Citazione di: Jacopus il 31 Luglio 2025, 21:42:33 PMQuali prove hai per dire che la teoria del buon selvaggio non ha fondamenti? Per il resto sono d'accordo. Nelle comunità animali (compresa quelle umane) sono presenti dinamiche di cura, solidaristiche e dinamiche egoistiche o di conflittualità. Ma se restiamo nel campo emotivo ancestrale, queste dinamiche sono tutte presenti per un unico scopo: la sopravvivenza della specie. A proposito del buon selvaggio. Vi sono tribù inuit che per ben accogliere lo straniero, lo invitano a dormire con la propria moglie. Nella tribù amazzonica degli yamomano invece fanno a gara a chi uccide più nemici (membri di altre tribù rivali). Quindi il "buon selvaggio", nella accezione rousseouiana è "double face", il che è coerente, poiché in questi due esempi è già in funzione la neocorteccia, che in sinergia con l'ambiente, ha trovato delle risposte originali e creative (non istintuali) al problema fondamentale della sopravvivenza. Ma precedentemente allo sviluppo delle culture inuit e yamomano, vi è un patrimonio neurobiologico che va indagato e che costituisce le fondamenta di ogni cultura successiva. Lo sforzo di Panksepp (che ho citato prima) è quello di cercare queste fondamenta in stati affettivi di base, piuttosto che nell' inconscio freudiano (Freud non a caso si definiva archeologo della mente). E fra questi stati affettivi di base vi è la cura e la sofferenza in caso di mancata cura. Del resto la potenza di questi sistemi è provata laddove essa manca nei cuccioli di ogni specie di mammifero ed uccello, che subiranno un grave deficit nello sviluppo e vari tipi di fragilità comportamentale in assenza di quelle attività di cura. Fra il "buon selvaggio" e lo "homo homini lupus" ho l'impressione che il primo sia più "naturale" del secondo. Ma comprendo bene che il concetto di "homo homini lupus" si afferma necessariamente con lo sviluppo della civiltà, che rende impossibile un ritorno naive al "buon selvaggio". Il ritorno a forme di compensazione rispetto all'homo homini lupus, in un sistema artificiale, può avvenire solo artificialmente e non "a detour".E' proprio quest'ultima affermazione che é infondata, l'idea cioé che con la civiltà si affermi un'addizione di violenza nella specie umana, concetto implicito nell'idea di "buon selvaggio".
Naturalmente gli esempi dei popoli selvaggi di oggi non sono pertinenti, perché il confronto va fatto con gli uomini che risiedevano originariamente negli stessi territori dove poi si é sviluppata la civiltà, dove per una frattura di femore curata potrai trovare centinaia di morti per ferite procurate con armi, e se anche in certi tratti temporali si può notare qualche aumento, rispetto alla generale discesa della quantità di morti artificiali, questo dipende dal l'evoluzione tecnologica che rende la pratica dell'uccisione più semplice.
Se gli uomini civilizzati di oggi, in 80 anni di convivenza con l'atomica, il bottone per farla partire non lo hanno mai premuto, puoi stare tranquillo che i selvaggi loro avi lo avrebbero premuto da tempo.
Volevo poi farti notare, jacopus, che questo discorso sulla natura violenta umana non é collineare con la dicotomia solidarietà egoismo, perché ho già spiegato che gli atti istintivi violenti hanno spesso un. fondamento di tutela della comunità, e quindi sono solidaristici.