Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Phil

#1411
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
14 Ottobre 2019, 21:26:57 PM
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2019, 20:09:33 PM
I due termini restano disgiunti in un dialogo platonico dentro l'Accademia, ma appena si esce per recarsi nell'agorà i due termini si avvicinano pericolosamente e l'ateo che incontra una processione di invasati con la clava ben eretta e lo stregone a reggerla per portare panini a Eliana Englaro si trova, suo malgrado, a dover transitare dalla teoria alla prassi. Del resto, ateismo e filosofia della prassi sono cresciuti tenendosi per mano.
Proprio il passaggio dalla filosofia alla prassi sociale rivela la natura intima di negazione dell'a-teismo: non è una posizione propositiva, non ha comandamenti, nemici giurati (a differenza dell'anti-religiosità), etc. infatti nel momento in cui un ateo incontra quella carovana di "clave" (conclave?) o altre manifestazioni di religiosità, non conta cosa nega (dio) ma cosa afferma (la propria visione del mondo): gli atei Ipazia, baylham, Phil, etc. potrebbero avere anche reazioni differenti o persino opposte, senza rinnegare per ciò il rispettivo ateismo (qui concordiamo, credo). Lo stesso accade, come dimostra questo nostro dialogo, quando degli atei si confrontano sul tema del crocifisso: gli atei anti-religiosi si separano (prima nella prassi di pensiero, poi eventualmente nella prassi sociale) dagli atei non anti-religiosi, falsificando sia il senso comune che li vede superficialmente come equivalenti, sia quel pensiero militante che vede la prassi anti-religiosa come unica esplicazione sociale della filosofia atea (o devo preoccuparmi che anche fra gli atei ci siano eretici ed inquisitori?).
#1412
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
14 Ottobre 2019, 12:29:54 PM
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2019, 09:30:41 AM
E' insensato ridurre teismo e ateismo alla dimensione teoretica filosofica.
Siamo nella sezione «attualità», quindi te lo "concedo" e non ne traggo le conseguenze filosofiche; mi limito ad osservare che è come affermare che sia «insensato» ridurre il teorema di Pitagora alla dimensione matematica (fatta di triangoli, angoli, numeri, etc.). Fermo restando che non ignoro la percezione sociale "volgarizzata" sull'ateismo, pur non sentendomi in dovere di supportarla.

Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2019, 09:30:41 AM
verità neolitiche ancora assai vitali che non distinguono, com'è nella realtà delle cose umane, la filosofia dalla sua applicazione pratica, utilizzando i simboli come clave.
Se le verità neolitiche non distinguono la filosofia dalla sua applicazione pratica, anche gli atei devono per forza alimentare tale indistinzione (nella sezione «attualità» o altrove)? Le "clave" del cristianesimo (ricordo che qui non parliamo dell'Isis), se sono crocifissi appesi in luoghi dove sono ignorati come carta da parati, necessitano davvero un dibattito tematico che prende politicamente il posto di questioni più serie e meno simboliche?
La «realtà delle cose umane», oltre ad essere studiata, va sempre assecondata o è possibile una pratica di pensiero (ateo o altro) che può partire proprio dalla distinzione (seppur non alienazione) fra piano della comprensione del reale (dio sì / dio no) e piano delle conseguenti dinamiche sociali? Chiamare uno degli effetti possibili (anti-religione) con il nome di una delle cause possibili (ateismo) non è una leggerezza eccessiva?

Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2019, 09:30:41 AM
Guardare la pratica, Phil: l'hai detto pure tu.
Ciò che intendo è di soppesare la pratica in base al suo contesto, ma non in modo indiscriminato, confondendo la pratica di pensiero ateo (teoresi) con la pratica sociale dell'antagonismo religioso. L'ateismo, fino a prova contraria, non ha una sua pratica sociale che va tutelata (a differenza delle religioni), se fosse un culto andrebbe forse difeso nelle sua necessaria ritualità pratica, ma essendo solo una negazione teoretica (argomentata, etc.) il suo piano pratico è tutto interno al pensiero. Almeno se consideriamo la differenza (perdona la ripetizione, ma sembra che non riesca a spiegarmi) fra negazione ("a") e opposizione ("anti"), fra il dire «quello non è vero» e «quello è male e va rimosso», etc.
Certo, nulla vieta che l'ateo si opponga alla religione, tuttavia, non può farlo solo in quanto ateo o perché ciò è conseguenza necessaria del suo ateismo, proprio come (riprendo i due esempi banali) quelli che non praticano sport o non sanno leggere-scrivere non devono necessariamente sabotare tapis roulant o bruciare libri. Se fossero costretti a fare sport o ad imparare a leggere, la loro ribellione avrebbe senso perché si parla di una "pratica non di pensiero": fare sport/non fare sport, leggere/non leggere; qui si parla invece di credere/non-credere per cui è difficile, se non improbabile, che qualcuno riesca a costringermi a credere a qualcosa (forse usando tecniche di ipnosi, psicofarmaci, etc. ma non certo appendendo un oggetto a un muro).
Insisto su questa distinzione poiché mi sembra di riscontrare una certa vergogna sociale nel dichiararsi anti-religiosi, per cui forse ci si definisce atei perché suona più politicamente corretto e perché nell'uso "volgare" del linguaggio, i due termini sono molto spesso sinonimi (per quanto, in filosofia, sia una distinzione persino banale da rilevare).
#1413
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
14 Ottobre 2019, 12:03:02 PM
Citazione di: baylham il 14 Ottobre 2019, 01:13:01 AM
Ho utilizzato il termine difendere, ma essere, affermare, sostenere sono dei sostituti equivalenti.
Tu stesso sostenendo la tua posizione, argomentando a favore della tua tesi, la stai difendendo.
«Equivalenti» con una tonalità piuttosto differente, se non persino divergente: di-fendere significa tenere qualcosa al sicuro dal contatto altrui, mentre argomentare significa di-mostrare, esporre ovvero mettere fuori a disposizione degli altri (che possono confutare, concordare, aggiungere, etc.).
Anche nello sport si parla di attacco e difesa, ma quando argomentare diventa uno sport, secondo me, si perde l'onestà intellettuale di poter ammutinare le proprie tesi iniziali per accogliere gli spunti e le correzioni altrui; nello sport c'è infatti rivalità e agonismo, mentre nell'attività di pensiero collettivo, nel dialogo, per me non si vince e non si perde, ci si spiega e si impara (salvo ridurre il discorso a pratica sofistica, ma non credo sia il nostro caso qui).

Citazione di: baylham il 14 Ottobre 2019, 01:13:01 AM
Se fossi intimamente ateo, per onestà, difenderei il mio collo per liberarlo da ogni simbolo.
Giustamente, ma così facendo non difenderesti il tuo ateismo, che (correggimi se sbaglio) non si basa né dipende su cosa indossi al collo, ma difenderesti altro: la tua libertà di vestirti, di scegliere simboli da indossare, etc. tutti valori che possono fondarsi anche su un pensiero che non sia necessariamente ateo (infatti anche i colli dei cristiani sono liberi di scegliere).

Citazione di: baylham il 14 Ottobre 2019, 01:13:01 AM
Se Dio esistesse non avrei alcuna ragione per negarne l'esistenza e per esserne a priori oppositore.
Semplicemente Dio sarebbe una parte di un sistema più ampio che lo comprende, di cui non avrebbe il controllo: uno in più che non sa perché è al mondo e che cosa ci sta a fare.
Ciò non dipenderebbe forse dal tipo di esistenza di cui godrebbe tale (improbabile) divinità? Finché non si manifesta non possiamo anticipare nulla sulle sue modalità di esistenza, sul suo esser-parte, etc.
#1414
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
13 Ottobre 2019, 22:45:15 PM
Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2019, 17:18:08 PM
non è possibile unificarci a forza
Oggi non credo sia più possibile unificare nessuno solo appendendo un simbolo sulle pareti, proprio perché quel simbolo non ha forza comunicativa (soprattutto nelle aule); come dicevo, il valore (e l'efficacia) del simbolo non sta forse anche nel contesto di esposizione e nell'elaborazione che riceve dal destinatario? Davvero quel crocifisso è oggi indice di una "unificazione forzata", piuttosto che del proprio declino semantico?
Ribadisco di non essere personalmente favorevole né all'obbligo del crocifisso né al suo divieto, ma anche che, secondo me, è un falso problema che non coglie nel segno del dibattito sul laicismo (evito ripetizioni).

Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2019, 17:18:08 PM
mettere un crocifisso in una istituzione laica, addetta alla crescita e alla maturazione critica degli studenti, a me personalmente da il voltastomaco
Sperando di lenire un po' il tuo disagio "di pancia", ti dico che secondo me la crescita e la maturazione degli studenti non è minimamente fuorviata o plagiata da quel simbolo: come ricordavo, proprio sotto quel simbolo loro studiano teorie ed autori che confutano proprio il cristianesimo, vengono spiegate leggi e scelte sociali che promuovono ciò che per quel simbolo rappresenta invece il peccato (divorzio, contraccezione, etc.). La maturazione delle nuove generazioni contestualizziamola nella società attuale (non in quella in cui siamo cresciuti noi "vecchi"): una società sempre più laica, con sempre più atei e sempre meno vocazioni, sempre più mercanti nel tempio e sempre meno fedeli nelle chiese (salvo Natale, Pasqua e sacramenti, il che la dice lunga...).

Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2019, 17:18:08 PM
In questo senso l'ateismo non attacca il crocifisso in sè, ma il crocifisso posto in un luogo pubblico
Un ateismo che attacca non è solo ateismo, almeno secondo me (questo anche in risposta @Ipazia): l'ateismo filosofico riflette e quando diventa prassi, se attacca non è più solo ateismo ma ha dell'altro che bolle in pentola, che andrebbe chiamato con il suo nome, proprio come la teologia, nel momento in cui scende in politica non è più solo teologia. La pratica dell'ateismo in sé, come la pratica della religione cristiana in sé, non comporta necessariamente l'aggressione o addirittura la rimozione del diverso. Notoriamente il cristianesimo, nella sua versione secolarizzata, ha fatto azioni che vanno oltre la dottrina cristiana; se l'ateismo prende spunto da tale incoerenza verso i propri principi fondanti, come alibi per fare altrettanto, oppure giustifica le proprie pulsioni "adolescenziali" con «non ho sparato io per primo», forse dovrebbe chiedersi da quale pulpito critica poi le religioni e le altrui incoerenze (è stata smascherata da tempo la fallacia secondo cui «due torti fanno una giustizia»). Un pensiero ateo davvero filosofico non dovrebbe, per me, cercare rancorosa vendetta con i "discendenti culturali" degli inquisitori, ma dimostrarsi pratica di pensiero più coerente e matura rispetto a quella da cui si vanta di essersi emancipata.
La lotta in cui la "vecchia guardia" crede ancora è politicamente strumentalizzabile oltre che filosoficamente inattuale, mentre le nuove leve danno già per scontato che i simboli e le dinamiche semiotiche che contano non siano certo sulle pareti dell'aula: la loro realtà semantica è fluida e dinamica, mentre noi "vecchi" siamo ancora con il naso all'insù a venerare o a polemizzare su bandiere e simboli "forti" (ignorati, se non erro, persino dalle leggi sul copyright).

Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2019, 17:18:08 PM
che fa subito presupporre che vi siano cittadini di serie A e di serie B, con tutto ciò che ne discende in termini di "familismo", "clientelismo", "due pesi e due misure".
Questo dualismo è ancora applicabile ai posti in cui è esposto il crocifisso? Scuole, tribunali, etc. danno davvero la precedenza ai raccomandati dal clero rispetto ai raccomandati dai laici? La vendita delle indulgenze si è davvero "evoluta" in vendita delle supplenze o delle udienze?
#1415
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
13 Ottobre 2019, 16:43:39 PM
Citazione di: baylham il 13 Ottobre 2019, 00:54:51 AM
Io sono ateo, non sono cristiano. Difendo la mia scelta perché altrimenti sarei cristiano, islamico o altro.
Questo tema della «difesa» (non intendo la tua personale, è infatti tipica di molti altri atei, come dimostra anche questo forum) è ciò che non mi quadra, almeno finché parliamo solo di ateismo (e non di anti-religione): se ho fatto i miei ragionamenti e sono giunto ad una conclusione atea, non c'è nulla da cui debba difenderla: se dico di volerla difendere da critiche, domande, dubbi, etc. ricado in un dogmatismo molto affine a quello religioso, seppur con il segno meno davanti (significa smettere di fare filosofia attiva, che per fortuna non è un obbligo di legge); se dico di volerla difendere da simboli e rituali pubblici, forse dimentico che tale ateismo è frutto di riflessione perlopiù privata, e anche se tutti intorno a me hanno un simbolo al collo e, estremizziamo, mi costringessero con la forza ad indossarlo, anche in quel caso, secondo me, non avrei da difendere il mio ateismo in sé, perché resterei comunque intimamente ateo nonostante la farsa esteriore (dovrei difendere semmai la mia libertà di espressione, di abbigliamento, etc. e altri valori, ma non il mio ateismo in sé).
La domanda allora è: che cosa può "attaccare" davvero il mio ateismo spingendolo all'auto-difesa? Secondo me, nulla, di certo non un simbolo appeso per legge ad una parete (di un posto che magari nemmeno frequento). Domanda speculare: il mio ateismo cosa "dovrebbe" attaccare? La risposta, per me, è sempre «nulla», perché il mio non credere a qualcosa non implica logicamente il voler rimuovere dal mondo ciò da cui non credo (c'è notoriamente una connessione fra questi due aspetti, tuttavia è politica, psicologica, etc. non logica; per diventare "filosofica" è necessario almeno il passaggio dal non-credere al credere-che-sia-male, ma ciò va ben oltre l'ateismo, essendo antagonismo e non mera negazione).

Citazione di: baylham il 13 Ottobre 2019, 00:54:51 AM
se anche il Dio cristiano o islamico o altro esistesse sarei ancora più convintamente ateo.
Qui onestamente non ho capito: se dio esistesse, negheresti ancor di più la sua esistenza? Intendi forse che gli saresti ancora di più oppositivo ("anti")?
#1416
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
12 Ottobre 2019, 13:57:30 PM
Citazione di: baylham il 12 Ottobre 2019, 00:53:35 AM
Ho scritto "dopo o prima del crocifisso" perché il crocifisso non è per me il pomo della discordia, semmai sarebbe l'obbligo del crocifisso, che è cosa ben diversa.
Fare dell'obbligo del crocifisso il pomo della discordia è, secondo me, fuorviante perché ci si rivolge al simbolo e non a ciò di cui è simbolo. Se il pomo della discordia fosse l'8 per mille o altra realtà non simbolica, troverei la discordia più sensata. Mirare al simbolo più che al cuore del problema mi sembra come erigere una palafitta sul piano del dibattito sulla "libera chiesa in libero stato": si parla del marginale salvaguardando, contrariamente alle intenzioni, l'essenziale. Scommetto che molti festeggerebbero il divieto del crocifisso come una "vittoria", un importante passo verso la laicizzazione della pedagogia, etc. quando sarebbe più probabilmente un gesto atto solo a salvaguardare e ristabilire il senso simbolico del crocifisso.
Intendiamoci, si tratta di una mia perplessità personale nel comprendere tale antagonismo verso un simbolo inefficace, non certo perché voglia spiegare agli altri dove mirare o su cosa polemizzare.

Citazione di: baylham il 12 Ottobre 2019, 00:53:35 AM
Proviamo a rovesciare la posizione: se è un simbolo ininfluente perché non lo si toglie?
Perché molti non si avvedono di tale ininfluenza (come dimostrano queste discussioni), sia quelli che nel dubbio preferiscono vedere comunque il loro simbolo esposto, sia quelli che vedono in quel simbolo un plagio sulle giovani menti, che non credo, in media, ci vedano tutto quello che ci vede, ad esempio, Ipazia (Paolo di Tarso, Cirillo di Alessandria, le guerre di religione come epifenomeno dello spirito totalizzante e totalitario, etc. basterebbe parlare con un ragazzo per fare un test sull'efficacia comunicativa di tale simbolo), sia quelli che osteggiano tale simbolo perché non rappresenta la propria visione del mondo o quella dello stato in cui vivono. Per me è, ripeto, un falso problema da "adulti" ancora affascinati dai simboli che ai "nostri" tempi avevano ben altra forza, perché connessi a coercizioni non affatto simboliche; quest'ultimo aspetto, almeno per me, è il vero ago della bilancia del senso del discorso.

Citazione di: baylham il 12 Ottobre 2019, 00:53:35 AM
Perché si sostiene e difende la sua presenza come un elemento essenziale dell'arredo scolastico (il re, oggi il Presidente della Repubblica, nelle aule scolastiche è invece scomparso, nessuno ne sente la mancanza)?
Qui non posso rispondere, non essendo fra coloro che lo ritengono essenziale; a scanso di equivoci: non sono a favore né dell'obbligo del crocifisso, né a favore del suo divieto, quanto piuttosto a favore della possibilità di esporre simboli di varie religioni (assieme ad orologi, calendari lunari, tavole periodiche, etc.).

Citazione di: baylham il 12 Ottobre 2019, 00:53:35 AM
Mi sembra che i conflitti siano fortemente caratterizzati simbolicamente, si esprimano in forme simboliche.
Certamente sì, tuttavia se il conflitto dei simboli è l'unica forma di conflitto residuo bisogna prendere atto che è un conflitto sterile: se non sbaglio, nelle scuole, i programmi ministeriali e i docenti sono laici, non c'è più da tempo ingerenza della chiesa, nessun conflitto concreto fra ideologie religiose e non. C'è ancora l'ora di religione e su di lei avrebbe semmai senso dibattere, perché ha un effetto reale e non simbolico; come dicevo, stiamo guardando il dito (e la sua manicure), non la luna (fermo restando che ognuno può fissare ciò che più gli interessa, ci mancherebbe...).

Citazione di: baylham il 12 Ottobre 2019, 00:53:35 AM
Io non posso che difendere il mio ateismo, altrimenti sarei come un muro bianco dove chiunque può appendere il suo simbolo.
Eccoci forse al vero nodo essenziale della questione: «difendere l'ateismo». Parlando da ateo ad ateo, perdona la franchezza, è un'espressione che non ha senso, anzi, riduce l'ateismo ad una forma di "culto" con i suoi "divieti", la sua auto-difesa dai "nemici", etc. praticamente la stessa "struttura" di una religione; questo non è a-teismo (filosoficamente parlando), va ben oltre, è piuttosto anti-teismo, anzi, non agendo nemmeno su un piano teoretico (o "ateologico"), è schietta avversione alle chiese (anti-ecclesismo? anti-clericalismo?), di certo non è filosofica negazione della divinità (prendo comunque atto che siamo nella sezione «attualità» e non «filosofia»).
L'«ateo militante» è filosoficamente un nonsenso (proprio come il "non-sportivo militante" o l'"analfabeta militante"), anche se nella nostra tradizione, figlia di "Don Camillo contro Peppone", si confonde spesso (e, inconsciamente, volentieri) il (rin)negare con l'aggredire, il non-credere con il rimuovere, la libertà dall'imposizione altrui con l'imposizione della propria "liberazione", etc. tutto ciò viene chiamato sbrigativamente «ateismo», ma è una forma di conflitto che non è affatto conseguenza logica, né tantomeno necessità teoretica, di una visione che nega l'esistenza di un dio (bisogna tuttavia riconoscere che il fatto che molti pensatori siano stati, in epoche ben più "combattute", oltre che atei anche anti-religiosi, non aiuta a distinguere le due posizioni).

Citazione di: baylham il 12 Ottobre 2019, 00:53:35 AM
La legge che vige non è la legge dell'uomo, è la legge di una parte degli uomini, la cui maggioranza è fortemente influenzata dal cristianesimo.
Per un ateo, la legge che vige non può che essere inevitabilmente quella dell'uomo (non essendoci dei): dell'uomo-credente, dell'uomo-laico, dell'uomo-ateo, etc. e il fatto che gli uomini credenti abbiano ancora un'influenza culturale sulla società, considerata l'immaturità (storica e non solo) dell'ateismo, non comporta necessariamente un "contrattacco" alla religiosità (siamo davvero rimasti a guelfi contro ghibellini?): di certo è una possibilità, ma non dovremmo chiamarlo, secondo me, a-teismo (né laicismo, per quanto quest'ultimo non debba necessariamente essere sinonimo di tolleranza, pluralismo, etc.).
#1417
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
10 Ottobre 2019, 22:28:34 PM
Non so quali siano le norme vigenti in materia di censura di immagini violente in luogo frequentato da minori (a questo mi riferivo con l'elenco e l'«etc.»), quindi ti do la mia opinione spiccia personale: non credo il crocifisso rappresenti un'immagine così violenta da risultare scabrosa per bambini e ragazzi (che potrebbero vederla a tinte ben più drammatiche nei crocifissi in chiesa o altrove), in fondo è un uomo pudicamente coperto con le braccia aperte; rispetto ad immagini trasmesse in tv o nei videogiochi (sorvoliamo sul web) credo si tratti di una violenza decisamente poco conturbante (classificabile "pegi3"), quindi non da censurare (secondo me).
#1418
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
10 Ottobre 2019, 21:38:04 PM
Citazione di: baylham il 10 Ottobre 2019, 18:23:38 PM
Il contrasto sull'obbligo del crocefisso in classe non è affatto irrilevante perché il simbolo è ininfluente.
Il conflitto sul simbolo è a sua volta il simbolo del conflitto religioso, sociale, politico, ideologico che è in atto, quotidianamente
Perché deviare (e alienare) il conflitto fra posizioni verso un conflitto fra (meta)simboli? Non è meglio esplicitare il conflitto sui temi concreti? Quando un insegnante parla di evoluzionismo, di preservativi, etc. non parla di simboli e svolge la sua funzione educativa; diventa dunque irrilevante qualunque simbolo sia appeso dietro la sua cattedra.
Fare del crocifisso il pomo della discordia, sperando che iniziando da quello poi seguiranno altre modifiche, significa, secondo me, confondere il simbolo con le norme che esso simboleggia: che cosa vogliamo modificare fra i due? Possono esserci dieci simboli appesi o nessuno, e l'8 per mille, la selezione dei docenti di religione, etc. non averne necessariamente la minima ripercussione. Ricordavo i tribunali: se lì il crocifisso c'è, la legge che vige è solo quella dell'uomo: oggi la norma non si confonde con il simbolo.

Citazione di: baylham il 10 Ottobre 2019, 18:23:38 PM
Dopo  o prima del crocefisso viene l'ora di religione, la selezione degli insegnanti di religione, l'8 per mille, il suicidio assistito, l'eutanasia, l'aborto, i servizi sociali, la sessualità ...
Forse è un "piano inclinato" un po' troppo forzato, basato sul ruolo forte del simbolo tipico, come dicevo, di un paio di generazioni fa; le nuove generazioni stanno imparando a distinguere il dito dalla luna e "noi vecchi" siamo qui a discutere sulla manicure.

Citazione di: baylham il 10 Ottobre 2019, 18:23:38 PM
Si tratta della concorrenza, competizione, selezione ideale, culturale che informa la società, qualunque società.
Non rilevo (ma magari sbaglio) che quel simbolo in sé sia minimamente (in)formativo per chi frequenta quelle aule, né al di qua né al di là della cattedra. Sulle tematiche (non simboliche) sopra citate, l'informazione di oggi mi pare piuttosto libera e plurale (almeno nei paesi con il crocifisso), con buona pace dei simboli monotematici e monoteisti che abbiamo ereditato dal nostro passato. Oggi (e ormai da tempo) sono gli schermi a gestire le informazioni e le rispettive influenze, non più le pareti...


P.s.
Citazione di: Lou il 10 Ottobre 2019, 18:28:31 PM
Bene, se effettivamente irrilevante, appendiamo l'orologio. Non capisco il fatto di osteggiare un muro scevro da alcun credo.
Non lo osteggio affatto, anzi:
Citazione di: Phil il 04 Ottobre 2019, 12:53:18 PM
mi pare più sensato lasciar libertà di decorazione delle pareti scolastiche (tranne simboli macabri, pornografici, violenti etc.), lasciando che siano poi i genitori a scegliere se mandare il proprio figlio alla scuola che ha appeso il crocefisso, o la falce e martello, o la foto del presidente, o una testa di cinghiale, o l'aglio contro i vampiri, o semplicemente l'orologio.
Più che il divieto di appendere simboli, lascerei la possibilità di metterne a piacimento (tranne suddette eccezioni), il che non nega la possibilità di non metterne nessuno; nel mio piccolo, così intendo il pensiero laico.
#1419
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
10 Ottobre 2019, 15:29:09 PM
Citazione di: anthonyi il 10 Ottobre 2019, 14:19:49 PM
Ciao Phil, ma se la presenza del crocifisso è così irrilevante come tu dici, allora perché ci sono tutte queste discussioni ?
Sono proprio queste discussioni a renderla rilevante, o meglio, a far sembrare che lo sia. La sua rilevanza è quasi nulla poiché gli effetti della sua presenza (come ho ricordato sopra) sono piuttosto scialbi se non addirittura assenti. Ciò tuttavia non impedisce che quel simbolo sia strumentalizzato per discorsi inattuali, per ridondanti polemiche fra fazioni o per alimentare falsi problemi (rischio crescente in modo proporzionale all'aumento della "comunicazione indiscriminata", come sui social).

In generale, credo che il proliferare di discussioni su un tema, non sia sufficiente a decretarne la serietà o la fondatezza; per restare nell'ambito, direi che si può dibattere a lungo anche sul "sesso degli angeli" senza che ciò diventi per questo una questione effettivamente rilevante.
#1420
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
10 Ottobre 2019, 11:36:44 AM
Non credo basti un crocifisso in classe a rendere cattolica una scuola e tantomeno a renderla una scuola "legittimata"(?) dal cattolicesimo o addirittura una scuola di cattolicesimo (fra le nostre scuole e le scuole coraniche ci sono anni luce di distanza, non scherziamo please). Secondo me oggi il dibattito sul crocifisso è in ritardo di almeno mezzo secolo, nel senso che avrebbe avuto le sue ragioni fino a due generazioni fa. Probabilmente se un ragazzo "medio" leggesse i nostri discorsi, si chiederebbe come mai diamo tanta importanza a un oggetto appeso ad una parete, magari ipotizzerebbe che stiamo usando un linguaggio in codice per riferirci ad altro... e questa ipotesi si è rivelata molto plausibile: il crocifisso come pretesto per addentrarsi nel tema della laicità (che è come parlare dello spray anti-zanzare per riferirsi alla catena alimentare, ma da qualche parte bisogna pur iniziare, no?).

Considererei due presupposti (metodo)logici: un simbolo assume un valore anche in base al contesto in cui viene posto e il destinatario di una comunicazione non è mai passivo ma interpreta attivamente il messaggio.
Per quanto riguarda il secondo punto, come già accennato, credo che gli attuali destinatari del messaggio di un crocifisso in classe, siano piuttosto ciechi al suo imporsi come simbolo di una storia e una visione del mondo bimillenaria: sono altri i canali da cui ricevono i messaggi e gli input che strutturano la loro prospettiva sul mondo (famiglia, amici, media, etc.) e credo questo valga ancor più per gli adulti (giusto?). L'attuale "sensibilità semantica", in generale, ci rende (noi italiani e gli occidentali in genere) piuttosto indifferenti, ragazzi inclusi, a pacchetti di sigarette su cui sono scritte verità scientifiche con tanto di illustrazioni esplicative, siamo ormai desensibilizzati ad immagini forti ed ammonimenti che pur sappiamo essere veri e riguardare la nostra salute (non la nostra visione del mondo). Se questi messaggi non funzionano, vengono ignorati (fallendo la propria "missione" di esser segno, comunicazione, etc.), mi stupirebbe che un crocifisso, decisamente più criptico e "pedante" nel comunicare, avesse miglior fortuna (soprattutto nei casi in cui «non c'è peggior sordo...», proprio come per le sigarette).

Probabilmente, oggi, il crocefisso sta vivendo nelle aule il passaggio semiotico dall'esser simbolo all'esser decorazione o elemento strutturale di default come fosse un cartello «vietato fumare» (non lo dico per blasfemia, ma perché mi sembra una constatazione piuttosto fattuale). Vederlo in un'aula e percepire un suo qualche "potere" sociologico o propagandistico o dottrinale, significa tornare ai tempi di guelfi e ghibellini; rievocazione storica di sicuro interesse ma da non confondere con l'attualità. Per tutelare il valore simbolico del crocifisso bisognerebbe ridurne l'esposizione in spazi che ne svalutano il senso, una volta preso atto dell'indifferenza che suscita: se metto un marchio/logo/simbolo ovunque ed esso non sortisce effetto (o l'effetto contrario), lo sto solo depotenziando.

Qui si innesta il primo presupposto di cui sopra: il contesto. Nelle aule, i docenti parlano indisturbati anche di/da prospettive laiche, di evoluzionismo e di preservativi, alcuni di loro sono atei e non vengono certo licenziati, alcuni ragazzi (a ricreazione e non) bestemmiano "serenamente" e tutto scorre come se quel crocifisso non ci fosse... in quanti, ad esempio, lo guardano e si fanno un segno della croce? Viene mai detta una preghiera di fronte a quel crocifisso? Qualcuno dirà «ci mancherebbe, non siamo mica in chiesa!» e forse è proprio questo il punto (che dimostra di come il crocifisso sia un falso problema e non sia paragonabile alla leggera al ruolo di altri simboli in altre culture): fuori dalle chiese, i crocifissi (non quelli indossati) sono arte, commemorazione, etc. ma oggi non marcano più alcun territorio ideologico, né nelle scuole né altrove (se non negli animi di chi, per amor di antagonismo, cerca un pretesto per appellarsi alle nefandezze del clero, seguendo la già citata adolescenziale psicologia inversa). Persino nei tribunali, la presenza di un crocifisso è ininfluente perché la legge applicata è poi di fatto e di diritto quella scritta dall'uomo; si giura di dire la verità (seppur, se non sbaglio, da quasi un quarto di secolo non si scomoda più la divinità), tuttavia se poi viene scoperta una menzogna, non si risolve tutto con una sincera confessione in chiesa, ma se ne valutano le conseguenze nell'al di qua del tribunale terreno.

Sono spesso gli atei (o meglio gli "antitei"), a vedere nel crocifisso un messaggio ingombrante e condizionante il suo contesto di esposizione quando, fino a prova contraria, la sua presenza è oggi quasi irrilevante perché viene sistematicamente ignorata (seconda premessa) e "marca il territorio" (prima premessa) come lo può marcare, mi si conceda l'esempio banale, un dizionario di inglese su una scrivania (senza che essa diventi per questo territorio del commonwealth): in entrambi i casi se il "marchio" non ci fosse, si vedrebbe sicuramente la differenza (il vuoto su parete e tavolo) e si perderebbe un'occasione per polemizzare (magari nonostante lo strato di polvere dimostri come quel dizionario non sia stato utilizzato e quindi non abbia contribuito attivamente alla "colonizzazione anglofona").

Secondo me, il pensiero laico, finché pensa che il crocefisso in classe sia un fattore rilevante o abbia un valore simbolico discriminatorio, non è davvero laico, almeno se per «laico» intendiamo quell'approccio che non dovrebbe chiudersi in una prospettiva dogmatica, ma tantomeno chiudere la possibilità di esprimere pubblicamente prospettive (non necessariamente tutte quelle possibili in egual misura, non siamo in "campagna elettorale teologica"), sempre secondo le leggi vigenti ovviamente (tutte inevitabilmente dogmatiche, ma non andiamo off topic). Che in Italia la prospettiva più in voga, per motivi storici e culturali, e quindi inevitabilmente anche la più simboleggiata, sia il cristianesimo, non dovrebbe (s)paventare la minaccia di un'ingerenza ideologica dello "stato pontificio" nei processi educativi, situazione che sarebbe certamente non laica ma che mi pare tuttavia piuttosto inattuale e fantasmatica (al contrario di quanto possa far pensare talvolta il dibattito sul crocifisso).
#1421
Attualità / Re:Crocefisso il classe?
04 Ottobre 2019, 12:53:18 PM
Secondo me si sopravvaluta l'influenza di simboli appesi alle pareti, pubbliche o private che siano. Chiaramente, se vengono affissi per legge in pubblico o per scelta personale in privato, è una differenza molto importante, ma considerando soltanto il loro impatto effettuale-psicologico, non sono certo che siano sufficienti a condizionare la visione del mondo di un alunno più di altri fattori, ad esempio quelli umano-relazionali (non icastici). Non sono nemmeno convinto che, in generale, simboli religiosi e affini stimolino una psicologia inversa, di ribellione e icono-clastia (sarebbe pur sempre un condizionamento, seppur di direzione opposta, quindi rivelerebbe comunque una mancanza di pensiero critico e personale). Forse si potrebbe chiedere anche ai diretti interessati qual'è l'influenza che percepiscono dall'effige appesa (visto che qualcuno di loro potrebbe diventare persino un votante) e scommetto che molti risponderebbero come il nipote di pincopallo (che sperò mi perdonerà per la citazione personale, fatta senza nessuna malizia), dimostrandoci che spesso siamo noi adulti a proiettare i nostri (falsi) problemi su di loro.

La propaganda di mezzo secolo fa si rivolgeva ad un popolo con una differente "sensibilità semantica": all'epoca l'effige pubblica era vissuta (subita?) come un simbolo potente, oggi l'immagine statica ha un ruolo più debole nella società e, curiosamente, (ci) diciamo di essere ancora sensibili alla sua influenza (sbaglierò, ma così mi pare) più per gusto di polemica che per autentico turbamento psicologico. Davvero un alunno religioso si sente abbandonato dal suo dio se non lo vede raffigurato in classe oppure, viceversa, un alunno ateo si sente oppresso e minacciato da un simbolo appeso in aula? Se così fosse, in entrambi i casi, per me, si avrebbe paradossalmente una funzione educativa importante per il fanciullo: «ragazzo/a mio/a, "fatti il callo" che nel mondo ci sono tante prospettive, alcune dominanti, altre represse, e quelle messe in bella vista non sono necessariamente le migliori, tuttavia sono forse quelle da tener più presente nella comprensione della visione della maggioranza popolare, ma ciò non ti deve impedire di usare il tuo cervello, inizia a documentarti e a riflettere» (magari riformulato meglio... non sono pratico di discorsi genitoriali). Se "un figlio" dicesse che un dio esiste perché glielo hanno insegnato a scuola, non credo sia "colpa" del crocifisso in classe e se vogliamo istruirlo laicamente lo iscriviamo ad un corso di gli regaliamo un libro di storia delle religioni o di logica (se proprio non possiamo parlargliene di persona), al resto penserà lui. Viceversa, se vogliamo educarlo religiosamente, più che chiedere di mettere il crocifisso in classe, conviene mandarlo a catechismo in parrocchia e dare il buon esempio in famiglia.

Personalmente, non credo abbia senso un eventuale divieto di appendere simboli religiosi (anche perché magari poi li metterebbero sul tavolo o addosso ai docenti o altrove), mi pare più sensato lasciar libertà di decorazione delle pareti scolastiche (tranne simboli macabri, pornografici, violenti etc.), lasciando che siano poi i genitori a scegliere se mandare il proprio figlio alla scuola che ha appeso il crocefisso, o la falce e martello, o la foto del presidente, o una testa di cinghiale, o l'aglio contro i vampiri, o semplicemente l'orologio. Considerando che spesso si sceglie la scuola anche in base alla vicinanza, si potrebbe persino lasciare autonomia alle scuole nel far votare democraticamente ai genitori degli iscritti cosa (e se) appendere nelle classi; fermo restando che, didatticamente, per me si rasenta il falso problema.
#1422
Attualità / Re:Voto ai sedicenni?
03 Ottobre 2019, 16:36:39 PM
Citazione di: Eutidemo il 03 Ottobre 2019, 14:58:11 PM
Se sei davvero convito di volerti imbarcare su un aereo pilotato da un bambino di otto anni, solo perchè la sera si è allenato con i videogames di pilotaggio, accomodati pure; poi, sempre che tu sia ancora vivo, raccontami come è andato il volo!
Si parlava, se non sbaglio, di capacità neurologiche potenziali; anche gli adulti non passano in un giorno dal simulatore alla guida solitaria; fermo restando che la guida non è fatta solo di potenzialità neurologiche: se faccio una pernacchia ad un pilota adulto e poi scappo, difficilmente mi rincorrerà, abbandonando la guida, o si metterà a piangere o avrà altri comportamenti infantili, ma ciò esula dal saper o meno guidare l'aereo "tecnicamente".

Citazione di: Eutidemo il 03 Ottobre 2019, 14:58:11 PM
Ed invero, il pilotaggio lo sviluppo osseo-muscolare non ha alcuna rilevanza, poichè le apparecchiature di bordo sono tutte computerizzate; ma il cervello di un bambino di otto anni, non è ancora minimamente attrezzato per poterle gestire.
Riguardo all'osseo-muscolare, mi riferivo alle sollecitazioni fisiche della guida di un'auto:
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2019, 15:19:34 PM
come complessità di elaborazione "mentale" non hanno nulla da invidiare ad un'auto (pur non avendo lo stesso impatto fisico sul giocatore: accelerazioni, etc. ma lì è una questione di sviluppo osseo-muscolare, non cognitivo).


Citazione di: Eutidemo il 03 Ottobre 2019, 14:58:11 PM
L'ho sperimentato personalmente con mio nipote di dieci anni, che non è assolutamente in grado di effettuare una simulazione di volo in "modalità realistica"; ci riesce solo in modalità "arcade", senza doversi preoccupare dell'effetto giroscopico e di altri complessi problemi aviatori.
Sicuramente anch'io, come il bambino, non saprei gestire l'effetto giroscopico «e altri complessi problemi aviatori» tuttavia, se ce li spieghi adeguatamente, sei davvero sicuro che io (o un anziano) li capisca e li gestisca meglio di lui? La capacità d'apprendimento è più forte nei bambini, se non ricordo male.

Citazione di: Eutidemo il 03 Ottobre 2019, 14:58:11 PM
Hai invece ragione nel dire che il pilotaggio ed il voto sono operazioni ben differenti: ed infatti, in modalità "arcade", mio nipote riesce a gestire discretamente una simulazione di volo, ma, con il (bellissimo) simulatore geopolitico "Democracy 3", non riesce nemmeno a capire il senso del gioco.
[C'ho giocato un po' anch'io di recente: molto interessante, sarebbe quasi didattico per ragazzini aspiranti votanti]
Sei certo che non capisca il senso del gioco per motivi cognitivi? Non gli mancano forse piuttosto le nozioni adeguate (economia, temi socio-politici, etc.)? Senza tali nozioni, un adulto capirebbe comunque il gioco in virtù di un superiore sviluppo cognitivo o avrebbe le stesse difficoltà?

Citazione di: Eutidemo il 03 Ottobre 2019, 14:58:11 PM
Non c'è dubbio che un bambino di otto anni sia ancora impossibilitato psicologicamente di sostenere "validamente" che "questo secondo me è bene, quest'altro secondo me è male"; ed infatti, in tutto il mondo, fino a 14 anni i bambini sono universalmente riconosciuti "incapaci di indendere e di volere".
Tale capacità è indubbiamente "in fieri", ma, secondo l'unanime parere di tutti gli psicologi dell'età evolutiva, non è ancora sufficiente nè per l'imputabilità penale, nè per il diritto di voto.
Si tratta di riconoscere proprio quel «validamente»(cit.): non significa che non abbiano le capacità per farlo (come, se non erro, sostenevi), ma che la qualità del loro discriminare non è attendibile e, come ora scrivi, «non sufficiente» (e su questo concordiamo tutti, credo); mi premeva distinguere fra la radicalità del non-potere «fisiologicamente e neurologicamente»(cit.) dalla constatazione del poterlo-fare-limitatamente.
Sull'incapacità di intendere e di volere (anch'essa di vecchia data): si tratta dello sviluppo cerebrale, di cui poco si sapeva secoli fa, o di atavica constatazione sociale di quanto un bambino sia manipolabile, immaturo, ignorante, etc.?

Citazione di: Eutidemo il 03 Ottobre 2019, 14:58:11 PM
Quanto alla questione degli anziani, malattie mentali a parte, la neurologia, in merito alle loro capacità medie, rileva una diminuzione delle capacità mnemoniche a breve termine, ma non della capacità di ragionamento; ed infatti, alcune aree sono particolarmente sensibili all'invecchiamento, altre più resistenti ed altre ancora, invece, continuano addirittura a maturare.
Per saggiare le capacità di ragionamento di un anziano medio, potresti fare l'esperimento di spiegare a lui ed a un bambino medio di 8 anni il suddetto «Democracy 3» e poi misurare le differenti "performance". Rileverai solo differenze per potenzialità neurologiche, oppure soprattutto per capacità di comprendere temi e fenomeni simili a quelli con cui ci si è confrontati (o no) in passato (v. esperienza di vita, etc.)?
#1423
Attualità / Re:Voto ai sedicenni?
02 Ottobre 2019, 15:19:34 PM
Citazione di: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 14:13:36 PM
Il motivo per il quale un bambino di otto anni non viene legittimato a votare in nessuna parte del mondo, non è certo quello che ha solo "poca esperienza di vita";
Dopo «esperienza di vita»(autocit.) c'era anche un «etc.» di cui non sottovaluterei la portata (confesso che per pigrizia non mi sono dilungato).

Citazione di: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 14:13:36 PM
un bambino di otto anni (o peggio ancora di cinque o di tre), non ha le prestazioni cognitive sufficienti e necessarie, correlate allo sviluppo della corteccia frontale e prefrontale, nè per poter guidare, nè per poter pilotare un aereo, nè per poter votare.
Non sono sicuro sia così: bambini di 8 anni giocano già a simulazioni di guida di mezzi (persino aerei ed astronavi) che richiedono abilità cognitive di guida superiori a quelle di un'automobile; certo, si tratta solo di giochi, ma come complessità di elaborazione "mentale" non hanno nulla da invidiare ad un'auto (pur non avendo lo stesso impatto fisico sul giocatore: accelerazioni, etc. ma lì è una questione di sviluppo osseo-muscolare, non cognitivo).

Citazione di: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 14:13:36 PM
Cioè, in parole povere, manca fisiologicamente e neurologicamente della capacità cerebrale per poter fare l'una o l'altra cosa,
La guida e il voto le vedo operazioni ben differenti: nella guida la visione del mondo, l'etica, la conoscenza di procedure da adulto ed altri aspetti di valutazione sociale, restano piuttosto in disparte. Non mi convince inoltre che un bambino di otto anni sia impossibilitato «fisiologicamente e neurologicamente» di sostenere che «questo secondo me è bene, quest'altro secondo me è male» (il succo del voto può essere anche questo, poiché è vero che si votano persone, ma dovremmo votarle per quello che intendono fare, se ho ben capito lo spirito del voto...).

Citazione di: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 14:13:36 PM
così come risulta:
- da qualsiasi studio scientifico condotto sinora;
- dalle immagini e dai grafici riportati nel mio TOPIC iniziale;
- dal mero buon senso!
Più che alla scienza, non sempre disponibile con i risultati odierni, credo che si sia storicamente preferito far votare in determinate età per il «mero buon senso», basato più sulla valutazione comportamentale (v. esperienza di vita, etc.) che su studi scientifici non disponibili, ad esempio, all'epoca dell'impero romano o qualche secolo fa.

Non fraintendermi, non intendo dire che le facoltà mentali siano totalmente irrilevanti, ma piuttosto che non siano il criterio più pertinente su cui discriminare la possibilità del voto, altrimenti, come dicevo, per molti anziani (non parlo di casi estremi o di malattie) andrebbe rivalutato il diritto di voto (come si fa per la patente): cosa dice la neurologia in merito alle loro capacità medie?


P.s.
Avevo dimenticato di rispondere a questa domanda:
Citazione di: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 11:08:54 AM
Citazione
Far votare i giovani ne aumenterebbe la maturità o è l'idea di farli votare a rivelare la sua stessa immaturità?
La sua di chi?
Se ti riferisci ad Enrico Letta, direi che la sua idea è tutt'altro che "immatura", ma semmai è un po' "paracula"
«Sua» si riferisce all'idea, nel senso che forse è "immatura" come proposta, non ben ponderata (al netto di eventuali convenienze politiche).
#1424
Attualità / Re:Voto ai sedicenni?
02 Ottobre 2019, 12:41:30 PM
Citazione di: Eutidemo il 02 Ottobre 2019, 11:08:54 AM
Che nel tema del voto siano fondamentali le performance del cervello medio ad una determinata età, è talmente ovvio, che non necessita neanche di essere dimostrato;  sarebbe sufficiente la dimostrazione "a contrario", per la quale, se per votare non fossero fondamentali le performance del cervello medio ad una determinata età, ne conseguirebbe che potremmo far votare anche i bambini di otto anni.
Intendo che la questione del voto non è riducibile alla neurologia: le prestazioni del cervello di un anziano non sono certo brillanti, eppure non vengono messi in discussione né la sua partecipazione alla vita politica né il suo diritto al voto. La differenza fra un bambino di 8 anni e un anziano, il fattore che giustifica che sia il secondo a poter votare, non mi sembra siano le prestazioni cognitive, quanto altri fattori socialmente valutati (esperienza di vita, etc.).
#1425
Attualità / Re:Voto ai sedicenni?
01 Ottobre 2019, 16:28:43 PM
Nel tema del voto non credo siano fondamentali le performance del cervello medio ad una determinata età, al massimo, forse, contano le prestazioni del cervello di chi viene votato, ma anche in quel contesto ci sono altre mille variabili, come hai ricordato, che evitano di farmi pensare che si possa passare dall'ideale re filosofo a quello del politico ideale a base di silicio: se la politica non è una scienza esatta, ma una questione di ideali normativi, di problem solving, di relazioni pubbliche, etc. contano molto anche il vissuto e la visione del mondo di quel cervello (senza voler sminuire il ruolo del ragionamento astratto e delle capacità cognitive di interagire con l'ambiente circostante). 
Alcuni fattori secondo me da considerare, in brain storming:
- a 16 anni, se non erro, il programma scolastico non ha ancora raggiunto la storia contemporanea (e non so a che punto sia l'eventuale corso di educazione civica, se c'è), per cui si darebbe il diritto di voto a chi potenzialmente non ha mai sentito parlare seriamente di democrazia e non ha idea di come funzioni uno stato moderno o il suo stesso stato
- tuttavia, anticipare il diritto di voto potrebbe stimolare i giovani (o almeno una loro minoranza) ad iniziare prima a informarsi per costruirsi una coscienza politica; per quanto a quell'età il primo pensiero non sia esattamente il sommo bene per la comunità d'appartenenza
- risulterebbe quantomeno anomalo che un giovane possa votare, concorrendo alla determinazione di chi guida il paese, ma non possa poi guidare un'auto, comprarsi un pacchetto di sigarette, etc. non perché ci sia un oggettivo legame logico fra voto/patente/fumo/etc. ma perché sarebbe insolito il profilo social-antropologico di un individuo che ha una delle responsabilità più importanti nella sua comunità, mentre sottostà ancora a divieti che ne mettono in discussione la capacità discrezionale e l'affidabilità
- in altri tempi e in altri luoghi, come si suol dire, si era/è già padri/madri di famiglia a 16 anni, il che spinge(va) al doversi interessare di questioni da adulto: non certo il cambio di pannolini, ma la gestione economica della famiglia, la partecipazione a scelte comunitarie (condominiali, etc.), il seguire tematiche di attualità, burocrazia, leggi, etc.; il profilo del 16enne medio di oggi, in confronto, non mi sembra sia più rassicurante e maturo
- se al diritto di voto venisse associata anche la maggiore età (viceversa mi suonerebbe un po' forzato discriminare fra i due) verrebbe modificato anche l'habitat delle famiglie e tutte le dinamiche connesse (relazionali, psicologiche, etc.) con ripercussioni sociali sicuramente interessanti.

In sintesi: far votare i giovani ne aumenterebbe la maturità o è l'idea di farli votare a rivelare la sua stessa immaturità?


P.s.
Sul tema dell'epistocrazia non entro nel merito, essendo ancora uno dei tabù della nostra società.