@Bob. D. Tratta molte cose e una di queste è il nichilismo. Un'altra è il male assoluto, che è sempre male dell'uomo sull'uomo, ma il male imperdonabile, secondo D. è il male dell'uomo sul bambino. Poco prima di raccontare la storia del grande inquisitore, Ivan racconta un raccapricciante episodio di protervia di un nobile nei confronti del figlio di uno dei suoi servi. È quello il momento che scatena la discussione fra Alioscia ed Ivan e che culminerà nel racconto dell'Inquisitore. Perché Dio rende possibile quel male assoluto? L'oltraggio dell'uomo sul bambino. È quella la prova per Ivan di affrontare il problema della teodicea. Quel male è così terribile da non poter aspettare la fine dei tempi per essere riparato. L'occidente non è altro che questo: la ricerca di una teodicea prima della fine dei tempi. Una teodicea terrena. E cosa c'è di più terreno del ritorno di Gesù, in una giornata qualunque a Siviglia? A quel ritorno, a quella teodicea, divina ed umana allo stesso tempo, si oppone il grande Inquisitore, che diverrà qualche secolo dopo, il grande Fratello. Per quanto possa essere azzardata, coltivo l'idea che il ritratto fortemente negativo del grande Inquisitore è il riflesso di un bisogno di superamento della religiosità come istituzione, come struttura che pietrifica le coscienze. Un illuminista senza ragione strumentale, questa è la grandezza di Dostoevskij. Un illuminista che cova nel suo cuore un rifugio anti/illuminista, che non serve altro che come pharmakon allo stesso illuminismo. La teodicea dell'apocalisse e quindi della tradizione, viene così ritratta da D., come un puntello della servitù dell'uomo sull'uomo, a sua volta connessa alla violenza del male assoluto dell'uomo sul bambino, che perpetua la violenza e l'asservimento. La teodicea del l'illuminismo a sua volta, viene rigettata, perché razionale, geometrica, uguale, positiva, scientifica, non libertaria e quindi anch'essa violenta. La via impervia scelta da D. è quella della fratellanza e dell'amore, ma di una fratellanza e di un amore non ingenuo, ma profondamente venato di rabbia, di odio, di compassione. Se solo avessimo avuto 10.000 Dostoevskij, invece di uno solo, l'umanità sarebbe oggi diversa.