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Messaggi - Jacopus

#1411
Hystoricum. In realtà, a proposito delle due domande che poni, nel tuo post #228, alla prima ha già risposto Darwin, fin dal libro, appunto, "l'origine della specie". Una spiegazione confermata dalle scoperte genetiche degli ultimi venti anni. Le specie nascono per differenziazione di parti del dna nel corso di centinaia di migliaia di anni o milioni di anni. La differenziazione nasce dall'esigenza di organismi autotrofi ed eterotrofi di adattarsi ad un ambiente fisico sempre mutevole. Una volta avviata la catena della vita è la stessa interazione delle forme vitali a condizionare, a sua volta, l'ambiente, in una rincorsa senza fine, e fatti salvi i traumatici eventi distruttivi globali, come quello di 65 milioni di anni fa, che permise ai mammiferi di sostituirsi ai dinosauri.
Su di questo, a meno di non voler definire la scienza una eresia e gli scienziati dei fanfaroni, non ci sono più dubbi. Mettere in dubbio l'evoluzionismo è una scelta rispettabile ma antiscientifica. Bisogna riconoscere all'evoluzionismo lo stesso livello veritativo della teoria della relatività o del motore elettrico o della statististica assicurativa.
La seconda domanda, ovvero come è avvenuto il passaggio dall'inorganico all'organico è ancora avvolto nel mistero. Sono state fatte molte ipotesi, un po' come per la nascita dell'universo, ma nessuna di queste ipotesi ha minimamente raggiunto il livello di certezza che ha ormai ottenuto l'evoluzionismo.
#1412
Tematiche Spirituali / Re: L'assurdità del tutto
04 Aprile 2022, 08:32:28 AM
"Molti anni fa mia madre mi portò a vedere una macchina del moto perpetuo...un nostro parente ci fece strada attraverso un corridoio buio fino ad una stanza. Era come entrare in un santuario: là in mezzo vidi un enorme congegno, un intrico di ruote e contrappesi che, ai miei occhi di bambina, parve un giocattolo fantastico. Il suo artefice era schivo: ci illustrò il funzionamento che avrebbe dovuto produrre il movimento senza fine. Percepii per la prima volta la vita di un uomo. Abbiamo giocato insieme, abbiamo inventato il suo meccanismo usando le parole dei racconti di nostra nonna, di nostra madre, di nostro padre. Immaginerò la vita dei nostri avi che non abbiamo conosciuto, i tuoi sogni e le tue speranze, avvolgendole come se fossero un filo di lana attorno alla sensazione che avevo provato di fronte a quel macchinario".
Da Luigi Cancrini, la cura delle infanzie infelici.
#1413
Tematiche Spirituali / Re: L'assurdità del tutto
03 Aprile 2022, 23:50:45 PM
Un pensiero banale ma concreto che devo esclusivamente alle mie frequentazioni nel pensiero pragmatico anglosassone. Fra il nulla e il tutto, c'è anche il "qualcosa" e il "qualcuno". Coltivare il proprio guardino è il grande privilegio che ci è concesso in quel recinto temporale che è la nostra vita. Proviamo a pensare alla nostra vita come ad un opera d'arte, ad una prova d'autore. Nello svolgersi del nostro romanzo, il tutto e il nulla assumono così l'aspetto di quesiti filosofici, senza più nulla di totalizzante o anicchillente. 
#1414
Scienza e Tecnologia / Re: Nascita della quantistica
03 Aprile 2022, 21:44:45 PM
Complimenti Hystoricum. Davvero carina e ben congegnata. :D
#1415
Hystoricum. La coazione a ripetere, in Freud e in molta psicoanalisi successiva, non è solo legata a Thanatos, cioè alla pulsione di morte. Una pulsione che in realtà, geneticamente non esiste, perchè altrimenti sarebbe contraria allo stesso mantenimento della vita in senso filogenetico (cioè come specie, al di sopra di ogni singolo individuo).
Esiste però il trauma. E il piccolo trauma del nipotino di Freud, che osservava sua madre andarsene via senza di lui, è uno dei primi esempi di riflessione sul trauma psicologico. La coazione a ripetere pertanto è, molto più plausibilmente, un meccanismo di risposta al trauma.
Il trauma (a proposito in tedesco sogno si dice "traum"), improvviso, cieco, inesplicabile ci ferisce in un modo profondo e terribile, ed ancora in modo più profondo e terribile quando siamo bambini. Non abbiamo alcun controllo sul trauma. Esso ci colpisce in modo impietoso ed è ancora più inspiegabile se non proviene dalle forze della natura o da emeriti sconosciuti ma addirittura da nostri familiari, come la madre del nipotino di Freud. Allora la mente umana, spesso distorta dall'esperienza traumatica, torna al trauma, se lo ripropone in tutte le "salse" perchè così crede o spera di poterlo controllare. La psiche umana, quando è traumatizzata, fa come certi assassini, che hanno bisogno di tornare sul luogo del delitto.
Jung la pensava come te a proposito dell'aspetto diabolico della coazione a ripetere, ma Freud era assolutamente ateo e non avrebbe potuto pensare ad alcuna presenza maligna. Pensava, erroneamente, che vi fosse nella psiche una sorta di pulsione di morte condivisa da tutti e che combatteva ad armi pari con l'altra fazione, Eros. A questo proposito, nell'ultimo libro di Freud, Il disagio della civiltà, vi sono pagine magistrali sull'argomento. Pagine che gli hanno valso, al di là del valore scientifico, l'ingresso nel Canone Occidentale di Harold Bloom, insieme a Dante, Shakespeare e pochi altri.
In realtà la pulsione di morte si struttura solo nelle persone che subiscono un trauma e più il trauma è serio, più la pulsione di morte agisce attraverso comportamenti a rischio, violenti, irresponsabili oppure si concretizza negli incubi notturni (i traume, appunto).
Ovviamente è tutta una questione di quantità e non di qualità, essendo tutti noi esposti a vari tipi di trauma dal momento della nascita in poi. Questo è quanto ho dire sull'argomento coazione a ripetere, che rappresenta una particolare declinazione del "determinismo comportamentale".
#1416
Viator. Ti ringrazio per le tue osservazioni, che mi permettono di riflettere meglio su ciò che scrivo.

Citazione(hardware, inteso come sistema operativo).........quindi un sistema operativo (SO per gli intimi) a tuo parere farebbe parte dell'"hardware".
 
In realtà era una metafora, non troppo felice, ma ero rimasto colpito dal passaggio descritto da Iano, che mi ha illuminato rispetto alla differenza sostanziale fra un computer e il cervello umano, laddove nel cervello umano non è possibile separare nettamente la parte operativa da quella strutturale perchè si condizionano a vicenda ed evolvono sulla base di quei condizionamenti. Il Computer nelle sue parti fisiche invece resta sempre lo stesso, indipendentemente dal software che si carica. In realtà avresti potuto farmi le pulci anche sul DNA, che può essere considerato anch'esso come una sorta di software, come un libro di istruzione per far "girare" in un modo specifico il corpo umano.

CitazioneInoltre, come se non bastasse, questi stati affettivi, che condividiamo anche con gli uccelli e gli altri mammiferi, sono a loro volta condizionati dal sistema mente/cultura, ...............quindi l'affettività farebbe parte delle funzioni mentali (cioè intellettuali / cerebrali) e non di quelle psichiche (cioè sentimentali / spirituali..........Complimenti !.
Scindere affettività e razionalità (res extensa  e res cogitans oppure esprit de finesse ed esprit de geometrie) secondo quanto riesco a capire del tuo intervento, è tipico di un pensiero che parte da Cartesio  ed arriva fino a Freud ma che si inerpica ancora ai giorni nostri. Niente di più errato. Gli aspetti emotivi ed affettivi influenzano in modo sostanziale il nostro pensiero logico-razionale, ed è affermato dalla grande maggioranza dei pensatori che si sono occupati di questo problema sia dal versante scientifico che da quello filosofico.

Citazionesono a loro volta condizionati dal sistema mente/cultura, ............quindi anche gli uccelli e gli altri mammiferi, oltre agli umani, possiederebbero una mente ed avrebbero formulato delle culture.

Il "sono a loro volta condizionati" è relativo agli stati affettivi e non agli animali. Che gli animali abbiano una mente è tuttora un oggetto molto intenso di studio e che alcune specie di animali abbiano una cultura, anche questo è in fase di studio. Uno dei risultati più eclatanti in questo campo è la scoperta di dialetti linguistici differenti, usati da diversi gruppi di orche.

In ogni caso ti ringrazio per l'attenzione con la quale leggi i miei scritti.
#1417
Il discorso di Iano, nel suo ultimo intervento, è davvero molto interessante ed esplicativo e mi ha fatto venire in mente un aspetto che può gettare una luce sul tema in argomento. Ovvero quello che Iano stesso dice, cioè che il software, nell'organismo umano, modifica lo stesso hardware. Cioè, se si inseriscono determinate esperienze memorizzate (software), quelle esperienze incidono non solo sul nostro comportamento futuro (hardware, inteso come sistema operativo), ma vengono inserite nella stessa espressione genetica (hardware come macchina e struttura fisica), che si serve di quelle memorie per far risaltare tratti comportamentali esprimibili, ma silenti, esattamente come accade per i comandi genetici per farci crescere la coda. Comandi che sono ancora presenti nel nostro DNA ma che sono stati silenziati nel corso della nostra evoluzione.
L'amore, pertanto, è uno degli stati affettivi di base, sicuramente, e pertanto estremamente importante per comprendere il nostro comportamento, indipendentemente da ogni considerazione sulla sua arbitrarietà o meno. Ma non è il solo. Vi sono altri stati affettivi di base che incidono sul nostro comportamento. Inoltre, come se non bastasse, questi stati affettivi, che condividiamo anche con gli uccelli e gli altri mammiferi, sono a loro volta condizionati dal sistema mente/cultura, che ha uno spazio di creazione di alternative e possibilità enorme. E' in questo spazio che si gioca il concetto di liberà volontà, che non va preso solo come dato scientifico, misurabile e presentabile come "fatto in un certo modo" per ogni singolo rappresentante della specie umana. Tutt'altro. E' possibile ritenere che la libera volontà dell'uomo del XX secolo sia un concetto ed una esperienza reale molto diversa dalla libera volontà dell'uomo del XXIII o del IV secolo. E questo essenzialmente per due motivi principali.
1) lo stesso concetto di libera volontà è un concetto neuroplastico, per cui se mi convinco di essere portatore di libera volontà, mi comporterò in modo tale da far risaltare questo tipo di comportamento (considerazione che vale per ogni altro concetto umano, dal considerarsi criminali a profeti).
2) La libertà di scegliere nasce da una società che permette di scegliere e che presenta alternative possibili. Se il servo della gleba è costretto a lavorare il pezzo di terra lasciatogli dal padre, la libertà di scelta si riduce, ma non per una condizione antropologica dell'uomo, ma per una condizione legata alla storia sociale. E questa stessa conformazione sociale, tipica di ogni epoca, condizionerà la stessa elaborazione dei concetti di quell'epoca, compresa la libera volontà e il determinismo e quant'altro. Per cui in una società con tanti servi della gleba emergerà probabilmente un concetto di libera volontà molto residuale, a favore di altri concetti consolatori o riparativi, come la vita eterna o il "nihil sub sole novi".

In realtà ripetizione (determinismo) e innovazione (libera volontà) sono entrambi necessari alla vita in un ambiente che è anche lui soggetto a ripetizione e innovazione.
#1418
CitazioneJacopus, se fosse come dici tu allora la realtà sarebbe davvero vuoto meccanismo. Non importa se casuale o necessario o entrambe le cose.

Non solo confermerebbe l'inesistenza del libero arbitrio individuale, diversamente da quanto ti ostini invece ad affermare contraddicendoti, ma neppure vi sarebbe alcuna Libertà assoluta!
In realtà non ritengo che vi sia alcuna contraddizione. L'agire umano non è nè totale determinismo, nè totale libertà, nè totale casualità, ma un interagire complesso fra queste cause. Se vuoi la libertà di agire dell'uomo, alla lunga, è anch'essa deterministicamente stabilita, perchè conseguenza della evoluzione, che ci ha fornito di un cervello perfino eccessivo, in grado di "vedere ed agire altrimenti". Ed è per questo motivo che homo sapiens, a differenza di qualsiasi altra specie può avere comportamenti che si pongono ad un livello superiore rispetto a quello istintuale (che comunque esiste anche in noi, ad un livello primordiale). Ed è per questo che esistono tribù che fanno dell'omicidio un atto onorevole mentre in altre società viene represso e considerato negativamente. E' la stessa possibilità di scegliere che ci dona la libertà di agire, così come l'autoriflessione sui nostri agiti e perfino sulla nostra memoria. Ed è per questi motivi che siamo parzialmente slegati dalla natura, pur facendone parte. Una considerazione che già i greci avevano fatto ma probabilmente non con la dovuta capacità di persuasione.

CitazioneIl ritenere che l'amore non sia argomento filosofico è una chiara posizione antifilosofica.
 
Mai affermata una cosa del genere. Occorre però contestualizzare. Se tu affermi una cosa del genere all'interno di un discorso sulla libera volontà, occorre approfondire, perché altrimenti si fa un "discorso della Montagna". E' ovvio che l'amore muove il nostro agire, ma anche l'odio, il desiderio, la paura, la rabbia, la necessità di cura, l'orgoglio, la vendetta, la maldicenza, la cupio dissolvi, la tossicodipendenza. Far risalire tutto all'amore è molto profetico ma, come minimo, incompleto.
CitazioneNon dissimile da chi considera la poesia una manifestazione sentimentale avulsa dalla logica.
Mentre la poesia, se autentica, è la massima espressione della logica.
Assolutamente d'accordo. La poesia è una delle massime espressioni dell'uomo, in grado di curare e lenire il dolore della vita. Ma ancora una volta credo che non sia proprio centrale rispetto al discorso sulla libera volontà.
#1419
CitazioneNoi siamo ciò che amiamo.
Per cui le nostre scelte derivano da questo amore.

La conoscenza è solo uno strumento, non ha alcun valore di per sé. Io non sono ciò che conosco. Posso dimenticare tutto, ma sono comunque me stesso.

La conoscenza, o meglio, l'esperienza, permettono all'amore di proseguire la sua ricerca dell'amato.
Il suo fine è giungere a Dio.
Ma Dio non ha nulla a che fare con la conoscenza.

Le scelte che compio derivano da ciò che sono, quindi da ciò che amo.
Posso ormai sapere che una scelta è male, ma farla comunque se questo è ciò che amo.

È solo quando l'amore in me muta direzione, e vuole di più, che allora scelgo diversamente.

Ma queste nuove scelte non si basano su nuove conoscenze, ma su ciò che sono ora, su come l'amore mi ha plasmato.

Bob. Se fossimo stati in sezione spiritualità avrei lasciato perdere. Ma visto che siamo in filosofia mi sembra necessario intervenire. Partiamo dal "noi siamo ciò che amiamo". Si tratta di una frase ad effetto, ma che a me pare completamente astratta. Cosa fa sì che io ami leggere, piuttosto che fare wrestling? Nasco lettore o lottatore? Oppure sono le esperienze nel corso della vita che mi forgiano in un certo modo? E se ad un certo punto della mia vita scopro il valore etico della lettura o della carità, a cosa devo quella svolta? E' una illuminazione sulla via di Damasco?
In realtà, le neuroscienze ci dicono che noi siamo esattamente quello che conosciamo. C'è un nesso profondo e sempre attivo fra memoria, desiderio e azione degli esseri viventi. Questa memoria, se ripetuta nelle generazioni, finisce adirittura nelle espressioni geniche del DNA. Quindi mi sembra che la conoscenza sia talmente importante da arrivare a modificare la struttura intima della nostra composizione organica.
Su Dio non ho nulla da dire, perchè non credo che sia attinente con la questione della libera volontà.
#1420
Sono d'accordo Iano sul fatto che la libera volontà non deve essere un grimaldello per farci credere in un assolutismo della volontà ma non bisogna neppure cadere nel tranello dell'iperdeterminismo, che dallo studio della realtà fisica è stato travasato grossolanamente nello studio del comportamento umano ed animale. La libertà della volontà nasce dalla moltiplicazione delle alternative di scelta che sono, a loro volta, la conseguenza di un sistema nervoso centrale molto sofisticato e della cultura che ne è derivata. Anche il lungo periodo di accudimento di cui il bambino di homo sapiens ha bisogno, produce, come conseguenza, l'allontanamento da modelli comportamentali automatici, sostituiti dall'apprendimento plastico (o meglio, neuroplastico) e dalla possibilità di confrontare comportamenti diversi. Il continuo e circolare feed-back fra SNC ed evoluzione culturale, l'autoriflessività di homo sapiens, in grado di pensare il pensiero e di pensare l'azione, sono i presupposti per indicare l'impossibilità di risalire al comportamento umano tramite cause unilineari e scientificamente dimostrabili. Ciò ovviamente non vuol dire che il tema della libera volontà e della sua "ombra", il determinismo, non possa essere approfondito e studiato. Anzi lo sarà sempre con soluzioni differenti nel corso del tempo. Quello che a me è sembrato sempre eticamente importante è sempre stato il nesso fra libera volontà e responsabilità. Un nesso da non prendere in modo strategico, pena l'impossibilità da parte dei tribunali di funzionare, ma come pensiero che supera il "suo stato di minorità  imputabile a sè stesso".
#1421
DISCORSO FILOSOFICO.
Giustissimo mettere in discussione l'Io, specialmente quello cartesiano cogitante e colonizzatore del corpo nel suo insieme, ben lungi dall'essere superato nella cultura, sia quella popolare che quella accademica. Ma a mio parere non si può neppure annullarlo. Se io sono quello che sono per tutti i fattori ambientali, cerebrali e causali che ho incontrato nel cammino, io sono quello che sono per scelte "contaminate" da quella precedente "triade" di fattori, ma che potevano anche essere diverse, a parità di fattori. In questo hai perfettamente ragione ad invocare la questione etica. È la ricerca del "bene" ad indicare "der Weg". Ma il bene e la sua ricerca sono una dimensione che riguarda sia il soggetto che l'oggetto, ovvero il "mondo esterno". L'Io, in questo è centrale, così come centrale, nella ricerca del bene è la responsabilità individuale, che va sintonizzata sempre con l'intersoggettività, comprendente non solo gli altri umani ma anche gli animali, le piante e il mondo fisico. Ogni essere vivente, dotato di riflessività, contemporaneamente, in questo gioco, perde la propria individualità e la mantiene. Questa è la lezione tragica ed eroica dell'Occidente.
DISCORSO BIOLOGICO-EVOLUZIONISTA
La libera volontà raggiunta dagli organismi superiori, che attualmente vicino sulla terra, sostanzialmente i mammiferi, permette una capacità di adattamento molto superiore a mutamenti dell'ambiente ed anche una capacità di mutamento biologico più veloce come dimostrato dal sistema genetico/culturale. Bisogna solo capire se questi adattamenti che finora hanno avantaggiato homo sapiens siano sostenibili dal resto del pianeta.

#1422
La libera scelta esiste come soluzione ai condizionamenti dell'ambiente, naturale e sociale, della singola conformazione cerebrale e del caso. L'essere umano ed anche i primati superiori si sono svincolati dai comportamenti istintuali ed hanno così accesso a pensare le "alternative", a partire da precondizioni date. Libera scelta non significa certo poter fare qualsiasi cosa. La vita non è un Luna-Park, ma non è neppure un flusso inevitabile di azioni già predeterminabili. Il determinismo di tipo fisico-scientifico non può essere applicato all'uomo in quanto "zoon politikon" e se lo si prova a fare, spesso vi è una sottesa ideologia alla homo homini lupus o derivante da mistiche da "eterno ritorno", orientali o post-illuministiche.
#1423
Non posso che darti ragione, Green. Mi sono lasciato prendere la mano, mentre invece avrei dovuto fare quello che hai fatto tu, ovvero mantenere il topic nei suoi binari. Quindi riprendiamo qui con Hegel.
#1424
CitazioneLe sciemmie, come ogni altro animale selvatico , agiscono per impulsi istintuali, tutti gli impulsi istintuali di un animale selvatico sono congeniati in modo da volgersi infine a vantaggio suo e della specie a cui appartiene. Nello spazio vitale di un animale selvatico non esiste conflitto fra le sue inclinazione e un certo "dovere" , tutti gli impulsi interiori, cioè, sono "buoni" . Per l uomo è andata perduta questa armonia paradisiaca, e le funzioni specificamente umane , come il linguaggio e il pensiero concettuale , hanno permesso la l accumolazione e la trasmissione di un sapere comune. Di consegnuenza, l'evoluzione storico culturale dell umanità segue un ritmo enormemente più veloce dell evoluzione puramente organica, filogenetica,di tutti gli altri esseri viventi. Però gli istinti, cioè le modalità innate di azione e di reazione, rimangono legati anche nell uomo al ritmo evolutivo degli organi , che è molto più lento, e non riescono a tenere il passo con la sua evoluzione storico culturale .Quindi le tendenze naturali non sono più perfettamente sincronizzate con le condizioni di civiltà in cui l 'uomo è venuto a trovarsi ad opera delle sue attività mentali. Questa è la differenza fra noi e le scimmie. Secondo me

Alberto. Scrivi una cosa su cui sono molto d'accordo ed una invece che, secondo me, non è vera. Partiamo dal disaccordo. Ovvero sul fatto che in natura le scimmie e specialmente quelle che vengono definite "ominine", proprio per sottolineare la vicinanza specistica con homo sapiens, non sono assolutamente solo istintuali. Hanno una individualità e un carattere, che puoi notare in mammiferi molto più semplici degli scimpanzè e dei gorilla, come i cani ed i gatti. Sono portatori di quelle stesse emozioni che abbiamo noi, emozioni che condividiamo non solo con i mammiferi ma anche con gli uccelli e probabilmente anche con i pesci (su mammiferi e uccelli vi è una letteratura ormai solida, sulla presenza delle emozioni). La differenza quindi fra noi e il mondo animale più vicino a noi (non parliamo di protozoi o funghi ovviamente) è una differenza quantitativa non qualitativa. Un senso del dovere lo hanno anche gli scimpanzè e laddove si palesano soggetti crudeli, prepotenti, sono documentate alleanze fra i soggetti meno forti proprio per scacciare o mettere al suo posto il soggetto prepotente (queste dinamiche sono state registrate sulle scimmie bonobo, ad esempio). Ma che dire di alcune specie di scimmie che sono state osservate mentre fingevano il richiamo di allarme per la presenza di predatori, solo per mangiare senza dover dividere il cibo con gli altri membri del suo gruppo? Non ci vedi già una configurazione di certi comportamenti umani? Per non parlare degli omicidi intraspecifici ancora fra gli scimpanzè, ma anche fra i felini o i pesci tropicali. La natura non è un luogo paradisiaco.

https://it.wikipedia.org/wiki/Leucochloridium_paradoxum

Questo è un esempio famoso proprio per non considerare la natura un idillio.

Invece sono d'accordo che il nostro sapere tecnico-culturale ha creato uno scompenso fra quello siamo in grado di fare e la capacità di controllare questo immenso potere, proprio perchè a livello profondo ancora rispondiamo a comportamenti di vantaggio a breve termine, a favore di noi stessi, della nostra famiglia e della nostra tribù, visto che per millenni abbiamo vissuto in gruppi di massimo 50-100 componenti. La filosofia, in realtà, probabilmente, è proprio un modo per affrontare questo problema.
#1425
L'uomo inteso come "homo sapiens" è egoista oppure no? Individualista o collettivista? A guardare la storia di ognuno di noi ed anche quella che si studia a scuola, direi entrambe. In realtà credo che il successo biologico di homo sapiens ( un dato oggettivo) derivi più dalla sua socievolezza che dal suo individualismo, che non ha a che fare con l'istinto di sopravvivenza, visto che si sopravvive sicuramente di più se agiamo in modo cooperativo.
Partirei però da più lontano ovvero da qui:

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Apocrita

L'ordine degli insetti "apocrita", come si può constatare è uno degli ordini con più specie del regno animale. Si è diversificato da una vespa arcaica e annovera fra i suoi discendenti tutti quegli insetti con il "vitino di vespa". La cosa interessante è che 50 milioni di anni fa, questa vespa ancestrale era estremamente individualista e parassitaria. Infilava le sue uova dentro il corpo di un altro insetto e le uova diventavano altre vespe mangiando il corpo dell'insetto ospitante. Esistono ancora vespe del genere. Ma la cosa interessante è che, nel corso di questi 50 milioni di anni, si sono sviluppate da quella vespa altre specie estremamente "prosociali" come le api, le formiche o le termiti. Un progenitore comune per specie individualiste e collettiviste. Per questa evoluzione sono però serviti 50 milioni di anni. Inoltre vi è un altro limite. Se a una vespa parassita venisse in mente di diventare altruista, non avrebbe vita facile. Idem per una eventuale ape egoista. La loro vita è infatti strutturata in modo molto netto da modelli comportamentali genetici che possono essere modificati (come appunto è avvenuto) solo nel corso di milioni di anni e attraverso evoluzioni di nuove specie.
L'uomo invece, come dice Viator, ha voluto la bicicletta...e la bicicletta consiste nella possibilità di agire in modo non strettamente genetico. Il SNC dell'uomo con circa 100 miliardi di neuroni è unico ed è il prerequisito da cui partire per comprendere come mai l'uomo può essere demone, angelo o semplice impiegato di banca. Questa complessità neurologica si sviluppa, specularmente, nella complessità delle scelte possibili da parte dell'uomo. Senza giungere all'uomo moderno, sono state studiate tribù amazzoniche ferocissime, nelle quali chi aveva ammazzato più uomini è al massimo gradino della stima altrui e tribù inuit che offrono allo straniero la loro moglie in segno di ospitalità ed altruismo. Pertanto, discutere di egoismo innato dell'uomo è stupido, allo stesso modo di affermare, alla Rousseau, che l'uomo è buono ma poi sono arrivate le società a rovinare tutto. In realtà sono vere entrambe le definizioni.
Detto in altri modi, l'uomo è una scimmia, la scimmia più intelligente possibile e cosa fanno le scimmie? Apprendono ed imitano. Se vivrete fra le tribù degli Yamoami sarà per voi un onore spaccare teste e adornarvi con collane fatte con i denti delle vostre vittime. Lo avete appreso. Siete un Inuit da quando siete nati. Allora la stessa felicità la proverete donando vostra moglie al primo straniero di passaggio.
Questo è il quadro biologico e neuroscientifico più oggettivo possibile, che spiega anche perché i nostri mutamenti comportamentali avvengono nell'arco di poche generazioni, senza bisogno di mutamenti genetici.
A questo quadro però va aggiunto un ulteriore rumore di fondo che è la struttura di potere esistente nelle varie società umane, la quale avrà tutto l'interesse per esaltare il lato egoistico dell'uomo piuttosto che quello solidaristico. Ed è questa la scelta fatta generalmente, con le dovute eccezioni, dal capitalismo (comprensivo di Putin e Cina, detto per inciso, il capitalismo ormai è un pensiero unico). Invece, a mio parere, basterebbero una mezza dozzina di generazioni educate alla solidarietà per cambiare radicalmente il mondo delle relazioni umane. Finché questo non avverrà continueremo a vivere in questa "terra di mezzo", stregati sia dalla voce di Sauron che da quella di Gandalf.