Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - HollyFabius

#136
Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
A mio avviso sussiste tra il concetto di "coscienza" e quello di "intelligenza" una distinzione qualitativa, non quantitativa. Non esiste cioè un certo grado di intelligenza oltre il quale si diverrebbe coscienti. Certamente la coscienza comprende tra le sue ramificazioni l'intelligenza, ma non viceversa.

Beh ho detto le stesse identiche cose, il punto è che questa distinzione qualitativa è una acquisizione recente.

Ho anche aggiunto che questa distinzione non esisteva nel passato ed è sorta proprio per una esigenza umana di rimarcare delle differenze qualitative rispetto alle macchine. E ho pure aggiunto che se le macchine (diciamo tra 1000 anni?) dovessero mostrare comportamenti assimilabili alla coscienza umana ci inventeremmo una nuova distinzione (magari di natura divina) che differenzia la nostra coscienza dalle altre eventuali 'forme' di coscienza artificiali.

Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
<CUT> Anzi, da un certo punto di vista, la presenza dell'aspetto sentimentale fà sì che in molti casi la "coscienza" non sia fattore di efficienza delle nostre attività pratiche del mondo, ma "ostacolo", in quanto il valore affettivo che diamo coscienzialmente a un certo oggetto ci impedisce di sfruttarlo pragmaticamente in vista di un obiettivo...


Rimarco anche questo passaggio che soffre delle stesse debolezze logiche sopra esposte, introducendo però l'elemento 'sentimento' perché anche su questo si potrebbe disquisire. In effetti l'acquisizione di proprietà legate al 'sentimento' richiederebbe disquisizioni separate piuttosto elaborate.

Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
Queste "logiche altre" utilizzabili in futuro, in quanto progettate per i computer dall'uomo per degli obiettivi posti dall'uomo, resteranno pienamente interne all'ambito della razionalità strumentale e utilitarista, e quindi non costituenti una coscienza. Il giorno in cui un computer comincierà a svolgere delle funzioni totalmente estranee, inaspettate e imprevedibili rispetto al programma che un progettatore umano aveva inserito nel suo software allora credo potremmo parlare davvero di un soggetto cosciente e dunque libero e responsabile. Ma tutto ciò non sarà un incremento quantitativo di efficienza, ma un autentico salto qualitativo e ontologico.

Certo, infatti io non ho mai parlato di incremento quantitativo di efficienza. Io parlo di un vero e proprio salto qualitativo.


Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
Non credo che la mia visione sia precopernicana, antropocentrica o romantica, anche perchè il concetto di "coscienza" a mio avviso non si identifica essenzialmente con il concetto di "coscienza umana", ma in linea di principio può essere riferito anche ad un'ipotetica coscienza divina o angelica. Infatti la premessa era l'identificazione della coscienza con il concetto di "intenzionalità", non necessariamente unicamente umana. Poi è evidente che se si parla dell'ipotesi di coscienza applicata all'intelligenza artificiale il paragone che viene spontaneo fare per definire la coscienza è l'accezione umana del concetto, progettatrice dei computer stessi


Certo non si può di negare che l'idea di una ipotetica coscienza divina non sia precopernicana, antropocentrica o tradizionale (non ho scritto romantica). Se avessi voluto parlare della filosofia greca avrei parlato di precristiana, non precopernicana.

Per inciso precopernicana, antropocentrica e tradizionale sono proprio le caratteristiche del pensiero dominante occidentale.

#137
Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 19:44:50 PM
Perdona se sono duro di cervice ma...sopra hai scritto che la coscienza non è una forma di linguaggio. Ora dici che un algoritmo, una statistica o un sistema binario possono dare risultati inaspettati. Ma non sono una forma di linguaggio, di programmazione?
Scusa ma dove hai letto algoritmo?
Io ho scritto: "procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante)" proprio per rimarcare la differenza tra un metodo decisionale basato su un linguaggio codificato e un procedimento decisionale basato su altro non pienamente codifica. Certo io non posso credere che chi è in possesso di coscienza (te e me per esempio) prenda delle decisioni basate puramente sul caso e senza un minimo di regole imposte e/o autoimposte.
#138
Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 15:47:30 PM
Parto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere.  La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza  della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce
Ecco, l'idea che gli elaboratori, che oggi effettivamente elaborano, non possano in un futuro utilizzare logiche 'altre' mi pare un tradizionale atto pre-copernicano. Confondiamo il centro dell'universo con il nostro centro.
Già oggi le macchine effettuano delle valutazione migliori di quelle umane in molti ambiti, il punto sta nel riconoscere ed esplicitare dei limiti reali, usiamo il termine coscienza, autocoscienza ma non riusciamo a dare questi termini dei significati esterni ad un processo di evoluzione delle macchine.
Anni fa si parlava di intelligenza come qualità umana, oggi che le macchine realizzano cose sempre più intelligenti abbiamo spostato il confine non del significato di intelligenza verso la coscienza, che però non abbiamo ancora universalmente condiviso in tutte le sue ramificazioni concettuali.

Peraltro il vincolo della rigidità di calcolo degli elaboratori è concettualmente e banalmente superabile. Basterebbe pensare ad un procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante) basato sulla statistica e sulla interazione con l'esterno che ecco: la macchina può realizzare cose inaspettate.
#139
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 14:19:28 PM

Ho inteso perfettamente quel che intendevi con "tutto e per tutto", e quando ho scritto il mio post intendevo dire la stessa cosa, non una cosa diversa.
Ma come ha detto anche Sgiombo, se anche esistesse una IA capace di riprodurre in tutto e per tutto ogni cosa che l'uomo è in grado di fare, anche quelle artisticamente e intellettualmente più sublimi, come si fa dall'esterno a giudicare che quell'intelligenza possiede la luce dell'autocoscienza?
Io, per me, so di essere autocosciente: di un altro, non posso saperlo con certezza. Posso ritenerlo probabile, se si tratta di un essere umano biologico come me; ma se si tratta di una IA, che si può dire? Io non conosco un modo per accertare l'autocoscienza altrui.

Se uno parte da una visione riduttivista, secondo cui la coscienza umana è il risultato dell'attività neuronale, allora può anche ragionevolmente ammettere che una IA, raggiunto un certo grado di complessità, possa divenire autocosciente. Ma la visione riduttivista non è la mia...

Si però la questione che ponevo io era leggermente più complessa. Certo che non hai la possibilità di verificare che io sia un essere autocosciente, nel tuo mondo tu potresti essere l'unica mente autocosciente e il resto del mondo un teatrino di fantasmi creati dalla tua mente a tuo uso e consumo. Io volevo partire come minimo dal superamento di questa posizione, peraltro espressa anche  Sgiombo. Non ho la superbia di pensare di essere unico oggetto e soggetto della mia mente, chiaro se chi dialoga con me pone questa come la sola possibilità che renderebbe vana l'indagine intellettuale comune direi che posso concludere qui le mie riflessioni.
Ovviamente il dialogo non è per me interessante, io ho già dato per scontata l'idea di vivere in un mondo di vivi.
#140
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
(Noto en passant che trecento anni fa nessuno avrebbe risposto positivamente nemmeno alla domanda: "potrà l' umanità determinare di sua propria mano la propria "prematura" estinzione?", condizione -questa di possibilità di distruggere irreversibilmente, "artificialmente" e "precocemente rispetto ai tempi della biologia naturale", l' umanità-  oggi assolutamente reale).

Certo, non ho incluso la creazione della potenza atomica, di esempi avrei potuto aggiungerne a decine.
Peraltro ritengo che l'autodistruzione della specie sia una possibilità come le altre, in fondo siamo poco più che microbi in confronto alle dimensioni e complessità dell'universo.

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Mi dispiace per il positivismo acritico (e di solito irresponsabilmente ottimista sulle possibili conseguenze della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni tecniche per il futuro dell' umanità), ma esistono proprio per davvero domande alle quale non si può rispondere per principio; e infatti quella (filosofica, non scientifica o tecnologica) sull' eventuale esistenza di altre esperienze coscienti oltre alla "propria" immediatamente percepita é una "esistente" domanda alla quale non si può proprio dare una risposta certa (sono costretto a ripetere l' argomentazione: nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita -sentita- si può sapere con certezza: non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE; e questo vale pari pari anche per il fantascientifico "uomo artificiale").
Sinceramente non credo di appartenere al positivismo acritico. Peraltro è proprio il positivismo acritico che evita di rispondere a domande sulla base di alcuni principi, io ne sono veramente lontano.
Il tuo esempio sugli zombie è assolutamente pertinente e anzi, da questo punto di vista ti direi proprio che siamo tutti zombie. Però lo stesso Hume, padre dello scetticismo sosteneva di non poter arrivare a dimostrare l'esistenza della realtà ma contemporaneamente anche di credere nella stessa esistenza della realtà. Se stai leggendo questo mio post puoi credere di leggerlo nella tua mente ma ti assicuro che non sono nella tua mente. Comunque se vuoi, puoi continuare a credere che io sia lì, la cosa non mi disturba affatto.

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Mentre alla ben diversa domanda (tecnica) sulla possibilità di realizzare artificialmente un meccanismo in grado di comportarsi esattamemnte come un uomo (il cui comportamento fosse indistinguibile da quello di un uomo) ho già dato una chiarissima, inequivocabile risposta (che ripeto):

In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.
A questa frase potrei rispondere esattamente come ho risposta 10 minuti fa a Loris.
Attenzione che non si può nello stesso discorso dire "il linea teorica, di principio si può" ma "di fatto non succederà e non si giungerà mai", è una frase contradditoria e dalla contraddizione si può arrivare ad affermare qualunque cosa. Peraltro perché evidenziare il DI FATTO e il SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO? Boh!

#141
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 09:45:32 AM
Anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile, in un futuro più o meno lontano, costruire delle macchine in grado di agire in modo tale da risultare indistinguibili da un essere umano.
Detto questo, sarà comunque impossibile accertare se quelle macchine siano effettivamente autocoscienti: potrebbero semplicemente simulare di esserlo, potrebbero simulare libero arbitrio pur essendo condizionate da algoritmi estremamente complessi. Peraltro, il libero arbitrio presente negli stessi esseri umani è, sappiamo bene, limitatissimo (c'è chi dice nullo: io dico molto limitato).
In ogni caso, per come la vedo io, la vita è una discesa dello Spirito nella Materia, della Coscienza in un Corpo, dell'Informale in una Forma. Non il contrario. Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo, ma è la coscienza a costruirsi un corpo (anzi, vari corpi, "uno dentro all'altro", per così dire) per fare esperienze ed evolvere. Vera e divertente la metafora della tetta suggerita da Sariputra.

C'è un aspetto del tuo discorso che non capisco.
Mi pare che tu sia dell'opinione che se si generasse una macchina in grado di comportarsi come un uomo, questo tu lo vedresti come, parafrasando in direzione opposta la frase che ho evidenziato, una "salita della materia verso lo spirito", cosa che ritieni impossibile, aggiungi infatti che "Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo".
Questo implica che la tua prima frase è un travisamento del mio pensiero, parti dicendo "anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile" ma in realtà ti riferisci a qualcosa di diverso da quello che vedo io.
Se creo una macchina in grado di comportarsi in tutto e per tutto come un uomo, io intendo che questa macchina si comporta in tutto e per tutto come un uomo.
Il significato del "tutto e per tutto" non può essere ambigua. Implica tutte le funzioni dell'uomo, comprese le più astratte di creazione artistica, di razionalizzazione degli eventi (fenomeni esterni) alla macchina. Questo tutto e per tutto dovrà includere anche le funzioni di riproduzione, di crescita del materiale organico e della difesa della specie. Certo quest'ultima potrebbe diventare un serio problema per la nostra specie se la macchina che riproduce tutti i comportamenti di un uomo dovesse sentirsi appartenente ad una specie diversa.
Questo significa il "tutto e per tutto", non il riproduce esteriormente le funzioni di uomo.
Il senso del mio post iniziale è anche quello di inquadrare razionalmente il concetto del "tutto maggiore dell'insieme delle parti" perché una macchina di questo tipo è proprio un "insieme" maggiore della somma delle sue parti.

#142
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 08:07:48 AM

RISPONDO:

A questa domanda non si può rispondere per il semplice fatto che nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita (sentita) si può sapere con certezza (non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE).

Secondo me IN LINEA TEORICA, DI PRINCIPIO non é impossibile costruire un congegno artificiale che si comporta esattamemnte come un uomo (un "perfetto robot" o "perfetto uomo artificiale") dal momento che le leggi di natura sono sempre le stesse e valgono per il "naturale" quanto per l' "artiìficiale".

Stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

Non esistono domande alle quale non si può rispondere per principio e infatti anche tu parli di non impossibilità in linea teorica e di principio. Pensi che 300 anni fa qualcuno avrebbe risposto positivamente alle domande:
Pensi che l'uomo riuscirà a volare? A navigare sotti i mari? Andremo sulla luna? Illumineremo le nostre notti con luce costante ed artificiale? Ci muoveremo in scatole chiamate automobili che ci permetteranno di andare da Milano a Bologna in due ore? Altre macchine su strade di ferro correranno velocissime da città a città? Scriveremo cose che viaggeranno appena scritte dall'altra parte del mondo?
Il punto è proprio quello legato alla possibilità o impossibilità teorica basata su riflessioni coerenti. Esiste una qualità umana non riproducibile neppure teoricamente in una macchina creata dall'uomo usando materiali inermi? Di fronte a questo possiamo solo schierarci tra chi pensa di si e chi pensa di no? L'unica strada è quella fattuale, ovvero per chi pensa di si lavorare in quella direzione e dimostrare creando?
Esiste anche la possibile negazione teorica, basata sul principio di non contraddizione, di sapore Popperiano?
#143
Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 00:41:14 AM
L'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli  che mi danno soddisfazione?  Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente? <CUT>

Questa correlazione tra io-sono e linguaggio è estremamente falsa.
Esiste una fase pre-linguaggio in ognuno di noi, è per esempio esistita quando da bambini incapaci ancora di parlare abbiamo cominciato a riconoscere noi stessi davanti ad uno specchio. Ma anche quando abbiamo cominciato a sondare ciò che ci stava attorno attraverso i sensi. La consapevolezza di sé arriva PRIMA del linguaggio.
Peraltro anche quando dobbiamo formulare un'idea, una sensazione, un'opinione non sempre questa è già definita nel linguaggio anzi probabilmente mai lo è, viene prima un impatto immediato che poi solo in seguito 'vestiamo' attraverso il linguaggio. Prima viene la nostra natura animale e poi la nostra natura sviluppata nel logos.
Questa cosa diventa evidente quando si parla di Arte come costruzione di linguaggio, l'Artista prima rappresenta in sé e nelle proprie opere osservazioni sulla realtà o sulla propria esperienza di realtà e poi costruisce su questo un linguaggio artistico.
#144
Scienza e Tecnologia / Re:Introduzione alla sezione
08 Maggio 2016, 23:49:28 PM
Citazione di: cvc il 08 Maggio 2016, 08:45:09 AM
Il problema credo sia nella mitizzazione del fenomeno tecnico-scientifico cui stiamo assistendo. La filosofia nacque proprio per demitizzare l'antica cultura greca con la forza del logos. In questo caso il discorso è più difficile (cito Reale), in quanto il mito della tecnica è figlio di quello stesso logos che rappresenta lo spirito demitizzante filosofico.  Non è tanto importante quanto la scienza progredisca ma piuttosto l'idea che essa sia il fine ultimo dell'umanità.  La scienza messa al centro della nostra vita diventa un meccanismo che si autoalimenta e nel quale il ruolo dell'uomo aspira ad essere sempre più marginale. Dovremmo domandarci perché stiamo permettendo questo, cosa ci spinge a mettere la tecnica al centro del nostro mondo al posto dell'uomo. Gli antichi greci disprezzavano la tecnica a scapito dell'attività speculativa disinteressata. A forza di inseguire l'utile abbiamo disimparato a ragionare per il puro piacere di ragionare. Il mito dell'utile, incarnato alla perfezione dalla scienza e dalla tecnica, si è impossessato del nostro inconscio e ci guida sempre di più. Demitizzarlo dovrebbe essere la nuova sfida della filosofia.

La tecnica sta sostituendo le forme di rimedio tradizionali. Il terrore dell'ignoto del futuro umano (di ogni uomo ma anche dell'umanità) viene mitigato oggi meglio e più convintamente dalla scienza (medicina, tecnologia) che non dalla religione. L'uomo intravede la possibilità di vincere la vecchiaia e la morte grazie al potente sviluppo del controllo degli accadimenti basato sui modelli positivi della scienza. Le mitologie su ciò che avverrebbe dopo la morte (rinascita, giorno del giudizio, nuova vita) vengono piano piano sostituite dall'idea che la vita possa proseguire per molti e molti anni, magari sostituendo parti del corpo. Si intravede l'idea che in un futuro non lontano si possa comprendere e invertire il processo di invecchiamento delle cellule. Si insinua persino l'idea che si possa, in qualche futuro a venire, 'salvare' la nostra mente sul silicio.
 
#145
Citazione di: fly il 08 Maggio 2016, 21:41:35 PM
Salve a tutti sono nuova del forum. Sono stata attratta dal post introduttivo della sezione... Sono di professione una ricercatrice (laureata in scienze naturali) e ormai da alcuni anni mi occupo di conciliare "scienza" e "percezione". In particolare mi occupo di "classificazione" di tutto ciò che si trova in natura da singoli organismi (piante, animali, etc... apparentemente unità chiare) a tipi di vegetazione, ecosistemi, habitat, unità di paesaggio (unità decisamente più astratte).

Quella della "classificazione" è una scienza che parte dall'esigenze pratiche dell'uomo e comunicative. E' importante che ogni "oggetto" (inteso anche come individuo, organismo o sistema) utilizzabile venga distinto e gli venga assegnato un nome inequivocabile. Ogni tipo di classificazione a tutt'oggi si basa sempre più sulla tecnologia e sulla statistica. Ad es. oggi attraverso le sequenze di DNA e la valutazione del grado di similitudine o distanza di queste sequenze è possibile distinguere specie differenti. Tuttavia uno dei problemi scientifici più attuali è che "la scienza della classificazione" si sta progressivamente allontanando da quello che è il percettibile umano e così la funzionalità pratica della classificazione sfuma nella completa alienazione, con migliaglia di nomi pubblicati in riviste e libri scientifici assegnati ad "oggetti inidentificabili" dai sensi umani.

Vi faccio un esempio sciocco che una volta feci ad un mio amico in un pub: "Immaginate due bicchieri identici uno con della birra senza schiuma e uno con del whisky in stessa quantità e di non sapere di cosa si tratti. Chiedono cosa c'è nei due bicchieri a divese persone. La prima non sapendo cosa sono i liquidi non li assaggia e basandosi sul colore, senza toccarli dice che sono la stessa cosa; la seconsa anche non li assaggia ma muove il bicchiere con la birra e vede che si forma della schiuma e nell'alto bicchiere no, capisce che i due liquidi sono dicersi e secondo la sua esperienza dice afferma che uno sicuramente è birra, l'atro non sa; il terzo odora i due liquidi e in base alla sua esperienza risponde che i due liquidi sono diversi e uno è birra e l'altro whisky; il quarto assaggia i liquidi e con certezza risponde che uno è birra e l'altro whisky; un quinto li assaggia e dice che uno è sicurametne birra ma non conosce l'altro liquido (non ha mai assaggiato il whisky). Come vedete persone diverse, sensi divesi, esperienze diverse possono dare risultati diversi. Bene qualcosa di simile avviene per la classificazione a tutti i livelli delle cose naturali nel mondo, persone diverse, nazioni divese usano classificazioni parzialmente diverse per gli stessi oggetti.

Il mio obiettivo è trovare il giusto compromesso tra percettibile (accettabile dalla maggior parte della gente) e misurbile per non perdere l'utilità della classificazione. Vorrei sapere cosa ne pensate di questo argomento?

Forse in qualche misura entra anche in gioco la corsa alla pubblicazione? I ricercatori vengono misurati sul numero di pubblicazioni e non vorrei che un certo quantitativo di tutto ciò sia superfluo.

#146
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?
#147
Citazione di: sgiombo il 05 Maggio 2016, 15:12:48 PM
Citazione di: HollyFabius il 05 Maggio 2016, 09:12:59 AMNoumeno, inconscibilità, immediato sensibile queste sono le parole chiave.
La nostra sensibilità è la porta di accesso alla trasformazione del noumeno verso il fenomenico. La conoscenza (prima intuitiva, poi razionalizzante, poi razionalizzata) è l'atto di trasformazione del noumeno in fenomeno.
Questa evoluzione è in atto, lo constatiamo nella trasformazione della nostra realtà fenomenica che aggiunge entità oggettuali dove prima mancavano.
Portatrice di questo cambiamento è la spinta del mondo della Tecnica, e avanguardie di queste nuove rappresentazioni sono gli scienziati e gli artisti.
Ma questo cambiamento si può supporre non limitato al logos condiviso, alla conoscenza immateriale che cresce; si può supporre che nel trascorrere del tempo, delle generazioni, cambi anche il nostro corpo, aggiungendo forza all'apparato sensibile. L'uomo di oggi è diverso dall'uomo di mille anni fa e sarà ancora diverso tra mille anni.
Come verrà trasformato il nostro corpo dopo decine di generazioni che vivano nello spazio privo di gravità?
Certo per alcuni, e forse anche per me, può esistere (e la cosa appare anche naturale, comprensibile e spiegabile) un limite alla possibile trasformazione del noumeno in fenomeno. Siamo corpo con limiti temporali, invecchiamo e dobbiamo alimentarci per sopravvivere, i nostri sensi porta del fenomeno potranno lentamente trasformarsi ma non sappiamo e difficilmente sapremo quanti altri sensi siano possibili in natura.
Rispetto al passato, rispetto ai pensatori greci e anche solo ai grandi pensatori del '700 e '800 noi conosciamo un mondo conoscitivo condiviso che travalica il singolo uomo, che ha sede altrove rispetto all'uomo e altrove rispetto al logos del libro, possiamo intravede delle potenzialità che erano oltre il confine cognitivo di questi pensatori.


Rispondo:

Ma se per "fenomeno" si intende l' apparire di ciò che è sensibile, cosciente e per "noumeno" si intende "ciò che è in sé, senza apparire alla coscienza" non vedo come sia possibile, che senso possa vere una "trasformazione del noumeno in fenomeno": più che di trasformazione (cambiamento di "forma" di un' unica entità) si tratterebbe di una negazione (il cessare di esistere) di una determinata entità e affermazione (l' iniziare ad esistere) di una determinata altra completamente diversa entità.

Se per conoscenza si intende "predicazione vera, cioè conforme alla realtà", allora, potendo essa accadere unicamente nell' ambito di un' esperienza cosciente (si tratta delle sensazioni interiori o mentali di pensieri, di predicati per l' appunto), potrà accadere unicamente di fenomeni, sensazioni coscienti e non di cose in sé o noumeno.
Se vedo il Cervino e penso "vedo il Cervino", allora per definizione ho una conoscenza (del fatto di vedere il Cervino); ma lo stesso non posso dire del noumeno.
Quest' ultimo lo si può unicamente pensare come un concetto "oscuro" (quasi letteralmente: non visibile, né altrimenti sensibile, non apparente alla coscienza), si può dirne che unicamente esiste o che non esiste opoco più, magari allusivamente o metaforicamente); e se si dice che esiste (oppure che non esiste) non si può per definizione verificare, constatare (in ultima analisi percepire sensibilmente, coscientemente) la verità o meno di questa affermazione, in quanto ciò che si può percepire sensibilmente, coscientemente non è noumeno ma fenomeno.

Infatti I cambiamenti che la tecnica rende possibili sono cambiamenti nell' insieme dei fenomeni, tant' é vro che si constatano (= "appaiono" ai sensi, alla coscienza).



Ho scritto sopra che esistono due possibili interpretazioni di fenomeno e noumeno, in quella kantiana è effettivamente come scrivi tu il noumeno rimane inaccessibile ai sensi e alla ragione. La seconda è quella di Schopenhauer dove il noumeno non è inaccessibile.  Io penso sia corretta l'interpretazione di S.
#148
Citazione di: cvc il 05 Maggio 2016, 09:02:35 AM
Citazione di: HollyFabius il 04 Maggio 2016, 23:47:58 PM
Il noumeno di Schopenhauer è espresso dalla volontà a cui si accede attraverso i sensi. Per Kant il noumeno è oggetto di intuizione non sensibile e resta, nella sua essenza, inconoscibile.
Penso ci sia differenza fra esperire e conoscere. Vivere non significa conoscere la vita, infatti si commettono spesso gli stessi errori. La conoscenza sensoriale per essere tale deve essere consapevole. Nella differenza fra conoscenza concettuale ed esperienziale  troverebbe collocazione una riflessione sull'intellettualismo socratico, alla base del quale credo ci sia un fraintendimento.

La differenza tra Schopenhauer e Kant credo che sia proprio nell'ordine tra esperire e conoscere. Per Kant viene prima il conoscere e poi l'esperire, per Schopenhauer prima l'esperire e poi il conoscere.
Io penso che abbia ragione Schopenhauer, si può vivere anche senza darsi rappresentazioni e modelli cognitivi, fai prima esperienza diretta ed immediata della realtà, poi se ne hai capacità di razionalizzare aumenti la tua conoscenza, e questo vale non solo per l'uomo ma per ogni essere che vive. Vivi, vivendo esperisci, ricordando (e per l'uomo razionalizzando) conosci. Nel caso dell'uomo la conoscenza viene pure condivisa socialmente.

#149
Citazione di: sgiombo il 05 Maggio 2016, 08:07:59 AM
Non credo sia necessario ammettere che oltre gli immediati dati sensibili (fenomenici) dell' esperienza sia reale qualcosaltro: la realtà potrebbe benissimo anche limitarsi ad essi (ma ciò non toglie che lo credo di fatto, per fede; solo che il mio razionalismo mi impone di essere consapevole dell' indimostrabilità, dell' arbitrarietà delle mie credenze che eccedono l' esisteza dei soli dati fenomenici o sensibili di coscienza di cui é immediatamente evidente l' accadere).
Dunque "un esperienza che non e' di niente e di nessuno, o se si preferisce, una sorta di coscienza primaria senza l'io e quindi senza l'uomo" potrebbe essere tutto ciò che é reale, che costituisce la realtà.
Credere all' esistenza di se stessi (ammettere la realtà dell' autocoscienza) e di altri si può indimostrabilmente, per fede, ma non necessariamente per cogenza logica (e sono anche convinto si debba di fatto se si é psichicamente sani).
Citazione di: cvc il 05 Maggio 2016, 08:25:24 AM
 Non si può quadrare il cerchio, e non si può conoscere il noumeno. Ma ciò non significa che ciononostante non si possa progredire spiritualmente. Socrate docet. Il quale fra l'altro usò il concetto non tanto come prova di possesso di una conoscenza superiore ma, piuttosto, per smontare le pretese dell'umana sapienza
Noumeno, inconscibilità, immediato sensibile queste sono le parole chiave.
La nostra sensibilità è la porta di accesso alla trasformazione del noumeno verso il fenomenico. La conoscenza (prima intuitiva, poi razionalizzante, poi razionalizzata) è l'atto di trasformazione del noumeno in fenomeno.
Questa evoluzione è in atto, lo constatiamo nella trasformazione della nostra realtà fenomenica che aggiunge entità oggettuali dove prima mancavano.
Portatrice di questo cambiamento è la spinta del mondo della Tecnica, e avanguardie di queste nuove rappresentazioni sono gli scienziati e gli artisti.
Ma questo cambiamento si può supporre non limitato al logos condiviso, alla conoscenza immateriale che cresce; si può supporre che nel trascorrere del tempo, delle generazioni, cambi anche il nostro corpo, aggiungendo forza all'apparato sensibile. L'uomo di oggi è diverso dall'uomo di mille anni fa e sarà ancora diverso tra mille anni.
Come verrà trasformato il nostro corpo dopo decine di generazioni che vivano nello spazio privo di gravità?
Certo per alcuni, e forse anche per me, può esistere (e la cosa appare anche naturale, comprensibile e spiegabile) un limite alla possibile trasformazione del noumeno in fenomeno. Siamo corpo con limiti temporali, invecchiamo e dobbiamo alimentarci per sopravvivere, i nostri sensi porta del fenomeno potranno lentamente trasformarsi ma non sappiamo e difficilmente sapremo quanti altri sensi siano possibili in natura.
Rispetto al passato, rispetto ai pensatori greci e anche solo ai grandi pensatori del '700 e '800 noi conosciamo un mondo conoscitivo condiviso che travalica il singolo uomo, che ha sede altrove rispetto all'uomo e altrove rispetto al logos del libro, possiamo intravede delle potenzialità che erano oltre il confine cognitivo di questi pensatori.
#150
Non so se in passato ne avete già parlato, ma non esiste un'unica accezione per il noumeno.
Mettendo a confronto le due che conosco, quella di Kant e quella di Schopenhauer mi sento più vicino a quest'ultimo.
In Kant il noumeno rappresenta un limite invalicabile, in Schopenhauer questo limite può venire valicato. Il noumeno di Schopenhauer è espresso dalla volontà a cui si accede attraverso i sensi. Per Kant il noumeno è oggetto di intuizione non sensibile e resta, nella sua essenza, inconoscibile.