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Messaggi - iano

#1366
Citazione di: Visechi il 09 Settembre 2024, 19:32:00 PMLa storia non la costruisce il singolo eroe, è costruzione umana intesa come massa
L'eroe è una necessità narrativa. Una semplificazione.
Diversamente come è possibile raccontare la storia di una massa ?
Il rischio è che poi qualcuno creda davvero che a fare la storia siano gli eroi, assimilando la narrazione a ciò che viene narrato.
#1367
@ Visechi.
Tu scrivi:
''Allo stesso modo tu (intendi nessuno) puoi aver contezza di un qualcosa privo di narrazione. Ciò perché la storia è relazione. ''

Sono d'accordo, e mi sembra sia un paradigma che tu applichi alla storia, ma che possieda una potenziale validità generale.
In effetti già la percezione di un evento è una narrazione ''istantanea'' della realtà che si produce nella nostra relazione con essa.
La narrazione storica è poi di livello superiore, in quanto mette in relazione fra loro gli eventi, prendendoci nel farlo il tempo che ci vuole, non dipendendo da ciò relativamente la nostra sopravvivenza.
In un caso o nell'altro si tratta di ridurre la complessità del reale al fine di governarlo, per potervi agire, laddove la semplificazione, necessariamente introdotta, genera una ''falsità'' funzionale a vari livelli, che meglio appare man mano che si sale di livello.
Man mano che si scende invece di livello, venendo meno la coscienza della relazione ,  si prova perciò la sensazione di un rapporto diretto con la realtà, senza un racconto che vi medi, laddove la realtà ci appare per quel che è, senza che ci stiamo a ''raccontare storie''.
In altri termini la storia è una fase che si pone a un livello superiore nel processo di percezione della realtà, espandendone la durata.
#1368
Citazione di: Visechi il 07 Settembre 2024, 22:13:03 PMIl caso è ignoranza.
Quindi sostituendo nella tua seguente frase
 ''l concetti di caso e di necessità, comunemente considerati come antitetici, sono alla base della nostra idea di libertà''
otteniamo la nuova frase
'' I concetti di ignoranza e di necessità, comunemente considerati antitetici......''
Che però è falsa.
#1369
Varie / Re: Rastislav e l'enigma delle 20 monete
07 Settembre 2024, 16:41:34 PM
Di cosa sia una formazione ci hai dato un esempio che non vale la sua definizione.
#1370
Citazione di: Alberto Knox il 07 Settembre 2024, 10:20:31 AMpenso sia giusto quello dici . Il fatto è che quando le osservazioni non coicidono con le teorie è un problema. Sempre da wiki riporto l esempio citato ; Ad esempio la scoperta di Nettuno, a metà Ottocento, avvenne grazie all'osservazione che l'orbita di Urano risultava non rispettare perfettamente le leggi di Newton. Un approccio rigorosamente falsificazionista avrebbe dovuto condurre all'abbandono della meccanica classica; ma le leggi di Newton non erano le sole ipotesi con cui si osservava il fenomeno, un'altra implicita ipotesi era che Urano fosse il pianeta più esterno del sistema solare. Ed era quest'ultima ipotesi che risultava falsificata dall'osservazione: le anomalie nelle orbite di Urano erano dovute agli effetti gravitazionali del più esterno Nettuno, successivamente osservato.




Si, ho capito bene.
Però l'ipotesi che Urano fosse il pianeta più esterno del sistema solare, non era forse allora espressa nel modo chiaro in cui tu la esprimi col senno di poi.
Penso che l'ipotesi nascosta, non in chiaro, fosse che esistesse solo ciò che potevamo osservare.
Se la mia interpretazione è corretta, quello che dovremmo fare è non cadere nello stesso errore, che è quello di continuare a non considerare che le teorie scientifiche possano basarsi su ipotesi nascoste, oltre a quelle in chiaro.
Inoltre io sospetto che queste ipotesi nascoste siano la fonte delle nostre evidenze, e che sia da queste evidenze che si sia tratta l'idea dell'essere come cosa in sè, di cui cioè non occorre dire altro stante la sua evidenza, e che gran parte della filosofia continui a basarsi su questo ''malinteso''.
#1371
Varie / Re: Rastislav e l'enigma del 5 e del 15
07 Settembre 2024, 11:58:05 AM
Citazione di: Eutidemo il 07 Settembre 2024, 10:37:20 AM:D APPUNTO! :D
Io però una definizione l'ho data, sono quei numeri che sono definiti dall'essere una soluzione dell'enigma di Eutidemo.
Il fatto è che abbiamo idee diverse sui numeri, e io comprendo bene le tue, perchè erano le mie, e tu non comprendi le mie, che corrispondono all'evoluzione dell'idea di numero.
Immagino che per te sia impensabile che il concetto di numero possa evolversi, derivando le tue idee dall'intuito che hai di numero, e l'intuito non sembra cosa che sottostia all'evoluzione.
Se per me numero una volta era una quantità, adesso non lo è più, pur essendo che con le quantità abbia ancora a che fare.
E' un insieme di simboli su cui si effettuano operazioni secondo precise regole.
Questo sistema di simboli e regole, non avendo un significato, può prestarsi ad assumerne diversi, e uno di questi è quello di quantità.
Nel primitivo concetto di numero è intervenuta cioè una generalizzazione laddove il concetto primitivo si è ridotto a caso particolare.
Ciò ha reso più potente il concetto, ma in cambio si è dovuto rinunciare all'intuito.

La maggior potenza sta nel fatto che possiamo applicare il sistema a situazioni reali indipendentemente da quanto le intuiamo.
Possiamo ad esempio applicarlo alla meccanica quantistica che sfugge al nostro intuito, ma non perciò manca di utilità.
Oppure abbiamo potuto applicare le non intuitive geometrie non euclidee all'astrusa idea di spazio tempo di Einstein, che continua a restare astrusa ma comunque funziona.
E ultimo, ma non ultimo, abbiamo potuto delegare il far matematica ai computer, che di intuito non ne hanno.
Non che questo fosse il programma, ma è successo che siamo riusciti a dimostrare certi teoremi matematici solo con l'aiuto dei computer, che perciò abbiamo accettato obtorto collo e una volta accettatolo in un caso, accettare ciò è divenuto parte del sistema.

Perchè in fondo qual era la ratio del tuo enigma se non che noi avremmo inteso per numeri quelli naturali, e non quei relativamente ''più astrusi'' numeri decimali, benché tu ce ne avessi dato libertà?
I matematici questa libertà se la sono presa da soli superando i limiti che l'intuito gli poneva, e che tu intendevi noi ci saremmo dovuti porre, siccome che tu te li poni...e siccome tu te li poni non concepisci che atri abbiano potuto superarli.

Per mia esperienza lo studio della matematica non è in sè cosa complessa, ma si rivela un ostacolo spesso insormontabile dover rinunciare al proprio intuito, e per me questa è stata in effetti una difficoltà, motivo per cui matematico non lo sono diventato.
Conosco bene però il tipo di difficoltà per cui la riconosco facilmente quando vedo altri dibattervisi.
#1372
Citazione di: Alberto Knox il 07 Settembre 2024, 09:59:13 AMesatto, di tutta una serie di teorie collegate fra di loro che ne fanno un gruppo . Qual'è dunque il problema?
Duhem scrive ; «Un esperimento di fisica non può mai condannare un'ipotesi isolata, ma soltanto un insieme teorico.
 il fisico non può mai sottoporre al controllo dell'esperienza un'ipotesi isolata, ma soltanto tutto un insieme di ipotesi. Quando l'esperienza è in disaccordo con le sue previsioni, essa gli insegna che almeno una delle ipotesi costituenti l'insieme è inaccettabile e deve essere modificata, ma non gli indica quale dovrà essere cambiata»

poiché ogni modello teorico (ad esempio, la meccanica newtoniana, o l'elettromagnetismo) costruito per spiegare una serie di fenomeni è costituito da una moltitudine di ipotesi tra loro interconnesse, un'eventuale falsificazione del modello alla luce dei dati sperimentali non chiarisce di per sé stessa l'ambiguità riguardo a quale (o quali) delle tante ipotesi è falsa. In questo modo la tesi di Quine-Duhem è spesso interpretata come una critica alla teoria falsificazionista di Karl Popper.

ho riportato questo perchè spiega bene il motivo del mio intervento. Cioè se faccio un esperimento e l'osservazioni non collimano con le teorie , non posso sapere quale delle tante teorie interconnesse al nucleo centrale della teoria deve essere modificata o se è la teoria centrale sbagliata o lo strumento usato o il procedimento dell esperimento, o è da rivedere la lettura dei dati empirici e così via.
Però mi riesce difficile concordare con ciò.
Ci vorrebbe un esempio.
Mi pare che quando una teoria venga messa in crisi, nessuna ipotesi si salva, meno eventualmente quelle nascoste.
L'insieme delle ipotesi mi sembrano più un castello di carte, ne togli una e cadono tutte.
Ma più che sbagliate le ipotesi sono rese inadeguate dall'accumulo di nuovi fatti.
Cioè non è che individuando l'ipotesi inadeguata riesco a salvare le altre nella misura in cui sono coerenti fra loro.
Inoltre se in una teoria matematica cambio una sola ipotesi, la teoria non cambia in proporzione, perchè si tratta di una teoria completamente diversa.
Basta cambiare un ipotesi e cambia tutto.
#1373
Citazione di: Ipazia il 07 Settembre 2024, 07:18:16 AMLa storia della scienza rintrona di pre-giudizi che abitano a due passi dall'ideologia.
E aggiungerei anche a un passo dal pensiero magico.
Se non si considera questa contiguità penso che la comprensione del processo scientifico non possa dirsi completa.
Da cosa avremmo tratto sennò l'idea che la realtà possa obbedire a formule scritte, se pur non basti per ciò pronunciarle?
Il mio però non è un invito a tornare al pensiero magico, ma tutto il contrario.
Infatti equivale ad un avvertimento: ''Attenzione, il pensiero magico è ancora fra noi !'' e non ha aiutato la sua eradicazione occultare gli scritti esoterici di Newton.
Se si raccontasse la storia in modo disinteressato, non ''pro accademia sua'', dovremmo dire che Newton è l'anello di congiunzione fra scienza e magia.
Infatti solo su uno che credeva nella magia un mela in testa poteva avere tanto effetto. :))
#1374
Tematiche Spirituali / Re: Teologia LGBTQ+
07 Settembre 2024, 07:18:57 AM
Citazione di: Duc in altum! il 03 Settembre 2024, 18:26:25 PMNon ti scervellare con i presbiteri che esorcizzano senza averne il ministero.

Era un esorcista come poi ho saputo.
Era il mio professore di religione, che dopo quell'episodio non si è più presentato, e non è stato sostituito da altro.
Fine dell'ora di religione.
Credo sia inevitabile che ciò cui crediamo in buona fede possa nuocere agli altri, e ancor più può nuocerci colui la cui fede non conosciamo, perchè conoscendola  possiamo aspettarcene le conseguenze, evitandole.
Ma quando quella fede pervade direttamente o indirettamente le istituzioni sociali non si può evitare il conflitto, se non accettando di autoisolarci, prima di essere isolati.
Ma chi ha cara la propria libertà di pensiero sopra ogni cosa a ciò deve prepararsi, e io lo ero e ancora lo sono, perchè praticarla è ciò che mi fà sentire uomo, al di la di ogni sua possibile definizione.
#1375
Citazione di: Alberto Knox il 07 Settembre 2024, 00:46:57 AMil primo contributo di approfondimento , a partire da kuhn e Popper,  è che  non c'è mai un ossevazione pura , non c'è mai un osservazione dei fatti separati dalle teorie
Di fatto l'osservatore è assimilabile alle sue teorie, e si evolve modificandole.
Cioè ogni teoria equivale a un pregiudizio osservativo.
Sicuramente ciò è vero quando viene approntato un esperimento in laboratorio, perchè lo si costruisce sulla base di teorie note.
Il dubbio rimane sulla percezione naturale.
Vale anche per essa se sottosta a teorie ignote che agiscono pregiudizialmente in automatico, come in effetti io penso che sia.
Teorie che più che ignote potrebbero essere state ignorate fino ad essere dimenticate, ma non perciò rese inattive.
E' come quando impropriamente si dice che una volta che ''hai imparato ad andare in biciclette non lo dimentichi  più''.
Impropriamente perchè quando vai in bicicletta, consulti le istruzioni solo all'inizio, dopodiché di fatto le disimpari, cioè non ce le hai sempre presenti a te, ma ci vai e basta.
Se le tenessi sempre presenti rinnoveresti continuamente la fatica che hai fatto ad imparare.
Succede così anche agli scienziati?
Credo che in parte sia così, e anzi ciò viene perseguito coscientemente quando deleghi un computer a pedalare per te.





#1376
Citazione di: Visechi il 06 Settembre 2024, 20:20:32 PMImbocco per 'caso' una strada sconosciuta di una città sconosciuta, in un'ora insolita e in quel momento un pezzo di cornicione mi cade in testa... per caso o razionalmente?
Quindi non chiedi il risarcimento al proprietario del palazzo per mancata manutenzione?
Il problema della casualità è che possiamo affermarla ma non falsificarla, cioè è a tutti gli effetti una assunzione metafisica e neanche  necessaria. Basta dire infatti che non conoscendo le cause non possiamo prevedere gli effetti, restando dentro al determinismo, e non è che io ci tenga particolarmente a restarci dentro, ma per uscirne fuori non basta il tuo esempio.
Non sto dicendo che fare assunzioni metafisiche sia cosa del tutto aliena al processo razionale, ma che non è razionale fare assunzioni metafisiche non necessarie.
#1377
Citazione di: Visechi il 06 Settembre 2024, 11:26:14 AMCosì il caso agisce liberamente e senza alcuna regola
Hai delle teorie predeterminate oppure sono solo un motivo come un altro per dialogare?

Se vogliamo usare razionalità, come dici, del puro caso non dovremmo neanche parlare, se non intendendo ciò che pur essendo soggetto a regole non possiamo determinare, non facendo dei nostri limiti ''un caso''.
Per contro, una realtà che obbedisca a regole, obbedisce a qualcosa che essendo fuori di sè la governa, il che equivale ad un Dio che fatte le regole non sia più intervenuto, ma che un Dio rimane.
Se necessario questo Dio lo assumeremo pure, ma è davvero necessario, o è sufficiente appellarsi ad una coerenza tutta interna alla realtà, che perciò si presta ad essere determinata?
Se le cose stanno così diremo la realtà determinata solo nella misura in cui riusciamo a determinarla, e diversamente casuale?
Ovviamente no.
C'è una determinabilità potenziale, la cui possibilità riposa sull'intrinseca coerenza della realtà , e che non si esplica  in una sola forma.
Nella misura in cui ne conosciamo una sola forma siamo scusati se abbiamo scambiato la coerenza della realtà, da cui deriva la sua determinabilità, con l'essere determinata.
La realtà appare determinata a chi la indaghi, ma la forma di determinismo che se ne ricava dipende da chi la interroga, nei limiti delle domande che è in grado di porre.
La realtà cioè risponde a tono a chi la interroga, anche se siamo portati a credere che la natura risponda anche quando non venga interrogata, come quando aprendo gli occhi essa ci appare.
La scienza ci suggerisce però che questa sia solo una delle possibili apparenze, proponendocene di alternative,c he però non appaiono più aprendo gli occhi, non riuscendo in pochi secoli ad eguagliare i risultati di miliardi di anni di evoluzione quanto meno nella forma, mentre per quanto riguarda la sostanza è messa molto meglio, per quanto abbia ancora tanto di imparare.
#1378
Citazione di: Visechi il 05 Settembre 2024, 21:59:00 PMNon credo nel fatalismo, tantomeno nel determinismo
Fatalista è colui che crede che tutto sia stato già predeterminato, nel qual caso le due cose si compenetrano bene, senza doverle forzare.
Se invece con fatalismo intendevi casualità non si compenetrano, a meno che non attengano alla realtà, ma alle descrizioni che ne facciamo, e in quanto descrizioni non hanno difficoltà a convivere, finché non assimiliamo di fatto le descrizioni alla realtà.
Della storia umana le parti più interessanti sono quelle che ripetendosi possiamo astrarre, quelle per cui  si dice ad esempio che non impariamo nulla dalla storia, ma che ci dicono molto sulla nostra natura profonda, alla quale possiamo eventualmente rimediare se c'è la volontà di prenderne coscienza, e se a ciò non ostasse il fatto che tendiamo a considerare centrale il tempo che viviamo, per cui ciò che accade a noi profuma sempre di novità.
Ciò è vero solo in parte, nel senso che nuovo è l'uomo a cui le solite cose accadono, motivo per cui col susseguirsi delle generazioni diviene più difficile immedesimarsi nelle ragioni che motivano gli avvenimenti passati, e forse a questo sforzo di immedesimazione più si prestano i filosofi, e anzi a volte ci riescono così bene che sembra per contro abbiano difficoltà a immedesimarsi col tempo che vivono.
In effetti certi filosofi mi sembrano repliche credibili di uomini che più non ci sono, probabilmente perchè nello sforzo di immedesimarsi nel loro pensiero, finiscono per aderirvi,  perchè se anche il loro pensiero non è più attuale, nel senso di poco aderente alle nuove descrizioni della realtà, intatto è rimasto il loro carisma.
#1379
Citazione di: Ipazia il 04 Settembre 2024, 06:45:09 AMSe le tue dita non fossero
Lame affilate in cerca
Di una preda in più
E delle vigne a un passo dai sentieri dell'amore
cosa ci dici?
Se pur non cogliendo l'amore,
rubando i grappoli d'uva,
lo avresti  assaporato,
perchè  l'amore
come l'uva passa.
#1380
Se assumiamo che vi sia un osservatore ed un osservato, già così siamo al riparo dal nichilismo, perchè non è nichilistico fare e disfare ciò che dal loro rapporto nasce e muore, sancendo con ciò che il loro rapporto, in quanto tale, non è statico, ma dinamico.
Se partiamo dal fatto che l'osservatore conosce solo il prodotto del suddetto rapporto, ma non direttamente ciò che è realtà, compreso se stesso, si può gridare al nichilismo solo se si è confuso quel  prodotto con la realtà, potendone ampiamente essere scusati per ciò.
Che l'osservatore possa avere un rapporto diretto con l'osservato equivale a negare la separazione della realtà che li ha generati, o che non li ha generati, se sempre sono stati.
Dell'unico vero essere, noi compresi, non possiamo fare esperienza diretta, ma possiamo osservare solo ciò che la relazione genera, la cui natura non è in sè, in quanto cosa generata.
Qualcuno potrebbe essere più o meno convinto di ciò, ma le assunzioni non devono convincere, ma le si può assumere oppure no, perchè ci convincono, oppure per  altro motivo.
Se io dicessi che ho fatto queste assunzioni perchè mi convincono mentirei.
Ciò che conta è se queste assunzioni ci portano a dedurre in modo coerente quella che è la nostra esperienza, cioè i fatti.
Magari aggiungendo qualcosa in più, qualcuno potrebbe convincersi, ma se ciò significa fare assunzioni di troppo per acquietare il proprio senso comune, significa dare a questo impropriamente una priorità, che bene che vada produrrà ridondanza, e male che vada renderà viziato il processo che ne segue, che sia logico oppure no.

Non leggero Cacciari perchè non ha intenti divulgativi, posto che i filosofi possano averli, non essendo io filosofo, ma da quel che riporta Ipazia, non mi pare in netta contraddizione con i miei assunti.
Mi pare di capire che egli, con la sua metafisica concreta, provi a fare i conti con la ''realtà'', obtorto collo, che è prima fisica che politica o etica. Perchè come faccio a organizzare la società orientandola al bene, se non per come la vedo la ''realtà'', fisicamente?
La fisica non ci dice come la realtà è, ma ci dice come vederla al fine appunto di agirvi, basandoci sul presupposto che la vediamo tutti allo stesso modo, essendo  una condivisione di base il presupposto necessario per un dialogo.
Non siamo uomini perchè abbiamo lo stesso DNA, o ci riconosciamo dalla forma simile, ma perchè fra noi è possibile dialogare, che sia per via del DNA o altro, mentre con altri non possiamo farlo.
Se poi le nostre assunzioni funzionano, qualunque sia il motivo per cui le abbiamo fatte, avremo così compreso indirettamente la realtà che ci comprende.