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Messaggi - 0xdeadbeef

#136
Tematiche Filosofiche / Re:La "struttura originaria"
29 Aprile 2019, 21:48:31 PM
Citazione di: paul11 il 29 Aprile 2019, 15:02:14 PM

E' una necessità a livello metafisico ed una possibilità a livello pratico.


Ciao Paul
Mi par di capire che le nostre rispettive posizioni divergono soprattutto sulla concezione
parmenidea e severiniana circa il divenire ed il molteplice.
Io, ti dico la verità, la penso un pò come G.Reale: "io definisco la filosofia di Severino come
espressione di una tesi che è falsa – negazione dello spessore ontologico del divenire e, quindi,
del non essere e della morte – però espressa nel modo più coerente e più perfetto. Ma con Nicolas
Gomez Davila penso che la coerenza di un discorso non sia prova di verità, ma solo di coerenza".​
E questo, sia chiaro, senza negare la statura di grande pensatore che gli compete...
Ti chiedevo infatti se la tua affermazione ("è solo la coscienza che può unire i domini") fosse
da intendere nel senso della necessità o della possibilità proprio perchè l'idea dell'unitarietà
dell'Essere parmenideo esclude categoricamente il secondo termine (l'Essere che è non può essere
diverso da come è - cioè "non può").
E a ben pensarci neppure potrebbero esserci i due diversi domini del nomos e della physis, che
infatti nella tua tesi mi sembrano appunto obliare, quasi "sfumandola", la loro diversità.
Comunque alla mia precisa domanda rispondi quel che metto in citazione (e devo dire che lo trovo
molto interessante...).
Molto interessante ma anche molto controverso, soprattutto alla luce di quanto dicevo prima circa
quel che mi pareva di aver capito dei tuoi ragionamenti.
Parlando infatti di una necessità a livello metafisico e di una possibilità a livello pratico non
credi di riproporre quella stessa diversità dei domini che sembravi aver precedentemente negato
parlando di "nomos" e di "physis"?
Ma dici anche un'altra cosa estremamente interessante: "il vero problema è nella gerarchia fra i
domini". Cui aggiungi in conclusione: "il problema è smascherare gli "alibi", per questo ritengo
necessaria la verità incontrovertibile come struttura originaria. Si necessita di un punto di
riferimento inalienabile, logico e razionale e non opinabile dove alla fine contano  i rapporti
di forza e non la ragione, la logica, la razionalità".
Tutto questo mi ricorda ciò che dicevo in un'altra discussione a proposito della metafisica, che
personalmente credo coincida con la filosofia ma non solo: che addirittura coincida con la "politica".
E questo proprio per i motivi che mi sembra di scorgere nel tuo ragionamento, e cioè che la
coscienza come "luogo originario dove avviene la decisione" è, in definitiva, il "luogo per
eccellenza" della filosofia come "scelta", come decisione, cioè come quel qualcosa che dà senso
e significato alla parola "politica".
Il pericolo di una simile visione è però davvero dietro l'angolo, ed è ben sintetizzato da Nietzsche
quando descrive il "filosofo" come: "colui che dice: così dev'essere".
saluti
#137
Tematiche Filosofiche / Re:La "struttura originaria"
29 Aprile 2019, 18:21:48 PM
Ciao Viator
A parer mio complichi troppo il discorso...
Mi chiedevi: "c'è forse qualcosa che possiamo decidere o sentire (dico sentire, non percepire) senza
utilizzare la coscienza pur considerata anche solo come serbatoio mnemonico?".
Secondo me no. E semplicemente perchè la coscienza è, dicevo, il "luogo originario dove avviene la
decisione" (quindi non possiamo decidere nulla al di fuori di essa).
Ora, è chiaro che io dò a questo verbo, "decidere", un significato ben preciso; un significato
strettamente correlato al "giudizio" (per cui si decide sulla base di un giudizio).
Naturalmente, se si prendono in considerazione altre espressioni, come "sentire" o "percepire",
bisogna vedere se queste hanno, col giudizio, la medesima relazione che vi ha la decisione.
saluti
#138
Tematiche Filosofiche / Re:La "struttura originaria"
28 Aprile 2019, 20:54:03 PM
Ciao Viator
Mah guarda, per me la "coscienza" è semplicemente la capacità che ha l'essere umano di prendere
delle "decisioni" (nel senso di cui sopra, nella risposta a Paul11).
La coscienza è, per me, il "luogo originario dove avviene la decisione" (e la decisione è per me
più da ricercarsi nel dominio del nomos che in quello della physis - le "decisioni" del mio gatto
fanno parte del dominio della physis, non le mie, o almeno spero...).
Voglio dire che in sostanza io, come ogni altro essere umano "consapevole", potrei prendere delle
decisioni che vanno nella direzione opposta a quelle che mi suggerirebbe la physis. Potrei, ad esempio,
persino lasciarmi morire di fame.
Ora, c'è chi sostiene che la "decisione" in realtà non è affatto una decisione. Cioè che non è frutto
del "nomos" ma è un frutto "necessario" della physis (cioè che in realtà ciò che credo di decidere
già era stato "deciso", per così dire).
A costoro rispondo di fermarsi un attimo, e riflettere sul grado - abnorme, imbarazzante - di
"metafisicità" che hanno raggiunto credendo di osteggiare la metafisica...
saluti
#139
Tematiche Filosofiche / Re:La "struttura originaria"
28 Aprile 2019, 20:26:34 PM
Ciao Paul
Mi chiedo come la verità possa essere "decisa" (dalla coscienza)...
Eppure sì, ad esempio consideriamo "vero" che non si debba uccidere: dunque la stessa verità ha, per
così dire, una natura duplice ("appurata" nel dominio fisico e "decisa" in quello della morale)?
In ogni caso sono d'accordo sulla coscienza; non nel senso severiniano di una "struttura originaria"
che identifica la parte e il tutto (perchè, come dicevo, questo avrebbe come sbocco una idealistica
"unificazione" del soggetto e dell'oggetto - che avverrebbe necessariamente nella coscienza); ma
nel senso di "luogo originario" dove avviene la "decisione".
Il problema, in sostanza, a me sembra risiedere proprio nell'antica distinzione fra "nomos" (che è
il luogo deputato alla "decisione") e "physis" (di conseguenza, se si assume il precedente punto di
vista, il luogo dell'"appurare").
Una distinzione che per me presenta ancora una sua validità (molto meno, mi sembra, per te)...
A parer mio, Kant vede chiaramente questa distinzione; e vede che la Ragion Pura non può "appurare"
proprio un bel niente di ciò che riguarda la morale. E che tutto ciò che la riguarda può essere
solo "postulato" con quella che di fatto è una "decisione".
Ora, mi chiedo quanto di "razionale" possa esserci in una "decisione" (cioè mi chiedo "quanto" i
domini del nomos e della physis possano essere uniti - ammesso che la razionalità faccia parte
del dominio della physisi)...
E qui la tua risposta mi sembra esplicita: "è solo la coscienza che può unire i domini". Ma, mi
chiedo, la tua è l'affermazione di una "necessità" (come nella "struttura originaria" di
Severino) o soltanto di una "possibilità" (in fondo ciò che dici è: "può")?
saluti
#140
Tematiche Filosofiche / La "struttura originaria"
28 Aprile 2019, 15:17:42 PM
"Se devo dirti l'estrema ratio a cui sono pervenuto è che la struttura originaria è la coscienza
- la filosofia e la coscienza sono intimamente connesse -" (Paul11).
Mi ha incurisito tantissimo questa affermazione dell'amico Paul11. Sulle prima sarei fortemente
tentato di dire che la condivido nella maniera più totale, ma...
Già: ma cos'è, pensandoci bene, la "stuttura originaria"? E cos'è la "coscienza"?
Sembra quasi che Paul intenda dire che ciò che contraddistingue più di ogni altra cosa l'essere
umano sia la coscienza. La coscienza, dunque, come "essenza" o "sostanza" (aristotelicamente
intese) dell'essere umano; dunque come suo "Essere" (perchè a me sembra che a questo possa essere
ricondotta la "sostanza" aristotelica).
Ora, la "struttura originaria", per Severino, non è esattamente coincidente con l'Essere (anche se
ne è, chiaramente, intimamente connessa). E quindi non lo è con la "sostanza", o "essenza".
Se, seguendo Severino, la stuttura originaria "consiste" (e certo c'è da discuterne...) nell'identità
del particolare e del totale, allora la singola coscienza esaurisce, riducendolo a sè, l'intero universo?
Mi sembra, francamente, una posizione troppo "hegeliana" per poter essere condivisa da un "kantiano"
come me...
saluti
#141
A Davintro
Però, insomma, non si può nemmeno sostenere che religione e metafisica non siano parenti...
Secondo ben autorevoli fonti, la metafisica nasce nel momento in cui vengono "edificati gli
eterni", cioè nel momento in cui: "l'angoscia suscitata dal divenire suggerisce agli uomini
di pensare l'indiveniente", cioè la divinità (Severino).
Ora, saprai certo che in Aristotele, come in Platone, la "scienza prima" ha, per così dire,
due facce. Da un lato viene teorizzata una "sostanza" che è comune nel molteplice (Heidegger
la penserà nel tempo e nella physis); dall'altro tale "sostanza" continua però a presentare
gli stessi attributi della divinità, visto che viene intesa come "gerarchicamente superiore"
(da qui la qualifica di "scienza prima" che Aristotele attribuisce alla metafisica).
Quindi, sì, comprendo quanto affermi; ma questo tuo continuo "smussare"; questo "levigare"
fa pensare che in effetti qualcosa da smussare e levigare ci sia, non credi?
saluti
#142
A Ipazia e Viator
Vorrei, sinceramente, conoscere la ormai "celebre" risposta di Green, che l'amica
Ipazia cita sovente come esempio di razionalità sull'argomento "bene/utile". In attesa che
mi venga almeno segnalato dove guardare, rispondo a Viator...
Il b/Bene oggettivo non è affatto a cavallo fra fisica e metafisica. Il bene è "oggettivo"
quando è inteso come non legato all'interpretazione; come valido per tutti (esattamente
come per una legge, la cui "oggettività" risiede nell'essere "uguale per tutti").
E' evidente che una dichiarazione sul bene come "oggettivo" può venire (è venuta)
indifferentemente da S.Francesco come da Hitler o da Stalin (nomi non certo a caso, perchè
tutti espressione del modo di vedere epistemico europeo-continentale).
L'alternativa a questo è solo e soltanto una: quella anglosassone, che definisce "bene"
ciò che è oggetto del desiderio e dell'impulso individuali (cioè l'"utile").
Definire "bene" la tendenza del mondo a perpetuarsi, cioè a continuare ostinatamente ad
esistere è una affermazione del tutto priva di significato, in quanto il bene e il male
sono categorie della morale (e sarebbe "bene" rendersene conto, onde evitare queste
grossolane indistinzioni; che sono segno di un "laicismo confessionale" opposto ma speculare
a quel clericalismo che, a parole, si intenderebbe avversare).
saluti
#143
Ciao Altamarea
Perchè mai ne servono undici? A me sembra che la parola "invidia" serva benissimo allo scopo.
L'invidia, da non confondersi con l'ammirazione ("ah, potessi anch'io come lui...": questa
non è invidia, è ammirazione), è sempre una manifestazione di meschinità.
saluti
#144
Citazione di: Ipazia il 21 Aprile 2019, 16:24:07 PM
Io non confondo il Bene Metafisico con l'utile mercificato anglosassone e me ne sto alla larga da entrambi. Il bene della "mia" metafisica è lo stesso posto da green demetr nella sua discussione (fatta salva l'iniziale maiuscola che a pensar male...), in precedenza da me più volte definito bene incontrovertibile assoluto del vivente (trovando incomprensioni, quelle sì metafisico-platonico-cristiane).

Esso agisce in contraddizioni dialettiche al di qua del bene e del male, il cui superamento e durata dello stesso dipende dal tempo che la storia permette di trovare. Se da qualche parte ci fosse un bene etico innato, o emanato da una fonte extraterrestre, il problema etico non si porrebbe nemmeno. Basterebbe un bignami utilitarista o religioso valido eternamente. Un catechismo Metafisico. Proprio ciò che trovo insensato.


Ciao Ipazia
"Bene incontrovertibile assoluto del vivente"...
Ma, fammi capire, è un bene incontroverbile assoluto quello del cuculo che getta giù le uova
dell'altra specie? Oppure, se l'esempio ormai annoia, quello del rapinatore che a mano
armata ruba il portafoglio del rapinato?
Bah, in questo caso, io più che "bene incontrovertbile assoluto del vivente" lo chiamerei "utile",
e specificherei di "quale" vivente...
Ma se così non fosse; se cioè tu con "bene incontrovertibile assoluto del vivente" intendessi un
bene inteso come "oggettivo" allora, beh, non è che saresti a distanza siderale dal "Bene"
metafisicamente inteso (con tanto di maiuscola iniziale...).
Si tratta di capire quale delle due versioni possibili è la tua (e, beninteso, si tratta di
capire anche che non vi è un'altra possibilità).
saluti
#145
Ciao Pio
In un certo modo posso dire di concordare. In effetti "Dio" è l'unica speranza di poter
trovare un senso alla vita. Ed è patetico cercare di trovarlo appunto "guardandosi allo
specchio", cioè in quell'uomo che la cultura occidentale (ma che ormai è del mondo intero)
ha innalzato a divinità (scoprendone però ben presto e a proprie spese la fallacia e l'inganno).
"Dio" è però solo un'idea, appunto l'idea di Dio, e ad una idea non necessariamente
corrisponde una realtà di fatto (che per me vuol dire: "Dio è solo tenue speranza").
un saluto ed un augurio di Buona Pasqua
#146
Ma se diciamo: "la problematica aperta dalla modernità ci sta portando sull'orlo di un
abisso" (Paul). Oppure: "il problema è quale costruzione filosofica riesca a dare un senso
all'esistenza" (sempre Paul). Oppure ancora (e in maniera trovo grottesca): "siamo da sempre
e per sempre, nella Gloria, salvi dal nulla" (Severino) tutto il nostro ragionamento è un
ragionamento "tecnico".
O almeno lo è stando alla definizione che lo stesso Severino dà della "tecnica": "il rimedio
che l'uomo escogita allo scopo di rimediare all'angoscia suscitata dal divenire".
Ora, Severino è senza dubbio un grande pensatore (chi ha letto almeno qualcuna delle sue opere
sa di quale mirabile intuito e profondità è capace), però non sfugge alla tentazione antica
che da sempre "minaccia" la filosofia: quella di voler rendersi utile...
Potremmo invero essere sull'orlo di un abisso; potrebbe non esserci affatto un senso dell'
esistenza. E potremmo davvero, tutti noi, non tanto provenire dal nulla per poi al nulla
tornare, ma provenire da un qualcosa (per poi tornarvi) che al nulla è affine...
Certo comprendo bene come sia davvero dura vivere con questa consapevolezza; ma chi l'ha detto
che la filosofia dovrebbe gettarci un salvagente?
Severino non avrebbe potuto limitarsi ad individuare l'origine del nichilismo (cosa che fa con
grandissima acutezza) senza poi proporre pastoni indigeribili come quello che prima riportavo?
Trovate vi sia davvero un senso all'affermare l'illogicità dell'edificazione degli eterni NEL
divenire e, contemporaneamente, affermare l'eternità di ogni istante?
E' come se Severino, appurata l'inefficacia di una cura (quella della metafisica tradizionale),
ne voglia proporre un'altra: in questo, ritengo, consiste il suo non uscire dal recinto della
"tecnica"; il suo "errore" (in quanto non sembra rendersene conto).
Ora, qual'è, se vi è, oggi il senso dell'Essere filosofico?
Per me, francamente, non vi è più alcun senso. Come dicevo, dopo che Aristotele ha introdotto
il divenire ed il molteplice, l'Essere monolitico ed immutabile di Parmenide ha lasciato
campo ad un Essere nel quale veniva ricercata la "sostanza" indiveniente e ciò che vi è di
comune nel molteplice. E questo fino ad Heidegger, nel quale certo va obliandosi il concetto
di "indiveniente" ma rimane ben saldo quello di "sostanza comune nel molteplice" (tant'è che
egli crede di aver individuato l'Essere prima nel tempo, poi nella physis).
La mia personale posizione è (tanto per cambiare...) quella di Kant: "la possibilità logica
del concetto non è la possibilità reale" (a un concetto non necessariamente corrisponde un
oggetto).
saluti e tanti auguri di una Buona e Serena Pasqua
#147
Ciao Viator
Non sono d'accordo, ma trovo che questo discorso, se se ne accettano i presupposti,
possieda una sua coerenza.
Ed infatti, come ripeto spesso, nella filosofia anglosassone utile e bene coincidono.
Però, ed è dirimente, nella filosofia anglosassone si produce questa coincidenza perchè
alla base c'è la considerazione di una naturale bontà dell'essere umano.
Ora, come "risolve" la filosofia anglosassone l'esistenza delle azioni malvagie? Nel
modo più semplice e banale: le azioni malvagie sono "anormalità", eccezioni al naturale
corso dell'umana bontà (e vanno "risolte" in tal senso" - ad esempio oggi, che la forma
mentis anglosassone è dilagata al mondo intero, "medicalizzando" certi comportamenti).
Insomma, se si crede che l'essere umano sia naturalmente buono sì, utile e bene coincidono.
saluti e buona Pasqua
#148
Citazione di: Ipazia il 20 Aprile 2019, 04:20:36 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 19 Aprile 2019, 19:29:53 PM
Citazione di: Ipazia il 18 Aprile 2019, 20:43:07 PM
Non ho nerettato ad capocchiam "all'interno"  :)


Demetafisicizzare il valore "bene" riconducendolo alla sua vitale fisicità non può che fare bene alla filosofia morale. Che siano gli anglosassoni o i marziani ad affermarlo non cambia nulla. Purtroppo gli anglosassoni hanno rimetafisicizzato il bene come merce. E questo non va "bene" perché la vita non è mercificabile, trascendendo incontrovertibilmente il nume Mercato.


Ciao Ipazia
No, non hai nerettato ad capocchiam "all'interno", ma non dovrebbe sfuggirti che oggi che la "comunità" come insieme di individui uniti dalla medesima "cultura" sta declinano (rigurgiti sovranisti a parte...), il concetto di "utile", che la filosofia anglosassone rapporta al "bene" (il bene come merce ne è soltanto una derivazione), dilaga incontrastato.
Quindi se c'è una cosa che la modernità "riconduce alla sua vitale fisicità" è l'utile, non certo il metafisico "bene" (dimentichi forse che: "Dio è morto"?). Oggi tutti perseguono il proprio utile, senza nessun "ethos" che ne mitighi la crudezza.
saluti

Ennesimo caso in cui a forza di fissare lo sguardo nell'imperscrutabile cielo della Metafisica si finisce col cadere nella buca più sordida della tanto sprezzata Fenomenologia.

La quale, nella sua storica accidentalità, pone una questione dirimente: non è che a forza di pensare dualisticamente ci si vede doppio con una metafisica da una parte e una Metafisica dall'altra ?

Forse è arrivato il momento di scrivere la storia di queste due metafisiche.


Ciao Ipazia
Non capisco l'"oggetto" cui ti riferisci (senza dubbio per un mio limite...).
Per la mia pratica discorsiva (che è, intendiamoci, discutibilissima), tu confondi il pragmatico
"utile" con il metafisico "bene" (e ciò che ne risulta è un discorso che intende essere scevro
dalla metasisica quando invece ne è impregnato fino al midollo - e che, peggio ancora, ne è
inconsapevole).
saluti
#149
Citazione di: 0xdeadbeef il 20 Aprile 2019, 19:26:07 PM
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2019, 22:08:09 PMciao Mauro(Ox..)
perchè green ha ragione.La filosfia di Severino puntando sulla logica costruisce una metafisca "fredda" che non dà risposte sulla "calda" vita. o se le dà, francamente sono poco .....convincenti.
Come ho scritto o la metafisca aiuta la vita oppure è sterile.
A mio parere è infatti Aristotele a originare il dilemma della Tecnica,(come indica anche Menandro) quando inizia a focalizzare più la prassi che la teoretica.
Forse involontariamente, sposta l'asse filosfico  nelle prassi, che è in divenire, a sua volta contraddicendo la teoertica di Dio.
Tant'è che il tomismo e la scolastica medievale, prima della rivoluzione umanistica, sono impregnate di logica predicativa aristotelica, piuttosto che a Platone,per costruire la dogmatica cristiano cattolica.



Ciao Paul
A parer mio non se ne "esce" fintanto che non viene compresa la differenza fra l'Essere
di Parmenide (e di Severino) e l'Essere di Aristotele (che poi è l'Essere così come
inteso da tutta la tradizione filosofica occidentale; Heidegger compreso, naturalmente).
Allora, Aristotele così definisce l'Essere: "l'Essere si dice in molti modi, ma uno
solo è il suo significato primario e fondamentale".
Con ogni evidenza, l'introduzione del concetto del divenire vuol dire anche la
frammentazione dell'Essere originario e monolitico di Parmenide, cioè la concettualizzazione
del "molteplice". Per cui adesso: "l'Essere si dice in molti modi"; ma la contemporanea
edificazione degli "immutabili", cioè degli indivenienti NEL divenire (momento che sia
per Heidegger che per Severino coincide con l'avvento della "metafisica"), fa dire ad
Aristotele: "ma uno solo è il suo significato primario e fondamentale"; cioè gli fa
dire quel che in seguito espliciterà con grande chiarezza: "il significato dell'Essere
è la sostanza di esso".
E' esattamente questa la radice di ogni concezione dell'Essere che si svilupperà in
seguito nel pensiero occidentale: l'Essere come sostanza, come substrato: in definitiva
come ciò che vi è di comune nel molteplice (che rimanda a ciò che è indiveniente NEL divenire).
E, ritengo, a tal concetto poco aggiunge la tesi di Heidegger, che ritiene di individuare
l'Essere "fuori" dalla metafisica aristotelica, ma che in definitiva ne mantiene inalterata
la caratteristica forse più precipua: la "sostanza" come ciò che vi è di unitario nel molteplice.
saluti
#150
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2019, 22:08:09 PMciao Mauro(Ox..)
perchè green ha ragione.La filosfia di Severino puntando sulla logica costruisce una metafisca "fredda" che non dà risposte sulla "calda" vita. o se le dà, francamente sono poco .....convincenti.
Come ho scritto o la metafisca aiuta la vita oppure è sterile.
A mio parere è infatti Aristotele a originare il dilemma della Tecnica,(come indica anche Menandro) quando inizia a focalizzare più la prassi che la teoretica.
Forse involontariamente, sposta l'asse filosfico  nelle prassi, che è in divenire, a sua volta contraddicendo la teoertica di Dio.
Tant'è che il tomismo e la scolastica medievale, prima della rivoluzione umanistica, sono impregnate di logica predicativa aristotelica, piuttosto che a Platone,per costruire la dogmatica cristiano cattolica.


Ciao Paul
A parer mio non se ne "esce" fintanto che non viene compresa la differenza fra l'Essere
di Parmenide (e di Severino) e l'Essere di Aristotele (che poi è l'Essere così come
inteso da tutta la tradizione filosofica occidentale; Heidegger compreso, naturalmente).
Allora, Aristotele così definisce l'Essere: "l'Essere si dice in molti modi, ma uno
solo è il suo significato primario e fondamentale".
Con ogni evidenza, l'introduzione del concetto del divenire vuol dire anche la
frammentazione dell'Essere originario e monolitico di Parmenide, cioè la concettualizzazione
del "molteplice". Per cui adesso: "l'Essere si dice in molti modi"; ma la contemporanea
edificazione degli "immutabili", cioè degli indivenienti NEL divenire (momento che sia
per Heidegger che per Severino coincide con l'avvento della "metafisica"), fa dire ad
Aristotele: "ma uno solo è il suo significato primario e fondamentale"; cioè gli fa
dire quel che in seguito espliciterà con grande chiarezza: "il significato dell'Essere
è la sostanza di esso".
E' esattamente questa la radice di ogni concezione dell'Essere che si svilupperà in
seguito nel pensiero occidentale: l'Essere come sostanza, come substrato: in definitiva
come ciò che è indiveniente NEL divenire.
E, ritengo, a tal concetto poco aggiunge la tesi di Heidegger, che ritiene di individuare
l'Essere "fuori" dalla metafisica aristotelica, ma che in definitiva ne mantiene inalterata
la caratteristica forse più precipua: la "sostanza".
saluti