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Messaggi - baylham

#1411
La pari probabilità, la probabilità al 50% corrisponde alla posizione dell'agnostico, che oscilla tra le due tesi dell'esistenza o no di Dio. Per un ateo estremo la probabilità dell'esistenza di Dio è pari a 0%, sicuramente no, mentre per un religioso estremo la probabilità è pari al 100%, sicuramente si.

Inoltre le due tesi non stanno affatto su un piano di parità: nella realtà, idealistica o realistica che sia, l'unico ambito in cui l'esistenza ha un significato, l'esistenza di Dio non è constatata, altrimenti non discuteremmo di probabilità. Pretendere la dimostrazione dell'esistenza di un ente che non esiste è assurdo. Spetta a chi rivendica l'esistenza di un ente dimostrarne l'esistenza. Dimostrazione che non può basarsi sulla logica, poiché l'esito della stessa è già contenuto nella premessa. Quindi è evidente che almeno sul piano della prova e della realtà le due tesi non hanno uguale legittimità.
#1412
Tematiche Spirituali / Re:Io chi sono?
16 Maggio 2016, 10:28:36 AM
"Conosci te stesso" è un suggerimento, invito impossibile da realizzare perché logicamente contraddittorio, assurdo.
C'è una bella metafora in tal senso, se non ricordo male, espressa nel libro di Hofstadter "Gödel, Escher, Bach": "Può l'occhio guardare sé stesso?" La risposta è semplicemente no. L'immagine dell'occhio allo specchio non è l'occhio che guarda sé stesso. Il problema della conoscenza di sé stessi è analogo.
#1413
Un inciso: il termine autocoscienza mi appare improprio, non ritengo possibile la coscienza della propria coscienza, semmai la coscienza di sé, termine distinto dalla coscienza. La consapevolezza di avere una coscienza non è la coscienza. Vorrei riprendere questo tema in seguito.

Nel merito del tema, la possibilità dell'estinzione dell'umanità per il motivo proposto esiste ma la ritengo assai improbabile per tre ragioni di ordine biologico.

La prima è che l'infelicità e la felicità sono sensazioni dinamiche transitorie, lo stato ordinario è neutro: i meccanismi biologici di adattamento, assuefazione riportano l'eccesso in un senso o nell'altro alla normalità. Un'eccezione è lo stato di depressione, stabile, abbastanza diffuso, ma non generale,nella popolazione umana.

La seconda è che l'uomo in generale ha un istinto di sopravvivenza potente, che innesca i meccanismi di adattamento al dolore, alla sofferenza, all'infelicità che gli consentono di superare moltissime avversità, basta vedere l'attaccamento alla vita di moltissimi anziani sofferenti. La speranza è l'ultima a morire è un proverbio che riassume precisamente la potenza di questo istinto primario.

La terza è la selezione naturale: chi accoglie questo principio di estinzione lascerà spazio alla vita e alla riproduzione di chi lo rifiuta. E' un meme che ha scarse modalità di trasmissione: culturalmente e biologicamente saranno favoriti e selezionati gli individui che rifiutano questo principio.
#1414
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Radici
12 Maggio 2016, 09:59:20 AM
"ecologismo....prima dell'avvento della società dei consumi non era nemmeno concepibile,era ovvio e naturale essere "ecologisti""

In questa idea assai diffusa c'è una profonda incomprensione dell'ecologia come scienza e come politica e del problema radicale alla base dell'ecologia: come conservare l' equilibrio  in un universo in evoluzione. Ciò costituisce il problema della società post industriale contemporanea come delle società raccoglitrici e agricole del passato. I problemi ecologici non sono una nuova emergenza, sono una costante dell'umanità. Gli uomini del passato non erano naturalmente ecologisti, erano naturalmente ignoranti. Un'illustrazione banale è fornita dall'evoluzione del problema dei rifiuti, degli scarti che ogni società umana nel corso della sua storia ha dovuto ingegnarsi ad affrontare (per esemplificare le deiezioni umane, le carcasse degli animali sono rifiuti).

Sono anche questi problemi che spiegano la differenza tra generazioni, la loro supposta incomunicabilità: le nuove generazione sono necessariamente costrette ad innovare, quindi a cambiare i valori, la cultura della generazione precedente per sopravvivere in un ambiente in cui cambiano le condizioni iniziali, di partenza.
#1415
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Radici
10 Maggio 2016, 16:29:37 PM
Non capisco perché non dovrei esprimere i miei sentimenti, mentre l'articolista prima e tu poi siete liberi di esprimerli dileggiando l'opera di Freud.

L'esplorazione ha già un senso, non ha bisogno di altro. Il nichilismo non mi preoccupa, è una filosofia costruita sul nulla, che appunto non esiste.

Il giudizio sulla seconda parte del Novecento mi appare eccessivamente schematico e negativo. Ci sono stati e ci sono movimenti culturali e politici portatori di valori nettamente positivi ed influenti: l'antirazzismo, l'antiautoritarismo, il femminismo, il sindacalismo operaio, il movimento studentesco, l'ecologismo, alcuni dei quali sono infatti presi di mira dall'articolista di impronta conservatrice.

Se i cittadini sostengono spontaneamente e volontariamente il regime politico culturale in cui vivono significa che è un buon regime, sicuramente migliore di quelli sostenuti con la forza e il terrore.
#1416
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Radici
10 Maggio 2016, 11:37:20 AM
Citazione di: acquario69 il 10 Maggio 2016, 08:58:59 AM
posto qui sotto questo (a mio avviso) ottimo articolo per riflettere su un argomento che secondo me vale la pena rifletterci un po sopra

http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8719:silenzio-tra-le-generazioni&catid=130:nuovo-umanesimo&Itemid=161


Un articolo di chiara ispirazione conservatrice, reazionaria.

Un inciso:  definire la psicologia di Freud "filosofia di serie C" è patetico.


Metaforicamente:

1) L'uomo è un animale mobile, non è un vegetale, senza radici può esplorare in molte direzioni;

2) se le tradizioni e i legami sono scomparsi significa che non erano affatto forti;

3) come sopra, evidentemente l'anima del paese non era affatto profonda.
#1417
Percorsi ed Esperienze / Re:L'indemoniato di Gadara
29 Aprile 2016, 12:02:26 PM
"Quest'ultimo punto in particolare è interessante, in tutti i Vangeli Gesù chiede ai miracolati di non dir nulla, perché allora chiede all'indemoniato di render testimonianza?"

I testi evangelici sono incoerenti sul punto. In ogni caso laddove Gesù invita a tacere sui sedicenti miracoli la scrittura nega il contenuto raccontandoli, un paradosso.

"La sua gente, in effetti, non ha gradito quella guarigione, tanto è vero che chiede a Gesù di andarsene."

La comunità del malato allevava maiali, non era ebrea. Nel racconto Gesù, che è ebreo e estraneo, guarisce il malato distruggendo i maiali, non era una soluzione gradita evidentemente, perdevano la base del loro sostentamento economico. 

"Gesù, guarendolo e restituendogli la dignità, rompe le regole sociali che lo condannavano all'esclusione, o meglio le mette in discussione."

Gesù non rompe alcuna regola sociale escludente, la conferma e la rinforza: infatti Gesù crede ai demoni come causa della malattia e il malato deve essere liberato dai demoni per ritornare guarito nel gruppo sociale di appartenenza. Personalmente non affiderei la mia salute, il mio benessere a chi li interpreta sulla base di diagnosi e terapie religiose.
#1418
Accolgo l'osservazione di censura sul mio commento, che in effetti può essere interpretato come sarcastico, beffeggiatorio o denigratorio. Tengo a precisare che non era la mia intenzione, non sono interessato a partecipare ad un forum con questo atteggiamento, oltre tutto inutile e controproducente. Tuttavia involontariamente si può scivolare, i confini non sono sempre ben definiti.

Approfitto per riepilogare e precisare per l'ultima volta le mie tesi su questo argomento.  Essendo ateo ovviamente considero i testi religiosi come espressione della cultura umana che li ha prodotti e tramandati. La schiavitù e lo sterminio della parentela del nemico erano regole ordinarie, pienamente accettate duemila anni fa dalla maggioranza delle culture. Il discorso dei differenti livelli di interpretazione di questi testi mi appare ipocrita quando queste regole facevano parte del vissuto quotidiano.

Poiché ritengo inoltre che la morale non abbia alcun fondamento, di fronte a convincimenti come "la schiavitù è giusta" oppure "lo sterminio della parentela del nemico è giusto" non c'è alcuna argomentazione scientifica, filosofica, etica, religiosa o di qualunque altro genere che possa confutarli, si può soltanto opporre un diverso convincimento morale.

Perciò difendo la tesi che la messa in ridicolo attraverso l'arma dell'ironia e della satira delle posizioni morali di qualunque derivazione sia importante, necessaria per selezionare le regole su cui si basa una cultura. Se questo accade, la messa in ridicolo, significa sicuramente che determinate regole morali sono storicamente superate o stanno per essere superate in quella cultura: vorrei vedere un politico occidentale che promuovesse la schiavitù come programma elettorale, oppure un religioso che sostenesse che la Dio la vuole, sarebbe come minimo oggetto di uno scherno feroce.

Se si prendono sul serio allora significa che la schiavitù e lo sterminio dei parenti del nemico non sono fuori dell'orizzonte dell'umanamente accettabile. Poiché cose simili per me inaccettabili sono scritte nero su bianco nei dieci comandamenti, è un problema dei religiosi spiegarle. Non trovo corretto prendere dai testi religiosi ciò che aggrada la propria posizione o interpretazione morale e sorvolare sul resto e ribadisco che i livelli di interpretazione non sono una spiegazione convincente.
#1419
"Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti."

Questo testo è per ancora più violento, crudele ed ingiusto della schiavitù. Peccato che Benigni abbai sorvolato. 
Mettere in ridicolo questi testi è umanamente un piacere.
#1420
Tematiche Filosofiche / Re:SILLOGISMO UNIVERSITARIO
15 Aprile 2016, 10:41:16 AM
Sono d'accordo con Eutidemo che il contesto sia essenziale per interpretare un testo oppure un fatto.
Infatti il contesto è un test di ammissione ad una facoltà universitaria, il cui scopo presumo sia di valutare le conoscenze e le capacità generali del candidato, un test costruito da numerose domande a ciascuna delle quali sono associate diverse risposte, una delle quali è corretta.
In questo contesto si capisce che quella domanda specifica era un problema di logica, non di grammatica o altro, che andava risolto applicando le regole della logica. Chi ha costruito quella domanda non era un elaboratore, ma un uomo che voleva verificare le conoscenze di base di una logica precisa del candidato.
#1421
L'esser messo in ridicolo è quello che ogni potere, ideologia teme. Chi riesce nell'impresa di ridicolizzare il potere, compreso quello religioso, compie un'azione valida, meritoria, geniale. Gli imbroglioni che ridicolizzano il re nudo della fiaba sono personaggi positivi, simpatici. L'elogio del riso fatto da Umberto Eco nel romanzo Il nome della rosa in questo senso è pienamente condivisibile.

Condividendo l'intervento del Webmaster aggiungo che la schiavitù è giustificata dai dieci comandamenti, che sono originariamente espressione di un uomo storicamente determinato: il legislatore era un maschio adulto egoista e benestante per i criteri dell'epoca.


Mi piacerebbe sulla scia dell'ammirevole panegirico di Benigni che apparisse sul servizio pubblico televisivo un comico capace di ridicolizzare i dieci comandamenti con altrettanta profondità e gaiezza. Lo stesso per i testi delle principali religioni, ateismo compreso, sarebbe indice di una società umana più gioiosa.
#1422
Il giudizio sull'opera di Keynes è soggettivo. Tuttavia la sua Teoria Generale costituisce uno spartiacque per la scienza economica, avendo dimostrato teoricamente perché un'economia monetaria è intrinsecamente instabile a differenza di quello che sosteneva la teoria economica neoclassica allora dominante, incapace di spiegare le crisi economiche.

Dubito, ma non ho approfondito storicamente, che la sua figura di economista e la sua opera principale, pubblicata nel 1936, siano stati così influenti da ispirare le politiche pubbliche nel periodo anteguerra, mentre le politiche espansive del dopoguerra si ispirano a Keynes, ma non possono essergli attribuite data la sua morte nel 1946. La sua politica espansiva era pensata come deterrente o fuoriuscita dalla crisi, come politica straordinaria non ordinaria. Keynes era un liberale, non un socialdemocratico.

Non comprendo che cosa concretamente significhi ridimensionare il potere delle banche e della finanza nell'economia. Che le banche e chi le controlla abbiamo un grande potere economico mi sembra una cosa ovvia. Che tra il sistema politico e il sistema finanziario-bancario ci sia uno stretto legame mi appare altrettanto ovvio: come si finanziano grandi investimenti pubblici e privati a lungo termine se non c'è un consenso politico ed un quadro economico stabile. 
Come si ridimensiona il settore finanziario quando il capitale complessivo è pari almeno a quattro-sei volte il prodotto annuo in qualunque paese sviluppato e la sua gestione coinvolge, interessa in misura e per ragioni decisamente diverse quasi tutte le classi sociali e il suo ambito di azione è mondiale? Quando il motore dell'economia sono gli investimenti che passano attraverso il controllo del sistema bancario e finanziario?
#1423
Cito la parte dell'articolo sul ridimensionamento delle banche.
"crisi economica:riconoscere che la liquidità non risolve nulla e che occorre ridimensionare ruolo e peso della finanza, rimettendo al centro l'economia reale, implicherebbe un ridimensionamento del potere di banche e società finanziarie  che, ovviamente, non vogliono saperne ed hanno una forza di pressione sul sistema politico in grado di bloccare cambiamenti anche più modesti (basti ricordare che fine ha fatto il progetto di riforma della finanza promosso da Obama nel 2009)"


Ammetto che ho una certa antipatia verso i grandi quadri storici, ma questo articolo mi dà l'impressione di un concentrato di critiche banali e inconcludenti, sebbene attualmente diffuse, alla società e alla politica contemporanea. Ci sarebbe molto da discutere su ogni punto trattato, valutando i pro ed i contro. Ad esempio come si affrontano i problemi posti dalla cosiddetta globalizzazione che dal punto di vista economico e sociale è ormai avviata in modo inarrestabile: tornando allo stato nazionale o spingendo verso delle istituzioni sovranazionali, mondiali?

Stranamente l'articolo non indica la questione ecologica come uno dei problemi critici fondamentali della società contemporanea.

Ci mancherebbe poi che una umanità formata da più di sette miliardi di uomini si affidasse non a delle regole consolidate e stabili ma a sperimentazioni culturali e quindi economiche e sociali continue, gli effetti sarebbero disastrosi. In ogni caso il Novecento è stato uno dei secoli più ricchi di innovazioni nella storia umana in tutti i campi i cui effetti continuano tuttora. Non vedo quindi affatto come realistico il rischio di "pensiero unico": il fatto è che esistono delle costanti di fondo biologiche ed economiche insopprimibili, stabili, che spiegano benissimo la rigidità dei comportamenti economici, sociali e politici complessivi. Ci sono invece molti pensieri critici ma deboli, incapaci di costruire alternative sociali e di dare risposte durature ai problemi sociali ed economici.


Per quanto concerne l'individualismo la mia preoccupazione è opposta: c'è una tendenza ad un controllo sociale dell'individuo in eccesso favorita dalle nuove tecnologie informatiche, una schedatura individuale pervasiva, con aspetti positivi, ma anche negativi e preoccupanti e una dipendenza sempre più stretta dal punto di vista economico e sociale dell'individuo alla società.
#1424
L'analisi dell'economia, della situazione storica e delle prospettive internazionali di questo articolo di Aldo Giannulli mi sembrano decisamente fuorvianti.

Ad esempio la contrapposizione tra economia finanziaria e reale è infondata: i fatti dimostreranno che il sistema finanziario sarà sempre più determinante nell'economia globalizzata. Ridimensionare il ruolo delle banche significa non comprendere i motivi della loro centralità in un sistema capitalistico: sono le banche che indirettamente controllano e indirizzano gli investimenti privati e pubblici. In questo ruolo fondamentale non c'è alcuna istituzione o pratica alternativa in grado di sostituirle.

Gli stati nazionali sono superati da processi economici e sociali di fondo che li travalicano. C'è in reazione a queste tendenze sovranazionali il ritorno ad un nazionalismo difensivo, poco lungimirante ma soprattutto velleitario e perciò pericoloso.
 
L'analisi del sistema capitalistico di Keynes e la sua spiegazione della crisi sono geniali come lo sono state le sue proposte di politica economica anticrisi. Tuttavia l'applicazione ordinaria di politiche straordinarie ha spuntato i rimedi proposti da Keynes: oggi sono gli Stati che contribuiscono ad approfondire l'intrinseca instabilità del sistema economico, invece di essere i fautori della sua stabilizzazione.