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Messaggi - Lou

#136
Tematiche Spirituali / Re:Agnostici e Agnosticismo
03 Aprile 2020, 14:37:56 PM
Citazione di: David Giuliodori il 02 Aprile 2020, 21:26:35 PM
Salve a tutti, vorrei parlare di Agnosticismo.
L'agnostico può essere debole quando la sua ricerca è molto forte e rivolta ad una speranza di trovare qualcosa.
L'agnostico può essere forte quando non si impegna nella ricerca nella certezza che seppur trovasse qualcosa non lo convincerebbe di essere di fronte alla risposta finale.
L'agnostico può essere razionalista quando guida le sue ricerche con raziocinio e se si trovasse di fronte a qualcosa di imponderabile farebbe fatica a credere.
L'agnostico può anche essere vicino alle idee di Kant che affermava che la mente umana è limitata e non è in grado di capire un mistero così grande e incommensurabile.
Sicuramente l'agnostico non è un ateo.
Voi cosa ne pensate?
Dove vi ritrovate voi in queste descrizioni?
Mi piacerebbe aprire un dialogo insieme su questo.
L'agnostico sospende il giudizio in merito all'esistenza di dio/dei, l'ateo la nega.
#137
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero
01 Aprile 2020, 15:10:10 PM
Citazione di: Phil il 01 Aprile 2020, 12:54:31 PM
Citazione di: Lou il 01 Aprile 2020, 11:09:20 AM
Per "pensiero pensante" intendo l' atto dinamico distinto dal "pensiero calcolante"e dal "pensiero poetante". Ora figura retorica, al pari di scrittura scrivente, a meno di non essere neopositivisti spinti, non equivale a non-senso, ma è cogliere l'aspetto esistenziale/speculativa dell'atto.
Inevitabile concordare sul fatto che la figura retorica non sia un non-senso, anzi, spesso è ciò che aiuta il linguaggio a "lanciare il cuore oltre l'ostacolo" (ovvero i limiti del linguaggio stesso).
Tuttavia, come in questo caso, talvolta il senso della figura retorica rischia di essere caleidoscopico e ambiguo (o «un'assurdità della ragione» come dice Hobbes nel Leviatano parlando della metafora): distinguere fra pensiero "pensante" e pensiero "calcolante" o "poetante", potrebbe essere letto come se questi fossero tre tipi o categorie di pensiero; ma il "pensiero pensante" è un truismo: "pensiero non-pensante" sarebbe infatti a sua volta solo un'altra figura retorica, probabilmente allusiva alla scarsa qualità di un pensiero, che tuttavia, in quanto tale, non è comunque un non-pensiero (per quanto giudicato scadente).
Detto altrimenti: se, parafrasando, "il pensiero calcolante calcola" e "il pensiero poetante poeta", quanto è ridondante affermare che il "pensiero pensante pensa"? I primi due pensieri si connotano per l'oggetto del pensare (il pensato), ovvero calcoli o poesie, ma il terzo è lapalissianamente un pensiero che pensa pensieri (come dire uno "scrivere scrivente" o uno "scrivere che scrive scritture"; mentre la differenza fra "scrivere calcolante" e "scrivere poetante" non è affatto superflua o apparente).

Se con "pensiero pensante" intendiamo l'«atto dinamico»(cit.), perché non chiamarlo semplicemente «pensare»?
Ammetto sia una grigia domanda da neopositivismo o da filosofia analitica, ma forse può evitare che si inneschino (falsi) problemi come quello, scherzando ma non troppo, del "pensiero che si pensa pensosamente pensante, pensando anche l'impensabile perché nel momento in cui lo pensa viene pensato, in un pensiero pensabile che ha dunque un pensato seppur come assenza di pensiero che... etc." assecondando quel dedalo di questioni "importanti" che talvolta spinge la filosofia a sconfinare nella letteratura (come la pseudo-ontologia dell'indovinello dell'eunuco di Platone), prendendo il largo, a bordo di una figura retorica, dalle problematiche connesse al reale (e così una licenza poetica diventa una "licenziosa licenza di uccidere" la riflessione sul reale).
Rispondo alla domanda grassettata: l'introduzione di questa "dizione" da parte mia era vota esattamente a districare, a mio parere proprio l'ambiguità del dire che si stava sviluppando: il richiamo alla distinzione tra pensiero pensante in quanto atto e pensiero pensato in quanto fatto, ovvero contenuto, mi pareva necessaria. Diciamo che era funzionale in un certo contesto discorsivo. Certamente le figure retoriche corrono il rischio di dar adito a nomadismo rispetto a un un rigore concettuale e a un corrispondente linguaggio che la materia filosofica richiede, a sfociare in quel che fu appunto definito un dialetto filosofico (fu rivolto al linguaggio di Heidegger), ma certo se parliamo di materia filosofica, concedimi una battutaccia, non cè nulla di più reale del pensiero e le sue problematicità.

Entrando nel vivo della risposta: trovo che tutti i tuoi rilievi siano rigorosi e li apprezzo assai, tuttavia ritengo che il participio presente espliciti una dimensione di apertura all'evento colto nella attualità del pensare (provando a descrivere il concetto) che solo l'l'infinito non rende.
#138
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero
01 Aprile 2020, 11:09:20 AM
Citazione di: Phil il 31 Marzo 2020, 20:42:18 PM



Citazione di: Lou il 31 Marzo 2020, 18:42:49 PM
Pensa a una mela. la mela è il pensato di un pensiero pensante. Pensiero pensante che non sarebbe tale senza pensato.
Il pensiero come attività, quindi il pensare, è sempre rivolta (consciamente, inconsciamente, etc.) a qualcosa-pensato da qualcuno-pensante. Se penso una mela, siamo: io-pensante, la mela-pensata, l'attività-pensare; il pensiero, come capacità di pensare, è una condizione necessaria alla sussistenza di tale triade così connotata (per la gioia dei trascendentalisti, a cui risparmio le solite "decostruzioni"). Il «pensiero della mela» sarebbe un'espressione vaga che può stare per «il pensare(attività) una mela» o «la mela in quanto pensato/a». «Pensiero pensante» è come «scrittura scrivente», una figura retorica; chi pensa è l'uomo-pensante grazie alla facoltà del pensiero.

Certo Phil, è lo stesso che sto sostenendo (il grassettato). Mi pareva corretto parlare di triade, in gioco.

Per "pensiero pensante" intendo l' atto dinamico distinto dal "pensiero calcolante"e dal "pensiero poetante". Ora figura retorica, al pari di scrittura scrivente, a meno di non essere neopositivisti spinti, non equivale a non-senso, ma è cogliere l'aspetto esistenziale/speculativa dell'atto.
#139
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero
31 Marzo 2020, 20:28:01 PM
È come una mela: in generale un virus non è niente, in particolare ogni virus è tutto.
E, in ogni caso, è pensato nella sua novità rispetto agli altri, anche se non è ancora conosciuto.
#140
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero
31 Marzo 2020, 19:32:34 PM
Molto vero. In ogni caso tutti gli elementi dell'elenco che fai , Jacpus, divengono... pensati.
#141
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero
31 Marzo 2020, 18:42:49 PM
Citazione di: Ipazia il 31 Marzo 2020, 18:32:20 PM
Citazione di: Lou il 31 Marzo 2020, 18:24:26 PM
Citazione di: Ipazia il 31 Marzo 2020, 18:21:31 PM
E bravo iano: un pensiero che pensa se stesso è già sdoppiato in due pensieri. Un pensiero non può pensare se stesso nell'istante in cui pensa perchè sta pensando a qualcos'altro. Solo dopo può ripensarsi, ma è già un altro pensiero.
No, non penso.Un pensiero che pensa sè stesso è una triade. Pensiero/pensare/pensato.

Sempre più difficile. Ora ci mettiamo pure il predicato. Aita  ???
Sì certo, il pensiero, il pensare e il pensato vanno distinti. Pensa a una mela. la mela è il pensato di un pensiero pensante. Pensiero pensante che non sarebbe tale senza pensato.
#142
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero
31 Marzo 2020, 18:24:26 PM
Citazione di: Ipazia il 31 Marzo 2020, 18:21:31 PM
E bravo iano: un pensiero che pensa se stesso è già sdoppiato in due pensieri. Un pensiero non può pensare se stesso nell'istante in cui pensa perchè sta pensando a qualcos'altro. Solo dopo può ripensarsi, ma è già un altro pensiero.
No, non la penso in questo modo. Un pensiero che pensa sè stesso è una triade. Pensiero/pensare/pensato.
#143
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero
31 Marzo 2020, 18:05:41 PM
Citazione di: viator il 31 Marzo 2020, 17:23:51 PM
Salve giopap. Citandoti : "Ma non vedo perché un osservatore non dovrebbe potere osservare (anche) se stesso e un pensiero non dovrebbe pensare (anche) se stesso".
Un pensiero che pensa se stesso, correggetemi se sbaglio, non si dovrebbe chiamare nuomeno?
#144
Citazione di: giopap il 31 Marzo 2020, 09:57:57 AM
Questa straordinaria esperienza (nel bene e nel male) la si vive a seconda del proprio ordinario modo di essere.

Da sostanziale ottimista tendo a viverla un po' come Sariputra e la Ipazia del primo intervento.

Mi sembra che tenda ad esaltare le caratteristiche personali della gente (o a metterle in particolare evidenza): chi é generoso ha occasione di aiutare gli altri e di condividere le scarse e problematiche risorse disponibili, chi é gretto e meschino grida all' untore (mentre magari per parte sua "unge" ala grande) e vorrebbe per sé l' unico ventilatore che fosse disponibile sottraendolo ad un altro più giovane di lui, contro  il principio a me caro del "mantello di san Martino", il quale prescrive che della possibilità di vivere, del tempo della vita (come di tutto) "un po' per uno non fa male a nessuno", come dicevano anche mamma e papà nonché la maestra quando ero piccina.
Di contro si potrebbe vedere come sia il proprio ordinario modo d'essere ad essere messo in discussione dalla straordinarietà dell'evento. Forse, "la gente" è chiamata è una trasformazione, le risposte per ognuno di noi potrebbero essere inedite o in linea con caratteristiche sedimentate del nostro carattere.
#145
Citazione di: Ipazia il 31 Marzo 2020, 13:59:47 PM
Citazione di: InVerno il 31 Marzo 2020, 11:14:42 AM
A parte che il servizio di consegne a domicilio è stato l'architrave su cui si è fondata la quarantena cinese, e lo stai per dire ma no, le condizioni dei fattorini cinesi non sono migliori di quelle di un fattorino italiano.

C'entra nulla con la questione sanitaria. Amazon solitamente non porta cibo. Non mi risulta che abbia ridotto l'impestamento alle sole forniture "essenziali". A te sì ?
è recente, ma pare di sì.

https://www.corriere.it/tecnologia/servizi-digitali-per-lavoratori-genitori-famiglie/cards/coronavirus-cosa-consegnera-amazon-italia-prodotti-prioritari-che-resteranno-disponibili/decisione-inedita_principale.shtml
#146
Tematiche Filosofiche / Re:Il ruolo della filosofia
30 Marzo 2020, 17:25:05 PM
Citazione di: Kobayashi il 26 Marzo 2020, 11:21:49 AM

La filosofia per me è liberazione dalle illusioni (nel suo aspetto conoscitivo), è lavoro di distacco da se stessi, dalle proprie dinamiche psicologiche e dai bisogni del corpo (necessario per accedere ad una dimensione universale, trascendente la propria prospettiva particolare), ed un esercitarsi alla virtù.
Quindi tutt'altro rispetto a quello che per lo più ho letto nei precedenti interventi e che riflette lo stato delle cose, ovvero la filosofia come analisi critica dei saperi o della tradizione filosofica stessa. Ma una cultura che non è in grado di costruire persone nobili ha senso? A cosa serve?
Almeno la scienza produce conoscenze che trasformano il nostro mondo, che hanno un vero impatto.
Ma la filosofia come critica, come ermeneutica, che costruisce visioni che non sanno trasformare alcunché (perché alla fine, posato il libro, l'appassionato filosofo torna a vivere esattamente come tutti gli altri), pur continuando a promettere grandi cose tradisce dolorosamente chi si era fidato di lei...
Mi trovo molto in accordo sul tuo incipit, ritengo che lo sforzo incessante della filosofia che attraversa numerosi filosofi è quello sguardo da "altrove" capace di provare a non essere catturati dalla propria prospettiva, da una sorta di incanto che ogni sapere, anche la filosofia, mette in gioco e dalle superstizioni  in cui anch'essa sa invischiarsi.. E' un grande sogno non solo conoscitivo, ma che si incarna sia come esercizio etico, che di metodo. Frequentare la verità è forse anche questa consapevolezza di sapere di stare sognando. Anche la consapevolezza è una forma di conoscenza che trasforma il mondo.
#147

@Ipazia"Ma più interessante è un'altra questione: la virulenza con cui il coronavirus ha impattato sulla nostra vita attualizza un dibattito ricorrente nel meta-evoluzionismo su chi, tra noi e i virus, sia il vero vincitore al vertice della catena alimentare e di dominio del pianeta."

Passo che mi ha invitato a riflettere. Prendendo la questione da questa prospettiva si trovi il terreno per instaurare la metafora bellica che segna inevitabilmente la narrazione delle epidemie e, in generale, della malattia. Il virus parassita il nemico che ci invade, l'eterna diatribra tra vinti e vincitori pare instillarsi nelle profondità dello stesso racconto biologico e nella teoria della stessa evoluzione dove si trova tra i fattori costitutivi la lotta per la sopravvivenza, ma per  per i miti dove già nall'Illiade troviamo tracce di questa impostazione. Il nostro modo di intendere la malattia è relata indissolubilmente alla guerra. Effettivamente con lo stato di guerra l'emergenza sanitaria condivide un'impostazione mentale tale per cui ogni sacrificio e ogni risorsa spesa per non sopperire all'attacco nemico è di per sè giustificata, l'ubbidienza e la docilità i requisiti, eroi in trincea. Essere sconfitti da una malattia, vinti dal morbo, si dice così. Ma siamo sicuri che è la metafora più appropriata? [/size]
Non sarebbe più opportuno un linguaggio fattuale e meno carico di metafore (non del tutto scevro poichè sarebbe una pia illusione: come ci insegna Nietzsche un linguaggio scevro di metafore in ogni ambito sia di fatto impossibile essendo esso stesso un esercito di metafore)? Sia per i malati, sia per i medici, sia per i cittadini e, in generale per le nostre società. Non sarebbe l'occasione per unirci e aprirci a parlare di unità e obiettivi condivisi in vista della costruzione di un racconto più consono ai giorni che stiamo vivendo? Un mondo della vita complesso come il nostro, caratterizzato da un processo evolutivo che si dipana tra materiale e immateriale, non riesce a trovare un altro modo per narrare la semplicità di un virus, la sua circolazione, gli effetti che produce e le risorse che possiamo impiegare e creare per immunizzarci?

#148
Citazione di: Lady Joan Marie il 15 Marzo 2020, 11:12:41 AM
Non so voi, ma io questo corona virus lo sto vivendo malissimo e mi deprime vedere Bisceglie il paese in cui vivo: verdeggiante e pieno di vita, che ora è diventato un luogo desolato che dà spazio solo alla diffidenza...
E voi come lo vivete?
Questa crisi mi sta dando l'occasione di sperimentare una limitazione della libertà d'azione, che, ad essere onesta, riflettendoci, non so quanto mi potrebbe stare stretta sul lungo periodo. Spero di abituarmi.
Esco una volta la settimana a fare la spesa, vivo a casa che è un alloggio, con la mia famiglia, lavoro da casa in smart working, non possiedo cani, nè cinghiali, nè draghi e così non esco a portare a passeggio animali, i luoghi all'aperto, a pochi passi il fiume e la campagna, ma che ad uno ad uno vengono interdetti e pattugliati data la troppa affluenza. Esco sul balcone, l'aria è pulita, do un po' d'acqua ai germogli nei vasi che si sono risvegliati, mi siedo sulla sdraio, osservo la strada semideserta, rada di auto, che si dipana tra i condomini. In fondo la scuola elementare, sulla destra la scuola dell'infanzia e l'asilo nido. Il dilagare di un tempo sempre più dilatato e immoblile nel silenzio rotto da vigili che passano di tanto in tanto con l'auto e megafono che avvertono di non uscire di casa, qualche ambulanza, qualche rumore di attrezzi da giardinaggio, qualche schiamazzo di bambini che in alcuni giardini o dai balconi giocano. Torno in casa, mi assicuro che le mie figlie seguano le videolezioni, preparo i pranzi e le cene e è ritornato il rito di sederci tutti e quattro a tavola, insieme dato che a pranzo e i sabati sera, spesso non si mangia insieme, la sera leggo.
#149



«Al mio ritorno a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di bere, contrariamente alla mia abitudine, una tazza di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, cambiai idea. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti che chiamano Petites Madeleines e che sembrano modellati dentro la valva scanalata di una "cappasanta". E subito, meccanicamente, oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un domani malinconico, mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s'ammorbidisse un pezzetto di madeleine. 
Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell'amore, colmandomi di un'essenza preziosa: o meglio, quell'essenza non era dentro di me, io ero quell'essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. Da dove era potuta giungermi una gioia così potente? 
Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. Da dove veniva? Cosa significava? Dove afferrarla? Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo di più che nella prima, una terza che mi dà un po' meno della seconda. È tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire. È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. È stata lei a risvegliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere indefinitamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione (e proprio ora), per uno schiarimento decisivo. 
Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità... retrocedo mentalmente all'istante in cui ho preso la prima cucchiaiata di tè. Ritrovo il medesimo stato, senza alcuna nuova chiarezza. [...] All'improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di madeleine che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio».


Questo è il famoso passo tratto da Proust, la memoria sensoriale resta una prerogativa del vivente, non c'è memoria digitale che ne sia provvista è una forma di memoria monca..
#150
Tematiche Filosofiche / Re:Libri di filosofia
13 Marzo 2020, 09:42:16 AM
Citazione di: Marcelo17 il 12 Marzo 2020, 21:46:37 PM
Alcuni mi hanno detto di comprare dei manuali, altri di comprare dei libri di filosofia, non riesco a capire cos'è meglio..
I manuali sono importanti, ma per testare il tuo interesse e la tua eventuale passione per questa materia relazionarti a un testo filosofico, entrare nel vivo, è fondamentale, perciò te lo ho proposto.