Citazione di: Phil il 14 Gennaio 2017, 12:00:16 PMCitazione di: Sariputra il 13 Gennaio 2017, 23:34:02 PMla premessa di base della logica espressa nella formula A=A è pertanto una verità presunta, non dimostrata. Penso possa essere definita come una verità di tipo intuitivo, infatti intuiamo che un cane è un cane e non certo un asino. Questa intuizione però, che è vera certamente, è condizionata e non esclude altre intuizioni quali per l'appunto: A non è A, pertanto A, la realtà esistenziale nel tempo dell'ente cane.L'impermanenza non può essere tradotta "al volo" in forme logiche permanenti (l'ambizioso isomorfismo logico neopositivista), il linguaggio arranca sempre dietro allo scorrere del reale, restando sempre un passo indietro... l'assioma A=A è fuori dal tempo, ma il tempo umano non ha "realmente" un fuori (e ciò la dice lunga sulla fallibilità del linguaggio). E aggiungendo quantificatori temporali, rimane comunque arbitraria e "ritardata" (fuori sincrono) la loro esatta quantificazione: At1=At1, At2=At2, etc. ma in quell'"uguale", c'è tutta l'inafferrabile transitorietà dell'"è" pensato al presente: nel momento in cui lo dici è già passato, e anderebbe verificato di nuovo (se invece lo poni nel futuro, non puoi affermalo perchè non hai potuto ancora verificarlo...). I principi della logica (assiomi non dimostrabili all'interno dello stesso sitema che fondano) servono per poter parlare e, nella migliore delle ipotesi, ragionare correttamente, ma tale correttezza è "formale", quindi permanente, quindi astratta (alienata?) dall'impermanenza dell'accadere. Sostenere "A è anche Non-a, e proprio per questo può essere A"(cit.) probabilmente allude proprio alla temporalità fluente in cui "A" è in potenza anche "non A", ovvero "A" è la causa presente del suo successivo essere "non più A" (così come è stata effetto del suo precedente essere "non ancora A").
Sono d'accordo con te e sottolineo che "A è anche non-A, pertanto può essere A" non è altro che una formula che cerca di definire il fluire, l'impermanenza, che non può essere fermata, per sua natura, in una formula verbale. Tra l'altro non ha nemmeno l'intenzione di sostituirsi all'intuizione A=A, che viene ritenuta come "vera" nel senso comune di percepire gli enti , Che un albero sia un albero è vero, ma è una forma di verità parziale, incompleta, se così ci si può esprimere. Nel pensiero buddhista non si può staccare la formulazione di Nagarjuna dalla catena di produzione condizionata ( paticcasammupada): proprio perché A è anche Non-A, può essere causa del successivo essere A, come hai scritto...

P.S a me non pare che a dire essente sia dire esistente, uno è il participio presente di essere, l'altro di esistere, sono due verbi diversi e un motivo ci sarà, il primo richiama qualcosa che sta, definitivo, inamovibile, incontaminabile nella purezza tautologica di "è", il secondo invece qualcosa che si fa largo per saltar fuori e apparire nella fenomenologia dei suoi significati per ogni altro ente (i "cerchi dell'apparire", come direbbe Severino). Ma ognuno può vederla come meglio crede, che nulla, finché non si muore, sarà mai definitivo
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).
boh...incomprensibile per me e vorrei apposta il vostro illuminato parere... ).