paragrafi che hai menzionato sono veramente favolosi. La chiarezza con cui Nietzsche esprime quello che secondo lui è stato l' aspetto psicologico dei primi filosofi non solo è logico ma anche il più probabile. Ma, a mio avviso, non spiega la contraddizione tra il primo e gli altri paragrafi della Prefazione. Quello che intendo è che se Nietzsche avesse voluto celare qualcosa l' avrebbe esteso a tutta la Prefazione non limitandolo solo al primo paragrafo. Comunque sono sempre qui nel caso che tu voglia approfondire l' argomento. Inoltre hai sicuramente ragione ad esporre i tuoi dubbi sul 'noi' di Nietzsche. Infatti quando lo usa lo si può quasi sempre intendere come un pluralia maiestatis, e perciò sostituirlo con il soggetto: ' Io '. Cosa che del resto lui stesso afferma più volte in diverse opere e prefazioni. La solitudine culturale a cui l' ha costretto la sua genialità non solo non gli è mai piaciuta, ma sicuramente ha anche accelerato i problemi a livello psichico.

X Maral.

L' argomento che tu esponi sarà indispensabile trattarlo quando arriveremo al terzo saggio. Per il momento esprimo la considerazione che si tratta di un argomento sicuramente controverso e che difficilmente si potrà dirimere. Comunque sarà veramente interessante approfondirlo. La mia opinione è che l' ideale ascetico diventa la volontà di potenza più forte nei periodi di decadenza. Nei periodi di ascesa lo diventa quello aristocratico ( nel senso Nietzschano del termine ). 

Un' ultima premessa prima di iniziare la lettura dell' opera. Per la Prefazione ho seguito la scaletta dei paragrafi, ma per l' opera ho intenzione di seguire il filo logico meno intricato senza seguire i continui cambiamenti di percorso che Nietzsche usa seguendo il suo schema narrativo.

Il primo saggio: Buono e mavagio, buono e cattivo, ci aspetta al prossimo intervento.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#143
Nietzsche: l'uomo e il suo diritto al futuro.

Scusate il ritardo ma ho avuto un periodo un po' burrascoso e non ho potuto dedicarmi a questo post. Tra l' altro con grande soddisfazione sono riuscito ad ottenere dalla telecom adsl e perciò: Eureka!

Ringrazio Memento, Maral e Green Demetr per i loro interventi e sono molto motivato dal fatto che tutti hanno affrontato o riaffrontato la lettura di Genealogia della morale e questo proprio perché avrò degli interlocutori di tutto rispetto per risolvere i miei dubbi e dilemmi su alcune parti dell' opera.

Il primo di questi lo troviamo nella Prefazione. Essa si svolge seguendo lo schema da me indicato nei post della premessa. Le sue caratteristiche sono infatti quelle di accattivarsi il lettore e di predisporlo nel migliore modo possibile alle verità scomode che verranno in seguito. Anche se qualche piccola verità scomoda appare anche in essa.

Ma ciò che mi ha colpito e non riesco a risolvere è, a mio avviso, la palese contraddizione che regna tra il primo paragrafo e il resto della Prefazione.
Nel primo paragrafo si ci presenta come dei ricercatori di conoscenza che non si riconoscono come tali, e questo proprio per affermare che: ognuno è per sé stesso la cosa più lontana.

Ma poi nel resto della Prefazione ci si presenta come filosofi e come ricercatori della conoscenza che sanno benissimo di essere tali. E questo mi ha lasciato piuttosto perplesso.

Per chiudere sul primo paragrafo, tra parentesi, vorrei porre in evidenza la doppia esperienza temporale dei dodici rintocchi da cui ipotizzo che Freud abbia tratto lo spunto per elaborare l' esempio che gli servirà per cercare di dimostrare che il sogno ha la funzione principale di difendere il sonno stesso.

Nel terzo paragrafo fa capolino la domanda di quali siano le condizioni in cui l' uomo si è inventato i giudizi di valore buono e cattivo e se essi hanno favorito o no la vita.

Nel quarto troviamo l' accenno all' opera di Paul Ree " Origine dei sentimenti morali " che lo aveva attratto proprio perché l' aveva trovata nel contesto agli antipodi di ciò che lui stesso aveva elaborato sull' argomento.

Nel quinto troviamo la prima verità scomoda in riferimento al suo grande maestro Schopenhauer che proprio per aver tinto d' oro la compassione e l' autosacrificio aveva finito per dire no alla vita e a sé stesso. E in coda appare la considerazione che fino ad allora i filosofi avevano sempre ritenuto la compassione negativamente ( citando Platone, Spinoza, La Rochefoucauld e Kant diversissimi tra loro ma simili proprio nel disprezzo della compassione ). E in ciò vede appunto configurarsi un ambiente sociale e culturale che fa ammalare anche i filosofi mettendo in risalto il dire no alla vita che caratterizza il Nichilismo Europeo.

Nel sesto e nel settimo si augura che ci si incominci a porre il grande problema del perché la morale sia stata sempre accettata senza metterla in discussione, mentre invece secondo Nietzsche risulta essere l' argomento più importante che bisognerebbe affrontare. 

L' ottavo ed ultimo paragrafo è una vera perla. Parte dalla considerazione che l' opera sarà di difficile accesso e che potrà anche risultare sgradevole. Come lo sono state tutte le sue opere precedenti.
E poi pone il problema degli aforismi la cui lettura non comporta automaticamente la comprensione degli stessi. E che anzi da quel momento è necessaria un' arte dell' interpretare che lui evidenzierà nel terzo saggio che parte da un' aforisma e lo stesso saggio ne rappresenta l' interpretazione. Ma per poter accedere ad una simile arte è necessaria una cosa per cui bisogna essere più simili ad una mucca e meno che mai ad un uomo moderno.
E, come Maral ha posto in evidenza nel suo post, questa caratteristica è: il Ruminare.

Grazie a tutti per l' attenzione. Garbino Vento di Tempesta.
#144
Un saluto a tutti e ben ritrovati. 

Come qualcuno ricorderà, nel post Nietzsche, l' oltreuomo etc. del precedente sito avevo avviato la lettura di Genealogia della morale. Fortunatamente avevo soltanto posto le premesse, cosicché posso tranquillamente avviarne la lettura in questo post in questo nuovo sito senza grandi problemi. Essendo l' altro sito ancora in lettura, chi avesse bisogno di documentarsi, non deve fare altro che connettersi ed andare a rintracciare gli ultimi interventi del post che ho indicato, e che per altro figura tra i primi della prima pagina.

'L' uomo e il suo diritto al futuro' è un titolo che mi è parso sempre più idoneo per raccogliere il tema portante della filosofia di Nietzsche. Titolo che mi si è presentato in caratteri sempre più grandi attraverso una approfondita lettura di Genealogia della morale. Infatti Nietzsche afferma che la stesura degli argomenti di Genealogia della morale fu avviata in Umano Troppo Umano, ma li fa risalire a molto prima. E il fatto stesso che essi siano 'cresciuti e concresciuti ( citazione dal prologo ) gli uni negli altri legandosi sempre più strettamente insieme, rafforza in me la lieta fiducia  che sin dagli inizi essi non siano nati separatamente ma da una volontà della conoscenza che esercita il suo dominio nel profondo'.

E questo, per rispondere anche a Maral, è il motivo per cui nessuno può avocare a sè il diritto di sostituirsi al filosofo, perché soltanto nel filosofo si ha questa caratteristica, l' amore e la profondità nella ricerca della conoscenza.

Questo infatti, continua Nietzsche, è ciò che si addice ad un filosofo. Non abbiamo nessun diritto di essere isolati in qualsivoglia cosa, non ci è concesso né di sbagliare isolatamente né di arrivare isolatamente alla verità.

L' amara verità, come afferma altrove Nietzsche sempre nel Prologo, è che purtroppo il presente, con l' incedere dell' importanza data alla compassione e il delinearsi del Nichilismo, forma occidentale del buddismo, sembra stia vivendo a scapito del futuro. Negando addirittura un futuro. E che l' argomento determinante è proprio lo studio della genealogia della morale.

E riprendendo il secondo paragrafo, conclude:
E' invece piuttosto vero che con la stessa necessità con cui un albero porta i suoi frutti noi produciamo i nostri pensieri, i nostri valori, i nostri sì e no, i se e i forse, affini tra loro e tutti insieme coincidenti, testimonianza di una volontà, di una salute, di un regno terreno, di un sole. Questi nostri frutti vi piaceranno? Ma questo per l' albero non ha alcuna importanza! Questo non ha alcuna importanza per noi, noi filosofi!....

Grazie per la cortese attenzione. E a presto.

Garbino Vento di Tempesta.
#145
Un saluto a tutti e speriamo che tutto riprenda alla meglio, anche se il fardello che ci si lascia alle spalle è veramente pesante e difficilmente sostituibile.

X Maral. Sinceramente sono dell' opinione che sia tutto un grave errore. Intervenire sulla biologia degli organismi significa purtroppo rendere molto più difficile qualsiasi futuro per la specie umana. 
Gli scienziati sanno? Sanno quello che fanno? Non credo proprio. Loro non sanno proprio niente di ciò che innescano, sanno soltanto che innescano qualcosa, ma cosa? 
E d' altronde non si può neanche pensare di impedirlo. Chi rispetterebbe questo divieto? Come purtroppo da diverso tempo continuo a sostenere, siamo alla follia. E non c' è scienza o filosofia che possa salvarci. Come può un filosofo conoscere se anche gli operatori ( gli scienziati ) non sanno minimamente cosa stanno innescando e quali potranno essere i possibili risultati e le possibili implicazioni? 
A mio avviso, questa non è Scienza. Perciò come può parlarsi di gap quando non c' è conoscenza ma soltanto follia o arbitrarietà? 
Il gap culturale a livello tecnologico c' è naturalmente ed è enorme. Ed è difficile che possa essere colmato. Questo naturalmente per l' uomo comune. Ma un filosofo che voglia ritenersi tale dovrebbe comunque conoscere anche la tecnologia in tutti i suoi risvolti. Non è che non è possibile che ciò avvenga, è che filosofi attualmente proprio non ve ne sono. 

Un saluto cordiale a te e a tutto lo staff.

Garbino Vento di Tempesta.