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Messaggi - Sariputra

#1366
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Febbraio 2017, 04:13:30 AMIo non cerco il nuovo per il nuovo, il puro orgoglio di pensare in modi inediti, mai sfiorati da altri. Io cerco il crescere, il divenire, camminare, progredire. La metafisica cerca invece l'opposto: punti d'arrivo dove non ci sia più crescita, se non all'interno di essi stessi. Questa è la verità, la certezza, metafisicamente intesa: se è una verità assoluta, significa che riguardo ad essa non potrà mai esserci alcuna evoluzione, se non all'interno di essa; è uno stabilire binari obbligatori da cui non uscire; una gabbia insomma. Sono d'accordo sul fatto che un rifiutare ad oltranza è sterile; il mio infatti non è un rifiutare, ma un invito a considerare le cose discutibili, soggette ad evoluzione della loro comprensione. Se uno mi dice che in cielo c'è il sole, ciò che cerco non è rifiutare la sua affermazione, ma considerarla uno spunto per progredire, ma progredire senza limiti, in ogni aspetto; invece il metafisico mi dice che c'è un aspetto su cui non si deve progredire, ed è precisamente l'aspetto del suo essere una verità oggettiva. Per quanto riguarda ciò che tu chiami assoluto relativo alla condizione umana, non capisco che cos'abbia di assoluto: se un'affermazione è relativa alla condizione umana, allora è discutibile in tutti i suoi aspetti; se in contemporanea tu la definisci assoluta, mi sembra di dover dedurre che c'è almeno qualche aspetto su cui non ammetti discussione; ciò per me non è altro che metafisica. Io non mi fido affatto del mio mettere in discussione tutto: non lo considero la salvezza del mondo; il problema è che finora nessuno mi ha mostrato metodi più aperti. Voglio aggiungere un paragone per tentare di chiarire meglio la mia posizione. Consideriamo Picasso. Molti considerano i suoi quadri delle storture insensate, nient'altro che scarabocchi senza senso, un'accozzaglia di parti del corpo o del viso che solo lui poteva considerare ritratti. Eppure ci sarà un motivo se Picasso è diventato uno dei più grandi pittori del mondo, proprio con quelle sue accozzaglie di occhi e nasi alla rinfusa. Il motivo per me è questo: egli suggerisce nuove vie di pensiero, nuovi modi di accostarsi al vissuto, alla realtà, nuovi modi di esprimere la nostra interiorità. Questo è ciò che io provo quando vedo le reazioni reazionarie di fronte all'antimetafisica: scandalo di fronte al nuovo da parte di menti che non accettano che certi canoni tradizionali vengano messi in discussione, esattamente come non accetterebbero che certi quadri di Picasso possano essere considerati ritratti.

Ma non si può impedire ad una cosa di essere oggettiva, se lo è, solo perché noi desideriamo che non lo sia, in quanto riteniamo che , se esiste qualcosa di oggettivo, questo limita la nostra libertà di "progredire" (?). Per questo scrivevo del pericolo di ridursi ad "inseguire il proprio desiderio" ( di cambiamento) che è una delle caratteristiche psicologiche profonde della nostra mente di scimmia, continuamente tesa ad afferrare qualcos'altro, spesso non altro che un sperimentare sterilmente. I quadri di Picasso non sono una nuova forma di pensiero, ma un tentativo di nuova forma di armonia, che è una cosa diversa a parer mio. Questa armonia a qualcuno parla, ad altri non dice assolutamente nulla. Non capisco nemmeno questa sorta di dualità che introduci: Metafisica=impossibilità di progredire e conseguentemente relativismo=possibilità di progredire. Avere un punto fermo non impedisce l'andare avanti, come essere senza punti fermi non impedisce di tornare indietro. Penso che sarà sempre un problema di qualità del pensiero. Un metafisico intelligente sarà da preferire ad un relativista scimunito e viceversa...
Quando parlo di assoluto (minuscolo) relativo alla condizione umana mi riferisco a quell'insieme di fattori costanti che permettono, e ci permettono, di condividere esperienze. Se non fosse presente questa struttura come potrebbero il Sari e Angelo Cannata discutere di metafisica o di relativismo e stabilire dei giudizi su di essi, o delle preferenze? Tu , allergico al solo termine "assoluto", subito parli di approccio metafisico e il Sari ti risponde:"Metafisica? Ti parlo solo di qualcosa di cui tutti facciamo esperienza..."
Io non ho nessun problema né con la tradizione, né con il rifiuto della tradizione. Non sono in competizione con nessuna delle due posizioni e non mi identifico con nessuna delle due. Non ritengo che il "nuovo" sia da preferire al "vecchio" e non ritengo che "il vecchio" sia preferibile al "nuovo". Sono termini senza senso, a parer mio. Mi tengo lontano ( o cerco di farlo) da ogni estremo e apprezzo la"qualità" di ogni cosa, sia che rifulga nella novità o piuttosto che sia coperta dalla patina del "tempo"...
#1367
Citazione di: Angelo Cannata il 12 Febbraio 2017, 00:41:44 AMIo non ho certezze, sono gli altri che mi dicono di averle; poi succede sempre che queste certezze non reggono di fronte ad una critica qualsiasi. Riguardo al criceto che gira nella sua ruota, questo è un sospetto che si può applicare a tutti; chiunque di noi potrebbe essere il criceto, ciascuno entro il suo modo di pensare. È per questo che io cerco di non fidarmi di alcun modo di pensare e di sperimentare modi di pensare sempre diversi. Al contrario, mi viene a risultare che i metafisici, ritenendo di aver raggiunto delle certezze, sono contenti di essersi installati in una ruota da cui non uscire più. Vedi ad esempio il caso di sgiombo che ha affermato che per lui il principio di contraddizione è indiscutibile: non viene a diventare tale principio una ruota da cui egli ritiene che sia impossibile uscire? Può darsi che egli abbia ragione, ma perché rassegnarsi a questo, anzi, andare in cerca di ruote entro cui chiudersi, come fece Cartesio che andò in cerca di certezze indubitabili? Se esistono ruote di cui siamo prigionieri io preferisco fare di tutto per uscirne. E qual è il metodo migliore per uscire dalle eventuali prigioni se non provare a mettere in discussione tutto?

Ma non rispondi alla domanda che anche prima ti ho posto, ossia: In concreto, quali sono questi modi di pensare "diversi" che altri non hanno già pensato? Il  relativismo ti sembra per caso un modo nuovo di pensare? Già al tempo di Buddha era seguito da maestri eterodossi molto famosi e si parla di 2.500 anni fa circa. Guarda che è già stato messo tutto in discussione da molto tempo ormai, se non appare è perché la volontà di potere umana si è servita del pensiero filosofico per i suoi fini. E , in ogni caso, il pensiero relativista è proprio quello che domina l'umanità in questo particolare momento storico ( almeno nell'Occidente senz'altro). Quando si parla di certezze , mi sembra che tu pretendi una bella formula logica e semantica che tutti , urlando felici,  proclamino: "'Ecco la Verità" senza alcun dubbio rimanente. Ma le famose "certezze" investono l'intera sfera delle possibilità esperienziali umane e della coscienza stessa e non necessariamente possono o devono essere comunicabil attraverso una formula verbale, se no cadiamo in quello che tu mi contesti, ossia nella necessità di un assoluto semantico e logico, che io invece considero necessario e reale, ma relativo alla condizione strutturale umana e non un assoluto metafisico, o principio che dir si voglia. E' la semplice constatazione di qualcosa che c'è, esiste in forma interdipendente e di cui possiamo fare esperienza. La chiusura che tu contesti alla metafisica mi pare la stessa chiusura ravvisabile nel relativismo nichilista. Il relativismo non mi sembra un pensare "altro" rispetto alla metafisica, ma un'opposto di pura impronta semantica. Mi appare come lo stesso pensiero che corre sempre sullo stesso filo... in direzione divergente. Ossia , nulla di nuovo sotto il sole...la gabbia è sempre ben salda. Se vuoi mettere in discussione tutto devi iniziare a mettere in discussione anche il tuo voler sempre mettere in discussione tutto; ma come puoi fidarti della risposta se metti in discussione anche quello che deve mettere tutto in discussione e chi è che lo mette in discussione? Sei condannato ad una regressione all'infinito, simile ad una caduta senza appigli e senza fondo. Questo se resti sul piano del pensiero e non ti servi, invece, del pensiero come uno strumento per creare scale d'ascesa all'esperienza diretta di quello che viene semplicemente definito come "certezza"; invero una semplice definizione che lascia il tempo che trova...
#1368
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Febbraio 2017, 22:01:14 PM@Sariputra Sì, vedo le cose esattamente come dici: il fatto che "mi sembra" che nessuno abbia mai raggiunto certezze non è per me una verità inconfutabile, ma una questione di economia di tempo ed energie: se, da quando il mondo esiste e dopo qualche migliaio di anni di filosofia, nessuno ha trovato certezze, anzi, tutto concorre a far presagire (senza alcuna certezza) che tali certezze non ci possono essere a causa dei limiti del nostro pensare, a che serve insistere nella ricerca di certezze? Mi suona come se si insistesse nel cercare l'inconfutabilità dell'esistenza dei fantasmi: nulla vieta che ci si dedichi a farlo, ma tutto mi fa pensare che c'è qualcosa di strano in quest'insistenza, tanto più che la metafisica si fa sospettare come ricerca di potere, ricerca di verità da poter imporre agli altri, ricerca di motivi con cui mandare al manicomio chi la pensa in maniere che non ci garbano. Per me un muratore che mi dica che prima o poi la mia casa dovrà essere demolita non mi sta dicendo altro che quello che già la storia dice all'intera umanità da quando tutto esiste. Il problema essenziale della metafisica si può infatti esprimere proprio in questi termini: essa è tentativo di rifiutare la storicità nostra e delle nostre idee. Ciò che è storico è temporaneo, mortale. Il continuo costruire e demolire è assurdo e insensato, su questo non ho dubbi, ma finora nessuno ha saputo propormi procedure che appaiano meno assurde e più sensate. Come potrei fidarmi dei chiodi che ho infisso?

Come fai ad essere sicuro che "nessuno ha trovato certezze"? Su quale base proclami questa roboante affermazione: "Nessuno ha mai trovato certezze"? Forse che Angelo Cannata conosce tutto ciò che è stato pensato, che  pensa e che  penserà e che è stato provato, che prova e che proverà ogni singolo essere pensante che è vissuto, vive o vivrà? E' solo una tua riflessione e sensazione personale che "nessuno ha mai trovato certezze" perché io ti potrei obiettare che ho trovato certezze, non comunicabili tramite la struttura logica e semantica del nostro costituente mentale ad Angelo Cannata, ma certe per la mia esperienza. Tu non avresti nessuna possibilità di sapere  se quello che dichiaro sia vero o falso , se non valutandolo in riferimento a ciò che tu personalmente ritieni vero o falso.  L'assoluto relativismo implica anche il dover relativizzare qualsiasi affermazione e pertanto è assolutamente relativo  che "nessuno ha mai trovato certezze". Alla fine relativizzando tutto rendi inconsistente qualunque proposizione e affermazione che tu stesso proponi e ti condanni alla inutilità verso te stesso. A questo punto non rimane che servire il desiderio...Tu vedi nella metafisica una minaccia di violenza e potere sulla libertà, mentre a me sembra che sia chi si serve della metafisica per i suoi fini nichilistici ad aver esercitato questo potere. Non si può ritenere una medicina , nata per curare, un veleno solo perché qualcuno se ne serve per avvelenare il nemico. Pur non essendo un metafisico, e tenendomi lontano dai suoi estremi, riconosco però la superiore valenza etica di questa posizione rispetto al suo opposto che, relativizzando l'etica stessa, non può che consegnare l'esistenza alla soddisfazione inesausta dell'ego. La frase "economia di tempo e di energie" mi è incomprensibile, sono sincero, non penso proprio sia un problema di "tempo" ma di qualità. La mia è bassa, purtroppo, sul lato filosofico...ma sono fiducioso su altri versanti  ;D ;D

P.S. utilizzo un paragone già usato da Acquario69 in un altro topic e che penso sia tratto da una intervista di questi giorni a Nico Rosberg, ossia quello del criceto. Una posizione simile a quella del relativista che, come un criceto, corre continuamente all'insù, sapendo che in questo modo non può far altro che far girare in continuazione la ruota rimanendo sempre nella stessa posizione, pur avendo la sensazione di correre... almeno il criceto ne è inconsapevole. Non conviene al relativista assoluto , a questo punto, saltar giù dalla ruota? Sbarazzarsi dell'inutile riflessione filosofica e guardarsi intorno in cerca di qualcos'altro? Perché continuare a correre? Non dirmi che è solo per divertimento...
#1369
Caro Angelo, è proprio quel "a quanto mi sembra, nessuno ha mai visto in questo mondo." che non trovo convincente, perché nessuno di noi può uscire dalla propria esperienza e stabilire la validità dell'esperienza altrui.  Tu non hai nessuna possibilità di stabilire la verità o meno dell'esperienza altrui, come io non ho nessuna possibilità di stabilire la validità della tua. Posso proprio solo dire, come scrivi anche tu, "mi sembra". Ma "mi sembra" è un pò poco...una mera sensazione ( o riflessione) personale. A meno che non la valutiamo con il metro della logica umana, che però tu stesso hai definito relativa...
Non credo che il Berlusca si ponesse molti problemi filosofici  mentre giocava con le sue starlette, almeno questa saggezza dobbiamo riconoscergliela ( forse l'unica... ;D) e in effetti  certe cose non funzionano a dovere se ci mettiamo a ragionarci troppo sopra, a volte bisogna lasciare che le cose siano semplicemente quello che sono...
Non trovi che , questo continuo costruire per poi demolire e ricostruire ancora, ad libitum, oltre che sembrare assurdo sia insensato? Un conto è costruire e accorgersi poi che quel che si è costruito è malfatto, un altro è costruire in vista del demolire...L'idea della necessità della demolizione non va ad inficiare la profondità e autenticità  della ricerca stessa?  Ti fideresti di un muratore che, mentre sta edificando la tua casa, ti avvisa candidamente che poi la demolirà?...La necessità stessa del continuo e incessante costruire e demolire non rivela quello che definivo come l'assoluto relativo alla tua struttura mentale logica e semantica? Se non ci fosse questa struttura logica e semantica come potresti valutare o meno la necessità di relativizzare ogni costruzione mentale? I punti fermi, che sembra tu disprezzi totalmente, non sono dogmi, ma pioli per proseguire la scalata.  Un abile scalatore non può esercitare la sua abilità se i suoi scarponi non poggiano su chiodi saldamente infissi nella roccia. Una volta superata la pendenza, i chiodi possono restare al loro posto e altri ne serviranno per proseguire , ma spesso se ne trovano di altri scalatori che sono passati per quella via  e quelli che hai lasciato serviranno a qualcun'altro. La scalata però presuppone un obiettivo da raggiungere, ossia la vetta. per godere del panorama che si può vivere SOLO da lassù. Sicuramente tu mi dirai che la ricerca non deve presuppore una meta, ma semplicemente un andar su per qualche metro e poi scendere per poi salire e scendere da un'altro monte, ad libitum consapevoli che "ci sembra" non ci sia alcuna vetta da raggiungere , perché tanti hanno detto che c'è ma a noi e a tanti altri "non sembra" che sia così...Non è forse che sei tu che non ti fidi dei chiodi che hai infisso ?...
#1370
Citazione di: sgiombo il 11 Febbraio 2017, 16:48:48 PM
Citazione di: Sariputra il 11 Febbraio 2017, 15:30:45 PMChe bisogno ho di "dimostrare" quando ho assoluta certezza di un'esperienza? Posso dimostrare che sono vivo? Sono però certo che sono vivo e questo indipendentemente se sono vivo nella realtà, in un sogno o in un ologramma. Il dubbio riguarda le cause del perché sono vivo, non l'esperienza di esserlo. La conoscenza del reale è, a mio parere, vera ma limitata. Non posso dimostrare che una mela più un'altra fa sempre logicamente due , ma so per esperienza che, se anche passo la vita a mettere una mela accanto all'altra , mai ne vedrò tre. Similmente se anche un altro uomo passa la vita a mettere queste due mele una accanto all'altra ne vedrà sempre due e non tre. Questo fatto esperienziale crea un assoluto relativo alla condizione umana. La mia mente dispone di una certa struttura logica e semantica che mi permette di formulare un linguaggio con una certa metodologia. Questa struttura è un assoluto relativo alla condizione umana che mi permette di formulare teorie logiche e semantiche che però non possono essere assolute. Ciò che è assoluto è relativo alla sottostante struttura che rende possibile qualunque teoria su di essa. Chi presenta una nuova teoria logica o semantica si serve della logica e della semantica per poterlo fare. Egli presuppone ciò di cui desidera presentare una teoria. E' la struttura della mente che mette in grado qualunque teoria, anche una della struttura della mente, di fare ciò che tenta di fare. Anche chi parla in nome del relativismo presuppone la validità della logica in questione. La coscienza umana ha una sorta di "centratezza", o autoconsapevolezza che sembra una sorta di quid che ci impedisce di perderci nel torrente infinito delle esperienze relative. Questa centratezza serve a dare quel senso di continuità alla nostra esperienza di vita che sperimentiamo e che ci fa dire "Io sono" ( che questo 'io sono' sia permanente o impermanente e un altro discorso che investe altri fattori esperienziali). Abbiamo molti assoluti relativi alla condizione umana. Ciò che non abbiamo è una conoscenza assoluta che è una impossibilità. Ma la mancanza di una conoscenza assoluta implicva che la conoscenza (relativa alla condizione umana) è falsa? Possiamo definirla limitata, ma non falsa, a mio avviso. La mente dispone pure della capacità di annullare la distinzione soggetto-oggetto tipica del pensiero, e questo avviene a livello delle sensazioni dove si manifesta un'unità materiale in ogni impressione sensoriale. Se vedo, per es. il colore giallo non lo posso negare nemmeno se si tratta di un sogno o di una allucinazione. La sua causa è aperta al dubbio, ma l'esperienza in sé è certa e immediata. Ciò che vedo non è più il mio oggetto: esso è in me e io sono in esso. E' qualcosa di assoluto relativo all'atto conoscitivo. In ogni atto conoscitivo è presente un'interdipendenza di soggetto e oggetto. In ogni domanda che ci poniamo è già presente qualcosa dell'oggetto su cui ci interroghiamo, altrimenti non potremmo nemmeno porre la domanda. Avere e non avere è la natura stessa degli interrogativi e chi interroga conferma questa struttura interdipendente della coscienza come un assoluto relativo agli uomini in quanto uomini.
CitazionePerò, Sari assoluta certezza c'é solo del fluire delle ("proprie") sensazioni (esteriori e interiori) che immediatamente accadono (se e quando accadono), immediatamente esperite: la realtà potrebbe anche esaurirsi in esse, non eccederle, senza che nulla possa dimostrare il contrario di ciò (né dimostrare ciò). Un soggetto (oltre che oggetti) delle sensazioni, in aggiunta ad esse, potrebbe benissimo non esserci (come pure esserci). Come tutte le altre persone comunemente ritenute sane di mente, personalmente credo di esistere come soggetto e che esistano anche oggetti delle (mie) sensazioni (e che nel caso di quelle esterne materiali siano gli stessi delle sensazioni di altri soggetti, costituenti altre esperienze fenomeniche coscienti i cui "contenuti" esterni materiali sono reciprocamente corrispondenti -"poliunivocamente"- fra tutte le esperienze fenomeniche coscienti stesse, compresa ovviamente la mia). Però (forse da "occidentale razionalista che cerca sempre il pelo nell' uovo"?) per me é -del tutto soggettivamente- importante questo fatto di rendermi conto che queste credenze non sono logicamente dimostrabili né tantomeno empiricamente constatabili ma solo fideisticamente, infondatamente, irrazionalmente credibili (e di fatto credute).

Infatti, Sgiombo, io parlavo proprio della certezza della sensazione ( di esistere) e non certo della certezza a riguardo delle cause e dei perché per cui provo questa sensazione di esistere. E' vero che la realtà potrebbe esaurirsi solo in questo, ma anch'io, pur non essendo totalmente sicuro di essere sano di mente,  trovo più plausibile che vi sia distinzione tra il soggetto e l'oggetto, anche se mi sembra vi sia assoluta interdipendenza tra i due. Anche perché troverei alquanto strano che , la maggior parte delle sensazioni che provo, siano l'esatto contrario di quelle che speravo, o sognavo, o immaginavo, se fossi io stesso a crearmele... :'(
#1371
@ Angelo Cannata
Scusa, ma  ricercare cosa se affermi che nessuna ricerca può resistere al vaglio della critica? Neghi qualsiasi valore alla metafisica, sostituendola con una non meglio precisata "ricerca". Francamente lo trovo estremamente contradditorio. Se affermi che tutto è relativo, qualsiasi approdo delle tue "ricerche" non potrà essere che relativo e quindi...cosa te ne fai?  Piccole soddisfazioni della vita ( fingendo a te stesso che abbiano qualche importanza) ? Meglio alzare il calice e circondarsi di leggiadre fanciulle, se è una questione di piccoli godimenti relativi!! ;D Non ha alcun senso perdere tempo con la ricerca di qualcosa di relativo.  Una ricerca senza obiettivi non è una ricerca; c'è un altro termine per definirla...ma io sono un "nonnetto" molto educato.. ;)
Tra l'altro avevo impostato il mio intervento sulla ricerca di assoluti che io stesso avevo definito come "relativi alla condizione umana". Non vedo quindi cosa c'entri la critica di "tentar di salvare la metafisica", da cui , come ben sai, mi tengo alla larga come visione dogmatica del reale ( ma nello stesso tempo mi tengo alla larga anche da un relativismo che non può che sfociare, se si è onesti con se stessi, in un assoluto nichilismo). Mi piacerebbe che , alla fine, definissi in concreto quel che intendi come "un altro modo di pensare" di cui scrivi spesso. Se sei un marziano o un venusiano, con una struttura cerebrale diversa dalla mia, non credo che potremo mai intenderci, non più di quel che intende il mio asino quando raglia... ::)  
C'è molta arroganza nella parte finale del tuo scritto, caro Angelo, un chiaro sentimento di superiorità che capisco come ti rendesse oltremodo difficile la permanenza all'interno di un'istituzione che richiede umiltà...non ha alcuna importanza , per me, che il ricercare sia già stato fatto da altri. Anche il buon vino è stato prodotto dalla notte dei tempi, ciò non toglie che ogni assaggio è sempre nuovo, se è la mia esperienza, qui e ora.

P.S: Cosa avrebbero dimostrato le ricerche fatte da altri? Che tutto è relativo? Beh...lo sono anche le dimostrazioni in questo caso. ;D ;D Che fai, mi prendi come assoluto la struttura mentale che stabilisce che ogni cosa si è dimostrata relativa?...
#1372
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Europa, svegliati!
11 Febbraio 2017, 17:15:15 PM
Pochi giorni orsono il consiglio degli ulema del Marocco ( probabilmente il paese musulmano più tollerante) ha proclamato una fatwa che abolisce il reato di apostasia per chi decide di abbandonare la fede musulmana per aderire ad altri credi. Reato di apostasia che è passibile di morte nella maggior parti degli stati islamici. Certo, è una piccola goccia, al momento, ma dimostra che qualcosa lentamente, molto lentamente si sta muovendo anche da quelle parti. E' sicuramente un processo lungo e difficile, ma spinte profonde verso la democrazia le abbiamo anche tra la gioventù iraniana ( con fior di letterati e registi); spinte osteggiate dal regime che però , sotto Rohani, sta lentamente smussando gli aspetti più autoritari. La Tunisia, se da una parte fornisce manovalanza all'estremismo, dall'altra è percorsa da profondi aneliti ad una laicità con motivazioni sociali. C'è tutto un sostrato di giovani intellettuali e artisti musulmani, molti rifugiati, altri che lottano nei loro paesi, che , a parer mio, dmostra che l'Islam non è quel monolite fatto di intransigenza che viene dipinto da Feltri ( persona oltremodo volgare a mio modesto avviso). Il coraggio ( che devono avere gli altri) è facile da proclamare quando sei in una posizione di privilegio o di potere come molti intellettuali nostrani, ma la soluzione qual'è? Mitragliare a pelo d'acqua i barconi carichi anche di donne e bambini? Io vedo tanta gente capacissima di far notare i problemi che ci sono ( e ci sono..) ma pochissimo capaci di formulare qualche ricetta concreta e attuabile per risolverli. Non si può agire solo sugli effetti, bisogna risolvere le cause di queste migrazioni epocali. Possiamo tentare di fortificare l'Europa come una sorta di Fort Apache, ma per quanto possiamo resistere? E siamo poi così sicuri che la nostra società, così come è organizzata e strutturata, sia qualcosa che vale veramente la pena di salvare? Dov'è tutta questa bellezza dell'"Occidente"? L'Occidente , se cadrà, non sarà per quei poveracci che arrivano,  ma cadrà perchè vuoto di senso ( che forse non ha mai veramente avuto...). La sicurezza assoluta , in questo mondo, non è possibile. Nell'846 d.C. un contingente di saraceni, sbarcato di sorpresa ad Ostia, si impadronì della cittadina. Le truppe cristiane inviate da Roma per fronteggiarli, sorprese durante il vettovagliamento, vennero facilmente sbaragliate. I musulmani penetrarono nella città , si spinsero fino a S.Pietro e la saccheggiarono, colpendo con le lance un quadro del Cristo. Questo fatto, che indignò l'Europa cristiana, non viene insegnato nelle scuole, ma dovrebbe farci capire che certi eventi sono da più di mille anni nel Dna del bacino del Mediterraneo e non facilmente risolvibili con una sorta di bacchetta magica. Troppo odio si è accumulato tra le due sponde. Odio che impedisce la costruzione di ponti di pace; al massimo si può tentar di tirare su dei muri con del filo spinato. Ma , come dicono i messicani  a Trump: "Tu mostraci il tuo muro alto cinque metri e noi ti faremo vedere la nostra scala alta sei"... ;)
#1373
Che bisogno ho di "dimostrare" quando  ho assoluta certezza di un'esperienza? Posso dimostrare che sono vivo? Sono però certo che sono vivo e questo indipendentemente se sono vivo nella realtà, in un sogno o in un ologramma. Il dubbio riguarda le cause del perché sono vivo, non l'esperienza di esserlo. La conoscenza del reale è, a mio parere, vera ma limitata. Non posso dimostrare che una mela più un'altra fa sempre logicamente due , ma so per esperienza che, se anche passo la vita a mettere una mela accanto all'altra , mai ne vedrò tre. Similmente se anche un altro uomo passa la vita a mettere queste due mele una accanto all'altra ne vedrà sempre due e non tre. Questo fatto esperienziale crea un assoluto relativo alla condizione umana. La mia mente dispone di una certa struttura logica e semantica che mi permette di formulare un linguaggio con una certa metodologia. Questa struttura è un assoluto relativo alla condizione umana che mi permette di formulare teorie logiche  e semantiche che però non possono essere assolute. Ciò che è assoluto è relativo alla sottostante struttura che rende possibile qualunque teoria su di essa. Chi presenta una nuova teoria logica o semantica si serve della logica e della semantica per poterlo fare. Egli presuppone ciò di cui desidera presentare una teoria. E' la struttura della mente che mette in grado qualunque teoria, anche una della struttura della mente, di fare ciò che tenta di fare. Anche chi parla in nome del relativismo presuppone la validità della logica in questione. La coscienza umana ha una sorta di "centratezza", o autoconsapevolezza che sembra una sorta di quid che ci impedisce di perderci nel torrente infinito delle esperienze relative. Questa centratezza serve a dare quel senso di continuità alla nostra esperienza di vita che sperimentiamo e che ci fa dire "Io sono" ( che questo 'io sono' sia permanente o impermanente e un altro discorso che investe altri fattori esperienziali). Abbiamo molti assoluti relativi alla condizione umana. Ciò che non abbiamo è una conoscenza assoluta che è una impossibilità. Ma la mancanza di una conoscenza assoluta implicva che la conoscenza (relativa alla condizione umana) è falsa? Possiamo definirla limitata, ma non falsa, a mio avviso. La mente dispone pure della capacità di annullare la distinzione soggetto-oggetto tipica del pensiero, e questo avviene a livello delle sensazioni dove si manifesta un'unità materiale in ogni impressione sensoriale. Se vedo, per es. il colore giallo non lo posso negare nemmeno se si tratta di un sogno o di una allucinazione. La sua causa è aperta al dubbio, ma l'esperienza in sé è certa e immediata. Ciò che vedo non è più il mio oggetto: esso è in me e io sono in esso.
E' qualcosa di assoluto relativo all'atto conoscitivo. In ogni atto conoscitivo è presente un'interdipendenza di soggetto e oggetto. In ogni domanda che ci poniamo è già presente qualcosa dell'oggetto su cui ci interroghiamo, altrimenti non potremmo nemmeno porre la domanda. Avere e non avere è la natura stessa degli interrogativi e chi interroga conferma questa struttura interdipendente della coscienza come un assoluto relativo agli uomini in quanto uomini.
#1374
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
10 Febbraio 2017, 11:02:41 AM
Mi sento chiamato a descrivere la Contea, di cui Sotto il Monte è una piccola borgata di poche Ville sparse qua e là. Dovete sapere che la Contea è un luogo strano, abitato da gente strana che, ai pochi visitatori che si spingono fino a raggiungerla, appaiono pure un pò stralunati, perplessi e...inadeguati si potrebbe dire. Le sue terre sono per lo più argillose e adatte alla coltivazione della vite, da cui i pochi abitanti traggono il loro sostentamento economico, con la produzione di raffinati vini. La coltura del nettare degli déi ha determinato, nei secoli, anche la stessa cultura della Contea che si poggia  sulle stagioni della vite e celebra le sue feste in concomitanza con queste e in particolare, alla fine del nono mese, nella grande Festa della Vendemmia, anche detta delle Folapincie. Durante la sua celebrazione, che dura una settimana, l'intera comunità della Contea partecipa alla vendemmia e, alla sera, dopo che i carri trainati dagli asini hanno portato l'uva sotto i Portici delle Ville, le donne maritate e le ragazze che cercano marito si lavano le gambe ed entrano nei tini per pestarla. Il tutto accompagnato da canti gioiosi e da recitazioni di mantra appropriati alla situazione.
La Contea è governata da un raja, solitamente un anziano di provate capacità di reggere l'alcool, che viene eletto ogni cinque vendemmie dal Consiglio degli anziani della Contea di cui, modestamente, sono il Segretario Generale, eletto a questo incarico per la mia capacità, riconosciuta da tutti, di saper scrivere i verbali delle riunioni assai velocemente. 
Il raja ha il compito di stabilire le date, guardando le Lune, dei lavori da eseguire nei vigneti, di informarsi di chi necessita d'aiuto, di inviare i Mastri a controllare i lavori e la tenuta delle botti e , più in generale, di  tutta l'attività nelle vigne della Contea. Viene comunemente chiamato, e a lui ci si deve rivolgere, con l'appellativo di Sior Mastro ( la sua signora con l'abbreviativo comune di "la Siora").
Non c'è un vero e proprio corpo di polizia, in quanto , da ormai molte vendemmie, non si vedono più i famosi briganti e , se necessita, ci si serve degli uomini più robusti della Contea per calmare gli spiriti più accesi ( solitamente per le lunghe libagioni nelle varie festività). La Contea non conosce fenomeni migratori in quanto, non conoscendo nessuno dove si trova, risulta impossibile da raggiungere ( se non si viene espressamente invitati da un abitante delle Ville...). Pochi sono pure quelli che sono emigrati e, praticamente tutti, presto sono pure tornati...
Da due anni abbiamo accesso alla Rete, ma possiamo solo usarla per scrivere  su temi filosofici o spirituali in appositi forum. Appena un abitante di questa terra prova a collegarsi con un social , o altro, misteriosamente appare in video la scritta "Contenuto inadeguato"... 
Il sistema politico che governa da sempre la Contea è il "socialismo dhammico" che consiste nel possedere poche cose ( di solito una Villa, un asino, venti ettari di vigneto, quattro botti e due tini) e nell'utilizzo comune dell'acqua, degli attrezzi di lavoro, della legna e di quant' altro. Non è possibile utilizzare in comune le mogli o i mariti degli altri abitanti anche se, questa stravagante idea, era stata presentata come proposta nell'ultimo Consiglio da un noto abitante della Contea...
La religione praticata dalla maggior parte della gente è il Buddhadhamma e pertanto viene anche celebrato il Vesak. Vengono però accettati anche tutti gli altri culti e anzi se ne incoraggia lo studio.
Abbiamo un'unica scuola, proprio a Sotto il Monte, che accompagna i ragazzi dagli otto ai quindici anni. Prima devono giocare e dopo devono aiutare nelle vigne.
Si pratica comunemente la meditazione, anche per più ore al giorno e durante il lavoro nei vigneti ( meditazione di presenza mentale). Chi lo vuole può radersi i capelli e vestire con abiti color zafferano, ma questa usanza viene osteggiata dalle ragazze del luogo che spesso sconfinano nelle discoteche fuori dalla Contea ( spesso tornando nelle Ville molto turbate...) e che quindi subiscono il fascino della moda delle ragazze delle Terre Altre.
Geograficamente la Contea è situata a ridosso di un arco alpino e sovrastata da una grande montagna che viene chiamata semplicemente "il Monte". I vigneti sono abbarbicati alle pendici e le Ville, isolate l'una dall'altra, sono collegate tra loro da stradine bianche costeggiate da lunghi filari di noci o di robinie. Ci sono molti orti e la cucina è semplice ma saporita, per invogliare a bere il nettare degli dèi. Si fa quindi un grande uso di cipolle e di polenta oltre che di affettate vari di origine vegetale ( affettati di tofu e di seitan speziati con chili, zenzero e altro...).
La Contea è separata dalle Terre Altre da un grande fiume, spesso in piena, che fornisce pure l'acqua necessaria per le coltivazioni.
Che altro posso raccontare? Per capire meglio l'aria che si respira in queste terre è opportuna una visita guidata , possibilimente da un mastro, e ovviamente un'abbondante degustazione dei vini locali...Ricordatevi però che dovete farvi invitare da un abitante delle Ville, altrimenti potreste passarvi sopra senza accorgervi della sua presenza...
#1375
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
08 Febbraio 2017, 01:11:38 AM
UN SARI TRISTE RICEVE LA VISITA DI MOGGALLANA

-Aridità, cos'è l'aridità? -
-Una fontana seccata, piena di muschio. Una fonte che non zampilla, ma orina un' acqua verdastra , melmosa. Un poeta con poche parole. Un filosofo senza idee...cos'altro?-
-Sì, è anche questo ma...c'è di più, mi sembra...è qualcosa di interiore...che investe l'animo...-
-E' quando continui a pensare o scrivere e...non vai da nessuna parte, giri in tondo su te stesso...-
-E' quello che fanno gli uomini...girare in tondo, intendo...si danno da fare, brigano, costruiscono e...demoliscono per costruire ancora...Mi par sia così anche per lo spirito...che parola grossa...spirito. Non si  va da nessuna parte, siam sempre nei dintorni di noi stessi.
-Dove vorresti andare ?-
-Ah...bella domanda! Dove vorrei andare? Da ragazzo sognavo di percorrere con un'imbarcazione il Mondo del Fiume di P.J.Farmer. Me lo raffiguravo verde, rigoglioso , con questo lunghissimo immenso  fiume che lo copriva dal polo nord al polo sud. Vedevo tanti villaggi...villaggi di gente pacifica...gente che ancora credeva nel Dio del Fiume, che si bagnava per purificarsi...bambini che giocavano nudi sulle  rive. Feci pure un sogno stranissimo...-
-Che sogno? Ti va di raccontarlo?-
-Mah!...Vivevo lungo questo fiume. Pensa che mio padre mi aveva portato a vedere il fiume della Contea in piena, Ne ero rimasto affascinato e terrorizzato allo stesso tempo, soprattutto dal rumore dell'acqua che si frangeva sugli argini...qualcosa di magnifico. Fu la mia prima scoperta del potere spirituale di un fiume. Un fiume è un luogo spirituale per eccellenza, più di qualunque tempio... senti che è vivo, che c'è ma, nello stesso tempo, il fiume ti parla della morte...c'è sempre dentro il rumore dell'acqua un lamento, un'angoscia...-
-Il suono della vita, direi...-
-Sì, il suono del fiume come suono della vita stessa.-
-Ma il sogno?-
-Sì scusami...allora...vivevo in questo villaggio di uomini con la pelle color del cielo. Quel colore del cielo con cui raffigurano Krshna o Rama gli hindu. Uomini, donne, bambini...tutti con la pelle color del cielo. Forse avrò visto qualche stampa, non so...insomma, ero un adulto e parlavo come un adulto...pensa che all'epoca del sogno avrò avuto dieci anni...
-E cosa dicevi?-
-Beh!...Ero vestito tutto di bianco e parlavo con una saggezza incredibile. La gente veniva ad ascoltarmi dagli altri villaggi. Ero come...riverito. Mi sentivo, nel sogno, perfettamente a mio agio, mi sentivo a casa mia...-
-Si fanno tanti sogni strani nella vita. Se ti racconto i miei...-
-E' vero, però ti capitano solo pochissimi sogni che ti restano per tutta la vita, che non svaniscono come la nebbia del mattino. Sogni che parlano di qualcosa. Abbiamo perduto la capacità di leggere nei sogni; leggere la vita che ci parla soprattutto nei sogni.-
-Sì, di solito, a questo punto ti arriva uno psicanalista a parlarti di inconscio, di desideri repressi, di pulsioni e amenità varie...-
-Arrivano anche i filosofi , per spiegarti razionalmente...-
-Che però non hanno mai sognato uomini dalla pelle color del cielo...-
-Pensi che Kant, Popper o Leibniz sognassero?-
-Penso di sì, ma probabilmente se ne dimenticavano nell'attimo che aprivano gli occhi. Rimettevano in moto la macchina delle teorie e...addio profumo di terre lontane!-
-Non ascoltavano il suono del fiume.-
-No...decisamente. Una perdita di tempo...-
-Non sognavano fiumi senza fine?-
-Ti seppellivano con una risata agghiacciante...-
-Non si dovrebbero leggere romanzi fantasy in tenera età-
-La prima cosa che ti direbbero.-
-Ma non è che uno li legge perchè si sente spinto dalla voglia di ritrovare qualcosa, che non ricorda nemmeno, tanto è sepolta in lui?-
-Può essere, ma qui cominci a teorizzare come loro.-
-Vite precedenti?-
-No, no e no! Lascia la rinascita da una parte e la poesia dall'altra.-
- Per questo mi faceva paura il fragore del fiume. Sentivo che parlava a qualcosa dentro di me; qualcosa che viveva in me.-
-Immaginazione. Fantasticherie...Cosa ti voleva dire, secondo te?.. Così , per curiosità. Io sono troppo ubriaco di razionalismo per seguirti anzi devo avvertirti che sei su un terreno scivoloso...-
-Forse mi voleva dire: "Guardami, ascoltami, tu sei come me" e io provavo paura, non volevo essere come Lui.
-Come lui? Cosa intendi?-
-Vivo, ma anche pieno di morte, e poi ancora vivo, e ancora pieno di morte.-
-Un corso lunghissimo del fiume...-
-Immenso, immenso...Terribile ma meraviglioso...un corso senza fine, con tanti villaggi pacifici...-
-E donne che lavano i panni nel fiume...-
-E bimbi che giocano nudi vicino a loro...-
-E altissime statue alle anse del fiume...-
-Antichi déi pacifici. Dèi che adorano silenziosi il Fiume. Un cielo con altre stelle.-
...
- L'aridità Sari ? Perché hai iniziato parlando di aridità...-
-E' la mia condizione quando sono lontano dalla corrente del fiume.-
-Vorresti tornarci?-
-...Sì...vorrei tornare.-
#1376
L'"Occidente" è un aggregato? Ogni aggregato, per sua natura, non può che disgregarsi. La disgregazione si può subire o cercare di guidarla verso una nuova aggregazione più positiva. Consci che si disgregherà ulteriormente.
#1377
Citazione di: maral il 05 Febbraio 2017, 08:58:37 AMSì è certamente interessante, è la posizione di chi sostiene un Divenire assoluto. Qui però dobbiamo dimenticarci dell'ente come essente, c'è piuttosto un continuo accadere che continuamente accade, una sorta di continuo senza momenti discreti. E lo stesso "Tutto" va inteso in questo modo, non come Essere, ma come trasformazione che continuamente si trasforma senza venire mai a definirsi in qualcosa che stia.

Potremmo forse inserire e usare il verbo stare (nel significato di dimorare, trovarsi) al posto del verbo essere. Avremmo , a mio parere, una più calzante adesione al reale, per quanto possibile nei limiti dati dal linguaggio: il Tutto sta trasformandosi ( variante: il Tutto dimora nella trasformazione. Oppure: la Trasformazione si trova nel tutto ). Così: il nulla sta nel tutto. Eliminando nella domanda il verbo essere ( c'è ) le cose mi appaiono più comprensibili e la domanda appare priva di senso.
Tutto dimora nella trasformazione ( non c'è un venire-da e un andare-verso). Tutto come designazione convenzionale, infatti non ci sono che stati dimoranti nella trasformazione incessante; stati che non si possono separare dalla trasformazione in quanto stanno nella trasformazione stessa. Se non c' è ( non ci sta) qualcosa che è ( il Tutto) non può esserci qualcosa che non-è ( non sta), ossia il nulla. Dove potrebbe dimorare  il Tutto se non nella trasformazione? Dove potrebbe non dimorare il nulla se non , anch'esso, nella trasformazione? Solo un (eterno?) cambiamento , senza origine e senza fine. Una gabbia terrificante, un orrore senza tempo, da cui la coscienza umana , che dimora nel cambiamento stesso, si ritrae inorridita. La trasformazione ha orrore di s stessa, sorge la speranza di essere ( fuori dalla trasformazione) e la speranza di non-essere ( all'interno della trasformazione). Però. la speranza stessa, dimora nella trasformazione...
Il nulla si prende tutto e non basta ignorarlo per eluderlo: la nostra coscienza lo sa e le nostre viscere ce ne parlano attraverso ciò che l'occidente ha chiamato angoscia . La malattia dell'anima è dovuta all'inconsistenza e all'impermanenza delle cose del mondo. (Franco Bertossa-Shunyata e il nulla - Centro studi Asia ).
Trasformazione come fluidità, come scorrimento, unione senza distinzione nel cangiare, mentre scrivo cambio e fluisco, devo scrivere frasi senza significato, vanno e vengono nella mente...inafferrabile da dove vengano, inafferrabile dove  vadano...dimoro  nella trasformazione...Dove mai dimora il vento?...

 E lo stesso "Tutto" va inteso in questo modo, non come Essere, ma come trasformazione che continuamente si trasforma senza venire mai a definirsi in qualcosa che stia. 

E' così, è così...bellissimo! Son felice come un bambino! E' proprio così...dimorare dove non c'è alcuna dimora...
#1378
Citazione di: InVerno il 23 Gennaio 2017, 12:17:46 PM
Citazione di: Sariputra il 22 Gennaio 2017, 23:02:43 PMCaro jsebastianB Perché farsi bruciare e togliere così nutrimento a tutte quelle piccole creature sotterranee che ci aspettano , affilando le loro minuscole posate , con tanto da bavaglini al collo ? Basta non mettere i corpi nelle bare , ma deporli nella nuda terra vestiti di un semplice telo, recante impressa, al massimo, una frase, un detto dell'ex-vivente, tipo: "Scrivevo di vacuità in un forum i filosofia..."
Farsi bruciare in effetti è uno spreco di energia. Ma vagliando varie ipotesi per il mio testamento biologico ho trovato conferma al sospetto che si possano seppellire solo le ceneri e non il corpo (e anche questo dipende da vari regolamenti). Purtroppo non è come seppellire un cane (in teoria nemmeno quello permesso in giardino) a seppellire un uomo in giardino si rischia grosso per chi lo fa, e mettere a rischio le persone che lo fanno per seguire le "ultime volontà" non è molto simpatico.

E' orribile pensare di essere sepolti in un camposanto! I dintorni di villa Sariputra, per esempio, sono pieni di luoghi incantevoli dove essere divorati e dovrei potrei , scavandomi già la fossa per tempo, essere adagiato, simile ad una pietanza posta al centro della tavola imbandita. Ho adocchiato un posticino, un mio rifugio, da dove si può osservare il mondo senza essere visti da nessuno. Un luogo quieto, il cui silenzio è rotto solo da qualche cinquettio o dal rumore di qualche ghianda rosicchiata che cade...Ho stretto una certa amicizia con le piccole creature che ci vivono, infatti quando me ne sto seduto in quei pressi, non mi disturbano, anzi...salgono e scendono in continuazione dalle mie gambe...Ecco, vorrei ricambiarle della loro gentilezza e offrirmi per sfamarle, magari durante un lungo e freddo inverno, di quelli che ricoprono di neve la campagna della Villa...
#1379
Varie / Re:Un sontuoso banchetto
23 Gennaio 2017, 11:52:25 AM
-Allora, a questo punto, direi che ci siamo tutti...iniziamo...V. passami i piatti, per favore...V.?...Ma dove sei?-
-Sono qui...Ho accompagnato Phil nella stalla, da Anselmo...-
-Proprio adesso che stiamo per iniziare il banchetto?...E cosa fa ?...-
-Non so...sta osservando attentamente Anselmo...e viene osservato da Anselmo...si scrutano a vicenda...immobili...-
-Accidenti!...Speriamo che Phil non si accorga dei libri nella stalla e del notebook di Anselmo...Sì, Fharenight...arrivo...non ti scaldare...Adesso ti servo, per prima...ops, scusami, son passato dalla tua sinistra...ma ti servo da destra, tranquilla!- :-[
#1380
Dopo essermi scusato con Sgiombo e con tutte quelle persone che non conoscono i vari termini in Sanscrito o in Pali che ho, obiettivamente, usato  in eccesso ( e questa a volte può sembrare una forma di maleducazione, ma non era nelle mie intenzioni , in quanto tirato per la giacca da domande specifiche su termini che necessitavano di risposte specifiche...); volevo riprendere il discorso e proporre una riflessione che ho tentato, in questo fine settimana, di rendere coerente nella mia zucca vuota. Son partito dalla necessità di dare una dimensione al concetto di Vuoto ( Vacuità) che mi premeva illustrare e come questo , alla fine, possa risolvere la dicotomia linguistica 'Essere-Non Essere' che tanto affligge il pensiero.Questo Vuoto è sinonimo di Spazio mentale e pone l'accento sulla dimensione locativa e non solo su quella storica, tipicamente occidentale ( quindi anche dimensione astronomica). Sono partito, aiutato da un testo di Pino Blasone sul confronto tra la logica occidentale e quella orientale. che mi son letto e che ho trovato interessante, e sui differenti sillogismi. Sappiamo che il sillogismo logico classico aristotelico è:
Sari è un uomo. Un uomo è mortale. Sari è mortale.
Abbiamo poi quello stoico (modus ponens) che recita così:
Se Sari è un uomo, allora Sari è mortale. In effetti, Sari è un uomo. Quindi, Sari è mortale.
I due sillogismi appaiono molto simili. Uno mette l'accento sul soggetto, l'altro sulle proposizioni.
Poi abbiamo un tipico sillogismo della logica indiana classica:
Sari è mortale. Sari è un uomo. Sari è uomo e mortale, così come Sgiombo è uomo e mortale, e al contrario di un dio, che non è uomo né mortale. Sari è un uomo. Sari è mortale.
La differenza , con i sillogismi greci, è che qui non c'è solo il ragionamento deduttivo, ma anche quello induttivo. La premessa generale, che viene data per scontata in Aristotele e nello stoicismo, è induttivamente il problema della mortalità umana. in quello indiano lo si risolve presentando all'interno del sillogismo una similitudine e un opposto ( come Sgiombo, al contrario di un dio...). Ossia si da importanza non solo che una cosa si verifichi in presenza di una data condizione, ma anche che la stessa cosa non si verifichi in presenza di una condizione contraria ( si introduce perciò il famoso 'non-è').
Il Blasone scrive:
Per via apofatica, è proprio qui che affiora l'inespresso ed emerge il non-detto, 
quanto tuttavia latente sia nel sillogismo aristotelico sia nel modus ponens degli stoici. 
Sempre nel nostro caso, si tratta di concetti quali divinità e immortalità, in quanto opposti a
quelli di umanità e mortalità. Con ogni parvenza di logica consequenzialità, dall'essere 
scaturisce non tanto e solo il non-essere quanto piuttosto un essere-non, che presenti i 
caratteri di una reversibilità inversa.
Essere-non mi sembra definizione interessante, in quanto non negante l'essere ma definendolo legato a ciò che è non-essere ( essere uomo significa essere non-dio, per es.)
Adesso poniamo lo stesso nello spazio con un famoso sillogismo di Aksapada:
C'è fuoco su quella montagna. C'è fumo su quella montagna. Dove c'è fumo là c'è fuoco, come in una cucina e al contrario che su un lago. C'è fumo su quella montagna. C'è fuoco su quella montagna.
E' presente una figurazione di luogo letterale, oltre che mentale.
Aristotele direbbe:
C'è fumo su quella montagna. Dove c'è fumo c'è fuoco. C'è fuoco su quella montagna.
Per quanto esatta e rigorosa, è priva dell'aspetto induttivo.
I logici buddhisti, nel caso citato, mettono in evidenza: un luogo principale, un luogo affine e uno antitetico ma complementare per dimostrare la tesi. La coerenza logica è pertinente al luogo in cui si svolge l'evento da dimostrare. Questo 'luogo' è principalmente un luogo mentale. C'è uno 'spazio', un 'vuoto' che permette sia l'essere che l'essere-non di tutte le cose ( come in una cucina, al contrario che su un lago...). Questo spazio ( vuoto) permette quella che Kitaro Nishida chiama 'identità contradditoria', 'affermazione eppure negazione', 'essere locativo'.
"Con il termine mondo", afferma Nishida, ampliando l'orizzonte, "vorrei 
indicare l'assoluto essere locativo, per cui il mondo potrebbe essere chiamato l'assoluto 
(quando ho discusso di matematica, l'ho chiamato un campo di identità contraddittoria). 
[...] Il vero assoluto include un'assoluta autonegazione, è essere assoluto in quanto 
negazione-eppure-affermazione e per questo è veramente assoluto". Il mondo in quanto 
"essere locativo", insiste Nishida, è una "identità assolutamente contraddittoria".
Ho cercato di fare un riassunto. Spero sia comprensibile il senso... ;D